Etty Hillesum: la fede e la speranza - ccdc.it · inizia a scrivere un diario. Già nelle prime...

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CULTURA E COMUNICAZIONE [email protected] E tty Hillesum non gode, presso tutti, della fama che meriterebbe come scrittrice e come grande testimone di umanità in un tempo buio della storia. Per que- sta ragione la Cooperativa cattolico democratica di cultura ha dedicato una serata al libro “Etty Hillesum. La fortezza inespugnabile” di Isa- bella Adinolfi, docente di storia del pensiero etico religioso all’Universi- tà di Venezia. Marta Perrini, allieva della Adinolfi, ha illustrato brevemente la vita del- la Hillesum, un’ebrea olandese non osservante. Assistente e compagna di vita di Julius Spier, fondatore del- la psicochirologia, su consiglio di lui inizia a scrivere un diario. Già nelle prime pagine quando aveva soli 27 anni, dice che “le minacce e il terro- re crescono di giorno in giorno”, era il 1941. Subito i tedeschi iniziarono i rastrellamenti degli ebrei olandesi, sorte alla quale scampò per qualche Etty Hillesum: la fede e la speranza con la fonte stessa dell’amore e del bene. A scuoterla dal torpore prima la bellezza che trova nell’arte e nella natura, poi l’intuizione della presen- za di Dio nei Salmi e nel Vangelo di Matteo. Prima di morire Etty si ri- promise, come ricorda la Adinolfi, di scrivere la storia di una ragazza che non sa inginocchiarsi, ma che impa- ra a farlo incontrando Dio. Non scri- verà mai questa novella, morirà ad Auschwitz il 30 novembre del 1943, ma la sua storia è la più viva testimo- nianza di come una ragazza olandese abbia incontrato, in uno dei momen- ti più bui della storia dell’umanità, l’amore di Dio. Al centro dell’intervento la lettura di alcuni testi tratti dal diario per capirne il percorso dell’anima Dai testi di Etty Hillesum: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà “ Giovane ebrea, muore ad Auschwitz il 30 novembre 1943. In Italia è stata tradotta solo una piccola parte dei suoi scritti. Arriva a Dio grazie alla bellezza nell’arte e nella natura DI EMMA BETTINARDI Brescia Incontro promosso dalla Ccdc A SINISTRA ALBERTO FRANCHI, AL CENTRO ISABELLA ADINOLFI, A DESTRA MARTA PERRINI FAMIGLIA Bambini a scuola a piedi Ho visto un ragazzino all’uscita dalla scuola media incamminarsi con i nonni verso casa. Era accompagnato da entrambi: la nonna lo teneva per mano e il nonno gli portava lo zainetto. Ho visto una donna di colore con il figlio, al massimo di sei anni, a qualche me- tro dietro di lei, con il suo zainetto in spalla. Non l’ho vista girarsi a guardarlo, né fargli la minima raccomandazione. Lui la seguiva, senza mettersi in pericolo, a debita distanza dal ciglio di una strada molto trafficata. Vedo tutte le mattine un bambino asiatico (deduco abbia sei anni perché con lo zainetto in spalla, ma ne dimostra meno) andare in bicicletta da solo a scuola, su un marciapiede di una strada statale. Forse che noi occidentali siamo più progrediti degli altri Paesi nel campo educati- vo? Ritengo eccessivo che due nonni vadano a prendere un ragazzino delle medie all’uscita da scuola, lo tengano per mano e gli portino lo zainetto. In primis: che giudizio di lui tra- smettono al nipote riguardo alle sue capacità se lo trattano come incapace di tornare a casa da solo dalla scuola del quartiere? Poi: come farà questo ragazzino a sviluppare capacità se gli viene negata la possibilità di farlo, di mettersi alla prova? Solo così può svilupparsi in tutti i sensi. � insomma un serpente che si morde la coda, una profezia che si auto av- vera, un effetto pigmalione. Forse per quei due nonni era un’eccezione, cioè un giorno particolare e allora il problema non esiste. Ma se fosse la quotidianità educativa dei nonni e dei genitori di quel ragazzino, allora il pro- blema esiste. Se non si dona ai bambini, ai ragazzi la possibilità di sviluppare capacità, da adulti non le possono improvvisare ed al- lora la loro vita personale e relazionale non sarà facile. Dono, perché bisogna riuscire a considerarlo tale: solo così si può vincere la paura del “lasciar andare”, di perdere un po’ il controllo sui figli, di non proteggerli abba- stanza. Le mamme non occidentali di quei due bambini hanno qualcosa da insegnare a molte mamme occidentali, spesso troppo apprensive e controllanti. Proteggere troppo un figlio trasmette due messaggi: volergli be- ne, ma anche considerarlo un incapace. Cioè: “Devo intervenire io (genitore), devo aiutarti perché tu non sei capace da solo, non ce la farai mai”. Questo non aiuta certo il figlio a sviluppare risorse e ad accrescere in stima e fiducia in sé, con conseguenze immediate e a lungo termine, da adulto. Quanti adulti si riconoscono problemi di stima e insicurez- za! Mi sembra di sentire i genitori obiettare: “Ma è pericoloso perché c’è troppo traffico!”. Ma il molto traffico è creato anche dalle auto dei genitori che portano i figli a scuola! Inol- tre camminare fa bene al fisico, visto che i ragazzi passano troppo tempo seduti a una qualche forma di computer. Recarsi a scuola in piccolo gruppo comporta una protezione reciproca e un socializzare coi coetanei reale. Volete mettere come sia più bello stare con gli amici che sorbirsi, senza possibilità di fu- ga dall’auto, raccomandazioni e rimproveri del genitore (che approfitta così del tempo dell’accompagnamento)?! DI ROSSELLA DE PERI tempo grazie ad un impegno come dattilografa al Consiglio ebraico. Etty però si rese presto conto che questo organismo, posto sotto la responsabilità dei membri più im- portanti delle comunità israelite sparse in Europa era creato ad arte dai nazisti nei territori occupati per gestire meglio la “questione” ebrai- ca. Si recò quindi di sua spontanea volontà a Westerbork, un campo di smistamento dove transitavano gli ebrei catturati prima di essere de- portati a migliaia ad Auschwitz, per portare loro amore e conforto. No- nostante il degrado e la svalutazione umana cui dovette assistere scrive- va: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzet- to di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccom- bere. E se sopravviveremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarez- za, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita”. Grazie a un permesso del Consiglio ebraico si recò spesso ad Amsterdam per portare lettere e messaggi dal campo. Il 7 settembre 1943 arrivò, anche per lei e la sua fa- miglia, l’ordine di deportazione. Non si nascose mai, consapevole del fat- to che al suo posto avrebbero man- dato un altro. Etty sperimentò in sé una fede reli- giosa che dà ai suoi scritti una gran- de dimensione spirituale. Di questa dimensione si è invece occupata Isa- bella Adinolfi che attraverso una raf- finata selezione degli scritti tradotti in italiano (solo il 5% del totale in ve- rità), ha introdotto il pubblico al con- cetto di amore e rapporto con Dio della Hillesum, al fine di capire come essa ha inteso e praticato l’intelligen- za dell’anima. Attraverso il tema del- la comunione e della condivisione la giovane ebrea affronta quello che ha definito essere un “destino di mas- sa”. Fin dal 1942 la ragazza conosce e ha piena consapevolezza di ciò che le accade intorno e della sorte che at- tende lei, la sua famiglia, l’intero suo popolo e ne dà una lucida descrizio- ne nei diari. Nel racconto delle sue giornate si disvela un’intensa storia d’amore che parte dalla relazione con Spear e attraverso di lui incon- tra la preghiera e la via per trovare Dio. Attraverso Dio Etty troverà la forza per amare tutti gli esseri uma- ni. Prima di incontrare Dio la sua vita era descritta come senza senso, un rimescolio senza costrutto, eppure già si percepiva in lei l’amore per la vita che la predispone all’incontro Nella serata Marta Perrini, docente di storia del pensiero etico religioso, ha presentato il volume “Etty Hillesum. La fortezza inespugnabile” di Isabella Adinolfi LA VOCE DEL POPOLO 10 novembre 2011 34

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CULTURAE COMUNICAZIONE

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Etty Hillesum non gode, presso tutti, della fama che meriterebbe come scrittrice e come grande testimone di umanità in

un tempo buio della storia. Per que-sta ragione la Cooperativa cattolico democratica di cultura ha dedicato una serata al libro “Etty Hillesum. La fortezza inespugnabile” di Isa-bella Adinolfi, docente di storia del pensiero etico religioso all’Universi-tà di Venezia.Marta Perrini, allieva della Adinolfi, ha illustrato brevemente la vita del-la Hillesum, un’ebrea olandese non osservante. Assistente e compagna di vita di Julius Spier, fondatore del-la psicochirologia, su consiglio di lui inizia a scrivere un diario. Già nelle prime pagine quando aveva soli 27 anni, dice che “le minacce e il terro-re crescono di giorno in giorno”, era il 1941. Subito i tedeschi iniziarono i rastrellamenti degli ebrei olandesi, sorte alla quale scampò per qualche

Etty Hillesum:la fede e la speranza

con la fonte stessa dell’amore e del bene. A scuoterla dal torpore prima la bellezza che trova nell’arte e nella natura, poi l’intuizione della presen-za di Dio nei Salmi e nel Vangelo di Matteo. Prima di morire Etty si ri-promise, come ricorda la Adinolfi, di scrivere la storia di una ragazza che non sa inginocchiarsi, ma che impa-ra a farlo incontrando Dio. Non scri-verà mai questa novella, morirà ad Auschwitz il 30 novembre del 1943, ma la sua storia è la più viva testimo-nianza di come una ragazza olandese abbia incontrato, in uno dei momen-ti più bui della storia dell’umanità, l’amore di Dio.

Al centro dell’intervento la lettura di alcuni testi tratti dal diario per capirne il percorso dell’anima

Dai testi di Etty Hillesum: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà “

Giovane ebrea, muore ad Auschwitz il 30 novembre 1943. In Italia è stata tradotta solo una piccola parte dei suoi scritti. Arriva a Dio grazie alla bellezza nell’arte e nella natura

DI EMMA BETTINARDI

Brescia Incontro promosso dalla Ccdc

A SINISTRA ALBERTO FRANCHI, AL CENTRO ISABELLA ADINOLFI, A DESTRA MARTA PERRINI

FAMIGLIA

Bambini a scuola a piediHo visto un ragazzino all’uscita dalla scuola media incamminarsi con i nonni verso casa. Era accompagnato da entrambi: la nonna lo teneva per mano e il nonno gli portava lo zainetto. Ho visto una donna di colore con il figlio, al massimo di sei anni, a qualche me-tro dietro di lei, con il suo zainetto in spalla. Non l’ho vista girarsi a guardarlo, né fargli la minima raccomandazione. Lui la seguiva, senza mettersi in pericolo, a debita distanza dal ciglio di una strada molto trafficata. Vedo tutte le mattine un bambino asiatico (deduco abbia sei anni perché con lo zainetto in spalla, ma ne dimostra meno) andare in bicicletta da solo a scuola, su un marciapiede di una strada statale. Forse che noi occidentali siamo più progrediti degli altri Paesi nel campo educati-vo? Ritengo eccessivo che due nonni vadano a prendere un ragazzino delle medie all’uscita da scuola, lo tengano per mano e gli portino lo zainetto. In primis: che giudizio di lui tra-smettono al nipote riguardo alle sue capacità se lo trattano come incapace di tornare a casa

da solo dalla scuola del quartiere? Poi: come farà questo ragazzino a sviluppare capacità se gli viene negata la possibilità di farlo, di mettersi alla prova? Solo così può svilupparsi in tutti i sensi. � insomma un serpente che si morde la coda, una profezia che si auto av-vera, un effetto pigmalione. Forse per quei due nonni era un’eccezione, cioè un giorno particolare e allora il problema non esiste. Ma se fosse la quotidianità educativa dei nonni e dei genitori di quel ragazzino, allora il pro-blema esiste. Se non si dona ai bambini, ai ragazzi la possibilità di sviluppare capacità, da adulti non le possono improvvisare ed al-lora la loro vita personale e relazionale non sarà facile. Dono, perché bisogna riuscire a considerarlo tale: solo così si può vincere la paura del “lasciar andare”, di perdere un po’ il controllo sui figli, di non proteggerli abba-stanza. Le mamme non occidentali di quei due bambini hanno qualcosa da insegnare a molte mamme occidentali, spesso troppo apprensive e controllanti. Proteggere troppo

un figlio trasmette due messaggi: volergli be-ne, ma anche considerarlo un incapace. Cioè: “Devo intervenire io (genitore), devo aiutarti perché tu non sei capace da solo, non ce la farai mai”. Questo non aiuta certo il figlio a sviluppare risorse e ad accrescere in stima e fiducia in sé, con conseguenze immediate e a lungo termine, da adulto. Quanti adulti si riconoscono problemi di stima e insicurez-za! Mi sembra di sentire i genitori obiettare: “Ma è pericoloso perché c’è troppo traffico!”. Ma il molto traffico è creato anche dalle auto dei genitori che portano i figli a scuola! Inol-tre camminare fa bene al fisico, visto che i ragazzi passano troppo tempo seduti a una qualche forma di computer. Recarsi a scuola in piccolo gruppo comporta una protezione reciproca e un socializzare coi coetanei reale. Volete mettere come sia più bello stare con gli amici che sorbirsi, senza possibilità di fu-ga dall’auto, raccomandazioni e rimproveri del genitore (che approfitta così del tempo dell’accompagnamento)?!

DI ROSSELLA DE PERI

tempo grazie ad un impegno come dattilografa al Consiglio ebraico. Etty però si rese presto conto che questo organismo, posto sotto la responsabilità dei membri più im-portanti delle comunità israelite sparse in Europa era creato ad arte dai nazisti nei territori occupati per gestire meglio la “questione” ebrai-ca. Si recò quindi di sua spontanea volontà a Westerbork, un campo di smistamento dove transitavano gli ebrei catturati prima di essere de-portati a migliaia ad Auschwitz, per portare loro amore e conforto. No-nostante il degrado e la svalutazione

umana cui dovette assistere scrive-va: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzet-to di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccom-bere. E se sopravviveremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarez-za, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita”. Grazie a un permesso del Consiglio ebraico si recò spesso ad Amsterdam per portare lettere e messaggi dal campo. Il 7 settembre 1943 arrivò, anche per lei e la sua fa-miglia, l’ordine di deportazione. Non si nascose mai, consapevole del fat-to che al suo posto avrebbero man-dato un altro.Etty sperimentò in sé una fede reli-giosa che dà ai suoi scritti una gran-de dimensione spirituale. Di questa dimensione si è invece occupata Isa-bella Adinolfi che attraverso una raf-finata selezione degli scritti tradotti

in italiano (solo il 5% del totale in ve-rità), ha introdotto il pubblico al con-cetto di amore e rapporto con Dio della Hillesum, al fine di capire come essa ha inteso e praticato l’intelligen-za dell’anima. Attraverso il tema del-la comunione e della condivisione la giovane ebrea affronta quello che ha definito essere un “destino di mas-sa”. Fin dal 1942 la ragazza conosce e ha piena consapevolezza di ciò che le accade intorno e della sorte che at-tende lei, la sua famiglia, l’intero suo popolo e ne dà una lucida descrizio-ne nei diari. Nel racconto delle sue giornate si disvela un’intensa storia d’amore che parte dalla relazione con Spear e attraverso di lui incon-tra la preghiera e la via per trovare Dio. Attraverso Dio Etty troverà la forza per amare tutti gli esseri uma-ni. Prima di incontrare Dio la sua vita era descritta come senza senso, un rimescolio senza costrutto, eppure già si percepiva in lei l’amore per la vita che la predispone all’incontro

Nella serata Marta Perrini, docente di storia del pensiero etico religioso, ha presentato il volume “Etty Hillesum. La fortezza inespugnabile” di Isabella Adinolfi

LA VOCE DEL POPOLO10 novembre 201134