Esperienze di discriminazione e sviluppo identitario. I giovani … · 2020. 8. 5. · Esperienze...

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GsD Monza - 14 novembre 2019 Aprire orizzonti sfidando il pregiudizio. Pregiudizi, razzismi e discriminazioni: conoscerli per fronteggiarli. Strumenti e risorse per alternative possibili. Esperienze di discriminazione e sviluppo identitario. I giovani adottati di origine straniera aiutano a capire. Stefania Lorenzini Docente di Pedagogia Interculturale Dipartimento di Scienze dell’Educazione - Università di Bologna [email protected]

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GsD Monza - 14 novembre 2019

Aprire orizzonti sfidando il pregiudizio.

Pregiudizi, razzismi e discriminazioni:

conoscerli per fronteggiarli.

Strumenti e risorse per alternative possibili.

Esperienze di discriminazione

e sviluppo identitario.

I giovani adottati di origine straniera

aiutano a capire.

Stefania LorenziniDocente di Pedagogia Interculturale

Dipartimento di Scienze dell’Educazione - Università di Bologna

[email protected]

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Una ricerca qualitativa:INTERVISTE A GIOVANI ADOTTATI

DI ORIGINE STRANIERA

S. Lorenzini,

Famiglie per adozione.

Le voci dei figli

ETS, Pisa, 2012

S. Lorenzini,

Adozione e origine straniera.

Problemi e punti di forza

nelle riflessioni dei figli

ETS, Pisa, 2013

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Con le interviste si è voluto dar voce a giovani per i quali

l’adozione internazionale è un’esperienzavissuta, essendone protagonisti in quanto figlie e figli,nati in innumerevoli luoghi del mondo

Fotografie di Angelica Dass

Progetto Humanae

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Le interviste

Le prime interviste sono state svolte nel

• 1999/2000 47 intervistati/e

• 2011 5 intervistate/i

• Con lo stesso schema di intervista altre 5

sono state svolte nel 2015 e 2019

• Le interviste proseguono a tutt’oggi

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Intervista come opportunità per

dar voce a chi adottato lo è- contribuire alla comprensione dell’esperienza adottiva grazie alle

voci dei protagonisti,

- riflettere sull’originalità della storia personale e ripercorrere tappe di

crescita ed esperienze di vita.

Ai giovani è stato chiesto di scegliere consapevolmente se fare o no

l’esperienza di essere intervistati

. su aspetti densi, anche sul piano emotivo, della loro vita presente,passata, futura;

. concernenti le relazioni familiari, scolastiche, amicali, sentimentali,ricreative, lavorative e sociali in genere,

Su queste basi e sulla garanzia del rispetto dell’anonimato hanno

accolto l’esperienza di essere intervistatiQuello che ogni soggetto dice durante l’intervista corrisponde a

un sapere unico e originale

che soltanto lei o lui possiedono e possono spiegare (Chiara Sità)

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Alcune caratteristiche

delle/gli intervistate/i

• Prevalenza di ragazze: 37 RAGAZZE E 15 RAGAZZI (52)

• Provenienza extraeuropea: DA 11 DIVERSI PAESI DEL MONDO (India, Colombia,Ecuador, Corea, Tanzania, El Salvador, Guatemala, Perù, Indonesia, Brasile, Madagascar)

• Età diverse di arrivo in Italia: DA POCHI MESI A 14 ANNI

• Età diverse al momento dell’intervista: TRA 18 E 34 ANNI. Prevalenza tra i 19 e i 23 anni

• Residenti nell’Italia centro-settentrionale: Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige,Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana

• Buon livello di istruzione: studenti di SCUOLE SECONDARIE DI SECONDO GRADO eUNIVERSITÀ; studenti lavoratori; già diplomati o laureati, lavoratori/trici o in cerca di lavoro.Solo due non hanno concluso gli studi oltre la scuola dell’obbligo.

• Vivevano in famiglia al momento dell’intervista

• Percorsi adottivi sostanzialmente positivi

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Entro la grande ricchezza dei contenuti emersi

dalle narrazioni, qui, concentriamo lo sguardo su:

– eventi critici vissuti nel contesto di adozione, causati

• dalle reazioni degli altri alla percezione di colori della pelle e

tratti somatici “diversi da…” quelli prevalenti nel contesto di

vita

• dall'incontro/scontro con stereotipi e pregiudizi negativi, diffusi

nel contesto sociale verso “certe differenze”.

– aspetti relativi alla definizione dell'identità personale,

in particolare in relazione alle origini.

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L'origine straniera

visibileFotografie di Angelica Dass - Progetto Humanae

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Numerosi intervistati

testimoniano episodi vissuti nei quali sono stati…

– appellati in modo dispregiativo (sporca Negra, Negro fottuto, Negrodi...);

– fermati da pattuglie di polizia che chiedono il permesso di soggiorno enon la carta d’identità;

– guardati con sospetto come fossero sul punto di rubare un motorino,una borsa;

– approcciati in un italiano lento e scandito che dà per scontato che nonconoscano la lingua;

– rifiutati nella richiesta di locazione di un appartamento per studenti (peril colore della pelle…);

– e, in particolare per le giovani donne identificate• come colf della propria madre,

• come mogli di italiani per interesse economico;

• avvicinate come persone da cui aspettarsi facili favori sessuali.

• Nelle testimonianze più recenti si trovano esemplificati problemi del tuttoanaloghi a quelli descritti nelle prime interviste.

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Esempi dalle interviste.

Parla una giovane di origine colombiana

adottata all’età di 10 anni:

• Bene o male tutti dicono: <<Il razzismo non c’è più>>, ma non èvero. Io mi sono ritrovata tante volte in autobus con le nonnineche mi guardavano e si mettevano la borsa da un lato. O unavolta sono entrata in un grande magazzino e, si vede che ero vestitamale non so, uno mi fa <<Ma te cosa vuoi qua?>> e io gli horisposto <<Veramente, sto con la mia mamma>> e meno male chec’era la mia mamma dentro il negozio. Sì, il razzismo c’è, è inutileche dicano di no. (34 f, Colombia, 10 anni, 2000)

S. Lorenzini, Adozione e origine straniera. Problemi e punti di forza nelle riflessioni dei figli

ETS, Pisa, 2013

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I luoghi pubblici, esterni al protetto ambiente familiare e

amicale, sono tratteggiati come a rischio

Gli intervistati menzionano diversi tipi di soggetti

• incontrati in luoghi diversi: sconosciuti incrociati per strada, sull’autobus, intreno, alla guida dell’auto, in discoteca, negozi, bar, stazione ferroviaria.

• Adulti, coetanei, anziani, ragazzi, ragazzini del grup del condominio ove siabita, vicini di casa, compagni della squadra di calcio, compagni di scuola.

• Le esperienze più dolorose sono ricondotte al contesto scolastico:

• Di quelle che non si dimenticano mai, perché avvengono di fronte agli amici,

in età precoce in cui è difficile capire, rispondere, rielaborare.

<<Ero un bambino, non me lo aspettavo>>.

A volte la Scuola risulta l’unico contesto in cui sono state vissute

esperienze che vanno dalla presa in giro, all’offesa pesante, al rifiuto, in

qualche caso a comportamenti definibili come persecutori.

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Parlano un giovane di origine colombiana

adottato all’età di 11 anni e un giovane di origine

malgascia adottato a 3 mesi:

• Per la diversità di pelle. Con un compagno di scuola, quando siandava in bagno non mi faceva entrare perché diceva cheavevo la pelle diversa, infatti è stato l'unico con cui io sonoarrivato alle mani…, rischiando anche di essere buttato fuoriperché l'ho conciato piuttosto male, però lui l'aveva portato a unlimite estremo. Io non c'è la facevo più e ho esploso tutto quello cheavevo dentro (37 m, Colombia, 11 anni, 2000)

• Alle elementari un compagno di classe mi ha detto <<Vucumprà>>, ho mandato il ragazzino in ospedale…. Han chiamatol’ambulanza perché è caduto, ha sbattuto la testa contro la porta,indietro… è svenuto… (5 m, Madagascar, 3 mesi, 2011)

S. Lorenzini, Adozione e origine straniera. Problemi e punti di forza nelle riflessioni dei figli, ETS, Pisa, 2013

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Esempi dalle interviste.

Parla una giovane di origine colombiana

adottata all’età di 3 anni:

Alle elementari, con i maschi problemi perché ero diversa dalle altre ec’era la derisione: un po’ toccavano sotto la gonna e così, un po’ michiamavano <<Negretta, negra>>. Stessi problemi alle superiori…

Una volta… una cosa molto brutta, [dopo la quale] sono rimasta chiusa incasa tre giorni: ero uscita a portare a spasso il cane e, di fronte allachiesa. stavano giocando dei ragazzi che hanno urlato dalla parteopposta <<Sporca negra, tornatene al tuo paese, noi qui non tivogliamo>>, classiche frasi fatte, della serie prestampata e detta. Io ci rimasimolto male, ero anche piccola. Avrò avuto 13 anni. Li conoscevo c’erano anchedei vicini di casa. Mio fratello ha avuto sempre gli stessi problemi e la suarisposta è stata: <<Io non vado più a scuola>>. Io mi sono chiusa in casa tregiorni piangendo disperata [...]. Io ho messo una corazza abbastanza dura<<Negretta>> non mi dava fastidio, ma <<Negra di merda, vattene via!>>,urlato in mezzo alla strada, è un colpo al cuore. Ero abituata ad andare albar a comprarmi il gelato, per molto tempo non l’ho più fatto (52, f, Colombia, 3anni, 2011).

S. Lorenzini, Adozione e origine straniera. Problemi e punti di forza nelle riflessioni dei figli, ETS, Pisa,2013

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Emerge il timore di essere considerati

– stranieri dagli italiani,

– stranieri dagli stranieri,

– simili e connazionali da persone con le quali, invece,

non si ritiene né - in certi casi - si vuole avere nulla a

che fare, ma con cui si condividono le origini in un

certo luogo e gruppo umano e tratti somatici affini.

• Nell’incontro con gli altri

– la scoperta di essere «diversi da…»,

– ma anche «simili a…».

– la scoperta di sé anche in senso positivo

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Complessivamente si rilevano difficoltà

. a parlare degli episodi citati, a riconoscerli come gravi e causa di dispiaceri.

. a riconoscere se stessi quali soggetti che hanno subito l’ostilità ol’“ignoranza” degli altri, in relazione alle proprie origini e tratti somatici.

. la tendenza a ridurne la rilevanza, a non attribuire responsabilità a chi haagito il sopruso “erano dei bambini, stupidi, sciocchi…”; “non volevano”

. Qualcuno considera tali episodi inevitabili tanto è interiorizzata laconsapevolezza di opinioni negative presenti nel contesto sociale, che cosìsembrano persino acettate:

Episodi legati ai miei tratti somatici, quello è inevitabile. La tendenza a essere

scambiata per una straniera è all’ordine del giorno. All’ufficio di collocamento mi

scambiano per una filippina e mi chiedono il permesso di soggiorno, aneddoti in

questo senso, tanti. Penso che chi non mi conosce mi scambia per la servetta

che va ad assistere un anziano, e mi fa abbastanza ridere (6 F, Corea del Sud, 3

anni, 2000).

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Le reazioni alle esperienze

di discriminazione

vissute in prima persona.

Molti intervistati affermano di non aver reagito all’offesa ricevuta.

– Alcuni descrivono l’assenza di reazione esteriore accompagnata da

. tranquillità: <<Ma... niente di speciale, cioè, mi mettevo a ridere io…, cioè, nienteproprio. Direi con tranquillità proprio>> (2, f, El Salvador, 4 anni, 2000);

. indifferenza: <<Ho reagito bene, me ne sono fregata>> (13, f, Ecuador, 6 anni,2000);

. conseguenze di poco conto: evitare di ritrovarsi nella situazione sgradevole:<<Non ho detto niente, ho preso e ho detto “Bon, arrivederci...”, sono uscita dalnegozio e non ci sono più tornata>> (25, f, Ecuador, un anno, 2000).

Più intervistati, però, spiegano che l’indifferenza esteriore ha occultato emozionidolorose, dispiacere, rabbia, pianto, odio:

Ho reagito con indifferenza, essendo bambino, uno non può mettersi a discutere...Mi ha fatto dolore lì per lì, però (7, m, Colombia, 9 anni, 2000).

Mi è dispiaciuto, non ho detto niente… mi sono chiesta come mai michiamavano così. Sicuramente c’era rabbia e dolore, perché mi trattavanocosì diversamente? (4, f, Ecuador, 6 anni e mezzo, 2000);

Emotivamente mi ha colpito, mi ha fatto avere un’immagine bassa di me (2000).

un colpo al cuore… (2011).

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Le reazioni alle esperienze di discriminazione

vissute in prima persona.

. Pochi descrivono reazioni immediate o conseguenze più forti quali litigi e aggressione: <<L’hopicchiato!>> (37, m, Colombia, 11 anni, 2000).

. Ragazzi raccontano reazioni più forti, sentimenti di odio, e comportamenti aggressivi: tirare icapelli, litigare, picchiare: <<Male, stavolta male, ho litigato>> (2000); <<Ho mandato il ragazzinoin ospedale>> (2011).

. Altri spiegano che avrebbero voluto reagire con l’aggressione fisica, senza esservi riusciti: <<Conindifferenza, ma dettata più dalla paura, razionalmente… io se avessi potuto reagire fisicamente,avrei picchiato la persona che mi diceva questa offesa. Ma era il doppio di me e ho detto “Non è ilcaso, evitiamo”>> (9, m, Colombia, 7 anni, 2000).

. Solo un’intervistata dice di aver reagito: <<Con un pugno in un occhio>> (40, f, India, un anno,2000);

. Gran parte delle ragazze parla di disorientamento e impossibilità a reagire, se non conemozioni dolorose vissute in silenzio o nel pianto: <<Io sono molto... suscettibile, io non riescoa reagire di fronte a questi comportamenti, io piango, piango, ci sto malissimo. E me lo rimproveroperché non ne vale la pena... ma per cosa? Però mi dispiace, perché non è giusto>> (34, f,Colombia, 10 anni, 2000).

. Due sole dicono di aver ricevuto scuse: <<Lì per lì l’ho presa un pochino male, cioè, mi dispiaceuno che dice qualcosa di forte, però passa... Però, dopo è venuto a chiedermi scusa e ho detto “Sì,pensa prima di dire una cosa del genere, perché fa male!”>> (35, f, India, 14 anni, 2000).

. Spesso è precisato il trasformarsi delle reazioni in relazione all’età: <<All'inizio c'ero rimasta un po’male, poi ho imparato a difendermi>> (42, f, India, un anno).

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Tra le strategie di risposta meno frequenti, espresse

in età più matura: prendere in giro l’altro,

provocandolo nel tentativo di fargli fare una figuraccia

• Poi io ci scherzo anche capito, cioè, se vedo che la scena può portare auno scherzo dove posso magari far fare una figura a quello che…, io ci stoal gioco e vedo come va a finire. Una volta ero sotto casa di un mio amico,e un barista è uscito dal suo bar e io mi sono messo sopra al motorino delmio amico. Il barista si è messo a parlare con dei signori, e mi indicavanocome se stessi rubando il motorino. Allora io mi sono messo a girareattorno a guardare il motorino, giravo, giravo e lui è arrivato dicendo<<Cosa stai facendo?>>, e io <<Sto guardando il motorino del mioamico, sta per scendere>>, fa <<Ah, ma è del tuo amico! ah…, noperché pensavo…, sai qui rubano macchine…, non volevo che…

Sì, sì, tantissime volte, non manca volta che magari in autobus miguardano con diffidenza, ti fanno: <<Scusi per caso…>>, poi magaricercano di parlare in un italiano… capibile no? Invece, io gli parlo tuttobello fluido, gli faccio un discorso lungo eterno per fargli capire:<<Guarda che capisco, non è che mi devi parlare a monosillabi!>>,però quello purtroppo è così (53, m, Madagascar, 3 mesi, 2011).

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Le esperienze raccontate dagli intervistati costituiscono un

ambito di problematicità su cui occorre soffermarsi:

– per i contenuti che sono in gioco,

– per il malessere che hanno causato,

– per le conseguenze sull’autostima e sull’identità personale,

– perché risultano eventi critici patiti spesso in solitudine, senza adultivicini a supportare, spiegare, trasformare il disagio in possibilità dicomprensione e di risposta positiva:

Non ho mai parlato con nessuno e non ho chiesto nessuna

spiegazione, niente del genere, è finita lì. Non mi sono mai confidata

con nessuno (4, f, Ecuador, 6 anni e mezzo, 2000).

Delle battute razziste ricevute nel gruppo scout

non ho parlato con I miei genitori…

solo molto tempo dopo

(1, f, India, 2 anni e mezzo, 2019)

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Difficile parlarne con i genitori

• Per alcuni intervistati, pare possibile parlare con i genitori di razzismo,intolleranza e ostilità verso certe differenze etniche quando riguarda altrepersone, ma non riguardo a loro stessi.

• In qualche caso la difficoltà si spinge sino all’impossibilità di farlo.

• Parlare con i genitori risulta molto difficile

– Quando implica far fronte al loro disagio e preoccupazioni

– Quando minimizzano l’accaduto

• “non dar peso”,

• “non ci pensare”,

• “sono degli sciocchi”

• Ignorare

• Ridicolizzare l’altro

• Ironizzare

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Parla una giovane di origine indiana,

adottata all’età di 5 anni

– Quando un turista mi ferma, mi fa capire che vuole portarmi in

albergo con lui e vuole sapere il prezzo, io lo caccio in malo

modo e tornata a casa racconto a mia madre l’accaduto, lei mi

risponde semplicemente: <<Che vuoi che sia, non è successo

niente di grave!>>, anche se io sto per mettermi a piangere. E

mio padre rincara la dose: <<Il peggio deve ancora venire, se

continui a ingigantire sciocchezze ineliminabili dal contesto

sociale, andrai in paranoia, ti verrà la mania di persecuzione>>.

Il minimo per me è sentirmi incompresa emotivamente. A quel

punto vado su tutte le furie, ma le tengo per me e mi implodono

dentro (49, f, India, 5 anni, 2011).

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Occorre affrontare il problema

Le parole degli adulti - come riportate dai figli - mostrano

. sia una generalizzata dolorosità, la difficoltà a far fronte al proprio

disagio, oltre che a quello dei figli;

. sia la tendenza a sminuire il significato delle loro esperienze.

. La difficoltà a riconoscere nei contenuti degli episodi descritti un

problema serio, interno alla cultura del paese (che, a volte, pare

ritenuto ineliminabile).

. La difficoltà ad accompagnare i figli nella rielaborazione

dell’accaduto

- per rendere le emozioni negative sopportabili

- collocabili in un contesto esplicativo che consideri anche i

significati sociali, culturali, le radici storiche, le implicazioni

politiche degli atteggiamenti ostili verso certe origini e differenze

somatiche.

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Quale sostegno alla comprensione di episodi di

pregiudizio/discriminazione verso il colore della pelle?

No... vittima proprio diretta no... però ci sono degli atteggiamenti qualche

volta che…, ma... tante volte mi sento chiamata in causa per delle cose

che magari… tipo quando parlano <<Ma questi extracomunitari, sono

troppi... sono così... e poi le tradizioni diverse…>>. Tante volte mi sento

chiamata in causa, che poi alla fine come dice la mia mamma <<E’

perfettamente inutile, non c’entra molto con te>>, però io… è come se

chiamassero un po’ anche me… (SIL 20 F, India, un anno, 2000).

Devi avere genitori che abbiano la forza di spiegarti tutte le situazioni che ci

siamo detti. Alle prime difficoltà sulla differenza, ci vuole un genitore che

sappia spiegare al figlio che quando esci di casa ci saranno situazioni in cui

sarai messo nell’angolo per delle differenze. Secondo me, non tutti riuscirebbero

a farlo, vedo l’adozione buona se fatta da persone che sanno veramente a cosa si va

incontro. Magari si trovano in situazioni in cui non sanno affrontare i problemi,

questo può essere un limite (53, m, Madagascar, 3 mesi, 2011).

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Sostegno nella comprensione di episodi di

pregiudizio/discriminazione verso il colore della pelle?

Una super-genitorialità?

Esigenze specifiche richiamano a funzioni adulte capaci di stare

connesse alle peculiari tematiche/problematiche che presenta ogni

figlio e ogni figlia: proprio la figlia o il figlio che si ha.

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Diritti, responsabilità, punti di partenza per

un’educazione nutrita dalla prospettiva interculturale

DIRITTO DELLA PERSONA (bambino, ragazzo, adulto)

o non subire la discriminazione

o parlare della discriminazione subita (diretta, indiretta, sottile, esplicita)

o riconoscere in prima persona l’ingiustizia in relazione al colore della propria pelle,

origine straniera o altra peculiarità di cui si è portatori

o trovare negli adulti importanti riconoscimento e ascolto

o sviluppare autostima e rispetto verso le proprie peculiarità

RESPONSABILITÀ EDUCATIVA DELL’ADULTO

o prestare attenzione all’evento discriminatorio

o mettere in campo capacità di ascolto dell’esperienza e del vissuto

o essere disponibile alla ricerca condivisa delle ragioni socioculturali di certi fenomeni

o sostenere la comprensione degli episodi in questione

o favorire lo sviluppo di autostima e rispetto per le proprie peculiarità

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BIBLIOGRAFIA di riferimento

di Stefania LORENZINI

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d i a f f e t t i , m a n o n s e m p r e . S t o r i e d i a d o z i o n i i m p o s s i b i l i o

f o r t e m e n t e p r o b l e m a t i c h e ( i n c o l l a b o r a z i o n e c o n M . P.

M a n c i n i ) , B o l o g n a , R e g i o n e E m i l i a R o m a g n a 2 0 0 7 .

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t r a g e n e r e e c o l o r e . Un ’ a n a l i s i c r i t i c a p e r l ’ imp e g n o

i n t e r c u l t u r a l e e a n t i r a z z i s t a , M i l a n o , F r a n c o A n g e l i

• B o l o g n e s i I . , L o r e n z i n i S . ( 2 0 1 7 ) , P e d a g o g i a i n t e r c u l t u r a l e

P r e g i u d i z i , r a z z i s m i , i m p e g n o e d u c a t i v o , B o l o g n a , B o n o n i a

U n i v e r s i t y P r e s s .

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BIBLIOGRAFIA di riferimento

di Stefania LORENZINI• Lorenzini S. (2019), La centralità dei diritti dei bambini/e nell’adozione nazionale e internazionale. Riferimenti

normativi e concezioni di infanzia e famiglia in una lettura educativa interculturale. Pedagogia e vita. Rivista

di problemi pedagogici, educativi e didattici, 1/2019, pp. 43-59,

http://riviste.gruppostudium.it/content/pedagogia-e-vita

• S. Lorenzini (2019), Dark-skinned foreign origin young people, adopted by Italian parents. Stereotypes,

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Stefania LORENZINI

Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin”

Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione

Università di Bologna

[email protected]

www.unibo.it