Estratto dispensa per corso Asso CTU CTU E CTP SU ... · - l’anatocismo nell’ammortamento alla...
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Estratto dispensa per corso Asso CTU
CTU E CTP SU
FINANZIAMENTI RATEALI
Corso pratico di calcolo e redazione delle
perizie
a cura del dott. Antonio Giulio Pastore
aggiornamento 12 ottobre 2017
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INDICE
1. Note teoriche
a) Il calcolo del rendimento effettivo (pag. 3)
b) L’inclusione / esclusione degli oneri certi (le spese assicurative) (pag. 4)
c) L’inclusione degli oneri eventuali: la mora (pag. 8)
- conseguenze della mora in usura
- le differenti metodologie di inclusione nella verifica
d) L’inclusione degli oneri eventuali: la penale di estinzione (pag. 16)
- penale nei mutui
- metodologia di inclusione “tecnicamente corretta”
- penale nei leasing
e) Anatocismo nei finanziamenti a rimborso rateale (pag. 28)
- l’anatocismo nell’ammortamento alla francese
- l’anatocismo nell’applicazione della mora
f) La normativa sulla trasparenza (pag. 34)
- ISC, TEG e TAEG: analogie e differenze
- Il problema della trasparenza e determinatezza delle clausole economiche
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IL CALCOLO DEL RENDIMENTO EFFETTIVO (TEG
PER VERIFICA USURA)
(per i conteggi far riferimento al file excel distribuito al corso)
Tra i flussi finanziari previsti dalla formula delle Istruzioni della Banca d’Italia, valida per
tutte le altre categorie di operazioni di finanziamento, ivi comprese le operazioni di mutuo
e leasing, è necessario inserire da un lato il finanziamento erogato (con segno positivo),
dall’altro i flussi di rimborso (segno negativo) ovvero, di norma, le spese iniziali connesse
al credito e l’importo delle rate.
La generica formula per il calcolo del Tasso Effettivo Globale indicato nelle “Istruzioni per
la rilevazione dei tassi effettivi globali medi”,1 valida per tutti i finanziamenti a rimborso
rateale, è infatti:
Per la concreta applicazione della sopra enunciata formulazione del TEG è opportuno
operare le dovute sostituzioni indicate a pagg. 12 e 13 delle citate “Istruzioni per la
rilevazione dei tassi effettivi globali medi”, così come qui di seguito riportato:
i : TEG annuo, che può essere calcolato quando gli altri termini dell’equazione sono
noti nel contratto;
K : numero d’ordine di un “prestito”;
K’ : numero d’ordine di una “rata di rimborso”;
Ak : importo del “prestito” numero K;
A’k’: importo della “rata di rimborso” numero K’;
1 Si veda il punto la lettera b) del C3, titolato “Metodologie di calcolo del TEG”, posto a pag. 12
delle citate Istruzioni della Banca d’Italia.
4
m : numero d’ordine dell’ultimo “prestito”;
m’ : numero d’ordine dell’ultima “rata di rimborso”;
tk : intervallo espresso in anni e frazioni di anno tra la data del “prestito” n.1 e le date
degli ulteriori “prestiti” da 2 a m;
tk’ : intervallo espresso in anni e frazioni di anni tra la data del “prestito” n.1 e le date
delle “rate di rimborso” da 1 a m’.
In detta formula, l’incognita Ak va sostituita con l’ammontare di ciascun “prestito”
effettuato dall’intermediario finanziario, mentre l’incognita A’k’ va sostituita con
l’ammontare di ciascuna “rata di rimborso” del prestito.
Operando con excel, la formula da adottare è quella del tasso di rendimento interno,
TIR.X(flussi; date) inserendo in una colonna i flussi positivi (erogazioni, Ak) e negativi
(spese connesse al credito, rate di rimborso, A’k’) ed in una colonna vicina le date dei flussi2.
Si noti che, poiché l’analisi va svolta ex ante, al momento della stipula del contratto (come
chiarito dalla legge n. 24/01 di interpretazione autentica della legge n. 108/96) non rileva il
fatto che esso sia a tasso fisso o variabile: va considerato il tasso rilevato alla data del
contratto (e il corrispondente piano di ammortamento) senza necessità di preoccuparsi di
indicizzazioni e variabilità nel tempo: tra i flussi negativi A’k’ andrà pertanto inserito
l’importo delle rate risultanti dall’applicazione del tasso iniziale, come se fosse fisso
(solitamente è indicato in contratto tale tasso, e/o il piano di ammortamento con rate tutte
uguali calcolate con tale tasso).
L’INCLUSIONE DEGLI ONERI CERTI (SPESE
ASSICURATIVE)
A fronte di una formula di verifica “tecnicamente” (matematicamente) corretta sorge un
primo problema.
Quali, tra gli oneri certi ex ante, devono essere inseriti tra i flussi negativi?
2 Si veda al proposito il primo foglio del file excel allegato (foglio “utilizzo tir.x”).
5
La legge 108/96 (art. 644 c.p.) fa riferimento indistintamente a tutti gli oneri “connessi
all’erogazione del credito”, ma le Istruzioni della Banca d’Italia nel tempo hanno escluso
alcuni di tali oneri. Il caso principale riguarda le spese assicurative, per le quali sono dalle
Istruzioni ’09 (o meglio, nei Chiarimenti alle predette Istruzioni, edizione novembre ’10,
pagg.11-12) è presente un’indicazione chiara da parte della Banca d’Italia:
Con quali criteri si può valutare se una polizza assicurativa o una garanzia rientra
tra gli oneri inclusi nel TEG?
I criteri indicati nel § C4 – 5 sono validi sia per le polizze assicurative sia per le
garanzie. In primo luogo va valutato se la polizza o la garanzia è intesa ad:
1. assicurare il rimborso del credito;
2. tutelare i diritti del creditore nell’ambito del rapporto di finanziamento.
Se ricorre una di queste condizioni e la polizza o la garanzia tutela diritti non accessori
rispetto al finanziamento, va inoltre valutato se la stipula del contratto assicurativo
o di garanzia presenti una delle seguenti caratteristiche:
a) è obbligatoria per legge o per contratto per ottenere il credito;
b) è obbligatoria o, nei fatti, necessaria per ottenere il credito a determinate
condizioni contrattuali;
c) è contestuale alla concessione del finanziamento.
Il ricorrere di una di queste ulteriori condizioni, unitamente a una delle prime due,
comporta la necessità di includere gli oneri relativi alla polizza o alla garanzia nel TEG.
Va inoltre fatto presente che, laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza
assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere
limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di
conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal
cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG.
Viene inoltre precisato anche:
È corretto escludere le polizze assicurative non obbligatorie stipulate
contestualmente alla concessione del finanziamento, nei casi in cui il soggetto
finanziato sia l’unico beneficiario (es.: polizze sanitarie, incendio e furto, polizze a
tutela degli acquisti e prelievi effettuati con carta di credito)?
6
Sì, i contratti assicurativi non obbligatori, che non soddisfano i punti 1. e 2. di cui
sopra, non rilevano ai fini del calcolo del TEG se il soggetto finanziato è l’unico
beneficiario della polizza.
Sono da includere nel TEG le polizze assicurative di carattere accessorio, facoltative
per il cliente e non legate al rimborso del credito, stipulate contestualmente alla
concessione del finanziamento (ad es. per i contratti di leasing auto: polizze kasko,
polizze migliorative delle condizioni di base obbligatorie, ecc.)?
No, i contratti assicurativi di carattere del tutto accessorio, sia pure contestuali al
finanziamento, in cui la polizza non è finalizzata in alcun modo al rimborso totale o
parziale del credito non rilevano ai fini del calcolo del TEG. Parimenti, non vanno
inclusi nel calcolo del TEG, le coperture assicurative obbligatorie per legge (es. RC
auto) non direttamente connesse al rapporto di finanziamento.
Nel caso di sottoscrizione contestuale di contratti di finanziamento finalizzati
all’acquisto di autovetture unitamente a pacchetti assicurativi complessi
comprendenti sia coperture assicurative connesse con il finanziamento (per
esempio furto e incendio in cui il beneficiario è l’ente creditore), sia assicurazioni
accessorie (per es. polizze sanitarie in cui il beneficiario è il soggetto finanziato) sia
servizi accessori a beneficio dei proprietari del veicolo (per es. assistenza stradale,
veicolo sostitutivo, ecc.), si possono escludere dal calcolo del TEG gli oneri riferibili
a tali componenti aggiuntive della polizza?
Sì, le spese per assicurazioni e servizi accessori il cui beneficiario non è l’ente creditore
non sono da includere nel TEG. Nel caso di “pacchetti complessi” sarà necessario
distinguere – eventualmente facendo ricorso a stime - la parte di polizza connessa
con il finanziamento (ad es. furto e incendio il cui beneficiario è il creditore), da quella
accessoria (ad es. kasko, sanitaria) includendo nel TEG solo la prima parte della
polizza.
In caso di polizza volta a garantire integralmente il valore del bene offerto in
garanzia, in misura eccedente rispetto al capitale finanziato, va conteggiata solo la
parte del premio correlata al valore finanziato?
Sì, nel TEG va inserito un onere proporzionale al capitale finanziato.
7
In merito, una recente sentenza della Cassazione Civile, Sezione I, n. 8806 del 5 aprile
’17 si è occupata delle spese di assicurazione che nel 2002 venivano escluse dalla
rilevazione del TEGM. Sconfessando ogni stereotipo di omogeneità e simmetria, la
sentenza antepone l’imprescindibile carattere di onnicomprensività fissato dall’art. 644
c.p.:
▪ osserva che ‘non avrebbe neppure senso opinare diversamente nella prospettiva della
repressione del fenomeno usurario, l’esclusione di talune delle voci per sé rilevanti
comportando naturalmente il risultato di spostare – al livello di operatività della pratica –
la sostanza del peso economico del negozio di credito dalle voci incluse verso le voci
escluse’;
▪ puntualizza che ‘detto carattere “onnicomprensivo’ per la rilevanza delle voci
economiche – nel limite esclusivo del loro collegamento all’operazione di credito – vale
non diversamente per la considerazione penale e per quella civile del fenomeno usurario;
▪ ripristina la gerarchia delle fonti: “L’unitarietà della regolamentazione – così come la
centralità sistematica della norma dell’art. 644 per la definizione della fattispecie usuraria
sotto il profilo oggettivo, che qui specificatamente interessa – si trova sottolineata, del
resto, dallo stesso fatto che la legge n. 108/1996 viene a considerare pari passu entrambi
questi aspetti (cfr., in particolare, la disposizione dell’art. 4)”.
▪ stabilisce la subordinazione all’art. 644 c.p. delle disposizioni esecutive del MEF e della
Banca d’Italia: ‘La centralità sistematica della norma dell’art. 644 in punto di definizione
della fattispecie usuraria rilevante non può non valere, peraltro, pure per l’intero arco
normativo che risulta regolare il fenomeno dell’usura e quindi anche per le disposizioni
regolamentari ed esecutive e per le Istruzioni emanate dalla Banca d’Italia. Se è manifesta
l’esigenza di una lettura a sistema di queste varie serie normative, pure appare chiaro che
al centro di tale sistema si pone la definizione di fattispecie usuraria tracciata dall’art.
644, alla quale si uniformano, e con la quale si raccordano, le diverse altre disposizioni
che intervengono in materia’
Stabiliti questi principi di ordine generale, venendo alla fattispecie concreta, la
menzionata Cassazione ha valutato ‘antitetica’ al disposto dell’art. 644 c.p.,
l’interpretata esclusione delle spese di assicurazione, fondata sul presunto dettato
delle Istruzioni della Banca d’Italia vigenti all’epoca, ribadendo al tempo stesso il
8
principio di diritto fondato sull’inerenza del costo all’erogazione del credito, elemento
‘necessario e sufficiente’ per il riscontro dell’eventuale usurarietà.
L’INCLUSIONE DEGLI ONERI EVENTUALI: LA MORA
Il principale elemento di incertezza giuridica e di difficoltà tecnica, per quanto concerne
l’inclusione di mora e penale di estinzione nella verifica dell’usura, è costituito dal fatto
che – come ribadito dalla l. 24/01, di interpretazione autentica della l. 108/96 – la verifica
dell’usurarietà di un finanziamento rateale va fatta al momento della stipula del
contratto (usura originaria): solo la pattuizione di condizioni d’usura determina
l’applicabilità dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., II comma (sanzione della non
debenza di alcun interesse, ovvero gratuità del finanziamento). Ma se la verifica si fa
al momento iniziale, ex ante, come si possono quantificare oneri eventuali quali la
mora e la penale di estinzione?
Sull’inclusione o meno della mora esiste una copiosa giurisprudenza, originata dalla nota
pronuncia della Cassazione n. 350/13 secondo cui tutti gli oneri connessi al credito, tra cui
annoverare anche gli interessi di mora, sono soggetti alla verifica del rispetto della l. 108/96
(usurarietà)3.
Se è vero che il principio è chiaro4 e relativamente pacifico5, la metodologia di
inclusione non lo è, e le posizioni sul punto, anche a causa della scarsa conoscenza
della materia da un punto di vista tecnico e legale, sono le più disparate.
3 “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c. comma 2, si intendono usurari gli
interessi che superano il limite stabilito dalle legge nel momento in cui essi sono promessi o
comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori.”.
4 Per una trattazione esaustiva del punto, si vedano pagg. 3 e 4 della Relazione della VI sez.
Tribunale di Milano, 6/2/14 fornita in copia informatica.
5 Per una posizione contraria, secondo cui la mora non deve essere ricompresa nella verifica
dell’usura, si veda l’ABF, Collegio di Napoli, decisione del 05.12.2013, n.125/14: in materia di
usura bancaria, gli interessi moratori non possono venire rapportati al c.d. tasso soglia, in quanto,
la funzione risarcitoria cui sono deputati gli interessi moratori, esclude che a essi si possa
riconoscere alcun ruolo nella concessione del credito e, quindi, nella valutazione di usurarietà del
prestito.
9
Come anticipato in precedenza, un elemento di difficoltà è costituito dal fatto che – come
ribadito dalla l. 24/01, di interpretazione autentica della l. 108/96 – la verifica
dell’usurarietà di un finanziamento rateale va fatta al momento della stipula del contratto
(usura originaria): solo la pattuizione di condizioni d’usura determina l’applicabilità
dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., II comma (sanzione della non debenza di alcun
interesse, ovvero gratuità del finanziamento). Ma se la verifica si fa al momento iniziale,
ex ante, come si possono quantificare oneri eventuali quali la mora?
Conseguenze della mora in usura
Prima di illustrare le risposte a tale interrogativo, vogliamo trattare schematicamente
un ulteriore punto dibattuto, che riguarda la conseguenza dell’accertamento della
pattuizione della mora in usura (qualunque sia la metodologia ritenuta corretta per
la verifica). Secondo i diversi orientamenti giurisprudenziali da noi censiti, tale circostanza
(mora pattuita in usura) può determinare:
a) la nullità dell’intero contratto, con obbligo da un lato per la Banca di restituire gli
addebiti a titolo di interessi e spese e dall’altro per il soggetto finanziato di restituire
immediatamente il capitale ricevuto (capitale residuo);
b) la nullità della clausola “economica” tout court, e la conseguente gratuità del
finanziamento, che rimane in piedi con l’obbligo per il soggetto finanziato di pagare
solo le quote capitali delle rate (una volta scontato l’importo già pagato a titolo di
interessi e spese, che va reindirizzato a pagamento del capitale)6;
6 Dal riferimento indifferenziato agli interessi, senza alcuna distinzione della relativa natura, la
Corte d’Appello di Venezia fa discendere l’applicazione della sanzione prevista a tutti gli interessi,
sia corrispettivi che moratori: “L’art. 1815, comma 2°, c.c. esprime un principio giuridico valido
per tutte le obbligazioni pecuniarie e a seguito della revisione legislativa operata dall’art. 4 della
legge 7/3/96 n. 108 e dalla legge 28/2/01, n. 24 – di conversione del D.L. 29/12/00 n. 394 – esso
prevede la conversione forzosa del mutuo usurario in mutuo gratuito, in ossequio all’esigenza di
maggiore tutela del debitore e ad una visione unitaria della fattispecie, connotata dall’abbandono
del presupposto soggettivo dello stato di bisogno del debitore, a favore del limite oggettivo della
‘soglia’ di cui all’art 2, IV comma, della stessa legge n. 108/96 (…). Diversamente da quanto
dedotto nella motivazione della sentenza impugnata, la sanzione così stabilita dell’abbattimento
del tasso di interesse applicabile si applica a qualunque somma fosse dovuta a titolo di interesse,
legale o convenzionale, sia agli interessi corrispettivi che agli interessi moratori, con la solo
esclusione del caso in cui i rapporti contrattuali presupposti dall’applicazione degli interessi
10
fossero già esauriti alla data dell’entrata in vigore della legge n. 108/96 (cfr. Cass. Civ., n.
5324/2003).” (Corte d’Appello Venezia, Sez. III Civ., Presid. G. Silvestre, 18 febbraio ’13, n. 342).
In senso conforme, Tribunale di Benevento 30/12/15, Corte d’Appello di Roma 7/07/16 e
Ordinanza di Cassazione n. 23192 del 13/07 – 4/1072017. In quest’ultima Ordinanza, si legge:
Fatti di causa
(…)
2. il tribunale, concordemente con quanto già affermato dal giudice delegato, ha ritenuto
che la banca deve essere ammessa al passivo con riferimento alla sola sorte capitale, non
potendo essere riconosciuti gli interessi moratori: come emerso dalla c.t.u., al momento
della pattuizione il tasso degli interessi moratori era superiore al tasso soglia, vertendosi,
così, in ipotesi di usura originaria (e non in quella di usura sopravvenuta come dedotto dalla
banca) e, conseguentemente, ai sensi dell’art. 1815 c.c., la pattuizione del tasso di mora era
considerata nulla e nessun interesse spettava
3. con il ricorso si deduce in unico motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1815
c.c. e della l. 108/1996, in quanto il tribunale ha erroneamente rilevato che, al fine del
superamento del tasso soglia, si deve valutare l’eventuale usurarietà originaria del tasso di
mora e posto che, nel caso di affermata nullità degli interessi usurari moratori, detta nullità
non potrebbe colpire gli interessi corrispettivi i quali non superino il tasso soglia
Ragioni della decisione
1. Considerato che: 1. l’art. 1815, co. 2, c.c. stabilisce che “se sono dovuti interessi
usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi” e ai sensi dell’art. 1 d.l. 29
dicembre 2000, n. 394, convertito in l. 28 febbraio 2001, n. 24, si intendono usurari gli
interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono
promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento
del loro pagamento; il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza
una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del
debitore;
2. il ricorso è manifestamente infondato; come ha già avuto modo di statuire la
giurisprudenza di legittimità “è noto che in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della l.
n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli
interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi
corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). Ha errato, allora, il
tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato
nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi
corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso” (Cass.
ord. 5598/2017; con principio già affermato da Cass. 14899/2000).
Il ricorso è dunque infondato e va rigettato.
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c) la nullità della sola clausola dell’interesse moratorio, con l’effetto di obbligare la
Banca alla restituzione dei soli interessi moratori effettivamente richiesti e introitati
e il diritto per il soggetto finanziato di non pagare interessi di mora in futuro7;
7 Rilevando la pattuizione degli interessi corrispettivi come clausola distinta dagli interessi
moratori, la nullità di quest’ultima non coinvolgerebbe la clausola degli interessi corrispettivi. In
questo senso il Tribunale di Milano, in presenza di un tasso di mora debordante la soglia d’usura,
ha circoscritto la sanzione prevista dall’art. 1815 c.c. esclusivamente alla maggiorazione prevista
per la mora: “nel condividersi il principio affermato dalla Corte secondo cui la verifica del rispetto
del tasso soglia va estesa alla pattuizione del tasso di mora, ne consegue che, ove detto tasso
risultasse pattuito in termini da superare il tasso soglia rilevato all’epoca della stipulazione del
contratto, la pattuizione del tasso mora sarebbe nulla, ex art. 1815 comma 2 c.c. (e quindi non
applicabile), con l’effetto che, in caso di ritardo o inadempimento, non potrebbero essere
applicati interessi di mora, ma sarebbero unicamente dovuti i soli interessi corrispettivi (ove
pattuiti nel rispetto del tasso soglia); (…) la circostanza che il tasso di mora nominale sia oggetto
di autonoma verifica di rispetto del tasso soglia, trova ragione nella sua autonoma e distinta
funzione quale penalità per il ritardato adempimento, fatto imputabile al mutuatario e solo
eventuale, la cui incidenza va rapportata al protrarsi e all’entità dell’inadempienza. (Ordinanza
del Tribunale di Milano, L. Cosentini, 28/1/14).
In senso conforme anche il Tribunale di Napoli, quinta sezione civile, dott. Enrico Ardituro,
Ordinanza del 28-01-2014: “In materia di usura bancaria, allorché il contratto di mutuo preveda
un tasso moratorio superiore al c.d. “tasso soglia”, ma l’interesse corrispettivo pattuito non superi
detto limite, ad essere sanzionata con la nullità sarà solo la clausola riguardante gli interessi
moratori e non anche quella degli interessi corrispettivi. Gli interessi corrispettivi sono comunque
dovuti, infatti, perché pattuiti in misura inferiore al tasso usurario stabilito all’epoca della
conclusione del contratto”.
Così il tribunale di Venezia, dott.ssa Gabriella Zanon, Sentenza del 15-10-2014, n.2163:
Gli interessi moratori sono previsti e disciplinati da una diversa ed autonoma clausola rispetto a
quella degli interessi corrispettivi. La declaratoria di nullità ex art. 1815, 2° comma, per
pattuizione usuraria potrebbe allora investire solo tale specifica ed autonoma clausola.
Anche il tribunale di Taranto, dott. Claudio Casarano, Ordinanza del 17-10-2014:
Interessi corrispettivi e moratori sono istituti aventi diversa causa e non necessariamente
dall’invalidità dell’uno deriva anche quella dell’altro: gli interessi moratori assolvono ad una
funzione risarcitoria forfetizzata e preventiva del danno da ritardo nel pagamento di una somma
esigibile; quelli corrispettivi implicano la regolare esecuzione del rapporto e rappresentano il
corrispettivo del prestito. Non vi è tra i due istituti un rapporto di presupposizione necessaria.
Siccome la nullità parziale ex art.1419 cc non importa – di regola – la nullità dell’intero
contratto, l’invalidità che involga la clausola degli interessi moratori usurari non si estende
alla clausola degli interessi corrispettivi, che sono comunque dovuti.
In virtù del principio di tassatività delle nullità ex art. 14 delle Preleggi, mancando un’apposita
norma che disponga l’estensione della sanzione della nullità del tasso di mora usurario anche a
12
d) la riconducibilità a soglia degli interessi moratori eventualmente addebitati8.
Un aspetto ulteriore riguarda il considerare o meno la maggiorazione del 2,1% (rilevazione
statistica campionaria del 2001-2002) suggerita dalla Banca d’Italia nei “Chiarimenti in
materia di applicazione della legge antiusura, Banca d’Italia, 3 luglio 2013”: taluni giudici
ritengono infatti che per preservare il principio di omogeneità dei termini di confronto
(TEG applicato e soglia d’usura), poiché la rilevazione del TEGM (tasso medio) alla base
della soglia non contiene gli interessi di mora, ad esso vada aggiunta la maggiorazione del
2,1% che uno studio campionario del 2001/2002 ha individuato come spread medio tra
tasso corrispettivo e tasso moratorio9.
quello corrispettivo (non usurario per definizione), quest’ultimo si conserva, stante vieppiù il
disposto dell’art. 1224, primo comma cc, laddove prevede in particolare che in mancanza di tasso
di mora si applica quello corrispettivo o legale.
8 In tal senso il tribunale di Roma, Pres. dott.ssa F. D’Ambrosio – Rel. dott.ssa B. Perna, Sentenza
del 16-09-2014:
“Gli interessi moratori rientrano tra quelle prestazioni "accidentali" (e perciò meramente
eventuali) sinallagmaticamente riconducibili al futuro inadempimento e destinate ad assolvere, in
chiave punitiva, alla funzione di pressione finalizzata alla realizzazione del corretto adempimento
del contratto.
La diversità ontologica e funzionale delle due categorie di interessi corrispettivi ed interessi
moratori non ne consente il mero cumulo ai fini della valutazione di usurarietà del finanziamento.
La possibilità/necessità di un tale cumulo non può trarsi da un’erronea interpretazione del dictum
della sentenza n.350/2013 della Corte di Cassazione e, vieppiù, anche ove quest’ultima avesse
realmente stabilito un simile principio, sarebbe comunque da disattendere, per quanto autorevole,
in virtù della diversità ontologica e funzionale delle due categorie di interessi.
L'art. 1815 comma 2 c.c. fa riferimento alle prestazioni di natura "corrispettiva” gravanti sul
mutuatario a prestazioni collegate allo svolgimento fisiologico del rapporto per cui lo stesso non
può mai applicarsi agli interessi moratori che sono relativi alla fase patologica conseguente
all'inadempimento, solo eventuale, del mutuatario.
L'esistenza di una clausola di salvaguardia esclude in radice la usurarietà del tasso pattuito.
Ne discende che, in caso di superamento del tasso soglia per effetto dell’applicazione degli interessi
di mora, la soluzione andrà ricercata nella riconduzione di questi ultimi nei limiti del tasso soglia
ai sensi degli artt. 1419, comma 2 cc e 1339 cc, trattandosi al più di usurarietà sopravvenuta.”
9 Ipotizzando un mutuo stipulato nel I trimestre 2003, il TEGM, tasso medio, è pari al 5,37% che
maggiorato del 50% conduce ad una soglia dell’8,055%. Poiché tuttavia nel TEGM non sono
incluse le rilevazioni degli interessi di mora applicati dagli Intermediari, la Banca d’Italia suggerisce
di maggiorare il TEGM del 2,1%: la nuova soglia, da confrontare con il tasso di mora, sarà pertanto
pari al (5,37% + 2,1%) x 1,5 = 11,21%.
13
Tale posizione è fatta propria solo da una limitata parte della giurisprudenza10, ma potrebbe
essere la soluzione della richiesta di “omogeneità” tra tasso effettivo rilevato e soglia
d’usura avanzata dalle recenti Cassazioni Civili I sez. n. 12965 del 22/06/16 e 22270 del
3/11/16.
Per una posizione radicalmente contraria (inapplicabilità della maggiorazione del 2,1%) si
veda invece Trib. Torino, n. 14932 del 27/04/16, giudice dott. E. Astuni.
Le differenti metodologie di inclusione della mora nella verifica
Si rimanda alla sezione “giurisprudenza” del sito www.assoctu.it per un elenco aggiornato
delle sentenze in materia. Qui ci si limita a citare alcune delle metodologie più comuni di
inclusione della mora nella verifica, con qualche riferimento giurisprudenziale.
1. Sommatoria del TAN (tasso nominale degli interessi corrispettivi) e del tasso di
mora.
Si tratta di una prassi tecnicamente errata e scarsamente seguita in giurisprudenza. Una
pronuncia a favore è quella del Giudice di pace di Domodossola 2/05/14 (cfr. anche Ord.
Trib. Agrigento 10/04/15; Ord. Trib. Rovereto 30/12/13; Ord. Trib. Viterbo 8/08/13).
Quali sono le (errate) motivazioni della tesi della “sommatoria dei tassi”?
Sono essenzialmente due:
- poiché in contratto il tasso di mora è spesso espresso come tasso corrispettivo più
uno spread (ad es. tasso corrispettivo 5%, tasso di mora = tasso corrispettivo + 2%
= 7%), si è creata la confusione per cui in caso di mora si paghi il 12% (5% + 7%)
e non il 7%;
10 In questo senso il Tribunale di Cremona, dott. Giulio Borrella, Ordinanza del 30-10-2014
stabilisce che ai fini del verificarsi dell’usura il tasso di mora dovrà essere raffrontato al tasso soglia
maggiorato dei 2,1 punti percentuali rilevati dai Decreti Ministeriali. La verifica dell’usurarietà
degli interessi di mora va effettuata sulla singola rata e non sull’intero finanziamento. In ipotesi di
usurarietà degli interessi di mora è sempre salvo quanto corrisposto a titolo di interesse
corrispettivo.
14
- poiché la mora si applica sull’intera rata (come reso legittimo dalla Delibera CICR
9/2/00, se ciò è espressamente pattuito in contratto11) e la rata è comprensiva di
capitale e interessi, l’applicazione della mora (7%) su qualcosa che contiene già
interessi (al 5%) determina un peso complessivo del 12% (7% sul 5%).
L’argomentazione giuridica contraria, a nostro avviso dirimente, riguarda la diversa
funzione degli interessi: i primi (corrispettivi) remunerano l’erogazione del capitale, i
secondi (moratori) remunerano il ritardato pagamento di un’obbligazione diversa,
scaturente, per l’appunto, dal mancato pagamento di una o più rate di rimborso.
L’argomentazione tecnica contraria, riguarda la diversità della base di calcolo, che per gli
interessi corrispettivi è il capitale residuo, per gli interessi di mora il solo importo scaduto
e impagato.
Per tali ragioni le verifiche devono essere distinte, una per le condizioni corrispettive
(includendo oltre agli interessi gli altri oneri connessi all’erogazione del credito) ed una per
le condizioni in caso di mora. In alternativa, si deve studiare una metodologia di inclusione
più sofisticata, come quelle che vedremo in seguito.
NB_1: talvolta si riscontra la sommatoria del tasso di mora non con il tasso nominale
corrispettivo (TAN), ma con il tasso effettivo (TAEG o ISC) indicato in contratto, che
incorpora l’effetto delle spese iniziali (di istruttoria, assicurative etc.). Tale approccio
risulta errato per le medesime ragioni sopra espresse, in quanto confonde la remunerazione
per il finanziamento e la remunerazione per il ritardato pagamento.
NB_2: rispetto alla semplice tesi della sommatoria dei tassi, una formulazione leggermente
diversa nella forma, ma analoga nella sostanza, prevede il calcolo del TEG (formula del
11 “Art. 3. Finanziamenti con piano di rimborso rateale
Comma 1. Nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito
avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di
inadempimento del debitore
l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente
stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento.
Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica.
Comma 2. Quando il mancato pagamento determina la risoluzione del contratto di finanziamento,
l'importo complessivamente dovuto può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a
decorrere dalla data di risoluzione. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione
periodica.”
15
tasso di rendimento interno) considerando da un lato il finanziamento erogato e dall’altro
tutti i possibili flussi di rimborso previsti in contratto, comprensivi sia delle rate sia della
mora applicabile sulle stesse. Si ipotizza, in altre parole, uno sviluppo del piano in cui il
soggetto finanziato paga contemporaneamente le rate e la mora sulle rate pagate (come se
in realtà non le avesse pagate). La Tabella illustra lo sviluppo di un simile piano:
E’ evidente che tale piano non corrisponde ad alcuno sviluppo possibile del contratto,
perché non è possibile ipotizzare che le rate vengano pagate e contemporaneamente che
vengano addebitati gli interessi di mora come se non fossero state pagate. Diamo conto di
questa metodologia evidentemente errata solo perché più volte riscontrata in perizie di
parte.
NB_3 (tesi “Adusbef”): anche la tesi che prevede la sommatoria del tasso corrispettivo e
della maggiorazione di mora (più l’eventuale incidenza delle spese) quale tasso
complessivo dell’operazione è infondata per le stesse ragioni sopra esposte, ovvero perché
i tassi sommati si riferiscono a diverse basi di calcolo.
2. Analisi distinte delle condizioni corrispettive (la fisiologia del contratto) e delle
condizioni di mora.
Secondo questo approccio è necessario, come sopra anticipato, confrontare la soglia
d’usura in vigore al momento della stipula distintamente con:
a) le condizioni corrispettive, ovvero quelle previste in caso di fisiologia del contratto:
tasso d’interesse corrispettivo e spese connesse all’erogazione del credito, come
quelle di istruttoria;
b) le condizioni previste in caso di ritardato pagamento (essenzialmente tasso di mora).
Poiché in caso di ritardato pagamento viene generalmente prevista l’applicazione del solo
tasso di mora, senza aggravio di ulteriori spese e senza alcuna capitalizzazione periodica,
Flussi per calcolo TEG
Data erogazione +100 (capitale erogato)
Scadenza I rata -10 (I rata pagata)
Scadenza II rata -10 (II rata pagata) - 0,5 (mora sulla prima rata)
Scadenza III rata -10 (III rata pagata) - 1 (mora sulle rate I e II)
Scadenza IV rata -10 (IV rata pagata) - 1,5 (mora sulle rate I, II e III)
Etc.
16
secondo tale approccio la verifica dell’usurarietà della mora si risolve nel semplice
confronto tra il tasso d’interesse moratorio nominale previsto in contratto e la relativa soglia
d’usura. Se la mora è pattuita in misura inferiore alla soglia, non si rileva usura per quanto
concerne la clausola moratoria, altrimenti la clausola è nulla e non sono dovuti interessi
moratori.
Ad esempio, se il tasso corrispettivo è indicato in contratto al 5%, e la mora è pari al tasso
corrispettivo più 3 punti percentuali, quindi pari all’8%, sarà sufficiente confrontare tale
8% con il valore della soglia alla stipula del contratto: se la soglia è inferiore, la pattuizione
della mora è in usura, altrimenti è legittima.
3. Verifica “unitaria” che ricomprende la mora nel computo del tasso effettivo
La verifica si basa sullo sviluppo degli scenari contrattuali, ipotizzando il mancato
pagamento delle rate ed il conseguente addebito di interessi di mora. Tale elaborazione può
essere operata in due modi differenti:
1. effettuando una verifica dell’incidenza della mora sulla singola rata (metodo indicato
dalla dott.ssa L. Cosentini della VI sez. civ. del Tribunale di Milano in una relazione
interna “Relazione VI Sez. Trib. Milano, 10/02/14”, in www.assoctu.it);
2. effettuando una verifica dell’incidenza della mora sul finanziamento complessivo
(metodo indicato dal dott. Marcelli nell’articolo “Oneri eventuali, interessi di mora e
penale estinzione: la verifica dell'usura dettata dall'art. 644 C.P. ha un solo criterio di
calcolo: il rendimento effettivo” in www.assoctu.it e ripreso dal Tribunale di Udine n.
5961 del 26/09/14)
Una “evoluzione” di tale seconda metodologia prevede la verifica non su ogni
possibile scenario, ma unicamente su quello verificatosi ex post (Trib. Torino, dott.
Astuni, n. 14932 del 27/04/16)
Si rimanda al file excel allegato (Esemplificazione inclusione penale e mora in verifica
usura) ed all’esempio di CTU di seguito riportato per un’esemplificazione dei due metodi
di calcolo su un caso concreto.
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L’INCLUSIONE DEGLI ONERI EVENTUALI: LA PENALE
DI ESTINZIONE
La penale di estinzione nei mutui (giurisprudenza)
Le Istruzioni della Banca d’Italia hanno costantemente indicato l’esclusione dalla
rilevazione dei tassi medi (TEGM) delle penali di estinzione: “le penali a carico del cliente
previste in caso di estinzione anticipata del rapporto, laddove consentite, sono da ritenersi
meramente eventuali, e quindi non vanno aggiunte alle spese di chiusura della pratica”
(Istruzioni, aggiornamento agosto ’09 ripreso anche nel ‘16).
La giurisprudenza si è pressoché costantemente uniformata a tale indicazione, ma
recentemente è emerso un orientamento, ancora largamente minoritario, che prevede invece
l’inclusione della penale di estinzione nella verifica del TEG ex ante, secondo quello che
possiamo definire il metodo degli “scenari”, per cui ogni possibile sviluppo del
finanziamento, compresa l’estinzione anticipata poco tempo dopo l’erogazione del
finanziamento, deve evidenziare un tasso effettivo rispettoso della soglia vigente al
momento della stipula
Segnaliamo almeno tre recenti sentenze che stabiliscono:
1. Pescara 28/11/14, est. Dott.ssa Tiziana Marganella: nel calcolo del TEG ai fini
antiusura è necessario includere anche l’importo della penale di estinzione anticipata,
che è assimilabile – in quanto penale – alla mora, che come affermato dalla Cass.
350/136 deve essere ricompresa nella verifica dell’usura (non rilevando il carattere
eventuale dell’onere stesso)12.
12 “Ora la censura relativa all’usurarietà dei tassi è fondata su un unico e assorbente argomento,
rappresentato dal fatto che sarebbe stata pattuita una promessa usuraria al momento della stipula
del contratto, laddove vengono fatti rientrare, tanto i costi certi tanto i costi potenziali del
finanziamento (ossia i costi per l’estinzione anticipata).
Invero, accordando cittadinanza alle argomentazioni svolte dal debitore, sulla scorta di quanto
statuito dalla recente sentenza della Corte di Cassazione n° 350/2013 la censura è fondata in
relazione al tasso usurario perché “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p.c., e dell’art. 1815
c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel
momento in cui essi sono promessi e comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo
di interessi moratori (Corte cost. 25 febbraio 2002n. 29: il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394
18
2. Bari, 12/12/14 La penale di estinzione rientra tra gli oneri inclusi, ai sensi dell’art. 644
c.p., nella verifica dell’usura, indipendentemente dal proprio carattere di onere
eventuale. Ai fini della verifica della usurarietà del tasso convenuto occorre pertanto
tenere conto sia degli interessi moratori (Cass. 350/13) sia della commissione di
estinzione anticipata. Per quanto attiene questo onere, l’Ordinanza precisa che, sebbene
questa sia determinata in misura percentuale sul capitale residuo, ai fini
dell’accertamento dell’usurarietà del tasso il calcolo debba essere operato con
riferimento al capitale concesso a mutuo, perché la verifica dell’usurarietà va condotta
al momento della stipula del contratto quando capitale mutuato e capitale residuo
coincidono. La necessità di cumulare gli interessi moratori con la commissione di
estinzione anticipata è rafforzata nel caso in cui la commissione di estinzione anticipata
sia dovuta, in forza del contratto, anche in caso di risoluzione per inadempimento del
mutuatario.
NB (dettaglio formale): il contratto oggetto di contestazione indicava testualmente
“commissione di estinzione” (e non penale di estinzione): il ricorrente ha sottolineato
questo punto, affermando che la previsione di una “commissione” ricade negli oneri
inclusi nella verifica dall’art. 644 c.p. (che parla di commissioni) e non tra gli oneri
esclusi dalle Istruzioni della Banca d’Italia (che esclude le “penali”). Tale aspetto, che
potrebbe risultare squisitamente formale, potrebbe aver in parte motivato la decisione.
3. Bari, 19/10/15 Il Tribunale nell’Ordinanza ribadisce la posizione espressa in data
12/12/14 (vd. anche Trib. Pescara 28/11/14) in merito alla necessità di computare, ai fini
della verifica dell’usurarietà del tasso (usura originaria), anche delle penali previste in
caso di estinzione anticipata. Si fa espresso riferimento sia al dettato letterale dell’art.
644 c.p. sia all’interpretazione dello stesso fornita dalla Cassazione nella nota sentenza
del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile – senza
necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di
legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori.
Orbene, in termini elastici la mora e la penale per estinzione anticipata possono essere tra loro
accomunate in quanto entrambe rappresentano un costo del mutuo erogato.
Premesso, quindi, che la ratio del legislatore si riscontra nella necessità di contenere i tassi
anomali, in armonia alle più recenti mentovate statuizioni della giurisprudenza di legittimità, deve
ritenersi che assumono rilevanza ai fini della disciplina anti-usura e del superamento del tasso
soglia a qualsiasi onere collegato alla erogazione del credito e, quindi anche al costo pattuito per
la estinzione anticipata del mutuo.
19
n. 350/13. Ai fini dell’accertamento dell’usurarietà del contratto, la commissione per
estinzione anticipata deve essere calcolata “con riferimento al capitale concesso a
mutuo, dovendosi avere riguardo al momento in cui le condizioni contrattuali del mutuo
vengono pattuite, così come prescrive la legge, considerato anche che in ipotesi ben può
accadere che l’estinzione anticipata venga richiesta a distanza di qualche giorno”.
L’usurarietà dello specifico contratto di finanziamento oggetto di decisione è la
risultante – si legge nell’Ordinanza – della “sommatoria del tasso convenzionale, di
quello di mora, delle spese di istruttoria e di assicurazione, nonché dell’1,50% per
estinzione anticipata” e determina la gratuità del mutuo ex art. 1815, comma 2, c.c.:
l’Ordinanza si conclude osservando che “alla data in cui è stato intimato il precetto
l’opponente aveva pagato una somma superiore a quella dovuta per le rate scadute
della sola sorte capitale sicché il credito azionato in via esecutiva è privo del requisito
dell’esigibilità atteso che la Banca opposta non poteva avvalersi della clausola
risolutiva espressa non essendosi verificato alcun inadempimento dell’opposta al
pagamento di quanto dovuto fino a quel momento per sorte capitale”.
NB (nota tecnica): non avendo contezza del contratto oggetto della decisione del
Tribunale di Bari 19/10/15, non ci si può esprimere in merito alla somma che il Tribunale
sembra fare, oltre che del tasso corrispettivo e dell’aliquota penale di estinzione, anche
della maggiorazione per la mora. La contemporanea inclusione nella verifica di penale
di estinzione immediata e della mora tecnicamente sembrerebbe scorretta in quanto o si
ipotizza l’estinzione immediata, e allora non c’è pagamento della mora, o si ipotizza la
morosità senza estinzione anticipata, e allora non ci sarebbe l’onere della penale di
estinzione). Per altro, come si dirà in seguito, anche la somma algebrica tra un tasso
(degli interessi) applicato sul capitale residuo, un tasso o maggiorazione (di mora)
applicato su una base di calcolo diversa (gli importi impagati) e un’aliquota (penale di
estinzione) sembrerebbe tecnicamente errata.
In senso conforme anche Tribunale Ascoli Piceno 13/10/15.
In senso opposto, ex multiis, si veda ad esempio la recente Ordinanza del Tribunale di
Torino del 28/03/16, dott. B. Conca, che afferma, in merito ad una contestazione di
usurarietà basata sull’inclusione della penale di estinzione che:
- “sostenere che il tasso soglia (…) sarebbe superato per effetto dell’inclusione nel
TAEG dell’incidenza percentuale della penale per l’estinzione anticipata del mutuo,
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finisce per postulare una sorta di “tasso-sommatoria” fra voci affatto eterogenee per
natura e funzione”;
- “la penale di estinzione costituisce un elemento accidentale del negozio, avendo
natura eventuale”;
- includere nello stesso calcolo (TAEG) la componente moratoria e la penale di
estinzione (che attengono a eventi alternativi) è “ancora più paradossale della
classica sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori”;
- “ove pure si volesse ipotizzare la plausibilità della sommatoria (…) essa non
potrebbe avere rilevanza che nel momento in cui, in concreto, si verificasse, la
situazione di fatto”.
NOVITA’ GIURISPRUDENZIALE La penale di risoluzione (prevista in caso di
risoluzione per inadempimento del soggetto finanziario come aliquota sul capitale residuo
o sull’importo complessivamente dovuto alla risoluzione) è stata recentemente inclusa dal
Tribunale di Bologna (Ordinanza del 9/05/17, Est. Martino, di fissazione di un quesito
peritale) tra gli oneri connessi al credito da verificare in sede di accertamento del rispetto
della l. 108/96. Tale penale è stata assimilata sostanzialmente alla mora.
Naturalmente l’efficacia protettiva del principio espresso dal Tribunale di Bologna avrà la
sua massima espansione nelle procedure esecutive già azionate dalle banche: non di rado,
la rideterminazione del dare-avere di un mutuo bancario usurario, conduce a risultati
favorevoli al cliente allorché il monte interessi pagato, che deve essere restituito, superi il
credito in linea capitale vantato dalla banca al momento dell’inizio dell’azione esecutiva:
se il credito in restituzione del cliente è superiore al credito della banca, l’atto di
pignoramento è nullo e la nullità travolge l’esecuzione immobiliare già avviata
Metodo tecnicamente “corretto” di inclusione della penale di estinzione
In ipotesi di estinzione anticipata dopo n rate, tra i flussi negativi A’k’ andrà inserito
l’importo delle spese iniziali connesse al credito, l’importo delle prime n rate e, alla data di
estinzione, l’importo del capitale residuo dopo il pagamento della n-sima rata e della penale
di estinzione calcolata su tale importo.
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Come si vede negli esempi presenti nel file excel, ipotizzare l’estinzione dopo un solo
giorno (o dopo poche rate) implica normalmente tassi di rendimento molto alti, debordanti
le soglie: la plausibilità di tali scenari è rimessa alla valutazione del Magistrato.
Ad esempio, per un finanziamento di 100.000 € estinto immediatamente (dopo 1 giorno)
pagando una penale dell’1,5% (pari a € 1.500), il tasso effettivo, anche senza considerare
altre spese è pari al 22.814%: il risultato apparentemente assurdo deriva dalla riconduzione
su base annua dell’onere di € 1.500 che è addebitato per un solo giorno (vd. file excel
allegato).
ATTENZIONE: molti contratti di mutuo fondiario pattuiscono delle limitazioni
all’esercizio da parte del cliente di estinguere anticipatamente il finanziamento
(normalmente per poter accedere alle agevolazioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973
n. 601). In tal caso la parte mutuataria può avvalersi della facoltà di estinzione
anticipata solo decorso il termine di 18 mesi previsto dall’art. 15 del medesimo D.P.R..
e bisogna ovviamente tenerne conto nella prospettazione dello scenario (estinzioni
prima dei 18 mesi non sono compatibili con le pattuizioni contrattuali).
Confronto con le risultanze delle sentenze del Tribunale di Bari sopra menzionate
Il Tribunale di Bari (19/10/15) ipotizza che l’estinzione anticipata avvenga
immediatamente, prima del pagamento anche della prima rata, e in tal caso la penale si
calcola sull’intero capitale finanziato: sotto questa ipotesi, si badi bene, l’incidenza
percentuale della penale di estinzione, come mostrato nell’esempio precedente, non è pari
alla sua aliquota, ma estremamente più alta. Tecnicamente non risulta infatti corretto fare
la “somma” tra tasso corrispettivo (o tasso effettivo comprensivo dell’effetto delle spese
iniziali) e aliquota della penale di estinzione, dimenticando il fattore temporale. Man mano
che l’estinzione viene ipotizzata più in là nel tempo, l’incidenza percentuale della penale
andrebbe a ridursi: il minore impatto percentuale in tal caso dipenderebbe sia dall’effetto
dell’attualizzazione (la penale si paga “dopo”) sia dal fatto che essa sarebbe calcolata su un
capitale residuo inferiore perché ridotto della quota capitale delle rate pagate.
22
FOCUS: la penale nei leasing
In tema di penale di risoluzione, è interessante la Cassazione n. 888 del 17/01/14: la
Suprema Corte si è occupata del carattere eccessivo della penale che stabilisce il diritto di
recuperare, in caso di inadempimento, l’intero importo del finanziamento E il possesso del
bene locato.
Il calcolo del TEG nei contratti di leasing: problematiche specifiche
Come in tutti i contratti di finanziamento, occorre innanzitutto identificare il momento in
cui l’operatore (intermediario, cliente, consulente, o qualunque altro soggetto vi abbia
interesse) intende porsi nel calcolo del tasso effettivo globale. Detto momento può ricadere
in uno dei due periodi che possono individuarsi rispetto a ciascun contratto di
finanziamento: prima o dopo la sottoscrizione del contratto.
A seconda che il momento della valutazione ricada nell’uno o nell’altro periodo,
discendono importanti conseguenze sul piano giuridico, in quanto potrà valutarsi l’usura
c.d. “originaria” (o “genetica”) laddove il TEG sia stato calcolato in un momento
antecedente o coincidente con la data di sottoscrizione del contratto, mentre potrà discutersi
di usura c.d. “sopravvenuta” qualora il TEG sia stato calcolato considerando anche fatti e
condizioni verificatesi in momenti successivi alla pattuizione.
A seconda dell’una o dell’altra tipologia di usurarietà occorrerà applicare alternative
metodologie di calcolo delle somme da ritenersi indebite, e ciò in virtù delle diverse
sanzioni e/o delle diverse interpretazioni delle stesse a cui ci si intende ispirare. Tuttavia,
questo problema non attiene a questa sezione, in cui si intende concentrarsi sul calcolo del
TEG nel contratto di leasing.
A tal riguardo, ciò che differisce nei due casi sopra enunciati non è costituito dalla formula
da utilizzarsi, che rimane immutata (vd. paragrafo precedente) ma riguarda piuttosto gli
“ingredienti” da inserire nella formula di calcolo.
Nel caso di specie, poiché trattasi di un contratto di leasing che come noto è un contratto a
contenuto finanziario atipico, l’operatore dovrà considerare quale valore del “prestito” Ak
il controvalore del bene oggetto di locazione finanziaria alla data di sottoscrizione del
contratto. In genere, tale valore è convenzionalmente assegnato dalle parti e posto pari al
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prezzo di acquisto del bene locato, ma potrebbe anche risultare inferiore o superiore (ad
esempio, includendo spese per il miglioramento/adattamento del bene acquisito).
Al riguardo, si rileva come al paragrafo B.4 (“Classi di importo”) delle richiamate Istruzioni
della Banca d’Italia, in merito all’individuazione della classe di importo dell’operazione di
leasing e dunque dell’ammontare del leasing, è indicato che “Con riferimento alle
operazioni di leasing la classe di importo va individuata facendo riferimento all’importo
del finanziamento al lordo del cd. "maxicanone" e/o di eventuali anticipi.”, laddove per
“maxicanone” si intende presumibilmente l’anticipo sul valore del bene da corrispondersi
inizialmente. Quindi ai fini del computo del TEG, tenuto conto dell’atipicità del contratto
di leasing, l’importo finanziato corrisponde all’esborso monetario sopportato dalla società
di leasing per l’acquisto del bene oggetto del contrato di leasing, ivi includendo
l’ammontare dell’opzione di acquisto finale.
Il valore della locazione finanziaria è, di norma, desumibile direttamente dal contratto di
locazione o dall’atto di acquisto del bene o dalla relativa fattura di acquisto, per cui non è
difficile assegnare un valore ad Ak. In altri casi, tuttavia, l’ammontare definitivo del leasing
è individuato in modo certo solo in sede di consegna del bene, ed indicato quindi nel verbale
di consegna che in questi casi forma parte integrante del contratto di leasing. Il problema
che si pone, quindi, è quello di determinare Ak al momento della sottoscrizione del
contratto, nonostante il dato definitivo sia noto solo in un momento successivo.
La questione va approfondita, anche se in genere il contratto di leasing iniziale individua
l’ammontare del contratto di locazione in via provvisoria, rimandando al verbale di
consegna per la definitiva fissazione dell’ammontare del leasing e delle condizioni
economiche, risultando di fatto una sorta di rinegoziazione del contratto originario.
Assegnato un valore ad Ak, restano comunque alcune questioni che caratterizzano il
contratto di leasing rispetto agli altri finanziamenti a cui si applica la formula sopra indicata.
In particolare, ci si riferisce al fatto che il bene oggetto di locazione finanziaria resta in
realtà di proprietà dell’intermediario finanziario dalla data di acquisto (che può coincidere
o meno con la data di stipula del contratto di finanziamento) e sino alla data di (eventuale)
trasferimento per esercizio, da parte del locatario, dell’opzione di acquisto alla fine del
piano finanziario.
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Tale circostanza caratterizza l’operazione di leasing in cui l’intermediario finanziario non
mette a disposizione della parte locataria una somma in denaro ma bensì una diversa utilità
economica costituita dalla disponibilità di un bene. Questo, dunque, è l’oggetto formale del
contratto di leasing, chiamato appunto locazione finanziaria. Tuttavia, il più delle volte lo
scopo finale del contratto di leasing non è solamente l’utilizzo del bene locato, ma include
anche il trasferimento di proprietà a favore della parte locataria dello stesso bene alla
scadenza contrattuale (si pensi ai beni immobili), previo versamento di un prezzo (opzione
di acquisto).
Ciò non comporta grosse difficoltà laddove il piano finanziario viene puntualmente
rispettato e portato a compimento, consentendo alla parte locataria di acquisire la proprietà
del bene, previo pagamento dell’opzione finale. Riguardo quest’ultima, occorre rilevare
come possa assimilarsi alle spese di chiusa dell’operazione di leasing, e dunque essere
inclusa nella formula del TEG tra le rate di rimborso A’k.
Diverso è il caso del calcolo del TEG ex post, in un periodo successivo alla
sottoscrizione del contratto, in presenza di gravi insolvenze che portano alla
prematura cessazione del di leasing, in genere su iniziativa dell’intermediario
finanziario.
Tali circostanze ricorrono purtroppo frequentemente negli ultimi anni, in cui alla crisi del
settore produttivo si è aggiunta una grave contrazione nel prezzo dei beni immobili, ivi
includendo i beni oggetto di locazione finanziaria.
In questi casi, l’aspirazione originaria della parte locataria di vedersi definitivamente
attribuita la proprietà esclusiva del bene viene meno e la società di leasing richiede quindi
di essere reimmessa nel possesso del bene locato, bene che viene spesso prontamente
restituito onde non incorre nel reato di indebita appropriazione.
La restituzione del bene nei contratti di locazioni non resta priva di effetti nella
valorizzazione dei flussi di cassa da includere nel calcolo del relativo TEG.
Secondo un primo approccio, si ritiene che il controvalore del bene restituito vada
senz’altro incluso nel computo del TEG, ed in particolare tra le variabili A’k poste al lato
destro dell’uguaglianza di cui alla formula sopra indicata.
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Se così non fosse, per par condicio, il controvalore del bene non dovrebbe intervenire nella
formula di calcolo neppure nel lato sinistro dell’uguaglianza di cui alla formula del TEG,
ovvero tra le variabili Ak che rappresenta il capitale erogato.
Ciò precisato, il vero problema in questi casi si pone con riguardo alla quantificazione del
valore del bene in sede di restituzione all’intermediario finanziario. Infatti, se il problema
del valore iniziale del bene (Ak) è risolto in sede di sottoscrizione del contratto attraverso
l’accordo tra le parti sul punto (ammontare convenzionale della locazione finanziaria), di
non semplice soluzione è la medesima questione quando si pone in un momento intermedio
tra la sottoscrizione del contratto e la scadenza del “maxicanone” finale.
Nella pratica, può apparire logico desumere il valore contabile del bene locato dal valore
riportato nel piano di ammortamento dell’operazione di leasing, piano il cui scopo è proprio
quello di assegnare tempo per tempo un valore contabile al bene oggetto di leasing.
Purtroppo, nella prassi è piuttosto raro che al contratto di leasing sia allegato il piano
finanziario, per cui si potrà ricorrere alle scritture contabili dei soggetti coinvolti
nell’operazione di leasing oppure ad una valutazione obiettiva del bene da parte di un
professionista terzo rispetto alle parti che redigerà una perizia tecnica di stima.
Riguardo la stima dei beni oggetto di leasing, possono ravvedersi alcune indicazioni
nella Sent. Cass. n. 888/2014. Tra i principi stabiliti dalla Corte, si ravvede il principio
secondo cui la perdita di valore cagionata al bene locato dalla generalizzata caduta dei
prezzi nel mercato di riferimento non può essere attribuita all’intermediario finanziario, ma
vada bensì addebitata alla parte locataria. Ciò in virtù del fatto che si presume sia stata
quest’ultima ad individuare il bene, per cui l’acquisto dell’intermediario è stato dettato
unicamente dalle scelte della parte locataria, che si dovrà fare quindi carico delle relative
svalutazioni. Con specifico riferimento ai contratti di leasing, la menzionata Sent. Cass. n.
888/2014 ha chiarito come “le clausole contrattuali che attribuiscano alla società
concedente - società di leasing - il diritto di recuperare, nel caso di inadempimento
dell'utilizzatore, l'intero importo del finanziamento ed in più la proprietà e il possesso
dell'immobile, attribuiscono alla società stessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva
il diritto di attendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo a configurare gli
estremi della penale manifestamente eccessiva rispetto all'interesse del creditore
all'adempimento, di cui all'articolo 1384 cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3, 13 gennaio 2005 n.
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574; Idem, 2 marzo 2007 n. 4969; Idem, 27 settembre 2011 n. 19732, ed altre). Nel valutare
se la penale sia manifestamente eccessiva, infatti, il giudice è tenuto a comparare il
vantaggio che essa assicura al contraente adempiente con il margine di guadagno che egli
si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (Cass. civ.
Sez. 3, 23 marzo 2001 n. 4208).”
La clausola di risoluzione standard – estratta da un contratto reale – prevede infatti che
“(…) l’Utilizzatore dovrà restituire prontamente l’immobile libero da persone e cose al
Concedente e questo ultimo ha diritto di pretendere dall’Utilizzatore, fatto salvo il maggior
danno, una penale di risoluzione, il cui importo, all’uopo indicato, è pari ai canoni scaduti
e non pagati fino al momento della risoluzione, nonché di quelli a scadere attualizzati al
tasso indicato maggiorati del prezzo per l’opzione finale di acquisto e dedotto quanto
ricavato dalla vendita del bene.” La Cassazione proprio in riferimento ad una clausola
analoga si è espressa qualificandola “manifestamente eccessiva”: “Vanno condivisi i rilevi
della ricorrente circa l’estrema genericità della clausola, la cui attuazione è rimessa alla
piena discrezionalità della concedente quanto a tempi, modalità e condizioni di vendita e
quanto a tempi e modalità con cui il corrispettivo dovrebbe essere riversato in favore
dell’utilizzatore. Quest’ultimo rimane privo di sostanziale tutela, quanto ai suoi diritti sul
bene, del quale per contro una volta adempiuto all’integrale restituzione del finanziamento
dovrebbe avere il diritto di acquisire proprietà e disponibilità.” (Cass. 17/1/14, n. 888).
Secondo un diverso approccio (alternativo al primo) occorre invece considerare la verifica
attualizzando i canoni a scadere alla data di risoluzione al tasso previsto contrattualmente,
senza detrarre il valore dell’immobile. Infatti, dalla prospettiva della società di leasing,
l’introito complessivo rinveniente dalla risoluzione anticipata resta invariato anche a
seguito della vendita dell’immobile; ad esempio se dalla penale di risoluzione (100) si
detrae il ricavato della vendita dell’immobile (40), la società di leasing introita 60 a titolo
di penale e 40 dalla vendita dell’immobile per un totale di 100, corrispondente all’importo
della penale di risoluzione.
Dalla prospettiva dell’utilizzatore, se è pur vero che a seguito della vendita dell’immobile
corrisponde una penale più bassa (40), e altrettanto vero che non può più disporre
dell’immobile, mentre la finalità del contratto di leasing era proprio quella di consentire
all’utilizzato di acquisirne la proprietà alla scadenza del contratto.
27
Ovviamente con tale secondo approccio, in cui sostanzialmente si va a considerare un
flusso negativo finale più elevato (perché al lordo del valore del bene) risultano tassi
di rendimento più alti, che con maggiore probabilità sforeranno le soglie d’usura.
Altre questioni aperte sui leasing:
1. Il tasso di attualizzazione è in genere inferiore al tasso contrattuale e corrisponde al
tasso Euribor, anche se spesso (per convenzione iniziale tra le parti) risulta inferiore
anche all’Euribor quotato alla data di stipula.
2. Generalmente nei contratti di leasing viene indicato il tasso leasing e non il TAN
del piano di ammortamento (vedi definizione della Banca d’Italia); tuttavia in alcuni
contratti risulta invece indicato il TAN.
Ma allora, cos’è questo “tasso leasing” (o TIA)? Nelle Istruzioni di Vigilanza per
le Banche pubblicate dalla Banca d’Italia, aggiornamento 2003, è previsto che “per
le operazioni di leasing finanziario è indicato il tasso interno di attualizzazione per
il quale si verifica l'uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di
imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell'opzione di acquisto finale (al
netto di imposte) contrattualmente previsti. Per i canoni comprensivi dei
corrispettivi per servizi accessori di natura non finanziaria o assicurativa, andrà
considerata solo la parte di canone riferita alla restituzione del capitale investito
per l'acquisto del bene e relativi interessi”.
3. Errore indicizzazione dei canoni.
4. Verificare verbali di consegna nei contratti immobiliare in costruendo perché le
previsioni di spesa non corrispondono mai a quanto effettivamente viene a costare
l’immobile e al momento della consegna vengono modificate le condizioni.
28
ANATOCISMO NEI FINANZIAMENTI A RIMBORSO
RATEALE
Il codice civile definisce l’“anatocismo” come calcolo degli interessi sugli interessi già
addebitati/scaduti e lo disciplina con l’art. 1283 c.c., che è norma imperativa (sottratta
alla disponibilità negoziale delle parti) e recita:
“In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo
dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla
loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”
L’anatocismo “bancario” è inoltre definito, ratione temporis, dal T.U.B. e dalle varie
Delibere CICR:
1. dal 22/04/00 al 31/12/13: D.Lgs. 342/99 e relativa Delibera CICR 9/02/00, entrata in
vigore il 22/04/00;
2. dal 1/01/14 al 30/09/16: L. 147/2013 (art. 1 comma 629), senza Delibera CICR
attuativa
3. dal 1/10/16: L. 49/16 e relativa Delibera CICR 3/08/16, entrata in vigore l’1/10/16
Per quanto riguarda i finanziamenti rateali, gli aspetti in cui si potrebbe configurare
anatocismo sono essenzialmente due:
a) la formazione della rata e quindi del complessivo piano di rimborso contrattuale
(questione dell’anatocismo nel piano di ammortamento “alla francese”);
b) l’applicazione degli interessi di mora all’intera rata scaduta e impagata, e quindi anche
alla quota interessi in essa contenuta.
L’ANATOCISMO NELL’AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE
La giurisprudenza (rassegna tratta da interventi curati dall’avv. Fabio Fiorucci)
le sentenze che hanno riconosciuto l’esistenza di anatocismo nell’ammortamento
alla francese sono in tutto solo 4: Trib. Bari, sez. Rutigliano del 29/10/08; Trib.
Larino (CB) del 3/05/12; Trib. Ferrara del 5/12/13; Trib. Isernia del 28/07/14;
tutte le altre sentenze si sono espresse in senso contrario (cfr. per tutte Trib. Milano
30/10/13 con CTU della dott.ssa Beccacece, Univ. Bocconi). Hanno sanzionato con
29
lite temeraria Trib. Salerno 30/01/15 e Trib. Verona 24/03/15. Anche l’ABF si è
espresso costantemente in senso negativo. In particolare, la giurisprudenza “contraria”
si è espressa indicando di volta in volta che:
il metodo di ammortamento c.d. alla francese (in cui la quota capitale aumenta
progressivamente mentre la quota interessi decresce) non determina alcuna
illegittima capitalizzazione degli interessi corrispettivi, poiché la quota di interessi
di ogni rata viene calcolata sul debito residuo del periodo precedente, costituito
dalla quota capitale ancora dovuta, detratto l'importo già pagato in linea capitale
con le rate precedenti, senza che gli interessi passivi già predisposti costituiscano
base di calcolo nella rata successiva;
Trib. Verona 24.3.2015, 27.4.2016 e 7.7.2016: “anatocismo concettualmente non
configurabile, per la inesistenza di un interesse ‘scaduto’ sul quale calcolare
l’interesse composto”;
Trib. Verona 24.3.2015 e Trib. Avellino 31.7.2017: amm.to francese fenomeno
inverso alla capitalizzazione poiché nel corso del tempo diminuisce il capitale che
fruttifica nel periodo successivo;
il piano di ammortamento calcolato con il metodo cd. alla francese, pur essendo
più oneroso di quello calcolato con il metodo all'italiana, utilizza una formula di
capitalizzazione composta che non ha, però, alcun effetto anatocistico nel senso del
calcolo di interessi su interessi;
deve escludersi che nell'ammortamento con rata costante e rimborso graduale del
capitale vi possa essere l’applicazione di interessi anatocistici, in quanto tale
fenomeno può sussistere e si avrebbe "interesse composto" soltanto se gli interessi
maturati sul debito in un dato periodo si aggiungessero al capitale;
alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono
pagati come quota interessi della rata di rimborso del mutuo;
l’assenza di qualsivoglia capitalizzazione (palese o occulta) nel piano di
ammortamento c.d. francese induce la giurisprudenza a escludere che possa
verificarsi alcuna pregiudizievole discordanza (indeterminatezza tasso di interesse
ex art. 1284 cc) tra il tasso pattuito nel contratto di finanziamento e quello effettivo
(ex multis Trib. Roma 16.6.2016; Trib. Palermo 31.1.2017; Trib. Pisa 21.4.2017;
contra Trib. Isernia 28.7.2014).
30
mentre il tasso annuo nominale (TAN) è appunto stabilito su base annua, le rate
hanno spesso una periodicità inferiore. Conseguentemente, il tasso effettivamente
applicato risulta più alto. La differenza tra TAN e TAE (tasso annuo effettivo) è
tanto maggiore quanto è maggiore il numero delle rate(fattore tempo) ed è tanto
più significativa quanto è più alto il tasso di interesse. Le due grandezze, TAE e
TAN, non sono dunque alternative tra loro, ma coesistono e non possono essere
identiche. Nei contratti di mutuo, infatti, al TAE si perviene dopo aver concordato
il TAN e la periodicità delle rate di rimborso (cfr. Trib. Modena 11.11.2014; Trib.
Milano 8.3.2016 e 28.4.2016; Trib. Varese 29.11.2016; Trib. Milano 28.6.2017).
“In sostanza, una volta raggiunto l’accordo [1]sulla somma mutuata, [2]sul tasso,
[3]sulla durata del prestito e [4]sul rimborso mediante un numero predefinito di
rate, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi
contrattuali” (Trib. Benevento 19.11.2012; Trib. Roma 11.1.2016, 16.6.2016,
1.2.2017, 5.4.2017; Trib. Monza 19.6.2017: esclusa indeterminatezza tasso ex art.
1284 cc; Trib. Milano 28.6.2017;Trib. Monza 17.8.2017).
La matematica finanziaria (vd. esempi excel forniti al corso)
1. da un punto di vista prettamente matematico, è indubbio che il regime finanziario con
cui è calcolata la rata costante che identifica l’ammortamento alla francese è quello
dell’interesse composto:
𝐷𝐸𝐵𝐼𝑇𝑂 =𝑅𝑎𝑡𝑎
(1 + 𝑖)+
𝑅𝑎𝑡𝑎
(1 + 𝑖)2
da cui:
𝑅𝐴𝑇𝐴 = 𝐷𝐸𝐵𝐼𝑇𝑂 𝑥 𝑖
1−1
(1+𝑖)2
2. il regime finanziario dell’interesse composto è caratterizzato dalla proprietà di
scindibilità: è quindi possibile scindere il finanziamento erogato in ammortamento
“alla francese” in tanti finanziamenti di importo inferiore (ognuno pari al valore attuale
di ciascuna rata);
3. è possibile mostrare, grazie a questa scissione, che gli interessi relativi ai
“sottofinanziamenti” relativi a tutte le rate successive alla prima sono computati non
solo sul capitale del sottofinanziamento ma anche sull’importo degli interessi non
versati nei periodi precedenti la scadenza di ciascuna rata;
31
4. poiché il finanziamento unitario è equivalente alla somma degli n sottofinanziamenti,
e poiché questi ultimi mostrano chiaramente il calcolo di interessi sugli interessi, allora
anche il finanziamento unitario, oggetto di analisi, deve essere caratterizzato da calcolo
di interessi su interessi.
5. in termini matematici, infatti, la quota interessi di ciascuna rata può essere espressa
alternativamente come:
It = Capitale Res.t-1 x i x t
(da cui si evidenzierebbe il calcolo degli interessi sul solo capitale residuo)
oppure
It = Rata x (1 – 1 / (1+i)n-t+1)
(da cui si evidenzierebbe invece il calcolo di interessi su interessi)
Sintesi
Si potrebbe convenire sul fatto che i matematici finanziari hanno ragione, ma i giuristi non
hanno torto.
Da un punto di vista giuridico, l’art. 1283 c.c. si occupa della patologia, nel senso di
tutelare il debitore da eventuali comportamenti opportunistici del creditore (che potrebbe
lasciare gli interessi “aumentare” indiscriminatamente per effetto del meccanismo di
capitalizzazione)
Da un punto di vista matematico, invece, si deve sottolineare semplicemente che il regime
finanziario dell’interesse composto ha una componente fisiologica (non patologica) di
“aumento” degli interessi (rispetto al regime finanziario dell’interesse semplice).
La norma del codice civile censura la “capitalizzazione”, ovvero il calcolo di interessi
su interessi scaduti. Il regime di capitalizzazione composta, che è indubbio sia presente
nella modalità di ammortamento alla francese, invece, porta a un incremento degli
interessi “analogo” a quello che si otterrebbe se gli stessi fossero capitalizzati. Il nodo
cruciale è determinare – da un punto di vista squisitamente giuridico – se questa
“analogia” debba avere o meno rilevanza per il Magistrato.
*****
L’ANATOCISMO NELL’APPLICAZIONE DELLA MORA
32
E’ indubbio che l’applicazione della mora all’intera rata scaduta e impagata determini
anatocismo, per la sola quota di interessi moratori che maturano sulla quota interessi della
rata (le posizioni giurisprudenziali contrarie, basate sulla considerazione che la rata scaduta
e impagata costituirebbe un unicum in cui si perde la qualifica di quota interessi / quota
capitale, sono state definitivamente accantonate dalla Cassazione, con pronunce nn.
2593/03 e 11400/14).
La domanda corretta pertanto è: quando e a che condizioni l’applicazione della mora
sull’intera rata è legittima?
La questione è di particolare interesse per quanto concerne i contratti di finanziamento
fondiario, per i quali può essere ricondotta nell’ambito di intervalli temporali ben definiti.
Lo spartiacque è rappresentato dalla entrata in vigore, rispettivamente, del testo
unico bancario (01/01/1994) e della Delibera CICR 09/02/2000 (22/04/2000) nonché del
novellato comma 2 dell’art. 120 TUB in riferimento ai finanziamenti in essere al
1/01/2014 o stipulati successivamente:
a) contratti di mutuo fondiario stipulati prima del 01/01/1994: gli interessi moratori
possono essere calcolati sulla intera rata (quota capitale e quota interessi), in quanto
l’anatocismo è espressamente consentito dalla previgente normativa in materia di
credito fondiario: art. 38 r.d. n. 646/1905; art. 14, d.p.r. n. 7/1976 e art. 16, L. n.
175/1991 (la Legge n. 175/1991 è stata abrogata dall’art. 161, comma 1, tub, con
riguardo ai contratti conclusi dal 01/01/1994). Dello stesso tenore sono ovviamente le
conclusioni della Cassazione, secondo cui in tema di credito fondiario, il mancato
pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi dell’art. 38, r.d. 16/07/1905, n. 646,
l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che
rappresenta gli interessi di ammortamento e ciò in quanto nei mutui fondiari
l’anatocismo è previsto dalla legge.
Può essere utile ricordare, relativamente ai rapporti di mutuo fondiario stipulati
precedentemente all’01/01/1994 e in corso a tale data, che l’art. 161, comma 6, tub
specifica che “i contratti già conclusi ed i procedimenti esecutivi in corso alla data di
entrata in vigore del presente decreto legislativo restano regolati dalle norme
anteriori”;
b) contratti di mutuo fondiario stipulati dal 01/01/1994 all’entrata in vigore (22/04/2000)
della Delibera CICR 09/02/2000: il computo anatocistico degli interessi è illegittimo,
33
atteso che il testo unico bancario ha abrogato la l. n. 175/1995 che, reiterando le
precedenti previsioni normative, autorizzava l’anatocismo per i mutui fondiari e
dunque opera il principio generale di cui all’art. 1283 c.c. Gli interessi di mora, di
conseguenza, vanno calcolati sulla sola quota capitale della rata scaduta.
c) contratti di mutuo fondiario stipulati dal 22.4.2000 (entrata in vigore Delibera CICR
09/02/2000) al 31/12/13 (prima dell’entrata in vigore della l. 147/13): le clausole
anatocistiche sono legittime, se pattuite ed espressamente approvate per iscritto13. Gli
interessi di mora possono essere calcolati sulla intera rata e quindi anche sulla parte di
rata consistente negli interessi corrispettivi; tuttavia, gli interessi così calcolati (ossia,
gli interessi moratori calcolati anche sugli interessi corrispettivi) non possono produrre
a loro volta interessi (divieto di capitalizzazione periodica).
d) contratti stipulati dal 1/01/14 (entrata in vigore della legge 147/13): anatocismo vietato
in virtù del generale (e generico) divieto di anatocismo reintrodotto dalla legge (che
non ha visto l’emanazione di alcuna Delibera CICR attuativa).
e) contratti stipulati dall’1/10/16 (entrata in vigore della della Delibera CICR 3/08/16
attuativa della L. 49/16): due possibili letture, derivanti dall’almeno apparente
contrasto tra nuova formulazione dell’art. 1290 TUB e della Delibera CICR 3/08/16
attuativa.
L’art. 120 TUB sembrerebbe consentire l’anatocismo per la mora, recitando: “Il CICR
stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in
essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) (…)
b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere
su carte di credito,non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora e
sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale (…)".
13 Art. 3 comma 1 della Delibera CICR 9/02/00:
“Nelle operazioni di finanziamento per le quali 6 previsto che il rimborso del prestito avvenga
mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento
del debitore l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se
contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino
al momento del pagamento. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione
periodica”.
34
La Delibera CICR 3.8.2016, invece, sembrerebbe richiamare i vincoli stringenti posti
dall’art. 1283 c.c.: “Agli interessi moratori si applicano le disposizioni del c.c.”
Per i contratti diversi dal credito fondiario, non esisteva la dispensa normativa pre TUB, e
quindi l’anatocismo per la mora è vietato fino al 22/04/00, quando diventa legittimo se
contrattualmente previsto. Valgono poi tutte le considerazioni svolte dal 2014 in poi.
LA NORMATIVA SULLA TRASPARENZA. ISC, TAEG E
TEG: ANALOGIE E DIFFERENZE
Il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) viene impiegato come tasso di riferimento per
le operazioni di credito al consumo, mentre il TEG (Tasso Effettivo Globale) viene
impiegato per le verifiche di usurarietà delle operazioni di credito praticate da banche ed
altri intermediari finanziari.
La legge 142/92, nel recepire la Direttiva 87/102/CEE in materia di credito al consumo,
definisce all’art. 19 il TAEG, Tasso Annuo Effettivo globale14:
1. È denominato tasso annuo effettivo globale (TAEG) il costo totale del credito per il
consumatore espresso in percentuale annua del credito concesso e comprensivo degli
interessi e degli oneri da sostenere per utilizzarlo, calcolato conformemente alla
formula matematica che figura nell'allegato II alla direttiva del Consiglio 90/88/CEE.
14 All’art. 21 stabilisce, inoltre, che i contratti di concessione di credito indichino:
b) il numero, gli importi e le scadenze delle singole rate;
c) il TAEG;
d) il dettaglio delle condizioni analitiche secondo cui il TAEG può essere eventualmente
modificato;
e) l'importo e la causale degli oneri che sono esclusi dal calcolo del TAEG. Nei casi in cui
non sia possibile indicare esattamente tali oneri, deve esserne fornita una stima realistica.
Oltre ad essi, nulla è dovuto dal consumatore;
f) le eventuali garanzie richieste;
g) le eventuali coperture assicurative richieste, ad esclusione di quelle, stipulate in favore
del finanziatore, intese a garantire il rimborso del credito in caso di morte, invalidità o
infermità del consumatore, che devono essere incluse nel calcolo del TAEG.
35
2. Nel rispetto degli indirizzi contenuti nella direttiva di cui al comma 1, il Comitato
interministeriale per il credito e il risparmio stabilisce con propria delibera, da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, le modalità da applicarsi nel calcolo del TAEG,
individuando in particolare gli elementi da computare in esso.
Il TAEG pertanto viene introdotto come un indicatore del costo del credito al consumo, che
deve assistere ogni annuncio pubblico od offerta di credito, oltre ad essere indicato nei
relativi contratti.
Nel Testo Unico Bancario vigente all’epoca, al Capo II del Titolo VI dedicato al Credito al
Consumo, all’art 122 si riprendeva la definizione del TAEG e veniva regolata, agli artt. 123
e 124 l’indicazione del menzionato tasso nella Pubblicità e nei Contratti15.
Per oltre un decennio, in assenza della Delibera del CICR – a cui l’art. 122 del TUB
demandava di stabilire le modalità di calcolo del TAEG – hanno continuato a trovare
applicazione, ai sensi dell’art. 161, commi 2 e 5, del TUB, il menzionato art. 19, comma 2,
L. n. 142/92 e il Decreto del Ministro del Tesoro 8 luglio ’9216. L’art. 2 del Decreto
ministeriale prevede:
1. Il tasso annuo effettivo globale (TAEG) è il tasso che rende uguale, su base
annua, la somma del valore attuale di tutti gli importi che compongono il
finanziamento erogato dal creditore alla somma del valore attuale di tutte le rate
di rimborso. Il TAEG è calcolato mediante la formula riportata in allegato 1 al
presente decreto e va indicato con due cifre decimali.
15 Articolo 122, T.U.B. (Tasso annuo effettivo globale)
1. Il tasso annuo effettivo globale (TAEG) è il costo totale del credito a carico del consumatore
espresso in percentuale annua del credito concesso. Il TAEG comprende gli interessi e tutti gli
oneri da sostenere per utilizzare il credito.
2. Il CICR stabilisce le modalità di calcolo del TAEG, individuando in particolare gli elementi da
computare e la formula di calcolo.
3. Nei casi in cui il finanziamento può essere ottenuto solo attraverso l'interposizione di un terzo,
il costo di tale interposizione deve essere incluso nel TAEG.
16 Successivamente integrato, a seguito del D. Lgs n. 63/00 di recepimento della Direttiva del
credito al consumo 98/7/CE, dal Decreto del Ministro dell’Economia 6 maggio ’00.
36
2. Il TAEG è un indicatore sintetico e convenzionale del costo totale del credito,
da determinare mediante la formula prescritta qualunque sia la metodologia
impiegata per il calcolo degli interessi a carico del consumatore.
Nel marzo del ’03, sulla base dei poteri attribuiti al CICR dagli artt. 116/119 del T.U.B.,
sono state dettate le prime disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali
delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Nelle disposizioni, rivolte alla generalità
degli utenti bancari, viene introdotto - limitatamente ai mutui ed altri finanziamenti (quindi
con esclusione dei leasing)17 - l’ISC (Indice Sintetico di Costo), con un significato ed una
metodologia di calcolo del tutto analoghi al TAEG (Tasso Annuo effettivo Globale)
richiamato dalla normativa per l’aggregato più ridotto dei fruitori del credito al consumo.
Con le nuove disposizioni emanate dalla Banca d’Italia il 29 luglio ‘09, l’ISC viene
sostanzialmente abbandonato, privilegiando l’impiego del secondo termine, TAEG18,
esteso ad anticipazioni bancarie e aperture di credito offerte a clienti al dettaglio19.
Si ribadisce che per i leasing, gli Intermediari non sono obbligati ad indicare l’ISC, ma
unicamente il “tasso leasing”, spesso indicato con l’acronimo “TIA” (tasso interno di
attualizzazione), per la cui definizione si veda pag. 27 della dispensa.
ORIENTAMENTO ABF IN MERITO A INCLUSIONE SPESE ASSICURATIVE NELL’ISC / TAEG
Accertamento in ordine ai criteri di determinazione del t.a.e.g. contrattuale (ABF,
Coll. Napoli 230/2015). Finanziamento concesso a consumatore. Quadro normativo di
riferimento:
17 La Delibera CICR 4/03/03 demanda alla Banca d’Italia l’individuazione delle categorie di
operazioni soggette all’obbligo di indicazione dell’ISC. La Cicolare n. 229 del 21/04/99, IX
aggiornamento del 25/07/03, alla sez. II, par. 9 limita l’inserimento dell’ISC ai soli:
- mutui;
- anticipazioni bancarie;
- altri finanziamenti.
18 Si continuerà ad applicare il termine ISC esclusivamente per i conti correnti, quale espressione
monetaria, non di tasso, del costo.
19 L’aggregato della “clientela al dettaglio” ricomprende, oltre ai consumatori, le persone fisiche
che svolgono attività professionale o artigianale; gli enti senza finalità di lucro; le imprese che
occupano meno di 10 addetti e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non
superiore a 2 mil.ni di Euro.
37
l’art. 121, comma 2, t.u.b. dispone che nella determinazione del t.a.e.g., in caso di
contratti di credito ai consumatori, “sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori
connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di
un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per
ottenerlo alle condizioni offerte”;
il Decreto del Ministero del Tesoro dell’8 luglio 1992 ha stabilito che ai fini del corretto
calcolo del costo complessivo del credito, vadano computate nel t.a.e.g. le spese per le
assicurazioni o garanzie, imposte dal creditore, intese ad assicurargli il rimborso totale
o parziale del credito in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del
consumatore (art. 2, comma 3, lett. d);
la stessa Banca d’Italia, nelle istruzioni del giugno 2009 in materia di trasparenza, ha
altresì specificato che “Nel TAEG sono inclusi i costi, di cui il finanziatore è a
conoscenza, relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito e obbligatori
per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni offerte” (Sez. VII, art. 4.2.4.);
la stessa Autorità di vigilanza, in occasione dell’emanazione delle istruzioni per la
rilevazione dei tassi ai fini della legge anti-usura, nel mese di agosto 2009, ha
ulteriormente chiarito che nel calcolo del t.e.g. (e non del t.a.e.g.) sono incluse, tra le
altre, “5) le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale
o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore (ad es. polizze
per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca), se la conclusione del
contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del
finanziamento ovvero obbligatoria per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni
contrattuali offerte, indipendentemente dal fatto che la polizza venga stipulata per il
tramite del finanziatore o direttamente dal cliente”.
Alla luce di tale quadro normativo, afferma l’ABF, “appare evidente che per la
determinazione del costo complessivo del credito concesso ai consumatori debba
necessariamente tenersi in conto anche quello delle prestazioni accessorie, tra le quali
rientra certamente la copertura assicurativa; questa, tuttavia, contribuisce al calcolo
del t.a.e.g. solo nel caso in cui sia sottoscritta necessariamente allo scopo esclusivo di
garantire l’integrale restituzione delle somme mutuate in favore del finanziatore”.
38
IL PROBLEMA DELLA INDETERMINATEZZA DELLE CONDIZIONI ECONOMICHE PER
ERRATA INDICAZIONE DELL’ISC / TAEG
Tre soluzioni giurisprudenziali:
1. Applicazione, a fronte di indicazioni contrastanti del contratto (ovvero un ISC
pubblicato diverso (maggiore) dell’ISC ricavabile dalle condizioni economiche)
delle condizioni più favorevoli per il contraente “debole”, ovvero restituzione
degli oneri non inclusi nell’ISC pubblicizzato. Questo perché:
- art. 1370 c.c.: le clausole inserite nelle condizioni generali del contratto o nei
moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a
favore dell’altro;
- Codice del Consumo (D. lgs. n. 206/05), all’art. 35 – “FORMA E
INTERPRETAZIONE” indica: 1. Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o
talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono
sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile. 2. In caso di dubbio sul
senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore.
2. Applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117 TUB o dell’art. 125 TUB
(consumatori)20.
20 Articolo 125-bis (Contratti e comunicazioni)
1. I contratti di credito sono redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole che soddisfi
i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge e contengono in modo chiaro e conciso
le informazioni e le condizioni stabilite dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del
CICR. Una copia del contratto è consegnata ai clienti.
2. Ai contratti di credito si applicano l’articolo 117, commi 2, 3 e 6, nonché gli articoli
118, 119, comma 4, e 120, comma 2.
3. In caso di offerta contestuale di più contratti da concludere per iscritto, diversi da quelli
collegati ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lettera d), il consenso del consumatore va acquisito
distintamente per ciascun contratto attraverso documenti separati.
4. Nei contratti di credito di durata il finanziatore fornisce periodicamente al cliente, su supporto
cartaceo o altro supporto durevole una comunicazione completa e chiara in merito allo
svolgimento del rapporto. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, fissa i
contenuti e le modalità di tale comunicazione.
5. Nessuna somma può essere richiesta o addebitata al consumatore se non sulla base di
espresse previsioni contrattuali.
6. Sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che,
contrariamente a quanto previsto ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lettera e), non
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Per la giurisprudenza favorevole a tale tesi si vedano Trib. Chieti, n. 230/15, Trib.
Benevento 31/10/15, ABF Collegio di Roma 13/04/15, Trib. Pordenone 22/02/1721.
3. Nessuna conseguenza, a meno di prove ulteriori del danno. Valga per tutte le
pronunce quella dell’Arbitro Bancario e Finanziario, Collegio di Roma, n. 4953 del
26/05/16: “Sul punto, va premesso che il c.d. ISC/TAEG non è un tasso propriamente
inteso, quanto piuttosto un indicatore sintetico del costo complessivo del
finanziamento, avente lo scopo di mettere in grado il cliente di conoscere il costo totale
effettivo del credito, prima di accedervi. Dunque, la sua erronea indicazione, non
comporta, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto
sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella
documentazione predisposta secondo quanto previsto dall’articolo 124. La nullità della clausola
non comporta la nullità del contratto.
7. Nei casi di assenza o di nullità delle relative clausole contrattuali: a) il TAEG equivale
al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari
eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici
mesi precedenti la conclusione del contratto. Nessuna altra somma è dovuta dal
consumatore a titolo di tassi di interesse, commissioni o altre spese; b) la durata del
credito è di trentasei mesi.
8. Il contratto è nullo se non contiene le informazioni essenziali ai sensi del comma 1 su: a) il
tipo di contratto; b) le parti del contratto; c) l’importo totale del finanziamento e le condizioni di
prelievo e di rimborso.
9. In caso di nullità del contratto, il consumatore non può essere tenuto a restituire più delle
somme utilizzate e ha facoltà di pagare quanto dovuto a rate, con la stessa periodicità prevista
nel contratto o, in mancanza, in trentasei rate mensili.
21 L'indicazione dell'ISC rappresenta dunque un elemento tipico del contratto di finanziamento,
per cui l'omessa indicazione comporta la nullità del contratto per la mancanza dei requisiti minimi
di trasparenza voluti dal legislatore (Tribunale di Napoli con sentenza n. 7779/2015, depositata
il 25/05/2015)
L'errata indicazione dell'ISC comporta invece l'applicabilità del comma 6 dell'art. 117 TUB il quale
dispone che: "sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi
per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché
quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati".
Ne consegue che la sanzione non è quella della nullità dell'intero contratto ma della sola clausola
afferente agli interessi pattizi che, in osservanza al disposto del comma 6 dell'arti 117 TUB, sono
ricalcolati al "tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive
e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente
indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la
conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo
svolgimento dell'operazione".
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un’erronea rappresentazione del suo costo complessivo. Ebbene, mentre per i tassi ed
i prezzi propriamente intesi, soccorre la disposizione di cui all’art. 117, sesto comma,
TUB, ai sensi della quale “sono nulle e si considerano non apposte le clausole
contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro
prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni
più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”, con riferimento alle clausole del
contratto relative a costi che non siano stati inclusi, ovvero siano stati inclusi in modo
non corretto nel TAEG indicato in contratto, la norma di riferimento è unicamente
quella di cui all’art. 125 bis, TUB, la quale sancisce, fra l’altro, la nullità di dette
clausole e la loro sostituzione ex lege, secondo le modalità di cui al comma settimo
della stessa disposizione. Tale disciplina, tuttavia, è specificamente circoscritta alla
clientela consumatrice, così come del resto ne è esclusa – avuto riguardo anche alle
altre disposizioni del Capo II del Titolo VI, TUB, in materia di trasparenza nel credito
al consumo – l’applicazione ai contratti relativi “ai finanziamenti destinati
all’acquisto o alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un
immobile edificato o da edificare, ovvero all'esecuzione di opere di restauro o di
miglioramento” [art. 122, primo comma, lett. e), TUB]. Alla luce di quanto precede,
dunque, deriva che la norma de qua risulta nel concreto inapplicabile, sia
soggettivamente (non essendo l’istante un consumatore), sia oggettivamente
(essendo, quello per cui è controversia, un rapporto di mutuo edilizio). Né, del resto,
le medesime conseguenze invocate dalla ricorrente possono, come si è detto, desumersi
sulla scorta dell’applicazione dei commi sesto e settimo dell’art. 117 TUB, atteso che
la disciplina in essi contenuta non ha nulla a che vedere con la tematica qui
controversa, e cioè quella dell’ISC/TAEG e delle conseguenze della sua erronea
indicazione in contratto. D’altra parte, se così non fosse, non si comprenderebbe il
senso della previsione di cui all’art. 125 bis, commi sesto e settimo, TUB: ove, infatti,
le medesime conseguenze scaturissero dall’applicazione dell’art. 117, commi sesto e
settimo, TUB (che contiene disposizioni relative alla generalità dei contratti bancari),
il legislatore non avrebbe avuto ragione alcuna di prevedere, nello specifico settore
del credito al consumo, una disciplina ad hoc relativamente al TAEG. Invero,
l’erronea indicazione dell’ISC/TAEG, in un contratto non disciplinato dall’art. 125
bis TUB, può unicamente comportare conseguenze risarcitorie, dovendo tuttavia in tal
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caso il cliente fornire la prova che, ove gli fosse stato correttamente rappresentato il
costo complessivo del credito, non avrebbe stipulato il contratto di finanziamento (ad
esempio, perché lo avrebbe stipulato con altro intermediario, le cui indicazioni
relativamente all’ISC/TAEG fossero state veritiere, ma apparentemente superiori – e
dunque non concorrenziali – rispetto a quelle erroneamente rappresentate
dall’intermediario mutuante).
Tra le sentenze che indicano l’impossibilità di applicare l’art. 11 TUB, si vedano anche
Tribunale di Bologna n. 1722/2016, Tribunale di Cagliari n. 2724/2016, Tribunale di
Frosinone n. 1244/2016, Tribunale di Mantova del 2/05/17, Tribunale di Milano n.
5757/2017, Tribunale di Monza n. 944/2017, Tribunale di Roma, Ordinanza del
19/04/17 (dott. G. Russo).
GLI ELEMENTI CHE RENDONO DETERMINATE LE CONDIZIONI ECONOMICHE DI UN
FINANZIAMENTO RATEALE (TRIBUNALE DI MILANO, N. 13676 DEL 30/10/2013
Nella menzionata sentenza c’è una sorta di elenco delle condizioni che dovrebbero essere
indicate per avere la perfetta determinabilità del piano di rimborso di un finanziamento
rateale (altre sentenze hanno “pesato” questi elementi trascurando quelli che se non indicati
o indicati in maniera generica danno luogo a piani sostanzialmente analoghi):
Capitale finanziato;
Data inizio ammortamento;
Durata (numero rate o data finale);
Frequenza rate (mensile, trimestrale, etc.)
Tipologia di ammortamento (francese, quota capitale costante, etc.)
Tasso di interesse (parametro base, fixing, etc.)
Convenzione sui giorni di calcolo degli interessi
Modalità di ricalcolo della rata se tasso variabile (rata costante e allungamento
piano, ricalcolo della rata tenendo fissa la quota capitale, ridefinizione piano
ammortamento ad ogni scadenza in cui varia il tasso)