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Carlo Pelloso Le origini aristoteLiChe deL SUNALLAGMA di aristone

sommario: 1. introduzione: alle origini del concetto di sunllagma. 2. La dottrina della giustizia universale nelletica nicomachea. 3. giustizia correttiva e sunallgmata in aristotele. 4. ancora sul sunllagma aristotelico. 5. Sunllagma e fila leuqeriwtra. 6. influenze aristoteliche in Labeone? 7. d. 2.14.7 pr.-2: premesse terminologiche allesegesi del responsum di aristone. 8. Datio dandi causa, sunllagma e obligatio civilis in aristone. 9. La dottrina nicomacheo-aristoniana del sunllagma e la definitio di Labeone. 10. Contrahere sunllagma in aristone e Mauriciano.

1. Introduzione: alle origini del concetto di sunllagma. Con la perifrasi contratto sinallagmatico o contratto bilaterale, la dottrina civilistica individua oggi il contratto a prestazioni corrispettive, ossia latto lecito mediante il quale le parti rimangono obbligate nei reciproci confronti, talch tra le due prestazioni si viene a configurare quella interdipendenza che prende il nome, per lappunto, di nesso di reciprocit ovvero di sinallagma 1. La nascita dellelaborazione di tale concetto risale, come noto, allopera di a. Bechmann, der Kauf nach gemeinem recht 2, nella quale, avverso coloro che strutturavano la compravendita in due contratti ad efficacia unilaterale, si concep1 Cfr. a. Biscardi, Quod Graeci synallagma vocant, in Labeo, XXiX, 1983, 127, il quale ben sintetizza nei seguenti termini: in tanto una delle parti attribuisce un diritto allaltra ed effettua la sua prestazione o promette di effettuarla, in quanto a sua volta la controparte effettua unaltra prestazione o si obbliga ad effettuarla (e si parla in tal caso di sinallagma genetico per distinguerlo, come sussistente al momento della formazione del vincolo contrattuale, dal sinallagma funzionale, ossia da quello che, specialmente nei contratti a esecuzione continuata, investe tutto lo svolgimento del rapporto). 2 a. Bechmann, Der Kauf nach gemeinem Recht, i, Geschichte des Kaufs im rmischen Recht, erlangen, 1876, 540 ss.

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questultima come innerlich einheitliches geschaft, guadagnandosi dallanalisi delle fonti romane sul tema, la distinzione tra il vincolo che lega le due obbligazioni al momento della loro nascita, definito, pertanto, genetisches synallagma, e il nesso che le unisce, in via continuativa, dopo siffatto momento (funktionelles synallagma) 3. La nozione cos espressa, che sotto il profilo formale del significante indissolubilmente legata al sostantivo greco sunllagma, affonda le proprie radici, quanto allaspetto sostanziale del significato, pi che nel concetto primevo, quale emerge (rectius quale si pu far emergere) dalle fonti greche, nelluso romano del termine sunllagma che i Digesta di giustiniano hanno tramandato in due celeberrimi passi ulpianei 4: il primo (d. 50.16.19) foriero di una testimonianza di Labeone 5 nella quale, dandosi vita alla prima concettualizzazione romana di contractum 6, si delimita questultimo allultro citroque obliCfr., sul punto, a. rodeghiero, Sul sinallagma genetico nellemptio venditio classica, Padova, 2004, 1 ss., il quale ricorda come nella moderna dogmatica giuridica si distinguerebbe ulteriormente tra sinallagma funzionale in senso stretto (manifestantesi nel condizionare la satisfazione della pretesa alladempimento delluna obbligazione alla esecuzione o allofferta di esecuzione dellaltra) e sinallagma condizionale (manifestantesi nel condizionare la permanenza delluna obbligazione alla permanenza dellaltra, cosicch se luna si estingue per causa non satisfattiva, pure laltra si estingue). 4 si tratta di due testi per i quali la sterminata dottrina romanistica ha sottolineato da sempre le difficolt ermeneutiche, prospettando sino alla met del secolo scorso numerosi sospetti di rimaneggiamenti compilatori, laddove la pi recente storiografia sembra unanime nellasserire la genuinit sostanziale, se non formale, dei passi. Quanto al primo, cfr. la copiosa rassegna di autori contenuta in a. schiavone, Studi sulle logiche dei giuristi romani. Nova negotia e transactio da Labeone a Ulpiano, napoli, 1971, 37, nt. 1; quanto al secondo cfr., a titolo puramente indicativo, le opinioni di h.P. Benhr, Das sogenannte Synallagma in den Konsensualkontrakten des klassischen rmischen Rechts, hamburg, 1965, 14; M. talamanca, La tipicit dei contratti romani fra conventio e stipulatio fino a Labeone, in Contractus e pactum. Tipicit e libert negoziale nellesperienza tardo repubblicana. Atti del convegno internazionale di diritto romano. Copanello 1-4 giugno 1988, napoli - roma, 1990, 101, nt. 254; F. gallo, Synallagma e conventio nel contratto. Ricerca degli archetipi della categoria contrattuale e spunti per la revisione di impostazioni moderne. Corso di diritto romano, ii, torino, 1995, 94. 5 d. 50.16.19 (Ulp. 11 ad ed.): Labeo libro primo praetoris urbani definit, quod quaedam agantur, quaedam gerantur, quaedam contrahantur: et actum quidem generale verbum esse, sive verbis sive re quid agatur, ut in stipulatione vel numeratione: contractum autem ultro citroque obligationem, quod Graeci sunllagma vocant, veluti emptionem venditionem, locationem conductionem, societatem: gestum rem significare sine verbis factam. 6 Lequazione, a mio avviso, dunque tra contractum (e non contractus) ed ultro citroque obligatio: il primo termine, in altre parole, da intendere quale forma participiale del verbo contrahere e non quale accusativo del sostantivo contractus (cfr. sul punto, s. Perozzi, Le obbligazioni romane, Bologna, 1903, 245; e. Betti, Sul valore dogmatico3

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gatio, ossia al rapporto obbligatorio contraddistinto dallesistenza di vincoli, reciprocamente connessi, in capo a ciascuna parte 7; il secondodella categoria contrahere in giuristi proculeiani e sabiniani, in BIDR, XXViii, 10 s.; P. Voci, La dottrina romana del contratto, Milano, 1946, 51 ss.; a schiavone, Studi, cit., 59 ss.; contra s.e. Wunner, Contractus. Sein Wortgebrauch und Willensgehalt im klassischen rmischen Recht, Kln - graz, 1964, 29 ss.; pi prudenti F. gallo, Synallagma, i, cit., 149 ss. e M. talamanca, La tipicit, cit., 96). Limpiego del sostantivo contractus (ellissi di contractus rei o negotii), si nota incidentalmente, si riscontra gi in Varrone (de re rust. 1.68) e in servio sulpicio (come attestato in gell. 4.4.1: Quid Servius Sulpicius in libro, qui est de dotibus, scripserit de iure atque more veterum sponsaliorum. 1. Sponsalia in ea parte Italiae, quae Latium appellatur, hoc more atque iure solita fieri scripsit Servius Sulpicius in libro, quem scripsit de dotibus: 2. qui uxorem, inquit, ducturus erat, ab eo, unde ducenda erat, stipulabatur eam in matrimonium datum ... iri; qui ducturus erat, itidem spondebat. is contractus stipulationum sponsionumque dicebatur sponsalia): si tratta, invero, di un uso al limite del significato tecnico del termine ed solo con Labeone, nel celeberrimo testo di Ulpiano, di cui sopra, che si avr la prima vera e propria definitio (lunica peraltro risultante da fonti latine) del participio sostantivato contractum; quanto alluso linguistico di contrahere, contractum, contractus, cfr. a. Burdese, Divagazioni in tema di contratto romano tra forma, causa e consenso, in Iuris vincula. Studi in onore di M. Talamanca, napoli, i, 317, nt. 1 e P. Voci, La dottrina, cit., 11 ss.; g. grosso, Il sistema romano dei contratti, torino, 1963, 29 ss.; g.Y. disdi, Contract in Roman Law from the Twelve Tables to the Glossators, Budapest, 1981, 79 ss.; a. di Pietro, El rgimen de los contractos en el derecho romano. Perspectivas e incidencias para el tema de los negocios en una unificacin latino-americana, in Roma e America. Diritto romano comune, Vii, 1999, 62 ss. g. romano, Conventio e consensus (A proposito di Ulp. 4 ad ed. D. 2.14.1.3), in AUPA, XLViii, 2003, 255 ss. 7 Cfr. sul punto, paradigmaticamente, a. Burdese, Sul concetto di contratto e i contratti innominati in Labeone, in Atti del seminario sulla problematica contrattuale. Milano 7-9 aprile 1987, i, Milano, 1988, 21, il quale convinto che Labeone abbia qui adoperato laccezione contractum quale forma del verbo contrahere, indicante il risultato dellattivit dei soggetti contraenti, anzich quale forma del sostantivo contractus, usato a designare lattivit contrattuale in s considerata. non vi osta il fatto che la definizione di contractum sia esemplificata con un elenco di contratti, e quindi di atti e non di rapporti da essi nascenti, in quanto alla mentalit e nelluso linguistico dei romani il passaggio dalla prospettiva del risultato a quella del comportamento che lo produceva risultava assai pi naturale che non al pensiero dogmatico moderno. analoga oscillazione di significati presenta il termine obligatio. in base allanalisi morfologica delle prime testimonianze classiche, tra cui proprio quella labeoniana di d. 50.16.19, esso sembrerebbe riallacciarsi pi allidea dellatto obbligatorio (ob-ligatio) che non al significato, divenuto in seguito dominante, di rapporto obbligatorio. in particolare tuttavia anche nel testo di Labeone, ove si parla di ultro citroque obligatio, pur ammesso che ci si voglia con ci riferire in primo luogo allimpegno bilateralmente assunto, non si pu negare che ne risulti necessariamente indicato il conseguente vincolo reciproco. scettico sul punto si dimostra invece F. gallo, Synallagma, ii, cit., 96, che preferisce considerare contractum, accusativo di contractus (e quindi non vedere in ci il risultato dellattivit dei soggetti contraenti) e obligationem quale atto obbligante; del pari, lo stesso r. santoro, Il contratto nel pensiero di Labeone, Palermo, 1983, 6 ss., pensa a contractus quale indice dellattivit contrattuale in s e per s considerata. infine, secondo M. talamanca, Con-

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(d. 2.14.7 pr.-2 ) riproduce un responsum di aristone 8, in cui si considera la datio posta in essere in vista di una controprestazione quale elemento produttivo, in capo alla parte che la riceve, di una obbligazione la cui nascita viene giustificata con la qualificazione della fattispecie in termini di sinallagmaticit 9.tratto e patto nel diritto romano, in Dig. disc. priv. - Sez. civ., iV, torino, 1989, 66, ci si riferirebbe allatto da cui nasce obbligazione a carico di entrambe le parti. 8 d. 2.14.7 pr.-2 (Ulp. 4 ad ed.): Iuris gentium conventiones quaedamactiones pariunt, quaedam exceptiones. 1. Quae pariunt actiones, in suo nomine non stant, sed transeunt in proprium nomen contractus: ut emptio venditio, locatio conductio, societas, commodatum, depositum et ceteri similes contractus. 2. Sed et si in alium contractum res non transeat, subsit tamen causa, eleganter Aristo Celso respondit esse obligationem. ut puta dedi tibi rem ut mihi aliam dares, dedi ut aliquid facias: hoc sunllagma esse et hinc nasci civilem obligationem. et ideo puto recte Iulianum a Mauriciano reprehensum in hoc: dedi tibi Stichum, ut Pamphilum manumittas: manumisisti: evictus est Stichus. Iulianus scribit in factum actionem a praetore dandam: ille ait civilem incerti actionem, id est praescriptis verbis sufficere: esse enim contractum quod Aristo sunllagma dicit, unde haec nascitur actio. 9 sconfinata la messe dei contributi sul punto: r. santoro, Il contratto, cit., 208 s., nt. 116; g. Melillo, Forme storiche contrattuali nellet del principato, in ANRW, ii.14, 1982, 498 s.; id., Il negozio bilaterale romano. Contrahere e pacisci tra il primo e il terzo secolo. Lezioni, napoli, 1986, 177 ss.; id., Un rescritto severiano e la identificazione dei nuda pacta, in Esudios Iglesias, ii, Madrid, 1988, 851 s., 855 ss.; id., Contrahere, pacisci, transigere: contributi allo studio del contratto bilaterale romano, napoli, 1994, 14 s., 212 ss.; r. sotty, Condictio incerti,actio ex stipulatu et actio praescriptis verbis, in Sodalitas, V, 1984, 2490 e nt. 6; P. Cerami, Vulgaria actionum nomina ed agere praescriptis verbis in D. 19.5.2 (Cels. 8 dig.), in Iura, XXXiii, 1982, 123 ss.; a. Burdese, Ancora sul contratto nel pensiero di Labeone, in SDHI, Li, 1985, 471 ss.; id., Sul riconoscimento civile dei cd. contratti innominati, in Iura, XXXVi, 1985, 20, 25 ss., 33, 51; id., Sul concetto, cit., 27 s., 38 ss.; id., Osservazioni in tema di cd. contratti innominati, in Estudios Iglesias, i, Madrid, 1988, 136 s., 140, 142 s., 144; id., Recenti prospettive in tema di contratti, in Labeo, XXXViii, 1992, 212 ss., 218; id., Sulle nozioni di patto, convenzione e contratto in diritto romano, in Seminarios Complutenses de Derecho Romano, V, Madrid, 1993, 41 ss.; id., I contratti innominati, in Homenaje Murga Gener, Madrid, 1994, 63 ss., 76 ss.; g. Mac Cormack, Contractual Theory and the Innominate Contracts, in SDHI, Li, 1985, 138 ss., 151 s..; F. gallo, Eredit di Labeone in materia contrattuale, in Atti del seminario sulla problematica contrattuale, cit., 54 ss.; id., Eredit di giuristi romani in materia contrattuale, in Le teorie contrattualistiche romane nella storiografia contemporanea. Atti del convegno di diritto romano. Siena 14-15 aprile 1989, a cura di n. Bellocci, napoli, 1991, 51 ss.; id., Synallagma, i, cit., 154 s.; M. talamanca, La tipicit, cit., 101 e nt. 256, 367 s.; id., Conventio e stipulatio, in Le teorie contrattualistiche, cit., 213, nt. 278; J. Kranjc, Die actio praescriptis verbis als Formelaufbauproblem, in ZSS, CVi, 1989, 436, nt. 5, 444, nt. 29, 454 s.; a. schiavone, La scrittura di Ulpiano. Storia e sistema nelle teorie contrattualistiche del quarto libro ad edictum, in Le teorie contrattualistiche, cit., 141, 146 ss., 238; M. sargenti, Labeone: la nascita dellidea di contratto nel pensiero giuridico romano, in Iura, XXXViii, 1987, 60; id., Svolgimento dellidea di contratto nel pensiero giuridico romano, in Iura, XXXiX, 1988, 27 ss., 32 ss.; a. Mantello, I dubbi di Aristone, ancona, 1990, 35, 81, 83 ss., 120 ss.; g. hanard,

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il richiamo al sostantivo greco da parte, prima, di Labeone e, successivamente, di aristone stato inteso nei modi pi disparati 10: infiniti dubbi suscita e ha suscitato la difficolt rappresentata dal fatto che laccezione greca comune di sunllagma, ravvisabile nelle non numerose testimonianze pervenuteci, sarebbe ben lontana da quella di Labeone; e altrettanto arduo parso il problema afferente al valore da attribuire a entrambi gli sconfinamenti terminologici 11, essendo incerto se essi abbiano avuto un mero valore formale, ovvero se sia possibile scorgere certuni contatti di natura sostanziale tra il pensiero della scientia iuris (augustea e traianea) da una parte, e, dallaltra, le elaborazioni teoriche operate da aristotele nel campo dei cd. sunallgmata o i riferimenti incidentali a questi ultimi da parte degli scrittori di lingua greca. in altre parole, pare imprescindibile, onde valutare correttamente i due passi della compilazione giustinianea sopraddetti, laffrontare (e il cercare di risolvere) la questione dellinfluenza esercitata dal cd. diritto greco (o, meglio, per quanto qui interessa maggiormente, dalla filosofia greca del diritto 12) sulle teorizzazioni della giurisprudenza romaLa cause dans les contrats: donnes romaines et codes civils franais et allemand, in RIDA, XLi (Suppl. 1), 1994, 115 s. 10 Cfr., paradigmaticamente, a. Biscardi, Quod Graeci, cit., 127 ss.; F. gallo, Synallagma, i, cit., 156 ss.; id., Synallagma, ii, cit., 90 ss.; M. talamanca, La tipicit, cit., 102. 11 Come noto, lo schiavone nega categoricamente che il richiamo possa liquidarsi a priori con la comoda spiegazione del gusto erudito e propende per una ridefinizione del termine sulla base del calco (cfr. a. schiavone, Studi, cit., 65) e, del pari, il Betti reputa che Labeone, filologo insigne e grammatico analogista abbia usato il termine greco secondo laccezione aristotelica allo scopo di chiarire il concetto di contractum (cfr. e. Betti, Sul valore, cit., 14 ss). 12 Prendendo in esame la controversa questione attinente alla utilit di servirsi di fonti di matrice filosofica nello studio dei diritti dellantichit, mi sembra duopo operare, a tal riguardo, una distinzione di carattere teleologico onde pervenire ad una soluzione soddisfacente del problema. se, infatti, lutilizzo della fonte filosofica (quale ad esempio lopera dello stesso aristotele) pu essere funzionale alla ricostruzione del diritto attico, come stato affermato, seppur in un contesto di ben pi ampio respiro, da r. Martini, Il mito del consenso nella dottrina del contratto, in Iura, XLii, 1991, 105, le minori conoscenze e le minori certezze che si hanno al riguardo impongono di procedere con molta cautela. siffatta cautela, invero, non credo giustifichi posizioni estreme come quelle assunte dal Wolff secondo il quale i testi aristotelici debbono essere considerati irrilevanti ai fini della conoscenza e della prassi e della teoria, assunto che lo stagirita non sarebbe che un filosofo del tutto disinteressato a questioni prettamente giuridiche: secondo lo studioso tedesco, infatti, il diritto greco sarebbe contraddistinto da una immanente dogmatik (cfr. h.J. Wolff, Griechische Rechtsgeschichte als Anliegene der Altertumwissenschaft und der Rechtswissenschaft, in Ellenike Anthropistike Etaireiai,

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na, posto che talune connessioni, pi o meno dirette, con la dottrina aristotelica sono state gi evidenziate dalla storiografia romanistica in diverse occasioni 13.Diethnes Kentron Anthropistikon Klassikon Eregnon, ii, 1970, 156 s.) e fondato su leggi e concetti dogmatici ben definiti, laddove il pensiero dei retori e dei filosofi sarebbe essenzialmente di carattere etico o politico piuttosto che giuridico, talch le nostre conoscenze con riguardo al diritto attico non potrebbero che avere quale fonte pressoch sola la pratica giudiziaria ricostruita grazie alle testimonianze oratorie (cfr., sul punto h.J. Wolff, Methodische Grundfragen der rechtsgeschichtlichen Verwendung attischer Gerichtsreden, in Atti del II Congresso Internazionale della Societ Italiana di Storia del Diritto, Firenze, 1969, 2 ss.; id., Rechtskunde und Rechtswissenschaft bei den Griechen, in Beitrge zur Rechtsgeschichte Altgriechenlands und des hellenisch-rmischen gypten, Weimar, 1961, 257; cfr., inoltre, per una critica allapproccio wolffiano, r. Martini, Diritti greci, siena, 2001, 71 ss.). radicalmente opposto pare invece il pensiero di a. schiavone, Studi, cit., 74, che giunge ad affermare, in relazione al libro V delletica nicomachea, che il filosofo vuole tentare una classificazione sufficientemente indicativa, anche se non completa dei rapporti umani regolati in qualche modo dal diritto, rappresentando ci un punto di partenza pur nella prospettiva che lo sorregge, da quello, assai pi delimitato e specifico di Labeone. in tema, non mi persuade, invero, quanto scrive alberto Maffi in relazione ai lavori di Lee (h.d.P. Lee, The Legal Background of Two Passages in the Nichomachean Ethics, in CQ, XXXi, 1937, 129 ss.) e di harrison (a.r.W. harrison, Aristotles Nichomachean Ethics, Book V, and the Law of Athens, in JHS, LXXVii, 1957, 42 ss.): secondo lautore per costoro competenza e interessi giuridici di aristotele sono fuori discussione (a. Maffi, Synallagma e obbligazioni in Aristotele. Spunti critici, in Atti del II Seminario Romanistico Gardesano, 12-14 giugno 1978, Milano, 1980, 27, nt. 21). a me risulta, infatti, che se Lee fermamente convinto che la teorizzazione aristotelica abbia dei saldi e precisi addentellati nel diritto vigente in nellatene del iV secolo a.C., harrison pensi che there is a tendency to read too much law in to what aristotle says e, affermando che the specific question i propose to ask is whether in n.e. V aristotle is basing at all closely on the substantive law of athens, continui risolutamente in questi termini: my conclusion is negative (cfr. a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 42). Ben altra, invece, appare la problematica (che in questo contributo si tenter di analizzare) concernente leventualit di un influsso, mediato o immediato, da parte di aristotele sul pensiero giuridico romano, problematica che, come risulta ovvio, non pu prescindere in alcun modo da uno studio approfondito e del testo aristotelico, a prescindere dalla sua corrispondenza col diritto attico, e di quelle altre fonti greche anteriori o successive che paiono averlo influenzato o esserne state influenzate (cfr., sul punto, paradigmaticamente, a. schiavone, Studi, cit., 74 ss.). 13 se, infatti, si sovente sottolineata la dipendenza di Ulpiano dalle fonti greche (cfr. r. Frezza, La cultura di Ulpiano, in SDHI, XXXiV, 1968, 363 ss.), si altres posto laccento su gaio, avvertendosi lanalogia tra la summa divisio delle obligationes e la classificazione aristotelica dei sunallgmata (cfr. e. Coing, Zum Einfluss der Philosophie des Aristoteles auf die Entwicklung des roemischen Recht, in ZSS, LXiX, 1952, 24 ss.; P. de Francisci, Sunllagma. Storia e dottrina dei cosiddetti contratti innominati, ii, Pavia, 1913, 499 ss.; g. grosso, Influenze aristoteliche nella sistemazione delle fonti delle obbligazioni nella giurisprudenza romana, in Colloquio italo-francese. La filosofia greca e il diritto romano, Roma 14-17 aprile 1973, Atti dellAccademia dei Lincei, i, roma, 1976, 139 ss.).

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in questa prospettiva, dunque, risalire dal diritto romano al concetto greco di sunllagma come affiora dallanalisi lessicale del sostantivo (nonch della voce verbale sunallssw), assume un ruolo di capitale importanza. e ci al fine di: 1) comprendere appieno le digressioni, cui sopra si faceva cenno, nella testimonianza di Labeone 14 e, in particolar modo, nel responso di aristone; 2) stabilire se possa individuarsi in tali riferimenti un qualche ascendente della nozione originaria di sunllagma, quale traspare, innanzitutto, dalla lettura di aristotele, senza per tralasciare, in secondo luogo, la comparazione di alcuni passi del quinto libro della sua etica nicomachea con altri testi in lingua greca (tratti, per essere pi precisi, da talune opere dello stesso stagirita, dal Corpus Demosthenicum, da opere storiche, dai dialoghi platonici, dalle tragedie attiche, nonch da talune testimonianze epigrafiche e papirologiche 15); 3) pervenire ad un accertamento della fedelt ada. Biscardi, La cultura greca di Labeone, in Rendiconti della Acc. Naz. dei Lincei (classe di Scienze morali storiche e filosofiche), iX serie, iii, 1992, 116, persuaso che Labeone abbia rinvenuto nella terminologia greca, in questo cos come in altri casi, solamente degli spunti per dar vita alle sue ingegnose elaborazioni dogmatiche, frutto di speculazioni esclusivamente attribuibili ad un giureconsulto romano, ossia ad un professionista del diritto, quali i greci non furono mai (ma vedi del medesimo autore le conclusioni cui perveniva nellarticolo Quod Graeci synallagma vocant, cit., 137 s.); cfr., inoltre, in piena adesione al pensiero del Biscardi, r. Martini, Il mito, cit., 105 s. sul punto va rammentato lo stesso g. grosso, Contractus e sunllagma nei giuristi romani, in Scritti in onore di Giuliano Bonfante, i, Brescia, 1976, 341 ss., secondo il quale non si pu pensare che Labeone attingesse direttamente ad aristotele in quanto questultimo allargava espressamente il sinallagma a quello che per i romani era il campo delle obbligazioni allapogeo della loro evoluzione, in una accezione tale da involgere addirittura le conseguenze dei contegni delittuosi, laddove Labeone restringeva il campo dei contratti, in un significato tecnico, alla reciprocit delle obbligazioni. Certo che la fonte labeoniana sia, senza alcuna mediazione, aristotele stesso a. schiavone, Studi, cit., 66 ss. e soprattutto 80 s., per il quale, dietro il generico richiamo al termine greco si celerebbero ben precisi ricordi di testi greci, noti ai lettori colti di Labeone il quale, ben lungi da impreziosire sterilmente la sua costruzione con citazioni dotte, avrebbe inteso fornire un sostegno epistemologico alla rifondazione teorica della nozione di contrahere, sostegno volto a chiarire loggetto dellanalisi svolta, mediante il contenuto semantico del lessema greco; e secondo lautore la povert di riferimenti al sunllagma nei documenti del secondo e del primo secolo, giustificata verosimilmente dalla fattura dotta del lessema, permette di far ritenere con ancor maggior sicurezza che Labeone abbia voluto alludere non ad una accezione comune della parola nelluso dei parlanti dellarea ellenistica ma ad una specifica posizione concettuale a lui ben presente: e tale accezione sarebbe quella ricavabile dal quinto libro delletica nicomachea di aristotele (cfr., con un pensiero ancora pi risoluto in questo senso, e. Betti, Sul valore, cit.,13). 15 Cfr., per unesaustiva elencazione delle fonti, a. Biscardi, Quod Graeci, cit., 135 ss., ntt. 37-50.14

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un eventuale modello greco dellaccezione o, meglio (a mio avviso) delle accezioni di sunllagma documentate dai giuristi romani 16; 4) constatare, pi precisamente, se limpiego aristoniano del vocabolo in questione debba porsi sulla scia lasciata dallelaborazione concettuale di Labeone, ovvero se il giurista traianeo abbia voluto indicare, rispetto al caposcuola proculiano, un quid aliud, piuttosto che un quid pluris 17. 2. La dottrina della giustizia universale nelletica nicomachea. il termine sunllagma, che tanto ammali i giureconsulti romani Labeone ed aristone (e tanto deve aver ammaliato i loro lettori), non trova nelle fonti greche, come facilmente riscontrabile, un impiego

Mi pare utile, gi da ora, ricordare che le posizioni degli studiosi che si sono pronunciati su questo punto specifico non hanno ancora raggiunto una communis opinio. se taluno si pronunciato nel senso che nei greci il termine non aveva di certo il significato specifico dato da Labeone e che quindi il giurista augusteo non volesse affatto richiamarsi ad un ben preciso concetto greco, ma rilevare una mera corrispondenza di carattere terminologico in un lessema cui intendeva dare una nuova e particolare accezione (cfr. sul punto, g. grosso, Contractus, cit., 344 ss.), altri hanno sostenuto, allopposto, che Labeone attingesse in via diretta dallo stesso aristotele (cfr. a. schiavone, Studi, cit., 80 ss.; e. Betti, Sul valore, 10 ss.); altri ancora (cfr. M. talamanca, La tipicit, cit., 102, nt. 260; F. gallo, Synallagma, ii, cit., 156 ss., ma vedi anche dello stesso, Eredit dei giuristi romani, cit., 35 s.) hanno sollecitato a pensare allesistenza di significati di cui non sono rimaste applicazioni nei testi greci pervenuti, cui Labeone avrebbe attinto per rinvenire la caratteristica del sunllagma nella bilateralit oggettiva. Quanto ad aristone, buona parte della dottrina romanistica fa del giurista traianeo una sorta di psicodipendente da Labeone, stregato dalla fascinosa malia del termine greco (mi servo dellaltrettanto fascinoso linguaggio di a. Mantello, I dubbi, cit., 122): di lunga data, infatti, lopinione secondo cui il pensiero di aristone, lungi dal poggiare direttamente su fonti greche, sia stato lo sviluppo della concettualizzazione labeoniana del contratto (cfr. a. Pernice, Zur Vertragsleher der romischen Juristen, in ZSS, iX, 1888, 249 ss.; e. Betti, Sul valore, cit., 142, a. schiavone, Studi, cit., 142; g. grosso Il sistema, cit., 51; a. Burdese, Osservazioni, cit., 137). il presente contributo, invero, tenter di riabilitare la figura del giurista, sottolineando come questultimo, ben conscio del pensiero di aristotele in materia, abbia voluto precisare, in critica a Labeone, quale fosse loriginaria accezione greca del vocabolo entro la teorizzazione della giustizia particolare formulata compiutamente nel quinto libro delletica nicomachea (cfr., sul punto, a. Mantello, I dubbi, cit., 124, nt. 175 e M. sargenti, Svolgimenti, cit., 32). 17 Fermo quanto scritto nella nota precedente, si sottolinea qui che la configurazione del sunllagma aristoniano in termini di sviluppo, mediante ampliamento o rettifica, non esclude comunque il rilievo di talune differenze rispetto al concetto teorizzato da Labeone (cfr. sul punto, F. gallo, Synallagma, i, cit., 100 e nt. 25).16

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alquanto frequente 18. Pertanto, lanalisi lessicale exo-aristotelica volta a definire la sfera semantica del sostantivo in esame (nonch della sua matrice verbale) non appare troppo ardua e, condotta agilmente sul pi celebre ed autorevole dei lessici compatti di greco antico 19, manifesta una polisemia che si esaurisce in un campo semantico ricco s di sfumature, ma ben determinabile e riconducibile ad una idea comune 20: quella di rapporti intercorrenti tra cittadini (o, se del caso, tra cittadini e sto, xnoi e metocoi 21) regolati dai nmoi della plij. Con riferimento specifico al verbo composto sunallttw affiorano, infatti, significati ricompresi, in senso ampio e generico, entro lidea ingressiva di instaurazione di un rapporto (massimamente di natura patrimoniale) 22 o entro quella iterativa di conduzione di una relazione interpersonale 23, finanche, in senso pi stretto, entro quella, forse pi antica, di riconciliazione, pacificazione, ricomposizione di interessi (come ci testimonierebbe la stessa formazione della voce verbale a tramite del preverbio sun-, indicante la convergenza, e del verbo llttw, foriero etimologicamente del concetto di alterit) 24.Cfr. a. Biscardi, Quod Graeci, cit., 135. h.g. Liddell - r.s. scott, A Greek-English Lexicon, oxford, 1966. 20 Cfr., in senso analogo al testo, a. schiavone, Studi, cit., 67. 21 Cfr., sul punto, r. Martini, Diritti greci, cit., 45 s. 22 dem., c. Onet. I, 12: ka mn d, ndrej dikasta, kken n pntej mologsaite, ti toioton prgma sunallttwn stison loit n trJ mllon felein khdest tn proka m podonai. 23 dem., in Timocr., 192-193: stin, ndrej 'Aqhnaoi, d edh per n esin o nmoi kat psaj tj pleij: n t mn stin, di n crmeq llloij ka18 19

sunallttomen ka per tn dwn cr poien diwrsmeqa ka zmen lwj t prj mj atoj, t d, n trpon de t koin tj plewj n kaston mn crsqai, n politeesqai bolhtai ka f kdesqai tj plewj. 24 Thucyd., 1.24.6-7: o d pelqntej met tn barbrwn lzonto toj n t plei kat te gn ka kat qlassan. o d n t plei ntej 'Epidmnioi peid pizonto, pmpousin j tn Krkuran prsbeij j mhtrpolin osan, demenoi m sfj periorn fqeiromnouj, ll toj te fegontaj xunallxai sfsi ka tn tn barbrwn plemon katalsai. Xenoph., Anab. 1.2.1: pe d dkei dh poreesqai at nw, tn mn prfasin poieto j Pisdaj boulmenoj kbalen pantpasin k tj craj: ka qrozei j p totouj t te barbarikn ka t `Ellhnikn. ntaqa ka paraggllei t te KlercJ labnti kein son n at strteuma ka t 'AristppJ sunallagnti prj toj okoi popmyai prj autn ece strteuma. Xenoph., Hell. 2.4.43: strJ d crnJ kosantej xnouj misqosqai toj 'Eleusni, strateusmenoi pandhme p atoj toj mn strathgoj atn ej lgouj lqntaj pkteinan, toj d lloij espmyantej toj flouj ka nagkaouj peisan sunallagnai. ka msantej rkouj mn mmnhsikaksein, ti ka nn mo te politeontai ka toj rkoij mmnei dmoj. Xenoph., de vect., 5.8.4 - 5.9.1: nn d ge di tn n t `Elldi taracn

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Quanto al sostantivo derivato, poi, si evidenziano nozioni che vanno da quella, genericissima, di negozio o incombente 25 a quella, maggiormente specifica, in quanto rilevante solo sotto il profilo economico, di affare 26, traffico commerciale o rapporto daffari 27, sino a quella di rapporto obbligatorio basato su un accordo 28.parapeptwknai moi doke t plei ste ka neu pnwn ka neu kindnwn ka neu dapnhj naktsqai toj Ellhnaj. sti mn gr peirsqai diallttein tj polemosaj prj lllaj pleij, sti d sunallttein, e tinej n ataj stasizousin. Plat., Leg. 929 e 9 - 930 a 5: n d nr ka gun mhdam sumfrwntai trpwn tucv crmenoi, dka mn ndraj tn nomofulkwn pimelesqai tn toiotwn e cren toj msouj, dka d tn per gmouj gunaikn satwj ka n mn d sunallttein dnwntai, tat' stw kria, n d' a yuca kumanwsin meiznwj atn, zhten kat dnamin otinej katrJ sunosousin. ekj d enai toj toiotouj m prvsin qesin. 25 dem., c. Onet. I, 19-21: g gr, ndrej dikasta, totwn kaston rmhn polln nanton martrwn, 'Ontora mn ka Timokrthn, e tinej een mrturej n nanton tn prok' pdosan, atn d' Afobon, e tinej parsan t' pelmbanen. ka moi pntej pekrnanto kaq' kaston, ti odej mrtuj pareh, komzoito d lambnwn kaq' posonon doit' Afoboj par' atn. katoi t toq' mn pistn, j talntou tj proikj oshj neu martrwn 'Ontwr ka Timokrthj 'AfbJ tosoton rgrion necerisan; m ti toton tn trpon, ll' od met polln martrwn podidoj ek tij n psteusen, n' e tij ggnoito diafor, komsasqai vdwj par' mn dnhtai. m gr ti prj toton toioton nta, ll' od prj llon od' n ej odna toioton sunllagma poiomenoj martrwj n praxen. 26 archyt., Fragmenta 3.11-14 (diels-Kranz, i, 322 ss.): stsin mn pausen, mnoian d axhsen logismj ereqej pleonexa te gr ok sti totou genomnou ka staj stin totwi gr per tn sunallagmtwn diallassmeqa. 27 aen. tact., Poliorcetica 5.1.1-7: peita pulwroj kaqestnai m toj tucntaj ll fronmouj ka gcnouj, ka m ponoen m dunamnouj e ti tn eskomizomnwn, ti d ka eprouj ka oj ncura n t plei prcei, tkna ka gunaka lgw, ll m otinej di' ndeian sunallagmtwn ngkhn di' llhn tin poran peisqeen p tinwn ato parakelesaien n tinaj p newterism. dem., in Timocr. 212-214: bolomai tonun mn kkeno dihgsasqai, fas pot' epen Slwna kathgoronta nmon tinj ok pitdeion qntoj. lgetai gr toj dikastaj atn epen, peid tlla kathgrhsen, ti nmoj stn psaij, j poj epen, taj plesin, n tij t nmisma diafqerV, qnaton tn zhman enai. perwtsaj d' e dkaioj atoj ka kalj cwn nmoj fanetai, peid fsai toj dikastj, epen ti atj getai rgrion mn nmism' enai tn dwn sunallagmtwn eneka toj ditaij erhmnon, toj d nmouj [goto] nmisma tj plewj enai. den d toj dikastj poll mllon, e tij tj plej sti nmisma, toto diafqerei ka parshmon esfrei, misen ka kolzein, e tij ken' tn diwtn stin.

28 Ci, naturalmente, non inficia in alcun modo quanto con giusta caparbiet ha sottolineato, in critica alle cd. vedute consensualistiche, r. Martini, Il mito, cit., 102 ss., secondo cui, per diritto attico, non lecito ritenere che il semplice accordo tra le parti sia stato di per s vincolante, anche se, come ben rimarca lautore che nel contratto ci sia stato in ogni epoca un accordo, unintesa ovvio e nessuno lo vuole negare (cfr., sul punto, h.J. Wolff, Debt and assumpsit in the light of comparative legal history, in Opuscula dispersa, amsterdam, 1974, 123 ss.). Cfr., nel senso indicato nel testo,

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a dispetto di tale assetto lessicale, aristotele nel quinto libro delletica nicomachea, ove egli espone esaustivamente la sua dottrina della giustizia 29, impiega il vocabolo sunllagma 30 attribuendogli una sfera semantica assai pi ampia (ma non, per questa sua estensione concettuale, contraddistinta da maggior genericit) 31 rispetto al pi comune utilizzo riscontrabile non gi solo nelle altre fonti greche, cui sopra si faceva cenno 32, ma addirittura in altre parti del corpus di scritti attribuiti allo stagirita stesso, ove pure prevale il senso di relazione convenzionale tra privati 33.dem., c. Apat. 12: podoqeisn d tn trikonta mnn p tn trpezan ka tn dka mnn t Parmnonti, nanton polln martrwn tj te suggrafj neilmeqa, kaq j danesqh t crmata, ka tn sunallagmtwn femen ka phllxamen lllouj, ste mte totJ prj m mt mo prj toton prgma enai mhdn. dion., Antiq. rom., 6.22: xiontwn d ote tn daneistn odn mtrion pomnein ote tn crewfeiletn poien odn dkaion, ll tn mn od toj tkouj finai, tn d mhd at t sunallgmata dialein. 29 Cfr., per una ampia panoramica in argomento, a. giuliani, La definizione aristotelica della giustizia, Perugia, 1971, passim, e r. Laurenti, Aristotele. Il libro della giustizia, Bari, 1978, passim, nonch B. Williams, Justice as a virtue, in A. Oksenberg-Rortye: Essays on Aristotles Ethics, 1980, passim; per una utilissima rassegna della terminologia etica di aristotele, segnalo U. Wolf, Aristoteles Nicomachische Ethik, darmstadt, 2002, 257 ss., che offre un quadro comparatistico delle principali versioni in lingue europee dei lemmi pi significativi riscontrabili nelletica nicomachea. 30 Cfr. E.N. 1103 b 14-16; E.N. 1130 b 35; E.N. 1131 a 1-2; E.N. 1131 b 30-31; E.N. 1178 a 11. 31 Cfr. C. despotopoulos, La notion de sunllagma chez Aristote, in Archives de philosophie du droit, XV, 1968, 115, che parla di un largissement un peu paradoxal du sens attach au mot, e a. Biscardi, Diritto greco, cit., 133, nonch s. Cataldi, Contributo alla storia del diritto creditizio. Symbolaia e Synallagmata in Aristotele, in Apollinaris, LiV, 1982, 194. 32 Cfr. a. Biscardi, Quod Graeci, cit., 136: la nozione di sunllagma nelletica nicomachea di aristotele si distacca programmaticamente dalla nozione comune e va inquadrata, per essere rettamente intesa, nella dottrina dellattivit pratica e della giustizia come espressione della virt, onde il modo di essere razionale di fronte agli impulsi dellanima sensitiva e vegetativa dato sempre dal giusto mezzo. Cfr., inoltre, sulla peculiarit della elaborazione concettuale operata da aristotele, nel forgiare il vocabolo secondo lamplissimo significato (di cui pi avanti si dir puntualmente), a. schiavone, Studi, cit., 74 s. 33 Rhet. 1354 b 22-29: di gr toto tj atj oshj meqdou per t dhmhgorik ka dikanik, ka kallonoj ka politikwtraj tj dhmhgorikj pragmateaj oshj tj per t sunallgmata, per mn kenhj odn lgousi, per d to dikzesqai pntej peirntai tecnologen, ti ttn sti pr rgou t xw to prgmatoj lgein n toj dhmhgorikoj ka ttn sti kakorgon dhmhgora dikologaj, ti kointeron. ntaqa mn gr kritj. Pol. 1300 b 18-35: loipn d tn trin t dikastikn epen. lhpton d ka totwn toj trpouj kat tn atn pqesin. sti d diafor tn dikasthrwn n trisn roij, x n te ka per n ka pj. lgw d x n mn, pteron

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tale dilatazione sembrerebbe giustificata, negli intenti del filosofo, dalla necessit di coprire in modo sinteticamente unitario il vasto campo della cd. giustizia correttiva, quale settore fondamentale della giustizia in senso particolare: comprendere appieno, dunque, il significato di sunllagma, cos come traspare, la prima volta, nel celeberrimo passo E.N. 1130 b 30 - 1131 a 9 34, implica una imprescindibilek pntwn k tinn: per n d, psa edh dikasthrwn: t d pj, pteron klrJ arsei. prton on diairesqw psa edh dikasthrwn. sti d tn riqmn kt, n mn equntikn, llo d e tj ti tn koinn dike, teron sa ej tn politean frei, ttarton ka rcousi ka ditaij sa per zhmisewn mfisbhtosin, pmpton t per tn dwn sunallagmtwn ka cntwn mgeqoj, ka par tata t te fonikn ka t xenikn (foniko mn on edh, n t n toj atoj dikastaj n t n lloij, per te tn k pronoaj ka per tn kouswn, ka sa mologetai mn, mfisbhtetai d per to dikaou, ttarton d sa toj fegousi fnou p kaqdJ pifretai, oon 'Aqnhsi lgetai ka t n Freatto dikastrion: sumbanei d t toiata n t pant crnJ lga ka n taj meglaij plesin: to d xeniko n mn xnoij prj xnouj, llo xnoij prj stoj), ti d par pnta tata per tn mikrn sunallagmtwn, sa dracmiaa ka pentdracma ka mikr pleonoj. de mn gr ka per totwn gnesqai krsin, ok mpptei d ej dikastn plqoj. Pol. 1317 b 17-30: totwn d pokeimnwn ka toiathj oshj tj rcj t toiata dhmotik: t aresqai tj rcj pntaj k pntwn, t rcein pntaj mn kstou kaston d n mrei pntwn, t klhrwtj enai tj rcj psaj sai m mpeiraj dontai ka tcnhj, t m p timmatoj mhqenj enai tj rcj ti mikrottou, t m dj tn atn rcein mhdeman ligkij lgaj xw tn kat plemon, t ligocronouj enai tj rcj psaj saj ndcetai, t dikzein pntaj ka k pntwn ka per pntwn, per tn plestwn ka tn megstwn ka tn kuriwttwn, oon per equnn ka politeaj ka tn dwn sunallagmtwn, t tn kklhsan kuran enai pntwn tn megstwn, rcn d mhdeman mhqenj ti ligstwn kuran. Pol. 1322 b 29-37: a mn on nagkaai pimleia esi per totwn, j epen sugkefalaiwsamnouj, per te t daimnia ka t polemik ka per tj prosdouj ka t naliskmena, ka per gorn ka per t stu ka limnaj ka tn cran, ti per t dikastria, ka sunallagmtwn nagrafj ka prxeij ka fulakj ka pilogismoj te ka xetseij ka proseuqnaj tn rcntwn, ka tloj a per t bouleumenn esi tn koinn. E.N. 1178 a 11-14: dkaia gr ka ndrea ka t lla t kat tj retj prj lllouj prttomen n sunallgmasi ka creaij ka prxesi pantoaij n te toj pqesi diathrontej t prpon kstJ. non mi pare, invece, che la perifrasi t poll tn sunallagmtwn faccia riferimento ai soli rapporti cd. volontari, in Rhet. 1376 b 7-14 ( gr sunqkh nmoj stn dioj ka kat mroj, ka a mn sunqkai o poiosi tn nmon krion, o d nmoi tj kat nmouj sunqkaj, ka lwj atj nmoj sunqkh tj stin, ste stij piste naire sunqkhn toj nmouj naire. ti d prttetai t poll tn sunallagmtwn ka t kosia kat sunqkaj, ste krwn gignomnwn nairetai prj lllouj crea tn nqrpwn. ka tlla d sa rmttei pipolj den stin). 34 E.N. 1130 b 30 - 1131 a 9: tj d kat mroj dikaiosnhj ka to kat atn dikaou n mn stin edoj t n taj dianomaj timj crhmtwn tn llwn sa merist toj koinwnosi tj politeaj (n totoij gr sti ka nison cein ka son teron trou), n d t n toj sunallgmasi diorqwtikn. totou d mrh do: tn gr sunallagmtwn t mn kosi sti t d kosia, kosia mn t toide oon prsij

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analisi del contesto entro cui questultimo brano si inserisce. in effetti, la nozione di sunllagma, nel vastissimo senso aristotelico trascendente il significante comune del termine, emerge nellesposizione del quinto libro solo in strettissima connessione con il campo concettuale della giustizia correttiva e, pertanto, solo in relazione ad essa (nonch in relazione alle pi ampie nozioni di giustizia universale e di giustizia particolare) pu compiutamente essere intesa 35. aristotele inizia il suo account con una basilare distinzione tra lidea di giustizia (dikaiosnh) e quella di ingiustizia (dika), secondo luso comune dei due termini 36: il filosofo parla in tal proposito di xij, ossia di un habitus, nel senso di disposizione o stato abituale, in contrapposizione ai concetti di dnamij e di pistmh 37; habitus che pu essere riconosciuto ed individuato nel suo essere sia dal suo opposto sia dalloggetto cui inerisce: pollkij mn on gnwrzetai nanta xij p tj nantaj, d a xai p tn pokeimnwn (E.N. 1129 a 17-19); quindi, poste tali premesse, procede alla presentazione della giustizia in senso assoluto o universale e di quella in senso particolare. La cosiddetta giustizia universale (che corrisponde, nella ricostruzione del filosofo, alla giustizia legale o normativa) sintomatica estrinsecazione della virt perfetta ( dikaiosnh, ci dice infatti lon daneismj ggh crsij parakataqkh msqwsij (kosia d lgetai, ti rc tn sunallagmtwn totwn kosioj), tn d kouswn t mn laqraa, oon klop moicea farmakea proagwgea doulapata dolofona yeudomartura, t d baia, oon aka desmj qnatoj rpag prwsij kakhgora prophlakismj.

35 Cfr., h.d.P. Lee, The Legal Background, cit., 129 e C. despotopoulos, La notion, cit., 116. 36 E.N. 1129 a 3-11: per d dikaiosnhj ka dikaj skepton, per poaj te tugcnousin osai prxeij, ka poa mesthj stn dikaiosnh, ka t dkaion tnwn mson. d skyij mn stw kat tn atn mqodon toj proeirhmnoij. rmen d pntaj tn toiathn xin boulomnouj lgein dikaiosnhn, f j praktiko tn dikawn es ka f j dikaiopragosi ka bolontai t dkaia: tn atn d trpon ka per dikaj, f j dikosi ka bolontai t dika. di ka mn prton j n tpJ pokesqw tata. Cfr., sul punto, a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 42. 37 Cfr., a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 42, che traduce lespressione con a tendency to feel and to act in a certain way; C. natali, Etica Nicomachea, roma-Bari, 1999, 171, invece, rende il vocabolo con stato abituale, mentre M. Zanatta, Etica Nicomachea, i, Milano, 1997, 321, parla di disposizione; r.a. gauthier - J.Y. Jolif, Lthique Nicomaque, ii.1, Louvain-Paris, 1959, 330 ss., traduce con tat habituel, mentre F. dirlmeier, Aristoteles. Nikomachische Ethik, Berlin, 1956, 399, preferisce la perifrasi feste grundhaltung.

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stagirita, ret mn sti telea) 38, ossia della compiutezza (o, rectius, della perfezione in senso etimologico) di ogni condotta virtuosa, non per da intendersi in senso assoluto (ll oc plj), ma unicamente nellambito dei rapporti interpersonali (ll prj teron) 39. tale corrispondenza, come ci testimonia E.N. 1129 b 11-27, viene conquistata in forza di una serrata concatenazione di argomenti di natura deduttiva che si scandisce premesso che giusto (dkaioj) chi si conforma al diritto ( d nmimoj) ed , di contro, ingiusto (dikoj) chi non lo ottempera ( parnomoj) nel sottolineare, con tre ordini di idee, sia che pu concepirsi in un certo qual modo giusto (pwj dkaia) ci che viene prescritto dal diritto positivo (t nmima) 40, sia che il complesso delle disposizioni che danno vita al diritto positivo (ora prescrivendo certu-

38 Cfr. h.d.P. Lee, The Legal Background, cit., 129, che fa corrispondere i seguenti concetti: Universal Justice, the whole of virtue, perfect citizenship; cfr., inoltre, sullemergere dellidea di giustizia, g. Pasquali, La scoperta dei concetti etici nella Grecia antichissima, in Pagine meno stravaganti, Firenze, 1935, 75 ss.; C. del grande, La Grecia antichissima, i moniti e i concetti etici, in Filologia minore, napoli, 1956, 1 ss., nonch sui rapporti tra filosofia del diritto e morale in aristotele, h. hamburger, Moral and the Law. The growth of Aristotles legal theory, new haven, 1951, passim. 39 giustizia legale e virt perfetta (ret telea), in altri termini, specificano una medesima disposizione e in forza di ci sono tra di loro corrispondenti; tuttavia, la virt viene definita interamente dallessere una disposizione, laddove la giustizia esige che la disposizione si contraddistingua, quanto alla propria essenza, nei rapporti con gli altri (e ci, ovviamente, nellambito della politik koinwna). Vero , infatti, che lanalisi condotta da aristotele appartiene chiaramente a quel tipo di riflessione sulla societ che, pur non assurgendo ad autonoma teoria generale del diritto, vuole, comunque, offrire un quadro delle formazioni socio-giuridiche della realt contingente, con precipuo interesse per le relazioni interumane: cfr., in questi termini, a. schiavone, Studi, cit., 74; cfr., inoltre, C. despotopoulos, La notion, cit., 116 s. secondo cui la naissance de synallagmata est lie avec la nature mme de la socit politique; cfr., infine, sul punto, W.d. ross, Aristotele, trad. it., Milano, 1971, 280 s.; F. dirlmeier, Aristoteles, cit., 401 s., nonch a. Maffi, Synallagma, cit., 15 s. 40 non mi convince lidea espressa da C. natali, Etica, cit., 487, nt. 406 e 488, nt. 412, secondo cui il riferimento sarebbe alla legge morale o legge da intendere in senso ampio: reputo infatti che sia implicito il riferimento al potere normativo dellassemblea che poneva in essere regole di condotta vincolanti o nella forma di nmoj o in quella di yfisma (cfr., in tema, h. Lipsius, Das attische Recht und Rechtsverfahren, ii.1, Leipzig, 1908, 390, nonch J.W. Jones, The Law and Legal Theories of the Greeks, oxford, 1956, 126 ss.). daltronde, non mi pare trovare alcun appiglio testuale, come ha puntualmente dimostrato a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 43 s., la equiparazione tra all forms of wrongdoing which rendered the agent liable to the public penal law e lh dika operata da h.h. Joachim, Aristotle. The Nicomachean Ethics. A Commentary, oxford, 1951, 130 ss.

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ne condotte, t mn kelewn, ora vietandone altre, t d pagorewn 41)41 aristotele, paradigmaticamente, individua nel brano una serie di prescrizioni di carattere negativo. anzitutto, luomo che intenda essere (o meglio intenda apparire) tale ( ndreoj), luomo, cio, che in conformit al modello proposto aspiri alla gloria duratura se non immortale (kloj fqion) e allonore (tim), e che voglia dalla comunit un riconoscimento della sua ret (o, negativamente, che non voglia assumere la qualifica di timoj) non deve abbandonare lesercito schierato in battaglia, non deve disertare, non deve gettare le armi sul campo (cfr., per una panoramica sullancor ora poco studiato diritto militare, t. thalheim, Das attische militrstrafgesetz und Lysias 14, 7, in NJ, CXV, 1877, 269 ss.; F.J.F. nieto, Los reglamentos militares griegos y la justicia castrense en epoca hellenistica, in Symposion, Xi, 1995, 221 ss.; M. Bertazzoli, Tribunali militari in Atene?, in Aevum, LXXV, 2001, 57 ss.; e. rosenberg, ber das attische militrstrafgesetz, in Philol., XXiV, 1876, 65 ss.); come ben ha sottolineato e.r. dodds, The Greek and the Irrational, 1951, passim, in contrapposizione alle guilt cultures la greca shame culture impone dei prototipi (quali appunto quello delluomo ndreoj) cui ci si deve adeguare per non essere esposti alla riprovazione sociale e, altres, alla espulsione dalla societ stessa; in tale contesto, dunque, assume capitale rilevanza il sentimento delladj ossia della vergogna, del disagio dinanzi agli altri uomini e, quindi, il rispetto del modello imposto, la soggezione alle prescrizioni prima solo sociali poi, in certuni casi, giuridicamente rilevanti. Come con magistrale capacit di sintesi e acutezza senza pari ha messo in luce B. snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, torino, 2002, 242 s. (trad. it. delloriginale Die Entdeckung des Geistes. Studien zur Entstehung des europaischen Denkes bei den Griechen, hamburg, 1963), ladj in origine il sentimento che si prova dinanzi al sacro, e impronta religiosa ha in omero il rispetto per i genitori, per il re, ma anche per il mendicante, e per colui che chiede protezione: questi certo non hanno diritti, ma stanno sotto la protezione della divinit. significa per anche il rispetto per i propri pari, perde quindi in questo caso il suo carattere religioso ed entra gi nella sfera delle forme sociali di cortesia. Poich lonore ha tanta importanza per la vita morale, il rispetto di questo onore, cio ladj, diventa un possente sostegno nella costituzione della societ civile primitiva, su questo sentimento che si fonda lautorit e la gerarchia della societ il cui ordine ritenuto sacro, perch stabilito dagli dei, come dicono i miti che narrano del sorgere e del formarsi delle istituzioni esistenti. La seconda serie esemplificativa di divieti prende, invece, come modello luomo assennato ed accorto ( sfrwn), ossia luomo che sa swfronen, cio esssere di mente sana (come ci attesta, chiaramente, letimologia del verbo: cfr. e. schwarz, Die Ethik der Griechen, stuttfart, 1957, 54 ss.), luomo cio che, frenando i propri pqh, ovverosia gli istinti e le passioni, non commette moicea n agisce con brij, laddove, quanto alla terze serie, luomo mite ( proj) non deve ledere alcuno n per vie di fatto n con ingiuria verbale. alcune precisazioni, detto questo, mi paiono opportune, se non necessarie. Quanto al crimine di moicea, va puntualizzato che, giusta la peculiare organizzazione della famiglia ateniese, qualsivoglia rapporto sessuale intercorso tra uomo e donna che non fosse prostituta, al di fuori del matrimonio o del concubinato, configurava moicea; pertanto, non solo quando si avesse consumato con donna sposata, ma anche nellipotesi di relazioni sessuali con la madre, la sorella o la figlia di un altro soggetto (anzi, anche con la concubina con cui il convivente intendesse avere figli, come sottolinea, r. Martini, Diritti greci, cit., 86) venivano integrati gli estremi di tale fattispecie (che, pertanto, solo con estrema approssimazione pu tradursi adulterio); la gravit della moicea era tale, comunque, che qualora questultima fosse stata posta in essere allinterno di un okoj, era lecito uccidere impunemente lo stesso moicj (cfr., sul punto, e. Cantarella, Moicheia e omicidio legittimo in diritto attico, in Labeo, XViii, 1972, 78 ss.;

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si esprime in merito ad ogni ambito della vita di relazione delluomo,id., Moicheia. Reconsidering a problem, in Symposion, Viii, 1990, 289 ss.; C. Carey, Rape and adultery in Athenian law, in CQ, XLV, 1995, 407 ss.; d. Cohen, The Athenian law of adultery, in RIDA, XXi, 1984, 147 ss.; id., A note on Aristophanes and the punishment of adultery in Athenian law, in ZSS, Cii, 1985, 385 ss.; id., The social context of adultery at Athens, in Nomos. Essays in Athenian law, politics and society, a cura di P. Cartledge, P. Millett, s. todd., Cambridge, 1990, 147 ss.; K. Kapparis, When were the Athenian adultery laws introduced?, in RIDA, XLii, 1995, 97 ss.; U.e. Paoli, Il reato di adulterio (moicheia) in diritto attico, in SDHI, XVi, 1950, 123 ss.; id., La legislazione sulladulterio nel diritto di Gortine, in Studi in onore di G. Funaioli, roma, 1955, 306 ss.; W. schmitz, Der nomos moicheias - Das athenische Gesetz ber den Ehebruch, in Zss, CXiV, 1997, 45 ss.). Venendo al concetto di brij, i problemi si fanno ancora pi delicati e, a mio dire, affascinanti: secondo la dottrina meno recente, questa figura si risolveva, essenzialmente, in una condotta offensiva nei confronti della divinit, ossia integrava un illecito di natura religiosa con cui luomo, dimentico della sua natura mortale osava con tracotanza sfidare gli dei (cfr., ex plurimis, C. del grande, Hybris, napoli, 1947, passim); linterpretazione laica invece identifica la brij con qualsivoglia contegno idoneo ad integrare una violenza personale particolarmente tracotante ed ingiuriosa (perseguibile gi con dkh ikaj, ovvero con graf sebeaj: cfr., di demostene, le orazioni contra Cononem e contra Midiam), tale tuttavia da integrare solo un illecito di tipo prettamente sociale, lesivo dellonore altrui (n.r.e Fisher, Hybris and Dishonour, in Greece & Rome, XXiii, 1976, 177 ss.; id., La legge sulla hybris ad Atene, in AION (archeol.), iX, 1987, 99 ss.; id., The law of hybris in Athens, in Nomos, cit., 123 ss.; id., Hybris. A study in the values of honour and shame in ancient Greece, Warminster, 1992, passim; d.M. Macdowell, Hybris in Athens, in Greece & Rome, XXiii, 1976, 14 ss.); demostene, invero, nellorazione contro Midia (g.o. rowe, The Many Facets of Hybris in Demosthenes Against Meidias, in AJPh, CXiV, 1993, 397 ss.; e. ruschenbusch, Hybreos Graphe: Ein Fremdkorper in athenischen Recht des 4. Jahrhunderts v. Chr., in ZSS, LXXXii, 1965, 302 ss.) cita in proposito una legge la quale, tuttavia, non fornisce la nozione di brij, ma dettando regole piuttosto generiche, individua i magistrati competenti e le fasi del procedimento per graf brewj: si potrebbe pensare, pertanto, a mio avviso, non a un semplice contegno socialmente riprovevole ma a un vero e proprio reato che si differenzierebbe dallaka sotto il profilo dellelemento soggettivo (cfr., sul punto, r. Martini, Diritti greci, cit., 92; vedi, inoltre: o. Murray, La legge soloniana sulla hybris, in AION (archeol.), iX, 1987, 117 ss.; id., The Solonian law of hybris, in Nomos, cit., 139 ss.; M. gagarin, The Athenian law against hybris, in Arktouros. Hellenic studies presented to B.M.W. Knox, a cura di g.W. Bowersock, W. Burkert, M.C.J. Putnam, Berlin - newYork, 1979, 229 ss.; e. Cantarella, Spunti di reflessione critica su hybris e time in Omero, in Symposion, iV, 1979, 83 ss.). Venendo al divieto generico di tptein, esso sembra, sotto il profilo giuridico, riconnettersi al delitto di percosse contro cui era esperibile la gi menzionata dkh ikaj (nonch, io credo, allipotesi di prwsij ovvero di trama k prnoiaj: cfr. r. Martini, Diritti greci, cit., 87 s.; M. Mhl, Eine alte hellenische Gesetzesformel. Zur Gesichte der dike aikeias, in Klio, XXXi, 1936, 113 ss.); quanto a quello di kakhgoren, il riferimento , inequivocabilmente, allingiuria verbale di cui abbiamo testimonianza in Lys., c. Theomn. I, 10.6, se non anche a quella di prophlakismj (cfr., in dottrina, a. Biscardi, Diritto greco, cit., 371 s.; r. Martini, Diritti greci, cit., 88 s.; h.F. hitzig, Iniuria. Beitrge zur Geschichte der Iniuria im griechischen und rmischen Recht, Mnich, 1899, passim; e. szanto, Die Verbalinjurie im attischen Process, in WS, Xiii, 1891, 159 ss., (riedito in Ausgewhlte Abhandlungen, tbingen, 1906, 103 ss.).

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sia, infine, che i contegni che debbono essere mantenuti da questultimo, sulla base delle prescrizioni di diritto, corrispondono al contenuto positivo delle specifiche e singole virt. anzi la giustizia universale, cos intesa, in s assomma, a detta dello stagirita, tutte le virt ed essa stessa, cos, pare essere kratsth tn retn e, di conseguenza, non semplicemente parte della virt (o mroj retj), bens virt totale (lh ret) 42: E.N. 1129 b 11-27: pe d parnomoj dikoj n d nmimojdkaioj, dlon ti pnta t nmim st pwj dkaia: t te gr rismna p tj nomoqetikj nmim sti, ka kaston totwn dkaion ena famen. o d nmoi goreousi per pntwn, stocazmenoi to koin sumfrontoj psin toj rstoij toj kuroij [kat retn] kat llon tin trpon toioton: ste na mn trpon dkaia lgomen t poihtik kafulaktik edaimonaj ka tn morwn atj t politik koinwnv. prostttei d nmoj ka t to ndreou rga poien, oon m lepein tn txin mhd fegein mhd ipten t pla, ka t to sfronoj, oon m moiceein mhd brzein, ka t to prou, oon m tptein mhd kakhgoren, mowj d ka kat tj llaj retj ka mocqhraj t mn kelewn t d pagorewn, rqj mn kemenoj rqj, ceron d pescediasmnoj. ath mn on dikaiosnh ret mn sti telea, ll oc plj ll prj teron. ka di toto pollkij kratsth tn retn enai doke dikaiosnh 43.

Limportanza fondamentale di considerare la giustizia nel suo essere prj teron viene ribadita con vivace insistenza da aristotele anche42 M. Zanatta, Etica, i, cit., 533 s.: ci che la legge comanda (o proibisce) in ogni circostanza, corrisponde al contenuto dei singoli atti di virt: quello che comanda nella circostanza della guerra sono le azioni proprie della virt del coraggio, quello che comanda riguardo ai piaceri ed alle passioni sono atti propri della virt della moderazione, e cos di seguito. nella giustizia legale si assommano dunque tutte le virt. Viste, a questo livello, come definienti la perfezione del singolo uomo, epperci come specificanti la sua felicit. 43 il passo prosegue con una nota kantianamente poetica, affermandosi che neppure la stella della sera n quella del mattino sono tanto meravigliose quanto la giustizia cos intesa e che essa stessa virt perfetta perch chi la possiede in grado di avvalersene verso gli altri e non sono a proprio vantaggio (E.N. 1129 b 27-34: ka oq speroj oq oj otw qaumastj: ka paroimiazmeno famen n d dikaiosnV sullbdhn ps ret ni. ka telea mlista ret, ti tj teleaj retj crsj stin. telea d stn, ti cwn atn ka prj teron dnatai t ret crsqai, ll o mnon kaq atn).

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nel prosieguo del discorso: egli, anzi, individua proprio in tale connotato il solo sostanziale discrimen con lret e parla, con inequivocabile chiarezza, della dikaiosnh come di un lltrion gaqn, cio di un bene che trova la sua ragione di essere solo nellestrinsecarsi obiettivamente, entro lambito naturale della politik koinwna (e, pertanto, entro la complessa rete dei rapporti in essa esistenti), nellllJ t sumfronta 44, cio nel perseguimento dellaltrui utilit: E.N. 1130 a 3-14: di d t at toto ka lltrion gaqn dokeenai dikaiosnh mnh tn retn, ti prj tern stin: llJ gr t sumfronta prttei, rconti koinwn. kkistoj mn on ka prj atn ka prj toj flouj crmenoj t mocqhrv, ristoj d oc prj atn t ret ll prj teron: toto gr rgon calepn. ath mn on dikaiosnh o mroj retj ll lh ret stin, od nanta dika mroj kakaj ll lh kaka. t d diafrei ret ka dikaiosnh ath, dlon k tn erhmnwn: sti mn gr at, t d enai o t at, ll mn prj teron, dikaiosnh, d toide xij plj, ret.44 se non mi inganno, mi pare di scorgere sia in questo riferimento al bene (gaqn) sia nellequazione giustizia-virt (dikaiosnh-ret), anzitutto, un richiamo al pensiero di solone (prima ancora che a quello di socrate); questi nelle sue elegie di carattere esortativo (a differenza di tirteo e di Callino che concepiscono lret in senso esclusivamente militare, o di senofane che predilige invece la vera saggezza contro lapparenza delle impressioni), difendendo lordine e lequilibrio nello stato, convinto che la grandezza raggiunta con lingiustizia sia inesorabilmente destinata a cadere, che, pertanto, solo la giustizia come bene sia ci che veramente dura, e che esercitare questultima costituisca la massima ret; solone , cio, mosso dallidea che ciascuno debba avere ci che gli spetta (in senso distributivo, quindi, oltre che commutativo) nonch da un vitale senso del diritto seppur legato ancora indissolubilmente alla religione inteso come qualcosa di duraturo e di superiore alluomo stesso: idea questa che, come ha ben rimarcato B. snell, La cultura, cit., 253, risorse nello stato attico del V secolo e venne approfondita nel senso che il singolo apprese a sentirsi responsabile delle proprie azioni (cfr., senza pretese di esaustivit, sulla figura di solone, sul suo pensiero intorno alla giustizia e sulle sue riforme, h.h. holz, Die solonische Gesetzgebung: Politik und Rechtsphilosophie bei der Formung der athenischen Demokratie, in Philosophie des Rechts und das Recht der Philosophie. Festschrift fr Hermann Klenner, Frankfurt, 1992, XVi, 103 ss.; J. Lewis, Dike, moira, bios and the limits to understanding in Solon, 13 West, in Dike, iV, 2001, 113 ss.; a. Masaracchia, Solone, Firenze, 1958, passim; P. oliva, Gesetze Solons und die athenische Polis, in Listy Filologicke, CVi, 1983, 65 ss.; J.a. almeida, Justice as an aspect of the polis idea in Solons political poems. A reading of the fragments in light of the researches of new classical archaeology, in Mnemosyne Suppl., CCXLiii, 2003, passim; g. Vlastos, Solonian justice, in CPh, XLVi, 1946, 65 ss.).

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3. Giustizia correttiva e sunallgmata in Aristotele. Prendendo in considerazione, ora, la giustizia da intendersi in senso particolare 45 (tn n mrei retj dikaiosnhn), anzitutto non pu non rammentarsi che essa attiene, al pari di quella universale o normativa tout court, alle relazioni intercorrenti tra individui, e si determina allorquando tra i soggetti implicati in un determinato rapporto (pi precisamente un rapporto rilevante sotto il profilo patrimoniale 46), venga ristabilito lequilibrio (e quindi uguaglianza 47, ovviamente in senso relativo e non assoluto), laddove v chiaramente ingiustizia nellipotesi in cui una delle parti di detto rapporto agisca in modo tale da determinare la permanenza di uno sbilanciamento, arricchendosi ingiustamente, o meglio, nella prospettiva giusgrecistica 48, cagionando un danno economicamente misurabile (blbh) alla controparte. Questo mi pare, nel complesso, il senso da attribuire a certuni passi contenuti nel quinto libro che, nella dottrina aristotelica del dkaion e della dika involgono, espressamente, i concetti di son, pleonexa e krdoj. dunque, aristotele, dopo aver riscontrato che giustizia ed ingiustizia possono assumere diversi significati, parte, avvalendosi del cd.45 La maggior parte dei commentatori intende nel senso di relativa ad un campo particolare (C. natali, Etica, cit., 488, nt. 420): cfr., in tal proposito, J.a. stewart, Notes on the Nichomachean Ethics of Aristotle, i, oxford, 1982, 403, e J. Burnet, The Ethics of Aristotle, London, 1900, 210 s.; anzitutto va, a riguardo, rammentato che in un primo momento aristotele (E.N. 1129 a 27) parla di omonimia, poi in E.N. 1130 a 33 definisce le due giustizie in parola synonima (ossia realt aventi lo stesso nome e la stessa definizione), laddove in E.N. 1130 a 22-23 afferma che luna parte dellaltra. secondo Michele di efeso e lanonimo (Eustratii et Michelii et anonima in Ethica Nicomachea commentaria, g. reimer, Berolini, 1892, 10 e 35) deve essere preferita la distinzione tra le due come genere e specie e, similmente, h. Bonitz, Index Aristotelicus, g. reimer, Berolini, 1831, 514 a 47, reputa che la vera relazione sia quella di sinonimia, giacch luna parte dellaltra, e species e genus sono sinonimi. 46 Cfr. a. Maffi, Synallagma, cit., 13 ss. 47 questa la traduzione di t son proposta da M. Zanatta, Etica, i, cit., 529: il termine per ambiguo e pertanto mi sembra preferibile limpiego di equilibrio. 48 Cfr. L. gernet, Droit et socit dans la Grce ancienne, Paris, 1955, 80 s., secondo cui lidea di blbh a rappresentare la spinta propulsiva del diritto delle obbligazioni: la notion passive de lobligation domine et absorbe la notion active; cfr., inoltre, h.J. Wolff, La structure de lobligation contractuelle en droit grec, in RHD, XLiV, 1966, 574: le droit grec ne pouvant pas considrer la simple rupture dune promesse comme une cause de responsabilit, devait chercher un autre point dpart pour tablir le fondement de la responsabilit dun dbiteur nayant pas respect les termes dun contracte. il la trouv dans le droit dlictuel, plus prcisment dans lide de blabe.

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criterio dei contrari 49, dall ndoxon (ossia dalla comune opinione) secondo cui, come gi si rilevava in parte poco sopra, dikoj, ingiusto, non solo chi viola la legge ( te parnomoj), ma anche chi si determina in modo tale da conseguire un bene maggiore di quello che gli spetta ( pleonkthj ka nisoj), prima di pervenire alla gi cennata distinzione tra la giustizia concepita come conformit al diritto positivo tout court, e la giustizia intesa, quale parte di quella normativa, come sostanziale equilibrio inter partes 50: E.N. 1129 a 31 - b 11: elfqw d dikoj posacj lgetai. doked te parnomoj dikoj enai ka pleonkthj ka nisoj, ste dlon ti ka [] dkaioj stai te nmimoj ka soj. t mn dkaion ra t nmimon ka t son, t d dikon t parnomon ka t nison. pe d pleonkthj dikoj, per tgaq stai, o pnta, ll per sa etuca ka tuca, st mn plj e gaq, tin d ok e. o d nqrwpoi tata econtai ka dikousin: de d o, ll ecesqai mn t plj gaq ka atoj gaq enai, aresqai d t atoj gaq. d dikoj ok e t plon aretai, ll ka t latton p tn plj kakn: ll ti doke ka t meon kakn gaqn pwj enai, to d gaqo stn pleonexa, di toto doke pleonkthj enai. sti d nisoj: toto gr pericei ka koinn.

ebbene, secondo aristotele ingiusto kat mroj colui che pu esser definito pleonkthj ka nisoj: tale circonlocuzione, a mio avviso, si risolve in una endiadi (pi che, come taluno ha proposto, in un nesso sinonimico), la quale individua in modo preciso colui che, nellambito di un rapporto intersoggettivo avente rilevanza patrimoniale, si arricchisce a spese della controparte (ovvero ottiene pi di quanto merita), configurandosi cos, come ovvio, uno sbilanciamento relazionaleCfr. M. Zanatta, Etica, i, cit., 529. Cfr. E.N. 1130 b 6-18: ti mn on esn a dikaiosnai pleouj, ka ti sti tij ka tra par tn lhn retn, dlon tj d ka poa tij, lhpton. diristai d t dikon t te parnomon ka t nison t d dkaion t te nmimon ka t son. kat mn on t parnomon prteron erhmnh dika stn. pe d t nison ka t parnomon o tatn ll' teron j mroj prj lon (t mn gr nison pan parnomon, t d parnomon oc pan nison), ka t dikon ka dika o tat ll' tera kenwn, t mn j mrh t d' j la mroj gr ath dika tj lhj dikaj, mowj d ka dikaiosnh tj dikaiosnhj. ste ka per tj n mrei dikaiosnhj ka per tj n mrei dikaj lekton, ka to dikaou ka dkou satwj.49 50

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(innanzitutto da correggere oppure, se del caso, da ovviare mediante redistribuzione dei beni), nel senso che si determina per luna parte solo zhma, cio impoverimento, e per laltra solo krdoj vale a dire locupletamento non giustificato 51. secondo aristotele, infatti, lo scopo di lucro il shmeon, il segno distintivo, della dika kat mroj, ovverosia, di quella ingiustizia da intendere come diversa da quella generale (llh tij dika) in quanto relativa ad un campo specifico e particolare di essa (j mroj tj lhj), talch sussisterebbe un dikn ti n mrei to lou dkou to par tn nmon (cos come, del resto, la giustizia particolare n mrei retj, cio parte della giustizia normativa quale virt in senso totale ed assoluto); scopo che, come ovvio, si deve concretare materialmente in unazione a danno di altri, come ben si ricava dalla lettura del seguente brano: E.N. 1130 a 14-32: Zhtomen d ge tn n mrei retj dikaiosnhn: sti gr tij, j famn. mowj d ka per dikaj tj kat mroj. shmeon d ti stin: kat mn gr tj llaj mocqhraj nergn dike mn, pleonekte d odn, oon yaj tn spda di deilan kakj epn di calepthta o bohqsaj crmasi di neleuqeran: tan d pleonekt, pollkij kat odeman tn toiotwn, ll mn od kat psaj, kat ponhran d ge tin (ygomen gr) ka kat dikan. stin r llh tij dika j mroj tj lhj, ka dikn ti n mrei to lou dkou to par tn nmon. ti e mn tokerdanein neka moiceei ka proslambnwn, d prostiqej ka zhmiomenoj di piquman, otoj mn klastoj dxeien n enai mllon pleonkthj, kenoj d dikoj, klastoj d o: dlon ra ti di t kerdanein. ti per mn tlla pnta dikmata gnetai panafor p tina mocqhran e, oon e moceusen, p kolasan,51 M. Zanatta, Etica, i, cit., 531, traduce pleonkthj con colui che desidera avere pi di quanto gli spetta e rende nisoj con colui che non rispetta luguaglianza; non mi pare adeguata al contesto la resa di C. natali, Etica, cit., 487, nt. 407, che traduce lendiadi con chi non rispetta lequit e vuole pi di quanto gli spetti, specificando che le coppie nisoj-soj t nison-son, valgono nel senso di onesto/disonesto; a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 42, traduce the grasping and unfair man, e nella versione di F. dirlmeier, Aristoteles, cit., 400, soj viene reso con der die brgerliche gleichheit achtet, e nisoj con der die brgerliche gleichheit missachtet, laddove pleonkthj der die gleich mssige Verteilung der gter missachtet; r.a. gauthier - J.Y. Jolif, Lthique, ii.1, cit., 334, rende il primo vocabolo con qui sauveguarde legalit, e pleonkthj ka nisoj (come nesso sinonimico) con cupide.

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e gkatlipe tn parastthn, p deilan, e ptaxen, p rgn: e d krdanen, p odeman mocqhran ll p dikan.

secondo il filosofo, pertanto, elemento sintomatico dellesistenza della ingiustizia particolare nei rapporti patrimonialmente rilevanti il fatto che una parte si determini a pleonekten, ossia persegua, indebitamente, il fine di arricchirsi e che con la sua condotta direi, esclusivamente omissiva comporti la concreta rottura dellson e della mesthj ossia dellequilibrio e della mediet, in cui si sostanzia la giustizia, come ci testimonia, nel sopravvisto passo, luso del verbo proslambnw (che indica, appunto, il conseguimento dello scopo prefissato, ovverosia la realizzazione di un guadagno effettivo) 52. esiste infatti, a detta di aristotele, un tipo di comportamento, riscontrabile nei rapporti interumani, non conforme alla virt, e pertanto vizioso, che consiste nel cercare di avere pi del dovuto; sono, dunque, la bramosia di ricchezza e lintento di trarre senza giusta causa un profitto che assurgono a movente principe dellazione ingiusta in senso particolare (movente che contraddistingue la stessa azione di una negativit morale che ben diversa da quella che la medesima condotta avrebbe qualora fosse compiuta per altre ragioni).52 aristotele ci dice, trattando della cosiddetta giustizia distributiva (ma in un contesto generale, attinente pure alla giustizia correttiva), che se ingiustizia significa rottura dellequilibrio e giustizia, invece, significa mantenimento o ristabilimento dellequilibrio, posto che in ogni azione vi un pi e un meno, allora lequilibrio star tra questo pi e questo meno, quale giusto mezzo tra i due poli (E.N. 1131 a 10-14: pe d t dikoj nisoj ka t dikon nison, dlon ti ka mson ti sti to nsou. toto d st t son: n pov gr prxei sti t plon ka t latton, sti ka t son. e on t dikon nison, t dkaion son: per ka neu lgou doke psin. pe d t son mson, t dkaion mson ti n eh). La concezione aristotelica della giustizia particolare (correttiva e distributiva) come mediet e della ingiustizia come violazione della proporzione viene altres ben rappresentata dal seguente passo: E.N. 1133 b 29 - 1134 a 10: t mn on t dikon ka t t dkain stin, erhtai. diwrismnwn d totwn dlon ti dikaiopraga mson st to diken ka dikesqai: t mn gr plon cein t d lattn stin. d dikaiosnh mesthj tj stin, o tn atn d trpon taj llaij retaj, ll ti msou stn: d dika tn krwn. ka mn dikaiosnh st kaq n dkaioj lgetai praktikj kat proaresin to dikaou, ka dianemhtikj ka at

prj llon ka trJ prj teron oc otwj ste to mn areto plon at latton d t plhson, to blabero d npalin, ll to sou to kat nalogan, mowj d ka llJ prj llon. d dika tonanton to dkou. toto d stn perbol ka lleiyij to felmou blabero par t nlogon. di perbol ka lleiyij dika, ti perbolj ka lleyej stin, f ato mn perbolj mn to plj felmou, lleyewj d to blabero.

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La giustizia e lingiustizia sono per, coma sopra si rilevava, xeij ossia disposizioni e non potenze (dunmeij) o scienze (pistmai): esse debbono, pertanto, manifestarsi nel mondo fenomenico, attenendo, come pi volte si avuto modo di ribadire, alla sfera delle relazioni intersoggettive: donde la necessit asserita dal filosofo che, affinch si possa parlare di ingiustizia nel senso di dika j mroj tj lhj retj, si configuri una condotta materiale to kerdanein neka e che tale condotta procuri un indebito arricchimento, da una parte, e, dallaltra, una zema che si concreti sostanzialmente in una blbh 53: solamente se un soggetto ha tratto realmente profitto (e d krdanen) a danno dellaltro, si autorizzati a far riferimento non genericamente ad un semplice vizio (p odeman mocqhran), bens al concetto di ingiustizia (p dikan), ovviamente nel senso particolare del termine.53 il concetto di blbh, secondo s.C. todd, The Shape of Athenian Law, oxford, 1993, 366 is broad, and seems to have covered any physical or material loss suffered by the plaintiff as a result of action or inaction on the part of the defendant. secondo h.J. Wolff, The dike blabes in Dem. 55, in AJP, LXiV, 1943, 316 ss., la dkh blbhj non rappresentava una singola azione ma un insieme di mezzi processuali ciascuno dei quali afferente ad un ben preciso danno previsto legislativamente, laddove secondo h. Mummenthey, Der Geschichte des Begriffes Blabe im attischen Recht, 1971, Freiburg, 89, la nozione di blbh si configurava come una idea generale di condotta attiva ovvero passiva che cagionante danno, anzitutto, materiale (cfr. sul punto anche a. Biscardi, Diritto greco, cit., 135, 145, 307, 323). sulluso contrattuale di tale azione cfr. L. gernet, Sur la notion de Jugement en Droit Grec, in AHDO, i, 1937, 111 ss. nonch h.J. Wolff, Die Grundlagen des griechischen Vertragsrecht, in ZSS, LXXiV, 1957, 26 ss., e contra, F. Pringsheim, The Greek Law of Sale, Weimar, 1954, 47 ss.; vedi inoltre, r. Martini, Il mito, cit., 107 ss., nonch a. Biscardi, Diritto greco, cit., 143 ss. secondo il Wolff il diritto greco non considerava laccordo delle parti per s solo fonte di rapporto obbligatorio dal momento che i greci non riuscirono mai a svincolare del tutto dalla sfera religiosa limpegno nascente da promessa sotto giuramento. dal punto di vista giuridico tale promessa implicava solo lesistenza di una situazione in forza della quale il destinatario dellimpegno giurato subiva un danno nel caso di inadempimento, il che lo legittimava ad esperire unazione penale, appunto la dkh blbhj. il concetto di blbh, quindi, partendo dal caso di ritenzione di danaro altrui si sarebbe sempre pi affinato sino ad identificare qualsivoglia fattispecie in cui una persona disponeva di un bene per un certo fine ma la disposizione non produceva gli effetti auspicati: di qui lidea di contratto quale Zweckverfgung. Cfr., altres, h.J. Wolff, La structure, cit., 576: lorigine dlictuelle de la disposition destine des dtermines fines explique bien les possibilits offertes que les limites imposes par elle la formation dun droit contractuel chez les grecs on comprend aussi pourquoi il ne pouvait pas y avoir pour les grecs de contrat consensuel au sens propre. seul le contrat rel convenait une pense juridique incapable dimaginaire une cause de responsabilit autre que celle qui repose sur un dommage matriel concret (telles la rtention de ce qui doit revenir a autrui, ou une disposition dtourne de son but) mais non simplement sur une dception provoque par une vaine attente.

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ed ecco, dunque, a conclusione del ragionamento aristotelico, il delinearsi in E.N. 1130 a 32 - b 5, della substantia di siffatta giustizia, nonch del suo discrimen da quella totale e del punto di contatto tra le due figure legate sinonimicamente da un rapporto di species a genus: la giustizia assoluta fa riferimento allaltro come dimensione della virt intera, la seconda, invece, coglie detto riferimento sotto il profilo del profitto patrimoniale e alla relativa, conseguente gratificazione: E.N. 1130 a 32 - b 5: ste fanern ti sti tij dika par tn lhnllh n mrei, sunnumoj, ti rismj n t at gnei: mfw gr n t prj teron cousi tn dnamin, ll mn per timn crmata swthran, e tini coimen n nmati perilaben tata pnta, ka di donn tn p to krdouj, d per panta per sa spoudaoj.

il fatto che aristotele concepisca lingiustizia in senso particolare quale, come io sono convinto, indebito arricchimento, ci viene confermato con ancor maggior limpidezza da quei passi che, sempre entro la cornice del libro V, espongono la sua dottrina di ci che definito t n toj sunallgmasi diorqwtikn, ossia della cd. giustizia diortotica cio correttiva o compensativa 54 (vale a dire di quelledoj della giustizia particolare apte tabilir la rectitude 55, volta, in altri termini, a correggere gli squilibri che si sono prodotti n toj sunallgmasi 56), posta accanto a quella cd. dienemetica o distributiva, (ovverosia quella concernente lassegnazione di beni aventi rilevanza pubblica, quali beni immobili, onorificenze, cariche, ovvero qualsiasi altra cosa corporale o incorporale suscettibile di essere ripartita tra coloro che partecipano alla funzione dello stato 57):Parla di giustizia compensativa r. Martini, Diritti greci, cit., 71. C. despotoloulos, La notion, cit., 116. 56 Cfr., g. ramsauer, Aristotelis Ethica Nicomachea, Leipzig, 1878, 302, che definisce i sunallgmata omnia unde obligatio fit. Et contractuum genera et delictorum ut nomen iam sit usu diverso ab illo quem Labeo testatur, definiens contractum ultro citroque obligationem quod Graeci sunllagma vocant. anche tommaso daquino illustra bene listanza, affermando che la giustizia correttiva constituit rectitudinem iustitiae in commutationibus secundum quas transfertur aliquid ab uno ad alterum (s. thomas, Commentarium in X libros Ethicae Nicomacheae, a cura di a.M. Pirotta, torino, 1934, 254). Mi sembra pi corretto, di poi, vedere nellespressione n toj sunallgmasi in posizione attributiva rispetto a diorqwtikn il riferimento pi che al mezzo di realizzazione di questultimo, alloggetto di operativit: contra cfr., a. Biscardi, Quod Graeci, cit., 137 ss. 57 Cfr., M. Zanatta, Etica, i, cit., 542, secondo cui tale giustizia consiste nellasse54 55

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E.N. 1130 b 30 - 1131 a 1: tj d kat mroj dikaiosnhj ka to kat atn dikaou n mn stin edoj t n taj dianomaj timj crhmtwn tn llwn sa merist toj koinwnosi tj politeaj (n totoij gr sti ka nison cein ka son teron trou), n d t n toj sunallgmasi diorqwtikn.

aristotele, quindi, nellambito della trattazione della giustizia kat mroj come sopra intesa (e non in contrapposizione, come stato da alcuno sostenuto 58, ma solo in un rapporto di species a genus, con la giustizia generale, quale xij conforme al nmoj), presentatati in termini generali i suoi due fondamentali edh, suddivide ulteriormente in due parti t n toj sunallgmasi diorqwtikn 59 (la giustizia che si

gnare a ciascuno proporzionalmente ai suoi meriti beni che concernono la vita politica: cariche, dignit statali, o ricchezze, o altra sorta di beni pubblici. non mi pare convincente, o comunque non preciso, invece, quanto afferma C. natali, Etica, cit., 489, nt. 430: essa pu implicare semplicemente un rapporto corretto tra due parti che si dividono proporzionalmente un bene oppure implicare anche la presenza di un giudice che assegna il bene alle parti in concorrenza. si tratterebbe di una ripresa del pensiero manifestato da h.h. Joachim, Aristotle, cit., 139 ss. (per cui aristotele avrebbe fatto riferimento, anzitutto, a quei diritti che formavano oggetto di diadikasa) e aspramente criticato, nel suo breve ma densissimo articolo, da a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 43 s., secondo il quale da preferire the conventional view that under dienemetic justice aristotle is thinking of those acts of state which were concerned with the distribution of merist gaq a class of acts much wider in his days than ours, particularly in view of the numerous new foundations which were occurring; cfr., inoltre, C. despotopoulos, La notion, cit., 116 e nt. 1, e h.d.P. Lee, The Legal Background, cit., 129 il quale afferma che roughly, it may be said to comprise the regulations which the state makes, or should make, concerning the distribution of offices, honours, and economic advantages. rammento, infine, che aristotele, in E.N. 1131 a 10 - b 9, afferma che la stessa giustizia distributiva consiste nella proporzione tra la quantit dei beni che debbono assegnarsi e il merito dei cittadini cui tali beni vanno distribuiti; indi lo stagirita dimostra che la giustizia distributiva si realizza in una proporzione discontinua che consta di quattro termini tali che a:B=C:d, da cui a:C=B:d e (a+C):(B+d)=a:C (cfr., sul punto, F. dirlmeier, Aristoteles, cit., 406 s. e r.a. gauthier - J.Y. Jolif, Lthique, ii.1, cit., 351 s.). 58 g. grosso, Influenze, cit., 141. 59 prassi rendere tale vocabolo con giustizia correttiva (cfr., paradigmaticamente, M. Zanatta, Etica, i, cit., 542, F. dirlmeier, Aristoteles, cit., 468, che traduce con regelnde gerechtigkeit; r.a. gauthier - J.Y. Jolif, Lthique, ii.1, cit., 353, che rendono con justice corrective; pi cauto, invece, a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 43 e nt. 10, che preferisce parlare di diorthotic justice). ora, poco pregnante mi pare, in tal proposito, la difficolt sottolineata da taluni commentatori che hanno osservato come una tale forma di giustizia, se attiene pacificamente ai rapporti in cui una parte subisce una perdita contro la propria volont, ben poco riguarderebbe i cd. rapporti volontari, nei quali il consenso delle parti rende poco agevole credere che uno abbia potuto subire

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impone quale correttivo in relazione ai sunallgmata), facendo leva, essenzialmente, sulla dicotomia che nella sua elaborazione concettuale egli opera allinterno della categoria generale comprensiva di queste ultime fattispecie: E.N. 1131 a 1-9: totou d mrh do: tn gr sunallagmtwn t mn kosi sti t d kosia, kosia mn t toide oon prsij n daneismj ggh crsij parakataqkh msqwsij (kosia d lgetai, ti rc tn sunallagmtwn totwn kosioj), tn d kouswn tmn laqraa, oon klop moicea farmakea proagwgea doulapata dolofona yeudomartura, t d baia, oon aka desmj qnatoj rpag prwsij kakhgora prophlakismj 60.

il significato attribuito da aristotele al termine sunllagma, nel passo appena citato, acquista maggior chiarezza e precisione per il fatto di essere, anzitutto, loggetto esclusivo della correzione, dirqwsij 61,un danno ed escluderebbe comunque la possibilit di parlare di ingiustizia nel caso in cui una parte, per inaccortezza, esca soccombente dallaccordo (cfr. M. Zanatta, Etica, i, cit., 549; h.d.P. Lee, The Legal Background, cit., 131). a mio avviso, infatti, la giustizia correttiva non riguarda il contenuto dellaccordo (il quale stabilisce le clausole di equilibrio e quindi determina cosa una parte sia tenuta a fare o dare quale controprestazione per il ricevuto), ma, attenendo al rapporto e non allatto in s e per s, considera solo leventualit di squilibrio che si verifichi allorch vi sia inesatta esecuzione o totale inadempimento, talch venga a infrangersi lequilibrio secondo laritmeticit voluta dai contraenti (cfr. g. grosso, Influenze, cit., 142 e h.d.P. Lee, The Legal Background, cit., 131, secondo cui the law gives redress to the individual either when some agreement he has made with another has been violated or when an individual has suffered some private wrong at the hands of another). 60 Cfr., sul passo, per utili spunti, ex plurimis: a. Biscardi, Quod Graeci, cit., 134 s.; C. despotoloulos, La notion, cit., 118; a. schiavone, Studi, cit., 73 ss.; r. Martini, Diritti greci., cit., 71 ss.; g. grosso, Influenze, cit., 143; e. seidl, voce sunllagma, in RE, iV, 1932, 1324; e. Cantarella, voce Obbligazione (dir. gr.), in Noviss. dig. it., Xi, torino, 1965, 546 ss.; M.i. Finley, Aristotle and Economic Analysis, in Past and Present, XLVii, 1970, 6. 61 La giustizia correttiva , dunque, la forma di giustizia in senso particolare volta ad assicurare che sussista equilibrio nelle relazioni interpersonali nellambito di una comunit fondata sullo scambio, ossia entro il quadro della polis (cfr., sul punto, a. Maffi, Synallagma, cit., 15 ss e nt. 2; e. Will, De laspect thique des origines greques de la monnaie, in RH, CCXXii, 1954, 215). secondo J. Burnet, The Ethics of Aristotle, London, 1900, 213, il verbo diorqw indica il ristabilire la correttezza in generale, sia prima che dopo linsorgenza del rapporto (transaction), e nella giustizia correttiva rientra sia la giustizia indicata in E.N. 1132 a 18 con dkaion panorqwtikn sia la giustizia commutativa (ntipeponqj); r. Laurenti, Aristotele, cit., 154, di contro, ha affermato, sulla

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cui la giustizia particolare tendenzialmente diretta, nellipotesi di effettivo squilibrio, ossia, come si supra notato, l dove una parte solamente subisca zhma senza alcuna contropartita a proprio vantaggio. Che la giustizia, in questo caso, venga definita diorqwtikn e che essa operi n toj sunallgmasi, a mio avviso, implica anzitutto che sia presupposta la piena esistenza del sunllagma o, per meglio dire, comporta, di necessit, che la dirqwsij non attenga in alcun modo alla fase precedente linsorgenza del sunllagma, ma che solo a seguito del suoscia di a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 44, che la differenza tra dkaion panorqwtikn e dkaion diorqwtikn sarebbe troppo sottile perch si possa logicamente fissare e che essa apertamente respinta, in E.N. 1130 b 11-20, da aristotele il quale, peraltro, in E.N. 1130 b 30, distingue solo due forme di giustizia particolare; infine, W.d. ross, Aristotele, cit., 296, dellopinione che il verbo diorqw al pari di panorqw faccia riferimento alla riparazione quando essa sia stata violata e L. gernet, Note sur la notion de dlit priv en droit grec, in Mlanges H. Levy-Bruhl, Paris, 1959, 403 ss. reputa che la correzione operata dal dkaion diorqwtikn vada intesa nel senso di correzione giudiziaria (cfr., contra, a. Maffi, Synallagma, cit., 33). Per quanto attiene alla trattazione aristotelica dellntipeponqj, mi paiono duopo alcune osservazioni. La reciprocit (Wiedervergeltung, nella traduzione di F. dirlmeier, Aristoteles, cit., 412, e rciprocit in quella di r.a. gauthier - J.Y. Jolif, Lthique, ii.1, cit., 368 ss., justice in exchange, secondo a.r.W. harrison, Aristotle, cit., 44), che ad avviso della scuola pitagorica, rappresenta la giustizia pura e semplice, viene a determinare il giusto secondo proporzione: in forza di essa necessario che i beni vengano valutati prima dello scambio e comparati cosicch, ad esempio, il valore di quanto un architetto riceve da un calzolaio sia eguale al valore di quanto il secondo ha dal primo, e lo scambio pu dirsi giusto solo se rispetta la proporzione dei beni. in tal quadro, la moneta corrisponde a una sorta di sostituto del bisogno (domanda), esprimendo il valore dei prodotti: con essa possibile valutare in modo comparativo i beni e si pu realizzare quella proporzione che consente un giusto scambio (cfr. M. Zanatta, Etica, i, cit., 554). La reciprocit aristotelica sta alla base della vita delle comunit basate sullo scambio e, allinterno di tali comunit, alla base di ogni forma di giustizia, segnando il momento del puro rapporto tra perdita e profitto, e individuando quellistanza di corrispettivit tra il dare ed il ricevere che sono presupposti alla determinazione della stessa giustizia (cfr. r.a. gauthier - J.Y. Jolif, Lthique, ii.1, cit., 364; F. dirlmeier, Aristoteles, cit., 412). Lntipeponqj secondo analogia (E.N. 1132 b 32-33) non definisce una specie di giustizia particolare ma determina la condizione che sta alla base sia della giustizia distributiva sia di quella correttiva, senza identificarsi con esse. Partendo da tali premesse credo sia nel giusto a. Maffi, Synallagma, cit., 16, nt. 2 e 18, nellasserire che aristotele, respingendo la concezione pitagorica dellntipeponqj come legge del taglione, e ad essa contrapponendo quella che si base sulla proporzione, voglia individuare un concetto che presiede alla giustizia nello scambio e che copre tutto lambito del dkaion diorqwtikn: cos gli esempi addotti (che si riferiscono in via esclusiva a volontarie relazioni di scambio tra produttori) nel capo V del libro V, possono ben ricondursi, formalmente, alla categoria dei sunallgmata kosia seppur ispirati ad un principio diverso dalla proporzione aritmetica e geometrica, ossia alla proporzione che si stabilisce a tramite della somma secondo la diagonale (a+d=B+C), szeuxij kat dimetron.

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momento genetico si possa configurare uno stato di cose suscettibile a determinare, nel rapporto tra le parti, un nison meritevole di essere corretto 62. alla luce di queste premesse si pone il problema, imprescindibile, di capire con esattezza il momento di insorgenza e, soprattutto, la natura dei sunallgmata in senso aristotelico. il filosofo, come si gia avuto modo di segnalare in principio, d vita ad una figura avente caratter