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Bollettino parrocchiale Aldeno - Cimone - Garniga Terme Estate 2008 Insieme in cammino

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Bollettino parrocchiale Aldeno - Cimone - Garniga Terme Estate 2008 GLI ORARI DELLE SANTE MESSE E I BATTEZZATI Hanno collaborato a questo numero: Sandro Bisesti, don Valerio Bottura. Stampa: Grafiche Dalpiaz - Ravina Redazione: Giovanna Frizzi, Giorgia Giaimo, Elisabetta Giovannini, Maura Mazzurana, don Daniele Morandini, Marco Moratelli 2 ll’’iinnddiiccee LA VIGNETTA 3 e l l ’ ’ e e d d i i t t o o r r i i a a l l e e d d i i d d o o n n D D a a n n i i e e l l e

Transcript of ESTATE 2008

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Bollettino parrocchiale Aldeno - Cimone - Garniga Terme

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Insieme in cammino

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PAGINA 3L’EDITORIALEForse se ci ascoltassimo di più...di Don Daniele

PAGINE 4-5-6CAPITELLI, EDICOLE E CAPPELLESanta Teresa a Cimonee San Zeno ad Aldenoa cura della redazione

PAGINE 7-8-9Spe Salvi enciclica del Papadi Sandro Bisesti

PAGINE 10-11I NOSTRI CONSACRATI Don Italo Baldo

PAGINE 12-13-14«APRITE LE PORTE» L’INTERVISTAUn pomeriggio thailandesea cura della redazione

PAGINA 15 DALL’OMELIA DEL FUNERALEIn ricoro di Daniele Baldo

PAGINA 16LE POESIE DI DON VALERIO«El ghingam» e la mia Verità

PAGINE 17-18ALBUM EVENTIComunione, Cresima e prima riconciliazione

PAGINE 19-20-21-22BOLLETTINO JUNIORL’angolo dei ragazzi

PAGINE 23-24-25IL SACRESTANO DI CIMONEQuarantanove anni e non sentirliFesta degli anziani a Cimone

PAGINE 26-27PENSIERI DELLA TRADIZIONE CRISTIANA I vizi capiteli. l’accidia

PAGINE 28-29IL CORO PARROCCHIALE DI ALDENOCantare, pregare e servire la comunità

PAGINE 30-31LE LETTERESingle è meglio?

PAGINE 32-33-34GLI ADOLESCENTISesso subito: ciò che conta è l’Amore?a cura della redazione

PAGINA 35SULLA MUSICA DELLE FAVOLEL’intero oratorio mobilitatoper ridar vita a Fantàsia!

PAGINA 36I NOSTRI DEFUNTI

PAGINA 37IL RIGOTONDOIl coro rigotondo incide il suo primo CD

PAGINA 38IL MATRIMONIO CRISTIANO

PAGINA 39IL PALIO DEI RIONI Lo vince l’Arione

PAGINA 40GLI ORARI DELLE SANTE MESSEE I BATTEZZATI

Insieme in camminoRedazione: Giovanna Frizzi, Giorgia Giaimo, Elisabetta Giovannini, Maura Mazzurana, don Daniele Morandini, Marco Moratelli

Hanno collaborato a questo numero:Sandro Bisesti, don Valerio Bottura.Stampa: Grafiche Dalpiaz - Ravina

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Forse se ci ascoltassimo di più…

Ascoltare sembra un'operazione abi-tuale, quasi banale, eppure l'ascoltoautentico è raro e difficile.Costantemente immersi come siamo

in rumori di vario tipo, sollecitati da messaggimultiformi, non conosciamo più il silenziocome ambiente e condizione indispensabileall'ascolto dell'altro. Sempre più incapaci disilenzio fecondo, finiamo per smarrire anchel'arte dell'ascolto: lungi dal considerarlo un'op-portunità preziosa, subiamo come praticafastidiosa il dover "stare a sentire" qualcunomentre, dal canto nostro, siamo sempre pronti a parlare, riversando i nostri con-fusi bisogni su chiunque si trovi a portata di voce.Ma cosa significa ascoltare? Innanzitutto accettare in profondità di sacrificareciò che ci pare sempre più prezioso: il tempo. Occorre tempo per ascoltare, untempo vissuto senza fretta, senza angoscia; occorre la consapevolezza che sideve decidere di ascoltare. D'altronde, l'ascolto è la prima forma di rispetto e diattenzione verso l'altro, la prima modalità di accoglienza della sua presenza.Ascoltare significa essere attenti, accogliere le parole di chi ci sta di fronte maanche, più in profondità, tentare di ascoltare ciò che egli vuole comunicare al dilà di quanto riesce a esprimere: per questo è necessario impegnarsi a cogliereanche il suo "non detto", ciò che egli sottintende o addirittura nasconde.

Ma accanto all'ascolto dell'altrovi è un'arte ancora più difficile,un "lavoro" faticoso ma indi-spensabile per una vera vita inte-riore: l'ascolto di se stessi, delproprio profondo.Ed è qui che l'ascolto diventaanche ascolto di Dio, della suaParola, del suo comunicarsiattraverso eventi, persone, nar-razioni del suo agire. Così infattinasce un credente: quando unuomo ascolta come rivolta a sé laparola che Dio a indirizzato aGesù: "Tu sei il mio figlioamato!"

LA VIGNETTA

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Santa Teresa a Cimonee San Zeno Ad Aldeno

Continuiamo, ancora una volta, a rinverdire lamemoria sui capitelli delle comunità. In que-sto numero vi presentiamo il capitello dedi-

cato a Santa Teresa a Cimone e quello dellaMadonna a Sanzeno.Il primo è una piccola edicola ricavata nelle muradella casa Innocenti nella frazione Petrolli a Cimone.A raccontarci la storia di questo manufatto siamoandati a sentire le ferme e lucide parole della signo-ra Onorina che, forse tra i pochi ancora, ne ricordala costruzione. La signora Onorina ci accoglie nellacasa vicina a quella in cui è collocata la testimonian-za votiva.Racconta, come se fosse accaduto appena ieri l’altro,che la piccola nicchia venne ricavata in quella casaper desiderio della maestra Ottilia Piffer di Aldeno,allora insegnante a Cimone, che un giorno, passan-do per quella frazione, manifestò la volontà che sierigesse una piccola insegna per devozione a SantaTeresa. La cosa venne accolta con favore dal nonno della signora Onorina, AttilioInnocenti, allora proprietario della abitazione.Il signor Attilio preparò la nicchia, il figlio, allora lavorante presso i fabbri Maistri diAldeno, realizzò la piastra in ferro con due candelabri e incise sulla piastra le parole, ancoroggi leggibili, che la maestra si era riproposta di dedicare. Intonacata a dovere la nicchiapoté accogliere il quadro offerto dalla maestra Ottilia – che di lì a qualche mese abbando-nò l’insegnamento per seguire la vocazione.Il capitello fu eretto nel 1929-1930 circa - la signora Onorina ricorda di essere stata all’e-poca una bimba di nove o dieci anni – e per molti anni rimase alle cure della famigliaInnocenti. Quando poi la casa passò di proprietario il capitello subì gravi danni e permolto tempo venne abbandonato all’incuria tanto che, staccatasi la piastra in ferro, non siricordava più la dedica votiva.Circa dieci anni fa, forse anche meno, il capitello è stato rimesso a nuovo per volontà dellasignora Teresa, oriunda di Cimone e nata nella casa di fronte al manufatto.Il restauro della cappelletta non risultò difficile, molti ricordavano la forma originaria; benaltra cosa fu trovare le persone che avessero ancora a mente la dedica. Chi poteva ricor-dare se non chi, ancora bambina, vide la realizzazione della nicchia per mano dei suoifamigliari?La signora Onorina, ricorda, allora come oggi, a memoria la breve frase: “oh piccolo fiore delCarmelo, Teresa Santa, quest’umile fiore di campo è per te, accettalo con un sorriso d’amore e ricambia-lo con le tue rose del cielo”.Molto più antica è la cappella dedicata a San Zeno, ora detta “Capitel de Sanzem”.Si trova in direzione di Nomi appena dopo le ultime case dell’abitato di Aldeno. (Le prime

Il Capitello di Santa Teresa a Cimone

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cronache che ne riferisco-no la presenza dicevano:è situato ad un chilome-tro circa dal paese diAldeno: i tempi sonocambiati e abbiamo testi-monianza dell’espansionedel paese).Abbiamo detto cappellain quanto originariamentesi trattava di una vera epropria chiesetta con vel-leità architettoniche poiadibita a rustico perriporre gli attrezzi agrico-li.Oggi una nicchia sullafacciata rivolta verso lastrada è tutto ciò cherimane di questo anticosegno di culto. È difficile datare la costruzione e ritrovare le ragioni della sua erezione inun luogo a ridosso della montagna scoscesa e rocciosa ad ovest, ed ad est sopraelevata suun terreno che le alluvioni dell’Adige in passato non risparmiavano. Sicuramente in pas-sato questo luogo era strategico e ciò lo dimostrano anche reperti archeologici che atte-stano la presenza umana in quel luogo già nei primi secoli d.C..Abbiamo detto che non è facile azzardare una datazione ma è certo che risale a prima

della metà del seicento e ciò in quanto la tradizio-ne vuole che nel 1660 vi fosse collocata la pala diS. Zeno, proprio nell’anno in cui alla chiesa eranostate donate le spoglie mortali di S. Modesto.Secondo la tradizione, inoltre, presso la cappella sitenevano funzioni religiose che richiamavano gliabitanti di Aldeno e di Nomi e si celebrò, quanto-meno fino al 1870, il “sacro offizio”. Attualmente,come già anticipato, segno di culto è solo la nic-chia che custodisce una statua della Madonna,mentre la cappella è stata adibita a rustico per ildeposito di attrezzi agricoli.Insieme agli attrezzi, quantomeno fino ai primidel ‘900, vi era conservata una statua lignea agrandezza naturale raffigurante S. Giovanni, forseS. Giovanni Nepumoceno e ciò a conferma dellafrequenza con cui il luogo subiva gli attacchi delfiume Adige – ricordiamo, infatti che il santo eravenerato come protettore contro le acque e chequindi spesso effigi del santo venivano collocatein luoghi soggetti a fenomeni alluvionali -. Di tale

5Il Capitello di San Zeno dedicato alla Madonna ad Aldeno

In una foto di tanti anni fa, Ionne Baldo assieme alla mamma Amelia,hanno curato per 54 anni il capitello di San Zeno dedicato alla Madonna

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capitello di San Zeno

LA PREGHIERA DI IONNE (scritta il 1° maggio 2008)

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Spe Salvi, enciclica del Papa

«Spe salvi facti sumus» nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo aiRomani e anche a noi (Rm 8,24). (La «redenzione», la salvezza, secondo lafede cristiana, non è un semplice dato di fatto. La redenzione c’è offerta nel

senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della qualenoi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso,può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noipossiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cam-mino.»)Con queste parole inizia la seconda enciclica di papa Benedetto XVI.Una forma elegante. Una riflessione teologica-dottrinale d’ampio respiro. E’ il temadella speranza dove fede e speranza sono «interscambiabili». Le ragioni della speran-za cristiana sono le ragioni della fede cristiana e la riflessione trova le sue radici nellaprassi della tradizione cristiana, quella dei Padri della Chiesa dove la fede consiste nel

dare la propria vita alla persona di Cristo.Il testo dell’enciclica è composto da una breve introdu-zione (n. 1), poi ripercorre la testimonianza biblica sullasperanza (nn.2-9) e la testimonianza storica della Chiesae dei cristiani (nn.10-15).Il confronto con il pensiero del tempo presente (nn.16-23) introduce il tema della diversità cristiana rispetto allosviluppo della modernità: dall’illuminismo alle ideologiedell’Ottocento e del Novecento.Nei numeri 24-31 «la vera fisionomia della speranza cri-stiana» il papa affronta il tema della libertà dell’uomoorientata al bene, fondata sulla speranza assoluta di Diocome l’unico in grado di offrire una risposta, perché«non è la scienza che redime l’uomo, l’uomo vieneredento mediante l’amore».

Infine nell’ultima parte (nn.32-48) il papa riprende alcuni «luoghi» teologici d’appren-dimento della speranza: la preghiera, l’azione e la sofferenza, il giudizio finale di Dio.Termina poi con la figura di Maria «stella della speranza».La considerazione della testimonianza biblica sulla speranza consente all’enciclica diaffermare che «speranza, di fatto, è una parola centrale della fede biblica - al puntoche in diversi passi le parole «fede» e «speranza» sembrano intercambiabili» (n. 2).Infatti, la fede cristiana non consiste nell’accettare un certo numero di verità astrat-te, la fede consiste nel dare la propria vita alla persona di Cristo, Dio vivo e vero, peressere da lui salvati ed introdotti nella comunione divina. La vera speranza è alloraincontro personale con il Dio vivo e vero per mezzo di Cristo. (n. 3) C’è dunque un profondo legame tra la speranza e la storia nella rivelazione cristiana,tensione che muove ad un futuro di cui già partecipa. «Non un’impotenza della

La firma del Papa sull’enciclica

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mente, com’era parso a Spinoza, una perpetuadisgiunzione di sé in rapporto a se stessi», ma unamemoria del futuro. «Chi ha speranza vive diver-samente; gli è stata donata una vita nuova», dice ilpapa. Di qui il significato storico della testimo-nianza cristiana, la sua efficacia che cambia ilmondo e la vita.Nelle pagine relative alla vita eterna e all’ipotesi diun individualismo cristiano il papa analizza convivo realismo la mentalità attuale evidenziando lemalattie della speranza: «forse oggi molte personerifiutano la fede semplicemente perché la vitaeterna non sembra loro una cosa desiderabile.Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella pre-sente». La seconda malattia è quella dell’indivi-dualismo di una condizione esistenziale sufficien-te a se stessa. Il papa qui indica la speranza cristia-na come «salvezza comunitaria « orientata verso lacomunità che «presuppone l’esodo dalla prigioniadel proprio io» per accogliere l’amore in tutte lesue dimensioni. La parte più critica è quella che il papa riserva all’analisi della trasfor-mazione della fede-speranza cristiana nel mondo moderno. L’analisi si sviluppa par-

tendo dal pensiero di Bacone, attraversol’Illuminismo, sino all’analisi marxiana, eviden-ziando quella secolarizzazione della redenzioneche ha assunto diverse forme nel pensiero e nellaprassi. Al papa questa analisi serve per indicarealcune illusioni attuali: l’assolutizzazione dellaragione e della libertà. «Noi tutti siamo diventatitestimoni di come il progresso in mani sbagliatepossa diventare e sia diventato, di fatto, un pro-gresso terribile nel male». Solo la fede può apriread un’umanizzazione della ragione: «Se il progres-so per essere progresso ha bisogno della crescitamorale dell’umanità, allora la ragione del potere edel fare deve altrettanto urgentemente essere inte-grata mediante l’apertura della ragione alle forzesalvifiche della fede, al discernimento tra bene emale. Solo così diventa una ragione veramenteumana». «Non v’è dubbio, pertanto, che un«regno di Dio» realizzato senza Dio - un regno

quindi dell’uomo solo - si risolve inevitabilmente nella fine perversa di tutte le cosedescritta da Kant: lo abbiamo visto e lo vediamo sempre di nuovo» (n. 23).

La statua della Madonna nella chiesadi Aldeno

La scultura del bambino che suona ilflauto davanti alla chiesa di GarnigaTerme

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Nel cercare la vera fisionomia della speranza cristiana, il papa ritorna al linguaggio eall’esperienza dei padri e in particolare ad Agostino dove è evidente la dimensionecomunitaria del rapporto con Dio. Ed è nuovamente sul tema dell’amore che ritornail monito nei confronti della tentazione del potere assoluto dell’uomo oggi esercita-to attraverso la scienza: «Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redentomediante l’amore» (n. 26). Il Dio-amore, il Dio fatto uomo, lui solo è il fondamentodella nostra speranza (n. 31).La seconda parte dell’enciclica descrive i «luoghi di apprendimento e di esercizio dellasperanza» (nn.32-48) e riguarda, in modo concreto, la vita cristiana. Questi luoghisono individuati, anzitutto, nella preghiera come forza purificatrice, come dimensio-ne interiore dell’uomo, che sfocia nella comunione con la Chiesa e con il mondo. Poil’agire e il soffrire, come luoghi dell’apprendimento, della perseveranza ( la testimo-nianza del martire vietnamita). Potremmo dire della trasformazione storica. Si puòqui nuovamente richiamare san Paolo e quei passi della Lettera ai Romani dove si dicedella sofferenza che genera pazienza, della pazienza che genera una virtù provata,della virtù provata che genera la speranza che non delude (cf. Rm 5,3-5).La parte conclusiva presenta alcune considerazioni sul «Giudizio» finale di Dio. E’ il

tema dei Novissimi.E’ una riflessione avvincente cheprende le mosse dalle parole dellanostra professione di fede ilCredo: «… di nuovo verrà nellagloria per giudicare i vivi e imorti». Per confermare che ilGiudizio finale richiamerà sì laresponsabilità dell’uomo nella sto-ria ma che sarà un’immagine disperanza «sia perché è giustizia, siaperché è grazia» Infatti, scrive ilpapa «Dio rivela il suo volto pro-prio nella figura del sofferente checondivide la condizione dell’uomo

abbandonato da Dio, prendendola su di sé. Questo sofferente innocente è diventatosperanza-certezza: Dio c’è, e Dio sa creare la giustizia in un modo che noi non siamocapaci di concepire e che, tuttavia, nella fede possiamo intuire. Sì, esiste la risurrezio-ne della carne. Esiste una giustizia. Esiste la «revoca» della sofferenza passata, la ripa-razione che ristabilisce il diritto. Per questo la fede nel giudizio finale è innanzituttosperanza, la cui necessità si è resa evidente proprio negli sconvolgimenti degli ultimisecoli. Io sono convinto che la questione della giustizia costituisce l’argomentoessenziale, in ogni caso l’argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna»(n. 43). Infine un pensiero splendido a Maria, stella della speranza, come l’esempiodella vita concreta, della disponibilità, dell’attenzione, della presenza nel dolore, dellacapacità d’amare e della speranza fatta vita.

L’altare adornato con il baldacchino nella chiesa di Aldeno

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Don Italo Baldo

Continuiamo la conoscenza dei nostri consacrati.Dopo aver ricordato don Valerio Bottura con i suoi65 anni di sacerdozio, vorremmo presentarVi la

figura di don Italo Baldo che naviga allegramente verso i53 anni di sacerdozio (al 29 giugno).Una di queste domeniche lo cerco a Garniga Terme,immagino di incontrarlo in passeggiata e invece mi acco-glie in canonica e quando scopre le ragioni della mia visitami dice “allora mi metto comodo” e sprofonda nel divano!La sua vocazione, mi anticipa, non è stata improvvisa; certo - mi conferma - “a queitempi le famiglie incoraggiavano queste scelte, ma la mia fu una tendenza emersa fin da piccolo, forse,ammette, conseguenza del sacrificio di mia mamma” (a chi non lo sa, diciamo, che la mammadi don Italo morì dandolo alla luce).Il piccolo Italo, quindi, scopre la vocazione e la segue di conseguenza, del resto, - con-

tinua ancora don Italo -: “tuttiabbiamo un fine, quello di seguire ilvolere di Dio e a tutti è data una voca-zione: la mia era quella di diventareprete”.Don Italo entra in seminariomolto presto, nell’autunno del1942, per seguire le lezioni dellescuole medie e del ginnasio (adAldeno vi era la possibilità di fre-quentare solo “l’avviamento”ovvero una scuola ad indirizzoprofessionale); durante i primianni la guerra obbliga i seminaristia sfollare a Drena e a Roncone perscongiurare le incursioni aeree cheminacciano e colpiscono semprepiù frequentemente la città diTrento.Nel 1955 nel giorno dei SS. Pietro

e Paolo, giovane venticinquenne, assieme ad altri 30 seminaristi, don Italo viene ordi-nato sacerdote.Il suo percorso di studi e la sua ordinazione vennero sempre sostenuti dalla famiglia,eppure il papà non nascondeva una ‘divisione interiore’; vedeva il proprio figlio mino-re intraprendere una vita lontana dal paese, dal calore e attenzioni della famiglia permettersi al servizio degli altri.Il suo incarico di parroco lo portò a conoscere molte realtà del Trentino, Castione diBrentonico prima, Viarago di Pergine, Sorni di Lavis, Pattone, e infine Romallo.Le parrocchie in cui operò erano tutte realtà piccole e raccolte che favorivano un rap-

Un primo piano di don Italo

La prima Santa Messa di don Italo nella chiesa di Aldeno

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porto diretto ed immediato. In tutte queste parrocchie sitrovò molto bene e lasciare una comunità per un’altra erasempre una separazione un po’ dolorosa, - ammette -,ma altresì un esperienza positiva e per la comunità e peril sacerdote per ritrovare nuovi stimoli e compiere sem-pre meglio la propria missione. Da alcuni anni è final-mente approdato nelle nostre parrocchie come “collabo-ratore pastorale”. Se motivi di salute lo indussero a chie-dere al vescovo di esonerarlo dalla cura di una parroc-chia, intendeva comunque mettersi a disposizione perpoter ancora essere utile. Quindi, - ci tiene a dirlo -, nonè un parroco in pensione. Aggiungiamo noi, che in pen-sione proprio non è! La sua collaborazione è quanto maipreziosa in una parrocchia come la nostra che si dividesu tre paesi in cui non mancano di certo le iniziative.

Attualmente vive presso la canonica di Garniga Terme, dove ammette, “sono solo” eil ricordo va immancabilmente alla sua perpetua che ricorda con affetto.Le sue giornate sono scandite dalle celebrazioni religiose distribuite tra le diversecomunità (molte meno che in passato, è vero) cui si affiancano amene passeggiate inuna cornice, quella di Garniga Terme, molto apprezzata.A questo punto mi permetto di dire che non passa di certo inosservato con il suo abbi-gliamento scuro e che è facile distinguerlo durante le sue solitarie escursioni. Unicaconcessione a tale rigore sono lescarpe da ginnastica bianche, dicoe, capendo che sto scherzando,don Italo incalza e prosegue “effet-tivamente sono fuori liturgia!, ma sonocosì comode!”.Prima di lasciarlo gli rivolgo anco-ra una domanda, e un po’ provoca-toriamente chiedo come si trovi adessere collaboratore in una parroc-chia retta da un sacerdote giovane.Don Italo non pensa neppure unistante e mi risponde: “don Danielelascia fare ed è sempre contento”.Impieghiamo ancora un momentoa cercare le immagini che accom-pagnano l’articolo, ognuna rievocae scandisce un ricordo, una perso-na, un avvenimento e don Italo le cerca con cura affinché lo rappresentino come eglieffettivamente si sente e vede.Sono rimasta piacevolmente sorpresa, come sempre più spesso mi accade, dalla cono-scenza degli altri, e le impressioni che porto via sono quelle di una persona mite cheha seguito i propri talenti assecondando un volere superiore e benevolo.

I cinquant’anni di sacerdozio di don Italo festeggiati nel 2005

Don Italo da bambino

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Un pomeriggio thailandeseQuesta volta apriamo la nostra finestra sulla Thailandia, il paese situato nella parte

centrale della Penisola Indocinese famoso per le sue meravigliose spiagge e per lagradevolezza del suo clima, ma anche per la povertà e, purtroppo, per lo Tsunami

che lo ha così violentemente scosso due anni fa circa, nei giorni in cui noi festeggiavamoil Natale.Ad aspettarmi tanti sorrisi. Sono quelli di Sirikanjana e della sua bimba di 18 mesi, RosaSofia, accanto a quelli di Yufa e della piccola Jenny, di poco più di un anno. Entrambe lesignore hanno sposato “ ’n aldener”. Le accompagna un’amica, che potrebbe aiutare conun po’ di italiano, ce ne fosse bisogno. La chiacchierata comincia però senza difficoltà, èanzi piacevole sentire la dolcissima inflessione linguistica di queste persone, la nostra lin-gua usata con tanta delicatezza.D.: Iniziamo? Ci dite da quale parte della Thailandia arrivate?

Sirikanjana: Io sono nata in un paese di25.000 abitanti vicino alla città di ChiangMai, nella parte nord-occidentale delpaese. È una zona montagnosa, quindidiversa da come la gente immagina ilnostro paese. Anche lì c’è turismo, seppurin proporzioni molto minori rispetto allazona di Phuket, meta tradizionale anchedegli italiani. Gli stranieri passano perChiang Mai durante i tour che si snodanoall’interno della Thailandia alla scopertadelle zone meno conosciute del paese eche offrono l’occasione per fare qualchebuon acquisto, dato che la città è unimportante centro commerciale.

Io là lavoravo in un hotel, la mia famiglia invece viveva di quel poco che riusciva a ricava-re dall’agricoltura. Mia madre, quando io avevo due anni, se ne è andata e mio padre hadovuto crescere da solo me, mio fratello e le mie due sorelle.Yufa: Io provengo da unafamiglia molto più numerosa:eravamo otto figli e anche danoi l’unica possibilità eraofferta dall’agricoltura, inparticolar modo dalla coltiva-zione del riso, un’attivitàinsufficiente per vivere,anche perché tutto era complicato dalla penuria d’acqua che caratterizza la mia terra. Miopadre aveva inoltre alcune mucche e qualche maiale, ma era difficile comunque riuscire asfamarci tutti.Vivevamo nella provincia di Phitsanulok, nella parte centrale della Thailandia. Anche da

noi tante montagne e tanta, tantissima polvere…

Un bel primo piano di Yufa

I saluti a tutti gli aldenesi dalla Thailandia

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D.: Quando avete lasciato il vostro paese e inquali circostanze?S.: Io sono partita molti anni fa, grazie ad unapersona che mi offrì di lavorare in un ristorantea Kiel, nella Germania del nord. Partii senzariflettere, pensando che sarebbe stato solo per seimesi, il periodo di validità del permesso di sog-giorno. Poco tempo dopo il mio arrivo, invece,conobbi un uomo e ben presto diventammomarito e moglie. Siamo stati sposati per ottoanni, fino al giorno in cui una malattia lo ha por-tato via da me e da sua madre, una dolcissimadonna di novant’anni con la quale sono ancora incontatto e che andrò a trovare, perché vogliofarle conoscere la mia nuova famiglia e, soprat-tutto, la piccola Rosa Sofia.Y.: Io ricordo benissimo la data in cui ho lascia-to il mio paese: era il 15 maggio del 1996, desti-nazione Italia, precisamente Pomarolo. Un po’ ditempo dopo, esattamente undici anni fa, sonoarrivata ad Aldeno.D.: Raccontateci del vostro arrivo nel nostropaese…S.: Come ho già detto, io mi trovavo in Germania. Tanti anni fa, in Thailandia, avevo cono-sciuto Franco. Nel frattempo lui era tornato nel mio paese e aveva cercato di rintracciarmipresso la mia famiglia. Grazie ad un’amica comune, sposata con un italiano, ci siamo rivi-

sti. Così è cominciata la nostra storia.Quando poi Rosa Sofia ha bussato allaporta, ho lasciato il mio lavoro ( da alcunianni ero stata assunta in una casa di riposo)e sono partita alla volta di Aldeno.Y.: Dopo aver conosciuto Armando, è statonaturale per me trasferirmi in questo paese,niente mi legava a Pomarolo.D.: Come sono stati i primi tempi?S.: Sono stata accolta molto bene dalla fami-glia di mio marito. Certo, mi è spiaciutolasciare la Germania, anche se il clima delNordeuropa è veramente troppo rigido epiovoso. In Italia ho trovato molte differen-ze rispetto a là: Kiel è una grande città,moderna e super organizzata, qui la lingua, il

cibo, le tradizioni, la gente stessa sono diversi. La vita ad Aldeno offre però tranquillità eserenità, aspetti importantissimi e che apprezzo pienamente.Y.: Quando sono arrivata, sono stata accolta con un po’ di diffidenza… ho imparato in fret-ta il vostro proverbio “Mogli e buoi dei paesi tuoi”… Con il tempo le cose sono migliora-te e ora posso dire di essere contenta della mia vita qui. Ad Aldeno ho anche trovato lavo-

La cartina della Thailandia

Il bel sorriso di Sirikanjana

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ro, presso la S.O.A. . Se poi mio marito habisogno, lo aiuto nella sua attività in campagna,anche il sabato e la domenica, se necessario.D.: Siete riuscite a conoscere persone al difuori della famiglia di vostro marito?Y.: È molto, molto difficile. Sul lavoro i colle-ghi sono aperti e gentili con me, ma fuori daquell’ambiente non conosco proprio nessuno.Mi è capitato spesso di salutare per strada lepersone che incontro, ma senza essere ricam-biata. Forse ancora pochi sanno chi sono…S.: So di cosa parla Yufa. All’inizio Franco sistupiva del fatto che io saluto tutti, anche lepersone che non conosco. Ma per la mia cultura questo è un comportamento normalissi-mo, fa parte delle regole di buona educazione. Devo ammettere che sento forte la necessi-tà di stringere nuove conoscenze ad Aldeno. Per fortuna ho incontrato Yufa, è diventatasubito una buona amica e, inoltre, essere entrambe mamme da poco ci ha avvicinate molto.D.: Quindi la difficoltà ad incontrare gli altri è reale …Y.: Assolutamente sì, ti porta piano piano a rinunciare a provare, a chiuderti nelle tue muradomestiche.S.: Per me attualmente l’ostacolo più grande è ancora la lingua. Per superarlo sto frequen-tando un corso d’italiano per stranieri presso la Biblioteca Comunale, sotto la guida dell’in-

segnante Ancilla. Mi rendo perfettamente conto che, sevoglio integrarmi pienamente, devo cominciare da qui.D.: E un aspetto positivo della realtà aldenese?Y.: La mia famiglia: mio marito e mia figlia sono la cosapiù importante. Aldeno per me significa questo.S.: È un paese piccolo, ma molto ben organizzato. C’èpraticamente tutto quello che serve: banca, posta, far-macia, negozi d’alimentari… (ride…) Franco mi prende sempre in giro per questamia mania dell’organizzazione, dice che alle volte glisembra di vivere con una tedesca!D.: Tornate ogni tanto in Thailandia? S.: Certo! Mio fratello e le mie sorelle ora vivono aPhuket e a Bankok, dove il turismo offre la possibilità

di lavorare, e ogni anno li vado a trovare. A Phuket vivevano anche molti altri amici, ma lotsunami se li è portati via.Y.: Anch’io torno tutti gli anni al mio paese. L’ultima volta ho portato anche Jenny per farlaconoscere alla mia famiglia. Contavo di rimanere là per alcune settimane, ma la bimba si èsubito ammalata e, così, siamo tornate a casa dopo soli sei giorni. Speriamo che la prossi-ma volta vada meglio…D.: Ultima domanda: voi siete entrambe buddiste, come riuscite a vivere la vostra religiosi-tà ad Aldeno?S. e Y.: Questo per noi non è un problema. Sentiamo di essere rispettate e, naturalmente,anche noi rispettiamo chi professa una religione diversa dalla nostra. Certo, qui non c’è untempio dove recarsi a pregare (il più vicino è a Milano), ma ognuna di noi ha allestito incasa un piccolo altare dove potersi raccogliere in preghiera. Semplice, no?!

Rosa Sofia, figlia di Sirikanjana e Franco

Jenny, figlia di Yufa e Armando

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In ricordo di Daniele BaldoPensieri dall’omelia del funerale

Il segreto della nostra vita non sta nel vivere a lungo, ma nel viver bene quel po’ divita che Dio ci dona. Noi possiamo solo spargere semi che gli altri vedranno cresce-re. La voglia di vivere è un seme che Daniele pianta nel cuore di ognuno di noi. Ci

dici che la vita è bella e quandoun altro avrebbe tirato i remi inbarca, tu hai remato con anco-ra più forza…Ma c’è un secondo seme che tupianti nel nostro cuore, quellodella fiducia e del dialogo.Siamo in un mondo dove que-ste virtù sono rare, soprattuttoin famiglia e in politica.Quando parlavo con te mi sen-tivo ascoltato, accolto, riempitodi fiducia e questo valeva per ituoi collaboratori, per i tuoidipendenti, come per le autori-tà. Questo è il tuo paese, avevianche tu quel mal di campanileche è tipico degli aldeneri, le gioie di questo paese erano le tue, i problemi anche, desi-deravi e pensavi che potesse essere il miglior paese al mondo, la tua politica era, nei limi-

ti del possibile, senza scontri esempre alla ricerca di convergenze.Hai seminato fiducia nell’uomo.Chi lavora con il disagio umanodeve credere che l’uomo si puòredimere, cambiare, voltare pagina,essere migliore.Hai seminato fedeltà: a tua moglie(autentica colonna per te, soprat-tutto in questi ultimi mesi), è pro-prio vero che accanto ai grandiuomini c’è sempre una grandedonna; fedeltà ai tuoi principi evalori, al lavoro, eri un uomo chepensava in un mondo dove moltidelegano agli altri anche questo.La preghiera più bella oggi dice

così: ammettilo a godere la luce del tuo volto.I verbi della fede cedono il passo a un’azione umanissima, la ragione alla gioia, intimaessenza del nostro Dio. Buon viaggio Daniele, da lassù sarai ancora il nostro sindaco.

La prima pagina internet del comune in ricordo di Daniele

La grande folla presente ai funerali nella piazza antistante la chiesa ddaallll’’oommeelliiaa ddeell ffuunneerraallee

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E qual'è la "mia verità"? Immaginiamo di stendere i nostri panni sporchi davanti a tutti... almeno qualche volta, almeno a qualche vero amico, sincero...

(*) Ghingam = inganno; ghinganar = ingannare; ghinga= sta per ghingana (scherzoso) inganna.

Purtropo nel mondo gh'è massa zent che la ghingana el prossimo.Ma la cosienza no la tase mai... se te la scolti.

La verità

La mia verità

El ghingam (*) Prim ghingaml'è quel d'en bissche fa damen paradis.

Po' ghinganivia da aloracome i sercide la lora.

Se ghinganacoi botoni;po' coi soldil'è afaroni.

Se da l'altovegn l'esempiper el mondosarà 'n sempi.

Ghinganonien parlamentno i è bonide far gnent.

Ghinga e bègai avocatiche i sen fregadei mandati.

Sol la mafia e la camorale dà sotoe le laora.

Ma a che prezisto pòr òmpaga i bèziel ghinganom.

En do èl nàsto San Zoamche svelavaogni ghingam?

No ghinganala cosienzaché a le voltefaria senza.

Non avevo filo,e ho disteso un filo.Poi ho sciorinatola mia verità.Tutti i panni involtidel mio panieresprimacciatiin faccia ai monti

che guardavanolevati in punta di piedisopra larghi orizzonti.

Nel nascente alboreera così chiaraadesso la mia verità,che discendeva amarada farmi male al cuore.

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1717Prima comunione ad Aldeno 30 marzo 2008

Prima comunione a Cimone 11.05.2008

Prima comunione a Cimone 11.05.2008

I nostri cresimati in Duomo a Trento conil vescovo il 19.04.2008

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18 I bambini della prima riconciliazione di Aldeno, Cimone e Garniga Terme, 12-13 aprile 2008 a Garniga Terme

Due giorni a Garniga Terme del percorsofidanzati, 24-25 aprile 2008

Prima confessione a Garniga Terme 09.04.2008

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AL. CI. GA.Aldeno, Cimone, Garniga Terme

Ciao bambini! È giunta l’ora di conoscere i vincitori del concorso “IL BASTONEDELLA PIOGGIA”?Eh sì, questa volta era un po’ più difficile… e allora tutti i partecipanti alla sfida ver-ranno premiati! Le loro realizzazioni sono delle vere opere d’arte: complimenti! Eccoi loro nomi:Filippo Lunelli (anni 5), Luca Bisesti (anni 5), Aaron Bisesti (anni 8), FedericoRossi (anni 10) di Cimone e Ilaria Dallago (anni 4) di Garniga Terme! Congratulazioni!!!Tutti vincono la maglietta con la mitica mongolfiera del Bollettino Junior e l’ab-bonamento alla rivista «Focus Junior».

Filippo Luca Aaron Federico Ilaria

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IL GIOCO DEL PUZZLELE SOLUZIONI DEL NUMERO PRECEDENTE

IL PARADISO - UN GIOCO PER CHI SA OSSERVARE...

IL GIOCO1 - A chi deve dare i suoi

beni l’uomo?2 - A Gesù che tipo di vita

chiede di avere?3 - Se l’uomo vende le sue

ricchezze, avrà un ... incielo

4 - Gesù guarda l’uomocon ...

5 - Che cosa deve cono-scere l’uomo?

6 - Uno dei comandamentidice di non ...

7 - Alla fine della parabola,con chi parla Gesù?

8 - Presso Dio tutto è ...

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Nella vignetta in basso mancano 2 fiori e 4 animali

Nel puzzle qui a lato il pezzo«intruso»

è quello cerchiato

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SPIEGAZIONEDELLE PAROLE

Gesù diceva: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vite per le pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre;ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore». Vangelo secondo Giovanni 10, 11.14.16

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bboolllleettttiinnoo jjuunniioorr -- ggiioocchhiiTROVA L’ERRORE

IL MESSAGGIO DI GESU’

SCOPRIMIEcco un ovile: scopri quello che sta

mettendo in pericolo il gregge

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oo Il concorso a premi di questa edizione è "TANGRAM AL-CI-GA"Ritaglia i tasselli del Tangram, lasciati trascinare dalla tua fantasia e crea la tua operad'arte incollandoli su di un foglio. Mandaci poi il tuo lavoro entro il 31 luglio 2008.Il migliore sarà premiato e pubblicato sul prossimo bollettino!

Ricordati di aggiungere all’opera il tuo nome e cognome, la tua età e il paese in cui abiti.

Le soluzioni dei giochi saranno pubblicate sul prossimo numero

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Quarantanove anni da sacrestano e non sentirli!

Primo Zanotelli lo conoscono tutti a Cimone, da decenni è il sagrestano (si potrebbeusare anche il termine ‘sacrista’ ma non rende altrettanto bene l’idea), e basta !! Lui citiene a dirlo “sòto de mi è passà sei preti!”.

Io non lo conosco e quando mi si dice di andare a sentire cosa può raccontarmi di un ser-vizio lungo quasi mezzo secolo mi trovo in imbarazzo. Provo a telefonare, risponde Primoche mi dice che lui è vecchio e che non ha nulla da raccontarmi. Non ci credo, e quindi insi-sto un po’, intendo che forse dovrei approcciarmi di persona e quindi mi invito a casa loroper il giorno successivo. Dopo aver trovato la casa - non puoi sbagliarti, è proprio sotto il

campanile – suono.Ad aprirmi viene la signora Cesira, miaccoglie calorosamente e quando chiedodel marito mi dice: “non c’è!”.Dove volete che sia? Sento le campane ecapisco che ancora una volta il signorPrimo è a servizio. Oggi si festeggia il 60’anniversario di matrimonio dei coniugiZanotelli (cui la redazione fa i miglioriauguri) e il sagrestano non può mancare.Approfitto allora per parlare con la signoraCesira che ne sa tante quante il marito inquanto lei ha condiviso con Primo 50 annidi vita, e in questi anni anche le attività disagrestano.La signora Cesira, mentre aspettiamo ilmarito, mi racconta che loro hanno comin-ciato quasi per scherzo e che il loro servi-zio inizialmente doveva essere provvisorio.Provvisorio per mezzo secolo mi permettodi dire! La signora Cesira mi correggebonariamente e mi ricorda che saranno 49anni a metà giugno.Lo ricorda con precisione il momento in

cui Primo è diventato sagrestano. Loro sierano sposati appena l’anno prima e il parroco di allora, don Emilio – prete “todesco” –intendendo con ciò non tanto le origini di Salorno quanto piuttosto l’uomo dal carattererigoroso e preciso – non sapendo a chi chiedere, chiamò Primo Zanotelli.Era il ’59 e i coniugi Zanotelli dissero al parroco che loro avrebbero svolto questo servizioma che per favore riuscisse a trovare qualcun altro in tempi ragionevoli. La signora Cesira,soprattutto, vedeva questa attività come qualcosa di impegnativo. Durante la settimana tuttele attività erano affidate a lei perché il marito era via per lavoro.A quei tempi, più di ora, essere sagrestano non era compito da poco!

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Primo Zanotelli sacrestano da una vita a Cimone

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Le celebrazioni e gli uffici religiosi erano più nume-rosi, bisognava aprire le porte della chiesa al matti-no molto presto (chi scendeva dalle frazioni perandare a lavorare con la corriera delle 6,30 si fer-mava per qualche momento in chiesa) e chiuderlesolo dopo che i fedeli se ne erano andati.Le quattro campane si suonavano a mano per tuttol’anno almeno 3 volte al giorno (al mattino alle 5,30d’estate e alle 6,00 in inverno, a mezzogiorno eall’Ave Maria della sera, e poi alle 15,00 il venerdì eil sabato).A ciò si aggiunga che c’era da pulire la chiesa, cura-re gli altari, lavare (senza lavatrice) e stirare gli arre-di e i paramenti. Tutto ciò il sagrestano e signora lohanno fatto quasi esclusivamente da soli fino al1999; da tale data a questa parte i compiti sono statidistribuiti tra i parrocchiani e ciò ha reso tutto più semplice e meno faticoso.Quando don Emilio lasciò il paese di Cimone i coniugi Zanotelli pensarono che il nuovoparroco avrebbe trovato qualcun altro (ciò si ripeterà ancora per molte volte …), ma non sela sentirono di abbandonare il nuovo arrivato don Giovanni e così il loro servizio ‘provvi-sorio’ continuò. Verso la fine degli anni 60’, l’arrivo dei figli, gli impegni di famiglia costrin-sero i signori Zanotelli a parlar chiaro con il parroco, andare avanti così, senza un aiuto, eramolto difficile. La perpetua di don Giovanni, a questo punto, si offrì di alleviare in parte leloro incombenze e quindi l’avventura proseguì ... Mentre mi racconta tutto questo sentosuonare le campane e ci troviamo per forza di cosa a pensare come dovesse essere faticosoi primi anni quando le campane si suonavano a mano. La signora Cesira mi descrive la novi-tà – “no me par ‘nanca vera” mi dice – dell’arrivo delle campane elettriche. L’ultima agoniavenne suonata nel 1976 con la sola campana piccola perché stavano sistemando il marchin-gegno elettrico e la suonarono per il papà di Primo.Con le campane elettriche cambiò molto, mi confessa. Ora basta pigiare un pulsante (io nonlo sapevo ma adesso c’è anche il telecomando e le campane la signora Cesira le può aziona-re da sua cucina!!!), quando prima si doveva andare in due a suonare le campane più grossementre i figli si ‘attaccavano’ a quelle più piccole. Gli anni passano e Primo va in pensione.Ora ha più tempo e quindi non se la sente di abbandonare i nuovi arrivati (don Ernesto, donRoberto e don Daniele) anche perché, mi dice, “porèti i è lori soli”.La signora Cesira poi mi confida che ciò che hanno fatto e continuano a fare è per spiritodi servizio non tanto e non solo al decoro della chiesa ma per il Buon Dio che ha regalatoloro molti benefici e una vita serena. Così mi dice: “Il Signore ci ha aiutati”.In quel momento, di ritorno dalla S. Messa ci raggiunge il sagrestano Primo. Tante coseavrebbe da dirmi e alcuni aneddoti me li racconta. Mi sciorina la sequela dei parroci “che èpassà sòto de mì” (don Emilio “todesco”, don Giovanni, don Beppino, don Ernesto, donGiorgio, don Roberto e ora don Daniele). Ricorda con orgoglio che non ha mai avuto alcundiverbio con nessuno. Di tutti ricorda qualcosa, alcuni li menziona con affetto genitoriale, siriferisce in particolare a don Roberto e al nostro attuale parroco, don Daniele, di cui dice“l’è come me fiòl, avù da veciò però”, alludendo alla grande differenza di età che li distingue e poiprosegue: “porèto, ghè toca farse tut da sòl” come a dire che lui continuerà, anche se ottantenne,anche per questo …

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Primo Zanotelli da giovane

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Dei predecessori ha ricordi diversi. Del parroco “todesco” mi dice che insegnò e pretese daisignori Zanotelli che imparassero a memoria le orazioni in latino senza errori grammaticalie lessicali, racconta poi che solo dopo sei mesi fu autorizzato a toccare gli oggetti sacri senzaservirsi di un fazzoletto.Quando gli dico che conoscevo don Gino mi racconta che era un prete molto legato al pro-prio paese di origine e che era spesso a Cimone e quindi lo conosceva molto bene. Era unbuon uomo, mi dice, ma su una cosa non andavamo d’accordo: le chierichette. Cimone,infatti, già verso la metà degli anni ’70 vantava questo primato e Primo molto doveva fareper convincere don Gino a dir messa anche con il servizio delle chierichette. Guardando lamoglie, poi, le riconosce che molto ha fatto sostituendosi a lui, e ricorda come si sentivastringere il cuore quando la vedeva andare per le frazioni, lei sposa di 25 anni, con il pesan-te drappo nero usato per le celebrazioni funebri. Quando saluto i coniugi Zanotelli mi sento,raccogliendo anche il pensiero di chi legge, di ringraziarli per quello che hanno fatto duran-te questi 49 anni e auguro loro, finché qualcuno di buona volontà non si farà carico di sosti-tuirli con lo stesso impegno e zelo, che possano proseguire ancora per molto …Primo e Cesira, quarantanove anni come sagrestani e cinquanta di matrimonio (anniversa-rio il 10 maggio). Auguri da tutti!

Sotto dopo la Messa una foto sul sagratodella chiesa. A fianco un momento del ballo nella palestra a Cimone.

FESTA ANZIANI A CIMONE

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I vizi capitali: l’accidiaUn termine sconosciuto, un peccato attualissimo

Vorrei descrivervi una persona, spessorappresentato in caricatura dalle vignetteumoristiche. E’ un uomo grasso e in

canottiera, sdraiato su una poltrona, davanti aduna televisione accesa, a lato vi è un sacchetto dipatatine o noccioline che ogni tanto prende amanciate, dall’altro un bicchierino di whisky.Tutto intorno a lui vi è un gran disordine e spor-cizia. In cucina vi è un cumulo di piatti da lava-re da giorni, panni sporchi per terra attendonodi essere messi in lavatrice. Insomma: un disa-stro! Forse questa è un’immagine limite, ma…avete mai incontrato qualcuno che «camminatrascinandosi stancamente», pur essendo perfet-tamente sano, e quello che deve fare non lo famai bene, ma sempre di malavoglia, una personanegligente? Conoscete una persona svogliata, con scarsa forza di volontà ed energia?

E’ una persona apatica ed inerte, pigra, indolente, oziosa, abulica, fiacca,incostante... E’ una persona «menefreghista»

che non le importa di niente e di nessuno,indifferente, che ha sempre addosso unasorta di torpore che le impedisce di inizia-re persino quello che pur sa essere beneper sé stessa. Dice sempre: «…e chi me lofa fare». E’ una persona spesso annoiata,ma che non vuole nemmeno far nulla pervincere la sua noia… Non la vedrete maiprendere un libro in mano, magari, ognitanto, qualche insulsa rivista illustrata. Sepoi pensiamo a quelli che comunemente sichiamano «doveri religiosi», per carità,

«Troppo sforzo». Questa è la descrizione sommaria di un peccato capitale denomi-nato ignavia, o meglio accidia, uno dei sette, che stiamo esaminando in questo perio-do.Anche senza andare ai limiti dell’immagine caricaturale che vi ho descritto prima,l’accidia è caratterizzata da mancanza di ideali e di passioni, soprattutto di passioneper la verità, concetto questo quanto mai impopolare oggi, dove, appunto, si nega cheesistano verità oggettive. L’accidia non è solo pigrizia, ma anche freddezza di spirito,morte interiore. E’ un peccato di omissione, non qualcosa che si commetta. La noiaè uno dei segnali dell’accidia. Sapevate che la parola «noia» non è mai esistita prima

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se non solo recentemente? Come può essere che noi viviamo in una società che haaddomesticato tecnologicamente così tante cose, che si diverta con tanto lusso, chepossieda così tanti giocattoli, eppure che sia annoiata? Come mai i nostri figli che gio-cano con aggeggi che costano tanto si sentono annoiati e non sanno che fare, men-tre un tempo ci si divertiva con due bastoncini ed una pietra?.

«Va’ dalla formica, o pigro, consi-dera le sue abitudini e diventa sag-gio».«L’anima del pigro desidera e nonha nulla, ma l’anima dei solertisarà pienamente soddisfatta ... Il pigro non ara a causa del freddo;elemosinerà quindi al tempo dellaraccolta, ma non avrà nulla. ... Il pigro dice: «C’è un leone nellastrada, c’è un leone per le vie!».Come la porta gira sui suoi cardini,così il pigro sul suo letto.... Il pigro affonda la sua mano nel piatto, ma si stanca persino a portarla alla bocca... Il pigro si crede più saggio di sette persone che danno risposte assennate. Come la porta gira sui suoi cardini, così il pigro sul suo letto.Il pigro affonda la sua mano nel piatto, ma si stanca persino a portarla alla bocca, Il pigro si crede più saggio di sette persone che danno risposte assennate».

DAL LIBRO DEI PROVERBI

Accettare l'altro così com'è.Se uno ama l'altro solo per ciò che di lui ha compresoe per ciò che corrisponde agli ideali e ai desideriche egli stesso su di lui ha concepito,in verità non lo ama.

È necessario accettarlo così com'è, in se stesso e per se stesso.Solo in questo modo scoprirai l'altro nella sua verità. (Karl Rahner)

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Cantare, pregare e servire la comunitàParte prima

Il Coro Parrocchiale di Aldeno ha una tra-dizione gloriosa e radici profonde nellacomunità, tanto da essere il gruppo più

longevo della nostra Parrocchia. Si è costitui-to moltissimi anni fa, oserei dire ormai più diun secolo, per volontà di un parroco cheintendeva animare con il canto le celebrazio-ni e le numerose funzioni durante tutto l'ar-co dell'anno liturgico. Il coro è nato comeformazione maschile ed anche la sezionevoci bianche era composta da ragazzi, cheoffrivano il loro servizio anche come chieri-chetti. Solo più tardi si è dato spazio allacomponente femminile, alle "matelote" e poialle donne, che però non sono mai state presenza dominante, come succede in altre real-tà della regione.L'impegno del coro è sempre stato preso molto serio da tutti i membri e dal segretario,che teneva unito il gruppo e ne presidiava le attività. Un documento scritto in bella gra-fia intorno agli anni '40 riporta su carta quadrettata lo Statuto del Coro Parrocchiale diAldeno, che regolava la frequenza delle prove, gli impegni per i funerali e per il servizio

dei cosiddetti "gregoriani", un grup-po di cantori che garantiva il servi-zio per qualsiasi evento. Ricordanoalcuni cantori che a volte, dopo unagiornata di lavoro, non rimanevanemmeno una mezz'ora per cenareprima di andare a prove, ed allora cisi accontentava di una tazza di panee latte bevuta con la giacca giàaddosso per non venire menoall'impegno bisettimanale in prepa-razione alla domenica successiva.Sempre vivo nei cuori dei coristiveterani è il ricordo di don Giongoche tante energie aveva dedicato allacura del canto nelle celebrazioni,componendo persino delle messe edei brani d'occasione per far sì che

la celebrazione domenicale fosse partecipata con intensità da tutti attraverso il canto,cosicché si realizzasse quanto diceva S. Agostino , cioè che chi canta prega due volte.Dopo di lui i maestri che tutti ricordano con maggiore affetto sono certamente DarioBattisti e Renato Giovannini, sotto la guida dei quali il coro ha raggiunto una tecnicaassai raffinata ed una espressività degna di nota; durante le prove ogni tanto veniva dedi-

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Il coro negli anni ‘70

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cato del tempo ad apprendere anche canzoni popolari o pezzi corali tratti dalle opere liri-che italiane più note, che servivano per quando ci si ritrovava in allegria per il tradizio-nale pranzo sociale, per la gita o per la castagnata di S. Cecilia, durante la quale si pre-sentava anche un bilancio dell'attività annuale ed un programma per l'anno venturo.Ancora oggi quando ci si ritrova non si manca di intonare quei canti e gli occhi di moltisi illuminano dei ricordi di tanti anni di vita di gruppo passata insieme per mettere la pro-pria passione per il canto al servizio dellacomunità.Pur essendo nato per l'animazione liturgica ilcoro parrocchiale non ha mai limitato la suaattività alla "messa cantada" della domenicamattina o ai funerali, ma si è anche distintoper la sua proposta di animazione culturale,specialmente quando fu istituita la COFA(Coro e Filodramatica Aldeno), cioè la filo-drammatica, che offriva spettacoli teatrali ecantati, quasi dei musical ante litteram, atti-rando pubblico da tutta la Vallagarina efacendo sembrare davvero piccolo il nostrobel teatro.

Processione della Madonna ad Aldeno il 4 maggio 2008

Processione della Madonna a Garniga T. 27 aprile 2008

Le beatitudinidella mamma

Beata la mamma che sa sorridere anchequando tutt'intorno è nuvolo.Beata la mamma che sa parlare senza urlare.Beata la mamma che sa amare senza strafare.Beata la mamma che sa essere ciò che vuole trasmettere.Beata la mamma che trova il tempo permangiare con i figli e con papà.Beata la mamma che non insegna la vita facile mala giusta.Beata la mamma che non smette mai di essere mamma.Beata la mamma che sa pregare: dal buon Dio sarà aiutata, dai suoi figli sarà ricordata.

Il coro negli anni ‘90

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Single è meglio?

Caro don Daniele,tempo addietro ci siamo ‘imbarcati’ percaso in una conversazione curiosa.Parlando della famiglia quale luogo eterreno naturale per la crescita dellafede, mi hai candidamente detto: “la tuanon è una situazione che la Chiesa riconosce”.Si sarà capito che chi scrive è single(parola brutta ma tanto di moda e quin-di ci adeguiamo).Questa condizione non voluta e quindia volte risulta pesante da sopportare.Chi parla bene, e ha forse ragione, diceche l’accettazione di ciò che non si puòcambiare, dell’umana condizione e del-l’infelicità sono il primo passo verso lafelicità: parole sagge ma difficili daapplicare!!Tralasciando la frase in sé e per sé e lapersona a cui è stata rivolta, vorrei capi-re se davvero la Chiesa Cattolica riservaun atteggiamento di indifferenza, non-curanza o fastidio a tali persone ‘taccia-te’, forse, di non realizzare a pieno undisegno di Dio.Tempo addietro mi è capitato di leggerela lettera ai separati o divorziati e ho

letto parole di sostegno per costoro (v.lettera card. Tettamanzi del 20.01.2008)definiti come “persone dal cuore ferito”,persone che Dio espressamente ama edesidera, persone che la Chiesa “nonguarda come estranei che hanno mancato a unpatto» e anche da loro “attende una presen-za attiva, in termini di ‘compito educativo’, di‘testimonianza’ e di ‘aiuto ad altri in situazio-ni simili’”. Mi vien da credere che questepersone siano ‘salvate’ solo perchéhanno comunque contribuito a molti-plicare il popolo di Dio.I single, invece, hanno rinunciato ad unafamiglia (assumendo il ruolo di coniugee/o di genitore) e al tempo stesso nonsono neppure persone consacrate.Eppure nel mondo della globalizzazio-ne e della comunicazione questo èdiventato un fenomeno sociale conmolti zeri. Sono convinta che non mereragioni di opportunità (i numeri comin-ciano ad essere consistenti), ma perrispetto a tali persone si dovrebbe, inve-ce, ‘sublimare’ anche questa condizionedi vita.Dobbiamo forse ammettere che talipersone non rispondono, anche loro, adun recondito disegno di Dio e cheanche loro a buon diritto non possono

Depositate i vostri interventi nella

cassetta delle lettere della canonica, oppure

potete inviargli per E-mailall’indirizzo

[email protected] tutti fin da ora a proporre nuovi argomenti

che potranno essere oggetto dei prossimi

bollettini.

Proseguiamo sul bollettino dedicando unospazio al dialogo e al confronto con i letto-ri. Auspichiamo di accogliere i vostri inter-venti a riprova del fatto che i destinatari diquesto bollettino non sono lettori meramen-te passivi.Invitiamo tutti coloro che lo desiderano aesporre le loro riflessioni con interventibrevi, anche critici ma sempre e comunquecon il proposito di dar vita ad un dialogocostruttivo.La redazione sceglierà e pubblicherà solo interventifirmati – pur assicurando a chi lo desidera l’anonima-to -, ed è autorizzata fin d’ora a ridurre, qualora trop-po lunghe, le lettere pervenute.

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e devono sentirsi membra attive dellaChiesa?Se una risposta c’è, avrei gran piacere diconoscerla. Grazie.________

Carissima lettrice, grazie innanzitutto per la bellalettera che mi da la possibilità di approfondire unargomento importante che già abbiamo accennatoper strada in modo frettoloso e superficiale: come sirealizza una vita cristianamente? La Chiesaammette terze vie oltre la vita consacrata e ilmatrimonio? Cerco di dare una risposta con ilcuore, senza consultare documenti ufficiali dellaChiesa o posizioni autorevoli di altre persone. La vita è prima di tutto un dono che Dio ci faaffinché le persone possano essere felice aprendosiagli altri. Nessuno, secondo la Sacra Scrittura, sirealizza pienamente senza donarsi. Adamo,immagine di ogni uomo, si sente solo e ha bisognodi qualcuno a cui donarsi, per questo Dio gli creauna donna che gli fosse simile e che diventasse con

lui l’immagine di Dio stesso nel mondo. In unuomo e una donna che si amano troviamo l’imma-gine più bella del nostro Dio. Ogni uomo si realizza donandosi, non esistonoaltre vie. Quelle tradizionali sono riassunte indue: il matrimonio e la vita consacrata a Dio, maciò non toglie che possano esistere altre strade. Perconcludere credo che si possa tranquillamente direche per essere felici nella vita non è necessario esse-re sposati, e neanche preti, suore o frati, ciò che ènecessario è aprirsi agli altri e trovare forme perfar del bene, per uscire da se stessi e dal proprioegoismo aprendosi a chi ha bisogno. Spesso quan-do compiamo un azione buona o quando facciamodel bene agli altri ci sentiamo meglio, ci sembra diessere realizzati e forse questa è la testimonianzapiù bella che non siamo fatti per chiuderci in noistessi.“Single” può essere una strada, purchè non si siasoli con se stessi, chiusi ed egoisti; “single” sì, macon il mondo nel cuore. Don Daniele

IL DECALOGO PER UNA CATTIVA RIUSCITA DEL PROPRIO FIGLIO1 Fin dalla nascita date al bambino tutto quello che vuole: così crescerà con-

vinto che il mondo abbia l'obbligo di mantenerlo.2 Se impara una parolaccia ridetene. Crederà di essere divertente.3 Non accompagnatelo in chiesa la domenica; non dategli un'educazione

religiosa. Aspettate che abbia 18 anni e decida da sé.4 Mettete in ordine tutto quello che lui lascia fuori posto. Fate voi quello che

dovrebbe fare lui, in modo che si abitui a scaricare sugli altri tutte le pro-prie responsabilità.

5 Litigate sovente in sua presenza. Così non si stupirà se ad un certo puntovedrà disgregarsi la famiglia.

6 Dategli tutto il denaro che chiede, e se lo spenda pure come vuole. Nonlasciate mai che se lo guadagni! Perché mai dovrebbe faticare per guada-gnare, come avete fatto voi da giovani? I tempi sono cambiati.

7 Soddisfate ogni suo desiderio per il mangiare, il bere, le comodità.Negargli qualcosa potrebbe scatenare in lui pericolosi complessi.

8 Prendete le sue parti verso i vicini di casa e gli insegnanti. Sono tutti pre-venuti verso vostro figlio. Gli fanno continue ingiustizie. Lui è così intelli-gente e buono e loro non lo capiscono.

9 Quando si mette in un guaio serio, scusatevi con voi stessi dicendo: "Nonsono mai riuscito a farlo rigare dritto".

10 Dopo di ciò, preparatevi ad una vita di amarezze: l'avete voluta e non vimancherà.

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Sesso subito: ciò che conta è l'Amore?

Da ormai due generazioni, a livel-lo socioculturale, sono cadutimolti tabù rispetto alla sessuali-

tà. I giovani e gli adolescenti, se lo desi-derano, possono attualmente confron-tarsi con gli adulti su questo argomento;inoltre, la nascita di consultori e l'intro-duzione dell'educazione sessuale a scuo-la hanno permesso, a livello cosciente,una conoscenza più adeguata e reale delrapporto sessuale facilitando l'accessoall'informazione.

L'affettività nella formazione dellapersonalità degli adolescenti è fonda-mentale, è il loro mattone di crescita (manon lo è forse a tutte le età?). Quando siè adolescenti in modo particolare, il"dramma" dell'affettività è totalizzante espesso i ragazzi, purtroppo, credono cheDio stia altrove rispetto a tale ambitoche, magari, trattano tra di loro senzaminimamente pensare che invece suquesto la Chiesa ha la parola giusta.Questo sta alla radice di tanti allontana-menti dalla comunità ecclesiale, sentita come un "altrove" rispetto alla concretezzadelle prime "cotte", dei primi innamoramenti. Quando poi il rapporto con l'altro arri-va a toccare l'ambito sessuale, spesso sono proprio i sensi di colpa a determinare la

convinzione che su questo "affare" Dio non abbia cittadinanza. Così siincappa nell'errore di costruirsi a partire da categorie sballate chefrantumano la personalità globale dei giovani.

Al contrario i giovani, per quanto riguarda la castità, credonoa questo valore così importante se si presenta loro come un cam-

mino verso le "alte vette", come la chiave della propria dignitàpersonale. Purtroppo la quasi totalità crede che la castità sia un

fatto di preti e suore, una misura stringente e frustrante della vita,insomma qualcosa da rifuggire assolutamente. Se invece li si fa entrare

nella sfida, nell'impegno, se si fa capire loro che la castità è una misura altadella vita e che è un cammino quotidiano sorretto dalla certezza che nessuna cadutapuò impedire di rialzarsi e di riprendere il cammino, allora non possono che ricono-scere quello che hanno naturalmente nel cuore ma che la cultura dominante e il pec-cato impediva loro di decifrare. I giovani amano ciò che è arduo, ciò che richiedeimpegno a patto che ne capiscano il senso e la meta.

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La parola Amore è uno dei vocaboli più belli ed essenziali, ma anche tra i piùambigui perché nella comune comprensione l'amore o viene scambiato per un vagosentimentalismo del tipo "va dove ti porta il cuore", oppure è quasi un sinonimo del"fare sesso", espressione tanto esaltata dai giovani e, purtroppo, anche da coloro cheai giovani dovrebbero trasmettere le chiavi della vita… "Amore… adolescenza…sesso…" è molto più facile di quanto si possa credere sentir parlare di questi tre "dif-ficili e controversi" argomenti insieme. Sì, perché i ragazzi di oggi, o comunque lamaggior parte di loro, sono sempre più portati a credere che, citando una famosissi-ma canzone, "non possa esistere sesso senza amore". E tale voglia di pensare in gran-de con obiettivi alti e importanti quali la Fedeltà, l'Eternità, la Sincerità tra uomo e

donna fa parte della mentalità di questanuova generazione a volte troppo criti-cata e processata. I nuovi giovani pen-sano a costruirsi un futuro, una famigliae un lavoro. Non amano trasgredire e lamaggior parte di loro sogna un amoreeterno ma è abbastanza realista da nonilludersi di averlo già trovato. Purtroppoperò non parlano con i genitori, prefe-riscono confidarsi con fratelli o amici.Tradizionalisti quanto basta, detestano itradimenti preferendo una sana gelosia.L'importante comunque è l'amore, conla "A" maiuscola. E la famiglia che

ognuno di loro desidera costruire... insomma gli adolescenti non sembrano più quel-li di una volta.

Vagando su internet, abbiamo trovato una serie di interviste ad alcuni giovani. Tragli altri, a sostegno di ciò che è stato appena detto, Vincenzo si definisce "un tipo dafilm", perché ama solo "le storie romantiche". Per questo, dichiara senza mezzi ter-mini che "il sesso da solo non esiste, esiste solo l'amore al 100 per cento. Se lei mi dà99 non ci sto". Così, se dovesse capitare un incontro occasionale, Vincenzo diffida esi tira indietro: "E non me ne vergogno" dice "Ormai sono le ragazze che vengonoa cercarti, ma io non ne voglio sapere, specialmente se ho in testa un'altra. L'amoredeve essere totale e non concepisco l'idea del divorzio: l'amore, se è amore, non fini-sce mai e quando sei in crisi puoi sempre rivalutare le piccole cose e ricominciare".

È necessario formare gli adolescenti per aprire i loro occhi alla grandezzadell'Amore, il sentimento di cui più si parla nella nostra società, ma che così poco siconosce. Fondamentale è parlare il "linguaggio dell'amore" senza mai banalizzarlo,senza falsi pudori e cercando di smontare i miti un po' distorti dell'immaginario gio-vanile, non avendo però la pretesa di imporre dall'alto contenuti lontani dall'esperien-za. I giovani oggi sanno molto di più sull'amore, hanno esigenze diverse rispetto aquelle passate, ma si avverte ancora forte il bisogno di conoscere davvero l'Amore,di esperire la sua dimensione totalizzante e di fare tesoro dell'importanza del rispet-to di questo sentimento e della necessità di riconoscerlo come un dono.

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Ciò che invece si leggerà in seguito è stato tratto da "Quando si ama?", il corso dieducazione all'affettività e alla sessualità preparato da una commissione di giovanidell'Arcidiocesi di Modena - Nonantola. L'amore ha una sfera fisica, una psico-affet-tiva e una spirituale: l'essenziale è capire che si ama davvero quando tutto di noi stes-si è in gioco, quindi non centriamo il bersaglio se disgreghiamo il sentimento ridu-cendolo ad una delle sue tre forme. L'amore è come una torta fatta di sei ingredien-ti fondamentali, dice don Luca Balugini: cromosomico, morfologico, ormonale, edu-cazionale, psicologico e sociale. Don Matteo Cavani, invece, ha parlato della necessi-tà di avere delle regole cui rifarsi anche e soprattutto rispetto ad un sentimento tantogrande: la sessualità è un dono di Dio, è una apertura verso gli altri, è unione e rela-zione nella coppia ed è apertura alla vita. La nostra sessualità è tanto più autenticaquanto più è in grado si sintetizzare in sé tutte e quattro questi elementi. Secondo la

dottoressa Anna Mancini l'amore è una scalafatta di diversi gradini e per raggiungere la"vetta" non bisogna accontentarsi di salirne unosolo e di sedersi, bisogna piuttosto insistere, fati-care anche, sapendo però che il risultato a cui siarriverà sarà il migliore, il più autentico. Cosìparla dell'amore di sé, dell'amore dell'altro persé, dell'amore dell'altro per l'altro e, su tutti, dellacapacità che l'altro ci dà di amare gli altri e da quideriva la forza che ci rende compartecipi dellafunzione generatrice di vita di Dio: dare alla luceun altro essere vivente.

Ed infine l'intimità… l'intimità è parte inte-grante dell'amore, è avvicinarsi più fiduciosi,consapevoli di condividere qualcosa, di vivereinsieme quello che si fa, non con spirito critico,non pronti a giudicare se chi ci è vicino è capa-ce, o vuole, darci tutto il piacere che ci spetta e

che vogliamo. E' stare insieme perché se ne ha voglia, perché si sta bene insieme, conla voglia di fare star bene l'altro come stiamo bene noi. E' ancora condividere. E sel'altro, o l'altra, non fa quanto ci aspettiamo saremo noi ad aiutarlo, a far capire, masenza astio e senza sentirsi defraudati, perché se l'approccio è lo stesso da parte ditutti e due non ci sarà stato egoismo consapevole.

Allora i giovani sono pronti ad accogliere la sfida dell'amore! Sì, a patto che siaautentica e bella. Il problema non sono loro, essi davvero hanno una possibilità disantità intatta. Giovanni Paolo II quando parlava della santità che è giovane, avevadavvero ragione.

Il vero problema, molte volte, sono gli adulti, genitori che non hanno mai abban-donato le categorie di pensiero dell'adolescenza, incapaci di fondare se stessi sullaverità, sulla stabilità e che trasmettono ai figli l'idea che tutto va bene a patto che lifaccia stare bene, che l'amore è solo sentimento. Il genitore-amico, a volte, apparecome il danno più grande che la nostra cultura ha fatto ai nostri figli.

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L'intero oratorio mobilitato per ridar vita a Fantàsia!

Martedì 10giugno, la tre-pidazione di120 bambini e di 30 animatori era pal-pabile, così anche la curiosità dei lorogenitori e di tutti quanti hanno presoposto a Teatro. Per tutto l'anno gliattori in erba, gli animatori e donDaniele si sono preparati per la riusci-ta di questo recital.Tre ragazzini, annoiati e disillusi dallafredda tecnologia, decidono di salvareil mondo della fantasia e di tornare adivertirsi raccontando e facendosi rac-contare le favole che non avevano maisentito e che i genitori e nonni avevanoormai dimenticato.La storia è molto semplice ma, cometutte le favole che si rispettano, contie-ne una morale. Speriamo l'abbiate sco-perta ascoltando e vedendo l'impegnoe l'entusiasmo dei bambini !!Ringraziamo gli animatori: Angela,Silvia, Lisa, Elisa, Sara R., Mariachiara,Jessica, Damiana, Monica, Chiara,Francesca, Annalisa, Anna, Camilla,Aurora, Sara Z., Paolo, Michele E.,Daniel, Alessio, Massimiliano, Matteo,Tommaso, Gianni, Luca e Simone.

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Gelmina Coserv. Larentisdi anni 10110/03/2008

Cara mamma e caro papa, avete raggiunto la felicità eterna troppo presto; ciò che ci conforta

è sapervi di nuovo insieme.Siamo orgogliosi di avere due genitori che sono stati disponibili con tanti, attaccati alla famiglia e coraggiosi

nei momenti più difficili.Grazie mamma e papà per l’amore che ci avete dato e che, siamo certi,

continuerete a darci. Lara e MircoLida Pifferdi anni 5424/03/2008

Mario Buccelladi anni 4605/03/2004

Carmela Liberiin Baldo

di anni 80 01/05/2008

Il nostro cuore e la nostramente ci parleranno sempre di te, del tuo esempioe del tuo grande amore. Grazie mamma e buon riposo.

I figli e le rispettive famiglie.

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Daniele Baldodi anni 4927/05/2008

Ezio Marchelli di anni 6827/04/2008

Giuseppina Borgognoniv. Delaiti

di anni 8504/04/2008

Giovanni Larentisdi anni 8725/05/2008

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Il coro Rigotondo di Cimone è natonel 2006 ed è composto da un gruppodi bambini e ragazzi un po’ disordinati echiazzosi; accomunati dalla passione per lamusica e la voglia di avere delle celebrazioniun po’ più vivaci e partecipate, si ritrovano tutte lesettimane ad imparare canti ed arricchire il loro repertorio. I canti di questo CD sonostati gentilmente concessi dalla comunità Nuovi Orizzonti di Cei ed altri amici cheaccompagnano le nostre messe della domenica. Il nostro coro è diretto da Monica

Petrolli e la nostra chitarrista èManuela Rossi. Noi siamo:Pamela Cazzanelli, Valentina,Marika, Nicole, Stefania, Sara,Sabrina, Giulia, Emily, Chri-stopher, Anna, Francesca, Zaira,Alice Piffer, Federico, Giacomo,Elena, Jessica Rossi, Christian,Alessio, Federica Zanotelli,Giulia Paternoster, AaronLorenzo, Luca, Alessia Bisesti,Melody e Joseph Berloffa, MariaLeopoldina Gamper, Silvia Ber-toldi, Alessia e Nicola Marchi.Buon Ascolto!

Il coro Rigotondo incideil suo primo CD

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Il CD si può acquistare in canonica ad Aldeno al prezzo di 10 Euro

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Eleonora e Giovanni 10.05.2008 AldenoChiara e Michele 12.04.2008 Garniga Terme

Barbara e Massimo 17.05.2008 Aldeno

Arianna e Nicola 01.06.2008 Aldeno

Stefania e Daniele 07.06.2008 Garniga Terme

Donatella e Massimo 07.06.2008 Cavedago

Preghiera degli sposiHai chiamato i nostri cuori per nome.Hai messo i nostri passi sulla stessa strada.Hai disegnato il nostro cammino fino a te,ed oggi la tua presenza avvolge in un tenero abbraccio il nostro amore.Hai messo un "sì" sulle nostre labbra per annunciare l'infinita meraviglia del tuo agire.Adesso da un angolo del cielo veglia sulla nostra unione,rafforza quei passi e guidacisu quella strada.Dacci forza quando l'amore quotidiano perderà il suo entusiasmo.Parla ai nostri cuori quando il silenzio si farà sentire.Dacci parole per chi vive nel silenzio.Dacci gioia per chi vive nel dolore.Dacci speranza per chi non la conosce.La nostra casa sia aperta come lo è la tua oggi.I nostri figli siano il tuo sogno più bello e noi capaci di realizzarlo come tu vuoi.Accompagna chi ci ha portato fin qui,dona loro la certezza che il nostro amore è parte del loro,che la nostra gioia è frutto dei loro sacrifici.Regala al nostro stare insieme,tutti i giorni che hai stabilito per noi e quando chiamerai a Te uno di noi,l'uno possa dire all'altro un altro "sì".

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Il Palio deiRioni vintodall’Arione

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ORARIO ESTIVO SANTE MESSEFESTIVO DEL SABATO

Garniga T. ore 18.00FESTIVO

Aldeno ore 08.00

Aldeno ore 20.00

Cimone ore 09.30

Garniga T. ore 10.30

GIORNI FERIALI

Aldeno: lunedì

martedì

venerdì ore 08.00

Cimone: giovedì ore 18.00Garniga Terme: mercoledì S. Osvaldo ore 18.00

1° venerdì di ogni mesea Garniga Vecchia alle ore 18.00

Visioli Daniele, Beozzo LetiziaMerler Matilde, Spadaro ValeriaSpadaro Matteo 22.03.2008

Brunelli Lisa, Osele Emma 24.03.2008

Giacomoni Daniela 30.03.2008

Pecorai Alessandro 20.04.2008

Stenico Evan 01.06.2008

Coser Giovanni Ianes Lucrezia 23.03.2008

Drozd VeronicaBanal Marilena 11.05.2008

Vettorazzi Sofia 17.05.2008

Cont Silvia, Cont JessicaFaes Federico 18.05.2008

BATTEZZATI

ALDENO

GARNIGA TERME

LE SANTE MESSE NELLA CHIESA DI CEI

Dal 15 giugno a fine ago-sto santa Messa ad ore17.30 tutte le domeniche.

Jessica davanti al fonte battesimale nelgiorno del suo battesimo assieme ai geni-tori e don Daniele