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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® 248/6 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI LEGISLAZIONE SOCIALE ELEMENTI DI Aggiornato al D.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 5 in materia di parità e pari opportunità • Tutela dei disabili • Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali • Istituti fondamentali di legislazione sociale Estratto della pubblicazione

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www.simone.itQuesto volume, sprovvisto del talloncino a fronte,

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come da normativa vigente, mentre il solo numero

costituisce prova d’acquisto. € 12,00

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Aggiornato alD.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 5in materia di parità e pari opportunità

• Tutela dei disabili

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo:

1 - Diritto del Lavoro1/1 - Prepararsi per l’esame di Diritto del Lavoro1/2 - Compendio di Diritto del Lavoro1/3 - Schemi e schede di Diritto del Lavoro1/C - Le domande d’esame di Diritto del Lavoro10 - Compendio di Diritto sindacale16 - Legislazione e Previdenza sociale16/1 - Compendio di Diritto della Previdenza sociale16/2 - Compendio di Diritto del Lavoro e della Previdenza sociale62 - Consulente del lavoro (manuale completo per la preparazione alla prova orale)62/1 - La professione di consulente del lavoro - Prima prova scritta di Diritto del Lavo-

ro e Legislazione Sociale62/2 - La professione di consulente del Lavoro - Seconda prova scritta di Diritto Tribu-

tario62/3 - Consulente del lavoro (prove scritte)205 - Diritti doveri e responsabilità degli impiegati dello Stato248/2 - Elementi di igiene e sicurezza del lavoro248/3 - Elementi di Diritto del Lavoro privato o pubblico248/4 - Elementi di Diritto sindacale509 - Codice del lavoro509/1 - Codice del lavoro - Editio minor509/3 - Codice del welfare509/5 - Statuto dei Lavoratori - Brevemente commentatoL65 - L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie profes-

sionaliLX1 - Lexikon di Diritto del LavoroIP1 - Ipercompendio di Diritto del Lavoro

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

A cura dell’avv. Alessandra Marano e della dott.ssa Mariarosaria Solombrino

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Finito di stampare nel mese di aprile 2010dalla «Offi cina Grafi ca Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)

per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - NAPOLI

Grafi ca di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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Premessa

Il volume offre una sintesi della Legislazione sociale, mirata alle esigen-ze di uno studio agile, veloce e dinamico.

La trattazione privilegia gli istituti di fondamentale importanza ed è ag-giornata alle più recenti novità legislative tra cui il D.Lgs. 25-1-2010, n. 5, in materia di parità e pari opportunità, e la legge fi nanziaria 2010 (L. 191/2009).

Apposite schede in calce ai vari paragrafi illustrano, inoltre, le novità del cd. collegato lavoro 2010, approvato in via defi nitiva dal Senato della Re-pubblica il 3-3-2010, con cui è stata predisposta un’importante riforma della materia, concernente, tra l’altro, i lavori usuranti, i congedi e permes-si, il contrasto al lavoro nero, l’impugnativa del licenziamento e il processo del lavoro.

Due interi capitoli sono dedicati, rispettivamente, alla tutela dei disabi-li e all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professio-nali.

Per le sue caratteristiche, il testo è utile anche in affi anco ai manuali istituzionali, in fase di ripasso, nonché per fi ssare velocemente il program-ma in vista di esami e prove concorsuali.

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Vol. 509/3 • Codice del Welfare (editio minor)

(in preparazione la nuova edizione)

Il Codice riporta le principali norme in materia di la-voro e legislazione sociale, ordinate sulla base di un criterio logico e cronologico, al fi ne di agevolare la consultazione di leggi complesse e su cui gli interven-ti legislativi succedutisi nel tempo hanno portato ad una stratifi cazione normativa non sempre di agevole com-prensione.La normativa è suddivisa in due distinte parti – lavoro e ammortizzatori sociali, previdenza sociale – al cui in-terno sono collocate le diverse disposizioni legislative sulla base del loro contenuto.L’opera è corredata degli indici cronologico, sistema-tico e di un corposo indice analitico, che forniscono dei veri e propri percorsi di ricerca guidata e rappresentano un valido strumento di studio, consentendo di cogliere

le fi tte relazioni intercorrenti tra le norme ed averne una visione organica.Il codice, che si pone nella prospettiva dei non «addetti ai lavori», è pertanto particolarmente adatto alle esigenze degli studenti e di coloro che debbano affrontare esami, concorsi e prove selettive in materia.

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minatore sugli argomenti di cui il candidato ha più padronanza per conseguire, così, un brillan-te esito fi nale.

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CAPITOLO PRIMO

FONDAMENTO, FONTI ED EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE

Sommario: 1. L’oggetto della legislazione sociale. - 2. I vari aspetti della legislazio-ne sociale. - 3. Evoluzione della legislazione sociale nell’ordinamento giuridico ita-liano. - 4. Le fonti della legislazione sociale. - 5. I soggetti della legislazione sociale. - 6. Gli istituti di assicurazione sociale. - 7. I soggetti privati. - 8. I soggetti passivi.

1. L’OGGETTO DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE

La legislazione sociale, nella maggior parte degli stati occidentali, si identifi ca — o tende ad identifi carsi — con la sicurezza sociale, espressio-ne adottata per la prima volta, nel lessico normativo, nella legislazione statunitense dalla L. 14-8-1935 (cd. Social security act) che istituiva, per alcune categorie di lavoratori dipendenti, l’assicurazione obbligatoria per la vecchiaia e la disoccupazione.

Secondo parte della dottrina la legislazione sociale deve realizzare un sistema di welfare (protezione sociale) rivolto a tutti i cittadini, lavoratori e non, e fi nalizzato a tutelare la salute degli individui per il benessere indi-viduale e collettivo (cd. teoria estensiva). La sicurezza sociale può essere vista come il mezzo di realizzazione di una delle libertà fondamentali rico-nosciute, in ogni Stato democratico e moderno, all’uomo: la libertà dallo stato di bisogno, per la cui soddisfazione, rispetto agli altri diritti di libertà, non è suffi ciente la garanzia di astensione da ogni intervento esterno con-dizionante o limitativo, sia di terzi che dello Stato, ma è richiesto invece che siano poste in essere iniziative specifi che preordinate a prevenire e rimuo-vere le situazioni di bisogno (CINELLI).

Altra parte della dottrina, ha identifi cato la legislazione sociale come «quella sfera dell’ordinamento giuridico, di natura essenzialmente pubbli-cistica, che ha per oggetto immediato e specifi co la tutela della classe lavo-ratrice per fi ni di interesse generale» (LEVI SANDRI). La legislazione sociale non è e non deve essere preordinata alla realizzazione di una fi nali-tà più ampia, dando la massima valenza al fatto che essa si è sviluppata in favore della classe lavoratrice in considerazione del suo ruolo subalterno e della sua posizione di debolezza contrattuale, economica e sociale (cd. teoria restrittiva).

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Capitolo Primo6

In tal senso si parla anche di legislazione sociale del lavoro, concernente istituti quali la dura-ta della prestazione lavorativa e i riposi, il collocamento della manodopera e dei lavoratori disabili, l’igiene del lavoro e della prevenzione degli infortuni, la tutela contro i licenziamenti illegittimi, l’igiene e la sicurezza del lavoro e, non da ultimo, la tutela contro i rischi connessi allo svolgimen-to dell’attività lavorativa mediante le cd. assicurazioni sociali o previdenza sociale.

Dal punto di vista dell’evoluzione normativa, è indubbio che la legisla-zione sociale nasca e resti strettamente collegata con il fenomeno del lavo-ro nell’epoca della rivoluzione industriale.

Si può, anzi, dire che alle origini diritto del lavoro e legislazione socia-le si identifi cano: all’epoca non esisteva un diritto del lavoro distinto dal diritto dei privati o dei contratti e le prime norme che si occupano del rap-porto di lavoro furono norme protettive (ad esempio quelle concernenti il lavoro dei fanciulli o delle donne) e quindi di legislazione sociale.

OGGETTO DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE

Teoria estensiva per alcuni Autori, la legislazione sociale si identifi ca con la sicurez-za sociale. Questa corrente di pensiero, sostenitrice della cd. teoria estensiva (o, appunto, della sicurezza sociale), parte dall’idea secon-do cui nell’ordinamento è individuabile un corpo di norme che, in attuazione dei principi costituzionali, tendono a garantire a tutti i cittadini (lavoratori e non) i mezzi per un’esistenza libera e dignito-sa e a tutelare la salute di tutti per il benessere individuale e collet-tivo

Teoria restrittiva per la maggior parte degli Autori, invece, fautori della cd. teoria restrittiva, la legislazione sociale è una branca del diritto del lavo-ro che, pertanto, può defi nirsi diritto pubblico del lavoro. In base a tale indirizzo, dunque, la legislazione sociale è quel complesso di norme giuridiche, di natura essenzialmente pubblicistica, aventi per oggetto immediato e specifi co la tutela della classe lavoratrice per fi ni di interesse generale

2. I VARI ASPETTI DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE

Il complesso delle norme costituenti la legislazione sociale si può ripar-tire in tre grandi categorie:

1. norme preventive che tendono ad evitare il verifi carsi di eventi danno-si per i lavoratori e precisamente:

— disposizioni relative alla formazione, allo svolgimento e all’estinzio-ne del rapporto di lavoro;

— norme sull’igiene e la sicurezza dell’ambiente di lavoro.

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7Fondamento, fonti ed evoluzione della legislazione sociale

Questo complesso di norme va anche sotto il nome di «disciplina am-ministrativa del lavoro»;

2. norme di assistenza sociale che garantiscono al lavoratore alcune pre-stazioni indipendentemente dal verifi carsi di eventi dannosi per tutelare, dunque, i suoi bisogni attuali e generali;

3. norme di previdenza sociale che realizzano la tutela del lavoratore nel caso in cui, malgrado le norme preventive, si verifi chino eventi dannosi.

3. EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE NELL’OR-DINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

A) La nascita della legislazione sociale

Tra la fi ne del XVIII e il XIX sec., in conseguenza delle profonde tra-sformazioni economiche e sociali indotte dalla rivoluzione industriale, nuovi problemi coinvolgono il mondo del lavoro e la vita nelle città (la cd. questione sociale).

Qui la concentrazione delle persone, che hanno ormai abbandonato le campagne e le tradizionali attività rurali attratte dalle maggiori remunera-zioni offerte dall’industria, determina forme di emarginazione e di povertà sempre più stridenti; il lavoro nelle fabbriche, organizzato all’insegna dello sfruttamento indiscriminato, amplifi ca i rischi che esso comporta per i la-voratori, in particolare per le donne e gli adolescenti.

In Italia, lo Stato liberale (1800) inizialmente non interviene, lasciando che tali problemi siano risolti, almeno parzialmente, attraverso forme di solidarietà spontanee e volontarie.

Da un lato, infatti, la pubblica benefi cenza provvedeva alle esigenze basilari dei più bisognosi, dall’altro gli stessi lavoratori, alleati in società di mutuo soccorso, si ripartivano tra loro l’onere di provvedere alle neces-sità di quanti, appartenenti alla medesima categoria professionale, versas-sero in situazione di bisogno non potendo più lavorare, temporaneamente per il sopraggiungere di un evento imprevisto come la malattia o l’infortunio, o anche permanentemente per la vecchiaia o l’invalidità.

Si realizza così un sistema di autoprotezione (CINELLI) o di tutela categoriale volontaria.

Ben presto, tuttavia, l’esperienza dell’autoprotezione entrò in crisi, sia per motivi fi nanziari, sia per la progressiva ostilità dello Stato nei loro con-fronti poiché, con l’acuirsi delle contraddizioni sociali, esse cominciavano

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Capitolo Primo8

a diventare centri di aggregazione dei lavoratori fi nendo con l’assumere un carattere sindacale.

Contemporaneamente lo Stato abbandonò la propria posizione di neu-tralità, sia cominciando a preoccuparsi di razionalizzare l’impiego della forza lavoro, per evitare l’inevitabile deperimento a danno della produzio-ne e quindi della potenza nazionale, mediante l’introduzione di diverse li-mitazioni (ad esempio alla durata della giornata lavorativa e all’impiego di donne e fanciulli) e di alcune forme ancorché minime di tutela del lavoro (come l’obbligo di prevenzione degli infortuni), sia apprestando le prime forme di assicurazioni sociali.

A questo periodo si fa risalire pertanto la nascita della legislazione so-ciale, che, come è stato detto, coincide con le origini del diritto del lavoro.

In Italia la prima forma di tutela sociale, nonché il primo importante atto legislativo in campo previdenziale, è la L. 17-3-1898, n. 80, istitutiva dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro degli operai dell’industria.

Nello stesso anno venne promulgata la L. 17-7-1898, n. 350, che istituì la Cassa nazionale per l’assicurazione contro la vecchiaia e l’invalidità degli operai, organizzata secondo una forma volontaria di contribuzione alla quale partecipava anche lo Stato.

Da questo momento in poi lo sviluppo della legislazione sociale progredì in misura costante: vanno ricordate le leggi a tutela delle cate-gorie più deboli o che intervengono nelle situazioni lavorative più gra-vose (la L. 489/1907, relativa al riposo settimanale e festivo, e le leggi 3657/1986, 242/1902 e 818/1907, a tutela delle donne e dei fanciulli, le cd. mezze forze).

Tali leggi si caratterizzano per la loro chiara fi nalità protettiva e segna-no il punto di partenza di un insieme di norme speciali ed eccezionali ri-spetto alla regolamentazione privatistica del rapporto di lavoro.

La tendenza ad introdurre norme protettive in favore dei lavora-tori non si arrestò neanche durante il primo conflitto mondiale, anzi nel 1917 venne introdotta dapprima l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni in agricoltura e, successivamente, l’assicurazio-ne obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia per i lavoratori addetti agli stabilimenti ausiliari.

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9Fondamento, fonti ed evoluzione della legislazione sociale

Come lo Stato giustifi cò l’imposizione, ai datori di lavoro, dell’obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile derivante dagli infortuni occorsi ai lavoratori?L’imposizione di un obbligo assicurativo in capo al datore di lavoro, con il relativo onere di fi nanziamento mediante la contribuzione, fu giustifi cato con la cd. teoria del rischio profes-sionale: i datori di lavoro, traendo dal lavoro altrui il massimo vantaggio, dovevano altresì accollarsi il rischio di risarcire il prestatore per i danni occorsi a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa.Il sistema creato nella prima fase evolutiva della legislazione sociale era comunque rispondente al modello assicurativo e le varie forme obbligatorie di assicurazione sociale conservavano un carattere strettamente privatistico. Tuttavia proprio l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro aveva, per la prima volta, una signifi cativa dimensione sociale in quanto il lavoratore infortunato poteva essere indennizzato del danno patito non solo — come nell’assetto prece-dente l’assicurazione — in caso di evento imputabile ad omissioni o inadempimenti del datore di lavoro, ma anche quando l’infortunio fosse addebitabile al caso fortuito o a negligenza, imperizia o imprudenza delo stesso lavoratore (PERSIANI).

B) Il sistema corporativo

Durante il periodo fascista la legislazione italiana ebbe un notevole ed innegabile incremento in campo previdenziale soprattutto a causa dello sviluppo industriale che determinò un crescente aumento della popolazione lavorativa.

L’istituzione del sistema corporativo, sancì l’estensione del rapporto assicurativo a rischi che non erano strettamente collegati all’attività lavo-rativa, quali l’invalidità, le malattie, la morte, realizzando un sistema pre-videnziale più ampio (PERSIANI).

Il documento più signifi cativo fu la Carta del lavoro (1927) che aveva l’intento di coor-dinare e di unifi care il sistema e gli istituti di previdenza.

Ebbero, ad esempio, un notevole sviluppo in questo periodo le Casse di previdenza per singole categorie e quelle per l’assistenza in caso di malattia, operanti spesso addirittura a livello aziendale; vennero, poi, istituite l’assicurazione contro la tubercolosi e quella contro le malattie professionali, mentre alcuni istituti già esistenti (assicurazione invalidità e vecchia-ia) furono sottoposti ad una completa revisione.

Ulteriori innovazioni legislative apportate nel ventennio fascista sono l’istituzione degli assegni familiari (1934) e dell’assicurazione malattia (1943) gestita da un unico ente (INAM) per i lavoratori dell’industria, del commercio e dell’agricoltura.

Le funzioni di assistenza e previdenza, stante l’ideologia del tempo in-teressata a mantenere e valorizzare la potenza della Nazione, furono affi da-te alle stesse categorie produttive interessate, mentre lo Stato si riservò solo

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Capitolo Primo10

il compito di coordinare ed unifi care tutta la disciplina in nome dell’interes-se pubblico alla tutela previdenziale. In questo periodo si realizza una tu-tela o solidarietà corporativa che giustifi cava l’estensione della tutela anche a rischi non connessi con lo svolgimento dell’attività lavorativa (come la vecchiaia) e il fatto che il fi nanziamento dell’assicurazione rimaneva sostanzialmente a carico delle categorie interessate.

C) I principi costituzionali

La promulgazione, nel 1948, della Carta costituzionale dello Stato repubblicano ha determinato un radicale mutamento nell’evoluzione della legislazione sociale nel nostro Paese:

— le norme di apertura della Costituzione affermano solennemente il va-lore del lavoro (artt. 1, 4) e l’impegno dello Stato per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini. È l’espressione di uno Stato sociale che in-terviene per porre le basi affi nché tutti, abbienti e non abbienti, siano in grado di esercitare i diritti e le libertà fondamentali ed in tal modo pren-dere attivamente parte alla vita del Paese (art. 3);

— la protezione sociale non è solo un interesse del singolo soggetto biso-gnoso e non dipende dall’autotutela delle singole categorie né dall’azio-ne caritatevole dello Stato, ma è un dovere della collettività ed espres-sione di una condivisa istanza di solidarietà sociale (art. 2).

Nei successivi artt. 35-47 della Costituzione (Parte I, Titolo III «rappor-ti economici», anche defi nita Costituzione economica) sono defi niti i prin-cipi fondamentali che regolano l’assetto economico della società e la cui fi nalità è quella di tutelare il soggetto più debole, il lavoratore, dandosi così concretezza all’affermato impegno dello Stato alla promozione di tutti gli strumenti di emancipazione delle classi storicamente subalterne. In particolare gli artt. 35-47 riguardano:

— l’art. 35, la tutela del lavoro, la formazione e l’elevazione professio-nale dei lavoratori;

— l’art. 36, i criteri di determinazione della retribuzione. Lo stesso arti-colo contiene una disposizione programmatica (rinvia alla legge ordina-ria per le sua concreta attuazione) sulla durata massima della giornata lavorativa, stabilendo l’inderogabilità del riposo settimanale e delle ferie annuali;

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11Fondamento, fonti ed evoluzione della legislazione sociale

— l’art. 37, la donna lavoratrice cui sono garantiti gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Il prin-cipio della «parità» è poi riproposto, anche per il lavoro dei minori (L. 17-10-1967, n. 977).

La massima affermazione del principio solidaristico si trova nell’art. 38 che stabilisce:

— il diritto di «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi ne-cessari per vivere» al mantenimento e all’assistenza sociale (co. 1). In particolare, gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’av-viamento professionale (co. 3);

— il diritto dei lavoratori a «che siano preveduti ed assicurati mezzi ade-guati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invali-dità e vecchiaia, disoccupazione involontaria» (co. 2);

— la realizzazione di tali compiti mediante «organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato» (co. 4), fermo restando che «l’assistenza privata è libera» (co. 5).

Tale norma è a fondamento del nostro Stato «sociale» così defi nito perché assume compiti che lo impegnano attivamente e direttamente per la realizzazione di diritti e interessi costituzionalmente radicati.

Le ulteriori norme della Costituzione che interessano l’ambito sociale sono gli artt. 39-42, concernenti:

— l’attività sindacale ed in particolare: il principio della libertà dell’or-ganizzazione sindacale (art. 39, co. 1); il principio della capacità, dei sindacati registrati, di stipulare contratti collettivi di lavoro, vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alle categorie che essi rappresentano, anche se non iscritti (art. 39, co. 3); il riconoscimento del diritto di scio-pero nell’ambito delle leggi che lo regolano (art. 40);

— gli artt. 41 e 42, che, nel riconoscere piena libertà all’iniziativa econo-mica privata e legittimazione alla proprietà privata, ne stabiliscono però i limiti dell’utilità sociale e della dignità e sicurezza umana.

D) Le recenti tendenze e il «Libro bianco sul futuro del modello sociale»

È possibile individuare una chiara tendenza verso le seguenti modifi ca-zioni strutturali del nostro sistema di sicurezza sociale:

— transizione progressiva dal modello di welfare esclusivamente pubbli-co ad un sistema di welfare mix, in cui alcuni servizi sono erogati,

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Capitolo Primo12

unitamente o in alternativa al soggetto pubblico, dai privati, con l’effet-to (auspicato) di aumentare l’effi cienza del sistema e innalzare comples-sivamente il livello di protezione sociale;

— abbandono di una politica sociale basata sull’offerta indifferenziata di prestazioni e servizi (omogenea per individui e per aree geografi che), non più sostenibile data la scarsezza delle risorse pubbliche, per orien-tarsi sempre più verso «misure fl essibili, ritagliate sulle esigenze delle comunità territoriali e gestite con effi cienza a livello locale» (dal Libro bianco sul welfare, Proposte per una società dinamica e solidale, Min. Lav., Roma, 2003);

— graduale passaggio dal modello di welfare al cd. workfare che va de-terminando «un vero e proprio cambio di paradigma nella concezione stessa dello stato sociale e nell’individuazione dei dispositivi e degli strumenti di politica del lavoro» (Segretariato generale del Ministero del Lavoro, Welfare to work: un quadro della normativa comunitaria, na-zionale e regionale in materia di offerta congrua, ottobre 2008).

Tale modello non prefi gura tanto la riduzione dei livelli assistenziali quanto piuttosto su-bordina, in coerenza con l’obiettivo europeo dell’innalzamento dell’occupazione, l’ero-gazione di prestazioni pubbliche ad un atteggiamento attivo da parte dei benefi ciari nella ricerca di una nuova occupazione e ad una serie di interventi fi nalizzati a promuovere la loro adattabilità al mercato del lavoro.

L’orientamento del nostro Paese può evincersi dal «Libro bianco sul futuro del modello sociale» predisposto a maggio 2009, dal Governo in esito alla consultazione, avviata con la precedente pubblicazione dell’omo-nimo Libro verde (25-7-2009), sull’importante tema dello sviluppo del nostro welfare.

Nel documento, il cui titolo è «La vita buona nella società attiva», sono enunciati gli obiettivi più considerevoli, di cui si dovrebbe tenere conto nell’indirizzare lo sviluppo del nostro sistema di sicurezza sociale. Rileva-no, in specie, la promozione della salute ottenendo una riduzione della povertà, dell’emarginazione e del disagio sociale, con un effetto positivo sulla produttività del lavoro, sui tassi di occupazione e sulla crescita com-plessiva dell’economia, nonché l’aumento della qualità della occupazione e delle occasioni di lavoro per un arco di vita più lungo, che «si traduce in maggiore salute, prosperità e benessere per tutti».

Ferma restando l’ampia vocazione del nostro modello sociale, ispirato alla fi nalità di tutelare la persona per tutta la vita, si privilegia un approccio

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13Fondamento, fonti ed evoluzione della legislazione sociale

mirato alla centralità della persona, della famiglia e della comunità, me-diante interventi personalizzati e differenziati che ne sostengano la continua autosuffi cienza.

Il Libro bianco propone di rettifi care l’attuale modello sociale che nel corso del tempo ha manifestato notevoli disfunzioni, sprechi e costi, per transitare verso un nuovo modello, di cui sia certa la sostenibilità fi nanzia-ria, «che accompagni le persone lungo l’intero ciclo di vita attraverso il binomio opportunità-responsabilità».

L’assetto normativo di tale sistema deve prevedere che lo Stato svolga a livello centrale compiti di regia e indirizzo, mentre l’erogazione dei servizi spetti alle istituzioni locali e ai corpi intermedi, con la garanzia di standard qualitativi e livelli essenziali delle prestazioni. Ferme restando, quindi, le esi-genze di universalità e di uguaglianza di trattamento del modello sociale, si prefi gura soprattutto un diverso ruolo del soggetto pubblico che «invece di es-sere il monopolista della erogazione è chiamato a determinare le linee guida degli interventi e assicurare il controllo sulla qualità dei servizi».

Il nostro sistema di protezione sociale dovrà divenire sempre più uni-versale, selettivo e personalizzato.

La caratteristica che defi nisce il nuovo modello di welfare è quella dell’universalismo se-lettivo. Tale formula, che si oppone a quella dell’universalismo assoluto propria del modello tradizionale, sintetizza l’esigenza di selezionare i benefi ciari delle prestazioni per tener conto delle possibilità di spesa al fi ne di garantire la sostenibilità nel tempo dei livelli di protezione. Tutti i cittadini hanno, in linea di principio, diritto di accedere ai servizi pubblici che però sono erogati in base ad un criterio di priorità.

4. LE FONTI DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE

A) Le fonti di diritto statuale

Le fonti di diritto statuale sono, in ordine gerarchico decrescente, le seguenti:

a) la Costituzione che, oltre ai principi generali (es. artt. 1, 3, 4), dedica al lavoro e alla legislazione sociale e previdenziale l’intero titolo III della Parte I (v. prec. § 3);

b) le leggi ordinarie e gli altri atti aventi forza di legge, ex artt. 76 e 77 Cost., quali i decreti legislativi e i decreti-legge; tali fonti si dividono in due gruppi:

— un primo gruppo defi nibile di diritto comune (ad es. gli articoli con-tenuti nel titolo II del libro V del codice civile, nonché gli articoli del

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Capitolo Primo14

codice della navigazione in tema di lavoro e previdenza dei maritti-mi);

— un secondo gruppo defi nibile di legislazione speciale (vi rientrano tutte le numerose e spesso confuse disposizioni che disciplinano la materia);

c) i regolamenti di attuazione o di esecuzione degli atti suddetti, emanati dal Governo sotto forma di decreto del Presidente della Repubblica o dai Ministri con proprio decreto, ovvero da altre Autorità ove previsto.

A seguito della modifi ca del titolo V della Parte II della Costituzione da parte della L. cost. 18-10-2001, n. 3, con cui è stato introdotto un nuovo criterio di ripartizione della funzione legislativa tra Stato e Regioni, rien-trano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato — tra l’altro — l’ordinamento civile, in cui si deve ritenere compresa la disciplina del rapporto interprivato di lavoro, e la previdenza sociale obbligatoria, nonché la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernen-ti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

B) Le leggi regionali

La competenza legislativa delle Regioni in campo sociale e del lavoro, inizialmente molto limitata, è oggi più ampia in conseguenza del processo di lenta ma costante erosione delle funzioni attribuite allo Stato, con specu-lare ampliamento di quelle conferite alle Regioni e agli enti territoriali.

Il momento di radicale svolta — secondo alcuni in senso federalista — rispetto all’impostazione originaria del nostro ordinamento è rappresen-tato dalla riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, in virtù della L. cost. 3/2001, che ha riconosciuto la potestà legislativa concorrente delle Regioni (cioè di pari grado con quella statale) (art. 117, co. 3), tra l’altro, in materia di previdenza complementare e integrativa e di tutela e sicu-rezza del lavoro.

Il contenuto della competenza regionale deve essere individuato sulla scorta degli indiriz-zi espressi dalla Corte costituzionale (sent. 50/2005 e 385/2005), alla cui luce il campo della tutela del lavoro, defi nito con una espressione di ampia interpretazione, deve ritenersi non comprensivo di tutta la disciplina del lavoro, bensì limitato alla disciplina degli aspetti gestio-nali del mercato del lavoro, quali la mediazione tra domanda e offerta di lavoro e gli interven-ti per favorire l’occupazione e il reimpiego dei lavoratori.

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15Fondamento, fonti ed evoluzione della legislazione sociale

Inoltre è stata riconosciuta la potestà legislativa esclusiva delle Regioni, senza interferenze da parte delle autorità statali, nelle materie individuate tra quelle non esplicitamente incluse nei commi 2 e 3 dell’art. 117 Cost. (potestà legislativa esclusiva dello Stato e potestà legislativa regionale concorrente) (art. 117, co. 4).

A quale limite è sottoposta la potestà legislativa delle Regioni in ambito sociale?L’esercizio della funzione legislativa da parte delle Regioni incontra il rilevante limite non solo dell’ordinamento civile, proprio dello Stato, ma anche quello della solidarietà e unità nazio-nale, tale da richiedere la garanzia di un livello uniforme sul piano nazionale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, attuabile con l’intervento diretto dello Stato, anche in via sostitutiva ex art. 120, co. 2, Cost.

C) Le fonti di diritto internazionale e sovranazionale

Le fonti di diritto internazionale si distinguono in:

— trattati internazionali: sono considerati fonti indirette in quanto devo-no essere ratifi cati con legge dello Stato per entrare a far parte dell’or-dinamento giuridico italiano ed essere quindi effi caci e vincolanti.

A Torino, nel 1961, è stata sottoscritta la Carta sociale europea da parte dei paesi membri del Consiglio d’Europa i quali ne hanno ribadito i criteri minimi applicativi nel Codice europeo di sicurezza sociale (1964);

— convenzioni dell’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro): anche esse fonti indirette in quanto non incidono direttamente sugli ordinamenti giuridi-ci degli Stati membri ed hanno bisogno di un intervento legislativo dello Stato che le abbia ratifi cate, perché le loro disposizioni siano rese effettive.

Accanto a tali fonti, vi sono quelle del diritto comunitario costituite:

— dai trattati istitutivi delle tre Comunità, così come integrati dalla giu-risprudenza della Corte di Giustizia e modifi cati da atti successivi, da ultimo il Trattato di Lisbona (fi rmato il 13-12-2007 ed entrato in vigo-re il 1°-12-2009) che ha modifi cato il trattato sull’Unione (TUE) e il Trattato istitutivo della Comunità europea ridenominato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE);

— dagli atti emanati dalle istituzioni dell’Unione costituenti il cd. diritto derivato (direttive, decisioni e regolamenti);

— dagli accordi dell’Unione con Stati terzi.

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Capitolo Primo16

Cosa prevede la politica sociale comunitaria?I settori d’intervento in cui si concreta la politica sociale sono (artt. 151-161 TFUE, ex 136-145 Trattato CE): la formazione professionale, la parità uomo-donna, l’armonizzazione dei rapporti di lavoro, l’ambiente di lavoro, il dialogo sociale.Essi devono essere considerati come un notevole passo avanti per gli Stati membri in quanto bisogna considerare che la Comunità europea nasceva con l’obiettivo di realizzare unicamente un mercato comune (libera circolazione dei capitali, dei lavoratori, delle merci e dei servizi).Con il Trattato di Lisbona la materia è stata sicuramente oggetto di maggiore attenzione. Dalla lettura del testo riformato si ricavano i seguenti avanzamenti sociali:— l’inclusione, tra i valori dell’Unione europea, della dignità umana, dell’uguaglianza, della

solidarietà e della parità donna-uomo; la fi ssazione fra gli obiettivi di un’economia sociale di mercato diretta alla piena occupazione e al progresso sociale e della coesione territoriale oltre che economica e sociale;

— il riconoscimento del ruolo delle parti e del vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione (art. 152 TFUE);

— l’attribuzione del valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;

— l’inclusione della clausola sociale che impegna l’Unione a tenere sempre conto delle esigenze connesse alla promozione di un livello di occupazione elevato, la garanzia di una protezione sociale adeguata, la lotta contro l’esclusione sociale e un livello elevato di istruzione, formazione e tutela della salute umana.

Tra le disposizioni in materia di sicurezza sociale, va comunque ricordato l’art. 151 TFUE (ex art. 136 del Trattato CE) che si limita a stabilire, con valore meramente programmatico, che l’Unione e gli Stati membri devono tener presente i diritti sociali fondamentali così come stabiliti nella Carta sociale europea del 1961 e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fon-damentali dei lavoratori del 1989.Di senso più compiuto l’art. 153 TFUE (ex art. 137 Trattato CE), come riformulato con il Trattato di Nizza (2001) che aggiunge ai precedenti settori di intervento altri sei, in modo da coprire anche ambiti più specifi ci (sicurezza sociale, protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro, rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro — esclusa però la materia della retribuzione, del diritto di associazione, del diritto di sciopero e della serrata — condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi, lotta contro l’esclusione sociale, modernizzazione dei regimi di protezione sociale, protezione sociale dei lavoratori).

D) Le fonti extralegislative

Oltre alle fonti legislative, sono da menzionare in tale ambito le cd. fonti extralegislative.

Tra queste va detto subito che le consuetudini e gli usi (fonti non scrit-te) hanno valore trascurabile soprattutto per la diffi coltà di regolare, attra-

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17Fondamento, fonti ed evoluzione della legislazione sociale

verso consuetudini, i rapporti di natura pubblicistica che sono alla base della legislazione sociale.

Sebbene la giurisprudenza non possa essere ricondotta tra le fonti (extralegislative) del diritto, è indubbia però la sua importanza nelle materie ricomprese nella legislazione sociale.

Concorre a determinare la concreta regolamentazione della disciplina del rapporto di lavoro anche la contrattazione collettiva, nella quale i la-voratori e i datori di lavoro sono rappresentati dalle rispettive associazioni di categoria (sindacati e associazioni datoriali). Il contratto individuale di lavoro, infi ne, ha tradizionalmente svolto un ruolo marginale rispetto alla legge: quest’ultima prevale rispetto ad eventuali modifi che peggiorative introdotte dalle singole parti del rapporto di lavoro. Tale limitazione dell’au-tonomia negoziale ha la sua giustifi cazione nella volontà di escludere la possibilità che il datore stabilisca, facendo leva sulla posizione di inferiori-tà negoziale ed economica del lavoratore, una regolamentazione del con-tratto di lavoro sfavorevole a quest’ultimo.

Che cosa succede se il datore di lavoro, nel defi nire il contenuto del con-tratto di lavoro, contravviene alle disposizioni imperative di legge?Una volta che il datore di lavoro ha deciso di dar vita ad un rapporto di lavoro subordinato, non può autonomamente decidere di disapplicare la disciplina imperativa prevista dalla legge (ad esempio escludendo contrattualmente il diritto del lavoratore al periodo di ferie stabilito dalla legge oppure fi ssando una retribuzione inferiore a quella spettante in base al contratto collettivo). La disciplina del rapporto di lavoro derivante dalle disposizioni della legge e del contratto collettivo è inderogabile, salvo che per condizioni di maggior favore verso il lavoratore.La presenza nel contratto individuale di lavoro di disposizioni contrastanti con quelle imperative è causa di nullità e la clausola è sostituita automaticamente con la norma imperativa violata.

5. I SOGGETTI DELLA LEGISLAZIONE SOCIALE

A) Classifi cazione

Trattandosi di normativa marcatamente pubblicistica, è propedeutico allo studio della materia comprendere quali sono gli organismi che intervengono nella produzione delle norme e in qualità di destinatari delle stesse.

A tal fi ne, si suole distinguere i soggetti della legislazione sociale in:

— soggetti attivi: sono quegli organi che creano le norme giuridiche e ne curano l’osservanza, in particolare, gli organi dello Stato, gli Enti pub-blici e, per certi versi, anche i sindacati;

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Capitolo Primo18

— soggetti passivi: sono i destinatari veri e propri delle norme di legisla-zione sociale e cioè i datori di lavoro ed i lavoratori.

B) I soggetti attivi: gli organi statali con competenza nazionale

Rientrano in tale ambito:

— il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (C.N.E.L.) (art. 99 Cost.), è un organo ausiliario delle Camere e del Governo e svolge attività consultive e di studio in materia economica e sociale, con pote-ri di iniziativa legislativa;

— il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (di seguito indicato sinteticamente con la dizione «Ministero del Lavoro») a cui sono attri-buite «le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone e delle famiglie, di politi-ca del lavoro e sviluppo dell’occupazione, di tutela del lavoro e dell’ade-guatezza del sistema previdenziale», e il Ministero della Salute che esercita le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, di coordinamento del Sistema Sanitario Nazionale, di sanità veterinaria, di tutela della salute nei luoghi di lavoro, di igiene e sicu-rezza degli alimenti.

Nel corso degli anni tali Ministeri sono stati oggetto di numerosi interventi legislativi che ne hanno mutato più volte denominazione e attribuzioni. Nell’attuale legislatura (XVI) si è passati dall’istituzione di unico «Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali» (art. 1, co. 376, L. 244/2007) alla successiva scissione dello stesso in due sepa-rati ministeri (L. 13-11-2009, n. 172), il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e il Ministero della Salute.

C) Gli organi statali a livello locale

Sono tali quegli organi con competenza circoscritta e limitata ad una parte del territorio.

Va osservato che a seguito dell’emanazione del D.Lgs. 23-12-1997, n. 469, l’organizzazione periferica del Ministero del Lavoro è stata interessa-ta da una progressiva risistemazione, con soppressione di una serie di orga-ni collegiali operanti a livello regionale, provinciale e comunale.

Peraltro, già con D.M. 7-11-1996, n. 687, si era provveduto all’unifi ca-zione delle due separate strutture periferiche precedentemente esistenti e precisamente degli Ispettorati del lavoro e degli Uffi ci del lavoro e della

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19Fondamento, fonti ed evoluzione della legislazione sociale

massima occupazione, con l’istituzione a livello regionale e provinciale, rispettivamente della Direzione regionale del lavoro (DRL) e Direzione provinciale del lavoro (DPL), le quali svolgono le residuali funzioni di pertinenza statale (cioè non trasferite a Regioni e enti locali) e concernenti il governo del mercato del lavoro territoriale.

D) Gli enti pubblici territoriali

È noto che lo Stato, per il raggiungimento dei propri fi ni, si vale non solo dei propri organi — centrali e locali — ma anche di enti pubblici autarchi-ci, detti enti ausiliari che, nel loro insieme, costituiscono la cd. amministra-zione indiretta dello Stato.

Nel settore della legislazione sociale rilevano, oltre alle Regioni — di cui si è già detto in precedenza — anche le Province, che, oggi, hanno assunto un ruolo importante nell’ambito della legislazione sociale, in quanto il D.Lgs. 469/97 ha previsto che le Regioni possano attri-buire alle Province la gestione ed erogazione tramite i centri per l’impiego (sostitutivi degli aboliti uffi ci di collocamento) anche dei servizi connessi alle funzioni e ai compiti conferiti alle Regioni stesse in materia di politica attiva del lavoro.

Ai Comuni, invece, sono stati attribuiti compiti importantissimi dalla legge di riforma sanitaria (in specie, art. 13 L. 833/78), la quale aveva demandato appunto a tali enti locali di istituire, singolarmente o mediante consorzi tra loro, le unità sanitarie locali oggi trasformate in Aziende sanitarie locali (A.S.L.). Tra le funzioni che in tal modo possono essere esercitate dai Comuni, tramite le dette unità locali (funzioni, tuttavia, ridimensionate dal D.Lgs. 502/92), rientrano quelle relative all’igiene ed alla medicina del lavoro, nonché alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

Va ricordato che la riforma costituzionale (L. cost. 3/2001) ha riguardato anche l’art. 118 Cost., in base al quale i Comuni, le Province, nonché le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

6. GLI ISTITUTI DI ASSICURAZIONE SOCIALE

Si tratta di enti autarchici non territoriali, noti generalmente come enti previdenziali, aventi natura di enti pubblici e dotati di un minimo di potere di supremazia sugli obbligati (il potere di imporre contributi).

Segnaliamo di seguito i principali enti pubblici previdenziali.

A) L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS)

Istituito nel 1898 come «Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai», successivamente è stato più volte riformato nell’ordinamento e nelle attribuzioni.

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Capitolo Primo20

Il suo fi ne istituzionale è dato dall’esercizio delle assicurazioni obbliga-torie per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (di tutti i lavoratori priva-ti dipendenti e di diverse categorie di lavoratori autonomi), nonché dalla gestione di forme di previdenza a carattere temporaneo diverse dalle pen-sioni.

L’INPS costituisce attualmente il più grande ente previdenziale italiano, amministrando e gestendo numerosi Fondi e Casse tra cui assumono particolare rilevanza, in quanto concerno-no la quasi totalità dei lavoratori privati dipendenti:

— il Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti (FPLD) (per l’assicurazione generale obbli-gatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti);

— la Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (per le prestazioni in tutto o in parte di natura assistenziale);

— la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti (per l’assicurazione contro la disoccupazione e quella contro la turbecolosi, gli assegni familiari etc.).

Ha la propria sede centrale in Roma, nonché sedi regionali, provinciali e zonali.

B) L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL)

Esercita come funzione essenziale l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sia nell’industria che nell’agricoltura, di tutti i lavoratori privati dipendenti (v. Cap. X).

C) Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministra-zione Pubblica (INPDAP)

Istituito con D.Lgs. 30-6-1994, n. 479, esercita come funzione essenzia-le la liquidazione dei trattamenti pensionistici, nonché la corresponsione del trattamento di fi ne rapporto, nei confronti di tutti i dipendenti da ammini-strazioni pubbliche.

D) Istituti minori

Numerosi altri istituti gestiscono forme previdenziali limitatamente a determinate categorie di lavoratori.

Segnaliamo tra i tanti: l’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS), l’Istituto di previdenza per il set-tore marittimo (IPSEMA) etc.

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7. I SOGGETTI PRIVATI

A) Le organizzazioni sindacali

Tra i soggetti attivi della legislazione sociale vi rientrano anche i sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro, in quanto essi svolgono, al pari degli altri soggetti attivi, una funzione di incentivazione per la forma-zione delle leggi e di vigilanza per la corretta applicazione delle leggi stesse.

B) Gli istituti di patronato e di assistenza

Altri organismi attivi in sede di applicazione della legislazione sociale, soprattutto nel campo delle assicurazioni sociali, sono gli «istituti di patro-nato e di assistenza sociale» (D.L. 29-7-1947 n. 804, L. 27-3-1980, n. 112 e D.P.R. 22-12-1986, n. 1017).

La L. 30-3-2001, n. 152 ha completamente riformato la materia, intro-ducendo nuovi principi e norme per la costituzione, il riconoscimento e la valorizzazione degli istituti di «patronato e di assistenza sociale quali per-sone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica uti-lità», e abrogando le previgenti disposizioni di legge.

In base a quanto stabilito dall’art. 2 L. 152/2001, i patronati possono essere costituiti e gestiti dalle confederazioni e associazioni nazionali di lavoratori.

Gli istituti di patronato, oltre alle tradizionali funzioni di assistenza e di tutela in materia pensionistica, svolgono attività di informazione, assisten-za e tutela dei lavoratori.

Hanno anche poteri di rappresentanza, in materia di:

— conseguimento delle prestazioni erogate dal S.S.N. e delle prestazioni di carattere socio-assistenziale, comprese quelle in materia di emigrazione ed immigrazione;

— conseguimento in Italia e all’estero, delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare;

— tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; — diritto di famiglia e successioni.

Rientra tra le attività degli istituti di patronato l’informazione e la consulenza ai lavora-tori, ai loro superstiti e aventi causa, relative all’adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi contributivi e della responsabilità civile anche per eventi infortunistici.

Estratto della pubblicazione

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Capitolo Primo22

8. I SOGGETTI PASSIVI

A) I datori di lavoro

La legislazione sociale considera datori di lavoro tutte le persone fi siche e giuridiche che, essendo o meno «imprenditori» nel rapporto di lavoro, ricevano una prestazione di lavoro (compresi, a pieno titolo, lo Stato e gli altri enti pubblici).

Va ricordato che, per le applicazioni delle leggi sociali, assume spesso rilievo la natura dell’attività del datore di lavoro attività che può essere agricola, industriale, com-merciale o artigianale; una posizione particolare assume, infi ne, il datore di lavoro domestico.

Infatti diverse norme di legislazione sociale (per esempio quelle relative all’orario di la-voro, alla prevenzione degli infortuni, al lavoro delle donne e dei bambini etc.) prevedono una differente disciplina, con applicazione di maggior favore, per il settore dell’industria in consi-derazione delle condizioni di maggior pericolo cui sono esposti i lavoratori.

I datori di lavoro sono destinatari delle norme di legislazione sociale prevalentemente in qualità di obbligati considerato che a tutela dei lavora-tori subordinati viene limitata la loro autonomia ed imposta una serie note-vole di doveri di fare e di non fare.

Ai fi ni dell’applicazione delle leggi sociali assume rilievo la natura dell’at-tività del datore di lavoro?Le norme di legislazione sociale (relative all’orario di lavoro, alla prevenzione degli infor-tuni, al lavoro delle donne e dei fanciulli etc.) prevedono una disciplina differente a seconda dell’attività — industriale, agricola, commerciale, artigianale — esercitata dal datore di lavoro. Così, ad esempio, per il settore dell’industria, vigono norme che prendono in considerazione le condizioni di maggior pericolo cui sono esposti i lavoratori che vi appartengono; per il settore artigianato, sono previste numerose facilitazioni ed agevolazioni soprattutto in materia di contribuzione per le assicurazioni sociali allo scopo di incentivare questo settore economico.Nell’ambito delle assicurazioni sociali, la natura dell’attività svolta dal datore determina la sua classifi cazione o inquadramento operato dall’INPS e valido ai fi ni della contribuzione previdenziale e assistenziale (art. 49 L. 88/1989).

B) I lavoratori tutelati

Sono soggetti passivi della legislazione sociale i lavoratori titolari di un rapporto di lavoro subordinato.

Sono inclusi anche i lavoratori titolari di un contratto di lavoro speciale, quali: i lavora-tori assunti dalle agenzie di somministrazione (art. 25 D.Lgs. 276/2003); i lavoratori contito-lari del contratto di lavoro ripartito che sono assimilati, ai fi ni dell’applicazione di disposizio-

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ni previdenziali, ai lavoratori a tempo parziale (art. 45 D.Lgs. 276/2003); i lavoratori a domi-cilio cui si applicano le stesse norme previste per la generalità dei lavoratori subordinati in materia di assicurazioni sociali (art. 9 L. 877/73).

Non sono soggetti passivi della legislazione sociale i familiari del lavoratore conviventi ed a suo carico, i quali ricevono una particolare tutela in relazione alla morte del lavoratore, sia o meno connessa allo svolgimento dell’attività lavorativa.

L’evoluzione della legislazione sociale ha ampliato l’ambito della tutela, fi no a comprendervi anche alcune categorie di lavoratori non subordinati.

Nell’ambito dei soggetti tutelati dalle norme di legislazione sociale devono essere ricomprese anche varie categorie di lavoratori autonomi, tra cui: i liberi professionisti, per molti dei quali sono previste Casse previ-denziali ad hoc (es. Cassa avvocati, Cassa dottori commercialisti etc.); i piccoli imprenditori (ossia i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale orga-nizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia) per i quali sono state previste gestioni speciali amministrate dall’INPS; i lavoratori parasubordinati, compresi i titolari del rapporto di lavoro a progetto (artt. 61 ss. D.Lgs. 276/2003).

GlossarioEnti autarchici non territoriali: gli enti autarchici sono enti pubblici (dove per enti si intendono sia le persone giuridiche pubbliche e private che i gruppi organizzati che l’ordi-namento considera titolari di situazioni giuridiche) che hanno la capacità di curare «i propri interessi svolgendo un’attività avente gli stessi caratteri e la stessa effi cacia dell’attività amministrativa dello Stato» (ZANOBINI). Gli enti pubblici si distinguono in territoriali e non: solo per i primi il territorio costituisce un elemento costitutivo (es. Stato, Regione, Comune etc.); gli enti non territoriali sono tutti gli altri, denominati anche enti istituziona-li, di cui alcuni hanno carattere nazionale altri locale.

Estratto della pubblicazione

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CAPITOLO SECONDO

LE TUTELE DEI LAVORATORI SUL MERCATO DEL LAVORO. IL COLLOCAMENTO PUBBLICO E PRIVATO

E LE PROCEDURE DI ASSUNZIONE

Sommario: 1. Dal collocamento pubblico alla privatizzazione del mercato del lavoro. - 2. L’organizzazione dei servizi pubblici per l’impiego. - 3. L’attività degli operatori privati. - 4. La Borsa continua nazionale del lavoro. - 5. Le schede anagrafi co-profes-sionali. - 6. Le comunicazioni obbligatorie relative all’assunzione e al rapporto di lavoro. - 7. Il collocamento delle persone disabili. - 8. Il collocamento dei lavoratori extracomunitari. 9. La tutela dei lavoratori sul mercato del lavoro. - 10. La tutela dei lavoratori in caso di appalto. - 11. La tutela dei lavoratori in caso di distacco. - 12. La tutela dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. - 13. La tutela dei lavoratori in caso di fallimento o morte del datore di lavoro.

1. DAL COLLOCAMENTO PUBBLICO ALLA PRIVATIZZAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO

A) La disciplina pubblicistica del mercato del lavoro

L’istituto del collocamento si inserisce nell’ambito degli interventi programmati dallo Stato a tutela e protezione del lavoratore, in attuazione dei principi sanciti dalla Costituzione (artt. 4, co. 1, e 35, co. 1).

Con la disciplina del collocamento lo Stato ha dato vita ad un sistema che regola le modalità di assunzione dei lavoratori e che è fi nalizzato a fa-vorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro al fi ne di proteggere i lavoratori dal rischio della disoccupazione e della violazione, da parte dei datori, della disciplina legislativa e sindacale del rapporto di lavoro.

Fin dall’inizio, le attività di collocamento, limitate praticamente ad un controllo delle assunzioni, furono considerate una competenza propria del sindacato, la quale, durante il periodo fascista, acquistò la valenza di una funzione pubblica (PERSIANI).

Tale carattere si riscontra apertamente nella prima disciplina compiuta dell’istituto, contenuta nella L. 264/1949 in cui lo Stato, attraverso il collo-camento, tendeva a svolgere la funzione di controllore e coordinatore degli interessi contrapposti delle categorie sociali, ponendo altresì obblighi san-zionati penalmente.

Estratto della pubblicazione