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Bollettino parrocchiale Aldeno - Cimone - Garniga Terme Estate 2007 Insieme in cammino

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Bollettino parrocchiale Aldeno - Cimone - Garniga Terme Estate 2007 Hanno collaborato a questo mumero: Danilo Mazzurana, Sandro Bisesti, Lucia Bottura, Flavio Zamboni, don Valerio Bottura, Alma Baldo e Guido Zanotelli. Redazione: Giovanna Frizzi, Giorgia Giaimo, Elisabetta Giovannini, Maura Mazzurana, don Daniele Morandini, Marco Moratelli 2 Stampa: Grafiche Dalpiaz - Ravina ll’’iinnddiiccee LA VIGNETTA DI SARA CIMADON 3 l l ’ ’ e e d d i i t t o o r r i i a a l l e e

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Bollettino parrocchiale Aldeno - Cimone - Garniga Terme

Estate 2007

Insieme in cammino

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PAGINA 3L’EDITORIALEIl cuore lontanodi Don Daniele

PAGINE 4-5LA PREGHIERACome si prega

PAGINE 6-7La Sacramentus Caritatisdi Benedetto XVIdi Sandro Bisesti

PAGINE 8-9CAPITELLI Il capitello di Sant’Anna e l’affrescoa cura della redazione

PAGINA 10DAL GRUPPO MISSIONARIOMostra missionaria e cena del povero

PAGINA 11 - 12

IL VIAGGIO IN AFRICAUn viaggio inaspettato

PAGINA 13 - 14I CENTENARI DI ALDENOAlice, la centenariaa cura della redazione

PAGINE 15-16-17L’INTERVISTA«Aprite le porte!» a cura della redazione

PAGINA 18IL MATRIMONIO CRISTIANOInsieme per sempre

PAGINE 19-20-21-22BOLLETTINO JUNIORL’angolo dei ragazzi

PAGINA 23IL VIAGGIO A ROMACittà eterna

PAGINA 24

I NOSTRI CONSACRATI Fra Marco in Bolivia

PAGINA 25

LA COMUNIONE E LA CRESIMA

PAGINA 26

IL CORO DI CIMONEIl coro rigotondo

PAGINE 27-28-29

CIMONE, LA SUA STORIA La magnifica comunità di Cimone

PAGINA 30

PENSIERI DELLA TRADIZIONE I vizi capitali: l’avarizia

PAGINA 31Le poesie di don Valerio

PAGINE 32-33LE LETTEREL’alcool e i giovani

PAGINE 34-35

GLI EVENTI DI AL.CI.GA.Le manifestazioni in parrocchia

PAGINE 36-37

I NOSTRI DEFUNTI

PAGINE 38-39

DALL’ORATORIO

PAGINA 40

GLI ORARI E I BATTEZZATI

Insieme in camminoRedazione: Giovanna Frizzi, Giorgia Giaimo, Elisabetta Giovannini, Maura Mazzurana, don Daniele Morandini, Marco Moratelli

Hanno collaborato a questo mumero:Danilo Mazzurana, Sandro Bisesti, Lucia Bottura, Flavio Zamboni, don Valerio Bottura, Alma Baldo e Guido Zanotelli.

Stampa: Grafiche Dalpiaz - Ravina

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Il cuore lontano

«Questo popolomi onoracon le lab-

bra, ma il suo cuore è lon-tano», è un lamento chesentiamo spesso neiVangeli sulla bocca diGesù. E' un pericolo reale:il cuore assente, il cuoreconfuso. Un rischio vero:quello di innamorarsi diuna bella predica, di folleoceaniche ai raduni mondi-ali dei giovani con il Papa,di voler belle liturgie e di non saper più pregare. Dirsi cristiani, ma non muovereun dito per chi ha bisogno. La parola cuore c'è 900 volte nella Bibbia, per ricor-

darci che è importante, per dirci che "dove è iltuo cuore, lì è la tua vita". Il cuore è il luogodove incontri Dio, dove lui ti può cambiare lavita.Le nostre comunità hanno bisogno di personeche mettano il proprio cuore nelle mani diDio, l'unico che può farlo funzionare bene.Di persone che siano propositive, disponibili,pronte anche all'ingratitudine pur di fare delbene, di persone che credono nella preghiera enella fedeltà a quell'incontro domenicale che èla santa messa. Le nostre comunità hanno bisogno di gentegenerosa, aperta e fedele, buona e giusta. Le nostre comunità hanno bisogno di te!Buona estate!

Don Daniele vs parroco

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LA VIGNETTA DI SARA CIMADON

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La preghiera: piccola introduzione (2° parte)Come si prega ?

Beh, se la preghiera è comuni-cazione, allora deve essere fattadi parole. Ma quali parole usare

con Dio?Questa domanda è stata rivolta a SantaTeresa di Lisieux alcuni giorni primadi morire. La sorella Celina le chiesecosì: “cosa dici Teresa a Gesù quandopreghi ? “ E lei rispose: “io non gli diconiente, io lo amo!”.Il linguaggio della preghiera è il lin-guaggio dell’ amore. E l’amore ha uncammino preciso da fare, che va dalleparole al silenzio, ma il silenzio dellapreghiera sarà il massimo della parola.Naturalmente non si può partire dalsilenzio. Occorre partire dalle parole.Ai bambini si chiede di imparare a

memoria le preghiere più tradizionali, ai più grandi si chiede di esprimerle attra-verso tutta la corporeità.Il corpo è elemnto essenziale nella preghiera. Non siprega stravaccati, ma sempre con dig-nità, preferendo una posizione como-da ma costante, piuttosto che cambiareposizione ogni due minuti.Va sottolineata nella preghiera ladimensione del canto. Se la comuni-cazione si avvale delle parole, il cantotrascende la parola stessa e ci avvicinadi per sè alla dimensione più religiosa.“La mente si accordi alla voce “ ripetevacontinuamente S. Benedetto. Non sicanta per auto contemplarsi, ma pertrascendere se stessi. E’ per questo chevogliamo cantare nella preghiera, per-chè ci aiuti a viver il linguaggio del-l’amore e ci porti pian piano ad assapo-rare anche il silenzio.

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Madonna in pietra del secolo XV presente in SanOsvaldo. Particolare dell’offerente che prega.

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Chi prega ?

Apparentemente possiamo dire che siamo noi a pregare. Ma questo non èdel tutto vero. Si diceva di S.Francesco: “Non tam orans, quam oratio factus”.Non era più lui che pregava, ma lui stesso era diventato preghiera vivente.

E’ lo Spirito Santo a pregare in noi (Rom. 8.15). E allora noi cosa facciamo? Noicollaboriamo alla preghiera. Il nostro è un tentativo diagganciarci alla vera preghiera, un tentativo di sintoniz-zarci sulla frequenza dello Spirito Santo. Ed è per questoche nella preghiera è indispensabile l’ascolto. L’ascoltodel cuore, l’ascolto della Parola di Dio, l’ascolto del silen-zio. Prima si ascolta e poi ci si inserisce nel linguaggiodell’amore. Non si può pregare nel frastuono dei pen-sieri, ma occorre fare silenzio per ascoltare il silenzio.Capire che non siamo noi a pregare, ma è lo Spirito innoi ci da molta più umiltà e frena tutti quei ragionamen-ti che poco e niente hanno a che vedere con la preghiera.

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Credevo, credevo..Ho dato un pane a un povero. Credevo d'essere stato caritatevole; invece era giustizia, perché io ho tanto pane e lui ha fame.

Ho guidato un cieco per un tratto di strada. Mi sentivo buono; invece era giustizia, perché io ci vedo e lui no.

Ho regalato un abito usato ad una povera anziana. Credevo d'essere stato altruista; invece era convenienza: gliel'ho dato per disfarmene, a me non serviva più.

Ho gridato a un giovane di andare a lavorare invece di chiedere l'elemosina. Credevo di dargli una lezione; invece era ingiustizia: aveva bisogno di lavoro e di rispetto. Mi sento un buon cristiano, con la coscienza a posto.

Vado a Messa, recito qualche preghiera, non faccio del male a nessuno; invece sono egoista e ipocrita.

Perché al Signore, che mi dona ogni istante di vita, riservo solo le briciole della mia giornata, e ai miei fratelli riservo le briciole dell'amore che Egli mi dona...

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La “Sacramentum caritatis” di Benedetto XVI

L’esortazione apostolica postsinodale “Sacramentum caritatis” ha come temal’Eucarestia. E’ stata scritta a conclusione del Sinodo dei vescovi, tenuto aRoma, al termine dell’anno dedicato all’Eucarestia.

E’ un documento ampio che ha diverse affinità con l’enciclica “ Deus caritas est” e chesi sviluppa da una parte come “ il frutto maturo di un cammino percorso” e dall’altracon l’intento di aprire la strada ad ulteriori approfondimenti. Il documento si articola intre parti e ognuna approfondisce una dimensione dell’Eucarestia: l’Eucarestia come mis-tero da credere, come mistero da celebrare, come mistero da vivere. Una struttura tantoarticolata quanto saldamente unitaria che il papa, nella introduzione, ha voluto richia-mare espressamente. Scrive infatti “nel presente documento desidero soprattutto racco-mandare, accogliendo il voto dei Padri sinodali, che il popolo cristiano approfondisca larelazione tra il Mistero eucaristico, l’azione liturgica e il nuovo culto spirituale

derivante dall’Eucaristia, quale sacra-mento della carità”.Infatti il papa illustra in modo piano echiaro come l’azione liturgica (il misteroda celebrare) renda possibile la confor-mazione della vita cristiana (mistero davivere, nuovo culto) da parte della fede(mistero da credere). Nel rito eucaristicoil cristiano accoglie il dono di Cristo perdiventare, in forza della fede e dellarigenerazione sacramentale, membro delsuo corpo che è la Chiesa.Una attenta e completa lettura del docu-mento, consente di cogliere i due spes-

sori che lo caratterizzano: quello teologico spirituale e quello sociale, strettamente unitifra loro da un unico filo: il mistero eucaristico.La particolarità sta nel fatto che la forza dell’approccio teologico intorno al temadell’Eucarestia s’incarna nel terreno sociale e cioè dentro i problemi della storia. Infattiil sacrificio di Cristo non si esaurisce all’interno di una singola esperienza di vita, ma ciinterpella e ci provoca per essere tra l’altro operatori di pace e di giustizia. L’Eucarestiaè il centro della azione liturgica nella vita della Chiesa e deve esserlo anche per noi nellavalenza della carità. Infatti il documento non si limita a definire e valutare come preziosoil servizio della carità, bensì indica con chiarezza ove oggi si giocano le sorti dell’uman-ità e dove, quindi, è urgente agire con giustizia per creare un mondo diverso, nuovo.L’Eucarestia è “cibo di vita” che non si esaurisce nella celebrazione o nella vita spirituale,ma diventa “cibo “di progettualità concreta, che sprona l’uomo a vedere l’altro comefratello con cui condividere esperienza spirituale, umana e terrena nell’unico intento dicrescere “nella verità dell’amore”.“L’Eucaristia mistero da credere” mette in relazione l’Eucarestia con gli altri misteri dellafede, i sacramenti e l’escatologia. L’Eucarestia, in primo luogo, manifesta il proprio rap-

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porto con il mistero della Trinità, perché comunica la vita divina trinitaria che è comu-nione ineffabile tra Padre e Spirito Santo. Altro rapporto è quello tra Eucaristia e Chiesache si realizza attraverso la “sacramentalità della chiesa”,prima con i sacramenti dellainiziazione cristiana: (battesimo e confermazione), ordinati all’Eucarestia che ne è “fontee culmine”, poi con i sacramenti penitenziali: (penitenza e riconciliazione) finalizzati aricevere degnamente la comunione e l’unzione degli infermi dove l’Eucarestia associa lasofferenza all’offerta di Cristo trasformandola in seme di vita eterna.Infine si riflette sul rapporto tra Eucarestia e sacramento dell’ordine e del matrimonio.“ La dottrina della chiesa fa dell’ordinazione sacerdotale la condizione imprescindibileper la celebrazione valida dell’Eucaristia” e il papa aggiunge: “è necessario che i sacer-doti abbiano coscienza che tutto il loro ministero non deve mai mettere in primo pianoloro stessi o le loro opinioni, ma Gesù Cristo”.La relazione Eucarestia e matrimonio “mostra un particolare rapporto con l’amore tral’uomo e la donna, uniti in matrimonio.Approfondire questo legame è una necessitàpropria del nostro tempo”.L’Eucarestia come mistero da celebrareesorta a favorire ulteriormente l’approfondi-mento della riforma liturgica e il rinnova-mento della prassi celebrativa nelle comunitàcristiane. Il documento insiste sull’importan-za dell’“ars celebrandi” che deve essere ingrado di suscitare sempre una partecipazioneattiva, piena e fruttuosa dei fedeli. “La litur-gia, infatti, possiede per sua natura una vari-età di registri, di comunicazione che le con-sentono di mirare ai coinvolgimenti di tuttol’essere umano” . L’arte di celebrare spetta aiministri, a loro è affidato il compito di ali-mentare lo “stupore” per il mistero, cele-brandolo degnamente in piena conformitàcon quanto stabilito dalla Chiesa.La terza parte “Eucarestia mistero da vivere”esprime le esigenze della coerenza tra la fede, la celebrazione liturgica e la condotta divita. Il mistero, creduto e celebrato, possiede in sé un dinamismo che lo rende principiodi vita nuova in noi e forma di partecipiazione della vita divina. Viene illustrato il pre-cetto domenicale, il riposo festivo dal lavoro. Il papa prosegue la riflessione sulla spiri-tualità eucaristica, sull’Eucarestia in relazione alla evangelizzazione delle culture, ai varistati di vita nella Chiesa, sul dovere della testimonianza e, infine, sulle implicazioni socialidel mistero eucaristico.La conclusione è che la nostra testimonianza deve sempre contenere “lo stupore per ildono che Dio ci ha fatto in Cristo e che imprime alla nostra esistenza un dinamismonuovo impegnandoci ad essere testimoni del suo amore”.( Queste righe hanno un unico intento: invitare alla lettura per approfondire il documento).

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aaeessii Il capitello di Sant’Anna e l’affresco

dei Santi Floriano, Zeno e Antonio da Padova

Proseguiamo la conoscenza dei numerosi esempi di devozione popolare chehanno saputo esprimere le nostre comunità nei secoli scorsi. Visitiamo inquest’occasione il capitello di S. Anna, amena località del comune di Cimone

raggiungibile con la strada che porta a Cei. La piccola cappella è poco più di uncapitello e ospita un altare e un quadro a stampa della Santa cui è dedicato. Al suointerno sono conservati alcuni ex voto, tra cui due stampelle lasciate da un ragazzodi Cimone che guarì per intercessione della Santa.Non si conosce la data della sua erezione; la più antica notizia risale all’anno 1729quando in un documentonotarile si legge: “una pezza diterra loco al Capitel del Foié”;altrettanto sconosciute sonole ragioni della sua erezionee della dedicazione proprio aSant’Anna.La più accreditata ipotesivuole che sia stato costruitoe dedicato alla Santa inriconoscente memoria per loscampato pericolo delleinvasioni delle truppefrancesi nel 1703 quando gliabitanti di Cimone, il primosettembre di quell’anno,riuscirono a fermare e respingere i “gallicani” proprio in località Foié.Secondo altra tradizione si ritiene che la festa e la processione che si svolgono il I set-tembre siano espressione di devozione e/o propiziazione a ricordo di una tremendagrandinata avvenuta in un anno imprecisato che avrebbe distrutto l’intero raccolto diuva sul territorio di Cimone risparmiando un solo grappolo, riparato da un “òpi”(acero campestre) presso la frazione Frizzi.Vi è, infine, altra leggenda secondo la quale su di un grande faggio in località “mezicari” presso il Foié ad un contadino di Cimone comparve un quadro raffiguranteSant’Anna. Gli abitanti di Cimone, per dare più idonea collocazione a detta immag-ine decisero di portarla al riparo nella chiesa del paese ma, con sorpresa e sconcerto,notarono che il quadro era ricomparso sul faggio del Foié. La comunità decise aquesto punto di erigere sul posto una piccola cappella per custodire e venerare l’im-magine miracolosa e celebrare la festa di Sant’Anna istituendo la processione del Isettembre.

La piccola cappella di Sant’Anna che si trova nel comune di Cimone

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Vi invitiamo, inoltre, ad alzare gli occhisulla casa Cont in via Martignoni adAldeno. Potrete notare un pregevole edantico affresco. Di datazione incerta, raf-figura i Santi Floriano, Zeno e Antonioda Padova nelle loro caratteristiche rapp-resentazioni.Di S. Antonio da Padova non è neces-sario dire nulla (1195- 1231), frances-cano, predicatore e dottore della Chiesa,i molti miracoli riconosciutigli gli valseroil titolo di taumaturgo. Questo campionedella fede risulta venerato nel bassoTrentino già a pochi decenni dalla suamorte (si ricorda, in particolare laChiesetta di Ravina in Belvedere) e cosìanche ad Aldeno.Minori notizie si hanno sugli altri duesanti raffigurati. San Floriano (morto aLorch, Alta Austria il 304), secondo latradizione agiografica era un soldatoromano di stanza nel Norico che, inquanto cristiano, subì il martirio sottol’impero di Diocleziano (scegliendo diprofessare liberamente il proprio credofu interrogato e torturato e gettato nel fiume con una macina di pietra legata alcollo). Veniva invocato il suo intervento contro le inondazioni e gli incendi tantoda riconoscerlo patrono dei pompieri (la tradizione ricorda infatti che avrebbespento un incendio con un solo secchio di acqua).Sempre del III-IV secolo anche San Zeno, ottavo vescovo di Roma. Provenienteforse dalla Mauretania la leggenda ricorda la sua erudizione e cultura unita aduna straordinaria semplicità e austerità. Secondo la tradizione pescava personal-mente nel fiume Adige il proprio pasto e per l’effetto è stato elevato a protettoredei pescatori d’acqua dolce. Tra i miracoli che gli si riconoscono possiamo ricor-dare quello dell’improvviso straripamento del fiume Adige in Verona che som-merse le abitazioni e le chiese fino al tetto e che tenne indenne la cattedrale dovel’acqua si sarebbe improvvisamente arrestata, in sospensione, sulla porta, tantoda poter essere bevuta, ma senza poter invadere l’interno. Ciò avrebbe determi-nato la salvezza dei veronesi che, pur impediti ad uscire, poterono però resisterefino a quando le acque non si ritirarono.

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L’affresco di Via Martignoni

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Mostra Missionaria e Cena del Povero

Durante il periodo di quaresima il gruppo missionario ha due appuntamentifissi. Il primo il 24-25 febbraio con la consueta Mostra Missionaria, moltolaboriosa come al solito, ma che ci ha permesso di mostrare, oltre all’artigia-

nato africano, soprattutto quello aldenese, sempre apprezzato e donato con grandegenerosità e fiori, torte e quadri, ecc. Durante questa tornata di due giorni il gruppoha ricavato 6.599,00 � devoluti al Madagascar, al Mozambico, al Cameroun, alleTende di Cristo di Padre Zambotti, a Padre Ivo Riccadonna in Bolivia, a PadreAlessandro Valenti ed al Centro Missionario di Trento, che ne disporrà per chi nonha sostenitori.La Cena decanale del Povero al 31 marzo, è stato il secondo appuntamento. Cena checi permette di essere in comunione, anche se solo per una sera, con miliardi di per-

sone nel mondo che in tutta una gior-nata, o anche più raramente si ciberà diun solo piatto di riso. Questa Cena,partecipata da circa 200 persone, èstata arricchita notevolmente dallapresenza di Padre Alessandro Valenti,che ci ha presentato la sua parrocchiain Perù, la loro condizione di vita, leloro abitudini, le difficoltà che incon-trano e le speranze in cui ripongonotutta la loro fede di poter migliorare. E'stato un incontro edificante, lui giova-ne sacerdote di 30 anni, può sembrareun sognatore, un folle, ma poi ascol-tandolo seriamente si capisce che sa

esattamente fin dove arrivano le sue forze, e la sensazione iniziale viene trasmessadall'amore infinito che prova per le persone da lui seguite e per Dio.Durante la serata ha ringraziato molto chi lo sostiene economicamente per i suoi pro-getti, ed a lui ci uniamo anche noi come Gruppo Missionario, in quanto anche in que-sta occasione sono stati raccolti e devoluti per sostenere le sue opere 1.800,00 Euro.

Alcuni componenti del gruppo missionario e sottodue momenti della mostra dell’artigianato africano.

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Un viaggio inaspettato

Amarzo ho avuto occasione di andare in Cameroun, al seguito di Sonia, un'ot-tica conosciuta al Gruppo missionario di Aldeno, che tornava in Africa peraggiornare dei giovani che aveva già formato durante la sua permanenza

volontaria per 2 anni. Al ritorno mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza; ein poche parole non è semplice ma farò del mio meglio.In questo mese non ho fatto vacanza, anche se non avevo un'incarico specifico.Ho svolto servizio presso il CASS-Centrodi Assistenza Sociale e Sanitaria che giàconoscevo proprio perché aiutato finan-ziariamente dal Gruppo Missionario chesostiene la quota d'iscrizione scolastica dibambini bisognosi, i costi sanitari dellevisite specialistiche e delle operazioni infavore di bambini con problemi fisici.Non avevo un ruolo specifico, e quindi hovariato notevolmente le mie prestazioni,adattandomi a ciò di cui in quel momentoc'era bisogno.Ho incontrato i bambini da noi sostenuti,ho assistito le mamme sieropositive pres-so la maternità del centro, dove nasconofino a 19-20 bimbi al giorno.Ho accompagnato Sonia nelle sue visite ottiche, vedendo tanti bambini quasi ciechio divenuti totalmente ciechi spesso solo dalla mancanza di cibo o di profilassi medi-ca.Ho prestato aiuto al centro, che mi ha ospitata facendo quello che faccio anche qui:rendendomi utile con piccoli servizi come preparare il pranzo o cucire biancheria perla vita quotidiana e quant'altro necessitava.Ho condiviso questo periodo e l’alloggio con Tina, la responsabile del CASS diYaunde, Sonia, Chiara, una ragazza che lì svolgeva il servizio civile, e Annemarie, unafisioterapista del luogo.Ho visitato anche il centro del CASS di Mbalmayo, con le sue scuole, che spazianodall'asilo alle primarie fino alla scuola d'arte, da dove provengono i manufatti porta-ti alla mostra-mercato; e il suo ospedale, dove Sonia visitava.Siamo state ospitate anche nella savana, in una missione cattolica dove due suoreromane fanno il possibile e spesso l'impossibile per aiutare a nascere e a morire.Poi con Padre Sergio Ianeselli che già conoscevo, ed altri, ho visitato i vari centri diassistenza da lui creati e denominati Proandicam: sono scuole e dormitori per i diver-samente abili. Nei fojer, case di accoglienza per chi è stato abbandonato causa la disa-bilità, la domenica si celebra la messa in maniera che non si sentano soli, visto che ipiù sono ciechi e senza famiglia. Avuta l'occasione di partecipare ad una di queste

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messe, ho visto quanto amore si può dare con un piccolo gesto, ed ho potuto apprez-zare i loro canti e suoni che nascono a volte da una bottiglia di vetro percossa da duecucchiai, o da un secchio di plastica percosso dalle loro mani e vi assicuro che nonc’è rumore, ma musica.Sempre con Padre Sergio ed il gruppo abbiamo visitato la popolazione dei Pigmei,da lui protetti da possibili attacchi di altre etnie; in ultimo, probabilmente per addol-circi la visione di quella povertà che ti inchioda e non ti permette di vedere altro, ciha portato sull'oceano Atlantico in una località chiamata Kribì, dove per tre giorni cisiamo divertiti e ricaricati.Per ultimo, non voglio dimenticare le missioni in Yaunde delle "Suore della Carità" edelle "Figlie del Sacro Cuore", le quali si prendono cura degli ultimi, ammalati e car-cerati.Devo riconoscere che non solo i bianchi si attivano per loro, e ne è testimonianza unricovero per anziani soli, molto diverso in verità da come noi siamo abituati a pensa-re, fondato e diretto da una suora del posto che si è attivata per migliorare le condi-zioni del suo popolo.Infine posso dirvi che le mie impressioni sull'Africa, sono positive: c'è sicuramentetanta povertà, le case, se così si possono chiamare, sono fatiscenti, come vediamo lefavelas in Tv; composte da una sola stanza dove tutta la famiglia, mangia, dorme,muore ma le donne africane, sono orgogliose, non chiedono l'elemosina, ma soloaiuto per dare un'istruzione ai loro figli, e questo perché sono consapevoli che lo stu-dio può migliorare il loro standard di vita. Il futuro e la speranza è negli occhi gran-di e scuri di questi bimbi e nelle loro manine che ti accarezzano, non perché sei diver-so, ma soprattutto perché percepiscono che li ami.Non abbandoniamoli mai e sentiremo sempre le mamme mormorare: "Dio èbuono".

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Alice, la centenariaChissà quanti di noi hanno ricevuto, in occasione del loro compleanno, il classicoaugurio "Cento di questi giorni!". Ebbene, qualcuno ha preso in parola questa gene-rosa formulazione. Infatti, è proprio un anno speciale questo per Aldeno! Non uno,ma ben due sono le persone che taglieranno l'invidiabile traguardo dei cent'anni. Sitratta di Maistri Emilio e di Alice Brunelli.Con quest'ultima ci siamo piacevolmente intrattenuti in un pomeriggio di questa"estiva" primavera per sentire dalla sua ancor viva voce il racconto di una vita, i ricor-di, le emozioni vissute.La prima è stata sicuramente la più scontata delledomande:D: Quando è nata signora Alice?A: Il 7 giugno 1907.D: Se dovesse raccontare in due righe la suavita, cosa ci direbbe?A: Non ho fatto che lavorare e patire… ho alle-vato quattro figli, uno dei quali, un maschietto, èmorto piccolo piccolo, a sei mesi, di meningite.D: Si è sempre dedicata solo alla famiglia?A: No, ho anche lavorato: inizialmente mi pren-devo cura delle divise dell'allora maresciallo diAldeno. Andavo a prenderle in caserma, le lavavocon la cenere alla fontana e le riportavo stirate.Sono stata anche collaboratrice a casa del giudiceA Beccara, che abitava vicino a me, in Piazza Garibaldi. Non ricevevo alcuno stipen-dio però, venivo "pagata" con gli indumenti usati per me e per i miei familiari. Infinesono stata a servizio da una signora, una sarta. Io "fregavo" i suoi pavimenti in ginoc-chio, lei mi ricompensava ritagliandomi i vestiti che poi io cucivo.D: Mi dica il suo ricordo più bello…A: È stata molto emozionante la nascita dei gemelli di mia figlia Anna.D: Qualche istantanea della sua vita?A: Mi ricordo i giri in bicicletta, le mascherate a Carnevale travestita da uomo, glispettacoli al teatro comunale, i balli.D: Come trascorrevate le serate in paese?A: Si andava tutti in stalla, il luogo più caldo, a far filò. Alle volte ci si organizzavanella casa di qualcuno e si improvvisava un'orchestrina. Si era poveri, ma c'era sem-pre tanta allegria.D: Ma è andata mai in vacanza?A: Come no! Ho soggiornato ad Abano Terme per le cure e sono stata in pellegri-naggio a Lourdes con i frati. Eravamo una bella compagnia. Ricordo che avevamo

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Alice, sempre sorridente ad un’età invidiabile.

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dormito separati maschi e femmine e che al mattino qualcuno, per prendere in gironoi donne, aveva asserito di averci sentito russare paragonandoci a dei "zifoloti".Prontamente io risposi: "Di qua c'erano "zifoloti", di là quattro "tromboni"!" D: La vita è fatta anche di brutti ricordi… Quali i suoi?A: Come ho già detto, uno dei miei figli è morto in tenera età. Prima ancora però,quando io ero bambina, avevo perso mia madre. A questo dolore si aggiunse l'arrivodella mia matrigna, che me ne fece passare di tutti i colori. Un altro episodio tristedella mia vita è stata la morte di mio marito Andrea, avvenuta nel 1979, ormai quasitrent'anni fa. Negli istanti prima di mancare, anche le sue ultime parole furono perme.D: Ci confida il segreto per arrivare ai cento anni? Una salute di ferro?A: Naturalmente! Per questo patate e ravanelli. E poi lavorare e non fare del male anessuno.D: Cosa è cambiato da allora? Tornerebbe indietro?A: Lo farei subito! Allora la gente era molto più onesta. Certo mancavano le como-dità di oggi e, per vedere la televisione, si doveva andare al negozio del Vigilio, ma,

tutto sommato, preferivo queitempi.D: Ci racconta il suo matrimo-nio?A: Mio marito era originario diSoraga, in Val di Fassa. Lavorava incampagna con mio padre. Ci siamosposati alle dieci di mattina e ilnostro viaggio di nozze l'abbiamofatto a Riva del Garda. Di queimomenti ho un ricordo particolareperché, ad un certo punto, ebbi unmalore. Qualcuno malignò che iofossi incinta, ma in realtà le scarpe,che mi erano state prestate, eranoeccessivamente strette ed inoltreero affamata.

D: Si ricorda di entrambe le guerre?A: Ricordo anche troppo, soprattutto quando fummo tutti costretti a fuggire inGarniga.D: Quale insegnamento vorrebbe dare ai giovani?A: Vorrei dir loro di ubbidire di più ai loro genitori, di amare la famiglia e… di faretanti figli!D: È importante per lei la preghiera?A: Moltissimo! Prego tutte le sere recitando il rosario e le orazioni. Sono molto devo-ta a Papa Giovanni XXIII.

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Alice, in una foto storica con i «suoi bambini».

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«Aprite le porte!»Intervista a casa Tibesigwa

Il nome al campanello di Piazza Depero avverte già che questa volta il nostro viag-gio tra le famiglie straniere di Aldeno sbarcherà in un altro continente: TIBESIG-WA. Africa dunque, Tanzania.

Ad accogliermi c'è Innocent, un sorridente ragazzo di 28 anni. Abita qui con le duesorelle maggiori Beatrice e Magreth, che purtroppo non sono presenti perché allavoro.Chiedo subito incuriosita:D: Come mai nomi inglesi?I: Siamo stati battezzati tutti con nomi inglesinella mia famiglia, è abitudine comune inTanzania. La lingua nazionale è in realtà loSWAHILI, ma anche a scuola, ad esempio,dalle medie in poi, si usa l'inglese in classe eanche nei testi scolastici.D: Quando siete arrivati in Italia?I: Mia sorella Beatrice è stata la prima, circavent'anni fa. Abitavamo a DODOMA, la cap-itale tanzanese. Lì conobbe un medico ital-iano, lo sposò e insieme a lui arrivò prima inSicilia, poi a Trento. Qualche anno dopoanche Magreth partì alla volta dell'Italia einfine, cinque anni fa, toccò a me.D: Cosa ti ha spinto a fare le valigie epartire?I: Avevo da poco terminato la scuola supe-riore, ero molto indeciso sul da farsi. InTanzania c'è solo un istituto universitario eriuscire ad essere ammesso lì era pratica-mente impossibile. Beatrice mi ha convin-to assicurandomi che qui avrei potutoscegliere il corso di studi che preferivo ecosì ho deciso di partire.D: Tutto facile, quindi…I: Mah, in realtà i problemi ci sono stati,eccome! Evase le questioni burocratichepresso l'Ambasciata di Roma, mi sonotrovato a fare i conti con una grossa questione: il mio diploma non veniva riconosci-uto. Ho quindi dovuto ripetere la quarta e la quinta classe delle superiori, che ho fre-quentato a Trento, presso l'Istituto Tecnico Industriale.

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da dove provienela famiglia.

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D: E qui immagino sia arrivato il secondo problema: la lingua…I: (Ridendo)… Esatto! Che difficile! In quel periodo ho frequentato anche due corsidi italiano per stranieri, uno a Trento presso la scuola Sanzio e uno a Pergine. Madevo ringraziare soprattutto i miei insegnanti per l'infinita pazienza nei miei confron-ti e i miei compagni di classe, che mi hanno sempre incoraggiato ed aiutato.D: Ed ora?I: Sono iscritto al primo anno del corso universitario per tecnico di laboratorio. Hogià cominciato anche il tirocinio. È ancora piuttosto difficile per me affrontare lo stu-dio in italiano, devo impegnarmi parecchio, ma sta andando bene.D: Infatti parli benissimo, complimenti! E le tue sorelle?I: Beatrice è parrucchiera, ma frequenta contemporaneamente la scuola per infer-mieri professionali. Magreth lavora in un'impresa di pulizie. Sono bravissime! Sempreimpegnate, di corsa…D: Ma te l'aspettavi così l'Italia?I: A dire il vero mi ero fatto un'altra idea del vostro Paese. Ho sempre sentito parlaredell'Italia come del "Bel Paese", quello ricco e scanzonato, dove si fa la bella vita. Hoperò imparato in fretta che la realtà è un'altra: anche qui nulla è regalato, ci vogliono

tanto impegno e forza di volontà per ottenere dei risul-tati. E poi è un Paese piuttosto frenetico: tutto va infretta, ci sono sempre scadenze, termini, impegni daconcludere… non ero abituato a questi ritmi di vita, èstato piuttosto shockante all'inizio.D: Il resto della tua famiglia è rimasto in Tanzania.Riesci a mantenere i contatti?I: Non vedo i miei genitori e le altre tre sorelle da quan-

do sono partito, quindi già da cinque anni. Beatrice eMagreth lo scorso anno sono tornate in Africa per le vacanze, ma io l'estate ho sem-pre lavorato per racimolare qualche soldo. Forse quest'anno riuscirò anch'io a tornarein Tanzania in agosto, finito il tirocinio. Vedremo…D: I tuoi genitori sono mai venuti ad Aldeno?I: No. Mio padre era impiegato al Ministero dell'Agricoltura, col suo lavoro ha sem-pre mantenuto senza problemi tutta la famiglia. Ora però è in pensione e i soldi nonsono più molti. Il viaggio inoltre, ha un costo eccessivo. Sarò quindi io a raggiunger-li, per ora in vacanza, in futuro magari, una volta terminati gli studi, definitivamente.D: Chissà che nostalgia! Ma qui siete riusciti a stringere delle amicizie?I: Ho conosciuto tante persone in questi anni, ma le amicizie sono ancora poche.Questo è un po' un problema, non è sempre facile riuscire a passare dalla sempliceconoscenza ad un rapporto più profondo. Penso sia dovuto solo in parte al fatto diessere stranieri, le persone qui sono piuttosto chiuse.D: Questa l'ho già sentita…! Ma un ragazzo simpatico e sempre sorridentecome te dovrebbe riuscire a superare quest'ostacolo…I: (Ridendo)… All'inizio salutavo tutti spontaneamente con un bel sorriso, ma mi è

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La bandiera della Tanzania

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capitato spesso di ricevere occhiate piuttosto diffidenti. Ad un certo punto mi sonodetto: "Forse qui non si usa, forse esagero…".D: Ahi ahi! Siamo davvero così tremendi?I: Ma no! (E, spontaneamente, regala un altro dei suoi "famosi" sorrisi) Anzi! Nonho mai incontrato una sola persona veramente antipatica nei miei riguardi, né sonostate mai usate parole razziste od offensive nei miei confronti. C'è molto rispetto: coivicini, coi compagni di studio, coi colleghi… È un aspetto che apprezzo moltissimo.D: Cambiamo argomento: tu e latua famiglia siete cattolici. Vi sivede in chiesa la domenica, vedoappese alle pareti immagini diPadre Pio e della Madonna. Comesi vive la vostra fede in Tanzania?Ci sono differenze rispetto a qui?I: Non per gli aspetti fondamentalidel credo. La Tanzania è un Paesediviso praticamente a metà tra cat-tolici e mussulmani, ma è una con-vivenza tranquilla la nostra. I cattoli-ci hanno le loro chiese, le missioni,gli oratori, dove i credenti professanoliberamente la loro fede. Qualche dif-ferenza c'è solo nelle piccole cose.D: Ad esempio?I: Ad esempio per quanto riguarda ibambini. In Tanzania la domenicapomeriggio c'è una messa specialeriservata a loro, officiata in modo piùsemplice e, soprattutto, più breve.Anche perchè da noi la messasolenne dura più che ad Aldeno, inquesto don Daniele è molto piùbravo.D: Spiegati meglio…I: In Africa la celebrazione puòdurare anche due ore. Si canta molto,la predica è lunghissima e alla fine ci sono avvisi a non finire, che alle volte vengonoripetuti e ripetuti ancora. Però… (… e ride ancora!)D: Però…?I: Però in compenso l'assemblea è sempre in perfetto silenzio. Qui invece… D: Come dire: "A buon intenditor, poche parole!"…

Una foto della famiglia Tibesigwa

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oo Il matrimonio:insieme per sempree la ricchezza di Dio

Che cos’è il matrimonio, o Maestro?Ed egli rispose, dicendo: “Voi siete natiinsieme ed insieme starete per sempre.Insieme quando le bianche ali della mortedisperderanno i vostri giorni.Insieme nella silenziosa memoria di Dio (...)Amatevi l’un l’altra, ma non fateneuna prigione d’amore (...)Riempitevi a vicenda le coppe, ma non bevete da una coppa sola (...)Ergetevi insieme, ma non troppo vicini poiché il tempio ha le colonne distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’uno all’ombra dell’altro.Da “Il profeta” di Gibram.

Che cos’è il matrimonio cristiano, o Maestro? È tutto questo con in più la ric-chezza della presenza di Dio. Ecco qual’è il messaggio che cerchiamo ditrasmettere con entusiasmo, nel percorso per fidanzati che sta volgendo alla

fine anche per quest’anno.L’importanza del dialogo: fondamentale risorsa per affrontare dubbi, perplessità egioie della quotidianità matrimoniale.La sessualità nella coppia: strumento di comunicazione, una sorta di linguaggio deicorpi. Viene presentata come un’espressione di maturità che non deve essere nérepressa né colpevolizzata ma fatta crescere attraverso la confidenza e l’educazioneall’affettività.Il dono dei figli: dono, risorsa, pensieri e doveri che la coppia deve assumersi inmaniera responsabile.La morale cristiana nella coppia e il tentativo di far approfondire agli intervenuti lalettura del Vangelo sono solo alcuni momenti di riflessione che vedono coinvoltinon da meri e passivi spettatori ma da interpreti i giovani fidanzati.L’emozione che raccogliamo e che condividiamo alla fine di ogni incontro sononotevoli. Ne usciamo ricchi e consapevoli che credere nella famiglia è un grandedono di Dio e che perripagarlo in parte diquesto regalo dobbiamoessere testimoni: testi-moni che il matrimonio èbello e che con il passaredegli anni è meglio.

Manuela e Stefano il giorno delle nozze, 26 maggio 2007

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AL. CI. GA. Aldeno, Cimone, Garniga TermeCiao bambini!Siete curiosi di conoscere il vincitore del concorso “Inventa una storia”?Ebbene, la giuria era così indecisa che…i vincitori sono due!!!Chi sono?!? Ecco i loro nomi! …-3…-2…-1…:Giulia Piffer di Cimone e Omar Coser di Garniga Terme! Congratulazioni!!!I nostri due eroi hanno vinto la maglietta con la mitica mongolfiera del BollettinoJunior e il libro “Caro Gesù, la giraffa la volevi proprio così o è stato un incidente?”.Complimenti a tutti i partecipanti:ALDENO- Linda Turato (3 anni)- Asia Nicolodi (7 anni)- Mariachiara Fausti (7 anni)- Claudia Cont (9 anni)- Eleonora Rossi (11 anni)- Aula blu Scuola dell’Infanzia Aldeno- Michela Larentis (11 anni)CIMONE- Emily Piffer (8 anni)- Maria Leopoldina Gamper (8 anni)- Aaron Bisesti (9 anni)- Alice Piffer ( 11 anni)- Giulia Piffer (11 anni)GARNIGA TERME- Alessia Endrighi (10 anni)- Omar Coser (10 anni)

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SCOPRI LA NAZIONALITÀIL QUESITO DI JUNIOR

La vincitrice GiuliaPifferdi 11 annidi Cimone

Ilvincitore OmarCoserdi 10 annidiGarnigaTerme

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Questi i due racconti vincitori del concorso:Un amore pieno di rughe

In un paese di nome Beine vivevano due famiglie che andavano molto d’accordo, per-ché il nonno della famiglia Bear e la nonna della famiglia Schwein erano fidanzatie si volevano molto bene.

Un giorno la famiglia Bear partì per le vacanze portandosi anche il nonno, che però nonvoleva assolutamente lasciare a casa la bellissima (piena di rughe!) fidanzata da sola.Dopo tre giorni dalla partenza degli amici, gli Schwein erano molto preoccupati per lanonna, che senza il suo amato non mangiava, non parlava e si rifugiava nel sottoscalaa piangere segretamente. Stessa cosa d’altronde succedeva al nonno, che però si sforzavadi rimanere allegro per non rovinare la vacanza ai suoi cari.Dopo avere a lungo riflettuto, la famiglia Schwein decise di prendere una mongolfierarossa per andare a cercare gli amici. Viaggiarono a lungo, ma alla fine trovarono l’iso-la sulla quale erano in vacanza i Bear.Arrivati a destinazione, tutti si abbracciarono e tornarono a Beine allegri e contenti.I due nonni si sposarono e vissero felici e rugosi.

(Giulia Piffer)

Essere piccoli non è uno svantaggio

In un paese lontano lontano abitava un ragazzo di nome Omar, che era basso per lasua età. Per questo tutti lo prendevano in giro: “Sei basso, sembri lo gnomo Omar!”,gli dicevano. Lui rispondeva amaro che un giorno si sarebbe vendicato.

Capitò che il paese venne attaccato da un esercito di alieni. Tutta la popolazione cercavadi scappare terrorizzata. Per difendersi e scacciare i nemici, si decise di mandare Giulio,il fratello di Omar, in quanto lui era il più forte del paese. Giulio aveva sempre guarda-to i più piccoli “dall’alto in basso” e anche gli alieni erano alti solo 50 centimetri.Purtroppo, dopo una breve lotta, Giulio venne sconfitto. Vedendo ciò, Omar si arrabbiòmoltissimo e decise su due piedi di prendere in pugno la situazione: “Salite tutti sullamongolfiera di Edo, agli alieni penserò io!” gridò alla popolazione.Omar era così furioso che sembrava avesse preso fuoco. Si mise alla caccia dei nemici, lirincorse ad uno ad uno e, a forza di calci nel fondoschiena, li fece fuggire tutti a gambelevate.Gli abitanti, vedendo la scena dalla mongolfiera, risero fino alle lacrime.Il paese era salvo. Da quel giorno nessuno prese più in giro Omar.

(Omar Coser)

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La soluzione del rebus che hai trovato sul numero precedente era: IL RUBINETTO

La Pentecoste: È una parola di origine greca che significa "cinquantesimo". Per settesettimane gli ebrei celebravano la festa del raccolto e dell'Alleanza tra Dio ed Israele. LaPentecoste poneva termine a questi 7 × 7 giorni: era cioè il giorno "cinquantesimo".Dopo la risurrezione di Gesù, gli apostoli, impauriti, si sono riuniti e si sono chiusi den-tro una casa. Lo Spirito Santo (che in ebraico si dice "ruah", che vuol dire "vento" e "sof-fio") è venuto su di essi. È un vento sceso dal cielo che purifica e dona forza, un fuocoche rischiara e riscalda. Gli apostoli hanno così ritrovato il vigore e il coraggio necessa-ri per annunciare la risurrezione di Gesù e la nuova alleanza tra Dio e gli uomini.

Trova le parolenascoste dietroquesti numeri e scoprirai perchéGesù ha mandato lo Spirito Santo sugli apostoli.

INDOVINELLI

IL GIOCO DELLE DIFFERENZE

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oo Ecco il nuovo concorso a premi"Artista anch'io"Parti dallo schizzo, lasciati trascinare dalla tua fantasia e crea la tuaopera d'arte. Ritaglia questa pagina e consegna poi il tuo lavoro in par-rocchia entro il 30 giugno 2007. Il migliore sarà premiato e pubblicato sulprossimo bollettino.

NOME e COGNOME:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ETA’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PAESE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I risultati dei giochi saranno pubblicati sul prossimo numero

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Il viaggio a Roma, città eterna

Dal 20 al 22 aprile un gruppo di persone della parrocchia di Aldeno si è reca-to, con don Daniele, in viaggio a Roma per far conoscere anche al SantoPadre la fantasia, l'impegno e la vivacità della comunità della comunità,

tutta racchiusa nell'ormai famosissimo calendario.Nonostante l'intraprendenza e le capacità persuasorie del nostro parroco, il SantoPadre non ha ricevuto direttamente dalle mani di don Daniele il pregevole dono, perla sola e semplice ragione che in quei giorni era in viaggio a Pavia.Siamo partiti da Trento venerdì e, al nostro arrivo a Roma, siamo stati ospitati pres-so la "Fraterna Domus". Depositati i bagagli, siamo subito partiti alla volta delle bel-lezze dell'Urbe scegliendo, tra il molto da vedere, le chiese che conservano le teledel Caravaggio spingendoci poi fino a Santa Maria del Popolo, dove non abbiamopotuto sottrarci allo splendido panorama che si gode dal Pincio. Con naturale disin-voltura siamo poi scesi dalla scalinata di Trinità dei Monti, immergendoci nellamondanità romana di via Condotti fino alla affollatissima Fontana di Trevi.Dopo una visita alla Basilica di San Pietro e una capatina (551 scalini) sulla lanter-na della cupola, siamo scesi nellanecropoli dove abbiamo potutovedere e fermarci per un momentodi riflessione e preghiera davanti allatomba di Pietro e ai suoi resti mor-tali. Ci è stato spiegato, e abbiamopotuto riscontrarlo, che l'altare mag-giore della Basilica superiore è statoeretto proprio sopra il punto esattoin cui fu sepolto il Principe degliApostoli.La giornata è quindi proseguita visi-tando San Giovanni in Laterano eSanta Maria Maggiore. Prima delmeritato riposo, preteso con legittima insistenza dai nostri piedi, abbiamo gustato latipica cucina romana in un locale di Trastevere.L'ultimo giorno è stato dedicato alla visita dei luoghi della Roma antica (Fori impe-riali e Colosseo) ed al Campidoglio. Siamo casualmente incappati in una simpatica,pittoresca e quanto mai folkloristica parata con figuranti in costume che intendeva-no rievocare la Roma dei Cesari e festeggiare in tal modo la fondazione della città(754 a.C.) tradizionalmente ricordata il 21 aprile di ogni anno.Salutare Roma è stato difficile ma una monetina gettata nella Fontana di Trevigarantirà, a chi ne ha espresso il desiderio, di tornare presto nella città eterna conaltrettanto piacevole compagnia.

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Fra Marco Larentis è nato a Cimone, ai Gazi, il 4 ottobre 1940. La sua vocazione francescana loha portato ad iniziare il suo cammino alla vita religiosa a Villazzano, nel Seminario Francescano.Dopo un periodo di preparazione ha scelto di seguire San Francesco, convinto che l'ideale delSanto di Assisi era per lui la sua strada.Dopo il noviziato nel Santuario della Madonna delle Grazie ad Arco (TN), si preparò a viverecome fratello nel servizio umile in lavori manuali con i Frati.Il 13 settembre 1964 i consacrò definitivamente con la professione solenne per tutta la vita.La vocazione missionaria fu coltivata con particolare entusiasmo e fuorientata verso l'America Latina in Bolivia, dove già nel 1949 c'eranoMissionari francescani trentini.Nel 1965 partì per la missione.In Tarata, collegio missionario per i francescani studiò la lingua spagno-la e si preparò con la presenza di Missionari presenti alla catechesi deiragazzi, prima in Tarata (1965 - 1968) e poi in Pasorapa (1968-1972).Dal 1972 andò in Aquile, capoluogo della diocesi, affidata ai Frati diTrento con l'allora Vescovo Mons. Giacinto Eccher e gli fu assegnato ilcompito nelle scuole e nella catechesi dei giovani. Fu in Ivirgarzama eOmereque come incaricato della formazione cristiana delle comunitàcampesine .Dal 1986 fu quasi stabilmente in Aquile, dove continua sempre la suamissione di educatore e formatore nella città e nelle comunità di tutta laPrelatura, come responsabile della pastorale giovanile dei Seminaristifrancescani nell'Internado (convitto) e come responsabile diocesano ditutta la grande Missione che si estende per oltre 23.000 kmq..Entusiasta e attivo, amato dai giovani, preoccupato per dare una forma-zione cristiana in luogo di accoglienza per trovarsi insieme nell'amiciziae nella crescita cristiana.Con la collaborazione dei suoi Frati della Provincia Tridentina di S. Vigilio di molti trentini, deiparenti, amici di Cimone e di tanti benefattori conosciuti nel Trentino e delle stesse Missioni fran-cescane ha potuto realizzare diverse opere:l'asilo Kinder Aquile grazie al lascito della zia Zanlucchi De Gasperi da Sopramonte;la casa per la pastorale giovanile acquistata in memoria del compianto Fabio Stedile di Aldeno;il salone polifunzionale di Aiquile realizzato grazie all'aiuto di tante persone della Comunità di

Cimone e con il contributo della Regione Trentino Alto Adige, e molte altre opere minori semprea favore dei giovani.Nel 1999 una prima comitiva di volontari da Cimone ha potuto aiutare Fra Marco ristrutturando

una casa per la gioventù dopo il disastroso terremoto del 1998. Attualmente sta predisponendograzie all'aiuto di tecnici partiti dal Trentino l'ampliamento e la ristrutturazione della casa per lapastorale giovanile la quale sarà sostenuta economicamente dalle Missioni francescane e dai varicontributi provenienti dalla Provincia e da vari altri Enti minori del trentino .Non solo questo fra Marco riesce a fare grazie al suo impegno e con l'aiuto economico di tantisuoi sostenitori, ma negli anni ha potuto garantire ai bimbi del Kinder Aquile la colazione quoti-diana a tanti poveri bambini campesini e la merenda S. Antonio, che viene distribuita ai bambinidei villaggi che vengono in città per frequentare la scuola.Nel 2006 fra Marco dopo anni di impegno missionario,nella cittadina di Aquile, ha ricevuto dallamunicipalità,la cittadinanza onoraria come riconoscimento del bene fatto oltre ai suoi amati giova-ni (e fra questi anche al nuovo vescovo Mons. Jorge coadiutore dell' attuale vescovo Mons.Adalberto Rosat francescano trentino) e a tante famiglie povere della città e dei villaggi.

Fra Marco Missionario in Bolivia

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I cresimati dell’anno 2007 con al centro l’Arcivescovo, 24 marzo 2007.

I bambini che hanno ricevuto laPrima Comunione ad Aldenodomenica 15 aprile 2007.Di fianco i bambini che hanno rice-vuta la Prima Comunione a GarnigaTerme il giorno 29 aprile 2007.

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Il cororigotondo

Da più di dueanni allemesse festive

di Cimone si può cantareanche insieme ad uncoretto di bambini e bam-bine che nel corso del tempo sonodiventati proprio bravi. Guidatida Manuela e Roberto alla chitar-ra intonano canti che parlano di Dio edella bellezza della preghiera. Il giorno 27aprile 2007 il coro ha scelto il proprio nome di"Rigotondo". Il logo realizzato da MonicaPetroli, che potete ammirare a fianco, spie-ga bene il significato di questa sceltache richiama il girotondo dei bam-bini e il rigo musicale che si intrec-ciano in un'unica armonia.I bambini del coro hanno anchemesso in programma per l'8 set-tembre una rassegna di canti aMaria a cui inviteranno tutti i coridelle nostre tre parrocchie. Già dasubito siete tutti invitati in chiesa aCimone alle ore 20.

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La magnifica comunità di CimoneL’oste beffato due volte

Abbiamo rinvenuto un pregevole articolo sull’origine del-l’abitato e della comunità di Cimone e sulle tradizionipopolari radicate sul territorio e crediamo cosa gradita

riferirvene.Si annoverano nelle storie passate di Cimone molti episodicuriosi relativi alla devozione popolare e alle grazie ricevute inoccasione e/o a causa di vicende belliche, fatti storici o sciagurenaturali.Tra le prime possiamo annoverare le invasioni francesi che sisusseguirono nei secoli XVIII e XIX.La prima invasione che gli annali storici ricordano risale al 1703quando le truppe francesi del generale Vendôme vennero fer-mate nella piccola gola della località di S. Anna mentre si sta-vano dirigendo alla volta di Trento.Gli abitanti di Cimone di fronte alle truppe “gallicane” rea-girono prontamente appiccando il fuoco nella zona del foiè(attuale loc. S. Anna); i soldati non poterono far altro cheretrocedere in Vallagarina senza riuscire a raggiungere Trento e dar manforte alletruppe già presenti in quel luogo.Per lo scampato pericolo i “zimonèri” commissionarono un quadro votivo quale exvoto. Detto quadro, risalente al 1703, si trova ancora conservato nella canonica dellaChiesa del paese.In basso è stato posto l’inciso “quando l’anno 1703 la Magnifica Comunità di Cimone, resta-ta libera dalla invasione dei francesi fece fare quest’opera qual voto. Raccomanda ai suoi posteri isuffragi per le povere anime del purgatorio A.C.”Per ricordare l’evento, inoltre, venne istituita l’annuale festa votiva del I settembre“per la liberazione dai francesi” che culminava con una processione al Foié dove fu eret-to un capitello in onore di S. Anna.A detta invasione seguì una nuova incursione il 30 gennaio del 1797.Gli archivi storici ricordano, tra gli altri, il caso dell’oste Gianmaria Lorandi gestoredell’esercizio in fondo “al Coel” il quale, vistosi razziato di ogni alimento, in parteancora sulle proprie zampe, successivamente alla dipartita delle truppe francesi decisee perorò la causa per ottenere il rimborso dei danni e del mancato guadagno diretta-mente dalla comunità di Cimone. Era infatti uso in quei tempi che le comunità rim-borsassero o quantomeno sostenessero i danni subiti da qualche “vicino” a causadella guerra. Forte di questa convinzione, il signor Lorandi adì il Giudizio diNogaredo cercando di dimostrare, senza purtroppo riuscirvi, che i maggiorenti diCimone (Curato, Scrivano e Sindaco) avessero assicurato “offri tu che poi paghiamo noi”.A conclusione del giudizio si statuì che nulla era dovuto all’oste che, alla fine di unalunga e costosa querelle giudiziaria (conclusasi solo nel 1802), ebbe il danno e subì

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anche le beffe in quanto condannato altresì al pagamento delle spese ben più salatedel conto lasciato dai francesi.Altri furono gli abitanti delle frazioni dei Cimonéri o della Costa che persero masser-izie e capi di animali, ma nessuno di loro fece richiesta di risarcimento del danno; ri-sarcimento che invece chiesero alcuni contadini di Aldeno e che si videro riconosci-uto per aver perso quattro paia di buoi e carri che furono requisiti dalle truppefrancesi e impiegati, senza più far ritorno, per il trasporto dei bagagli verso Bassano.Ben prima del secolo XVII-XVIII, anno in cui si sono svolti i fatti appena narrati,Cimone vede i propri albori, lontano XII secolo quando un certo Menego, primoabitante che può annoverare questo paese, venne mandato per volere di Aldrighetto

di Castel Barco, signore del maniero posto sopraChiusole, a “roncàr”, ovvero a dissodare ampie zoneancora boschive sulle pendici del monte Bondone, attiv-ità che venne introdotta per sfruttare il legname presentesul territorio nella successiva produzione di carbone.Tale attività, cui poi si affiancherà quella della calce, cos-tituirono una fonte di reddito abbastanza importante neisecoli XII e XIII tanto da indurre il principe vescovoFederico di Vanga, a inviare altri “roncadori”, questavolta di origine tedesco-bavarese, a disboscare il montedi Cimone (tracce della presenza germanica si rinven-gono ancora nei toponimi e nei cognomi che hanno evi-denti reminiscenze germanofone; si ricorda che l’abitatodi Cimone, infatti, è l’unico con Garniga ad annoverarepresenza germanica sulla sponda destra dell’Adige).Vista l’importanza economica e strategica del monte giànel 1213 venne rivendicato dalla comunità di Lagaro chereagì al tentativo di usurpazione dei signori di CastelBarco. A partire da questo momento e nei secoli avvenirela comunità di Cimone rimarrà legata a Villa Lagarinarimanendo fino all’inizio del ventesimo secolo curaziaindipendente della pieve di Lagaro e disponendo delprivilegio di scegliere il proprio curato. Tale situazione si

muterà solo nel 1920 quando la curazia sarà eretta dal vescovo Endrici a parrocchia.Durante il periodo in cui fu curazia unita ad Aldeno, Cimone istituì la festa votiva deiSanti Simone e Giuda durante la quale erano imposte rigide limitazioni il cui manca-to rispetto portava a reprimende severe. Il proclama del 1691 vietava ogni attività achiunque si trovasse nell’abitato nei giorni festivi, e in particolare, vietava di bestem-miare, di girare armati, di cercare funghi e lumache e financo di lavorare. Chi venivatrovato in flagrante violazione di detti imperativi riceveva severe sanzioni.Come anticipato prima, la comunità fu soggetta anche ad eventi storici e sciagure na-turali, per far fronte alle quali vennero assunte limitazioni di pubblica sicurezza e diprofilassi igienico sanitaria.In tempi passati erano purtroppo molto frequenti furiosi incendi che si propaganda-

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La chiave di volta di SanGiorgio presente nellachiesa di Cimone.

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vano alle stalle e alle abitazioni e che la mancanza di prevenzione e le scarse possibil-ità di intervento trasformavano in tragiche morti.Cimone conobbe più e più roghi che causarono vittime e che condussero alla deci-sione precauzionale di proibire di girare con “tia impizata nelle tezze [soffitte] e neipaiàri [fienili]”.In fatto di profilassi si dovettero prendere alcuni accorgimenti verso la fine del XIXsecolo in seguito alla diffusione della pellagra; Cimone vantava a fine secolo il nonpoco lusinghiero primato di una percentuale di malati pari al 40-50 percento dellapopolazione totale.Le difficili condizioni di vita a Cimone vennero infine testimoniate dai flussi migra-tori che si susseguirono nel XIX secolo.Cimone conobbe forme differenti di migrazione. Una prima prevalentemente sta-gionale che interessava padri e figli che si spostavano per lavoro nei paesi limitrofi (labonifica del terreno paludoso di Aldeno spinse molti a coltivare e far pascolare legreggi in piana) o tutt’al più nelle confinanti regioni del Veneto e della Lombardia; laseconda, invece, coinvolse intere famiglie che cercarono miglior fortuna (non sem-pre con esito positivo) inpaesi lontani (Sudamerica).Gli annali ricordano, in parti-colare, l’emigrazione massic-cia del 1875-1882 alla voltadel Messico che vide la dipar-tita oltre oceano di ben 21persone. In ricordo di taleavvenimento, molto sentitonella popolazione rimasta, perle vie del paese si cominciò adiffondere la tradizione car-nescialesca della “barcaròla”,ovvero ogni venticinque annisi rinnovava la tradizione ditrascinare per le frazioni di Cimone una grande barca a ricordo di quell’esodo.Successivamente a questo periodo Cimone vide un progressivo aumento della pro-pria popolazione quale segno indiscusso di maggiore prosperità: si diffuse l’agri-coltura con la coltivazione prevalente di frumento, grano saraceno e ortaggi; vi fu losviluppò della produzione della calce (alcune “calchère” sono ancora ben conservatein loco) e si diffuse la produzione del baco da seta che veniva venduto e lavorato suc-cessivamente presso le industrie di Aldeno. Tutto ciò contribuì a sostentare il paeseche già nel 1912 poteva contare su più di mille abitanti.

Per gentile concessione di Alberto Folgheraiter in “Tante grazie e così sia ...”, pag. 203-207, editonel 2006 dalla Curcu & Genovese Associati nel quale rinverrete questo e tanto altro ancora sullevarie forme di devozione, ringraziamento e superstizione nei paesi e nei santuari trentini.

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Un particolare del quadro votivo nella chiesa a Cimone

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I vizi capitali: attualità o storia?Proseguiamo con la seconda parte sui pensieri malvagi che generano sedu-zione nell’uomo e lo allontanano da Dio. Sono solo ricordi del passato o sonoancora attuali? Sono vizi o solo atteggiamenti normali dell’uomo del 2007? Avoi ogni commento.

L’AVARIZIA

Alla voce “avarizia” del vocabolario della lingua italiana troviamo che essa significa:egoistica avversione allo spendere e al donare.Il mare non si riempie mai, pur ricevendo molti fiumi, così l’avaro non è mai soddis-fatto. Si può definire: amore smodato per il denaro e le cose, brama disordinata, sma-nia insaziabile di accumulo, il possesso diventa necessità a costo di passare sopra glialtri. Si inizia trattenendo per sé quello che si potrebbe dare agli altri, poi si pongonodegli obiettivi e si spostano sempre più in là. L’avaro è condannato ad una vita morti-ficata: sottrarre agli altri senza mai goderne. “L’avaro diventa ciò che ha”, ira e tristez-

za sono le sue compagne. L’avarizia cifa intravedere una lunga vecchiaia, maspesso è un’illusione del nostro egoi-smo.L’antidoto all’avarizia è la conversionedei desideri, il problema non è quantibeni si possiedono, ma come sipossiedono, quindi invertire la rottadal tenere e accumulare tutto per sé aldonare agli altri con generosità: laconseguenza è una grande libertà.Così la traduce in atteggiamenti concreti ilPapa in un esame di coscienza proposto aigiovani in occasione della Pasqua 2007: per-donaci se per avarizia lavoriamo la domeni-ca, siamo disonesti, non diamo in elemosina,ci circondiamo di cose superflue. Perdona leconseguenze terribili della fame di soldi: litifamiliari, ansie e falsi timori, tradimenti,

frodi, inganni, spergiuri, violenza, indurimento del cuore. Perdonaci l’abitudine a essere insoddisfattiper ciò che abbiamo e bramosi di ciò che non ci è dato. Liberaci da lussi inutili, comodità e abitudinidispendiose. Perdona le ingiustizie della società, le drammatiche disuguaglianze tra paesi ricchi epoveri, le guerre, i disumani sfruttamenti e l’inganno delle coscienze, prodotto da un sistema di accu-mulo e consumo che fa di tutto per eccitare la brama del possesso. Aiutaci a sottrarci all’influenza dei media e a fidarci di te che rivesti i gigli delcampo e non abbandoni gli uccelli del cielo.

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La becaza e 'n cagn de razai se gata a fin de caza.Mort e strac lu de cazar,straca ela de scampar.

Zo da 'n ram ghe dis al cagn:- Cossa èlo el to guadagn? -- Tasi lì quela lenguaza, -dis el cagn a la becaza.

Sete levri e des fagiani,oto tordi e 'n barbagiani,e perfin en capriolgò parà lì tut da sol.

- E ti a ris-cio de 'n infartcossa èlo la to part? -- Soto el tavol del patromciapo 'n os da galantom. -

- Se a ti i ossi el te sparagnae la carne lu 'l se magna, meio nar a la vernazache cazar sta gran becaza. -

Quande le bestie le podeva parlar… La becaza

Gh'era na volta… La sortiva de SanzemLa sortiva de San Zeml'è na fossa de acqua viva,e scometo en tut Naldemno ghe n'è n'altra sortivacome quela de San Zem.

La va via pian pianelche la par no la se mova,se ghe spegia tut el zielco la cera bela o strova

Co la boza tanta zenttut l'istà chì la vegniva;ghe tegniva sempre a mentquande i neva a la sortiva.

La stenteva l'acqua a entrarper el col de la botilia,la fea bole a tut andarcome i lavri che bisbilia.

Boc, boc, boc… sglobi e aneime se feva 'ntorno a mi:la 'ngiazeva man e peise te stevi massa lì.

Ma se 'n secio o na bicheralì per lì no me veniva, co na foia de zucherame rangeva a la sortiva.

L'è na fossa de acqua viva:ghe scometo, en tut Naldemno ghe n'è n'altra sortivacome quela de San Zem.

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Abbiamo ricevuto in questi ultimitempi una accalorata e sincera

lettera di una madre che si firma eche racconta del disagio e della scon-fitta personale per un figlio cheabusa di sostanze alcoliche.Ve ne riproponiamo, data la lunghez-za, solo i passi più significativi: “hoscoperto da poco che mio figlio, non ancoramaggiorenne, beve e molto. Di fronte alleprime ubriacature ho reagito dicendo edicendomi “capita a tutti, sono esperienzeche fa ogni giovane, poi passerà..”. Adesso,a distanza di qualche mese, ho dovutopurtroppo constatare che non si tratta difatti isolati ma che mio figlio si ubriacaormai sistematicamente. Alle domande,forse pressanti ma legittime, mi risponde“mamma, non ci sono problemi, come hocominciato posso anche smettere, se voglio, lofaccio per divertirmi, per stare con gli amici...”. .... Io come devo comportarmi ?? Luinon ha ancora preso coscienza del proble-ma. ... La mia preoccupazione non è condi-visa dal resto della famiglia che appareindifferente a questo problema. ... A chiposso rivolgermi ?”

L’alcool e i giovani

La lettera che abbiamo pubblicatosu questo numero del bollettino ci

dà il giusto impulso a proseguire nellanostra indagine, che ha suscitato moltointeresse, sui mali che affliggono l’ado-lescenza anche nei nostri paesi.L’abuso di alcool infatti costituisce unmalcostume sociale diffuso e, soprat-tutto nelle piccole realtà e nella popo-lazione adulta o matura, rappresentapurtroppo un costume più o menoammesso. Questa tolleranza porta neifatti ad indulgere quella che invecedeve essere riconosciuta a tutti glieffetti una piaga sociale.Molte volte per convenienza si sotto-valutano gli effetti di questo abuso,soprattutto quando ne sono vittime igiovani o i giovanissimi che si avvici-nano a questo mondo spinti dadesideri quali l’emulazione, l’esi-bizione, come antidoto, insomma, alladifficoltà di essere accettati per comesono e nel tentativo di superare i pro-pri limiti. L’alcool, in questi casi, èinizialmente un compagno molto utile,

Depositate i vostri interventi nella

cassetta delle lettere della canonica, oppure

potete inviargli per E-mailall’indirizzo

[email protected] tutti fin da ora a proporre nuovi argomenti

che potranno essere oggetto dei prossimi

bollettini.

Proseguiamo sul bollettino dedicando unospazio al dialogo e al confronto con i letto-ri. Auspichiamo di accogliere i vostri inter-venti a riprova del fatto che i destinatari diquesto bollettino non sono lettori meramen-te passivi.Invitiamo tutti coloro che lo desiderano aesporre le loro riflessioni con interventibrevi, anche critici ma sempre e comunquecon il proposito di dar vita ad un dialogocostruttivo.La redazione sceglierà e pubblicherà solo interventifirmati – pur assicurando a chi lo desidera l’anonima-to -, ed è autorizzata fin d’ora a ridurre, qualora trop-po lunghe, le lettere pervenute.

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ma poi si rivela un’insidia cui difficil-mente scampa sia chi lo assume sia chigli sta vicino.Le cause che generano il fenomenodell’alcolismo sono veramente molte.Certamente esiste un’insieme di piùfattori socioculturali e psicologici allabase del problema e su questi inter-viene poi l’effetto della sostanza, checostituisce il terzo elemento di grandeimportanza nel decidere di continuarea bere.Il fascino che suscita inizialmente l’al-col è l’essere un potente “lubrificatoresociale” o “facilitatore di convivialità”in quanto modifica le percezioni di noistessi alterando il funzionamento dellecellule nervose e quindi le nostre sen-sazioni soggettive ricavandone unostato di piacevole euforia e dibenessere. A ciò si aggiunge che vienspesso visto come un mezzo persuperare sfide personali e per affer-mare se stessi. Questi piacevoli effettisono però gradualmente e inesorabil-mente superati da conseguenze fisichee psichiche. L’alcool infatti incide neg-ativamente sul sistema nervoso, sulfegato, sull’apparato riproduttivo edurante la gravidanza.Sotto il profilo psicologico il traguardoultimo cui porta l’alcool è la dipenden-za, che passa attraverso la tolleranzaprima e l’assuefazione poi.L’alcool ha poi conseguenze sociali,essendo causa della maggior partedegli incidenti stradali mortali e causadi circa un terzo dei suicidi. I maggioriproblemi sorgono dalla constatazioneche la nostra cultura alcolica è infarcitadi luoghi comuni e pregiudizi: si dice

comunemente che l’alcool fa salute,che fa virile, che fa sangue, che muovericchezze. La pubblicità, inoltre, tendea proporre nuovi valori nell’uso dellabevande alcoliche facendo ricorso amodelli di comportamento come l’as-sociazione simbolica alcool-ricchezza,alcool-sesso o alcool-salute.Naturalmente questi messaggi hannoazione soprattutto sul debole, che habisogno di un esempio con il qualerapportarsi e a cui ispirarsi e che puòcosì diventare un potenziale alcolista.Evitiamo di cadere nella trappola, fac-ciamoci aiutare e aiutiamo le famigliein difficoltà.Se vuoi chiedere informazioni il clubAlcoolisti in trattamento si ritrova ognimartedì e giovedì alle 20.30 alla casadel circolo anziani in via D. Chiesa adAldeno. Non serve avvisare.

DOPO SEI BIRRE

PRIMADELLE SEI BIRRE

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La cena delle «scopine» di Aldeno, giovedì 26 aprile. Sopra, Bruna Baldo una delle primea fondare il gruppo, premiata con la scopa d’oro.

I bambini dell’oratorio con i pompieri il giorno 5 maggio 2007.

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Silvia Andreatta coord. oratorioArnaldo ContMonica Dal Pozzo vice tesoriera CimoneBruno Dell’Anna presidenteElena FoladoriElisa Menestrina segretariaFabrizio Peterlini vicepresidenteGraziano Plotegher revisore dei conti Gianfranco SpinielliAngela Toller vice coord. oratorioDonato TollerFlavio ZamboniDon Daniele Morandini presidente onorario

IL NUOVO DIRETTIVO PARROCCHIALE «SAN MODESTO» - 4 MARZO 2007

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Gli animatori al corso di formazione aLignano Sabbiadoro dal 28 al 30 aprile 2007.

La processione della Madonna ad Aldeno il 6 maggio 2007.

La festa deglianziani in palestra a Cimoneil giorno 25 marzo 2007.Sopra due animatori d’eccezioneInnocenti e Mosnache hanno allietato la serata.

Il selciato rifatto dai volontaridi Garniga Terme all’ex canonica.

La processione della Madonna aGarniga Terme il 29 aprile 2007.

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Luciano Baldon. 27/10/1940 ad Aldeno

17/3/2007 ad Aldeno

Arrivati con un po' di timore in un paese nuovoabbiamo trovato in un sorriso e due parole cortesi un'accoglienza radiosa e gioiosa.Quest' accoglienza sarà sempre un esempioper noi e per questo siamo felici

di aver potuto conoscerti.Ci hai dimostrato che sono le persone a fare belli i luoghi visto che con te anche tanto calore e colore della piazzase n'è andato e un enorme vuoto a cambiato il suo volto.

Grazie Luciano,non ti dimenticheremo mai.

Giuseppe Beozzon. 16/10/1935ad Aldeno

16/3/2007a Trento

«Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratellipiù piccoli, l’avete fatto a me».

L’altruismoverso gli altrifu una delle piùgrandi virtù.

ii nnoossttrrii ddeeffuunnttii

Augusta Terragnolon. 13/02/1916

20/2/2007

Gina Cont v. Piffern. 20/2/1922 a Cimone

10/4/2007

Luca Marchin. 28/06/1976

19/5/2007

Fortunata Rossi di anni 76 22/5/2007

Lino Larentisn. 25/4/1923 a Cimone

12/4/2007

Palmo Larentisn. 8/10/1936 a Cimone

aprile/2007 in Austria

Un pensiero per LucaScriviamo per rivolgere un pensiero particolare alla famiglia di Lucae a tutti i suoi amici. Luca lo abbia-mo conusciuto appena 4 mesi fa, e da allora ci siamo sempre trovatibene con lui, lo reputavamo un amico, un trascinatore. A dire la verità l’unico esperto delledue ruote della compagnia. Le parole da dire non sono tante, ma la voglia di ricordare un amicoc’è e pulsa sempre nel cuore! Ciao Luca guardaci e proteggici dalassù, tanto prima o poi ci rivedremo!

Paolo, Michele, Daniele,Stefano, Raffaele

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Wanda Sforzellinin. 16/10/1923 ad Aldeno

7/5/2007 a Vicenza

Lina Piffern. 31/8/1920 a Cimonemaggio/2007 a Cadine

Isolina Burattin. 2/11/1912 ad Aldeno

26/2/2007 a Torino

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Si chiede anticipatamente scusaper eventuali dimenticanze.

Per i prossimi bollettini, se qualche familiare

o conoscente volesse scrivereun pensiero per il defunto, è pregato di consegnarlo

in parrocchia.

Essere pronti alla vitaLe persone pensano molto poco alla morte.

Passano la vita preoccupandosi di vere e proprieassurdità, rimandano cose, tralasciano momentiimportanti. Non rischiano, perché pensano sia perico-

loso. Si lamentano molto, ma diventano codarde quan-do è il momento di prendere provvedimenti. Voglionoche tutto cambi, ma loro si rifiutano di cambiare.

Se pensassero un po' di più alla morte, non tralasce-rebbero mai di fare quella telefonata che manca.

Sarebbero un po' più folli. Non avrebbero paura dellafine di questa incarnazione - perché non si puòtemere qualcosa che accadrà comunque.

Gli Indios dicono: "Oggi è un giorno buono come qual-siasi altro per lasciare questo mondo". E uno stregonecommentò una volta: "Che la morte sia sempre seduta

al tuo fianco. Così, quando avrai bisogno di fare qual-cosa di importante, essa ti darà la forza e il coraggionecessari".

Spero che tu, lettore, abbia letto fin qui. Sarebbe unastupidaggine spaventarsi della morte, perché tutti noi,

prima o poi, moriremo. E solo chi accetta questo è pron-to per la vita. (P. Choelo)

Anna Ferrazzi ved. Giaimo

n. 14/12/19269/6/2003

«Amore è una parola diluce, scritta da unamano di luce, su una pagina di luce»Il profetaCiao Nonna!Matteo, Beatrice,Giorgia, Massimo

Rosalia Mosna v. Contn. 27/9/1911 ad Aldeno

3/4/2007 a Nomi

Loredana Baldon. 23/5/1963

3/4/2007

E’ stata una nuvola leggera sospinta dal vento e dissolta nella sera. La sua vita, forse diversa, ci ha aiutato a capire il senso vero della vita.

ii nnoossttrrii ddeeffuunnttii

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dall’oratorio

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dall’oratorio

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ORARIO ESTIVO SANTE MESSEFESTIVO DEL SABATO

Garniga T. ore 18.00FESTIVO

Aldeno ore 08.00

Aldeno ore 20.00

Cimone ore 09.30

Garniga T. ore 10.30

GIORNI FERIALI

Aldeno: lunedì

martedì

venerdì ore 08.00

Cimone: giovedì ore 17.30Garniga T.: mercoledì e venerdì S. Osvaldo ore 18.00

1° venerdì di ogni mesea Garniga Vecchia alle ore 18.00

Dallago Sofia4.3.2007

Morelli AndreaPietro Maria 13.3.2007Bridi Yannick

7.4.2007Bridi Mattia

7.4.2007Coser Caterina

7.4.2007Moser Pietro

7.4.2007Tomasini Leonardo

7.4.2007Tovazzi Ester

9.4.2007Bisesti Matteo

9.4.2007Lucianer Camilla

9.4.2007Coser Aylin

9.4.2007Mora Ivan

9.4.2007

BATTEZZATI ADALDENO CIMONE

E GARNIGA TERME

LE SANTE MESSE NELLA CHIESA DI CEI

Dal 24 giugno a fine agosto Santa Messa ad ore 17.30tutte le domeniche. Ogni mercoledì il rosario ad ore 17.30