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Esopo. FAVOLE. Titolo originale della raccolta: "Aisopou mythoi". Traduzione di Elena Ceva Valle. Rizzoli Editore Copyright Rizzoli editore 1951. Indice. Nota. 1. I Beni e i Mali. 2. Il venditore di statue. 3. L'aquila e la volpe. 4. L'aquila e lo scarabeo. 5. L'aquila, il gracchio e il pastore. 6. L'aquila dalle ali mozze e la volpe. 7. L'aquila trafitta. 8. L'usignuolo e lo sparviero. 9. L'usignuolo e la rondine. 10. Il debitore ateniese. 11. Il moro. 12. La donnola e il gallo. 13. Il gatto e i topi. 14. La donnola e le galline. 15. La capra e il capraio. 16. La capra e l'asino. 17. Il capraio e le capre selvatiche. 18. La schiava brutta e Afrodite. 19. Esopo in un arsenale. 20. I due galli e l'aquila. 21. I galli e la pernice. 22. I pescatori e il tonno. 23. I pescatori che pescarono ciottoli. 24. Il pescatore che sonava il flauto. 25. Il pescatore, i pesci grossi e i pesci piccoli. 26. Il pescatore e la mŠnola. 27. Il pescatore che batteva l'acqua.

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Esopo.FAVOLE.

Titolo originale della raccolta: "Aisopou mythoi".

Traduzione di Elena Ceva Valle.

Rizzoli EditoreCopyright Rizzoli editore 1951.

Indice.

Nota.

1. I Beni e i Mali.2. Il venditore di statue.3. L'aquila e la volpe.4. L'aquila e lo scarabeo.5. L'aquila, il gracchio e il pastore.6. L'aquila dalle ali mozze e la volpe.7. L'aquila trafitta.8. L'usignuolo e lo sparviero.9. L'usignuolo e la rondine.10. Il debitore ateniese.11. Il moro.12. La donnola e il gallo.13. Il gatto e i topi.14. La donnola e le galline.15. La capra e il capraio.16. La capra e l'asino.17. Il capraio e le capre selvatiche.18. La schiava brutta e Afrodite.19. Esopo in un arsenale.20. I due galli e l'aquila.21. I galli e la pernice.22. I pescatori e il tonno.23. I pescatori che pescarono ciottoli.24. Il pescatore che sonava il flauto.25. Il pescatore, i pesci grossi e i pesci piccoli.26. Il pescatore e la mŠnola.27. Il pescatore che batteva l'acqua.28. L'alcione.29. Le volpi sul Meandro.30. La volpe con la pancia piena.31. La volpe e il rovo.32. La volpe e l'uva.33. La volpe e il serpente.34. La volpe e il taglialegna.35. La volpe e il coccodrillo.

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36. La volpe e il cane.37. La volpe e la pantera.38. La volpe e lo scimmiotto eletto re.39. La volpe e la scimmia che disputavano sulla loro nobilt….40. La volpe e il becco.41. La volpe dalla coda mozza.42. La volpe che non aveva mai veduto un .43. La volpe e la maschera.44. I due uomini che disputavano intorno agli dŠi.45. L'assassino.46. L'uomo che prometteva l'impossibile.47. L'uomo pauroso e i corvi.48. L'uomo morsicato da una formica ed Ermes.49. Il marito e la moglie bisbetica.50. L'imbroglione.51. Il fanfarone.52. L'uomo brizzolato e le sue amanti.53. Il naufrago.54. Il cieco.55. Il truffatore.56. Il carbonaio e il lavandaio.57. Gli uomini e Zeus.58. L'uomo e la volpe.59. L'uomo e il leone che facevano la strada.60. L'uomo e il satiro.61. L'uomo che spacc• la statua del dio.62. L'uomo che trov• un leone d'oro.63. L'orso e la volpe64. L'aratore e il lupo.66. Le rane che chiesero un re.67. Le rane vicine di casa.68. Le rane del pantano.69. Il ranocchio medico e la volpe.70. I buoi e l'asse del carro.71. I tre buoi e il leone.72. Il bifolco ed Eracle.73. Borea e il Sole.74. Il bovaro e il leone.75. L'uccellino e il pipistrello.76. La gatta e Afrodite.77. La donnola e la lima.78. Il vecchio e la Morte.79. Il contadino e l'aquila.80. Il contadino e i cani.81. Il contadino e il serpente che gli aveva ucciso il figlio.82. Il contadino e il serpe intirizzito dal freddo.83. Il contadino e i suoi figli.84. Il contadino e la Fortuna.85. Il contadino e l'albero.86. I figli discordi del contadino.87. La vecchia e il medico.

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88. La moglie e il marito ubriacone.89. La padrona e le ancelle.90. La donna e la gallina.91. La fattucchiera.92. La giovenca e il bue.93. Il cacciatore pauroso e il taglialegna .94. Il porcellino e le pecore.95. I delfini, la balene e il ghiozzo.96. L'oratore Demade.97. Diogene e il calvo.98. Diogene in viaggio.99. Zeus e le querce.100. I boscaioli e il pino.101. L'abete e il rovo.102. Il cervo alla fonte e il leone.103. Il cervo e la vite.104. Il cervo e il leone in un antro.105. Il cervo cieco da un occhio.106. Il capretto sul tetto della stalla e il lupo.107. Il capretto e il lupo che sonava il flauto.108. Ermes e lo scultore.109. Ermes e la Terra.110. Ermes e Tiresia.111. Ermes e gli artigiani.112. Il carro di Ermes e gli Arabi.113. L'eunuco e il sacerdote.114. I due nemici.115. La vipera e la volpe.116. La vipera e la lima.117. La vipera e la biscia d'acqua.118. Zeus e il Pudore.119. Zeus e la volpe.120. Zeus e gli uomini.121. Zeus e Apollo.122. Zeus e il serpente.123. Zeus e il doglio dei Beni.124. Zeus, Prometeo, Atena e Momo.125. Zeus e la tartaruga.126. Zeus giudice.127. Il Sole e le rane.128. La mula.129. Eracle e Atena.130. Eracle e Pluto.131. L'eroe.132. Il tonno e il delfino.133. Il medico ignorante.134. Il nibbio e il serpente.135. Il nibbio che nitriva.136. L'uccellatore e l'aspide.137. Il cavallo vecchio.138. Il cavallo, il bue, il cane e l'uomo.

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139. Il cavallo e il palafreniere.140. Il cavallo e l'asino.141. Il cavallo e il soldato.142. La canna e l'olivo.143. Il cammello che stall• nel fiume.144. Il cammello, l'elefante e la scimmia.145. Il cammello e Zeus.146. Il cammello ballerino.147. Il cammello visto per la prima volta.149. I due scarabei.150. Il granchio e la volpe.151. Il granchio e sua madre.152. Il noce.153. Il castoro.154. L'ortolano che innaffiava gli ortaggi.155. L'ortolano e il cane.156. Il citaredo.157. Il tordo.158. I ladri e il gallo.159. Il ventre e i piedi.160. Il gracchio e la volpe.161. Il gracchio e i corvi.162. Il gracchio e gli uccelli.163. Il gracchio e i colombi.164. Il gracchio fuggito.165. Il corvo e la volpe.166. Il corvo ed Ermes.167. Il corvo e il serpente.168. Il corvo ammalato.169. La cappellaccia.170. La cornacchia e il corvo.171. La cornacchia e il cane.172. Le chiocciole.173. Il cigno preso per un'oca.174. Il cigno e il suo padrone.175. I due cani.176. Le cagne affamate.177. L'uomo morsicato da un cane.178. Il cane invitato a pranzo, ovvero: L'uomo e il cane.179. Il cane da caccia e gli altri cani.180. Il cane, il gallo e la volpe.181. Il cane e la conchiglia.182. Il cane e la lepre.183. Il cane e il macellaio.184. Il cane addormentato e il lupo.185. La cagna che portava la carne.186. Il cane col sonaglio.187. Il cane che inseguiva il leone, e la volpe.188. La zanzara e il leone.189. La zanzara e il toro.190. Le lepri e le volpi.

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191. Le lepri e le ranocchie.192. La lepre e la volpe.193. Il gabbiano e il pesce rondine.194. La leonessa e la volpe.195. Il regno del leone.196. Il leone invecchiato e la volpe.197. Il leone prigioniero e il contadino.198. Il leone innamorato e il contadino.199. Il leone, la volpe e il cervo.200. Il leone, l'orso e la volpe.201. Il leone e la ranocchia.202. Il leone e il delfino.203. Il leone e il cinghiale.204. Il leone e la lepre.205. Il leone, il lupo e la volpe.206. Il leone e il topo riconoscente.207. Il leone e l'onagro.208. Il leone e l'asino che andavano a caccia insieme.209. Il leone, l'asino e la volpe.210. Il leone, Prometeo e l'elefante.211. Il leone e il toro.212. Il leone infuriato e il cervo.213. Il leone che ebbe paura di un topo e la volpe.214. Il brigante e il gelso.215. I lupi e i cani in guerra tra di loro.216. I lupi e i cani alleati.217. I lupi e le pecore.218. I lupi, le pecore e il montone.219. Il lupo inorgoglito della sua ombra e il leone.220. Il lupo e la capra.221. Il lupo e l'agnello.222. Il lupo e l'agnellino rifugiato nel tempio223. Il lupo e la vecchia.224. Il lupo e l'airone.225. Il lupo e il cavallo.226. Il lupo e il cane.227. Il lupo e il leone.228. Il lupo e l'asino.229. Il lupo e il pastore.230. Il lupo sazio e la pecora.231. Il lupo ferito e la pecora.232. La lampada.233. L'indovino.234. Le api e Zeus.235. L'apicultore.236. I menagirti.237. I topi e le donnole.238. La mosca.239. Le mosche.240. La formica.241. La formica e lo scarabeo.

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242. La formica e la colomba.243. Il topo di campagna e il topo di citt….244. Il topo e la ranocchia.245. Il naufrago e il Mare.246. I ragazzi e il macellaio.247. Il cerbiatto e il cervo.248. Il giovane prodigo e la rondine.249. Il malato e il medico.250. Il pipistrello, il rovo e il gabbiano.251. Il pipistrello e le donnole.252. Le piante e l'olivo.253. Il taglialegna ed Ermes.254. I viandanti e l'orso.255. I viandanti e il corvo.256. I viandanti e la scure.257. I viandanti e il platano.258. I viandanti e la sterpaglia.259. Il viandante e la verit….260. Il viandante ed Ermes.261. Il viandante e la Fortuna.262. Gli asini a Zeus.263. L'uomo che voleva comperare un asino.264. L'asino selvatico e l'asino domestico.265. L'asino che portava il sale.266. L'asino che portava la statua di un dio.267. L'asino vestito della pelle del leone e la volpe.268. L'asino che lodava la sorte del cavallo.269. L'asino, il gallo e il leone.270. L'asino, la volpe e il leone.271. L'asino e le ranocchie.272. L'asino e il mulo che portavano un carico eguale.273. L'asino e l'ortolano.274. L'asino, il corvo e il lupo.275. L'asino e il cagnolino, ovvero: Il cane e il suo padrone.276. L'asino e il cane che viaggiavano insieme.277. L'asino e l'asinaio.278. L'asino e le cicale.279. L'asino che passava per leone.280. L'asino che mangiava un cardo e la volpe.281. L'asino che si fingeva zoppo e il lupo.282. L'uccellatore, le colombe selvatiche e le colombe domestiche.283. L'uccellatore e la cappellaccia.284. L'uccellatore e la cicogna.285. L'uccellatore e la pernice.286. La gallina e la rondine.287. La gallina dalle uova d'oro.288. La coda del serpente e le sue membra.289. Il serpente, la donnola e i topi.290. Il serpente e il granchio.291. Il serpente calpestato e Zeus.292. Il ragazzino che mangiava la trippa.

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293. Il ragazzo che dava la caccia alle cavallette e lo scorpione.294. Il ragazzo e il picchio.295. Il figlio e il leone dipinto.296. Il ragazzo che rubava e sua madre.297. Il ragazzo che faceva il bagno.298. Il depositario e il Giuramento.299. Il padre e le figlie.300. La pernice e l'uomo.301. La colomba assetata.302. La colomba e la cornacchia.303. Le due bisacce.304. La scimmia e i pescatori.305. La scimmia e il delfino.306. La scimmia e il cammello.307. I figli della scimmia.308. I naviganti.309. Il signore e il conciapelli.310. Il signore e le lamentatrici.311. Il pastore e il mare.312. Il pastore e il cane che accarezzava le pecore.313. Il pastore e i lupacchiotti.314. Il pastore e il lupo allevato insieme con i cani.315. Il pastore e il cucciolo del lupo.316. Il pastore e le sue pecore.317. Il pastore che introduceva il lupo nell'ovile il cane.318. Il pastore che scherzava.319. Il dio della guerra e la Violenza.320. Il fiume e la pelle.321. La pecora tosata.322. Prometeo e gli uomini.323. La rosa e l'amaranto.324. Il melograno, il melo, l'olivo e il rovo.325. Il trombettiere.326. La talpa e sua madre.327. Il cinghiale e la volpe.328. Il cinghiale, il cavallo e il cacciatore.329. La scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda.330. Le vespe, le pernici e il contadino.331. La vespa e il serpente.332. Il toro e le capre selvatiche.333. Il pavone e la gru.334. Il pavone e la cornacchia.335. La cicala e la volpe.336. La cicala e le formiche.337. L'arciere e il leone.338. Il capro e la vite.339. Le iene.340. La iena e la volpe.341. La scrofa e la cagna che disputavano sulla fecondit….342. Il calvo a cavallo.343. L'avaro.

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344. Il fabbro e il suo cane.345. L'inverno e la primavera.346. La rondine e il drago.347. La rondine e la cornacchia che disputavano sulla loro bellezza.348. La rondine e gli uccelli.349. La rondine fanfarona e la cornacchia350. La tartaruga e l'aquila.351. La tartaruga e la lepre.352. Le oche e le gru.353. I vasi.354. Il pappagallo e la gatta.355. La pulce e l'atleta.356. La pulce e l'uomo.357. La pulce e il bove.

Nota.

Non si pu• oggi parlare di Esopo senza affrontare, almeno per sommi capi, una ®questione esopica¯, che Š tanto pi— ardua della questione omerica, quanto pi— negletta fu la storia della classe sociale che egli rappresenta e quanto pi— labile Š la consistenza di un'opera prosastica tramandata oralmente rispetto a quella di un'opera poetica fissata dalla scrittura.Sull'esistenza storica di Esopo nessuno degli antichi sollev• dubbi. Tra gli scrittori a noi giunti, il primo che ne faccia menzione Š Erodoto (quinto secolo avanti Cristo). Parlandone incidentalmente, egli asserisce che Esopo visse al tempo della famosa cortigiana R•dopi (570-526 avanti Cristo), che, insieme con lei, fu schiavo di un cittadino di Samo, Iadmone, e che mor ucciso dagli abitanti di Delfi, i quali, costretti dall'oracolo, pagarono pi— tardi l'ammenda del loro delitto a un nipote di Iadmone, in mancanza di diretti discendenti.Altre notizie sul favolatore si trovano, con crescente frequenza, in scrittori pi— tardi, in Eraclide Pontico, in un anonimo commentatore di Aristofane, in Plutarco, in Suida, in Fedro, in altri molti. Sono, per lo pi—, notizie incidentali e talora contraddittorie. Spiegano la sua morte come una vendetta dei Delfi, ai quali, giudicandoli ignobili parassiti del loro oracolo, egli non avrebbe distribuito una somma a tale scopo affidatagli dal re Creso, di cui era ambasciatore. Asseriscono che fu schiavo di un filosofo lidio, Xanto, che fu amico di Solone, che partecip• con lui a un banchetto dei Sette Savi, che si trovava in Atene al tempo di Pisistrato. Ricordano statue erette in suo onore, tra cui una ad Atene del famoso scultore Lisippo. Lo fanno nascere ora in Tracia (a Mesembria), ora in Lidia, pi— spesso in Frigia (a Cotieo o ad Amorio); ne collocano l'esistenza in date varie, tra la fine del settimo secolo e il secondo decennio dopo la met… dei sesto secolo avanti Cristo. Si vanno precisando anche i suoi tratti fisici, e il saggio compositore di favole diventa un arguto conversatore, che suscita il riso non solo con le facezie, ma anche con la bruttezza e la deformit… della persona, in stridente ed esemplare contrasto con l'eccellenza dell'ingegno, vivente smentita di quell'ideale aristocratico greco che da Omero a Platone vagheggia l'armonico connubio della bellezza spirituale con la bellezza fisica.Attraverso queste frammentarie notizie, si intravedono i lineamenti di una tradizione popolare assai antica, che and• man mano arricchendosi, finch‚, nei primi secoli del l'era volgare, quando la letteratura greca si volgeva con entusiasmo al nuovo genere letterario del romanzo, un ignoto compilatore, complicandola di elementi estranei e di fronzoli retorici e moralistici, ne traesse quella "Vita" (o meglio quel mediocre romanzo) di Esopo, di cui Š giunta a noi pi— di una redazione dell'et… bizantina, falsamente attribuita, spesso, a un erudito del quattordicesimo secolo, il monaco Massimo Planude. Esopo - esso racconta -nacque ad Amorio nella Frigia; fu schiavo brutto e

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deforme: ®cranio appuntito, naso camuso, collo corto, labbra tumide, colorito nero, donde gli deriv• anche il nome, ch‚ Esopo¯, secondo la cervellotica etimologia del compilatore, ®Š lo stesso che Etiope, ventre sporgente, piedi voltati in fuori, gobbo: riusciva quasi a superare il Tersite omerico, quanto a deformit… della persona¯. Per di pi—, cos impedito nell'uso della lingua, da essere poco meno che muto. Eppure, come seppe difendersi, il giorno che, approfittando di questo difetto, due malvagi compagni mangiarono i fichi riposti per il padrone, e poi accusarono lui della colpa da loro commessa! Una buona bevuta d'acqua tepida, due dita in gola. e l'invito al padrone che obbligasse i calunniatori a fare altrettanto! Dal pi— grave dei suoi difetti, egli fu per• liberato grazie alla gentilezza d'animo con cui onor• e rimise sul giusto cammino certi sacerdoti di Diana che avevano smarrita la via: ricuper• durante il sonno la favella, e ne approfitt• subito per rimproverare al fattore da cui dipendeva le sue angherie contro i compagni. Venduto per una somma irrisoria a un mercante di schiavi, egli meraviglia tutti per la sua astuzia, perch‚, quando il nuovo padrone si mette in viaggio con la carovana, egli, tra gli innumerevoli bagagli, sceglie per s‚ un'enorme cesta di pane, accortamente calcolando che i primi pasti dei viaggiatori basteranno a liberarlo dal suo carico. Giunto col padrone ad Efeso, egli sa cos argutamente tener testa alle domande del filosofo Xanto e dei suoi discepoli, che costoro lo acquistano e lo regalano al maestro, il quale lo porta con s‚ a Samo.Comincia qui una serie di vicende, in cui, alla sapienza ufficiale e cattedratica del filosofo patentato, si contrappone vittoriosamente quella pratica e tutta popolaresca dell'arguto servitore. Vi incontriamo, snervate in una redazione faticosamente prolissa, anche alcune favole delle nostre raccolte, come la 94 e la 154, ma per lo pi— le trovate di Esopo poggiano sopra una cavillosa esigenza di propriet… nel linguaggio. Cos, quando riceve l'ordine di far cuocere la lenticchia, egli fa cuocere una sola lenticchia; i doni inviati da Xanto a ®colei che lo ama¯ son consegnati non alla moglie, ma alla cagnetta; il pranzo che dovrebbe essere imbandito con ®quanto c'Š di meglio¯, risulta composto esclusivamente di lingue cotte, in tutte le salse, proprio come il pranzo per cui Š stato ordinato ®quanto c'Š di peggio¯. Non Š infatti, dice Esopo, la lingua, strumento della cultura, della filosofia della poesia, e, d'altra parte, strumento di distruzione, d'ingiustizia, di morte? Esopo (fiero misogino, cui si fa invocare con disinvolto anacronismo, nientemeno che l'autorit… di Euripide) cerca, sia pure con scarso successo, di liberare il padrone dai lacci di una cattiva moglie. Esopo, una volta che Xanto, brillo, ha scommesso di bere tutta l'acqua del mare, lo salva, suggerendogli di pretendere che gli avversari stornino prima le acque dei fiumi, di cui non s'Š fatto parola nella scommessa. Esopo dona persino al padrone un tesoro che egli ha scoperto; ma con tutto questo non riesce a ottenere la libert… mille volte promessagli.Gliela concederanno i cittadini di Samo, quando egli solo riuscir… ad interpretare esattamente un grave presagio che riguarda la loro patria: essa Š minacciata di servaggio da un potente. Ecco infatti che Creso, re di Lidia, pretende di imporle un tributo. E, poich‚ Esopo diventa per Samo l'anima della resistenza, il re chiede la sua consegna. Il favolatore racconta a sua difesa la favola dei lupi e delle pecore (217), ma poi va spontaneamente da Creso e riesce a riconciliarlo con gli isolani. A questo punto si innesta nel racconto una lunga digressione: Esopo va in Oriente dove i re se lo contendono come prezioso solutore di enigmi; diventa governatore di Babilonia, si ammoglia, e adotta come figlio un giovane, Enno, che lo calunnia e lo fa mandare a morte; sfugge al supplizio vivendo nascosto in un sepolcro, e ne esce infine per salvare il suo troppo credulo re dalle mire rapaci del re d'Egitto, Nectanebo. Tutta questa parte non Š che il rimaneggiamento di un antico romanzo orientale, dove si narravano le vicende di un personaggio favoloso che ha qualche affinit… con Esopo, il saggio Ahikar.Segue il ritorno di Esopo in Grecia, dove egli si reca a visitare il famoso santuario di Delfi. Qui ha occasione di esprimersi in modo poco lusinghiero per gli abitanti della citt…, che, visti da vicino, gli si sono rivelati gli uomini pi— inutili della terra. Per vendetta, i Delfi, alla sua partenza, gli infilano nei bagagli una coppa d'oro presa nel tempio, poi lo inseguono, lo perquisiscono e lo condannano come ladro sacrilego. Egli narra ad ammonimento del popolo le sue ultime favole, tra cui quelle della rana e del topo (244) e della volpe e dell'aquila (3); e poi vien precipitato da una

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rupe. I Delfi per• sono puniti con una terribile pestilenza, che non cesser… finch‚ non avranno placato il suo spirito con un'onorevole sepoltura e un monumento funebre, e finch‚ il suo processo, rifatto dai prncipi della Grecia, non condurr… all'esemplare condanna dei colpevoli.Le prime reazioni contro l'attendibilit… di questo racconto, che ancora La Fontaine premetteva alle sue favole come una genuina biografia, sono del sedicesimo secolo; e allora non si dubita solo delle singole notizie, ma si nega addirittura la realt… storica di Esopo, scorgendo in lui nient'altro che un simbolo: il simbolo della verit… che suscita l'odio, o il simbolo delle antiche plebi schiave degli eroi - come pensava il Vico - o il simbolo dell'antica sapienza orientale, identificabile a sua volta con figure affini d'altri popoli, richiamate da qualche tratto della "Vita": Lokman, Ahikar, Salomone, Giuseppe. Altri infine lo credette una creazione dei retori greci, preoccupati di trovare, come era loro costume un ®inventore¯ anche all'anonimo genere della favola.La critica pi— recente Š ormai orientata su posizioni meno assolute. Si esita a negar fede a notizie fornite da uno storico cos serio come Erodoto su avvenimenti che in fondo, non distano da lui che un secolo e mezzo, e, in genere, si ammette almeno la realt… storica di Esopo, che sarebbe pertanto vissuto nel sesto secolo avanti Cristo che sarebbe stato - forse - schiavo e - forse - originario dell'Asia Minore, che non sarebbe stato l'inventore della favola - di cui si trovano gi… esempi in poeti greci anteriori, a cominciare da Esiodo - ma che, per l'abbondanza o per l'eccellenza della sua produzione, o comunque per la fama derivatagliene, avrebbe nei secoli legato indissolubilmente il suo nome a questo componimento.

Una favola non Š che il racconto di casi fittizi volto ad illustrare un precetto morale, una riflessione, un consiglio pratico, e teoricamente ha quindi origine da un processo spirituale cos elementare che sarebbe vano indagarne la patria e la data di nascita. Essa nacque, si pu• dire, la prima volta che un paragone, una metafora, una similitudine affior• sulle labbra d'un uomo, sospinto, non dal semplice bisogno di liberarsi da una commozione, ma da quello pi— complesso di imporre un giudizio, di suscitare una volont….Tuttavia, il problema della sua origine si Š posto di nuovo nei tempi moderni, dopo che la miglior conoscenza delle lingue orientali addit• in esse racconti, atteggiamenti e motivi affini a quelli esopici. Anzi, per un certo tempo, la paternit… della favola fu, come quella della novella, attribuita all'India, patria di un libro di favole famoso: il "Panciatantra". Oggi per• si procede anche qui con maggiore cautela, consci che la questione non pu• essere risolta in blocco, ma richiederebbe di volta in volta una documentazione praticamente impossibile allo stato attuale delle cose. Si tende quindi a riconfermare alla Grecia il vanto d'aver dato forma letteraria alla favola, pur non escludendo la possibilit… di influssi orientali, o, forse meglio, la presenza di un sustrato comune, tutt'altro che inverosimile tra popoli di origine comune.Certo la favola, quale ci appare in tempi storici, presuppone una preistoria, che corrisponde alla creazione di quel mondo fittizio di cui essa si presenta quasi un frammento di cronaca: un mondo dove, accanto agli esseri irrazionali gratificati del senno e della favella umana, l'uomo, ed eventualmente anche il dio, pu• convivere solo a patto di rinunciare alle sue caratteristiche personali, riducendosi a paradigma di una categoria.In primo piano vi stanno le bestie, personaggi ideali per una fantasia infantile: abbastanza ricchi di atteggiamenti simili a quelli umani per stimolarne potentemente il processo analogico, non abbastanza espliciti per troncarne i voli con una smentita. La loro rappresentazione poggia sull'esistenza di una ®zoologia morale¯ di pubblico dominio, che ne ha determinato i caratteri fondandosi sui dati di una osservazione empirica (destinata a ricevere nei secoli pi— di una smentita dalla scienza), senza per• irrigidirsi in modo da impedire alla fantasia il libero giuoco di una casistica. Ecco il leone, forte e anche violento ma sempre regale, l'aquila rapace ma nobile, il lupo prepotente e crudele, il serpente traditore; ecco l'Ulisse del piccolo mondo, la volpe intelligente ed astuta, ecco l'agnello, vittima che suscita la piet…, e l'asino, vittima che suscita il riso, e il cervo vanitoso, e il cane, in cui la convivenza con l'uomo pare aver sviluppato le attitudini pi— varie, e il

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bue lavoratore, e la cagna e la scrofa volgari ed immonde, e la formica avida e operosa, e la rana dalla gran voce e dal piccolo cuore, e la pulce e la zanzara, moleste e audaci eroine di brevi epopee.Sono esseri limpidi e trasparenti, spogliati dell'inquietante mistero donde germogli• un giorno il religioso terrore del totem, e che riaffiorer… soltanto agli occhi futuri di poeti pi— tormentati e sottili. Li conosciamo ormai quasi tutti nella ricca tavolozza delle similitudini omeriche; ma qui sono passati al servizio della ragione, la quale obbliga questo mondo esente da leggi etiche a far lezione di morale all'uomo; ch‚ la favola, sia che avanzi sbandierando in testa o in coda la sua morale, sia che proceda tutta chiusa, invitandoci col suo ambiguo e inquietante profumo a spremerne il succo, Š sempre giudizio, critica, satira del mondo o di un mondo storico.Quella esopica coglie l'uomo ancor vicino allo stato di natura, condizionato al minimo da transeunti caratteristiche di luogo e di tempo; e questa Š, in parte, anche la ragione della sua vitalit…. A circostanze storiche Š bens legata la prospettiva secondo cui questo mondo Š veduto: Š la visuale delle plebi greche, quelle plebi che tra gli splendori eroici dell'epopea si affacciano solo di sfuggita nelle contrastanti figure del servo fedele e dell'odioso ribelle, di Eumeo e di Tersite, ma che gi… riverberano la loro grigia tristezza nella poesia di Esiodo. Nemmeno questo incide per• sulla attualit… della rappresentazione satirica e dell'osservazione morale, perch‚ sono circostanze storiche eternamente presenti nell'umanit…: le possiamo ritrovare in qualsiasi assetto sociale, solo che si punti lo sguardo l… dove di volta in volta fluttua l'instabile confine che separa il libero dallo schiavo; intendendo per libero chi Š riuscito a formulare un ideale etico autonomo e coerente e lo usa come sicuro metro delle sue azioni e dei suoi giudizi.Riflesso di uno stadio psicologico non meno che di una classe, la morale esopica Š il prodotto di una categoria che Š costretta ad operare in un mondo di cui non ha posto e nemmeno capito le regole del giuoco, ma non pu• per questo rinunciare al bisogno di spiegare il proprio insuccesso, e lo spiega con la sua o con l'altrui colpa, distillandone una sapienza spicciola e provvisoria, pericolosamente propensa ad elevare a norma universale il risultato contingente; onde si pu• dire che in essa, non meno che nelle raccolte dei proverbi, non c'Š massima a cui non se ne possa accostare un'altra che ne attenui o ne contraddica le conclusioni.Essa Š frutto di uno stadio della vita in cui l'esercizio del pensiero Š un'eccezione imposta o un lusso permesso dalle pause di una prevalente ed assorbente attivit… fisica o materiale: la vecchiaia, la stanchezza, la malattia. Di qui il suo tono in genere pessimistico, scettico. Cos poteva parlare Tersite rinsavito per le busse di Ulisse, o il vecchierello, chino sul focolare dove bruciavano le fascine che la Morte aveva riassettato sulle sue spalle. La terra Š ostile all'uomo; il lavoro Š fatica; molti sono i mali e i beni pochi: uno solo, forse: la speranza, che non ha mai empito la pancia a nessuno. Gli uomini sono cattivi: per egoismo e per avidit… adulano, mentono, rubano, uccidono, tradiscono; la forza dell'odio li rende pi— bramosi del male altrui che del bene proprio; chi parla di riconciliazione o di riconoscenza Š quasi sempre una persona sospetta. Ma pi— ancora forse che cattivi, gli uomini sono stupidi: irriflessivi o ingenui, misconoscono quello che hanno di buono, a cominciare dalla ragione, si rallegrano del loro male o addirittura lo bramano, chiedendo delle grazie che son vere disgrazie.Di qui il ridicolo di un mondo dove i dappoco si danno delle arie, chi vuol salvarsi si rovina, chi ha qualcosa fa di tutto per perderlo, chi predica bene razzola male e gli indovini non prevedono il proprio avvenire, i sapienti cascano nel pozzo, i paurosi vanno a caccia di leoni, e gli infelici amano la vita. La giustizia degli dŠi? Somiglia troppo ai gesti incomposti di un uomo stizzito. Quella umana? I forti, i ricchi, i re, se non sono infingardi, sono malvagi; d'altra parte, senza la violenza non si pu• regnare, ch‚ sulla gratitudine non c'Š da fare assegnamento, s che talvolta l'ammirazione per il prepotente traluce persino nella vittima. Quanto alla democrazia essa non Š che schietta demagogia; vedete quanto Š scarso il buon senso nelle varie elezioni, e di politica si occupa lo spino, non il fico o l'olivo. Morire, allora? No ch‚ la morte Š peggiore della vita peggiore.Nel naufragio delle fedi che hanno sorretto altre et… e altri uomini, qualche rottame galleggia, e a questo ci si aggrappa. Bellezza e nobilt… non sono proprio parole vuote di senso per chi si Š soffermato a meditare sullo splendore della rosa, sulla melanconia dell'aquila incatenata e sul canto

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dei passeri e delle cicale; ma esse suscitano solo qualche sospiro parentetico, che non diventa mai respiro animatore e vivificante.Qualche cosa di pi— solido resiste, tuttavia, nel campo morale: la forza delle leggi di natura, l'esecrazione del sangue versato e del giuramento infranto, un certo vago senso della giustizia delle cose. E poi, a sorreggere l'umile, ci sono le virt— degli umili: la pazienza, la diligenza, la forza dell'abitudine, la rassegnazione, e soprattutto la prudenza e l'astuzia, vere regine della vita. Chi Š giunto a sue spese a scoprire che tra ®far torto e patirlo¯ c'Š una terza via, meno pericolosa dell'una e dell'altra, ammira il leone, compiange l'agnello, ma segue la volpe. Questo il contenuto della favola d'Esopo.Quanto all'arte, una silloge cos miscelata non permette un giudizio complessivo. Le trecentocinquantotto favole che seguono qui tradotte sono quelle che lo Chambry ha raccolte nella sua edizione bilingue (®Les belles lettres¯, Parigi, 1937), ordinandole alfabeticamente sotto l'iniziale del titolo greco; sono, cioŠ, scartate le varianti di poco conto, tutte quelle che i nostri manoscritti, d'et… assai tarda, attribuiscono esplicitamente ad Esopo, senza che altri ne rivendichi la paternit…. Ma Š impresa disperata sceverare tra esse il nucleo originale.Composto in prosa, in quel dialetto ionico di cui qui non si trova nemmeno pi— la traccia, e affidato alla tradizione orale, esso divenne presto cos famoso che accentr• intorno a s‚ una gran quantit… di racconti di natura affine, senza farsi scrupolo nemmeno dei pi— stridenti anacronismi (si vedano le favole 96-98). Inoltre fu trascinato secoli e secoli, come materiale didattico per esercitazioni, sui banchi delle scuole di rettorica, nelle quali furono probabilmente perpetrate le sue ®morali¯, tarde (alcune persino d'et… cristiana), sciatte, pedantesche, pronte a immiserire e a fraintendere il senso, come ad esprimersi con irrispettosa goffagine (si vedano, per esempio, le favole 20, 340, 356, 397).Ma chi legge, pur sorvolando su di esse, e sui raccontini sciatti o forzati, sugli aneddoti insulsi, sui motti pi— o meno spiritosi, si ferma ad ogni passo, attratto qui dall'evidenza di una narrazione, l… dalla vivacit… del dialogo, pi— oltre dalla fresca grazia di un particolare o dal fascino di un sorriso malizioso appena venato di melanconia; e sente allora che anche la favola, questa figlia del raziocinio e della fantasia, acquista piena legittimit… nel regno dell'arte, se Š nata non da un freddo calcolo, ma da un atto d'amore: il gran libro della natura non perde forme o colori per esser contemplato, da chi veramente cos lo ami e lo senta, sotto la stella della saviezza.Nella nostra tradizione letteraria, Esopo Š rimasto come un vecchio, saldo tronco, da cui nei secoli rigermogliano inesauribili le favole. In prosa o in versi, liberamente esultanti nelle parlate popolari, come nel siciliano del Meli e nel romanesco del Trilussa, senza tuttavia ribellarsi alle eleganze letterarie, esse procedono a quadri isolati, come in Fedro, in Babrio, nel La Fontaine, il pi— grande tra gli emuli d'Esopo, nei nostri settecentisti (Pignotti, Fiacchi, Bertola, Gozzi...) e nel Perrault, nel Lessing, nell'Andersen e nel Krilov; ma possono anche collegarsi in veri cicli, come nei "Racconti della giungla" del Kipling, o incastonarsi come gemme in opere di diversa natura, come le commedie di Aristofane e le satire di Orazio e dell'Ariosto. Amano la brevit…, ma non rifiutano di allargarsi in poemi, quali il medioevale "Roman de Renart" e "Gli animali parlanti" del Casti, o in drammi e romanzi, quali "Chanteclair" del Rostand, "L'uccellino azzurro" del Maeterlinck, "La fattoria degli animali" dell'Orwell e vi trovano adeguata espressione i pi— vari atteggiamenti spirituali, dal realismo al simbolismo, dal proselitismo medioevale o settecentesco alla sfiduciata amarezza dei contemporanei.Elena Ceva Valla.

1.I BENI E I MALI.

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I Beni erano troppo deboli per difendersi, e cos furono cacciati via dai Mali. Allora se ne rivolarono s— in cielo, chiedendo a Zeus (1) come dovevano fare per aiutare gli uomini. Ed egli li consigli• di non andare tutti insieme, ma di presentarsi loro uno alla volta. Ecco perch‚ i Mali che dimorano vicini agli uomini, li assalgono senza tregua, mentre i Beni, dovendo scendere dal cielo, arrivano a una certa distanza l'uno dall'altro.

I beni, nessuno riesce ad ottenerli rapidamente, mentre non passa giorno senza che ognuno sia bersagliato dai mali.

Note.1. Zeus (Giove), nella mitologia pagana, Š il re degli dŠi, signore del cielo e dei fenomeni celesti, tutore della giustizia; ha come arma il fulmine; gli Š sacra l'aquila.

2.IL VENDITORE DI STATUE.

Un tale aveva scolpito un Ermes (1) di legno, l'aveva portato in piazza e l'offriva in vendita, ma nessuno si faceva avanti. Allora, per attirare qualche compratore, egli prese ad annunziare a gran voce che vendeva un dio generoso, dispensatore di benefici e di guadagni. ®Ehi, galantuomo¯, gli osserv• uno dei presenti, ®e perch‚ lo vendi, allora, invece di approfittare tu dei suoi favori?¯. ®Il fatto si Š¯, rispose quello, ®che io avrei bisogno di un aiuto immediato e lui, i guadagni, Š abituato a procurarli con tutto suo comodo¯.

Ecco una favola fatta per certi uomini avidi e sfacciati che non hanno rispetto nemmeno degli dŠi.

Note.1. Ermes o Ermete (Mercurio), nella mitologia pagana, Š figlio e messaggero di Zeus, protettore del commercio, dei guadagni, dei viandanti.

3.L'AQUILA E LA VOLPE.

Un'aquila e una volpe, fattesi amiche, stabilirono di abitare una vicino all'altra, pensando che la vita in comune avrebbe rafforzato la loro amicizia. Ed ecco che la prima vol• sulla cima di un albero altissimo e vi fece il suo nido; l'altra strisci• sotto il cespuglio che cresceva ai suoi piedi e qui partor i suoi piccoli. Ma un giorno, mentre la volpe era uscita a cercar da mangiare, l'aquila, che si trovava a corto di cibo, piomb• nel cespuglio, afferr• i volpacchiotti e se ne fece una scorpacciata insieme coi suoi figli. Quando, al suo ritorno, la volpe vide che cosa le avevano fatto, fu colta da un dolore che non era nemmeno tanto grande per la morte dei suoi piccoli quanto per il pensiero della vendetta: animale di terra, essa non aveva infatti la possibilit… di inseguire un volatile. Perci•, immobile, di lontano, unico conforto che rimane ai deboli e agli impotenti, scagliava maledizioni sulla sua nemica. Ma non pass• molto e tocc• all'aquila scontare il suo delitto contro l'amicizia. Infatti, un giorno che in campagna si offriva in sacrificio una capra agli dŠi, essa piomb• gi— e si port• via dall'altare uno dei visceri che stava prendendo fuoco; ma quando l'ebbe trasportato nel suo nido, un forte soffio di vento lo invest e da qualche filo di paglia secca suscit• una vivida fiammata. Cos i suoi piccoli - volatili ancora impotenti - furono abbruciati e cascarono al suolo. La volpe accorse e se li divor• tutti sotto gli occhi della madre.

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La favola mostra come coloro che tradiscono l'amicizia, se anche, per l'impotenza delle vittime, sfuggono alla loro vendetta, non riescono per• mai ad evitare la punizione degli dŠi.

4.L'AQUILA E LO SCARABEO.

Un'aquila inseguiva una lepre; la quale, in mancanza d'altri protettori, rivolse le sue suppliche al solo essere che il caso le pose sott'occhio: uno scarabeo. Questo le fece animo e, quando vide avvicinarsi l'aquila, cominci• a pregarla di non portargli via la sua protetta. Ma quella, piena di disprezzo per il minuscolo insetto, si divor• la lepre sotto i suoi occhi. Da allora lo scarabeo, tenace nel suo rancore, non perdette pi— di vista i nidi dell'aquila: appena essa deponeva le uova, saliva s— a volo, le faceva rotolare e le rompeva; fino al giorno in cui, cacciata da ogni parte, l'aquila, che Š l'uccello sacro a Zeus, si rifugi• presso di lui e lo scongiur• di trovarle un luogo sicuro per covare. Zeus le concedette di deporre le uova nel suo proprio grembo. Ma quando lo scarabeo se ne avvide, fece una pallottola di sterco, si lev• a volo e, giunto sopra il grembo del dio, ve la lasci• cadere. Zeus, per scuotersi di dosso lo sterco, si alz• e, senz'avvedersene, gett• a terra le uova. Da allora, dicono, nella stagione in cui compaiono gli scarabei, le aquile non covano.

Questa favola insegna a non disprezzare nessuno, perch‚ nessuno Š tanto debole che, offeso, non sia in grado un giorno di vendicarsi.

5.L'AQUILA, IL GRACCHIO E IL PASTORE.

Un'aquila, calandosi dall'alto di una rupe, rap un agnello. Visto quel colpo, un gracchio, invidioso, volle imitarla e, precipitandosi gi— con gran fracasso, piomb• su un montone. Ma gli artigli gli si impigliarono nella lana. Incapace di sollevarsi, esso si mise a sbatacchiare le ali, finch‚ il pastore, avvedutosi del fatto, accorse e lo prese. Gli mozz• la punta delle ali e, giunta la sera, lo port• ai suoi figli. Questi gli domandarono che razza d'uccello fosse, e lui rispose: ®Gracchio garantito, a scienza mia. Per•, se state a sentir le sue pretese, Š un'aquila5.

Cos, chi si mette a gareggiare coi potenti, non solo non ottiene nulla, ma per di pi—, riesce a far ridere delle proprie disgrazie.

6.L'AQUILA DALLE ALI MOZZE E LA VOLPE.

Una volta un'aquila fu catturata da un uomo. Questi le mozz• le ali e poi la lasci• andare, perch‚ vivesse in mezzo al pollame di casa. L'aquila stava a capo chino e non mangiava pi— per il dolore: sembrava un re in catene. Poi la comper• un altro, il quale le strapp• le penne mozze e, con un unguento di mirra, gliele fece ricrescere. Allora l'aquila prese il volo, afferr• con gli artigli una lepre e gliela port• in dono. Ma la volpe che la vide, ammon: ®I regali non devi farli a questo, ma piuttosto al padrone di prima: questo Š gi… buono per natura; l'altro invece Š meglio che tu lo rabbonisca, perch‚ non ti privi delle ali se ti acchiappa di nuovo¯.

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Sta bene ricambiare generosamente i benefattori, ma bisogna anche ingraziarsi prudentemente i malvagi.

7.L'AQUILA TRAFITTA.

Un'aquila stava appollaiata sull'alto di una rupe, facendo la posta alle lepri, quando fu colpita da una freccia: la punta le trafisse il corpo, mentre la cocca, con le sue penne, le si fermava davanti agli occhi. A tal vista, essa esclam•: ®Ecco un nuovo dolore per me: morire proprio per opera delle mie penne!¯.

Il pungolo del dolore Š pi— acuto quando uno incappa nei guai per opera dei suoi familiari.

8.L'USIGNUOLO E LO SPARVIERO.

Posato su un'alta quercia, un usignuolo, secondo il suo solito, cantava. Lo scorse uno sparviero a corto di cibo, gli piomb• addosso e se lo port• via. Mentre stava per ucciderlo, l'usignuolo lo pregava di lasciarlo andare, dicendo che esso non bastava a riempire lo stomaco di uno sparviero: doveva rivolgersi a qualche uccello pi— grosso, se aveva bisogno di mangiare. Ma l'altro lo interruppe, dicendo: ®Bello sciocco sarei, se lasciassi andare il pasto che ho qui pronto tra le mani, per correr dietro a quello che non si vede ancora!¯.

Cos, anche tra gli uomini, stolti sono coloro che, nella speranza di beni maggiori, si lasciano sfuggire quello che hanno in mano.

9.L'USIGNUOLO E LA RONDINE.

La rondine consigliava l'usignuolo a nidificare, come lei, sotto il tetto degli uomini e a condividere la loro dimora. Ma quello rispose: ®Non desidero ravvivare la memoria delle mie antiche sventure (1); per questo vivo nei luoghi solitari¯.

Chi Š stato colpito da una sventura cerca di sfuggire persino il luogo dove questa gli accadde.

Note.1. Allusione a una nota leggenda. Il re di Tracia, Tereo, che aveva sposato Procne figlia di Pandione, re d'Atene, sedusse la sorella della moglie, Filomela, e poi l'abbandon•, tagliandole la lingua, perch‚ non parlasse. Scoperto il fatto, Procne, d'accordo con la sorella, per vendicarsi del marito, uccise Iti, il figlioletto che aveva avuto da lui, ne cucin• le membra e le imband al padre. Quando egli se ne avvide e volle punire le donne, intervennero gli dŠi, che trasformarono i vari personaggi in uccelli: Tereo in upupa, Iti in cardellino, Procne in rondine, Filomela in usignuolo. Secondo un'altra versione meno diffusa della leggenda, fu invece Filomela a esser trasformata in rondine (vedi favola 350).

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10.IL DEBITORE ATENIESE.

Ad Atene, un debitore, a cui era stato ingiunto dal creditore di pagare il suo debito, sulle prime lo preg• di concedergli una dilazione, dichiarando che si trovava in cattive acque. Non riusc per• a convincerlo; e allora gli port• una scrofa, l'unica che possedeva, e, in sua presenza, la mise in vendita. Gli si avvicin• un compratore, chiedendo se quella era una scrofa che figliava, e lui l'assicur• che non solo figliava, ma presentava anche una particolarit… straordinaria: alla stagione dei Misteri (1) figliava femmine, e per le Panatenee, maschi. A questo discorso, l'ascoltatore rimase a bocca aperta. Ma il creditore soggiunse: ®E perch‚ ti meravigli? Questa Š una scrofa che, per le Dionisiache, ti figlia anche dei capretti¯.

Questa favola ci mostra come molti, per il proprio interesse, giurino senza esitare le pi— inverosimili falsit….

Note.1. I "Misteri eleusini", feste in onore di DŠmetra (CŠrere), si celebravano in settembre-ottobre; le "Panatenee", in onore di Atena (Minerva), in luglio-agosto; le "Dionisiache maggiori", in onore di Di•niso (Bacco), in marzo-aprile. Per la migliore intelligenza della favola, si tenga presente che una scrofa figlia solo due volte l'anno.

11.IL MORO.

Un tale comper• uno schiavo moro, pensando che il suo colore fosse dovuto all'incuria del precedente proprietario. Condottolo a casa, prov• su di lui tutti i detersivi e tent• di sbiancarlo con lavacri d'ogni sorta. Ma non riusc a cambiargli il colore; anzi, con tutti i suoi sforzi, lo fece ammalare.

Questa favola ci mostra come le qualit… naturali si conservino quali si sono manifestate originariamente.

12.LA DONNOLA E IL GALLO.

Una donnola (1) aveva preso un gallo e avrebbe voluto un pretesto plausibile per mangiarselo. Comincio quindi ad accusarlo di esser molesto agli uomini, perch‚, cantando di notte, non li lascia prender sonno. E quello si difendeva, asserendo di farlo nel loro interesse, affinch‚ si svegliassero per attendere alle loro faccende quotidiane. Allora la donnola gli muoveva un'altra accusa, quella di violare le leggi di natura, accoppiandosi con sua madre e con le sue sorelle. E poich‚ il gallo asseriva che anche questo era nell'interesse dei padroni, perch‚ cos le galline facevano loro molte uova, la donnola esclam•: ®S, s, non ti mancano certo delle magnifiche giustificazioni; ma io non voglio mica per questo rimanere a bocca asciutta!¯, e se lo divor•.

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La favola mostra come i malvagi, quando si sono messi in testa di fare un sopruso, se non ci riescono con pretesti plausibili, agiscono alla scoperta.

Nota.1. Il gatto domestico, diffusosi in Grecia in et… piuttosto tarda, vi fu chiamato con nomi gi… usati per specie selvatiche affini, come la donnola. Non Š quindi sempre facile stabilire se in una favola si parli di un gatto o di una donnola.

13.IL GATTO E I TOPI.

C'era una casa piena di topi. Lo venne a sapere un gatto, che and• a stabilirvisi e, prendendoli uno alla volta, se li mangiava. I topi, fatti segno a quella sistematica distruzione, si rimpiattavano nelle loro buche, finch‚ il gatto, non arrivando pi— a prenderli cap che bisognava farli uscir fuori con qualche tranello. Perci• sal sopra un piolo, e, lasciandosi penzolare gi—, fingeva d'essere morto. Ma quando un topo, facendo capolino, lo scorse, esclam•: ®Caro mio, puoi diventare anche un sacco, ma noi vicino a te non ci verremo!¯.

Questa favola mostra come gli uomini prudenti, una volta fatta esperienza della malvagit… di qualcuno, non si lascino pi— ingannare dalle sue finzioni.

14.LA DONNOLA E LE GALLINE.

Una donnola sent che in una fattoria c'erano delle galline ammalate, e, camuffatasi da medico e munita degli strumenti della sua professione, vi si rec•. Fermatasi alla porta, cominci• a chiedere come stessero di salute. E quelle, pronte: ®Benone¯, dichiararono, ®basta che tu giri al largo¯.

Cos, anche tra gli uomini, i prudenti sanno riconoscere i malvagi, per quanto questi ostentino le migliori intenzioni.

15.LA CAPRA E IL CAPRAIO.

Un capraio richiamava le capre alla stalla. Ne rimase indietro una, che stava brucando qualcosa di buono; il pastore le tir• una pietra e, con un colpo da maestro, le spezz• un corno. Poi cominci• a scongiurarla di non dir niente al padrone. ®Ma anche stando zitta¯, rispose la capra, ®come far• a nasconderglielo? Che il mio corno sia rotto, salta agli occhi di tutti¯.

Quando la colpa Š evidente, non Š possibile dissimularla.

16.LA CAPRA E L'ASINO.

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Un tale teneva un asino e una capra. La capra, che era invidiosa dell'asino perch‚ gli davano fin troppo da mangiare, andava dicendogli che lo maltrattavano senza tregua, ora facendogli girar la macina, ora caricandolo di pesi, e lo consigliava di fingersi epilettico e di lasciarsi cadere in un fosso, se voleva godere un po' di riposo. L'asino le diede retta: si butt• gi—, e si fracass• le ossa Allora il padrone chiam• il medico e gli chiese un rimedio. E il medico ordin• che gli facessero un'infusione di polmone di capra, che lo avrebbe risanato. Cos, per curare l'asino, uccisero la capra.

Chi macchina inganni contro gli altri Š il primo autore delle proprie disgrazie.

17.IL CAPRAIO E LE CAPRE SELVATICHE.

Un capraio, che aveva portato fuori le sue capre a pascolare, s'accorse che ad esse se ne erano mescolate delle altre selvatiche, e, al cader della sera, le mand• dentro tutte nella sua grotta. Il giorno dopo cadde una gran pioggia, e, non potendo condurle al solito pascolo, egli si mise ad accudire ai loro bisogni dentro alla stalla: alle proprie gettava quel tanto di foraggio che bastasse a non morir di fame; ma alle forestiere ne metteva davanti un bel mucchio, nella speranza di appropriarsele. Ci• nonostante, quando, passato il brutto tempo, le port• al pascolo tutte insieme, le capre selvatiche presero s— per i monti e si diedero alla fuga. Il pastore le accusava d'ingratitudine, perch‚ lo abbandonavano, dopo aver ricevuto da lui cure maggiori delle altre. Ed esse, volgendosi indietro, gli dissero: ®Ma Š proprio questa una delle ragioni pi— forti per stare in guardia. Se noi, le ultime venute di ieri, abbiamo avuto un trattamento di favore rispetto alle tue vecchie capre, questo significa che domani, se te ne capiteranno delle altre, tu le tratterai meglio di noi¯.

Questa favola mostra che quando noi, nuovi venuti, ci vediamo preferiti da qualcuno ai suoi vecchi amici, non dobbiamo rallegrarci delle sue manifestazioni di simpatia, pensando che, divenuti anche noi amici di lunga data egli si legher… con altri e ce li far… passare avanti.

18.LA SCHIAVA BRUTTA E AFRODITE.

Una schiava brutta e cattiva era diventata l'amante del padrone. Riceveva da lui del denaro, si adornava splendidamente e attaccava lite con la padrona. D'altra parte, per•, continuava ad offrir sacrifici e preghiere ad Afrodite (1) come a colei che la rendeva attraente. Ma la dea, apparendo in sogno alla schiava, le disse: ®Non parlare di riconoscenza, quasi che tu fossi debitrice del tuo fascino a me; perch‚ io, anzi, sono piena d'ira e di sdegno contro quel tale che ti trova bella¯.

Non Š il caso di montare in superbia per essersi arricchiti con mezzi vergognosi, tanto pi— se non si ha n‚ nobilt… n‚ bellezza.

Note.1. "Afrodite" (Venere) Š, nella mitologia pagana, la dea della bellezza e dell'amore.

19.

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ESOPO IN UN ARSENALE.

Esopo, il favolatore, un giorno che non aveva niente da fare, entr• in un arsenale. Gli operai cominciarono a canzonarlo e a stuzzicarlo perch‚ rispondesse. Allora Esopo prese a raccontare: ®Una volta c'erano soltanto il caos e l'acqua. Poi Zeus volle far venir fuori un elemento nuovo, la terra, e perci• consigli• a quest'ultima di ingoiarsi il mare in tre sorsi. La terra si mise all'opera. Col primo sorso fece comparire le montagne. Poi bevve il secondo sorso e mise a nudo anche le pianure. Adesso, il giorno che si decide a ingoiar acqua per la terza volta, addio! tutta la vostra arte non servir… pi— a nulla¯.

Questa favola mostra come, a stuzzicar gente pi— fina di noi, ci si attirino imprudentemente risposte pepate.

20.I DUE GALLI E L'AQUILA.

Due galli si battevano per questioni di galline, e uno mise in fuga l'altro. Il vinto and• a nascondersi tra i cespugli, mentre il vincitore, levatosi a volo, si issava su un alto muro, cantando a squarciagola. Ma tosto un'aquila piomb• sopra e lo port• via. Cos quello che se ne stava nascosto nell'ombra pot‚, da allora in poi, coprire tranquillamente le sue galline.

Questa favola mostra che il Signore si oppone agli orgogliosi e concede grazia agli umili.

21.I GALLI E LA PERNICE.

Un tale che allevava dei galli, avendo veduto in vendita una pernice domestica, la comper• e la port• a casa per tenerla insieme con quelli. Ma i galli si misero a picchiarla e a correrle dietro; e la pernice si rodeva il cuore convinta che la disprezzassero perch‚ era d'un'altra razza. Quando per•, dopo qualche tempo, s'avvide che i galli si azzuffavano tra di loro e non la smettevano prima d'essersi vicendevolmente coperti di sangue, disse tra s‚:®Ma se anche mi picchiano, non me la piglio pi—, ora, perch‚ vedo che non si risparmiano nemmeno tra di loro¯.

La favola mostra che le persone assennate si rassegnano alle ingiurie del prossimo, quando vedono che questo non risparmia nemmeno i suoi familiari.

22.I PESCATORI E IL TONNO.

Dei pescatori, usciti alla pesca, si erano affaticati a lungo senza prender nulla, e sedevano scoraggiati nella loro barca. Ed ecco, in quella, un tonno in fuga che, mentre avanzava rumorosamente, schizz•, senz'avvedersene, dentro la barca. I pescatori lo presero e lo portarono a vendere in citt….

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Cos, spesso, ci• che non procaccia l'arte, la sorte regala.

23.I PESCATORI CHE PESCARONO CIOTTOLI.

Un gruppo di pescatori tirava in secco la rete. Sentendola pesante, ridevano e ballavano, convinti d'aver fatto una buona pesca. Ma quando, trascinatala a riva, trovarono che di pesce ce n'era poco e la rete era piena di ciottoli e di altri detriti, ne rimasero crucciati in modo eccessivo, dolendosi non tanto per quel che era avvenuto, quanto perch‚ si erano illusi del contrario. Allora uno di essi, un vecchio, disse: ®Ora basta, amici miei. Il dolore Š fratello della gioia, a quanto pare; e allora, dopo esserci tanto rallegrati prima, era ben naturale che provassimo anche qualche dispiacere¯.

Neppur noi, dunque, vedendo la prontezza con cui si succedono i mutamenti nella vita, dobbiamo lusingarci della stabilit… delle nostre condizioni, convinti che dopo le grandi bonacce vengono necessariamente anche le burrasche.

24.IL PESCATORE CHE SONAVA IL FLAUTO.

Un pescatore che era anche sonatore di flauto prese il suo strumento e le reti, se ne and• alla spiaggia e, per prima cosa, standosene ritto sopra uno sperone roccioso, si mise a sonare, convinto che i pesci sarebbero balzati fuori spontaneamente verso di lui, attratti dalla dolcezza dei suoni. Ma tutti i suoi lunghi sforzi non approdarono a nulla. Allora egli pos• il flauto, prese il giacchio e, gettandolo in acqua, pesc• molti pesci. Mentre li versava dalla rete sulla spiaggia, vedendoli dar gli ultimi guizzi esclam•: ®Ah, brutte bestie! Non ballavate quando sonavo, e vi mettete a ballare ora che ho smesso¯.

Questa Š adatta per chi si mette a far le cose nel momento meno opportuno.

25.IL PESCATORE, I PESCI GROSSI E I PESCI PICCOLI.

Un pescatore aveva tirato fuori dal mare la sua rete. I pesci grossi, gli riusc di afferrarli e li gett• in secco sulla spiaggia; i pi— piccoli, invece, scivolando attraverso le maglie, fuggirono in acqua.

Per chi non possiede grandi fortune, Š facile salvarsi; ma Š raro veder sfuggire ai pericoli uno che abbia fama di esser potente.

26.IL PESCATORE E LA MENOLA.

Un pescatore cal• in mare la sua rete e tir• s— una mŠnola. Si trattava di un pesce piccolo e, data appunto la sua piccolezza, lo pregava di non prenderlo subito, ma di lasciarlo andare. ®Mi potrai

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prendere quando io sia cresciuto e diventato un pesce grosso¯, diceva, ®perch‚ allora ti render• anche di pi—¯. E il pescatore rispose: ®Sarei proprio uno stupido se, nella speranza di un guadagno, sia pur grande, ma ancor di l… da venire, rinunciassi a questo, che, per quanto piccolo, Š gi… nelle mie mani¯.

Questa favola mostra che sarebbe irragionevole, nella speranza di qualcosa di meglio, lasciar andare quello che si ha in mano, per la ragione che Š poco.

27.IL PESCATORE CHE BATTEVA L'ACQUA.

Un pescatore pescava in un fiume. Dopo aver teso le reti e sbarrato la corrente dall'una all'altra riva, batteva l'acqua con una pietra legata a una funicella, perch‚ i pesci, fuggendo all'impazzata, andassero ad impigliarsi tra le maglie. Vedendolo intento a quest'operazione, uno degli abitanti del luogo si mise a rimproverarlo perch‚ insudiciava il fiume e rendeva loro impossibile di bere un po' d'acqua limpida. E quello rispose: ®Ma se non intorbido cos l'acqua, a me non resta che morir di fame¯.

Cos anche negli Stati, per i demagoghi gli affari vanno bene specialmente quando essi son riusciti a seminare il disordine nel loro paese.

28.

L'ALCIONE.

L'alcione Š un uccello amante della solitudine, che vive sempre sul mare e fa, dicono, il suo nido sugli scogli vicini alla costa, per sfuggire alla caccia degli uomini. Un giorno un alcione che stava per deporre le uova, posandosi su di un promontorio, scorse una roccia a picco sul mare, e and• a farci il nido. Ma una volta, mentre esso era fuori in cerca di cibo, accadde che il mare, gonfiato dal soffio impetuoso del vento, si sollev• fino all'altezza del nido e lo inond•, affogando i piccoli. Quando, al suo ritorno, l'alcione vide quel che era accaduto: ®Me misero¯, esclam•, ®per guardarmi dalle insidie della terra, mi rifugiai sul mare; e il mare mi si Š dimostrato ben pi— infido di quella¯.

Questo capita anche a certi uomini, che, mentre si guardano dai loro nemici, senz'avvedersene, vanno a cascare in mezzo ad amici che sono ben peggiori di quelli.

29.LE VOLPI SUL MEANDRO.

Un giorno un branco di volpi si radun• sulle rive del fiume Meandro (1), per abbeverarsi. Ma, per quanto si esortassero a vicenda, non osavano scendere, intimorite dallo scroscio della corrente. Allora una di esse venne fuori a svergognare le compagne e, irridendo alla loro pusillanimit…, come colei che si credeva pi— brava delle altre, balz• arditamente nell'acqua. La corrente la trasport• nel mezzo. Le compagne, stando sulla riva, le gridavano: ®Non abbandonarci; torna

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indietro a farci vedere da che parte si passa per bere senza pericolo!¯. E quella, mentre la corrente la trascinava via: ®Devo portare una risposta a Mileto¯, diceva, ®e non voglio mancare. Quando torno indietro ve lo far• vedere¯.

Questa va a chi si caccia da solo nei guai, per far lo spavaldo.

Note.1. "Meandro" (oggi "Meinder") Š un fiume dell'Asia Minore, che sbocca nell'Egeo, a poca distanza dal luogo dove sorgeva la potente colonia greca di "Mileto". La descrizione del suo corso violento e ricco di sinuosit… ("meandri) costituisce quasi un luogo comune nella letteratura greca e latina.

30.LA VOLPE CON LA PANCIA PIENA.

Una volpe affamata, vedendo, nel cavo di una quercia, del pane e della carne lasciativi da qualche pastore, vi entr• dentro e li mangi•. Ma quando ebbe la pancia piena, non riusc pi— a venir fuori, e prese a sospirare e a gemere. Un'altra volpe che passava a caso di l…, ud i suoi lamenti e le si avvicin•, chiedendogliene il motivo. Quando seppe l'accaduto: ®E tu resta l¯, le disse, ®finch‚ non sarai ritornata com'eri quando c'entrasti: cos ne uscirai facilmente¯.

Questa favola mostra che il tempo risolve le difficolt….

28.LA VOLPE E IL ROVO.

Una volpe, nel saltare una siepe, scivol• e, stando per cadere, s'aggrapp•, come sostegno, a un rovo. ®AhimŠ!¯, gli disse tutta indolorita, quand'ebbe le zampe insanguinate dalle sue spine, ®io mi rivolgevo a te per avere un aiuto, e tu mi hai conciato ben peggio¯. ®L'errore Š tuo, mia cara¯, le rispose il rovo, ®hai voluto aggrapparti proprio a me che, d'abitudine, son quello che si aggrappa a tutto¯.

Questa favola mostra come siano stolti, anche fra gli uomini, coloro che ricorrono per aiuto a chi, d'istinto, Š piuttosto portato a far del male.

32.LA VOLPE E L'UVA.

Una volpe affamata vide dei grappoli d'uva che pendevano da un pergolato e tent• d'afferrarli. Ma non ci riusc. ®Robaccia acerba!¯, disse allora fra s‚ e s‚; e se ne and•.

Cos, anche fra gli uomini, c'Š chi, non riuscendo, per incapacit…, a raggiungere il suo intento, ne d… la colpa alle circostanze.

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33.LA VOLPE E IL SERPENTE.

Una volpe, vedendo un serpente coricato, fu presa d'invidia per la sua lunghezza, e le venne voglia di uguagliarlo: si stese gi— vicino a lui e cerc• di tendersi, fino a che, per gli eccessivi sforzi, la malaccorta crep•.

Questo capita a coloro che si mettono a gareggiare coi pi— forti: prima di poterli raggiungere, vanno in malora.

34.LA VOLPE E IL TAGLIALEGNA.

Una volpe, inseguita dai cacciatori, vide un taglialegna e lo supplic• di nasconderla. Egli la invit• ad entrare nella sua capanna e ad appiattarvisi. Dopo non molto, giunsero i cacciatori e chiesero al taglialegna se avesse veduto passar di l… una volpe. Quello dichiar• ad alta voce di non averla vista; ma intanto, con un cenno della mano, indicava loro il suo nascondiglio. I cacciatori non badarono ai suoi cenni, ma prestarono fede alle sue parole. Come li vide allontanarsi, la volpe usc, e se ne andava senza far motto, quando, con tono di rimprovero il taglialegna le chiese se, dopo esser stata salvata da lui non le testimoniava la sua riconoscenza nemmeno con una parola. E quella: ®Non avrei mancato di ringraziarti¯, disse, ®se i gesti delle tue mani e i tuoi sentimenti fossero stati simili alle tue parole¯.

Questa favola si potrebbe applicare a certi uomini, i quali, a parole, manifestano i pi— generosi propositi; ma, all'atto pratico, si comportano male.

35.LA VOLPE E IL COCCODRILLO.

La volpe e il coccodrillo disputavano chi dei due fosse pi— nobile. Il coccodrillo, dopo aver illustrato minutamente le glorie dei suoi antenati, alla fine dichiar• che i suoi progenitori erano stati ginnasiarchi (1). E allora la volpe: ®Non c'Š bisogno di dirlo. Si vede anche dalla tua pelle, che hai un allenamento di lunga data negli esercizi ginnici¯.

Cos, anche tra gli uomini, i bugiardi sono smascherati alla prova dei fatti.

Note.1. In Atene, invece delle ordinarie imposte dirette sul patrimonio, vi erano delle imposte particolari, dette liturgie, che colpivano solo i cittadini ricchissimi ed erano considerate quindi non meno onorifiche che onerose. Una di queste liturgie era la ginnasiarchia: il "ginnasiarco" doveva a sue spese provvedere all'allestimento delle splendide gare ginniche che avevano luogo nelle massime solennit… religiose. Ma "ginnasiarco" era detto anche il direttore di un ginnasio, cioŠ di una palestra. La favola giuoca sul doppio senso della parola. Per comprendere l'allusione alla pelle dura, sudicia e fangosa del coccodrillo, va poi ricordato che, nelle palestre, i lottatori, per sfuggire alla presa dell'avversario, non solo si ungevano, ma si soffregavano di polvere e di fango, tanto che la loro apparenza sudicia Š motivo di scherzi da parte di altri scrittori greci.

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36.LA VOLPE E IL CANE.

Una volpe, insinuatasi in un gregge di pecore, prese un agnellino lattante e fingeva di baciarlo. Un cane le chiese che cosa facesse. E quella: ®Lo accarezzo¯, disse, ®e lo faccio giocare¯. Ma il cane: ®Adesso te le d• io delle carezze da cane, se non lasci andare quell'agnellino!¯.

Ecco una favola adatta per un uomo senza scrupoli e senza cervello che vuol far il ladro.

37.LA VOLPE E LA PANTERA.

Una volpe e una pantera discutevano chi delle due fosse la pi— bella. Poich‚ la pantera vantava ad ogni piŠ sospinto il suo corpo flessuoso e variegato, la volpe la interruppe, dicendo: ®Quanto sono pi— bella io, che queste doti le ho, non nel corpo, ma nella mente!¯.

La favola mostra che gli ornamenti dello spirito valgono pi— della bellezza fisica.

38.LA VOLPE E LO SCIMMIOTTO ELETTO RE.

Lo scimmiotto, che s'era fatto apprezzare come ballerino, fu eletto re dalle bestie riunite a parlamento. Ma la volpe si ingelos e, una volta che le capit• sott'occhio un pezzo di carne fissato a una tagliola, port• lo scimmiotto in quel luogo, dicendogli che aveva trovato un tesoro, che, invece di tenerlo per s‚, glielo aveva serbato come omaggio dovuto al sovrano e che lo pregava di accettarlo. L'altro, senza pensarci due volte, si avvicin•, e fu afferrato dalla tagliola. Cominci• allora ad accusare la volpe di avergli teso un tranello, ma quella gli disse: ®E tu, povero scimmiotto, con quel cervellino, saresti il re delle bestie?...¯

Cos chi si accinge a un'impresa senza riflettere, non solo fallisce, ma si guadagna per di pi— le risate del prossimo.

39.LA VOLPE E LA SCIMMIA CHE DISPUTAVANO SULLA LORO NOBILTA'.

La volpe e la scimmia facevano la stessa strada e discutevano intanto della nobilt… dei loro natali. Ciascuna aveva ormai vantato i suoi numerosi titoli quando, giunte a un certo punto della strada, la scimmia vi gett• uno sguardo e si mise a sospirare. La volpe gliene chiese il motivo, e quella, additandole le tombe che avevano davanti, disse: ®E come potrei non piangere, quando vedo i sepolcri di coloro che furono liberti o schiavi dei miei antenati?¯. E l'altra, allora: ®Ma s, racconta pur panzane fin che vuoi; tanto, nessuno di essi salter… fuori a smentirti!¯.

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Succede cos anche tra gli uomini: i bugiardi si vantano specialmente quando non c'Š nessuno che possa smentirli.

40.LA VOLPE E IL BECCO.

Una volpe casc• gi— in un pozzo e dovette rimanerci per forza. Pi— tardi, spinto dalla sete, giunse a quello stesso pozzo un becco, che, vedendola, le chiese se l'acqua era buona. E quella, approfittando con piacere dell'occasione, si sbracciava a lodare l'acqua, assicurava che era eccellente, e lo invitava a venir gi—. L'altro, con la voglia che n'aveva, non ci pens• due volte e discese. Mentre saziava la sete, voleva esaminare con la volpe il modo per uscir di l…; ma la volpe lo interruppe, dichiarando: ®Il modo lo so io, se davvero tu vuoi che ci salviamo tutti e due. Fa il piacere di appoggiarti alla parete coi piedi anteriori e di drizzare le corna: io salter• fuori e poi ti tirer• s—¯. Il becco, pronto, diede retta al suo consiglio; e la volpe, salendo s— per le gambe, le spalle e le corna del compagno, si trov• sulla bocca del pozzo; ne usc e si avvi• per andarsene. E poich‚ il becco le rinfacciava d'aver violato il patto, volgendosi indietro, gli disse: ®Caro mio, se tu avessi tanto sale in zucca quanti peli hai nella barba, non saresti disceso senza pensar prima al modo per tornar s—¯.

Cos anche gli uomini, prima di por mano a un'impresa, dovrebbero prudentemente meditare sul suo futuro esito.

41.LA VOLPE DALLA CODA MOZZA.

Una volpe aveva lasciata la coda in una tagliola e, sotto il peso di questa vergogna, le sembrava insopportabile la vita. Pens• allora che le sarebbe convenuto indurre le altre volpi ad imitarla, per celare la sua inferiorit… nella comune sventura. Radunatele tutte, prese dunque a consigliarle di tagliarsi la coda, sostenendo che quell'appendice, non solo era poco decorosa, ma costituiva anche per esse un inutile peso. Ma una delle compagne la interruppe dicendo: ®Cara mia, se non fosse per il tuo interesse, questo consiglio tu non ce lo daresti certamente¯.

Questa favola par fatta per coloro che offrono consigli al prossimo, non gi… per il suo bene, ma per il proprio tornaconto.

42.LA VOLPE CHE NON AVEVA MAI VEDUTO UN LEONE.

Una volpe che non aveva mai veduto un leone, la prima volta che per caso se lo trov• davanti, prov• un tale spavento alla sua vista che quasi ne mor. Avendolo per• incontrato una seconda volta, si spavent• s, ma non proprio come la prima. Quando poi lo vide per la terza volta, trov• tanto coraggio da avvicinarglisi e da attaccare persino discorso.

La favola mostra che l'abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.

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43.LA VOLPE E LA MASCHERA.

Una volpe penetr• nella casa di un attore e, frugando in mezzo a tutti i suoi costumi, trov• anche una maschera da teatro artisticamente modellata. La sollev• tra le zampe ed esclam•: ®Una testa magnifica! ma cervello, niente¯.

Ecco una favola per certi uomini belli di corpo ma poveri di spirito.

44.I DUE UOMINI CHE DISPUTAVANO INTORNO AGLI DEI.

Due uomini disputavano se fosse un dio pi— potente Teseo oppure Eracle (1). Gli dŠi si sdegnarono contro i due litiganti, e Teseo si vendic• sul paese dell'uno, Eracle su quello dell'altro.

Le discordie dei loro dipendenti invitano i potenti alla violenza contro i sudditi.

Note.1. "Teseo", figlio di Egeo, leggendario re d'Atene, era l'eroe nazionale dell'Attica. "Eracle" (Ercole), figlio di Zeus e di Alcmena, era, almeno in origine, l'eroe nazionale dell'Argolide; dopo la sua morte fu assunto nel novero degli dŠi greci (vedi favola 130).

45.L'ASSASSINO.

Un assassino fuggiva, inseguito dai parenti della sua vittima. Giunto alle rive del Nilo, si vide venire incontro un lupo. Atterrito, sal su un albero che sorgeva presso il fiume. Mentre se ne stava nascosto l…, scorse un serpente che strisciava verso di lui. Allora si gett• nel fiume. E nel fiume un coccodrillo se lo mangi•.

La favola mostra che per gli uomini maledetti da Dio nessun elemento Š sicuro, n‚ la terra, n‚ l'aria, n‚ l'acqua.

46.L'UOMO CHE PROMETTEVA L'IMPOSSIBILE.

Un povero s'era ammalato e stava assai male. Quando il medico gli ebbe tolta ogni speranza, prese a raccomandarsi agli dŠi, promettendo che, se si fosse levato da letto, avrebbe offerta un'ecatombe (1) e doni votivi. ®E con che cosa li pagherai?¯ gli domand• la moglie, che si trovava vicino a lui. E lui: ®credi davvero che io mi alzer•, perch‚ gli dŠi possano venire a reclamarli?¯

Questa favola mostra che gli uomini promettono facilmente quello che pensano, all'atto pratico, di non mantenere.

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Note.1. Solenne sacrificio, nel quale - almeno nei tempi pi— antichi - si immolavano agli dŠi ben cento buoi.

47.L'UOMO PAUROSO E I CORVI.

Un uomo pauroso stava partendo per la guerra, quando i corvi si misero a gracchiare, ed egli, deposte le armi, rimase l immobile. Poi le riprese e si avvi• di nuovo. I corvi gracchiarono ancora. Allora egli si ferm• definitivamente, esclamando: ®Gridate pure con tutta la vostra voce. Della mia carne, tanto, non ne assaggerete¯.

Favola per i vigliacchi.

48.L'UOMO MORSICATO DA UNA FORMICA ED ERMES.

C'era una volta un tale, che, avendo veduto affondare una nave con tutto l'equipaggio, asseriva che gli dŠi sono ingiusti nei loro giudizi, perch‚, a causa di un solo passeggero empio, erano morti, insieme con lui, anche degli innocenti. Il luogo dove egli si trovava era pieno di formiche; per caso, una di esse, proprio mentre egli stava cos parlando, gli diede un morso; ed egli, per esser stato pizzicato da una sola, le schiacci• sotto i piedi tutte quante. Gli apparve allora dinanzi Ermes, che, toccandolo con la sua verga, gli disse: ®E allora, non vogliamo darglielo, agli dŠi, il permesso di giudicar gli uomini con lo stesso criterio che tu usi per le formiche?¯.

Nessuno imprechi contro gli dŠi quando capita una disgrazia, ma rifletta piuttosto ai propri peccati.

49.IL MARITO E LA MOGLIE BISBETICA.

Un tale aveva una moglie bisbetica all'eccesso con tutti quelli di casa. Gli venne voglia di sapere se essa si comportava cos anche nella famiglia del proprio padre, e trov• un pretesto plausibile per mandarla da lui. Al suo ritorno, dopo pochi giorni, le chiese come l'avevano accolta quelli di casa sua. ®C'erano i bovari e i pecorai¯, rispose lei, ®che non mi potevano vedere¯. E il marito, allora: ®O moglie mia, se sei riuscita a farti odiare da quelli che escono all'alba per portar fuori il bestiame e non rientrano che la sera, che cosa mai ci si pu• aspettare da quelli con cui passavi l'intera giornata?¯.

Cos spesso dalle cose piccole si argomentano le grandi, dalle cose manifeste si arguiscono quelle celate.

50.

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L'IMBROGLIONE.

Un imbroglione s'era impegnato con un tale a dimostrare che l'oracolo di Delfi (1) mentiva. Nel giorno stabilito, prese in mano un passerotto e, copertolo col mantello, and• al tempio, si ferm• in faccia all'oracolo, e gli chiese se quel che teneva tra le mani respirava o no. Se gli fosse stato risposto di no, egli intendeva mostrare il passero vivo; se invece gli fosse stato detto che respirava, l'avrebbe strozzato prima di tirarlo fuori. Ma il dio, comprendendo il suo malizioso proposito, rispose: ®Smettila, o uomo, perch‚ sta in te far s che ci• che hai in mano sia a vivo oppure morto¯.

La favola insegna che la divinit… non pu• esser colta in fallo.

Note.1. In "Delfi", citt… della F•cide, sorgeva il pi— venerato degli oracoli greci. Ivi il dio Febo (Apollo) esalava, attraverso una spaccatura del suolo, i suoi magici effluvi. Investita e inebriata da questi, la Pizia, che era la sua sacerdotessa, pronunciava i profetici responsi.

51.IL FANFARONE.

Un atleta del pentatlo (1), che, per il suo scarso valore, veniva regolarmente fischiato dai concittadini, se ne and• un bel giorno all'estero. Dopo qualche tempo ritorn• in patria, vantandosi che, prodezze, ne aveva compiute in molte citt…, ma a Rodi, in particolar modo, aveva spiccato un salto di tale altezza che non c'era olimpionico (2) in grado di eguagliarlo; cosa, ripeteva, di cui quelli che eran stati spettatori avrebbero potuto far testimonianza, se mai fossero venuti al suo paese. Allora uno dei presenti lo interruppe, dicendo: ®Ma se Š cos, che bisogno hai di testimoni? Metti che Rodi sia qui, e salta!¯.

Questa favola mostra che qualsiasi discorso Š superfluo, l… dove Š possibile la prova dei fatti.

Note.1. Complesso di cinque esercizi ginnici, che erano, per gli antichi, il salto, il lancio del giavellotto, il getto del disco, la corsa, la lotta.2. "Olimpionico" era detto il vincitore nelle pi— famose competizioni ginniche nazionali, le quali avevano luogo ogni quattro anni in Olimpia, nell'Elide.

52.L'UOMO BRIZZOLATO E LE SUE AMANTI.

Un uomo brizzolato aveva due amanti, una giovane e l'altra vecchia. Quella anziana, che si vergognava della sua relazione con un uomo pi— giovane di lei, ogni volta che egli andava a trovarla, gli strappava i capelli neri. Quella giovane, a cui ripugnava aver per amante un vecchio, gli strappava i capelli bianchi. Cos avvenne che, pelato in parte dall'una, in parte dall'altra, egli rimase calvo.

Cos, in ogni circostanza, ci• che Š eterogeneo presenta pericoli.

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53.IL NAUFRAGO.

Un ricco Ateniese compiva, insieme con altri passeggeri, un viaggio per mare. Si lev• una gran tempesta e la nave si capovolse. Mentre tutti gli altri nuotavano, l'Ateniese continuava ad invocare Atena (1), facendole un monte di promesse, se mai riuscisse a salvarsi. Allora uno dei naufraghi, che stava nuotando l accanto, gli disse: ®Intanto che chiami Atena, muovi un po' le braccia anche tu!¯.

Noi pure, dunque, oltre a pregar gli dŠi, dobbiamo provvedere personalmente ai fatti nostri.E' preferibile guadagnarsi il favore del cielo coi propri sforzi, anzich‚ esser salvati dalla divinit… mentre noi trascuriamo i nostri stessi interessi.Quando capita una disgrazia, bisogna aiutarci con tutte le nostre forze e, cos facendo, invocare anche l'aiuto di Dio.

Note.1. "Atena" (Pallade, Minerva) Š, nella mitologia pagana, la figlia di Zeus, protettrice, fra l'altro, delle arti e delle scienze, e signora di Atene, che da lei trasse il nome.

54.IL CIECO.

Un uomo cieco si era abituato a distinguere al tatto qualsiasi animale gli mettessero tra le mani. Una volta gli diedero un lupacchiotto. Egli lo palp•, rimase incerto, e poi disse: ®Io non so se sia figlio di lupo, o di volpe, o di altro animale del genere, quel che so bene, per•, Š che non Š bestia da mandare insieme con un gregge di pecore¯.

Cos l'animo dei malvagi spesso traspare persino dal loro aspetto fisico.

55.IL TRUFFATORE.

Un uomo povero, che era ammalato, e molto gravemente, promise agli dŠi che avrebbe offerto loro in sacrificio cento buoi, se l'avessero salvato. Quelli vollero metterlo alla prova e in breve lo fecero star meglio. Quando egli si lev• dal letto, dato che buoi veri non ne possedeva, ne fece cento di sego e li bruci• su un altare dicendo: ®Eccovi, o dŠi, quanto vi avevo promesso¯. Ma gli dŠi, a loro volta, vollero ricambiare la beffa dei buoi, e gli mandarono un sogno per invitarlo a recarsi sulla spiaggia: l… si sarebbero trovate mille dramme attiche (1) per lui. Tutto allegro, egli and• di corsa alla spiaggia: l… si imbatt‚ nei pirati, che lo portarono via; e quando fu messo in vendita, si trovarono proprio mille dramme attiche per lui.

Questa Š una favola che va bene per un mentitore. Note.1. La "dramma attica" era una moneta d'argento di valore corrispondente, all'ingrosso, alla nostra lira-oro.

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56.IL CARBONAIO E IL LAVANDAIO.

Un carbonaio vide che vicino alla casa dove egli esercitava il suo mestiere era venuto ad abitare un lavandaio, e and• a trovarlo, proponendogli di trasferirsi da lui, perch‚ cos, gli spiegava, si sarebbero legati pi— strettamente in amicizia e avrebbero anche tratto qualche vantaggio economico dal vivere in una sola abitazione. Ma il lavandaio lo interruppe, dicendo: ®E' assolutamente impossibile da parte mia, perch‚ tutto quello che io laver•, tu me lo imbratterai di fuliggine!¯.

La favola mostra che non si possono mettere insieme le cose che fanno a pugni tra loro.

57.GLI UOMINI E ZEUS.

Raccontano che, al tempo dei tempi, quando furono creati gli animali, essi ebbero in dono da Dio, chi la forza, chi la velocit…, chi le ali. L'uomo, rimasto nudo, gli disse allora: ®Soltanto me tu hai privato dei tuoi favori¯. E Zeus gli rispose: ®Tu sei incosciente del dono che ti Š toccato; eppure esso Š il pi— grande di tutti, perch‚ tu hai ricevuto la ragione, la quale Š potente tra gli dŠi e tra gli uomini, pi— potente dei potenti, pi— veloce degli esseri pi— veloci¯. L'uomo riconobbe allora il suo dono e, prima d'andarsene, si prostr• dinanzi a Dio e gli rese grazie.

Col dono della ragione tutti siamo stati gratificati da Dio; eppure ci sono alcuni che, insensibili a tanto onore, trovano pi— invidiabili gli animali privi di coscienza e di ragione.

58.L'UOMO E LA VOLPE.

Un tale era pieno di rancore contro una volpe che gli recava danni, e il giorno che la cattur• volle prendersi una bella vendetta: le leg• alla coda della stoppa inzuppata d'olio e le diede fuoco. Ma un dio guid• la volpe proprio nei campi di colui che aveva appiccato il fuoco. Era il tempo della messe, e quello le andava dietro piangendo, perch‚ non aveva mietuto nulla.

Bisogna essere tolleranti e non abbandonarsi senza ritegno all'ira, perch‚ l'ira procura spesso gravi danni agli uomini collerici.

59.L'UOMO E IL LEONE CHE FACEVANO LA STESSA STRADA.

Una volta un leone e un uomo camminavano insieme e, discorrendo, ciascuno dei due menava gran vanto di s‚. Ed ecco, sulla strada, una stele di pietra, dove era rappresentato un uomo che strozzava un leone. L'uomo, additandola al suo compagno: ®Vedi¯, disse, ®quanto siamo pi— forti di voi!¯.

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Ma l'altro, sorridendo: ®Eh, se i leoni fossero capaci di scolpire, quanti ne vedresti di uomini, sotto una zampa di leone!¯.

Molti a parole si vantano d'essere forti e arditi; ma la prova dei fatti, smascherandoli, li rivela per quel che sono.

60.L'UOMO E IL SATIRO.

Raccontano che una volta un uomo fece un patto di amicizia con un satiro (1). Sopraggiunse l'inverno e si fece freddo. L'uomo portava le mani alla bocca e ci soffiava s—, e, al satiro che gli domandava perch‚ facesse cos, rispondeva che si scaldava le mani per il freddo. Pi— tardi, imbandita loro la mensa, poich‚ il cibo era molto caldo, l'uomo lo prendeva un pezzetto per volta, lo avvicinava alla bocca, e soffiava. Il satiro domandava allora, di nuovo, perch‚ facesse cos; e l'uomo rispondeva che stava raffreddando il cibo perch‚ era troppo caldo. E il satiro a lui: ®Caro mio, se tu sei uno che dalla stessa bocca manda fuori e caldo e freddo, alla tua amicizia io ci rinunzio¯.

Fuggiamo dunque anche noi l'amicizia delle persone di indole ambigua.

Note.1. Nella mitologia pagana i "satiri" erano esseri selvaggi e primitivi, rappresentati come uomini dalle corna e dalle gambe di capro, che seguivano il corteggio del dio Bacco.

61.L'UOMO CHE SPACCO' LA STATUA DEL DIO.

Un uomo aveva un dio di legno e, poich‚ era povero, lo scongiurava di fargli del bene; ma quanto pi— pregava, tanto pi— povero era. Allora, adiratosi, lo sollev• per una gamba e lo sbatt‚ contro il muro. Fracassatasi immediatamente la testa della statua, ne rotolarono fuori delle monete d'oro. ®Testa bislacca! Ingrato!¯, gridava l'uomo raccogliendole. ®Finch‚ ti onoravo, non facesti un bel nulla per me. Ti ho picchiato, ed eccomi compensato con magnifici doni¯.

La favola mostra che non si ha alcun vantaggio onorando un malvagio; se ne ottiene di pi— a picchiarlo.

62.L'UOMO CHE TROVO' UN LEONE D'ORO.

Un tale, che era tanto avaro quanto pauroso, si imbatt‚ in un leone d'oro, e diceva: ®Non so come comportarmi in questo frangente. Son fuori di me e non vedo che cosa posso fare, diviso tra il desiderio dell'oro e la paura che Š innata nell'animo mio. Ma quale sar… mai stato il caso o il dio che ha creato un leone d'oro? Dinanzi a quel che accade l'animo mio Š straziato: brama l'oro, teme l'essere fatto con quest'oro; a prenderlo lo spingerebbe il desiderio, a fuggirlo la natura. O sorte che offri e non lasci prendere! O tesoro che non d…i gioia! O grazia di dio che ti muti in disgrazia! Che

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fare, dunque? Con qual mezzo potrei usufruirne? A che espediente potrei ricorrere? Ecco: vado a prendere i miei servi, che sono un buon numero e lo cattureranno. Io star• a vedere da lontano¯.

Questa favola Š adatta per quelli che, pur essendo ricchi, non osano toccare le loro ricchezze e goderne.

63.L'ORSO E LA VOLPE.

L'orso menava gran vanto dei suoi sentimenti umanitari, per il fatto che esso non mangia cadaveri. Ma la volpe gli disse: ®Dio volesse che tu sbranassi dei morti, e non dei vivi!¯.

Questa favola svergogna i prepotenti ammantati di ipocrisia e di vanagloria.

64.L'ARATORE E IL LUPO.

Mentre un aratore, staccati i buoi, li conduceva ad abbeverarsi, un lupo affamato, in cerca di cibo, si imbatt‚ nel suo aratro. Esso cominci• prima a leccare tutt'intorno il giogo; poi, senza saper come, poco per volta, vi introdusse il collo, e non fu pi— capace di tirarlo fuori, cosicch‚ si mise a trascinar l'aratro nel solco. Quando, al suo ritorno, l'aratore lo vide, esclam•: ®Dio volesse, cattivo soggetto, che tu lasciassi da parte i furti e le scelleratezze per darti al lavoro dei campi!¯.

Cos gli uomini malvagi, anche quando si comportano nel modo pi— promettente, non trovano credito, a causa del loro carattere.

65.L'ASTRONOMO.

Un astronomo aveva l'abitudine di uscire tutte le sere per studiare le stelle. Una notte che s'aggirava nel suburbio con la mente tutta rivolta al cielo, casc• senz'avvedersene in un pozzo. Mentre egli si lamentava e gridava, un passante ud i suoi gemiti e gli si avvicin•. Saputo il caso, gli disse: ®Caro mio, tu cerchi di sapere quello che c'Š nel cielo, e intanto non vedi quello che c'Š sulla terra¯.

Questa favola potrebbe servire per uno di quei tali che si vantano di cose incredibili, mentre non sanno fare nemmeno quello che fanno tutti gli uomini normali.

66.LE RANE CHE CHIESERO UN RE.

Le ranocchie, stanche di vivere senza alcuno che le governasse, mandarono ambasciatori a Zeus, pregandolo di largire loro un re. E Zeus, vedendo la semplicit… dell'animo loro, butt• gi— nello stagno un pezzo di legno. A tutta prima, atterrite dal tonfo, le ranocchie si tuffarono nel fondo; ma

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poi, dato che il legno rimaneva immobile, risalirono a galla, e giunsero a tal punto di disprezzo per il loro re che gli saltarono addosso e vi si accomodarono sopra. Infine, vergognandosi d'avere un sovrano di tal fatta, andarono nuovamente da Zeus, e lo pregarono di mandarne loro un altro in cambio, perch‚ il primo era troppo indolente. Allora Zeus perdette la pazienza, e mand• una biscia d'acqua, che cominci• ad afferrarle e a divorarsele.

La favola mostra che Š meglio avere governanti infingardi ma non cattivi, piuttosto che turbolenti e malvagi.

67.LE RANE VICINE DI CASA.

Due ranocchie erano vicine di casa: una abitava in uno stagno profondo e discosto dalla strada, l'altra in una pozzanghera sulla strada stessa. Quella dello stagno consigliava l'altra a trasferirsi da lei, per godere una vita pi— comoda e pi— sicura, ma questa non le dava retta e diceva che non poteva staccarsi dalla sua dimora abituale; cos and• a finire che pass• di l… un carro e la schiacci•.

Cos, anche tra gli uomini, ci sono di quelli che, attaccati alle loro sciocche abitudini, piuttosto che cambiare in meglio, son disposti a morire.

68.LE RANE DEL PANTANO.

Due rane, abbandonato il pantano dove abitavano, perch‚ nell'estate s'era prosciugato, andavano cercandone un altro. Capitarono presso un profondo pozzo, e una di esse, quando lo vide, disse all'altra: ®Ehi tu! scendiamo gi— insieme in questo pozzo¯. Ma l'altra le rispose: ®E se poi l'acqua secca anche qui, come faremo a uscirne fuori?¯.

La favola mostra che non bisogna mai avventurarsi imprudentemente in un'impresa.

69.IL RANOCCHIO MEDICO E LA VOLPE.

Standosene nel suo pantano, un ranocchio annunciava un giorno a gran voce a tutti gli animali: ®Io sono un medico pratico di ogni sorta di cure¯. E la volpe, udendolo, disse: ®Ma come potrai guarire gli altri, tu che sei zoppo e non sei capace di curare te stesso?¯.

Come potr… insegnare agli altri chi Š digiuno di scienza? Questa Š la morale della favola.

70.I BUOI E L'ASSE DEL CARRO.

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Mentre i buoi trascinavano un carro, l'asse strideva. Allora quelli, voltandosi indietro, gli dissero: ®Ohi, amico! il carico lo portiamo tutto noi, e quel che si lamenta sei tu?¯.

Cos, anche tra gli uomini, c'Š chi finge d'esser stanco quando sono gli altri che lavorano.

71.I TRE BUOI E IL LEONE.

Tre buoi pascolavano sempre insieme. Un leone aveva voglia di mangiarseli e non ci riusciva a causa di questa loro concordia. Allora egli li separ•, inimicandoli tra di loro con subdole dicerie, e poi, quando pot‚ trovarli soli, uno per volta, se li divor•.

Se davvero vuoi vivere sicuro, non credere ai nemici; abbi fiducia nei tuoi amici e tienteli cari.

72.IL BIFOLCO ED ERACLE (1).

Un bifolco il suo carro verso il paesemenava; ed ecco gli rovina in un fosso.Invece d'affannarsi, quello sta fermoed Eracle a gran voce prega ed invoca,Eracle, il primo per lui di tutti i numi.Eracle appare, e dice: ®Mano alle ruote!E pungola quei bovi! Muoviti prima,e dopo prega! Se no, preghi per niente¯.

Note.1. Qui, e nelle favole 219, 243, 280, 317, 357, 358, Š riprodotto il verso dei corrispondenti originali greci, redazioni di un'et… assai tarda, in cui il senso dei valori della metrica classica Š in gran parte gi… andato smarrito.

73.BOREA E IL SOLE.

Borea (1) e il Sole, che contendevano per stabilire chi dei due fosse il pi— forte, s'accordarono di considerare vincitore colui che riuscisse a toglier di dosso i vestiti a un viandante. Cominci• Borea, che prese a soffiar forte; l'uomo si serrava addosso i vestiti; e quello sopra con maggior violenza. Allora il viandante, sempre pi— tormentato dal freddo, aggiunse a quel che aveva addosso un altro mantello; e Borea cedette il suo uomo al Sole. Questi dapprima prese a splendere moderatamente; poi, quando l'uomo ebbe deposto il mantello supplementare, sprigion• vampate sempre pi— forti, finch‚ quello, non potendo pi— resistere al calore, si spogli• nudo e and• a fare il bagno nel fiume che scorreva l presso.

La favola mostra che la persuasione Š spesso pi— efficace della violenza.

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Note.1. "Borea" Š la personificazione del vento di tramontana.

74.IL BOVARO E IL LEONE.

Un bovaro, conducendo al pascolo il suo armento, perdette un vitello. Mentre si aggirava invano nei dintorni alla ricerca, fece voto a Zeus di sacrificargli un capretto, se fosse riuscito a trovare il ladro. Ma quando, entrando in un querceto, scorse un leone che stava mangiandosi il suo vitello, colto da terrore, alz• le mani al cielo e supplic•: ®Zeus, signor mio, una volta promisi di sacrificarti un capretto per trovare il ladro, ma ora, se faccio tanto da svignarmela dalle grinfie di questo ladro, un toro ti voglio sacrificare¯.

Si potrebbe raccontare questa favola a proposito di certi disgraziati che nel bisogno pregano per ottenere qualche cosa, e poi, quando l'hanno ottenuta, s'affannano per liberarsene.

75.L'UCCELLINO E IL PIPISTRELLO.

Un uccellino (1), appeso fuori d'una finestra, cantava di notte. Il pipistrello, udendone la voce, si avvicin• e gli chiese per qual ragione stava zitto di giorno e gorgheggiava di notte. E quello gli rispose che c'era il suo perch‚: ®Quando mi presero, era di giorno, e io stavo cantando. Da allora son diventato prudente¯. E il pipistrello: ®Ma perch‚ star in guardia ora che non ti serve pi— a nulla? Dovevi farlo prima che ti prendessero¯.

La favola mostra che, quando le disgrazie sono avvenute, il pentimento diventa inutile.

Note.1. Non essendoci elementi per identificare l'uccello di cui Š il nome nel testo greco, si Š sostituito nella traduzione un termine generico.

76.LA GATTA E AFRODITE.

Una gatta che s'era innamorata d'un bel giovane, preg• Afrodite di trasformarla in donna, e la dea, mossa a compassione dal suo amore, la cambi• in una bella ragazza. Cos il giovane, vedendola, se ne invagh e se la port• a casa. Ma mentre essi se ne stavano sdraiati nella loro camera nuziale, ad Afrodite venne voglia di provare se, cambiando corpo, la gatta aveva anche cambiato le sue abitudini, e lasci• cadere l… nel bel mezzo un topo. Quella, dimentica delle attuali circostanze, balz• s— dal letto e si mise ad inseguirlo per divorarselo. Allora la dea, indignata, la restitu alla sua forma primitiva.

Cos avviene anche tra gli uomini: chi Š per natura malvagio potr… cambiare condizioni, ma non cambier… mai le sue abitudini.

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77.LA DONNOLA E LA LIMA.

Una donnola pentr• nell'officina d'un fabbro, dove c'era una lima, e cominci• a leccarla. Accadde che, a forza di sfregar la lingua, il sangue prese a colare in abbondanza. Quella era felice, perch‚ s'illudeva di succhiar qualcosa al ferro; ma fin col rimetterci tutta la lingua.

Questa favola si potrebbe ripetere a proposito di coloro che rovinano se stessi a forza di litigi.

78.IL VECCHIO E LA MORTE.

Un vecchio percorreva un giorno una lunga strada, portando un fascio di legna che egli stesso aveva tagliato. Stanco del cammino, depose il suo fardello e invocava la morte. Ed ecco, la Morte gli apparve, e gli chiese per qual motivo l'avesse chiamata. E il vecchio: ®Perch‚ vorrei che mi sollevassi questo fascio¯.

Questa favola mostra che tutti gli uomini amano la vita, anche quando sono infelici.

79.IL CONTADINO E L'AQUILA.

Un contadino trov• un'aquila presa al laccio e, ammirato della sua bellezza, la sciolse, rendendole la libert…. E quella non gli si mostr• ingrata. Anzi, un giorno che lo vide seduto sotto un muro pericolante, vol• verso di lui e con gli artigli gli port• via la fascia che aveva avvolta intorno alla testa. Il contadino balz• in piedi e le corse dietro; allora l'aquila gliela butt• gi—. Quando l'ebbe raccolta e fu tornato indietro, l'uomo trova che il muro presso cui stava seduto era crollato, e rimase stupefatto del modo con cui l'aquila aveva ricambiato il suo beneficio.

Chi ha ricevuto del bene da qualcuno deve ricambiarlo.

80.IL CONTADINO E I CANI.

Un contadino rimase confinato dal maltempo nel suo podere, e, non potendo uscire in cerca di cibo, cominci• col mangiare le pecore; poi, prolungandosi la cattiva stagione, mangi• anche le capre; in un terzo tempo, visto che non se ne vedeva la fine, pass• ai buoi da lavoro. A questo punto i cani, che avevan tenuto dietro a quello ch'egli faceva, si dissero: ®E' ora d'andarcene di qui. E' mai possibile, infatti, che il padrone risparmi noi, se non ha avuto riguardo nemmeno per i buoi con cui lavora?¯.

La favola mostra che bisogna stare in guardia soprattutto con coloro che non s'astengono neppure dal maltrattare i loro familiari.

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81.IL CONTADINO E IL SERPENTE CHE GLI AVEVA UCCISO IL FIGLIO.

Un serpente s'accosta strisciando al figliuolo di un contadino e l'uccise. Nell'impeto del dolore, questi afferr• una scure e, avvicinatosi alla buca del serpente, stette a spiare per schiacciarlo appena uscisse. Quando quello s'affacci•, vibr• infatti la scure. Non lo colp, ma spacc• la pietra vicino a lui. Pi— tardi, per•, gliene venne paura, e cominci• a pregarlo di far pace. Ma il serpente disse: ®No, non Š possibile che io nutra sentimenti benevoli verso di te, quando vedo quella spaccatura nella pietra; e nemmeno tu verso di me, quando guardi la tomba del tuo bambino¯.

Questa favola mostra che la riconciliazione non Š facile quando gli odi sono profondamente radicati.

82.IL CONTADINO E IL SERPE INTIRIZZITO DAL FREDDO.

Un contadino, nella stagione invernale, trov• un serpe intirizzito dal freddo; impietosito, lo raccolse e se lo pose in seno. Ma quello, non appena il calore ebbe risvegliato il suo istinto, uccise con un morso il suo benefattore. Il quale, morendo, diceva: ®Me lo merito, perch‚ ho avuto compassione di un malvagio¯.

Questa favola mostra come nemmeno i pi— grandi benefici riescano a convertire i malvagi.

83.IL CONTADINO E I SUOI FIGLI.

Un contadino, giunto ormai alla fine della vita, volendo che i figli si facessero esperti nella coltura dei campi, li chiama a s‚ e disse loro: ®Figli miei, io me ne vado, ormai; voi cercate nella vigna e troverete tutto quel che ci tengo nascosto¯. Quelli pensarono che in qualche punto vi fosse sepolto un tesoro, e, appena morto il padre, misero sossopra con la vanga tutta la vigna. Tesori naturalmente, non ne trovarono; per• la vigna, vangata a fondo, produsse una straordinaria quantit… d'uva.

La favola mostra che il lavoro per gli uomini costituisce un tesoro.

84.IL CONTADINO E LA FORTUNA.

Un contadino, vangando, trova un gruzzolo d'oro; ogni giorno, perci•, offriva corone alla Terra, pensando d'aver ricevuto da lei questo beneficio. Ma ecco che la Fortuna gli apparve e gli disse: ®Ehi, tu! perch‚ attribuisci alla Terra il merito dei miei doni, di quelli che io ti ho offerto, volendo

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farti ricco? Perch‚ lo so bene che se poi le vicende mutassero e codesto tuo gruzzolo andasse a finire in altre mani, allora, i tuoi rimproveri, tu li indirizzeresti alla Fortuna, cioŠ a me¯.

La favola mostra che bisogna riconoscere i nostri benefattori e tributare ad essi la nostra gratitudine.

85.IL CONTADINO E L'ALBERO.

Nel campo di un contadino c'era un albero che non portava frutti, ma era soltanto un rifugio di passeri e di strillanti cicale. Dato che non rendeva nulla, il contadino decise di abbatterlo: prese l'accetta e men• un colpo. Cicale e passeri lo supplicavano di non abbattere il loro asilo, di lasciarlo in piedi per potervi cantare e rallegrare cos anche lui. Ma il contadino, senza curarsi affatto di loro, men• un secondo e un terzo colpo; mise cos allo scoperto una cavit… dell'albero, dove trov• uno sciame d'api e del miele. L'assaggia; e allora gett• via l'accetta e onor• quell'albero come sacro, circondandolo di cure.

Gli uomini, d'istinto, pi— che amare e rispettare la giustizia, van dietro al guadagno.

86.I FIGLI DISCORDI DEL CONTADINO.

I figli di un contadino non andavano d'accordo; ed egli, per quanto continuasse ad ammonirli, non riusciva, con tutti i suoi ragionamenti, a convincerli di correggersi. Pens• allora che gli conveniva ricorrere a un esempio pratico, e disse loro di portargli un fascio di verghe; il che fu fatto. Il padre cominci• col consegnarle loro tutte insieme, ordinando che le spezzassero; ma, per quanti sforzi essi facessero, non ci riuscirono. Allora sciolse il fascio e diede loro le verghe ad una ad una, e poich‚ essi le rompevano senza difficolt…, soggiunse: ®Cos anche voi, figli miei, se sarete d'accordo, non sarete sopraffatti da alcun nemico, ma se litigherete, offrirete loro una facile preda¯.

La favola mostra che tanto pi— grande Š la forza della concordia quanto minore Š la possibilit… di resistenza della discordia.

87.LA VECCHIA E IL MEDICO.

Una vecchia che aveva male agli occhi chiam• un medico, mettendosi d'accordo con lui per il compenso. Quello cominci• le visite, e regolarmente, ogni volta che le medicava gli occhi, mentre essa li teneva chiusi, si portava via ad una ad una le sue masserizie. Finite queste e finita anche la cura, richiese il compenso pattuito, e, poich‚ la vecchia rifiutava di pagare, la trascin• davanti ai magistrati. Qui essa dichiar• che aveva s promesso un compenso se la sua vista fosse guarita, ma che ora dopo la cura del medico, essa stava peggio di prima. ®Prima, infatti¯diceva, ®vedevo tutti gli oggetti di casa, ed ora non riesco pi— a vederne nessuno¯.

In questo modo, senza accorgersene, i disonesti, con la loro avidit…, forniscono essi stessi argomenti contro di loro.

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88.LA MOGLIE E IL MARITO UBRIACONE.

Una donna che aveva il marito sempre ubriaco, volendo correggerlo del suo vizio, escogit• una trovata di questo genere. Aspett• che egli fosse tanto inebetito per la sbornia da essere insensibile come un morto, e, caricatolo sulle spalle, lo port• al cimitero, lo mise gi—, e se ne and•. Quando suppose che avesse smaltito la sbornia, ritorn• e buss• alla porta del cimitero. ®Chi bussa?¯ chiese lui. E la donna: ®Sono quello che porta da mangiare ai morti¯. E l'altro: ®Ma no, mio caro, non da mangiare; portami da bere, piuttosto. Mi strazi l'anima a parlar di mangiare senza parlar di bere¯. Allora la moglie, battendosi il petto, esclam•: ®Me disgraziata! Tutta la mia astuzia non m'ha servito a nulla: tu, caro il mio uomo, non solo non ti sei corretto ma sei diventato peggiore di prima, perch‚ il tuo vizio Š ormai una seconda natura¯.

Questa favola mostra che non bisogna indulgere ai cattivi costumi, perch‚ viene un momento in cui l'abitudine si impone a un uomo anche contro la sua volont….

89.LA PADRONA E LE ANCELLE.

Una vedova tutta lavoro aveva delle servette, che svegliava d'abitudine al canto del gallo, perch‚ attendessero alle loro faccende. Quelle, stanche delle continue fatiche, considerando responsabile dei loro mali il gallo, che svegliava di notte la padrona, pensarono che conveniva tirargli il collo. Ma, quando l'ebbero fatto, capit• loro di peggio, perch‚ la padrona, non sapendo pi— l'ora della levata dei galli, prese a svegliarle a notte pi— fonda per farle lavorare.

Cos, per molti uomini, sono fonte di sventura le loro proprie decisioni.

90.LA DONNA E LA GALLINA.

Una vedova aveva una gallina, che le faceva un uovo tutti i giorni. Pens• che, dandole pi— becchime, la gallina gliene avrebbe fatto due, e le aument• la razione. Ma quella divent• grassa, e non fu pi— capace di farne nemmeno uno.

La favola mostra come coloro che per pura avidit… desiderano sempre qualcosa di pi—, perdono anche quello che hanno.

91.LA FATTUCCHIERA.

Una donna praticava la magia, offrendo incantesimi e scongiuri buoni contro l'ira degli dŠi; molti ne spacciava e si procurava cos di che vivere largamente. Ci furono per• alcuni che l'accusarono di

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sovvertire con queste pratiche la religione, la citarono in tribunale e la fecero condannare a morte sotto quest'accusa. Mentre essa usciva dal tribunale, un tale la vide e le disse: ®Ehi, tu, quella che si vantava di scongiurare l'ira degli dŠi, come mai non sei riuscita nemmeno a rabbonire degli uomini?¯.

Ci si potrebbe servire di questa favola per una di quelle vagabonde che van promettendo miracoli e non cono capaci di fare le cose pi— normali.

93.LA GIOVENCA E IL BUE.

Una giovenca guardava un bue al lavoro e lo compiangeva per le sue fatiche. Ma quando giunse la festa, al bue sciolsero il giogo; la giovenca, invece, la presero per immolarla. Sorrise il bue vedendola, e le disse: ®Per questo, o giovenca, ti lasciavano oziare: perch‚ dovevano sacrificarti presto¯.

La favola mostra che i pericoli incombono su chi sta in ozio.

93.IL CACCIATORE PAUROSO E IL TAGLIALEGNA.

Un cacciatore che seguiva le p‚ste di un leone, domand• a un taglialegna se avesse veduto le orme della fiera e se sapesse dove era il suo covo. ®Ma ti faccio veder subito il leone in persona, io!¯, gli rispose quello. E l'altro, bianco di paura, e battendo i denti: ®No! cercavo soltanto le orme, non il leone¯.

La favola biasima gli uomini audaci e paurosi; audaci, s'intende, a parole e non nei fatti.

94.IL PORCELLINO E LE PECORE.

In un gregge di pecore s'era intrufolato un porcellino che pascolava con esse. Una volta il pastore lo prese s— ed esso cominci• a strillare e a dibattersi. Le pecore rimproverandolo per le sue grida, gli dicevano ®Noi non strilliamo e neppure ci prende s— tutti i momenti¯. Al che quello rispose: ®Ma quando prende voi e quando prende me non Š la stessa cosa; voi, vi prende per la lana o per il latte, ma me per la carne¯.

Questa favola insegna che hanno ragione di piangere coloro che corrono pericolo di perdere, non le sostanze ma la vita.

95.I DELFINI, LE BALENE E IL GHIOZZO.

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Delfini e balene battagliavano fra di loro. Poich‚ la lotta si faceva lunga e accanita, sal a galla un ghiozzo che Š un piccolo pesce, e cerc• di metterli d'accordo. Ma uno dei delfini lo interruppe dicendogli: ®Meglio, per noi, morire ammazzati l'uno dall'altro in combattimento, piuttosto che servirci di te come paciere¯.

Cos certi uomini che non valgono nulla, quando s'immischiamo in qualche torbido, credono di essere dei personaggi importanti.

96.L'ORATORE DEMADE.

Una volta, ad Atene, l'oratore Demade (1) stava parlando al popolo, che non gli prestava per• molta attenzione. Allora egli chiese il permesso di raccontare una favola di Esopo. Gli uditori approvarono e quello cominci•:®Demetra (2), una rondine e un'anguilla viaggiavano insieme; giunte ad un fiume, la rondine si lev• a volo, l'anguilla si butt• sott'acqua...¯ E poi, zitto. ®E Demetra, che fece?¯, chiesero gli uditori. Ed egli: ®Demetra ce l'ha con voi, che vi disinteressate degli affari dello Stato per tener dietro alle favole d'Esopo¯.

Altrettanto stolti sono tutti coloro che trascurano le cose necessarie e preferiscono quelle dilettevoli.

Note.1. Oratore attico del quarto secolo avanti Cristo. L'anacronismo dell'attribuzione ad Esopo di questa e delle due favole seguenti Š evidente.2. "Demetra" (Cerere) era, nella mitologia pagana, la dea delle messi.

97.DIOGENE E IL CALVO.

Una volta Diogene (1), il filosofo cinico, fu insultato da un tale che era calvo. E lui: ®Che io ricorra agli insulti? Ohib•! Io voglio invece fare un elogio: un elogio a quei capelli che se ne sono andati via da una testa cos brutta¯.

Note.1. Famoso filosofo del quarto secolo avanti Cristo, su cui fiorirono numerosi aneddoti; questo e il seguente finirono arbitrariamente inseriti nella raccolta delle favole esopiche.

98.DIOGENE IN VIAGGIO.

Una volta, Diogene il cinico, viaggiando, giunse alla riva di un fiume in piena e si ferm• sull'argine, incerto. Un tale che traghettava abitualmente i viaggiatori, vedendolo esitante, gli si avvicin•, lo caric• sulle spalle e con bei modi lo trasport• all'altra riva. Diogene rimase l, rammaricandosi della sua povert…, per cui non era in grado di ricompensare il suo benefattore. Mentre ancora stava immerso in questi pensieri, ecco che l'altro vide un nuovo viaggiatore incapace di traversare il

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fiume e corse a traghettare anche quello. Allora Diogene gli si avvicin• e gli disse: ®Ecco che non mi sento pi— in debito di gratitudine per il tuo aiuto, perch‚ vedo che tu lo presti senza alcun discernimento, per una specie di mania¯.

La favola mostra come chi benefica indiscriminatamente le persone degne e quelle indegne s'acquista fama non di bont…, ma piuttosto di stoltezza.

99.ZEUS E LE QUERCE.

Le querce si lagnavano con Zeus: ®Era inutile metterci al mondo, se pi— di ogni altra pianta noi dobbiamo esser vittime della violenza della scure¯. E Zeus: ®Ma siete voi stesse la causa della vostra disgrazia; se non produceste manichi di scure, se non foste utili alla carpenteria e all'agricoltura, la scure non vi abbatterebbe¯.

C'Š chi Š causa dei propri mali, e stoltamente ne attribuisce la colpa agli dŠi.

100.I BOSCAIOLI E IL PINO.

Alcuni boscaioli stavano spaccando un pino, e lo facevano senza difficolt…, grazie ai cunei ricavati dall'albero stesso. E il pino esclam•: ®Non me ne la prendo tanto con la scure che mi spacca, quanto con questi cunei che son nati da me¯.

I maltrattamenti degli estranei non sono tanto dolorosi quanto quelli dei familiari.

101.L'ABETE E IL ROVO.

Disputavano tra loro l'abete e il rovo. L'abete si vantava, dicendo: ®Io sono bello; io sono slanciato; io sono alto; io servo per i tetti dei templi e per le navi¯. Ma il rovo osserv•: ®Se ti venissero in mente le scuri e le seghe che ti faranno a pezzi, certo preferiresti essere un rovo anche tu¯.

Non Š il caso di esaltarsi per la propria gloria in questa vita, perch‚ l'esistenza degli umili Š priva di pericoli.

102.IL CERVO ALLA FONTE E IL LEONE.

Spinto dalla sete, un cervo se ne and• ad una fonte; bevve, e poi rimase ad osservare la sua immagine riflessa nell'acqua. Delle corna, di cui ammirava la grandezza e il ricco disegno, si sentiva tutto orgoglioso, ma delle gambe non era sodisfatto, perch‚ gli parevano scarne e fragili. Mentre ancora stava riflettendo, ecco un leone che si mette ad inseguirlo. Il cervo si d… alla fuga e

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riesce per un bel pezzo a tenerlo a distanza, perch‚ la forza dei cervi risiede nelle gambe, come quella dei leoni nel cuore. Finch‚ il piano gli si stese dinanzi spoglio di alberi, egli trov• dunque scampo nella sua maggiore velocit…, ma quando giunse in una plaga boscosa, accadde che gli si impigliarono le corna nei rami, non pot‚ pi— correre, e fu preso. Allora, mentre stava per morire, disse a se stesso: ®Me disgraziato! quelle gambe che dovevano tradirmi mi offrivano la salvezza, e mi tocca invece morire proprio per colpa di quello in cui riponevo tutta la mia fiducia!¯.

Cos molte volte, tra i pericoli, la salvezza ci viene da amici che parevano sospetti, mentre altri in cui avevamo piena fiducia ci tradiscono.

103.IL CERVO E LA VITE.

Un cervo che fuggiva dinanzi ai cacciatori, and• a nascondersi sotto una vite. Quando questi furono andati avanti di qualche passo, il cervo, illudendosi di essere ben nascosto, cominci• a brucare le foglie della vite. Ma sentendole muovere, i cacciatori si volsero, sospettarono, come era in realt…, che ci fosse qualche animale sotto le foglie, e colpirono a morte il cervo; il quale spirando, esclam•: ®Ben mi sta, perch‚ non dovevo far danno a chi m'aveva salvato¯.

La favola mostra come Dio castighi chi fa del male ai propri benefattori.

104.IL CERVO E IL LEONE IN UN ANTRO.

Un cervo inseguito dai cacciatori arriv• davanti a un antro dove si trovava un leone. Vi entr• per nascondervisi, ma fu afferrato dal leone. ®Me disgraziato¯, esclam• mentre quello lo sbranava, ®per fuggire gli uomini, son finito tra gli artigli di una belva!¯.

Cos alcuni uomini, per paura di un piccolo guaio, si gettano in mezzo a pericoli ben pi— gravi.

105.IL CERVO CIECO DA UN OCCHIO.

Un cervo che aveva perduto un occhio se ne and• sulla riva del mare e qui brucava, tenendo l'occhio buono dalla parte di terra per vedere se si avvicinasse qualche cacciatore, e l'occhio cieco dalla parte del mare, donde non prevedeva pericoli. Ed ecco, invece, dei naviganti che, costeggiando di l, lo scorsero e gli tirarono, cogliendolo in pieno. ®Sono pur disgraziato¯, diceva tra s‚ il cervo, mentre esalava l'anima, ®mi guardavo dalle insidie della terra e ho trovato assai pi— funesto il mare, presso cui m'ero rifugiato¯.

Cos, molte volte, contro le nostre supposizioni, quel che sembrava funesto ci torna utile e quel che credevamo salutare ci Š dannoso.

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106.IL CAPRETTO SUL TETTO DELLA STALLA E IL LUPO.

Un capretto, mentre se ne stava sul tetto della stalla, vide passare un lupo e prese ad insultarlo e a sbeffeggiarlo. Ma il lupo gli disse: ®Caro mio, questi insulti non sei mica tu che li fai; Š il luogo dove ti sei messo¯.

La favola mostra come il luogo e l'occasione possano tante volte rendere audaci le persone dinanzi ai pi— forti di loro.

107.IL CAPRETTO E IL LUPO CHE SONAVA IL FLAUTO.

Un capretto, rimasto solo dietro al suo gregge, era inseguito da un lupo. D'un tratto si volge e gli dice: ®Io sono un boccone destinato a te, lupo, lo so bene. Per• non lasciarmi morire proprio senza alcun onore: suona un po' il flauto e fammi danzare¯. Ma mentre il lupo sonava e il capretto danzava, ecco, i cani li udirono, balzarono fuori e corsero dietro al lupo. Questi, allora, si volse indietro e disse al capretto: ®Me lo merito proprio: perch‚ mettermi a far il sonatore, quando son nato macellaio?¯.

Cos chi non ha il senso dell'opportunit… nelle sue azioni, finisce col perdere anche quello che ha gi… in mano.

108.ERMES E LO SCULTORE.

Ermes, che aveva voglia di sapere qual stima facessero di lui sulla terra, prese forma umana e and• nello studio di uno scultore. Vide una statuetta di Zeus e domand• quanto costava. ®Una dramma (1)¯, gli dissero. Egli sorrise e si inform• del prezzo di quella di Era (2).®Quella¯, gli risposero, ®Š ancor pi— cara¯. Poi vide anche la propria effigie e ne domand• il prezzo, convinto che gli uomini facessero gran conto di lui, come messaggero del cielo e come dio del guadagno. ®Be', questa¯, gli rispose lo scultore, ®se tu compri le altre due, te la dar• per giunta¯.

Ecco una favola adatta per uno di quei vanagloriosi che non son tenuti in alcun conto dal prossimo.

Note.1. Vedi favola 55.2. "Era" (Giunone) Š, nella mitologia pagana, la sposa di Zeus e la regina degli dŠi.

109.ERMES E LA TERRA.

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Quando Zeus ebbe creato l'uomo e la donna, ordin• ad Ermes che li conducesse sopra la Terra e mostrasse loro come potevano procacciarsi il vitto scavandone il suolo. L'ordine fu eseguito. Ma la Terra, a tutta prima, non voleva saperne. E, quando poi Ermes la costrinse all'obbedienza, spiegando che si trattava di un ordine di Zeus, ®E allora scavino pure quanto vogliono¯, dichiar•, ®ma me la pagheranno con sospiri e lacrime¯.

Questa Š una favola che va bene per quelli che ottengono in prestito con facilit…, ma devono poi penare per sdebitarsi.

110.ERMES E TIRESIA.

Ermes, volendo mettere alla prova Tiresia (1), per vedere se realmente possedesse l'arte divinatoria, rub• i buoi che quello aveva nella sua campagna, e poi si rec• in citt…, sotto forma umana, e si fece ospitare in casa sua. Quando giunse a Tiresia la notizia che il suo paio di buoi era scomparso, egli usc fuori dalla citt…, per trarre dal volo degli uccelli un responso circa il furto patito, e prese con s‚ Ermes, pregandolo di dirgli che uccelli vedeva passare. Per prima cosa Ermes vide un'aquila che volava da sinistra a destra, e glielo annunci•; ma Tiresia dichiar• che questa non aveva nulla a che fare con loro. Poi Ermes vide una cornacchia che, appollaiata su un albero, ora guardava in s—, ora si chinava verso terra, e lo disse a Tiresia. Ed egli, subito: ®Ecco¯, esclam•, ®questa cornacchia sta giurando, in nome del cielo e della terra, che i miei buoi io li potr• riavere, basta che lo voglia tu¯.

Questa Š una favola di cui ci si potrebbe servire a proposito di un ladro.

Note.1. "Tiresia", leggendario indovino di Tebe. Si raccontava che, per aver dato ragione a Zeus, in una contesa tra lui e la moglie, era stato accecato dalla dea e dotato, in compenso, di virt— profetica dal dio.

111.ERMES E GLI ARTIGIANI.

Zeus aveva dato ordine a Ermes di somministrare a tutti gli artigiani una certa dose di menzogna. Quello la pest• ben bene, fece un misurino eguale per tutti e cominci• a distribuirla. Ma quando non rimase pi— che il calzolaio, visto che avanzava ancora una gran quantit… della sua pozione, prese l'intero recipiente e glielo vers• addosso. Ecco come avvenne che, frottole ne raccontano tutti gli artigiani, ma i calzolai ne raccontano pi— di ogni altro.

Questa Š una favola adatta per uno che racconta frottole.

112.IL CARRO DI ERMES E GLI ARABI.

Una volta Ermes girava per tutta la terra, guidando un carro pieno di falsit…, di furberie e di inganni, e distribuendo a ciascun paese un po' del suo carico. Arrivato nel paese degli Arabi, dicono

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che tutt'a un tratto gli si sfasci• il carro e che gli abitanti ne saccheggiarono il carico, come se fosse una merce preziosa, impedendogli di proseguire il suo viaggio verso altri popoli.

Gli Arabi sono falsi e traditori pi— di ogni altro popolo: in bocca loro la verit… non esiste.

113.L'EUNUCO E IL SACERDOTE.

A un sacerdote si present• un eunuco e gli chiese di fare un sacrificio agli dŠi, perch‚ egli potesse diventar padre. ®Mah!¯, disse il sacerdote, ®quando mi concentro nella celebrazione del sacrificio, certo io innalzo suppliche perch‚ tu possa diventare padre; ma quando ti guardo in faccia... non sembri nemmeno un uomo!¯.

114.I DUE NEMICI.

Due che si odiavano facevano viaggio sulla stessa nave; uno s'era messo a poppa e l'altro a prua. Scatenatasi una furiosa tempesta, mentre gi… la nave stava per affondare, quello che era a poppa chiedeva al pilota quale delle due parti si sarebbe sommersa per la prima. Quando sent che sarebbe stata la prua, esclam•: ®Ma allora, se ho la prospettiva di vedermi morire davanti il mio nemico, la morte per me non Š pi— un dolore!¯.

La favola mostra che molti uomini non si curano dei propri danni se vedono che, prima di essi, ne sono colpiti i loro nemici.

115.LA VIPERA E LA VOLPE.

Sopra un fastello di spine trasportato dalla corrente, scendeva gi— per il fiume una vipera. ®Degno pilota di tanta nave!¯, comment•, a tal vista, una volpe che passava di l….

Questa va bene per un malvagio che ha messo mano a qualche bricconata.

116.LA VIPERA E LA LIMA.

Una vipera, entrata nell'officina di un fabbro, faceva una colletta fra i vari utensili; quando ebbe ricevute le offerte degli altri, si avvicin• alla lima, e cominci• a pregarla di darle qualcosa. ®Povera ingenua¯, le rispose quella, ®se credi d'ottenere qualche cosa da me, che sono abituata, non a dare, ma a prendere da tutti quanti!¯ .

La favola mostra che Š stolto chi si illude di spillar qualche cosa da un avaro.

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117.LA VIPERA E LA BISCIA D'ACQUA.

Una vipera andava d'abitudine a bere a una certa sorgente; e una biscia che ci abitava voleva impedirglielo, sdegnata che quella non si contentasse del proprio pascolo, ma venisse a invadere anche la sua residenza. La contesa si fece sempre pi— grave, finch‚ i due decisero che sarebbero scesi in campo e che il vincitore sarebbe venuto in possesso del pascolo e della fonte. Quando gi… il giorno era fissato, le ranocchie, che odiavano la biscia, andarono a trovare la vipera e le fecero coraggio, promettendole che anch'esse avrebbero combattuto al suo fianco. S'attacc• battaglia, e, mentre la vipera era alle prese con la biscia, le rane, non potendo far altro, continuarono a gridare con tutte le loro forze. Allora, una volta ottenuta la vittoria, la vipera cominci• ad accusarle, perch‚, dopo averle promesso il loro appoggio, non solo non l'avevano aiutata, ma avevano continuato a cantare durante tutta la battaglia. E quelle le risposero: ®Devi sapere, cara mia, che per noi l'aiuto consiste in una prestazione non di braccia, ma soltanto di voce¯.

La favola mostra che poco giova aiuto di parole l… dove occorrono le braccia.

118.ZEUS E IL PUDORE.

Zeus aveva fabbricato gli uomini e ci aveva messo dentro le varie inclinazioni; solo si era dimenticato del Pudore. Non sapendo quindi come farlo entrar loro in corpo, gli ordin• di passare per di sotto. Quello sulle prime si oppose, sdegnato. Infine, alle violente pressioni di Zeus, dichiar•: ®Ebbene, io entro, ma a questo patto: che non ci entri Eros (1). Se ci entra lui, esco subito io¯. Ecco perch‚ non v'Š bardassa che abbia un briciolo di pudore.

La favola mostra come chi si lascia dominare da amore diventa uno spudorato.

Note.1. "Eros" (Cupido) Š, nella mitologia pagana, il dio che presiede all'amore in tutte le sue manifestazioni.

119.ZEUS E LA VOLPE.

Ammirato dell'intelligenza e della versatilit… della volpe, Zeus le confer la sovranit… sulle bestie. Ma poi volle vedere se, mutando sorte, s'era anche corretta delle sue abitudini meschine e, mentre essa passava in lettiga, le fece volare davanti agli occhi uno scarabeo. La volpe, incapace di dominarsi dinanzi all'insetto che continuava a svolazzare intorno alla lettiga, e incurante del suo decoro, balz• fuori per cercar d'acchiapparlo. Allora Zeus, sdegnatosi con lei, la retrocesse alla sua primitiva condizione.

La favola mostra che gli uomini dappoco non mutano affatto la loro natura, anche se si rivestono delle pi— splendide apparenze.

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120.ZEUS E GLI UOMINI.

Zeus, quando ebbe plasmati gli uomini, ordin• a Ermes di versarvi dentro l'intelligenza. E quello, fatto un misurino uguale per tutti, cominci• a versarla in ognuno di essi. Capit• cos che agli uomini piccolini, la loro porzione bast• per riempirsene e diventare saggi; ma gli uomini grandi e grossi, a cui il liquido non giunse in tutto il corpo, risultarono piuttosto sciocchi.

La favola va bene per un uomo grande di corpo ma povero di spirito.

121.ZEUS E APOLLO.

Zeus e Apollo (1) disputavano sul tiro dell'arco. Apollo tese il suo arco e scocc• una freccia. Ma Zeus allung• un piede, ed eccolo l… dove era diretta la saetta d'Apollo.

Cos, a combattere con i pi— forti, non solo non la si spunta, ma ci si guadagnano anche le beffe.

Note.1. Il dio "Apollo" era considerato arciere infallibile; l'arco e il turcasso erano tra i suoi pi— comuni attributi.

122.ZEUS E IL SERPENTE.

Quando Zeus si spos•, tutti gli animali, ciascuno secondo le proprie possibilit…, gli offersero doni. Anche il serpente sal strisciando fino a lui con una rosa in bocca; ma Zeus, vedendolo, esclam•: ®Da tutti gli altri animali i doni io li gradisco; ma dalla tua bocca non li prendo proprio¯.

La favola mostra che le cortesie dei malvagi devono farci paura.

123.ZEUS E IL DOGLIO DEI BENI.

Zeus racchiuse in un doglio tutti i Beni e lo affid• ad un uomo. Ma l'uomo curioso volle sapere che cosa c'era dentro: smosse il coperchio, e quelli se ne volarono s— dagli dŠi.

Agli uomini Š rimasta solo la speranza, che promette loro i beni sfuggiti.

124.ZEUS, PROMETEO, ATENA E MOMO.

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Zeus, Prometeo (1) e Atena, avendo fatto, il primo un toro, il secondo un uomo e l'altra una casa, chiamarono Momo (2) a giudicarli. Questi, invidioso delle loro opere, cominci• a dire che Zeus aveva fatto male a non collocare gli occhi del toro pi— in s— delle sue corna, in modo che l'animale potesse vedere dove andava a cozzare; aveva fatto male anche Prometeo, che non aveva appeso il cuore dell'uomo all'esterno del suo corpo, in modo che la malvagit… non potesse rimanere occulta e le intenzioni d'ognuno fossero palesi; in terzo luogo diceva poi che Atena avrebbe dovuto fornir di ruote la sua casa, per rendere facile uno spostamento, qualora un cattivo vicino venisse a stabilirsi accanto ad essa. Allora Zeus, indignato dalla malignit… di Momo, lo cacci• via dall'Olimpo (3).

La favola mostra che non c'Š nulla di cos perfetto da non offrire il fianco alla critica.

Note.1. "Prometeo", figlio di Giapeto, eroe mitico, a cui variamente si attribuivano opere benefiche nei confronti dell'umanit…: l'invenzione dell'alfabeto, il dono del fuoco rapito agli dŠi, la creazione stessa dell'uomo e delle bestie.2. "Momo" era, nella mitologia pagana, il dio della critica e dello scherno.3. L'"Olimpo" Š un monte della Tessaglia, sulla cui vetta, secondo la mitologia pagana, risiedevano gli dŠi.

125.ZEUS E LA TARTARUGA.

Al banchetto nuziale di Zeus erano invitati tutti gli animali. Mancava soltanto la tartaruga. Ignorandone la ragione, il giorno dopo, Zeus le chiese come mai essa sola non era intervenuta al pranzo. ®La mia casa Š la mia reggia¯, rispose lei. Ma Zeus, seccatosi, la sua casa le ordin• di caricarsela sulle spalle e di portarsela attorno.

Ce ne sono molti, uomini cos, i quali preferiscono vivere modestamente a casa propria che passarsela da signori in casa altrui.

126.ZEUS GIUDICE.

Zeus aveva stabilito che Ermes scrivesse le colpe degli uomini sopra dei cocci (1), deponendoli in un'arca al suo fianco, s che egli potesse assegnare ad ognuno il suo castigo. Ma poi i cocci si mescolarono tra di loro e cos certi arrivano pi— tardi e certi pi— presto nelle mani di Zeus, per esservi sottoposti al suo infallibile giudizio.

Non bisogna meravigliarsi che gli ingiusti e i malvagi non siano pi— presto puniti dei loro misfatti.

Note.2. I pezzi di coccio costituivano, nell'antica Grecia, un materiale per scrivere alla portata di tutti, come da noi la carta, ed erano usati anche per certe votazioni pubbliche.

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127.IL SOLE E LE RANE.

Si celebravano, in piena estate, le nozze del Sole. Tutti gli animali ne erano lieti, e anche le ranocchie si davano alla pazza gioia. Ma una di esse salt• s—: ®Perch‚ tutta questa allegria, o sciocche? Se, una volta sposato, il Sole metter… al mondo un figlio come lui, che cosa mai non ci toccher… patire, dato che ora, da solo, riesce gi… a farci seccare tutti i pantani?¯.

Ci sono molti uomini con poco sale in zucca che festeggiano avvenimenti per cui non ci sarebbe proprio ragione di rallegrarsi.

128.LA MULA.

Una bella mula rimpinzata di biada si mise a scalpitare, dichiarando ad alta voce a se stessa: ®Cavallo dal rapido piede fu mio padre; ed io son tutta lui¯. Ma un giorno si present• la necessit… di correre e la mula dovette farlo davvero. Quando ebbe finita la corsa, si sent triste, e le venne in mente, all'improvviso, che suo padre era un asino.

La favola mostra che, anche quando le circostanze rendono un uomo famoso, egli non deve mai dimenticare le proprie origini, perch‚ questa vita Š piena di incertezze.

129.ERACLE E ATENA.

Eracle passava per una viottola, quando scorse per terra una cosa che sembrava una mela. Cerc• di schiacciarla, ed ecco che la vide diventare grossa il doppio. Allora prese a calpestarla con maggior forza e a picchiarla con la clava; ma quella si gonfi• e crebbe fino ad ostruire tutta la via. Eracle lasci• cadere la clava e rest• l stupefatto. Gli apparve allora Atena e gli disse: ®F‚rmati, fratel mio; questo Š l'amore della contesa e della discordia: se non lo stuzzicano, rimane come era in origine; ma se lo provocano, ecco come si gonfia¯.

La favola mostra chiaramente che le contese e le lotte sono causa di gravi danni.

130.ERACLE E PLUTO.

Eracle, assunto nel novero degli dŠi e accolto alla mensa di Zeus, salutava con molta cordialit… gli dŠi ad uno ad uno; ma quando, ultimo di tutti, entr• Pluto (1) abbass• gli occhi al suolo, distogliendo lo sguardo da lui. Stupito di questo fatto, Zeus gli chiese perch‚ guardava di mal occhio il solo Pluto, mentre aveva rivolto affabilmente la parola a tutti i numi. Ed Eracle rispose: ®Ma, per verit…, io non lo vedo di buon occhio, perch‚, quando vivevo tra gli uomini, lo incontravo per lo pi— in compagnia di bricconi¯.

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Ecco una favola che si potrebbe raccontare a proposito di un uomo ricco di beni, ma malvagio di indole.

Note.1. "Pluto" Š, nella mitologia pagana, il dio della ricchezza.

131.L'EROE.

Un tale offriva dispendiosi sacrifici a un eroe di cui aveva in casa la statua. Poich‚ continuava a spendere e a consumar denaro senza economia per le sue offerte, una notte l'eroe gli apparve dinanzi e gli disse: ®Amico mio, smettila di consumare il tuo patrimonio, perch‚, se spenderai tutti i denari, diventerai povero, e poi te la prenderai con me¯.

Cos molti d…nno la colpa agli dŠi delle disgrazie in cui cadono per la loro inerzia.

132.IL TONNO E IL DELFINO

Un tonno avanzava con gran fracasso, inseguito da un delfino, e gi… stava per essere preso, quando, senza rendersene conto, si trov• lanciato sulla spiaggia da uno dei suoi violenti balzi. Trascinato dal suo stesso impulso, giunse a secco insieme con lui anche il delfino. Quando il tonno si volse e lo vide che rendeva l'anima, esclam•: ®Ma morire non Š pi— un dolore per me, se con me vedo perduto anche colui che Š causa della mia morte¯.

La favola mostra che gli uomini sopportano facilmente le loro disgrazie, quando vedono colpiti anche coloro che le hanno causate.

133.IL MEDICO IGNORANTE.

C'era una volta un medico ignorante che curava un ammalato. Tutti i suoi colleghi dicevano che la malattia sarebbe stata lunga, ma che il paziente non correva alcun pericolo; lui solo, invece, lo invit• a provvedere alle cose sue, perch‚ - dichiarava - non avrebbe passato il giorno dopo. Pronunciata questa sentenza, se ne and•. Pass• del tempo; il malato si alz• e usc, pallido, camminando a stento. Lo incontr• il nostro medico. ®Salute¯, gli disse, ®come stanno laggi—, quelli dell'Inferno? ®E l'altro: ®Se ne stanno in pace, perch‚ hanno bevuto l'acqua del Lete (1). Poco tempo fa, per•, la Morte e Ade (2) minacciavano terribili vendette contro i medici, perch‚ impediscono agli ammalati di morire, e registravano tutti i loro nomi. Volevano scrivere anche il tuo; ma io mi gettai ai loro piedi, e li supplicai, giurando che si tratta di pura calunnia, perch‚ tu non sei un medico sul serio¯.

La presente favola mette alla gogna certi medici ignoranti, incolti e tutto chiacchiere.

Note.1. Il "Lete" Š un fiume immaginario che, secondo gli antichi, scorreva nell'Inferno. I defunti, bevendo le sue acque, dimenticavano il passato.

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2. "Ade" (Plutone) era, secondo la mitologia pagarla, il dio dell'Inferno.

134.IL MEDICO E L'AMMALATO.

Un medico aveva in cura un ammalato, che gli mor. ®Ecco¯, diceva a quelli che ne seguivano il funerale, ®se quest'uomo si fosse astenuto dal vino e avesse fatto dei clisteri, non sarebbe morto¯. Ma uno dei presenti lo interruppe: ®Mio caro, queste cose avresti dovuto dirle quando egli poteva approfittare dei tuoi consigli; non ora che non servono pi— a nulla¯.

La favola mostra che gli amici devono prestare il loro aiuto nel momento del bisogno, e non sputar sentenze quando ogni speranza Š perduta.

135.IL NIBBIO E IL SERPENTE.

Un nibbio afferr• un serpente e si lev• a volo. Ma il serpente si rivolt•, lo morse, ed entrambi caddero dall'alto. Mentre il nibbio moriva, il serpente gli disse: ®Perch‚ sei stato cos folle da voler far del male a me, che non ti facevo nulla? Ecco che hai avuto il giusto castigo per avermi rapito¯.

Chi fa il prepotente e oltraggia i deboli, se s'abbatte in uno pi— forte di lui, quando men se l'aspetta, paga anche il male che ha fatto prima.

136.IL NIBBIO CHE NITRIVA.

Il nibbio aveva un tempo una voce acuta, diversa da quella d'ora. Poi, avendo udito un cavallo che emetteva dei magnifici nitriti, volle imitarlo; e, ostinandosi in questi esercizio, a rifar bene il nitrito, non ci riusc, ma perse la propria voce; cos non ebbe n‚ quella del cavallo n‚ quella che aveva avuto prima.

Gli uomini mediocri che, mossi dall'invidia, cercano di imitare quello che Š alieno dalla loro natura, perdono anche le loro doti naturali.

137.L'UCCELLATORE E L'ASPIDE.

Un uccellatore prese con s‚ vischio e panioni e se ne and• a caccia. Vide un tordo posato su di un albero alto e volle prenderlo: attaccati i suoi panioni l'uno all'altro, guardava fisso per aria, rivolgendovi tutta la sua attenzione. Mentre era cos voltato in s—, calpest•, senza avvedersene, un aspide che dormiva davanti ai suoi piedi; quello si rivolt• e gli diede un morso. ®AhimŠ disgraziato!¯, diceva morendo l'uccellatore, ®volevo dar la caccia a un altro, e non m'accorgevo d'esser io stesso cacciato a morte¯.

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Cos quelli che ordiscono insidie al prossimo sono colti dalla sventura prima ancora delle loro vittime.

138.IL CAVALLO VECCHIO.

Un cavallo, divenuto vecchio, fu venduto per girar la macina. ®Oh, a che razza di svolte son arrivato, dopo tutte le mie gloriose corse!¯, esclam•, quando si vide attaccato alla mola.

Non esaltatevi per la forza della giovinezza e della fama, perch‚ molti gi… consumarono la vecchiaia in servili fatiche.

139.IL CAVALLO, IL BUE, IL CANE E L'UOMO.

Quando Zeus cre• l'uomo, lo cre• di breve vita. Ma quello fece tesoro della sua intelligenza. Al giunger dell'inverno, costru una casa e vi si stabil. Un giorno che il freddo era grande e Zeus mandava gi— acqua, il cavallo non riuscendo a resistere, corse dall'uomo, e lo scongiur• di dargli ricetto. L'uomo dichiar• che l'avrebbe accontentato solo a patto che gli cedesse parte degli anni della sua vita; cosa che il cavallo fece volentieri. Poco dopo sopraggiunse il bue, che, neppure lui, poteva resistere a quel tempaccio. Anche a lui l'uomo rispose che non lo avrebbe accolto se non gli cedeva un certo numero dei suoi anni; il bue glieli diede, e fu ammesso. Alla fine venne il cane, mezzo morto di freddo, e trov• ricovero, cedendo una parte della propria vita. Ecco perch‚ gli uomini, durante il tempo che era stato loro assegnato da Zeus, sono puri e buoni; quando giungono agli anni che erano del cavallo, diventano fieri e vanagloriosi; arrivati agli anni del bue, sono autoritari; quando poi concludono la loro vita con quelli del cane, sono rabbiosi e abbaiano continuamente.

Ecco una favola di cui ci si pu• servire a proposito di un vecchio collerico e brontolone.

140.IL CAVALLO E IL PALAFRENIERE.

Un palafreniere lisciava e strigliava tutto il giorno il cavallo, e poi gli rubava l'orzo per venderlo. Ma il cavallo gli disse: ®Se vuoi vedermi bello davvero, non vender l'orzo di cui devo nutrirmi¯.

Gli uomini avidi, con i loro allettanti discorsi e con le lusinghe, abbindolano i poveri e li privano persino dei necessario.

141.IL CAVALLO E L'ASINO.

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C'era un uomo che aveva un asino e un cavallo. Un giorno che stavano viaggiando per la strada, l'asino si rivolse al cavallo: ®Prendi un po' del mio carico, se non vuoi vedermi morto¯. Ma l'altro non volle saperne. E l'asino stramazz• e mor, sfinito dagli stenti. Allora il padrone pass• sul dorso del cavallo tutto il carico e in pi— la pelle dell'asino; e il cavallo, piangendo, esclamava: ®AhimŠ disgraziato! che cosa m'Š mai successo, povero infelice! Per aver rifiutato un pochino di quel peso, eccomi costretto a portarlo tutto, e in pi— anche la pelle¯.

La favola mostra che nella vita grandi e piccoli devono far causa comune, se vogliono salvarsi gli uni e gli altri.

142.IL CAVALLO E IL SOLDATO.

Un soldato, finch‚ era durata la guerra, non aveva lasciato mancare l'orzo al cavallo che gli era fido compagno in tutti i rischi. Ma quando la guerra fin, il cavallo fu sottoposto a fatiche servili, caricato di gravi pesi, e non vide pi— altro cibo che paglia. Un giorno, per•, si torn• a parlare di guerra: son• la tromba, il padrone si arm• e, bardato il cavallo, gli balz• in sella. Ma la bestia esausta continuava a cadere. Alla fine gli disse: ®Ormai puoi passare in fanteria: di cavallo che ero m'hai trasformato in asino, e come puoi pretendere adesso di riavere un cavallo da un asino?¯.

Non bisogna dimenticarsi dei tempi tristi nell'ora della sicurezza e della pace.

143.LA CANNA E L'OLIVO.

La canna e l'olivo discutevano di resistenza, di forza e di sicurezza, e l'olivo rinfacciava alla canna d'essere debole e facile a piegarsi a tutti i venti. La canna, silenziosa, non rispondeva. Non pass• molto tempo, e si lev• una violenta bufera. La canna, per quanto scossa e piegata dalle raffiche, ne usc salva senza difficolt…; ma l'olivo, che cercava di resistere ai venti, fu spezzato dalla loro violenza.

La favola mostra come chi non s'oppone alle circostanze e alle persone pi— forti di lui, sta meglio di chi contende con i potenti.

144.IL CAMMELLO CHE STALLO' NEL FIUME.

Un cammello guadava un fiume assai rapido. Stall•; ed ecco che, data la velocit… dell'acqua, immediatamente vide il suo sterco davanti a s‚. ®Che cosa succede?¯, esclam•. ®Ce l'avevo di dietro un momento fa, ed ecco che me lo vedo passar davanti¯.

La favola Š adatta per uno di quegli Stati in cui, invece dei grandi e dei saggi, dominano gli infimi e gli stolti.

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145.IL CAMMELLO, L'ELEFANTE E LA SCIMMIA.

Le bestie stavano deliberando sulla scelta del loro re. Il cammello e l'elefante si fecero avanti e scesero in lizza, sperando di essere prescelti fra tutti per la loro statura e per la loro forza. Ma la scimmia dichiar• che nessuno dei due era atto a regnare. ®Il cammello, perch‚ ¯, disse, ®non pu• usare contro i bricconi la collera che non possiede; e l'elefante perch‚ c'Š pericolo che venga ad assalirci un porcellino, visto che egli ha paura di questa bestia (1)¯.

La favola mostra come in molti casi bastino cause minime a precludere grandi imprese.

Note.1. E' una delle tante nozioni favolose contenute nella pseudoscienza zoologica degli antichi, ed Š riportata anche da Eliano.

146.IL CAMMELLO E ZEUS.

Vedendo un toro tutto imbaldanzito per le sue corna, al cammello invidioso venne voglia d'averle anche lui. Presentatosi dunque a Zeus, cominci• a supplicarlo che gli assegnasse un paio di corna. Ma Zeus si sdegn• con lui perch‚, non contento della sua forza e della sua statura, voleva ancora qualche cosa d'altro. Cos, non solo non gli aggiunse le corna, ma gli mozz• anche la punta delle orecchie.

Questo capita a molti, che, avidi, guardano con invidia gli altri e intanto, senza avvedersene, pŠrdono anche quello che hanno.

147.IL CAMMELLO BALLERINO.

Un cammello, costretto dal suo padrone a ballare esclam•: ®Ma se sono goffo persino quando cammino, altro che quando ballo!¯.

La favola si pu• citare a proposito di qualsiasi atto privo di garbo.

148.IL CAMMELLO VISTO PER LA PRIMA VOLTA.

Quando gli uomini videro per la prima volta il cammello, si spaventarono e, atterriti dalle sue dimensioni, si diedero alla fuga. Ma quando, col passar del tempo, si resero conto della sua mansuetudine, trovarono il coraggio di avvicinarglisi; poi, poco per volta, accorgendosi che esso Š un animale incapace di collera, giunsero a tal punto di disprezzo che gli misero persino una cavezza al collo e lo diedero da condurre a dei ragazzi.

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La favola mostra che l'abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.

149.I DUE SCARABEI.

In un'isoletta pascolava un toro, e del suo sterco vivevano due scarabei. Al sopraggiungere della cattiva stagione, uno di essi annunci• all'altro che intendeva volare sul continente; cos l ci sarebbe stato abbastanza da mangiare per il compagno rimasto solo, mentre egli, trasferitosi laggi—, ci avrebbe passato l'inverno. Aggiungeva poi che, se avesse trovato cibo in abbondanza, ne avrebbe portato anche a lui. Pass• dunque sul continente e, trovatoci sterco a iosa, e per di pi— freschissimo, vi si stabil e cominci• a mangiarselo. Passato l'inverno, rivol• di nuovo alla sua isola. Quando l'altro lo vide cos bello grasso e florido, lo rimprover• perch‚, dopo tante promesse, non gli aveva portato nulla. ®Non devi prendertela con me¯, gli rispose il compagno, ®ma con quel paese, che Š fatto cos: da mangiare ce n'Š; ma non si pu• portar via niente¯.

Questa favola andrebbe bene per uno di quei tali che, nelle loro amicizie, arrivano fino all'invito a pranzo, ma pi— in l… non muovono un dito per un amico.

150.IL GRANCHIO E LA VOLPE.

Un granchio, uscito fuori dal mare, se ne viveva solo soletto su una spiaggia. Lo scorse una volpe affamata e, visto che non aveva proprio nulla da mangiare, gli salt• addosso e lo afferr•. ®Questa me la son proprio meritata¯, esclam• il granchio, mentre l'altra stava per ingoiarlo. ®Ero animale di mare e ho voluto diventare animale di terra!¯.

Cos, anche tra gli uomini, chi lascia le proprie faccende per immischiarsi di quel che non lo riguarda, Š naturale che vada a finire in mezzo ai guai.

151.IL GRANCHIO E SUA MADRE.

La madre del granchio lo ammoniva a non camminare di traverso e a non sfregare il fianco contro la roccia umida. E quello: ®Mamma, se vuoi che impari, cammina dritta tu, e io, vedendoti, far• come te¯.

Chi vuol rimproverare gli altri, deve anzitutto viver bene lui e rigar dritto, e poi insegnare a far altrettanto.

152.IL NOCE.

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Un noce cresciuto al margine di una strada e bersagliato dalle sassate dei passanti, disse tra s‚, sospirando: ®Ma son proprio un disgraziato, io! Continuo tutti gli anni a procurarmi insulti e dolori!¯.

Questa favola allude a certe persone le quali, dai propri beni, non ricavano che dolori.

153.IL CASTORO.

Il castoro Š un quadrupede che vive negli stagni, e i suoi genitali pare che servano per la cura di certe malattie. Quando qualcuno lo scopre e lo insegue per tagliarglieli, esso, che sa a qual fine gli d…nno la caccia, sino a un certo punto, per conservarsi intatto, fugge; ma quando poi si vede a portata dei suoi inseguitori, si strappa da solo i genitali e li getta via; cos riesce a salvare la vita.

Anche tra gli uomini, d…nno prova di saggezza coloro che, vedendosi minacciati a causa del loro denaro, lo lasciano perdere, per non mettere a repentaglio la loro vita.

154.L'ORTOLANO CHE INNAFFIAVA GLI ORTAGGI.

Un tale si ferm• davanti a un ortolano che innaffiava le sue verdure e gli domand• perch‚ mai le piante selvatiche sono floride e robuste, mentre quelle coltivate sono gracili e stente. E l'ortolano gli rispose: ®Perch‚ di quelle la terra Š veramente la madre, ma di queste Š soltanto la matrigna¯.

Anche tra i ragazzi, chi Š allevato dalla matrigna non mangia come quello che ha la propria madre.

155.L'ORTOLANO E IL CANE.

Il cane di un ortolano casc• in un pozzo, e l'ortolano, per tirarlo fuori, scese gi— anche lui. Ma il cane, pensando che egli venisse per cacciarlo pi— a fondo, si rivolt• al padrone e lo morse. Allora quello, dolorante, se ne torn• s— dicendo: ®Ben mi sta: perch‚ affannarmi tanto per salvare un suicida?¯.

Ecco una favola per gli uomini ingiusti ed ingrati.

156.IL CITAREDO.

Un sonator di cetra da strapazzo cantava tutto il giorno tra le ben cementate pareti di una stanza, e poich‚ queste riecheggiavano i suoni, si immagin• d'avere una bella voce potente. Montatosi cos la testa, decise che era il caso di affrontare anche il teatro. Ma, giunto sul palcoscenico, cant• veramente da cane e fu cacciato via a sassate.

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Cos ci sono degli oratori che, fin che si esercitano nelle scuole, fanno bella figura, ma, quando affrontano la vita pubblica, si scopre che non valgono nulla.

157.IL TORDO.

Un tordo andava a cibarsi in una macchia di mirti, e tanto eran dolci quelle bacche che non sapeva staccarsene. Un uccellatore osserv• che il luogo gli piaceva, vi mise le panie e ce lo prese. ®Me infelice!¯, esclam• il tordo prima di morire. ®Ecco che per il gusto della gola ci rimetto la vita¯.

Questa Š una favola che si adatta a uno di quegli uomini sregolati che si rovinano per amor dei piaceri.

158.I LADRI E IL GALLO.

I ladri penetrarono in una casa, ma non ci trovarono altro che un gallo. Lo presero e se ne andarono. Quando fu l per essere ammazzato, il gallo cominci• a pregare che lo risparmiassero, dicendo che egli era utile agli uomini, perch‚ li svegliava a buio, cos che potessero attendere alle loro faccende. ®Ma questa Š una ragione di pi— per tirarti il collo¯, gli risposero gli altri. ®Svegliando loro, tu impedisci a noi di rubare¯.

La favola mostra che quel che d… pi— fastidio ai bricconi sono proprio i servizi resi alle persone dabbene.

159.IL VENTRE E I PIEDI.

Il ventre e i piedi disputavano chi di loro fosse il pi— forte, e i piedi continuavano a dire che, in fatto di forza, erano tanto superiori, che il ventre stesso si faceva portare a spasso da loro. ®Cari miei, se non ci fossi io a darvi da mangiare, neanche voi sareste in grado di portarmi¯, rispose il ventre.

Cos, anche in un esercito, il numero non conta nulla, se non ci sono dei capi col cervello a posto.

160.IL GRACCHIO E LA VOLPE.

Un gracchio affamato s'era posato su un fico e, trovati dei piccoli fichi ancor acerbi, aspettava che diventassero grossi e maturi. La volpe che lo vedeva continuamente l… fermo, quando ne seppe il motivo, gli disse: ®Caro mio, se ti attacchi alla speranza, sbagli di grosso. La speranza Š un pastore che ti porta a spasso, ma la pancia non te la riempie¯.

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161.IL GRACCHIO E I CORVI.

Un gracchio che era pi— grosso di tutti gli altri, disprezzando i compagni della sua razza, se ne and• in mezzo ai corvi, e pretendeva di vivere con essi. Ma quelli, che non conoscevano n‚ la sua faccia n‚ la sua voce, lo picchiarono e lo cacciarono via. Respinto dai corvi, esso torn• allora di nuovo ai suoi gracchi. Questi, a loro volta, indignati per l'affronto, non lo vollero ricevere. Ecco come avvenne che esso fu escluso dalla societ… degli uni e degli altri.

Questo succede anche agli uomini che abbandonano la loro patria e preferiscono i paesi altrui: in questi sono malvisti perch‚ sono stranieri, e si rendono odiosi ai loro concittadini perch‚ li hanno disprezzati.

162.IL GRACCHIO E GLI UCCELLI.

Zeus, volendo dare un re agli uccelli, fiss• loro un giorno in cui dovevano comparirgli davanti, perch‚ egli potesse scegliere il pi— bello di tutti, a regnare sopra di essi. Allora gli uccelli si radunarono sulla riva di un fiume per far pulizia. Il gracchio, che si rendeva conto della propria bruttezza, and• a raccogliere le piume che erano cadute agli altri uccelli, le dispose sul proprio dorso e ve le attacc•. Gli riusc con questo di diventare pi— bello di tutti gli altri. Giunse il giorno fissato, e tutti gli uccelli comparvero dinanzi a Zeus. Anche il gracchio adorno di penne d'ogni colore, gli si present•, e Zeus stava gi… per designarlo re, a causa del suo splendido aspetto, quando gli uccelli indignati gli strapparono ognuno le proprie penne. Cos il gracchio, spogliato, ritorn• di nuovo gracchio.

Questo capita anche a quelli che vivono di debiti: finch‚ hanno i quattrini degli altri sembrano dei pezzi grossi; ma, quando li hanno restituiti, ritornano tali quali erano prima.

163.IL GRACCHIO E I COLOMBI.

Il gracchio, avendo veduto che i colombi in piccionaia mangiavano magnificamente, si tinse di bianco e se ne and• l… per partecipare del loro stesso trattamento. Quelli, finch‚ rimase zitto, lo credettero un colombo e l'accolsero tra loro; ma poi, quando, senz'avvedersene esso aperse la bocca, non conoscendone la voce, lo cacciarono via. Cos, escluso dalla mensa dei piccioni, il gracchio ritorn• tra i suoi. Ma neppure questi lo riconobbero, dato il suo nuovo colore, e lo cacciarono via dalla propria pastura. Ecco come fu che, avendo voluto mangiare da due parti, non mangi• n‚ dall'una n‚ dall'altra.

Anche noi dobbiamo dunque accontentarci di quello che Š nostro, tenendo presente che l'avidit… non serve a nulla, anzi spesso ci fa perdere anche quel che abbiamo.

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164.IL GRACCHIO FUGGITO.

Un tale cattur• un gracchio e, legatagli una cordicella al piede, lo regal• al suo bambino. Il gracchio, che non poteva adattarsi a vivere tra gli uomini, appena ebbe un momento di libert…, fugg e ritorn• nel proprio nido. Ma la cordicella gli si impigli• nei rami; e il gracchio, quando vide che non poteva pi— volar via e che stava ormai per morire, disse fra s‚: ®Sono ben disgraziato! Per non sopportare la schiavit— degli uomini, senz'avvedermene, mi son tolto la vita¯.

Questa favola si potrebbe raccontare a proposito di quegli uomini che, volendo evitare qualche modesto rischio, si gettano, senz'avvedersene, in mezzo a guai peggiori.

165.IL CORVO E LA VOLPE.

Un corvo aveva rubato un pezzo di carne ed era andato a posarsi su di un albero. Lo vide la volpe e le venne voglia di quella carne. Si ferm• ai suoi piedi e cominci• a far gran lodi del suo corpo perfetto e della sua bellezza, dicendo che nessuno era pi— adatto di lui ad essere il re degli uccelli, e che lo sarebbe diventato senz'altro, se avesse avuto la voce. Il corvo, allora, volendo mostrare che neanche la voce gli mancava, si mise a gracchiare con tutte le sue forze, e lasci• cadere la carne. La volpe si precipit• ad afferrarla, soggiungendo: ®Se poi, caro il mio corvo, tu avessi anche il cervello, non ti mancherebbe proprio altro, per diventare re¯.

Ecco una favola adatta per un uomo stolto.

166.IL CORVO ED ERMES.

Un corvo, preso al laccio, rivolse le sue preghiere ad Apollo, promettendogli un'offerta d'incenso; ma, una volta liberato dal pericolo, si dimentic• della promessa. Quando poi fu preso al laccio per la seconda volta lasci• da parte Apollo e promise un'offerta ad Ermes. Ma questo gli disse: ®Sciagurato come Š possibile che io ti presti fede, dopo che hai rinnegato ed ingannato il tuo primo protettore?¯.

Chi si mostra ingrato verso i suoi benefattori non trova nessuno che l'aiuti quando Š nei guai.

167.IL CORVO E IL SERPENTE.

Un corvo a corto di cibo vide un serpente che dormiva al sole: gli piomb• addosso e lo port• via. Ma il serpe gli si rivolt• e lo morse. ®Me disgraziato!¯, diceva morendo il corvo, ®ho trovato uno di quei doni della fortuna per cui tocca rimetterci anche la vita¯.

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Si potrebbe applicare questa favola a un uomo che per aver trovato un tesoro, rischia di perder la vita.

168.IL CORVO AMMALATO.

Un corvo ammalato disse alla madre: ®Prega gli dŠi, mamma, invece di piangere¯. ®Ma chi sar… il dio che avr… piet… di te, figliuolo mio?¯, gli rispose quella. ®Ce n'Š forse uno a cui tu non sia andato a rubare la carne?¯.

La favola mostra che chi nella vita si fa molti nemici, al momento del bisogno non trova nessuno che lo aiuti.

169.LA CAPPELLACCIA.

Una cappellaccia presa al laccio piangeva dicendo: ®AhimŠ, povero uccello sventurato ch'io sono! Non ho portato via a nessuno n‚ oro n‚ argento n‚ altra cosa preziosa. Un piccolo chicco di grano mi ha procurato la morte¯.

Ecco una favola adatta a chi si espone a gravi pericoli per un meschino guadagno.

170.LA CORNACCHIA E IL CORVO.

La cornacchia, gelosa del corvo, il quale d… auspici agli uomini, prevede il futuro ed Š perci• da essi invocato come testimonio, si mise in testa di fare altrettanto. Vedendo passare dei viandanti, vol• su un albero e piantatasi l…, cominci• a gracchiare a tutta forza. Al suono della sua voce, quelli si volsero spaventati, ma uno disse subito: ®Niente, niente, amici, andiamo pure avanti. E' soltanto una cornacchia, e le sue grida non significano nulla¯.

Cos anche tra gli uomini, chi si mette a gareggiare coi pi— potenti di lui non solo non riesce ad uguagliarli, ma si guadagna anche le beffe.

171.LA CORNACCHIA E IL CANE.

Una cornacchia che offriva ad Atena una vittima, invit• un cane al banchetto sacrificale. ®Perch‚ sprechi i tuoi quattrini in sacrifici?¯, le chiese il cane. ®Tanto, la dea ti ha cos in uggia che impedisce alla gente di credere ai tuoi presagi¯. E la cornacchia: ®Ma io le offro i sacrifici proprio per questo. Cerco di conciliarmela, dato che so che mi vede di mal occhio¯.

Cos ci son molti che, per paura, non esitano a beneficare quelli che li odiano.

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172.LE CHIOCCIOLE.

Un'contadinello faceva arrostire delle chiocciole e, sentendole crepitare, diceva: ®Brutte bestie, mentre le vostre case bruciano, voi vi mettete a cantare¯.

La favola mostra che tutto quel che si fa fuori tempo Š biasimevole.

173.IL CIGNO PRESO PER UN'OCA.

Un signore allevava insieme un'oca e un cigno, non allo stesso scopo, naturalmente, ma l'uno per il canto e l'altra per la mensa. Quando giunse il momento in cui l'oca doveva far la fine per cui era stata allevata, era notte, e il buio non permise di distinguere l'uno dall'altra. Cos fu preso il cigno invece dell'oca. Ma ecco che esso intona un canto, preludio di morte; col canto rivela la sua natura e, grazie alla sua voce, sfugge al supplizio.

La favola mostra come spesso la musica riesca a differire la morte.

174.IL CIGNO E IL SUO PADRONE.

Dicono che i cigni si mettano a cantare al momento della morte. A un tale capit• di veder messo in vendita un cigno e, sentendo che era un uccello dal canto dolcissimo, lo acquist•. Un giorno che aveva ospiti a tavola and• ad invitarlo perch‚ cantasse alla fine del banchetto, ma in quell'occasione il cigno rimase zitto. Giunse per• il giorno in cui sent vicina la morte, e allora inton• il suo canto di dolore. Il padrone, sentendolo, disse: ®Ma se tu non canti altro che quando stai per morire, lo stupido ero io, che stavo l a rivolgerti delle preghiere, invece di ammazzarti¯.

Cos anche tra gli uomini ci son quelli che, ci• che non voglion fare per piacere, lo fanno poi per forza.

175.I DUE CANI.

Un tale che aveva due cani ne addestr• uno alla caccia e allev• l'altro per guardia della casa. Quando poi il primo, andando a caccia, prendeva della selvaggina, ne gettava una parte anche all'altro. Allora il cane da caccia, sdegnato, cominci• ad insultare il compagno, perch‚ lui andava fuori, sobbarcandosi a continue fatiche, mentre l'altro godeva il frutto del suo lavoro, senza far nulla. Il cane domestico gli rispose: ®Non con me devi prendertela, ma col nostro padrone, che mi ha insegnato, non a lavorare, bens a sfruttare il lavoro altrui¯.

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Cos non si possono biasimare i fanciulli pigri, quando li rende tali l'educazione dei loro genitori.

176.LE CAGNE AFFAMATE.

Certe cagne affamate che avevano visto delle pelli messe a bagno nell'acqua d'un fiume, non riuscendo ad afferrarle, stabilirono tra di loro di ber prima tutta l'acqua, per poter poi arrivare ad esse. Ma and• a finire che creparono a forza di bere, prima di giungere a toccare le pelli.

Cos ci son uomini che, nella speranza di un guadagno, si sobbarcano a pericolose fatiche, prima di raggiungere il loro scopo.

177.L'UOMO MORSICATO DA UN CANE.

Un tale che era stato morso da un cane correva qua e l…, cercando qualcuno che lo curasse. Ci fu uno che gli disse che doveva inzuppare nel suo sangue un pezzo di pane e darlo da mangiare al cane che l'aveva morso. ®Ma se faccio cos¯, gli rispose quello, ®verranno senz'altro a morsicarmi tutti i cani della citt…!¯.

Similmente, lusingare la malvagit… degli uomini significa invitarli a far peggio.

178.IL CANE INVITATO A PRANZO ovvero L'UOMO E IL CANE.

Un tale stava preparando un banchetto per invitare un suo intimo amico. Il suo cane and• a chiamare un altro cane e gli disse: ®Amico mio, vieni qui a pranzo con me¯. Quello venne e si arrest• tutto giubilante a contemplare il gran banchetto, esclamando in cuor suo: ®Capperi! Che razza di fortuna inaspettata mi compare improvvisamente davanti agli occhi! Ora mangio e mi riempio fino alla nausea, in modo da non aver pi— fame per tutto domani¯. Mentre il cane cos parlava tra s‚ e s‚ intanto dimenava la coda, pieno di fiducia nel suo amico com'era, il cuoco not• quella coda che andava in qua e in l…, e afferratone il proprietario per le zampe, lo scaravent• immediatamente fuori dalla finestra. Il cane se ne torn• indietro, allontanandosi con grandi guaiti. Uno dei cani che incontr• sulla sua strada gli chiese: ®Come Š andato il pranzo, caro?¯. ®Oh¯, rispose lui, ®a forza di bere mi sono talmente ubriacato, che non so nemmeno io da che parte son passato per uscire¯.

La favola mostra che non ci si deve fidare di chi promette di beneficarci a spese altrui.

179.IL CANE DA CACCIA E GLI ALTRI CANI.

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Un cane allevato in casa e addestrato a combattere contro le belve, un giorno che se ne vide schierate davanti un buon numero, spezz• il collare che aveva intorno al collo e si mise a scappare per le strade. ®Ma perch‚ scappi?¯, gli domandavano gli altri cani, vedendolo bello grasso che sembrava un torello. E lui: ®Eh, lo so bene che vivo nell'abbondanza e che godo tutte le soddisfazioni materiali, ma son sempre a un pelo dalla morte, quando devo combattere contro orsi e leoni¯. E gli altri cani commentarono tra loro: ®Anche se Š una vita da poveretti, facciamo una bella vita noi, che non dobbiam combattere n‚ con leoni n‚ con orsi¯.

I pericoli bisogna sfuggirli, non tirarseli addosso per amor del lusso e della vanagloria.

180.IL CANE, IL GALLO E LA VOLPE.

Un cane e un gallo avevano stretto amicizia e facevano viaggio insieme. Giunta la sera, per dormire, il gallo sal su un albero, e il cane s'accomod• vicino alle sue radici, dove c'era una buca. Sul finir della notte, il gallo, secondo il suo solito, cant•. La volpe l'ud, accorse, e, fermandosi sotto l'albero, lo preg• di scender gi— da lei, ch‚ voleva abbracciare una bestia con una voce s bella. Il gallo le rispose di svegliare prima il suo portinaio, che dormiva ai piedi dell'albero, perch‚ gli aprisse l'uscio; poi sarebbe sceso. Ma mentre la volpe cercava di rivolgere la parola al portiere, il cane balz• fuori improvvisamente e la fece a brani.

La favola mostra come gli uomini di buon senso, valendosi di qualche pretesto, sviino gli assalti dei loro nemici, rivolgendoli verso qualcuno pi— forte di loro.

181.IL CANE E LA CONCHIGLIA.

Un cane, abituato a ingollarsi delle uova, vide una conchiglia; convinto che fosse un uovo, spalanc• la bocca e con un violento sforzo riusc a mandarla gi—. Quando poi sent il peso e i dolori di stomaco: ®Ben mi sta¯, disse, ®perch‚ m'ero messo in testa che tutte le cose rotonde fossero uova¯.

Questa favola ci insegna che chi affronta un'impresa senza riflettere pu• impensatamente trovarsi impigliato fra strani fastidi.

182.IL CANE E LA LEPRE.

Un cane da caccia che aveva catturato una lepre, un momento la mordeva e un momento le leccava il muso. ®Ehi tu¯, gli disse, sfinita, la lepre, ®o smettila di mordermi o smettila di baciarmi, ch'io possa capire se sei per me un amico o un nemico¯.

Questa Š una favola adatta per un uomo ambiguo.

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183.IL CANE E IL MACELLAIO.

Un cane balz• dentro una macelleria e, mentre il macellaio era occupato, afferr• un cuore e se la diede a gambe. Il macellaio si volse e, vedendolo fuggire, esclam•: ®Ehi, galantuomo! Sta' pur certo che ti terr• d'occhio dovunque tu sia; il cuore non l'hai mica portato via a me, sai; anzi a me ne hai aggiunto dell'altro¯.

La favola insegna che le sventure servono di ammaestramento agli uomini.

184.IL CANE ADDORMENTATO E IL LUPO.

Un cane dormiva davanti all'aia. Gli balza addosso un lupo e sta per farne un boccone, ma quello comincia a pregarlo di non ucciderlo. ®Ora¯, dice, ®son magro e tutt'ossa; ma se aspetti un po', in casa dei miei padroni ci saranno delle nozze. Allora io manger• abbondantemente, diventer• grasso e sar• un pasto pi— soddisfacente per te¯. Il lupo ci credette e se ne and•. Tornando dopo un po' di giorni, trov• il cane che dormiva in alto nella casa. Si ferm• l e cominci• a chiamarlo dal basso, ricordandogli i loro patti. E il cane: ®Caro lupo, non aspettarle pi—, le nozze, se mai ti capita di trovarmi ancora addormentato davanti all'aia¯.

La favola mostra che gli uomini di buon senso, quando riescono ad uscir fuori da qualche pericolo, se ne guardano per tutta la vita.

185.LA CAGNA CHE PORTAVA LA CARNE.

Una cagna attraversava un fiume con un pezzo di carne in bocca. Vide la propria immagine riflessa nell'acqua, credette che si trattasse di un'altra cagna con un pezzo di carne pi— grosso, e, lasciando andare il suo, balz• gi— per afferrare quello dell'altra. Ecco come fu che rimase senza l'uno e senza l'altro: all'uno non ci arriv• perch‚ non c'era; all'altro perch‚ esso fu portato via dalla corrente.

Questa Š una favola adatta per un uomo avido.

186.IL CANE COL SONAGLIO.

C'era un cane che mordeva a tradimento. Allora il suo padrone gli attacc• un sonaglio, cos che tutti ne fossero avvertiti in tempo. E quello si pavoneggiava sulla piazza, scotendo il suo sonaglio. Ma una vecchia cagna gli disse: ®Ma che cosa ti credi? Non lo porti mica per i tuoi meriti; serve soltanto a far vedere la malignit… che hai dentro¯.

Cos i costumi vanagloriosi degli smargiassi sono l'indice della loro occulta dappocaggine.

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187.IL CANE CHE INSEGUIVA IL LEONE, E LA VOLPE.

Un cane da caccia aveva veduto un leone e lo inseguiva. Ma quando il leone si volse ed emise un ruggito, scapp• indietro pieno di paura. La volpe che l'aveva visto, esclam•: ®Miserabile! volevi inseguire il leone, tu, che non sei stato nemmeno capace di resistere al suo ruggito!¯.

Questa Š una favola che si potrebbe citare a proposito di certi insolenti che si mettono a denigrare persone assai superiori a loro; ma quando queste li affrontano, si tirano subito indietro.

188.LA ZANZARA E IL LEONE.

Una zanzara and• dal leone e gli disse: ®Io non ti temo e tu non sei affatto pi— forte di me. Non ci credi? In che cosa consiste la tua forza? Graffiare con le unghie e mordere coi denti? Ma questo lo fa qualsiasi donnetta quando litiga col marito. Io s che sono molto pi— forte di te. Scendiamo pure in campo, se vuoi¯. E dato fiato alla tromba, la zanzara gli si gett• contro, punzecchiandolo intorno alle narici, in quella parte dove il muso non Š protetto dai peli. Il leone con i suoi artigli non faceva che graffiare se stesso, finch‚ rinunci• al combattimento. Risultata cos vincitrice del leone, la zanzara son• la tromba, cant• l'epinicio (1) e poi prese il volo. Ma and• a sbattere nella tela di un ragno. E mentre questo se la succhiava, essa faceva lamento, essa che, dopo aver mosso guerra ai pi— potenti, periva ora per opera di un ragno, il pi— vile degli insetti.

Note.1. Era il canto della vittoria.

189.LA ZANZARA E IL TORO.

Una zanzara che s'era posata sul corno d'un toro e vi era rimasta a lungo, quando fu sul punto di volar via, gli chiese se gli faceva piacere che finalmente se ne andasse. E il toro: ®Non ti ho sentita venire; non ti sentir• se te ne andrai¯.

Ecco una favola che si potrebbe usare a proposito di un uomo da nulla, che, venga o vada, non fa n‚ caldo n‚ freddo.

190.LE LEPRI E LE VOLPI.

Una volta le lepri erano in guerra con le aquile e invitavano le volpi a far alleanza con loro. ®Noi ci schiereremmo al vostro fianco¯, risposero le volpi, ®se non sapessimo bene chi siete e contro chi combattete¯.

La favola mostra che chi si mette in guerra con i pi— potenti non ha cara la sua incolumit….

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191.LE LEPRI E LE RANOCCHIE.

Un giorno le lepri, riunite tutte insieme, si lamentavano fra loro della loro vita cos incerta e piena di paure: esse sono infatti preda degli uomini, dei cani, delle aquile e d'altri numerosi animali. Meglio dunque farla finita una volta tanto, piuttosto che star a trepidare tutta la vita. Presa questa risoluzione, si slanciarono tutte insieme alla volta di uno stagno, per buttarsi gi— e affogare. Le ranocchie, che stavano accoccolate tutt'in giro allo stagno, non appena sentirono il rumore della loro corsa, schizzarono immediatamente nell'acqua. E allora una delle lepri, che pareva pi— sveglia delle altre, disse: ®Alto l…, compagne, risparmiatevi quest'orribile passo, perch‚ ormai avete veduto che, in fatto di paura, ci sono degli animali che stan peggio di noi¯.

La favola mostra che gli infelici si fanno coraggio quando c'Š qualcuno che sta peggio di loro.

192.LA LEPRE E LA VOLPE.

Disse la lepre alla volpe: ®I tuoi profitti sono davvero grandi? O perch‚ dicono che sei una 'profittatrice', se no?¯. ®Hai dubbi? Vieni dentro. ch‚ ti voglio a tavola con me¯, le rispose la volpe. La lepre la segu, e quando fu dentro, non ci fu che lepre, a tavola, per la volpe. ®AhimŠ!¯, esclam• allora la lepre, ®l'ho imparato a mie spese, ma adesso lo so, da che cosa deriva il tuo nome: non dai tuoi profitti, ma dai tuoi tradimenti¯.

Agli indiscreti che si lasciano inconsideratamente trascinare dalla loro curiosit… capitano spesso gravi guai.

193.IL GABBIANO E IL PESCE RONDINE.

Un gabbiano che aveva ingoiato un pesce e ne aveva avuto lacerato il gozzo, giaceva morto sulla spiaggia. Lo vide il pesce rondine, e comment•: ®Te lo meriti: eri nato uccello, e hai voluto pescarti il cibo in mare¯.

Cos quelli che abbandonano la propria attivit… per occuparsi di quel che non Š fatto per loro vanno naturalmente a finir male.

194.LA LEONESSA E LA VOLPE.

La volpe scherniva la leonessa, rinfacciandole di non saper mai mettere al mondo pi— di un figlio per volta. ®S¯, rispose quella, ¯uno solo, ma un leone¯.

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Delle cose belle non si misura la quantit…, ma il valore.

195.IL REGNO DEL LEONE.

Una volta fu eletto re un leone che non era n‚ collerico n‚ crudele n‚ violento, ma mite e giusto come un uomo. Sotto il suo regno fu convocata l'assemblea plenaria degli animali, perch‚ ognuno desse e ricevesse scambievolmente soddisfazione dei suoi torti, il lupo con la pecora, la pantera col capriolo, la tigre col cervo, il cane con la lepre. Fu allora che il povero leprotto disse: ®Quanto ho sospirato di vederlo spuntare questo giorno, in cui i deboli avrebbero fatto paura ai forti!¯.

Quando in uno Stato regna la giustizia e i giudici la rispettano, anche i deboli possono vivere tranquilli.

196.IL LEONE INVECCHIATO E LA VOLPE.

Un leone ormai invecchiato, non essendo pi— in grado di procacciarsi il cibo con la forza, cap che doveva procurarselo con l'astuzia. Si ritir• quindi in una caverna e, sdraiatosi l…, fingeva di essere ammalato; cos, man mano che veniva qualche animale a fargli visita, lo afferrava e se lo mangiava. Aveva gi… catturato molte bestie, quando and• da lui la volpe, che sospettava il suo stratagemma; si ferm• a qualche distanza dalla caverna e cominci• a informarsi della sua salute. ®Va male¯, le rispose quello, e le chiese perch‚ non entrava. ®Ma io sarei entrata¯, disse, ®se non avessi veduto tante orme di animali che vengono dentro e neanche una che venga fuori¯.

Cos gli uomini di buon senso, fondandosi sugli indizi, prevedono i pericoli e li sfuggono.

197.IL LEONE PRIGIONIERO E IL CONTADINO.

Un leone penetr• nella stalla di un contadino, e questo, volendo catturarlo, chiuse la porta del cortile. Il leone, che non poteva pi— uscire, prima divor• le pecore, e dopo pass• ai buoi. Allora il contadino ebbe paura per s‚, e gli apr la porta. Quando quello si fu allontanato, la moglie del contadino, vedendolo piangere, gli disse: ®Ma se te lo sei cercato! Perch‚ hai voluto chiuder s— quella bestia che persino da lontano doveva farti tremare?¯.

Cos chi stuzzica i pi— forti deve naturalmente sopportare le conseguenze del suo errore.

198.IL LEONE INNAMORATO E IL CONTADINO.

Un leone, innamorato della figlia di un contadino, la chiese in isposa. Questi, che esitava a conceder la figlia a una belva, e che, d'altra parte, non osava negargliela per la paura, escogit•

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quest'espediente. Dato che il leone continuava a insistere, gli dichiar• che lo giudicava degno di sposare sua figlia, ma non poteva concedergliela, a meno che si strappasse le zanne e si tagliasse gli artigli, perch‚ la ragazza ne aveva paura. Ma dopo che il leone si fu sottoposto per amore ad entrambe le mutilazioni, il contadino, pieno di disprezzo per lui, quando gli si present•, lo cacci• via a colpi di randello.

La favola mostra che chi facilmente si fida del suo prossimo, quando si spoglia delle armi che lo avvantaggiano, diventa preda di coloro a cui prima incuteva timore.

199.IL LEONE, LA VOLPE E IL CERVO.

Un leone che giaceva ammalato in una caverna, disse alla volpe che gli era affezionata e veniva a visitarlo. ®Se tu vuoi che io guarisca e che viva, devi, con le tue dolci parole, abbindolare quel gran cervo che abita nel bosco, e spingerlo tra le mie zampe: ho una gran voglia delle sue viscere e del suo cuore¯. La volpe and•, trov• il cervo che scorrazzava tra i boschi, e, tutta complimentosa, lo salut•, dicendogli: ®Son venuta a portarti una bella notizia. Il leone nostro re, che, come sai, Š mio vicino di casa, Š ammalato, ormai in punto di morte. Egli ha dunque pensato quale delle bestie dovr… succedergli nel regno. Il cinghiale, diceva, Š uno stupido, l'orso Š balordo, la pantera Š collerica, la tigre Š tutta fanfaronate; il pi— adatto a fare il re Š il cervo, che ha una bella statura, che vive per molti anni, che con le corna fa paura ai serpenti... Ma perch‚ farla lunga? In conclusione, sei stato scelto per essere re. E per me che son stata la prima a dirtelo, che regalo ci sar…? S—, dimmelo, ch‚ ho fretta; ho paura che mi cerchi di nuovo perch‚ in tutte le faccende ricorre sempre al mio consiglio. Se d…i retta a me che son vecchia, io ti consiglierei di venire anche tu e di stargli vicino finch‚ non muore¯. Cos disse la volpe. A queste parole il cervo si mont• la testa, e, ignaro di quel che l'aspettava, s'avvi• verso la caverna. Il leone si precipit• d'un balzo su di lui, ma riusc soltanto a lacerargli le orecchie con gli artigli, mentre quello riparava di corsa tra i boschi. La volpe batt‚ le mani, disperata d'aver sprecato le sue fatiche. Il leone piangeva, ruggendo a gran voce, vinto dalla fame e dal dolore, e scongiurava la volpe di fare un'altra prova e di escogitare uno stratagemma per portarglielo di nuovo. Quella gli rispose: ®Difficile e faticoso Š quel che tu mi ordini. Tuttavia ti prester• ancora il mio aiuto¯. E come un segugio gli and• dietro, macchinando trappolerie e domandando ai pastori se avevano veduto un cervo insanguinato. Quelli la indirizzarono nel bosco, dove essa lo trov• che riprendeva fiato, e sfacciatamente gli si ferm• davanti. Il cervo, pieno d'ira e con il pelo rabbuffato, grid•: ®Non mi prenderai pi—, sporca bestiaccia; se ti avvicini a me sei morta. Va' a volpeggiare con quelli che non ti conoscono. Va' a scegliere qualcun atro per farlo re e per montargli la testa¯. E la volpe rispose: ®Ma perch‚ sei vile e pauroso? Perch‚ sospetti di noi, tuoi amici? Il leone t'aveva afferrato per le orecchie perch‚ voleva darti dei suggerimenti e delle istruzioni sulla tua importante missione di re, prima di morire. E tu non sei stato capace di sopportare il graffio della zampa d'un povero malato! Ora egli Š pi— adirato di te, e vuol lasciare il regno al lupo. AhimŠ, che brutto padrone! Ma s—, vieni, non aver paura, e non comportarti come una pecora. Ti giuro, per tutte le foglie e per tutte le fonti, che il leone non ti far… nulla di male; quanto a me, sar• soltanto ai tuoi servizi¯. Ingannando in tal modo il disgraziato, lo indusse a tornarvi. E quando fu entrato nella caverna, il leone ebbe il suo pranzo e si succhi• tutte le ossa, le midolla e le viscere del cervo. La volpe stava l… a guardarlo: cadde per terra il cuore, ed essa l'afferr• e se lo mangi• come compenso delle sue fatiche. Il leone, intanto, facendo passare tutti i pezzi, non riusciva a trovare il cuore. La volpe, fermandosi un po' lontano, gli disse: ®Ma quello, di cuore non ne aveva. Inutile cercare; che cuore vuoi che avesse uno che per due volte Š venuto nella tana, anzi proprio tra le zampe del leone?¯.

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Il desiderio degli onori turba la mente umana e oscura la visione dei pericoli.

200.IL LEONE, L'ORSO E LA VOLPE.

Un leone e un orso avevano trovato un cerbiatto e battagliavano per il suo possesso. Se ne erano date a vicenda senza misericordia e, accecati, giacevano esanimi al suolo, quando pass• una volpe, e, vedendoli sfiniti, col cerbiatto che se ne stava l in mezzo, se lo prese s— e se ne and•, passando tra i due contendenti. E quei due, incapaci di sollevarsi: ®Che disdetta!¯, esclamarono, ®tanto battagliare, e tutto per la volpe!¯

La favola mostra come a ragione si dolga chi vede il primo venuto portarsi via i frutti delle proprie fatiche.

201.IL LEONE E LA RANOCCHIA.

Un leone sent gracidare una ranocchia e si volse al suono di quella voce, pensando che si trattasse di qualche grosso animale. Attese qualche poco; quando la scorse che usciva dal pantano, le si avvicin• e la schiacci• sotto i piedi, esclamando: ®Eh? cos piccola e gridi tanto forte?¯.

La favola s'addice ad un uomo che d'altro non sia capace se non di ciarlare con morbosa loquacit….

202.IL LEONE E IL DELFINO.

Un leone bighellonava su e gi— per una spiaggia, quando scorse un delfino che tirava fuori la testa dall'acqua, e lo invit• a far societ… con lui, osservando che essi erano proprio fatti apposta per diventare amici e alleati. Il delfino accett• volentieri, e il leone, che da gran tempo era in guerra col toro selvatico, lo preg• di venirgli in aiuto. Ma quello, pur con tutta la buona volont…, non poteva uscir fuori dall'acqua; cos il leone prese ad accusarlo di tradimento. ®Non prendertela con me¯, rispose il delfino, ®ma con la natura che mi ha fatto bestia di mare e non mi permette di salire sulla terra ferma¯.

Cos anche noi, contraendo un'amicizia, dobbiamo scegliere come alleato chi Š in grado di aiutarci nel momento del pericolo.

203.IL LEONE E IL CINGHIALE.

D'estate, quando il calore provoca la sete, un leone e un cinghiale andarono a bere a una piccola fonte, e cominciarono a litigare chi dei due dovesse dissetarsi per primo. La lite si inaspr fino a trasformarsi in duello mortale. Ma ecco che, mentre si volgevano un momento per riprendere fiato,

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scorsero degli avvoltoi che stavano l ad aspettare il primo che sarebbe caduto, per mangiarselo. A tal vista, ponendo fine al duello, dichiararono: ®Meglio diventare amici che diventar pascolo di avvoltoi e di corvi¯.

Bello Š por fine alle tristi contese e alle rivalit…, perch‚ esse finiscono col portar danno a tutti quanti.

204.IL LEONE E LA LEPRE.

Un leone trov• una lepre addormentata e stava gi… per divorarsela, quando vide passar di l… un cervo, e lasci• la lepre per corrergli dietro. La lepre, svegliata da quel tramestio, balz• s— e se la diede a gambe. Dopo una lunga corsa dietro il cervo, non essendo riuscito a raggiungerlo, il leone ritorn• alla sua lepre, ma trov• che se l'era svignata. ®Be'! me lo son meritato¯, disse, ®perch‚ ho lasciato andare il boccone che avevo gi… in mano, preferendo correr dietro alla speranza di un boccone pi— grosso¯.

Ci sono anche degli uomini che fanno cos: non contenti dei loro modesti guadagni, corrono dietro a pi— lusinghieri miraggi, senz'avvedersi che intanto perdono anche quello che gi… avevano in mano.

205.IL LEONE, IL LUPO E LA VOLPE.

Il leone, ormai vecchio, giaceva malato nel suo antro e lo circondavano le bestie che, tutte, ad eccezione della volpe, erano venute a rendere omaggio al loro re. Allora il lupo colse l'occasione e cominci•, dinanzi al leone, ad accusare la volpe, che non aveva alcun rispetto del loro comune signore e per questo non veniva nemmeno a fargli una visita. La volpe arriv• proprio in questo momento, cosicch‚ ud le ultime parole del lupo. Il leone l'accolse con un ruggito ostile, ma essa chiese che le desse il tempo di giustificarsi: ®E chi mai, fra tutti costoro che ti stanno attorno, ti ha reso un servizio pari al mio, che ho girato da tutte le parti a chiedere ai medici una cura per la tua malattia e l'ho trovata?¯. Allora il leone le chiese di dirgli subito in che cosa consisteva la cura, ed essa spieg•: ®Nello spellare un lupo vivo e nell'avvolgerti nella sua pelle finch‚ Š ancor calda¯. E quando vide il lupo messo senz'indugio a morte, la volpe sentenzi•: ®Non l'odio, ma l'amore bisogna inculcare nell'animo del padrone¯.

La favola mostra che chi macchina sventure per gli altri tende trappole a se stesso.

206.IL LEONE E IL TOPO RICONOSCENTE.

Un topolino correva sul corpo di un leone addormentato, il quale si svegli• e, acchiappatolo, fece per ingoiarlo. La bestiola cominci• a supplicare di risparmiarlo e a dire che, se ne usciva salvo, gli avrebbe dimostrata la sua riconoscenza. Il leone scoppi• a ridere e lo lasci• andare. Ma dopo non molto gli capit• un caso in cui dovette davvero la sua salvezza alla riconoscenza del topolino.

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Alcuni cacciatori riuscirono a catturarlo e lo legarono con una corda a un albero. Il topo allora ud i suoi lamenti, accorse, rosicchi• la corda e lo liber•, soggiungendo: ®Tu, quella volta, t'eri fatto beffe di me, perch‚ non immaginavi mai di poter avere una ricompensa da parte mia. Sappi ora che anche i topi sono capaci di gratitudine¯.

La favola mostra come, col mutar delle circostanze, anche i potenti possono aver bisogno dei deboli.

207.IL LEONE E L'ONAGRO.

Il leone e l'onagro andavano a caccia di bestie selvatiche, il leone mettendo a profitto la sua forza, e l'onagro la velocit… delle sue gambe. Quando ebbero catturato una certa quantit… di selvaggina, il leone fece le parti; divise tutto in tre mucchi, e dichiar•: ®La prima spetta al primo, cioŠ a me che sono il re. La seconda mi spetta come socio a pari condizioni. Quanto a questa terza, ti porter… ben disgrazia, se non ti decidi a squagliarti¯.

Conviene commisurare ogni nostra azione alle nostre forze, e coi pi— potenti di noi non immischiarsi n‚ associarsi.

208.IL LEONE E L'ASINO CHE ANDAVANO A CACCIA INSIEME.

Fatta societ…, il leone e l'asino uscirono insieme a caccia. Giunti dinanzi ad una caverna dove c'erano delle capre selvatiche, il leone si ferm• davanti all'entrata per prenderle a mano a mano che uscivano, mentre l'asino entrava e, balzando in mezzo ad esse, ragliava per spaventarle. Quando il leone le ebbe prese quasi tutte, l'asino venne fuori e gli chiese se non si era mostrato un valoroso guerriero nella cacciata delle capre.®Ma sai¯, gli rispose il leone, ®che persino io avrei avuto paura di te, se non avessi saputo che eri un asino?¯.

Cos, chi fa il fanfarone davanti a quelli che lo conoscono bene, si guadagna giustamente le beffe.

209.IL LEONE, L'ASINO E LA VOLPE.

Il leone, l'asino e la volpe fecero societ… fra loro e se ne andarono a caccia. Quand'ebbero fatto un buon bottino, il leone invit• l'asino a dividerlo tra di loro. L'asino fece tre parti uguali e invit• il leone a scegliere. La belva inferocita gli balz• addosso lo divor• e poi ordin• alla volpe di far lei le parti. Essa radun• tutto in un mucchio, lasciando fuori per s‚ solo qualche piccolezza, e poi lo invit• a scegliere. Il leone allora le chiese chi le aveva insegnato a fare le parti cos. ®E' stata la disgrazia dell'asino¯, rispose la volpe.

La favola mostra che le disgrazie del prossimo sono per gli uomini fonte di saggezza.

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210.IL LEONE, PROMETEO E L'ELEFANTE.

Il leone si lamentava spesso con Prometeo che l'aveva fatto grande e bello, e gli aveva armato di zanne le mascelle, e gli aveva munito di artigli le zampe, e l'aveva reso pi— potente di tutte le altre bestie..., ma ®con tutto questo¯, diceva, ®io ho paura del gallo¯. E Prometeo gli rispose: ®Perch‚ mi accusi a vanvera? Da parte mia tutto quello che io potevo fare per te l'hai avuto. E' il tuo coraggio che, solo davanti a questa bestiola, vien meno¯. Ordunque, il leone piangeva su se stesso, accusandosi di vilt…, e alla fine decise di togliersi la vita. Mentre meditava su questo proposito, incontr• l'elefante e, salutatolo, si ferm• a discorrere con lui. A un tratto not• che quello continuava a scuotere le orecchie e gli chiese: ®Che cos'hai? perch‚ le tue orecchie non stan ferme nemmeno un minuto?¯. E l'elefante gli disse mentre una zanzara per caso stava svolazzando intorno a lui: ®Vedi quel cosino, quello l che ronza? Se quello penetra nel condotto delle mie orecchie, io son bell'e morto¯. ®Perch‚ dunque morire¯, disse allora il leone, ®se sono cos potente e tanto pi— fortunato dell'elefante quanto pi— grosso Š un gallo di una zanzara?¯.

Tu vedi che la zanzara Š cos forte da poter far paura all'elefante.

211.IL LEONE E IL TORO.

Un leone che insidiava la vita di un enorme toro, pens• di sopraffarlo con l'astuzia. Perci• gli disse che immolava una pecora, e lo invit• al banchetto, con l'intenzione di ucciderlo mentre quello era sdraiato a tavola. Il toro venne; vide una gran quantit… di caldaie e spiedi grossissimi, ma niente pecore; allora, senza dir parola, se ne and•. Il leone lo rimprover• e gli chiese perch‚ si allontanava cos silenzioso, senza che gli fosse stato fatto alcun torto. ®Ho le mie buone ragioni¯, gli rispose il toro, ®vedo dei preparativi che mi paiono pi— da toro che da pecora¯.

La favola mostra che agli uomini prudenti non sfuggono le trappole dei malvagi.

212.IL LEONE INFURIATO E IL CERVO.

Un leone era infuriato. ®Poveretti noi!¯, disse un cervo, scorgendolo di tra le piante del bosco, ®che cosa mai non far…, ora che Š su tutte le furie, costui, che noi non riuscivamo a sopportare nemmeno quand'era in buona?¯.

Teniamoci tutti lontani dagli uomini violenti e usi al male, quando essi si impadroniscono del potere e signoreggiano sugli altri.

213.IL LEONE CHE EBBE PAURA D'UN TOPO E LA VOLPE.

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Mentre il leone dormiva, un topo gli fece una corsa su per il corpo. Quello si dest• e si girava da tutte le parti per cercare quel che gli era venuto addosso. La volpe, a quella vista, prese a canzonarlo perch‚ lui, che era un leone, aveva paura di un topolino. ®Non Š che io abbia paura di un topo¯, rispose lui, ®ma mi meraviglio che qualcuno abbia osato correre addosso al leone mentre dormiva¯.

La favola mostra che gli uomini assennati non trascurano nemmeno le piccole cose.

214.IL BRIGANTE E IL GELSO.

Un brigante, dopo aver assassinato un uomo per la strada, abbandon• in un lago di sangue la sua vittima e fugg, inseguito da quelli che avevano assistito al delitto. Ma ecco alcuni viaggiatori che venivano dalla parte opposta e che gli chiesero di che cosa fossero sporche le sue mani. Egli rispose che era sceso allora allora da un gelso (1), ma, mentre stava dicendo questo, sopraggiunsero i suoi inseguitori, che lo presero e lo impiccarono a un gelso. E l'albero gli disse: ®Non mi dispiace affatto di servire al tuo supplizio, perch‚ tu hai cercato di riversare su di me il sangue sparso dalle tue mani¯.

Cos spesso anche i migliori tra gli uomini non esitano ad infierire contro qualcuno che ha cercato di disonorarli con la calunnia.

Note.1. Evidentemente il brigante vuol attribuire il colore delle sue mani al succo rosso dei frutti del gelso.

215.I LUPI E I CANI IN GUERRA TRA DI LORO.

Tra i lupi e i cani scoppi• un giorno la guerra, e i cani scelsero a comandare le loro forze un cane greco. Questo continuava a temporeggiare dinanzi alla battaglia, e i lupi facevano grandi millanterie di ci•. Ma egli disse loro: ®Sapete perch‚ io vado coi piedi di piombo? Perch‚, prima d'agire, bisogna sempre riflettere. Voi siete tutti d'una stessa razza e d'uno stesso colore, mentre i nostri sono diversi di costumi e fieri delle loro diverse patrie. Ma se non hanno nemmeno un colore solo e uguale per tutti! Ce n'Š di neri e di rossi, di bianchi e di cenerini. Come potrei portarli in guerra, se sono cos discordi e differenti sotto tutti i rapporti?¯.

In qualsiasi esercito, la vittoria contro il nemico Š data dalla concordia della volont… e del pensiero.

216.I LUPI E I CANI ALLEATI.

Dissero i lupi ai cani: ®Perch‚ voi, che ci siete simili in tutto, non andate d'accordo con noi come fratelli? Non c'Š tra noi nessuna differenza, tranne che nelle idee. Noi viviamo in libert…, e voi vi sottomettete agli uomini, servendoli, sopportando le loro percosse, portando il collare e custodendo

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le loro pecore. Quando poi mangiano, a voi non gettano altro che le ossa. Ma se date retta a noi, voi ci consegnerete tutto il gregge; lo metteremo in comune e mangeremo a saziet…¯. I cani, dunque, diedero retta a queste proposte; e i lupi, appena entrati nella stalla, per prima cosa misero a morte i cani.

Questa Š la ricompensa che ottengono i traditori della patria.

217.I LUPI E LE PECORE.

I lupi, che facevano la posta a un gregge di pecore, non riuscivano ad impadronirsene a causa dei cani che lo sorvegliavano, e allora decisero di ricorrere all'astuzia per raggiungere il loro scopo. Mandarono ambasciatori alle pecore, e chiesero la consegna dei cani, affermando che erano essi i responsabili delle loro relazioni ostili. Una volta che li avessero in mano, la pace avrebbe regnato tra di loro. Le pecore, senza sospettare quel che le aspettava, consegnarono i cani; e i lupi, una volta padroni di questi, sterminarono senza difficolt… il gregge rimasto indifeso.

Cos anche quegli Stati che consegnano senza difficolt… i loro capi, senz'avvedersene sono tosto soggiogati dai nemici.

218.I LUPI, LE PECORE E IL MONTONE.

I lupi mandarono ambasciatori alle pecore, offrendo loro pace perpetua, se avessero ottenuto in consegna i cani, per mandarli a morte. Le pecore, stupide, erano venute nel parere di farlo, quando un vecchio montone osserv•: ®Ma come mai potr• aver fiducia in voi e convivere con voi, se non mi Š possibile pascolare in pace nemmeno ora che ci sono i cani a difendermi?¯.

Non vi spogliate delle vostre armi, dando retta ai giuramenti di coloro che sono vostri nemici irriconciliabili.

219.IL LUPO INORGOGLITO DELLA SUA OMBRA E IL LEONE.

Pel piano-solingo, a sera, un lupo aggirasi,mirando l'ombra sua, che, sotto il raggiodel sol cadente, enormemente allungasi.®Ch'io tema del leone, Š mai possibile?Ben un plettro (1) son lungo!¯.E, pien d'orgoglio, dice: ®Presto sar• re delle bestie!¯.Giunge in quella il leone e se lo mangia.Esclama allora il lupo, ravvedendosi:®La presunzione, ahimŠ! porta disgrazia!¯.

Note.

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Misura di lunghezza corrispondente a quasi trenta metri.

220.IL LUPO E LA CAPRA.

Un lupo vide una capra che brucava sull'alto di una rupe scoscesa. Non potendo arrivare fino a lei, la esortava a scendere in basso, ch‚, senz'avvedersene, non scivolasse, e le diceva che l… dove si trovava lui il pascolo era migliore e l'erba tutta fiorita. ®Ma questo¯, gli rispose la capra, ®non Š mica un invito al pascolo per me; sei tu che hai appetito¯.

Cos anche gli uomini malvagi, quando esercitano le loro perfide arti con persone che li conoscono, non ottengono alcun risultato dalle loro macchinazioni.

221.IL LUPO E L'AGNELLO.

Un lupo vide un agnello presso un torrente che beveva, e gli venne voglia di mangiarselo con qualche bel pretesto. Standosene l… a monte, cominci• quindi ad accusarlo di insudiciar l'acqua, cos che egli non poteva bere. L'agnello gli fece notare che, per bere, esso sfiorava appena l'acqua col muso e che, d'altra parte, stando a valle, non gli era possibile intorbidare la corrente a monte. Venutogli meno quel pretesto, il lupo allora gli disse: ®Ma tu sei quello che l'anno scorso ha insultato mio padre¯. E l'agnello a spiegargli che a quella data egli non era ancor venuto al mondo. ®Bene¯, concluse il lupo, ®se tu sei cos bravo a trovar delle scuse, io non posso mica rinunziare a mangiarti¯.

La favola mostra che contro chi ha deciso di far un torto non c'Š giusta difesa che valga.

222.IL LUPO E L'AGNELLINO RIFUGIATO NEL TEMPIO.

Un lupo inseguiva un agnellino, e questo and• a rifugiarsi in un tempio. Il lupo cominci• a chiamarlo e ad avvertirlo che, se il sacerdote lo coglieva l…, lo avrebbe immolato al dio. ®Meglio immolato a un dio¯, rispose l'agnello, ®che sbranato da te!¯.

La favola mostra che, se si deve morire, Š meglio morire con onore.

223.IL LUPO E LA VECCHIA.

Un lupo affamato vagava in cerca di cibo. Giunto in un certo luogo, sent un bambino che piangeva, e una vecchia che gli diceva: ®Smettila di piangere, se no ti d• subito subito al lupo¯. Il lupo credette che la vecchia parlasse sul serio, e si ferm• li ad aspettare per un bel pezzo. Ma quando giunse la sera, la sent di nuovo che vezzeggiava il bambino e gli diceva: ®Se il lupo viene qui, noi

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lo ammazzeremo, piccino mio!¯ ®Questa Š una casa dove si dice una cosa e poi se ne fa un'altra¯, comment• il lupo, udendo queste parole, e se ne and• via.

Ecco una favola per quelle persone le cui azioni non rispondono alle parole.

224.IL LUPO E L'AIRONE.

Un lupo aveva ingoiato un osso e andava attorno per trovare qualcuno che lo liberasse. S'imbatt‚ in un airone, e lo preg• di estrargli l'osso dietro compenso. Quello cacci• la testa nella gola del lupo, tir• fuori l'osso e poi reclam• l'onorario pattuito. Ma il lupo gli disse: ®Caro mio, non sei contento d'aver tirata fuori intera la testa dalla bocca del lupo? e osi ancora chiedere un compenso?¯.

La favola mostra che il pi— gran compenso che si possa ottenere dai servizi resi a un malvagio Š quello di non essere ricambiato con un sopruso.

225.IL LUPO E IL CAVALLO.

Passando per i campi, un lupo trov• dell'orzo e, dato che come cibo a lui non poteva servire, lo lasci• l e continu• la sua strada. Quando per• si imbatt‚ in un cavallo, lo condusse in quel campo, dichiarandogli che aveva trovato l'orzo e, invece di mangiarlo, l'aveva serbato per lui, anche perch‚ gli faceva piacere sentire il rumore dei suoi denti quando lo masticava. ®Caro mio¯ gli rispose il cavallo, ®se i lupi potessero mangiar orzo tu non avresti mai dato, la preferenza alle orecchie sul ventre¯.

La favola mostra che chi per natura Š malvagio non Š creduto anche quando fa sfoggio delle migliori intenzioni.

226.IL LUPO E IL CANE.

Un lupo vide un gran bel cane attaccato per il collare e gli chiese: ®Chi Š che t'ha legato e ti ha dato tanto da mangiare?¯. E l'altro rispose: ®Un cacciatore¯. ®Se c'Š un lupo che m'Š caro, Dio gli risparmi questa sorte: meglio la fame, piuttosto che il peso del collare!¯.

La favola mostra che nelle sventure non si riesce nemmeno a gustare le gioie dello stomaco.

227.IL LUPO E IL LEONE.

Un lupo aveva rubata una pecora dal gregge e la trascinava nel suo covo, quando gli si fece incontro un leone e gliela port• via. Tenendosi a rispettosa distanza, il lupo gli grid•: ®Bell'ingiustizia! mi

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porti via quel che Š mio!¯. E il leone, ridendo: ®Gi…! perch‚ tu l'avevi avuta secondo giustizia, da un amico...¯.

La favola Š un'accusa contro i ladri e i prepotenti che si incolpano a vicenda quando hanno la peggio.

228.IL LUPO E L'ASINO.

Un lupo che era capo del branco, aveva promulgato una legge per cui ognuno doveva mettere in comune il prodotto della sua caccia e darne a tutti in parti uguali, per evitare che gli altri lupi, affamati, si mangiassero tra loro. Ma si fece avanti un asino che, scuotendo la criniera, osserv•: ®Magnifica la pensata del lupo! Tu, per•, come mai il tuo bottino di ieri l'hai messo da parte nella tua tana? S—, offrilo alla comunit… e fa le parti!¯.E il lupo, svergognato, si rimangi• la sua legge.

Neppure coloro che sembrano dettar legge secondo giustizia rispettano le norme che hanno formulate e secondo cui giudicano.

229.IL LUPO E IL PASTORE.

Un lupo andava dietro a un gregge di pecore, senza far loro nulla di male. Il pastore da principio si guardava da lui come da un nemico e lo sorvegliava pien di sospetto. Ma poich‚ quello continuava a seguirli e non faceva neppure un tentativo di rapina, fin col considerarlo pi— un guardiano che un nemico in agguato e, quando ebbe bisogno di recarsi in citt…, partendo, affid• le pecore a lui. Il lupo pens• che era giunto il momento buono, e, piombando addosso al gregge, ne sbran• la maggior parte. Quando, al suo ritorno, il pastore vide il gregge distrutto, esclam•: ®AhimŠ! la colpa Š tutta mia: perch‚ ho affidato delle pecore a un lupo?¯.

Cos anche tra gli uomini Š pi— che naturale che chi affida un deposito a una persona avida non lo riabbia pi— indietro.

230.IL LUPO SAZIO E LA PECORA.

Un lupo che era pien di cibo fino alla gola scorse una pecora stesa al suolo e, comprendendo che era venuta meno di paura alla sua vista, le si avvicin•, e la rassicur•, dicendo che l'avrebbe lasciata andare libera solo che gli dicesse sinceramente tre dei suoi pensieri. La pecora allora cominci• col dire che anzitutto non avrebbe mai voluto incontrarsi con lui. Che, in secondo luogo, non potendo ottenere questa grazia, avrebbe voluto incontrarlo cieco. In terzo luogo, poi: ®Vorrei vedervi morire tutti di mala morte, maledetti lupi¯, esclam•, ®voi che ci fate una guerra spietata, senza che noi vi abbiamo mai fatto nulla di male!¯. Il lupo apprezz• la sincerit… della pecora e la lasci• andare.

La favola mostra che molte volte anche tra nemici Š apprezzata la sincerit….

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231.IL LUPO FERITO E LA PECORA.

Un lupo ridotto a mal partito dai morsi dei cani, giaceva a terra, incapace di procacciarsi il cibo, quando vide una pecora e la preg• di portargli un po' d'acqua dal fiume vicino. ®Se tu mi d…i da bere, da mangiare me lo trover• da solo¯. ®Ma se io ti d• da bere¯, gli rispose la pecora, ®poi ci pensi tu a servirti di me anche per mangiare¯.

Ecco una favola adatta per un malvagio che tende ipocritamente le sue insidie.

232.LA LAMPADA.

Una lampada ubriaca d'olio splendeva vantandosi d'esser pi— luminosa del sole. S'ud fischiare un soffio di vento, ed ecco la lampada fu spenta. Qualcuno la riaccese, e le disse: ®Brilla, o lampada, e taci. La luce degli astri non si eclissa mai¯.

Non bisogna lasciarsi accecare dalla fama e dagli onori, nella vita: tutto ci• che vi acquistiamo Š estraneo a noi.

233.L'INDOVINO.

Un indovino s'era installato sulla pubblica piazza e vi faceva quattrini. A un tratto arriva un tale e gli annuncia che gli han scassinato le porte di casa e gli han portato via tutto quel che c'era dentro. Egli balza s— sconvolto, e piangendo corre a vedere quel ch'Š successo. A quella vista, uno dei presenti gli grid•: ®Ehi! tu che pretendevi di conoscere l'avvenire degli altri, il tuo non l'avevi previsto?¯.

Si potrebbe applicare questa favola a certuni che si comportano da sciocchi nelle cose loro e poi pretendono di far sfoggio di saggezza negli affari che non li riguardano.

234.LE API E ZEUS.

Le api, gelose perch‚ gli uomini si servivano del loro miele, andarono da Zeus e lo pregarono di conceder loro il potere di uccidere a colpi di pungiglione chiunque si avvicinasse ai loro alveari. Zeus, sdegnato per tanta malignit…, fece s che esse, non appena colpiscono qualcuno, perdono il pungiglione e, dopo di questo, anche la vita.

Questa favola s'attaglia a certe persone maligne che si rassegnano a partecipare personalmente ai danni inferti agli altri.

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235.L'APICULTORE.

Un tale penetr• nella casa di un apicultore, durante la sua assenza, e gli port• via miele e favi. Al suo ritorno, il proprietario, vedendo le arnie vuote, si ferm• ad esaminarle. Ma le api che ritornavano dal pascolo, trovandolo l, lo assalirono coi pungiglioni, conciandolo orribilmente. ®Brutte bestiacce¯, disse lui, ®il ladro dei vostri favi l'avete lasciato andar via impunito, e a me, che mi prendo cura di voi, riservate un trattamento cos spietato!¯.

Cos alcuni uomini che, per incoscienza, non si guardano dai loro nemici, respingono poi i loro amici come se li insidiassero.

236.I MENAGIRTI.

Certi menagirti (1) avevano un asino, su cui eran soliti caricare i bagagli quando facevano la loro questua. Ma un bel giorno l'asino mor di stenti. Essi lo scuoiarono e con la sua pelle fecero dei tamburi, di cui si servivano. Un giorno incontrarono degli altri menagirti che chiesero loro dove fosse l'asino; ed essi risposero che era morto, ma che di busse ne prendeva tante quante non ne aveva mai prese nemmeno da vivo.

Cos talora i servi, anche affrancati dalla schiavit—, non sono esenti dalle fatiche servili.

Note.1. Sacerdoti mendicanti della dea Cibele, che facevano ogni mese un giro di questua.

237.I TOPI E LE DONNOLE.

Topi e donnole erano in guerra, e i topi non facevano che toccar sconfitte. Riunitisi in assemblea, essi espressero il sospetto che questo avvenisse per il fatto che erano privi di capi. Scelsero quindi alcuni di loro e, per alzata di mano, li nominarono generali. Questi, volendo distinguersi dagli altri, si fabbricarono delle corna e se le applicarono sulla testa. S'attacc• battaglia, e avvenne che l'esercito dei topi ebbe la peggio. Ma, mentre gli altri, fuggendo, si ficcavano nelle loro buche e riuscivano a salvarsi, i generali, che non potevano entrar dentro per via delle corna, furono presi e divorati.

Cos, spesso, la vanagloria Š causa di sventura.

238.LA MOSCA.

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Una mosca, caduta in una pentola di carne, mentre stava per affogare nel brodo, diceva tra s‚: ®Ebbene, io ho mangiato, ho bevuto, ho fatto il bagno; e se muoio, pazienza!¯.

La favola mostra che gli uomini si rassegnano facilmente alla morte, quando essa sopraggiunge senza sofferenze.

239.LE MOSCHE.

In una dispensa s'era versato del miele. Le mosche, accorse, se lo succhiavano, e la dolcezza era tale che non sapevano staccarsene. Quando per• le loro zampe vi rimasero impigliate e, incapaci di levarsi a volo, esse si sentirono affogare, esclamarono: ®Poverette noi! Per un attimo di dolcezza ci rimettiamo la vita¯.

Cos la ghiottoneria Š causa di numerosi guai per molte persone.

240.LA FORMICA.

Un tempo, quella che oggi Š la formica era un uomo che attendeva all'agricoltura e, non contento del frutto del proprio lavoro, guardava con invidia quello degli altri e continuava a rubare il raccolto dei vicini. Sdegnato della sua avidit…, Zeus lo trasform• in quell'insetto che chiamiamo formica; ma esso, mutata natura, non mut• costumi, perch‚ anche oggi gira per i campi, raccoglie il grano e l'orzo altrui e li mette in serbo per s‚.

La favola mostra che chi Š cattivo di natura, anche se Š gravemente punito, non muta costumi.

241.LA FORMICA E LO SCARABEO.

Nella stagione estiva la formica s'aggirava per i campi, raccogliendo grano e orzo, e mettendolo in serbo come sua provvista per l'inverno. Lo scarabeo l'osservava e faceva gran meraviglie della sua eccezionale attivit…, perch‚ essa s'affannava a lavorare proprio nella stagione in cui gli altri animali hanno tregua dalle loro fatiche e si d…nno alla bella vita. La formica non disse nulla, l per l; ma pi— tardi, quando sopraggiunse l'inverno, e la pioggia lav• via tutto lo sterco, lo scarabeo affamato and• da lei, scongiurandola di dargli un po' da mangiare: ®O scarabeo¯, gli rispose quella, ®il cibo non ti mancherebbe ora, se tu avessi lavorato allora, quando io m'affaccendavo e tu mi canzonavi¯.

Cos coloro che nel momento dell'abbondanza non pensano al futuro, quando i tempi cambiano, debbono sopportare le pi— gravi sofferenze.

242.LA FORMICA E LA COLOMBA.

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Una formica assetata era scesa in una fontana e, trascinata dalla corrente, stava per affogare. Se n'avvide una colomba e, strappato un ramoscello da un albero, lo gett• nell'acqua. La formica vi sal sopra e riusc a salvarsi. Poco dopo, un uccellatore, con i suoi panioni pronti, si avanz• per prendere la colomba. La formica lo scorse e diede un morso al piede dell'uccellatore, che, nell'impeto del dolore, gett• via i panioni, facendo cos fuggire immediatamente la colomba.

La favola mostra che bisogna ricambiare i benefattori.

243.IL TOPO DI CAMPAGNA E IL TOPO DI CITTA'.

Il topo cittadino da quel dei campich'era suo amico s'ebbe un invito a pranzo,e tosto lieto part per la campagna.Ma il pranzo era erba e grano. ®Vedi¯, gli disse,®che vita da formica meni, mio caro!E io d'ogni ben di Dio piena ho la casa;tu vieni meco, ch‚ ti dar• di tutto¯.Verso la citt… trottan gli amici tosto.L'ospite ostenta legumi e fichi secchie cacio e pane, datteri, miele e frutta.L'altro, stupito, di cuore lo ringrazia,il triste suo destino maledicendo.Ma quando il pranzo s'apprestano a gustare,capita un tale che l'uscio ti spalanca.I miseri al rumore, con un sussulto,corron dentro le buche del pavimento.Ne escon poi fuori, per via dei fichi secchi,ma ecco entra un altro per non so qual faccenda.Scorgendolo, i meschini dentro le buche,in cerca di salvezza, balzan di nuovo.Il campagnolo allora, passando sopraall'appetito, sospira e dice all'altro:®Amico, addio! S…ziati pur ben bene,goditi il pranzo con tutte le sue gioie,con tutti i rischi e tutte quante le paure!Io meschinello, campando a grano ed erbe,senza sospetto vivr•, senza timore¯.

E' meglio assai, dice la favoletta, vivere in santa pace vita modesta, che far del lusso sempre fra i batticuori.

244.IL TOPO E LA RANOCCHIA.

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Un topo di terra, per sua disgrazia, fece amicizia con una ranocchia. La ranocchia, malintenzionata, leg• il piede del topo al suo, e cos se ne andarono insieme, in un primo tempo, a mangiar grano per i campi; poi si avvicinarono all'orlo di uno stagno e la ranocchia trascin• dentro il topo nel fondo, mentre essa sguazzava nell'acqua, gracchiando i suoi brechechechŠx. Il povero topo si gonfi• d'acqua e affog•, ma galleggiava, legato al piede della rana. Lo vide un nibbio e se lo porto via tra gli artigli. La ranocchia, legata, gli tenne dietro e serv anch'essa per la cena del nibbio.

Anche i morti hanno la possibilit… di vendicarsi, perch‚ la giustizia divina tutto vede e, tutto misurando sulla sua bilancia, d… ad ognuno quel che gli spetta.

245.IL NAUFRAGO E IL MARE.

Un naufrago, gettato sulla spiaggia, dormiva, affranto dalla stanchezza. Dopo poco si dest• e, vedendo il mare, cominci• a rampognarlo, perch‚ esso seduce gli uomini con la sua apparente tranquillit… e poi, quando li ha in sua balia. si infuria e li manda a morte. E: il Mare, apparendogli sotto forma umana, gli disse: ®Non prendertela con me, amico mio, ma piuttosto coi venti. Io, per mia natura, sarei sempre cos tranquillo come mi vedi ora, ma quelli mi saltano addosso all'improvviso, mi sollevano e mi rendono furioso¯.

Noi pure non dobbiam ritenere responsabili delle ingiustizie gli esecutori degli ordini altrui, bens i loro mandanti.

246.I RAGAZZI E IL MACELLAIO.

Due ragazzi erano andati a comperare carne nella stessa bottega. Mentre il macellaio era voltato dall'altra parte, uno di essi arraff• delle frattaglie e le cacci• sotto il vestito dell'altro. Quando il macellaio si volse, cominci• a cercar le sue frattaglie e ad accusare i due; ma quello che le aveva prese giurava che lui non le aveva, e quello che le aveva giurava di non averle prese. Il macellaio subodor• il trucco e disse: ®Be', se giurate il falso, me potrete ingannarmi, ma gli dŠi no¯.

La favola mostra che l'empiet… dello spergiuro resta sempre la stessa, anche se uno la vela con sofismi.

247.IL CERBIATTO E IL CERVO.

Una volta un cerbiatto disse al cervo: ®Babbo, tu sei pi— grande e pi— veloce dei cani e, per di pi—, hai un magnifico paio di corna per difenderti. Come va, dunque, che hai paura di loro?¯. Il cervo rise e rispose: ®Figlio mio, quel che tu dici Š vero; ma io so una cosa sola: che quando sento abbaiare un cane, non so come, ma bisogna che me la dia subito a gambe¯.

La favola mostra che non c'Š incoraggiamento che valga a rinfrancare chi Š per natura pauroso.

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248.IL GIOVANE PRODIGO E LA RONDINE.

Un giovanotto spendaccione aveva mangiato tutto il suo patrimonio e gli era restato solo un mantello, quando vide una rondine che era tornata prima del tempo, e, credendo che fosse giunta l'estate e il mantello non gli servisse ormai pi—, and• a vendere anche questo. Ma il giorno dopo ritorn• il cattivo tempo e venne un gran freddo. Il giovanotto, andandosene attorno, trov• la rondine morta assiderata. ®Disgraziata¯, le disse, ®tu hai rovinato te e me insieme¯.

La favola mostra che tutto quel che si fa fuori tempo Š pericoloso.

249.IL MALATO E IL MEDICO.

Un medico chiese al suo ammalato come stava, e quello gli rispose che aveva sudato in modo anormale. ®Molto bene¯, disse il medico. Torn• una seconda volta a chiedergli come stava, e quello rispose che era stato colto da un brivido che l'aveva scosso da capo a piedi. ®Molto bene anche questo¯, disse il medico. Quando and• a fargli la terza visita e gli chiese della sua malattia, l'ammalato gli annunzi• che aveva avuto un attacco di diarrea. ®Bene, bene anche questo¯, dichiar• il medico, e se ne and•. Cos, quando uno dei suoi parenti venne a trovarlo e gli chiese come andava, l'ammalato rispose: ®A forza d'andar bene sto morendo¯.

Cos molte volte gli uomini sono dal loro prossimo ritenuti felici per qualche fatto che nel loro intimo Š causa delle pi— vive sofferenze.

250.IL PIPISTRELLO, IL ROVO E IL GABBIANO.

Un pipistrello, un rovo e un gabbiano fecero societ… e decisero di darsi al commercio. Il pipistrello si fece prestare del denaro e lo mise in comune; il rovo prese con s‚ delle stoffe; il terzo socio, il gabbiano, ci mise del rame, e s'imbarcarono. Si scaten• una violenta tempesta, e la nave col• a picco. I tre riuscirono a porsi in salvo sulla terra, ma perdettero tutto il carico. Da allora, il gabbiano Š sempre in agguato sugli scogli, per vedere se, da una parte o dall'altra, il mare gli restituisce il suo rame; il pipistrello, per paura dei suoi creditori, di giorno non si fa vedere ed esce di notte a cercarsi da mangiare; il rovo, poi, s'aggrappa ai vestiti dei passanti, per vedere se riconosce la sua stoffa.

La favola mostra che noi finiamo sempre col ritornare a quello che ci preme.

251.IL PIPISTRELLO E LE DONNOLE.

Un pipistrello, caduto per terra, fu afferrato da una donnola e, mentre stava per esser ucciso, la pregava di risparmiarlo. Quella dichiar• che non poteva lasciarlo andare, perch‚ essa era per natura

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nemica di tutti gli uccelli. Allora il pipistrello spieg• che esso non era un uccello, ma un topo, e cos fu lasciato andare. Pi— tardi cadde di nuovo, fu preso da un'altra donnola, e preg• anche quella di non divorarlo. Quella rispose che essa odiava tutti i topi, e il pipistrello, dichiarando che non era un topo bens un uccello, se la cav• di nuovo. Ecco come fu che, con un cambiamento di nome, il pipistrello riusc a sfuggire due volte alla morte.

La favola mostra che non bisogna ricorrere sempre agli stessi espedienti, ma riflettere come si possa sottrarsi ai pericoli adattandosi alle circostanze.

252.LE PIANTE E L'OLIVO.

Un giorno le piante si accinsero ad eleggere un re che le governasse, e dissero all'olivo: ®Sii tu il nostro re¯. ®E io dovrei rinunciare al mio pingue prodotto, cos pregiato dagli dŠi e dagli uomini, per andare a far il re delle piante?¯, rispose l'olivo. Allora le piante si rivolsero al fico: ®Vieni a regnare su di noi¯. Ma anche il fico rispose: ®Io dovrei rinunciare ai dolci e squisiti miei frutti, per andare a far il re delle piante?¯. Allora le piante si rivolsero allo spino: ®Vieni tu a regnar su di noi¯. E lo spino rispose alle piante: ®Se davvero voi mi ungete re su di voi, venite qui a ripararvi sotto di me; se no, escano fiamme dallo spino e divorino i cedri del Libano!¯.

253.IL TAGLIALEGNA ED ERMES.

A un taglialegna cadde l'accetta nel fiume presso cui stava lavorando. Non sapendo che fare, si mise a piangere, seduto sulla sponda. Ermes, saputa la ragione del suo pianto, si impietos; fece un tuffo nel fiume e port• s— un'accetta d'oro, chiedendogli se era quella che aveva perduto. L'uomo rispose di no, ed Ermes, tuffatosi di nuovo, ne port• s— una d'argento; e poich‚ l'uomo dichiarava che non era nemmeno quella, si tuff• una terza volta e gli port• fuori la sua. Allora il taglialegna disse che si trattava veramente di quella che aveva perduta, ed Ermes, soddisfatto della sua onest…, gliele diede tutte e tre. Il boscaiolo, ritornato tra gli amici, raccont• loro l'accaduto, e uno di essi pens• di poterne ricavare un uguale profitto. And• al fiume, gett• a bella posta la sua accetta nell'acqua e poi si sedette l a piangere. Anche a lui comparve Ermes e, informatosi del motivo del suo pianto, si tuff• e port• s— a lui pure un'accetta d'oro chiedendogli se era quella che aveva perduta. ®Ma s certo che Š quella!¯, rispose l'altro, esultante. Il dio, indignato di tanta sfacciataggine, non solo si tenne l'accetta d'oro, ma non gli riport• nemmeno la sua.

La favola mostra che la divinit… Š tanto propizia agli onesti quanto ostile ai disonesti.

254.I VIANDANTI E L'ORSO.

Due amici viaggiavano insieme, quand'ecco apparire davanti ad essi un orso. Uno, pi— svelto, sal su un albero e vi rest• nascosto, mentre l'altro, che gi… stava per esser preso, si gett• al suolo, fingendo d'esser morto. L'orso gli avvicin• il muso, annusandolo, ed egli tratteneva il respiro, perch‚, a quel che dicono, l'orso non tocca i cadaveri. Quando l'orso si fu allontanato, quello che era

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sull'albero discese e chiese all'altro che cosa gli avesse detto nell'orecchio l'orso. ®Di non viaggiar mai pi— con dei compagni che nel pericolo non restano al tuo fianco¯, gli rispose quello.

La favola mostra che le disgrazie mettono alla prova la bont… degli amici.

255.I VIANDANTI E IL CORVO.

Alcuni tali che viaggiavano per un certo affare, incontrarono un corvo cieco da un occhio. Essi si volsero a guardarlo, e uno consigli• di tornare indietro, perch‚ tale era il significato del presagio. ®Ma come potrebbe profetare il futuro a noi quest'uccello, che non Š stato nemmeno capace di prevedere la perdita del suo occhio, in modo da evitarla?¯.

Cos anche tra gli uomini, chi non Š in grado di dirigere i propri affari non merita fiducia quando d… consigli al prossimo.

256.I VIANDANTI E LA SCURE.

Due uomini facevano viaggio insieme. Uno trov• una scure. ®Abbiamo trovato una scure¯, disse l'altro; ma il primo lo ammon che non doveva dire 'abbiamo', bens 'hai trovato'. Dopo un po' furono raggiunti da coloro che avevano perduto la scure, e quello che l'aveva presa, vedendo che gli correvano dietro, disse al compagno: ®Siamo fritti¯. ®No, devi dire: 'son fritto'. Quando l'hai trovata, non hai mica fatto a met… con me!¯, gli osserv• l'altro.

La favola mostra che chi non Š fatto partecipe della buona sorte non pu• nemmeno essere amico fedele nella sventura.

257.I VIANDANTI E IL PLATANO.

Nella stagione estiva, verso mezzogiorno, due viandanti spossati dal caldo videro un platano e, rifugiatisi sotto di esso, si sdraiarono alla sua ombra, per riposare. A un tratto, levando gli occhi verso il platano, presero a dire che quell'albero cos sterile era inutile agli uomini. E il platano rispose: ®Ingrati! mi accusate d'essere sterile e inutile, mentre ancora state godendo dei miei benefici!¯.

Cos, anche tra gli uomini, ci sono dei disgraziati, alla cui bont… non si presta fede, per quanto benefichino il loro prossimo.

258.I VIANDANTI E LA STERPAGLIA.

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Dei viandanti che camminavano lungo la riva del mare giunsero su di un'altura, donde videro di lontano un mucchio di sterpi che galleggiava, e lo presero per una gran nave da guerra. Quando poi, trasportata dal vento, la sterpaglia si avvicin• alquanto, parve loro di veder non pi— una nave, ma un bastimento da trasporto. Per•, una volta che furono giunti a riva, videro che erano sterpi, e si dissero l'un l'altro che erano degli sciocchi, ad aspettar quello che non c'era.

La favola mostra che ci son degli uomini i quali, quando non si conoscono, incutono paura, ma che, messi alla prova, si trovano indegni di considerazione.

259.IL VIANDANTE E LA VERITA'.

Un viandante incontr• in un deserto una donna che se ne stava l… solitaria, con lo sguardo chino a terra, e le chiese: ®Chi sei?¯. ®Sono la Verit…¯, rispose quella. ®E per qual ragione hai abbandonato la citt… e vivi nel deserto?¯. Ed essa: ®Perch‚ nei tempi antichi la menzogna era di pochi; ma ora essa alberga presso tutti gli uomini, qualunque cosa si dica o si ascolti¯.

Orribile e dolorosa Š la vita per gli uomini, quando la menzogna Š preferita alla verit….

260.IL VIANDANTE ED ERMES.

Un tale che doveva compiere un lungo viaggio, fece voto a Ermes che, se avesse trovato qualche cosa, ne avrebbe consacrato la met… a lui. Ed ecco che trov• una bisaccia con dentro delle mandorle e dei datteri, e la raccolse, pensando che fossero quattrini. La scosse, e quando vide che cosa c'era dentro, se lo mangi•; poi prese delle mandorle i gusci e dei datteri i n•ccioli, e depose il tutto su un altare, dicendo: ®Ecco sciolto il mio voto, o Ermes: quel che ho trovato, l'ho diviso con te: te n'ho dato e della parte di dentro e della parte di fuori¯.

Ecco una favola adatta per un uomo avido, che, nella sua cupidigia, truffa persino gli dŠi.

261.IL VIANDANTE E LA FORTUNA.

Un viaggiatore che aveva fatta molta strada, spossato dalla stanchezza, si lasci• cadere sull'orlo d'un pozzo e l s'addorment•. Stava gi… quasi per cadervi dentro, quando gli apparve la Fortuna, e lo svegli•, dicendogli: ®Ehi, amico, se poi tu cadevi dentro, non te la prendevi con la tua imprudenza, ma te la prendevi con me...¯.

Cos molti uomini si procacciano loro stessi i guai, e poi ne accusano gli dŠi.

262.GLI ASINI A ZEUS.

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Una volta gli asini, stanchi di continuare a portar pesi e di stentar la vita, mandarono ambasciatori a Zeus, chiedendogli di por fine alle loro miserie. Il dio, per far intendere loro che si trattava di una cosa impossibile, rispose che essi sarebbero liberati dalle loro pene il giorno in cui, a forza di orina, avessero fatto un fiume. Gli asini credettero che egli parlasse sul serio; cos da quel giorno, e ancor oggi, quando vedono un'orina d'asino, tutti si fermano intorno a quella e la fanno anche loro.

La favola mostra che quel che ad ognuno Š destinato non si pu• mutare.

263.L'UOMO CHE VOLEVA COMPERARE UN ASINO.

Un tale che voleva comperare un asino, lo prese in prova. Lo port• insieme con i suoi e lo mise davanti alla greppia. Quello, senza curarsi degli altri compagni, and• a mettersi vicino al pi— poltrone e al pi— ghiotto di tutti. Mentre se ne stava l… senza far nulla, l'uomo gli mise la cavezza, lo port• al suo padrone e glielo restitu. Questo gli chiese se la prova a cui l'aveva sottoposto era tanto convincente, e l'altro gli rispose: ®Per me, non ho bisogno di metterlo alla prova: son convinto che Š tale e quale il compagno che fra tutti ha creduto di scegliersi¯.

La favola mostra che le persone sono giudicate simili ai compagni di cui si compiacciono.

264.L'ASINO SELVATICO E L'ASINO DOMESTICO.

Un asino selvatico, vedendo un asino domestico in un bel pascolo solato, gli si avvicin• per dirgli che era fortunato, cos bello grasso e con quel pascolo a disposizione. Ma quando, pi— tardi, lo vide, carico di bagagli, seguito dall'asinaio che lo pigliava a randellate, esclam•:®No, non ti considero pi— fortunato, ora, perch‚ vedo che solo a prezzo di gravi pene tu godi la tua ricchezza!¯.

Cos non Š il caso di invidiare quei profitti che sono accompagnati da pericoli e da sofferenze.

265.L'ASINO CHE PORTAVA IL SALE.

Un asino carico di sale traversava un fiume. Scivol• e casc• nell'acqua, dove il sale si sciolse; cos, quando si rialz• si sent pi— leggero. Lieto di questo caso, un'altra volta che era carico di spugne, giunto vicino a un fiume, pens• che, se si fosse lasciato cadere, si sarebbe di nuovo risollevato pi— leggero; e cos a bella posta scivol• gi—. Senonch‚, avvenne che le spugne s'imbevvero d'acqua, ed esso, incapace di rialzarsi, mor affogato.

In modo simile, alcuni precipitano nei guai senza avvedersene, proprio in grazia dei loro maneggi.

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266.L'ASINO CHE PORTAVA LA STATUA DI UN DIO.

Un tale andava in citt… con un asino su cui aveva collocata la statua di un dio. I passanti si inchinavano dinanzi a questa; ma l'asino pens• che le riverenze fossero per lui, e, montatosi la testa, cominci• a ragliare, rifiutando di andare avanti. L'asinaio, quando s'accorse di quello che succedeva, cominci• a menare il randello, dicendo: ®O brutta zucca, ci mancava ancora questo, che gli uomini facessero le riverenze a un asino!¯.

La favola mostra che chi si vanta dei beni altrui ci guadagna le beffe di quelli che lo conoscono.

267.L'ASINO VESTITO DELLA PELLE DEL LEONE E LA VOLPE.

Un asino si mise addosso la pelle di un leone e andava attorno seminando il terrore fra tutte le bestie. Vide una volpe e volle provarsi a far paura anche a lei. Ma quella, che per caso aveva gi… sentito la sua voce un'altra volta, gli disse: ®Sta' pur sicuro che, se non ti avessi mai sentito ragliare, avresti fatto paura anche a me¯.

Cos ci sono degli ignoranti che, grazie alle loro fastose apparenze, sembrerebbero persone importanti, se la smania di parlare non li tradisse.

268.L'ASINO CHE LODAVA LA SORTE DEL CAVALLO.

L'asino decantava la sorte del cavallo, perch‚ era nutrito senza economia e fatto segno a tutte le cure, mentre esso non aveva nemmeno paglia a sufficienza e doveva sopportare tante fatiche. Ma quando son• l'ora della guerra, un soldato in armi balz• sul cavallo, portandolo da una parte e dall'altra, e finalmente lo lanci• nella mischia contro il nemico, dove la bestia cadde colpita a morte. A questa vista l'asino cambi• parere, e compianse il cavallo.

La favola mostra che non bisogna invidiare i potenti e i ricchi, ma amare la povert…, pensando all'invidia e ai pericoli da cui essi sono circondati.

269.L'ASINO, IL GALLO E IL LEONE

Una volta un gallo stava mangiando insieme con un asino. Ecco che un leone piomba addosso all'asino, e il gallo emette un grido. Il leone, che, a quanto pare, ha paura della voce del gallo, scappa. Allora l'asino, illudendosi d'averlo messo in fuga lui, prese subito a rincorrerlo. Quando l'ebbe seguito lontano, dove non arrivava pi— la voce del gallo, il leone si volse indietro e se lo divor•. ®Povero stupido ch'io sono!¯, esclamava morendo l'asino, ®perch‚ ho voluto partire in guerra, io che non son nato di genitori guerrieri?¯.

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La favola mostra che molti uomini partono in guerra contro gente che si Š fatta piccola a bella posta, e cos finiscono rovinati da quella.

269.L'ASINO, LA VOLPE E IL LEONE.

L'asino e la volpe si misero in societ… e andarono a caccia. Ma appena venne loro incontro un leone, la volpe, vedendo il pericolo imminente, gli si avvicin• offrendo di consegnargli l'asino se le prometteva salva la vita. Quello acconsent; allora la volpe condusse l'asino verso una trappola e ve lo fece cadere. Quando il leone vide che l'asino non poteva scappare, per prima cosa afferr• la volpe, e poi si rivolse all'asino.

Cos spesso, senza avvedersene, chi tende insidie ai suoi compagni, rovina insieme con essi.

271.L'ASINO E LE RANOCCHIE.

Un asino, con un carico di legna sul dorso, traversava un acquitrino. Scivol•, cadde, e, non riuscendo a tirarsi s—, si mise a piangere e a lamentarsi. Quando le ranocchie del luogo udirono i suoi lamenti, gli dissero: ®Caro mio, tu piagnucoli tanto per esser caduto qui pochi minuti: che cosa avresti mai fatto se ci fossi rimasto tanto tempo come noi?¯.

Di questa favola potrebbe servirsi uno che affronta coraggiosamente i mali pi— gravi, per rivolgersi a un debole che mal sopporta le pi— lievi fatiche.

272.L'ASINO E IL MULO CHE PORTAVANO UN CARICO EGUALE.

Un asino e un mulo avanzavano uno accanto all'altro. L'asino, osservando che i loro due carichi erano eguali, era indignato e si lamentava, perch‚ il mulo, che pur era ritenuto degno di una doppia razione, non portava nulla pi— di lui. Ma quando ebbero proceduto alquanto nella via, l'asinaio s'avvide che l'asino non poteva reggere, e allora gli tolse una parte del carico, aggiungendolo al mulo. Dopo che ebbero proseguito ancora un poco, vedendo che l'asino era sempre pi— stanco, gli tolse di nuovo una parte del carico, e, alla fine, prese tutto quanto e lo pass• da lui al mulo. Allora questo diede una sbirciatina all'asino: ®Ehi, tu, non ti par giusto, ora, che mi faccian l'onore di una doppia razione?¯.

Anche noi, per giudicare la condizione di ciascuno, non dobbiamo guardare come comincia, ma come va a finire.

273.L'ASINO E L'ORTOLANO.

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Un asino che era al servizio di un ortolano, pregava Zeus per esser liberato del suo padrone e venduto ad un altro, dato che l mangiava poco e faticava molto. Zeus l'ascolt• e fece s che fosse venduto ad un vasaio; ma egli fu di nuovo malcontento, perch‚, a portare argilla e vasellame, faticava pi— di prima. Supplic• quindi di cambiare nuovamente, e fu venduto a un conciapelli. Caduto cos in mano d'un padrone peggiore dei precedenti e vedendo il mestiere che egli esercitava, sospirava e diceva: ®AhimŠ disgraziato! era meglio che rimanessi con i padroni di prima, perch‚ questo, vedo bene, mi concer… anche la pelle¯.

Questa favola mostra che i servitori non rimpiangono mai tanto il primo padrone, come quando hanno provato il secondo.

274.L'ASINO, IL CORVO E IL LUPO.

Un asino che aveva una piaga nella schiena pascolava in un prato. Un corvo and• a posarglisi addosso e gli dava beccate nella piaga, mentre l'asino, per il dolore, ragliava e saltava. L'asinaio se ne stava l… fermo a qualche distanza e rideva. Un lupo che passava lo vide, e disse tra s‚: ®Noi poveracci, basta che ci vedano e ci d…nno la caccia; ma questi, anche se li assalgono, li accolgono con un sorriso¯.

La favola mostra come gli uomini cattivi si riconoscano persino dalla faccia, e a prima vista.

275.L'ASINO E IL CAGNOLINO ovvero IL CANE E IL SUO PADRONE.

Un tale che possedeva un cagnolo maltese e un asino, continuava a far moine al cane e, se per caso andava fuori a pranzo, portava a casa qualche bocconcino per gettarglielo, quando la bestiola gli veniva incontro scodinzolando. Allora l'asino, geloso, corse incontro al padrone e, a forza di saltellare, gli lasci• andare un calcio. Adirato, il padrone ordin• di allontanarlo a randellate e di legarlo alla greppia.

La favola mostra che non tutti sono nati per le stesse cose.

276.L'ASINO E IL CANE CHE VIAGGIAVANO INSIEME.

Un asino e un cane che facevano strada insieme, trovarono per terra una lettera chiusa. L'asino la raccolse, spezz• i suggelli, l'aperse e si mise a leggerla al cane che ascoltava. Nella lettera si parlava di roba da mangiare, voglio dire di fieno, di orzo, di paglia. Mentre l'asino leggeva tutte quelle cose, il cane se ne stava l annoiato; e poi gli disse: ®Guarda un po' pi— avanti, caro, che saltando tu non trovi anche qualche informazione che riguardi carne o ossa¯. L'asino scorse tutta la lettera, ma non ci trov• niente di quel che il cane cercava, e allora questo soggiunse: ®Buttala pur via, mio caro, non c'Š niente di interessante¯.

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277.L'ASINO E L'ASINAIO.

Un asino guidato da un asinaio, dopo aver fatto un po' di strada, lasci• la via buona e prese di traverso, in mezzo ai precipizi. Stava gi… precipitando in uno di questi, quando l'asinaio l'afferr• per la coda e tent• di farlo tornare indietro. Ma quello tirava a tutta forza in senso inverso. Allora l'altro lo lasci• andare, dicendo: ®E abbila vinta! Tanto, non Š una bella vittoria quella che tu vinci¯.

Ecco una favola adatta per un uomo litigioso.

278.L'ASINO E LE CICALE.

Sentendo cantar le cicale, un asino, pieno d'invidia per quella voce melodiosa, chiese loro che cosa mangiavano per poter emettere tali suoni. ®Rugiada¯, risposero quelle; e l'asino, aspettando che scendesse la rugiada, mor di fame.

Cos, chi ha aspirazioni incompatibili con la sua natura, non solo non riesce ad appagarle, ma si procura anche grossi guai.

279.L'ASINO CHE PASSAVA PER LEONE.

Un asino aveva indossata la pelle di un leone, e tutti lo scambiavano per un leone; di qui, fuga di uomini, fuga d'armenti. Ma ecco che un soffio di vento gli port• via la pelliccia, e l'asino rest• nudo. Allora, tutti addosso a picchiarlo con bastoni e con randelli!

Chi si trova nella condizione di un povero privato, non cerchi di scimmiottare i ricconi, per non averne danni e risate: non Š conveniente per noi quello che Š estraneo alla nostra natura.

280.L'ASINO CHE MANGIAVA UN CARDO E LA VOLPE.

Del cardo l'irta chioma brucava un ciuco. A lui beffarda disse la volpe: ®E come potrai, con lingua s molle e delicata, l'aspro tuo cibo domare e sgretolarlo?¯.

Questa favola Š per chi si serve della lingua a proferire parole dure e minacciose.

281.L'ASINO CHE SI FINGEVA ZOPPO E IL LUPO.

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Un asino stava pascolando in un prato, quando scorse un lupo che si dirigeva verso di lui, e fece finta di zoppicare. Il lupo gli si avvicin• e gli chiese perch‚ zoppicava; quello rispose che, nello scavalcare una siepe, aveva messo il piede sopra una spina, e lo consigli• di estrargliela, per poterlo poi divorare senza correre il rischio di bucarsi la bocca masticando. Il lupo, persuaso, sollev• il piede dell'asino. Ma, mentre concentrava tutta la sua attenzione sullo zoccolo, l'asino, con un calcio sulla bocca, gli fece saltare tutti i denti. ®E mi sta bene!¯, dichiar• il lupo malconcio. ®Perch‚ ho voluto impicciarmi di medicina, quando mio padre m'aveva insegnato il mestiere di macellaio?¯.

Cos, anche tra gli uomini, chi si mette in un'impresa non adatta a lui, finisce naturalmente in mezzo ai guai.

282.L'UCCELLATORE, LE COLOMBE SELVATICHE E LE COLOMBE DOMESTICHE.

Un uccellatore aveva teso le sue reti, legandovi delle colombe domestiche. Poi si appost• a una certa distanza e aspett•. Ed ecco che si avvicinarono ad esse delle colombe selvatiche, e si impigliarono tra le maglie. Mentre l'uccellatore, accorso, cercava di afferrarle, queste rimproveravano le colombe domestiche che, pur essendo della stessa razza, non le avevano preavvisate dell'inganno. Ed esse risposero: ®Ma, per noi Š pi— conveniente tenerci buoni i padroni che favorire i nostri parenti¯.

Cos non si possono nemmeno biasimare i servitori, se, per amor dei padroni, lasciano affievolire i vincoli della parentela.

283.L'UCCELLATORE E LA CAPPELLACCIA.

Un uccellatore stava tendendo reti per gli uccelli. Una cappellaccia, vedendolo da lontano, gli chiese che cosa mai stesse facendo. Egli le rispose che stava fondando una citt…; poi si ritir• lontano e si nascose. Allora la cappellaccia, che aveva creduto alle sue parole si avvicin• e incapp• nelle reti. Accorse l'uccellatore, e quella: ®Caro mio, se Š una citt… di questo genere, quella che tu fondi, abitanti non ne troverai molti¯.

La favola mostra che le case e le citt… si spopolano soprattutto quando i padroni sono cattivi.

284.L'UCCELLATORE E LA CICOGNA.

Un uccellatore, che aveva teso le reti alle gru, stava a sorvegliare di lontano la sua caccia. Una cicogna and• a posarsi insieme con le gru, ed egli accorse, e prese anche quella. La cicogna pregava di lasciarla andare, dicendo che essa non recava alcun danno agli uomini, ma era anzi utilissima, perch‚ acchiappava e divorava serpenti e altri rettili. Per• l'uccellatore rispose: ®Ma anche se realmente non sei cattiva, tu meriti in ogni caso una punizione per esser andata a metterti con dei cattivi compagni¯.

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Anche noi dobbiamo fuggire la compagnia dei cattivi per non sembrare partecipi noi pure delle loro cattiverie.

285.L'UCCELLATORE E LA PERNICE.

Un uccellatore, essendo giunto da lui un ospite a sera tarda e non avendo nulla da imbandirgli, si volse alla sua pernice addomesticata e stava per ucciderla, quando questa cominci• ad accusarlo d'ingratitudine, perch‚ intendeva ammazzarla, dopo esser stato tanto aiutato da lei, che attirava gli uccelli della sua razza e glieli consegnava. ®Ma questa¯, disse lui, ®sar… una ragione di pi— per sacrificarti, se non risparmi nemmeno i tuoi fratelli!¯.

La favola mostra che chi tradisce i suoi familiari, non si acquista solo l'odio delle vittime, ma anche quello di chi si giova del suo tradimento.

286.LA GALLINA E LA RONDINE.

Una gallina trov• delle uova di serpente e si mise a covarle con cura, finch‚, a forza di covare, riusc a farle schiudere. La rondine, che era stata a guardarla, le disse: ®Ma perch‚, stolta, vuoi allevare degli esseri che, appena adulti, cominceranno a far del male a te per la prima?¯.

La perversit… Š incorreggibile, anche se Š fatta segno ai pi— grandi benefici.

287.LA GALLINA DALLE UOVA D'ORO.

Un tale possedeva una bella gallina che faceva le uova d'oro. Pensando che avesse un mucchio d'oro nelle viscere, egli la uccise, e trov• che dentro era fatta come tutte le altre galline. Cos, per la speranza di trovar la ricchezza tutta in una volta, rest• privo anche del suo modesto provento.

Contentatevi di quello che avete e guardatevi dall'essere insaziabili.

288.LA CODA DEL SERPENTE E LE SUE MEMBRA.

Una volta la coda del serpente ebbe la pretesa di precedere lei il corpo e di dirigerlo. Le altre membra dicevano: ®Ma come potrai dirigerci tu, se non hai n‚ occhi n‚ naso come gli altri animali?¯. Ma non riuscirono a persuaderla. e il buon senso dovette battere in ritirata. La coda and• dunque avanti e comand• la marcia, trascinandosi dietro alla cieca tutto il corpo, finch‚ precipit• in una buca piena di pietre, dove il serpe ebbe piagata la schiena e tutto quanto il corpo. Allora la coda, tutta carezzevole, si mise a supplicare la testa, dicendo: ®Salvaci tu, o signora, per piacere; ho fatto male a mettermi in lotta con te¯.

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La favola bolla gli uomini infidi e perversi che si rivoltano contro i loro capi.

289.IL SERPENTE, LA DONNOLA E I TOPI.

In una casa un serpe e una donnola stavano battendosi. I topi del luogo, che erano continuamente preda dell'uno e dell'altra, vedendo che quelli si azzuffavano, uscirono fuori a passeggiare. Ma quando i combattenti videro i topi, rinunciarono al loro duello e si rivolsero contro di loro.

Cos in uno Stato, chi si immischia nelle contese demagogiche, diventa inconsciamente la preda degli uni e degli altri.

290.IL SERPENTE E IL GRANCHIO.

Un serpente e un granchio vivevano nel medesimo luogo. Il granchio si mostrava retto e buono nei suoi rapporti col serpente, mentre i modi di quest'ultimo erano ,invece tortuosi e perversi. Il granchio continuava ad ammonirlo di imitare il suo atteggiamento, comportandosi rettamente con lui, ma l'altro non se ne dava per inteso. Allora, adirato, aspett• un momento in cui dormiva, lo afferr• per la gola e lo uccise. Quando se lo vide davanti lungo disteso, disse: ®Eh, caro mio, non Š ora, da morto, che bisogna essere dritto: dovevi esser dritto quando te lo dicevo, e non ti avrei ammazzato¯.

Questa favola si potrebbe applicare a certi uomini che, fin che son vivi, si comportano malignamente con gli amici, e poi li beneficano dopo la morte.

291.IL SERPENTE CALPESTATO E ZEUS.

Un serpente che si vedeva continuamente calpestato dagli uomini, and• da Zeus a lamertarsi. E Zeus gli disse: ®Ma se il primo che ti pest• tu l'avessi morso, il secondo non ci si sarebbe provato¯.

La favola mostra che chi tien testa ai primi assalitori incute spavento agli altri.

292.IL RAGAZZINO CHE MANGIAVA LA TRIPPA.

Alcuni pastori che sacrificavano una capra nei campi, invitarono i loro vicini. C'era tra essi una donna povera e con lei il suo figlioletto. Quando il pranzo era gi… a buon punto, il ragazzo, che aveva la pancia piena di carne, sentendosi male, si mise a gridare: ®O mamma mia, ora vomito la mia trippa!¯. ®La tua no, figlio mio¯, corresse la madre, ®ma soltanto quella che hai mangiato!¯.

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Questa favola ben s'adatta a un debitore che Š pronto a prendere i quattrini degli altri, ma che, quando glieli richiedono indietro, s'affligge come se ci rimettesse del suo.

293.IL RAGAZZO CHE DAVA LA CACCIA ALLE CAVALLETTE E LO SCORPIONE.

Un ragazzo stava davanti al bastione a dar la caccia alle cavallette. Ne aveva gi… preso un bel mucchio, quando vide uno scorpione e, convinto che fosse una cavalletta, stava quasi per farlo scendere nel cavo della mano. Lo scorpione, sollevando il suo aculeo: ®Almeno l'avessi fatto!¯, disse, ®ch‚ avresti perduto anche le cavallette che hai preso!¯.

Questa favola insegna che non bisogna comportarsi ugualmente con i buoni e con i cattivi.

294.IL RAGAZZO E IL PICCHIO.

Una donna consult• gli indovini sul suo figliuolo che era ancor bambino, e quelli le predissero che sarebbe morto a causa di un picchio (1). Spaventata, la madre fece costruire un grandissimo cofano, e ve lo chiuse dentro, stando ben in guardia perch‚ non venisse ad ucciderglielo un picchio, e aprendo regolarmente, alle ore stabilite, per dargli il nutrimento necessario. Ora, una volta, dopo aver aperto il cofano, mentre stava rimettendovi sopra il coperchio, il bambino affacci• imprudentemente la testa. Cos avvenne che lo uccise il picchio del coperchio, cadutogli proprio sulla fontanella.

Note.1. Il testo greco parla di "un corvo". Vi si Š sostituito "un picchio", per rendere in qualche modo un gioco di parole dell'originale.

295.IL FIGLIO E IL LEONE DIPINTO.

Un vecchio pieno di paure, che aveva un figlio unico, coraggioso ed amante della caccia, lo vide in sogno morire dilaniato da un leone. Preso dal terrore che si realizzasse quel che aveva veduto e il sogno si dimostrasse veridico, allest un magnifico appartamento nella parte alta della casa e vi tenne rinchiuso il figlio. Per distrarlo, fece decorare l'alloggio con figure d'animali d'ogni sorta, tra i quali era rappresentato anche un leone. Ma il giovane, guardandolo, sentiva crescere il suo dolore, e, una volta, ponendoglisi di fronte, esclam•: ®Brutta bestia! per colpa tua e per colpa del sogno bugiardo di mio padre, sono qui chiuso e custodito come una femminuccia. Che cosa non dovrei farti?¯. E cos dicendo, si scagli• con la mano contro il muro, quasi volesse cavargli un occhio. Ma gli penetr• sotto un'unghia una scheggia, che gli procur• un vivo dolore e un'infiammazione, la quale fin in un ascesso; vi si aggiunse la febbre, che ben presto port• a morte il giovane. Cos, il leone, per quanto fosse solo un leone dipinto, lo uccise, senza che a nulla servisse l'espediente paterno.

Quel che deve accadere conviene accettarlo coraggiosamente, senza cavillare; tanto, non vi si pu• sfuggire.

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296.IL RAGAZZO CHE RUBAVA E SUA MADRE.

Un ragazzo rub• a scuola le tavolette (1) del suo compagno e le port• a casa a sua madre, la quale non solo non lo pun, ma anzi lo approv•; allora, un'altra volta, egli rub• un mantello e glielo port•, ottenendone lodi anche maggiori; cosicch‚, col passar del tempo, divenuto ormai un giovane, egli si diede senz'altro a rubare cose di maggior valore. Ma un giorno fu colto sul fatto: lo ammanettarono e lo condussero al supplizio, mentre la madre lo seguiva battendosi il petto. Egli disse che voleva parlarle all'orecchio, e, quando l'ebbe vicina, le afferr• un lobo dell'orecchio e glielo strapp• con un morso. Essa cominci• a rimproverarlo per la sua empiet…: non contento dei delitti commessi, ora aveva mutilato anche sua madre! Ma il figlio ribatt‚: ®Non sarei arrivato al punto d'esser condotto al patibolo, se tu mi avessi picchiato quando per la prima volta ti portai a casa le tavolette rubate!¯.

La favola mostra che ci• che non si reprime dal principio continua a crescere.

Note.1. Tavolette di legno, spalmate di cera, che servivano agli antichi per scrivere, come piccole lavagne.

297.IL RAGAZZO CHE FACEVA IL BAGNO.

Una volta un ragazzo che faceva il bagno in un fiume stava per affogare. Vedendo uno che passava di l… si mise a chiamarlo, che lo aiutasse. Quello cominci• a fargli dei rimproveri per la sua imprudenza. ®Ma salvami, adesso¯, gli disse il fanciullo. ®Poi, quando m'avrai salvato, mi farai la predica¯.

Questa favola si applica a coloro che offrono spontaneamente lo spunto agli altri per offenderli.

298.IL DEPOSITARIO E IL GIURAMENTO.

Un tale aveva ricevuto un deposito da un amico e contava di non restituirglielo. E poich‚ l'amico lo invitava a prestar giuramento, a buon conto, part per la campagna. Giunto alle porte della citt…, vide uno zoppo (1) che stava per uscirne, e gli chiese chi fosse e dove fosse diretto. Quello rispose che era il Giuramento e che andava a punire gli spergiuri. Allora egli gli domand• quanto tempo stava, di solito, prima di tornare in una citt…. ®Quarant'anni; qualche volta anche trenta¯, rispose l'altro. Dopo di ci•, senza esitare, l'uomo prest• giuramento, affermando di non aver mai ricevuto quel tal deposito. Ma si trov• addosso il Giuramento, che lo condusse con s‚ per buttarlo gi— da un precipizio. L'uomo protestava perch‚, dopo avergli dichiarato che ritornava ogni trent'anni, non gli aveva lasciato nemmeno un giorno di respiro. ®Devi sapere¯, gli rispose il Giuramento, ®che quando mi si vuol provocare, allora ho l'abitudine di tornare anche in giornata¯.

La favola mostra che non ci son date fisse per la vendetta di Dio contro gli empi.

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Note.1. Il Giuramento era raffigurato zoppo, a simboleggiare la lentezza con cui raggiunge e punisce gli spergiuri.

299IL PADRE E LE FIGLIE.

Un tale che aveva due figlie, ne diede in moglie una a un ortolano e l'altra a un vasaio. Dopo un po' di tempo, and• dalla prima e le chiese come stava e come andavano i loro affari. Ella rispose che tutto andava bene, e che aveva solo una cosa da chiedere agli dŠi: temporali e piogge per innaffiare gli ortaggi. Poi il padre and• da quella che era moglie del vasaio e anche a lei chiese come andassero le cose. Questa rispose che non aveva bisogno di nulla, e che pregava soltanto che durasse il tempo sereno e un bel sole per seccare il vasellame. ®E io¯, esclam• allora il padre, ®per chi dovr• mai pregare se tu chiedi il sereno e tua sorella la pioggia?¯.

Cos, se si mette mano contemporaneamente a due imprese contrastanti, Š naturale che vadano male l'una e l'altra.

300.LA PERNICE E L'UOMO.

Un cacciatore aveva catturato una pernice e stava per ammazzarla. Ma quella prese a supplicarlo: ®Lasciami vivere; in compenso io caccer• per te molte pernici¯. ®Questa sar… una ragione di pi— per tirarti il collo¯le rispose l'altro, ®dato che tu pensi di tendere insidie ai tuoi compagni e ai tuoi amici¯.

Chi prepara trappole contro i suoi amici Š destinato a cadere egli stesso nelle insidie di qualche imboscata.

301.LA COLOMBA ASSETATA.

Una colomba tormentata dalla sete vide un bicchier d'acqua dipinto in un quadro e, credendolo vero, vi si precipit• sopra a tutta forza, andando imprudentemente a sbattere contro il quadro. Cos accadde che le si spezzarono le ali ed essa piomb• a terra, dove fu catturata da uno dei presenti.

Ci sono uomini che fanno altrettanto: spinti dalla violenza del desiderio, si accingono inconsideratamente ad imprese che li trascinano alla rovina, senza che essi se ne rendano conto.

302.LA COLOMBA E LA CORNACCHIA.

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Una colomba allevata in una piccionaia menava gran vanto per la sua fecondit…. La cornacchia, dopo che ebbe ascoltato le sue chiacchiere, le disse: ®Smettila di vantarti di questo, cara mia. Quanti pi— figli metti al mondo, tanti pi— schiavi avrai da piangere¯.

Cos, anche tra i servi, i pi— infelici sono quelli che generano figli in schiavit—.

303.LE DUE BISACCE.

Quando, nei tempi che furono, Prometeo ebbe fabbricati gli uomini, appese loro al collo due bisacce, piene l'una dei vizi altrui e l'altra dei vizi propri a ciascuno di essi; quella dei vizi altrui la pose loro davanti, e l'altra la appese dietro. Ecco perch‚ gli uomini scorgono a prima vista i difetti altrui, mentre i propri non li hanno mai sott'occhio.

Ci si potrebbe servire di questa favola a proposito di qualche faccendiere, che, cieco negli affari propri, va ad occuparsi di quelli che non lo riguardano.

304.LA SCIMMIA E I PESCATORI.

Una scimmia, issata sull'alto di una pianta, vide dei pescatori che gettavano la rete in un fiume, e rimase ad osservare quel che facevano. Quando quelli lasciarono l la rete e si allontanarono un po' per mangiare, scese dall'albero e si prov• a rifare i gesti, perch‚, a quanto si dice, questo animale Š portato per istinto all'imitazione. Ma, appena toccata la rete, vi rimase impigliata e per poco non affog•. ®Me lo merito¯, disse allora a se stessa; ®perch‚ mi son messa a pescare senza aver mai imparato come si fa?¯.

La favola mostra che l'impicciarsi di quel che non ci riguarda non Š soltanto inutile, ma anche dannoso.

305.LA SCIMMIA E IL DELFINO.

E' un'abitudine diffusa tra quelli che fanno viaggio per mare di portarsi dietro dei cagnolini maltesi o delle scimmie, per distrarsi durante il viaggio. Un tale, dunque, che compiva una traversata, aveva con s‚ una scimmia. Giunti all'estremit… dell'Attica, al Sunio, ecco scatenarsi una violenta tempesta. La nave si capovolge, e i passeggeri si salvano a nuoto. Anche la scimmia si mette a nuotare. La scorse un delfino, che, prendendola per un uomo, le scivol• sotto, la sollev• e la port• verso la terraferma. Quando furono al Pireo, che Š il porto d'Atene, il delfino le domand• se era d'Atene. La scimmia rispose di s, e che vi era nata da genitori illustri, anche. Allora il delfino le chiese se conoscesse il Pireo. La scimmia pens• che si trattasse di un uomo e rispose che era suo amico e lo conosceva intimamente, anche. Sdegnato di tanta menzogna, il delfino la tuff• nell'acqua e la fece affogare.

Ecco una favola per certa gente che la verit… non la conosce, eppure spera di darla a bere agli altri.

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306.LA SCIMMIA E IL CAMMELLO.

Davanti alle bestie riunite in assemblea, una scimmia si alz• e si mise a ballare, riscuotendo grandi approvazioni e richiamando l'attenzione di tutti. Il cammello geloso, volle ottenere un ugual successo e, alzatosi in piedi, cominci• a danzare anche lui; ma fece una cos meschina figura, che le bestie, sdegnate, lo cacciarono via a colpi di randello.

La favola s'adatta a quelli che, per invidia, si mettono a gareggiare con chi val pi— di loro.

307.I FIGLI DELLA SCIMMIA.

Dicono che le scimmie mettono al mondo due figli alla volta; uno lo amano e lo allevano con ogni cura; l'altro lo odiano e lo trascurano. Ma succede poi, per un fatale destino, che la madre, a forza di abbracciare con appassionata violenza il prediletto, lo soffoca, mentre il fratello trascurato diventa adulto.

La favola mostra che il destino Š pi— potente di tutta la nostra previdenza.

308.I NAVIGANTI.

Un gruppo di persone navigava a bordo di una nave. Quando furono in alto mare, ecco una violenta tempesta, e la nave fu a un pelo dall'affondare. Uno dei passeggeri si strappava le vesti, invocando gli dŠi patri e promettendo, tra lamenti e gemiti, doni di ringraziamento se si fosse salvato. Cessata la tempesta e tornata nuovamente la bonaccia, si misero a far baldoria, ballando e saltando, come gente che Š riuscita a sfuggire a un improvviso pericolo. E il nocchiero, che era un saggio, disse loro: ®Rallegriamoci pure, amici, ma senza dimenticare che la tempesta potr… scatenarsi di nuovo¯.

La favola insegna che, pensando ai facili mutamenti della sorte, non dobbiamo montarci la testa per la buona ventura.

309.IL SIGNORE E IL CONCIAPELLI.

Un ricco signore and• ad abitare vicino a una conceria e, non potendo resistere a quel puzzo, ad ogni occasione, faceva pressioni perch‚ essa fosse trasferita altrove. Ma il proprietario tirava in lungo, sempre promettendo che presto avrebbe traslocato. Mentre questa scena continuava a ripetersi, il ricco signore fin coll'abituarsi alla puzza e non secc• pi— il conciapelli.

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La favola mostra come l'abitudine rende tollerabili anche le cose spiacevoli.

310.IL SIGNORE E LE LAMENTATRICI.

Un signore che aveva due figlie, quando gliene mor una, assold• delle donne per il lamento funebre. L'altra figlia disse alla madre: ®Che disgraziate siamo noi, a cui Š toccato il lutto e non sappiamo piangere, mentre queste donne che non c'entrano per nulla si picchiano il petto e si lamentano cos forte!¯. Ma la madre le rispose: ®Non ti meravigliare, bambina mia, se esse piangono in modo cos pietoso: lo fanno per guadagnar quattrini¯.

Certi uomini, per avidit…, non esitano a trafficare in modo simile sulle sventure altrui.

311.IL PASTORE E IL MARE.

Un pastore pascolava il suo gregge vicino alla costa. Vedendo il mare in bonaccia, gli venne voglia di darsi al commercio marittimo: vendette le sue pecore, comper• dei datteri e s'imbarc•. Ma, scatenatasi una gran tempesta, poich‚ correva pericolo d'affondare, gett• in acqua tutto il carico e a stento si salv• con la nave vuota. Trascorse molto tempo. Un giorno un passante esprimeva la sua ammirazione per la serena calma del mare (era effettivamente un momento di bonaccia); ma il pastore lo interruppe: ®Caro mio, si vede che ha di nuovo voglia di datteri, e per questo si d… l'aria d'esser tranquillo¯.

La favola mostra che le disgrazie sono altrettante lezioni per gli uomini.

312.IL PASTORE E IL CANE CHE ACCAREZZAVA LE PECORE.

Un pastore che aveva un cane molto grosso, aveva preso l'abitudine di gettargli gli agnelli nati morti e le pecore che morivano. Un giorno, dopo che il gregge era rientrato nella stalla, il pastore vide il cane che si avvicinava alle pecore e le accoglieva scodinzolando festosamente. ®S, s, caro mio¯, gli disse, ®vorrei che tutto quel che tu auguri alle mie pecore ricadesse sulla tua testa!¯.

Ecco una favola per un adulatore.

313.IL PASTORE E I LUPACCHIOTTI.

Un pastore aveva trovato dei lupacchiotti e li allevava con gran cura, sperando che, una volta adulti, non solo avrebbero custodito le sue pecore, ma ne avrebbero anche rapite delle altre, portandole a lui. Ma quelli, appena furono cresciuti e si sentirono sicuri, cominciarono col divorare il suo gregge. Quando egli se ne accorse: ®La colpa Š mia!¯, esclam• piangendo. ®Bestie come queste, che si

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dovrebbero ammazzare anche quando sono adulte, perch‚ mai le ho conservate in vita mentre erano piccole?¯.

Cos, chi salva un malvagio gli d…, senza rendersene conto, la forza da cui egli stesso sar… danneggiato prima di tutti gli altri.

314.IL PASTORE E IL LUPO ALLEVATO INSIEME CON I CANI.

Un pastore aveva trovato un cucciolo di lupo, lo aveva raccolto e lo allevava insieme con i suoi cani. Una volta cresciuto, se capitava che un lupo portasse via una pecora, esso gli dava la caccia insieme con gli altri cani. Ma, mentre quelli, quando non riuscivano a prenderlo, se ne ritornavano indietro, egli invece gli teneva dietro finch‚ non l'avesse raggiunto e non avesse avuta la sua parte di preda, in qualit… di lupo; dopo ritornava a casa. Se poi di fuori non veniva alcun lupo a rapir pecore, egli stesso ne ammazzava una di nascosto e la divorava in compagnia dei cani. Finalmente, il pastore si mise in sospetto e, quando ebbe capito quel che avveniva, lo uccise, impiccandolo a un albero.

La favola mostra che una natura malvagia non pu• dar luogo a onesti costumi.

315.IL PASTORE E IL CUCCIOLO DEL LUPO.

Un pastore trov• un piccolo cucciolo di lupo e lo allev•; quando fu divenuto un lupacchiotto, gli insegn• a rubare nel gregge dei vicini. Una volta che ebbe imparato, il lupo gli disse: ®E adesso che mi hai insegnato a rubare, sta' attento che non ti scompaiano molte pecore dal gregge!¯.

Gli esseri violenti di natura, quando vengono educati alla rapina e alla soperchieria, recano spesso danno ai loro stessi maestri.

316.IL PASTORE E LE SUE PECORE.

Un pastore aveva condotto le sue pecore in un bosco di querce. Vedendo un albero grandissimo carico di ghiande, stese a terra il mantello e and• s—, per scuoterne i frutti. Le pecore, mangiando le ghiande, senza accorgersene, gli mangiarono insieme anche il mantello. Quando il pastore fu sceso, avvedendosi del guaio esclam•: ®Brutte bestiacce! fate la lana per i vestiti degli altri, e a me che vi d• da mangiare avete portato via anche il mantello¯.

Cos molti uomini, per ignoranza, beneficano degli estranei con cui non hanno nulla a che fare e si comportano villanamente con i loro familiari

317.

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IL PASTORE CHE INTRODUCEVA IL LUPO NELL'OVILE E IL CANE.

Un pastor, dentro l'ovil spingendo il gregge,insieme un lupo per poco non ci chiuse.Ma il cane se n'avvide. ®Bravo!¯, gli disse,®staranno bene, codeste pecorelle,se dentro un lupo ci metti in compagnia!¯.

La compagnia dei malvagi pu• procurare gravi danni ed essere anche causa di morte.

318.IL PASTORE CHE SCHERZAVA.

Un pastore conduceva le sue pecore a pascolare piuttosto lontano dal villaggio e si divertiva a far questo scherzo: gridava che i lupi gli assalivano il gregge e chiamava in aiuto gli abitanti del villaggio. Due o tre volte quelli accorsero spaventati, e poi se ne tornarono indietro tra le beffe. Ma accadde alla fine che i lupi vennero davvero. Mentre essi sbranavano il gregge, il pastore invocava l'aiuto dei compaesani; ma quelli non se ne preoccuparono molto, credendo che egli scherzasse, come al solito. Cos egli ci rimise il gregge.

La favola mostra che, a mentire, ci si guadagna soltanto questo: anche quando si dice la verit…, non si Š creduti.

319.IL DIO DELLA GUERRA E LA VIOLENZA.

Gli dŠi tutti presero moglie e ciascuno si ebbe colei che gli assegnava il sorteggio. Il dio della guerra fu l'ultimo del turno e non trova pi— che la Violenza. Preso da un'ardente passione per lei, la spos•. Per questo, dovunque essa vada, egli le tien dietro.

Dove compare la violenza, sia in una citt…, sia tra i popoli, guerra e battaglie tosto la seguono.

320.IL FIUME E LA PELLE.

Un fiume, scorgendo una pelle di bue trascinata dalla sua corrente, le chiese: ®Come ti chiami?¯. ®Mi chiamo dura¯, rispose quella. E il fiume, investendola con la sua corrente: ®C‚rcati un altro nome¯, le disse, ®ch‚ io far• presto a renderti molle¯.

Gli uomini audaci e orgogliosi sono spesso atterrati dalle sventure della vita.

321.LA PECORA TOSATA.

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Stavano tosando malamente una pecora. E quella disse a colui che la tosava: ®Se vuoi della lana, taglia pi— in s—; ma se desideri della carne, ammazzami una volta tanto e smettila di torturarmi a poco a poco¯.

La favola Š adatta per coloro che fanno malamente il loro mestiere.

322.PROMETEO E GLI UOMINI.

Obbedendo a un ordine di Zeus, Prometeo plasm• gli uomini e le bestie. Ma quando Zeus si accorse che le bestie erano molto pi— numerose degli uomini, gli ordin• di disfare un po' di bestie per ridurle a uomini. Prometeo esegu l'ordine. Ecco perch‚ tutti coloro che la forma umana non l'avevano ricevuta originariamente, hanno corpo da uomo, ma anima da bestia.

Ecco una favola buona per un uomo grossolano e bestiale.

323.LA ROSA E L'AMARANTO.

Un amaranto cresciuto vicino a una rosa le disse: ®Che splendido fiore sei tu. Ti desiderano gli dŠi e gli uomini, e io ti invidio per la tua bellezza e per il tuo profumo¯. ®O amaranto¯, gli rispose la rosa, ®io non vivo che pochi giorni, e anche se nessuno mi recide, appassisco; ma tu fiorisci e vivi sempre cos, in perenne giovinezza¯.

Meglio durare a lungo, contentandosi di poco, che, dopo un breve sfarzo, mutar sorte o magari morire.

324.IL MELOGRANO, IL MELO, L'OLIVO E IL ROVO.

Il melograno, il melo e l'olivo vantavano ciascuno la propria feracit…. La discussione si faceva animata, quando il rovo, che li udiva dalla siepe vicina, salt• s— a dire: ®Ol…, amici, finiamola una buona volta di litigare!¯.

In tal modo, quando i migliori sono intenti a litigare, anche quelli che non valgon nulla cercano di darsi delle arie.

325.IL TROMBETTIERE.

Un trombettiere, preso dal nemico mentre chiamava a raccolta l'esercito, si mise a gridare: ®O soldati, non ammazzatemi cos alla leggera e senza alcun motivo. Io non ho mai ucciso nessuno di

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voi e, all'infuori di questa tromba, non posseggo altra arma¯. ®Ragion di pi— per ammazzarti¯, risposero quelli; ®non sei capace di combattere tu, e inciti gli altri a farlo¯.

La favola mostra che i pi— colpevoli sono coloro che incitano al male i prncipi cattivi e crudeli.

326.LA TALPA E SUA MADRE.

Una talpa, animale cieco di natura, annunzi• a sua madre che ci vedeva. Questa, per metterla alla prova, le diede un granello d'incenso e le domand• che cos'era. Essa dichiar• che era una pietruzza. ®Creatura mia¯, esclam• allora la madre, ®tu non solo non ci vedi, ma hai perso persino l'odorato!¯.

Cos ci sono dei fanfaroni che promettono l'impossibile e poi fanno figuracce nelle cose pi— semplici.

327.IL CINGHIALE E LA VOLPE.

Un cinghiale s'era messo vicino a un albero e vi aguzzava sopra le zanne. La volpe gli chiese perch‚ mai, quando n‚ cacciatori n‚ altro pericolo gli sovrastava, egli aguzzava i denti. ®Non lo faccio certo senza perch‚¯, rispose il cinghiale. ®Se mi capitasse addosso qualche guaio, allora non avrei pi— il tempo per affilarle; ma se saranno pronte, me ne servir•¯.

La favola insegna che i preparativi si devono fare prima che si presenti il pericolo.

328.IL CINGHIALE, IL CAVALLO E IL CACCIATORE.

Un cinghiale e un cavallo andavano a pascolare nello stesso posto. Ma il cinghiale tutti i momenti calpestava l'erba e intorbidava l'acqua al cavallo, il quale, per vendicarsi, ricorse all'aiuto di un cacciatore. Questo gli rispose che non poteva far nulla per lui, se non si rassegnava a lasciarsi mettere il freno e a prenderlo in groppa; e il cavallo acconsent a tutte le sue richieste. Allora il cacciatore gli sal in groppa, mise fuori combattimento il cinghiale e poi, condotto seco il cavallo, lo leg• alla greppia.

Cos molti, mossi da un cieco impulso di collera, per vendicarsi dei propri nemici, si precipitano sotto il giogo altrui.

328.LA SCROFA E LA CAGNA CHE SI INSULTAVANO A VICENDA.

La scrofa e la cagna si insultavano a vicenda. La scrofa prese a giurare che lei - per Afrodite! - avrebbe sbranato la cagna E la cagna, beffarda, le disse: ®S, fai bene a giurarmelo su Afrodite,

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perch‚ tutti sanno che la dea ti vuole un gran bene. Quelli che hanno assaggiata la tua sporca carnaccia, non permette nemmeno che entrino nel suo tempio!¯ ®Ma questa¯, disse l'altra, ®Š una prova lampante dell'affetto che la dea nutre per me, perch‚ essa respinge chiunque mi uccida o mi faccia in qualche modo del male. Quanto a te, poi, tu puzzi da viva e puzzi da morta¯.

La favola mostra come un abile oratore possa accortamente convertire in elogi gli insulti ricevuti dai nemici.

330.LE VESPE, LE PERNICI E IL CONTADINO.

Vespe e pernici, afflitte dalla sete, andarono da un contadino a chiedergli da bere, promettendo che, in cambio dell'acqua, gli avrebbero resi questi servizi: le pernici, di zappargli la vigna, e le vespe, di tener lontani i ladri con i loro pungiglioni, facendovi la guardia tutt'attorno. Il contadino rispose: ®Ma io ho due buoi, che non promettono nulla e mi fanno tutto; dunque Š meglio che dia da bere a loro che a voi¯.

La favola va bene per certi uomini rovinosi che, promettendo di aiutarci, ci recano gravi danni.

331.LA VESPA E IL SERPENTE.

Una vespa, posatasi sulla testa di un serpente, lo tormentava, pungendolo senza tregua col suo aculeo. Quello, sconvolto dal dolore, non riuscendo a vendicarsi della sua nemica, cacci• la testa sotto la ruota di un carro e cos mor lui insieme con la vespa.

La favola mostra che c'Š della gente disposta a morire per far morire i suoi nemici.

332.IL TORO E LE CAPRE SELVATICHE.

Un toro, inseguito da un leone, si rifugi• in una caverna, dove c'erano delle capre selvatiche, che lo picchiarono e lo presero a cornate. E lui: ®Se mi ci rassegno, non Š gi… perch‚ abbia paura di voi; Š per via di quello che sta l… fermo all'entrata della caverna¯.

Cos molti, per paura dei pi— forti, tollerano anche gli oltraggi dei pi— deboli.

333.IL PAVONE E LA GRU.

Il pavone rideva della gru, e ne criticava il colore, dicendo: ®Io son vestito di porpora e d'oro, ma tu non hai nulla di bello sulle ali¯. ®Ma io¯, rispose l'altra, ®canto vicino alle stelle e volo nell'alto dei cieli. Tu invece, come un galletto, giri per terra in mezzo alle galline¯.

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E' meglio essere mal vestiti, ma degni d'ammirazione, piuttosto che vivere ingloriosamente, facendo pompa delle proprie ricchezze.

334.IL PAVONE E LA CORNACCHIA.

Gli uccelli deliberavano sulla scelta del loro re, e il pavone pretendeva d'essere eletto per la sua bellezza. Ma, mentre gli altri si accingevano a votare per lui, la cornacchia disse: ®E se ci inseguir… l'aquila, che aiuto potrai darci, tu, quando sarai diventato re?¯.

La favola mostra che non ha torto chi prima di passar dei guai, si premunisce in vista dei futuri pericoli.

335.LA CICALA E LA VOLPE.

Una cicala cantava sull'alto di una pianta. Una volpe, che aveva voglia di mangiarsela, escogit• una trovata di questo genere: si ferm• l… dirimpetto e cominci• a far meraviglie per la dolcezza del suo canto e a pregarla di scendere, dichiarando che desiderava vedere com'era grossa la bestia dotata di una voce cos potente. La cicala, che sospettava il suo gioco, stacc• una foglia e la gett• gi—. La volpe le si precipit• addosso, come avrebbe fatto con la cicala. E quella: ®Ti sei sbagliata, cara mia, se speravi che io scendessi. Io, dal giorno che ho veduto delle ali di cicala in un cacherello di volpe, delle volpi non mi fido¯.

Le sventure del prossimo rendono accorti gli uomini di buon senso.

336.LA CICALA E LE FORMICHE.

In una giornata d'inverno le formiche stavano facendo seccare il loro grano che s'era bagnato Una cicala affamata venne a chiedere loro un po' di cibo. E quelle le dissero: ®Ma perch‚ non hai fatto provvista anche tu, quest'estate?¯ ®Non avevo tempo¯, rispose lei, ®dovevo cantare le mie melodiose canzoni¯. ®E tu balla, adesso che Š inverno, se d'estate hai cantato!¯, le dissero ridendo le formiche.

La favola mostra che, in qualsiasi faccenda, chi vuol evitare dolori e rischi non deve essere negligente.

337IL MURO E IL CHIODO.

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Un muro, trafitto brutalmente da un chiodo, gridava: ®Perch‚ mi trafiggi, se io non ti ho mai fatto nulla di male?¯ E l'altro: ®La colpa non Š mia, ma di quello che mi picchia dietro con tutta la sua forza¯.

338.L'ARCIERE E IL LEONE.

Un abile arciere and• in montagna a cacciare. Tutti gli altri animali fuggirono; soltanto il leone lo sfid• a battaglia. Il cacciatore scocc• un dardo, e gli disse: ®Guarda come Š il mio ambasciatore; dopo verr• anch'io a trovarti¯. Il leone ferito si diede alla fuga. Una volpe gli diceva di farsi coraggio e di non fuggire. ®No, non ci riesci a farmela¯, rispose il leone; ®se il suo messaggero Š cos pungente, che far• mai quando verr… lui in persona?¯.

La conclusione bisogna prevederla dall'inizio, e pensar subito alla propria salvezza per l'avvenire.

339.IL CAPRO E LA VITE.

Mentre la vite stava germogliando, il capro ne brucava le gemme. La vite gli disse: ®Perch‚ vuoi dare questo danno a me? Non ce n'Š, forse, erba? Eppure, il giorno che ti sacrificheranno, tutto il vino che ci vorr… lo fornir• io¯.

La favola bolla gli ingrati e quelli che vogliono far i prepotenti con i loro amici.

340.LE IENE.

Dicono che le iene tutti gli anni cambiano sesso; cos un anno sono maschi e un anno femmine. Ora, una volta, una iena maschio si accost• a una femmina con delle pretese contro natura. E quella gli rispose: ®S, s, caro mio, fa pure; ma pensa che presto toccher… a te¯.

Questo potrebbe dirlo a un magistrato in carica colui che gli succeder…, se fosse costretto a subire da lui qualche soperchieria.

341.LA IENA E LA VOLPE.

Dicono che le iene cambiano sesso tutti gli anni, diventando un anno maschi e un anno femmine. Una iena, dunque, vedendo una volpe, prese a rimproverarla perch‚ respingeva le sue profferte d'amicizia. E quella: ®Non devi prendertela con me, ma piuttosto con la tua natura, che non mi permette di sapere se avr• in te un amico o un'amica¯.

Questa Š per un uomo ambiguo.

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342.LA SCROFA E LA CAGNA CHE DISPUTAVANO SULLA LORO FECONDITA'.

La scrofa e la cagna disputavano sulla loro fecondit…. La cagna faceva notare che essa Š l'unico quadrupede che abbia una gestazione breve. ®Ah, ma se vuoi parlar di questo¯, le disse la scrofa, ®confessa anche che i figli li metti al mondo ciechi¯.

La favola mostra che le opere vanno giudicate non dalla velocit…, ma dalla perfezione con cui sono compiute.

343.IL CALVO A CAVALLO.

Un calvo con la parrucca in testa andava a cavallo. Si lev• il vento e gliela soffi• via tra le grasse risate degli spettatori. Quello ferm• il cavallo e disse: ®E che cosa c'Š di strano che mi piantino in asso dei capelli che non sono miei, quando essi hanno gi… abbandonato il loro reale proprietario, quello con cui erano venuti al mondo?¯.

Nessuno si affligga quando subisce una perdita; perch‚ ci• che non Š naturalmente innato in noi non dura: nudi siamo venuti e nudi ce ne andremo.

344.L'AVARO.

Un avaro aveva liquidato tutto il suo patrimonio e l'aveva convertito in una verga d'oro; poi l'aveva sotterrato in un certo luogo, sotterrandoci insieme la sua vita e il suo cuore, e tutti i giorni andava a farci un'ispezione. Un operaio lo tenne d'occhio, subodorando la verit…, and• a scavare e si port• via la verga. Dopo un po' arriv• anche l'avaro e. trovando la sua buca vuota, cominci• a piangere e a strapparsi i capelli. Ma un tale, che l'aveva visto lamentarsi cos dolorosamente, quando ne seppe la ragione, gli disse: ®Non disperarti cos, mio caro; tanto, oro non ne avevi nemmeno quando lo possedevi. Prendi una pietra, mettila al suo posto, e immagina d'avere il tuo oro: ti far… lo stesso servizio; perch‚ vedo bene che, anche quando il tuo oro era l…, tu non ne facevi nulla¯.

La favola mostra che nulla vale possedere una cosa senza goderla.

345.IL FABBRO E IL SUO CANE.

Un fabbro aveva un cane che continuava a dormire mentre lui lavorava; appena per• si metteva a tavola, se lo trovava al fianco. ®Brutto poltrone¯, gli disse, gettandogli un osso, ®dormi quando io batto l'incudine; ma basta che muova le mascelle, e ti svegli subito!¯.

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La favola svergogna i dormiglioni, i pigri e tutti quelli che vivono delle altrui fatiche.

346.L'INVERNO E LA PRIMAVERA.

Un giorno l'Inverno canzonava la Primavera, rinfacciandole che, appena compare lei, non c'Š pi— pace per nessuno: chi va nei prati, chi va nei boschi; a questo piace coglier fiori e gigli, o anche farsi girare davanti agli occhi una rosa o mettersela tra i capelli; quello si imbarca e attraversa magari il mare, per trovarsi in mezzo a gente diversa dal solito; e dei venti e di tutta la pioggia che cade dal cielo nessuno si d… pi— pensiero. ®Io invece¯, soggiungeva, ®sono come un dittatore o un principe assoluto; comando che guardino non al cielo ma gi— sulla terra, che abbiano paura e che tremino, e qualche volta li costringo anche a starsene in casa rassegnati tutto il giorno¯. ®Per questo¯, rispose la Primavera, ®gli uomini farebbero volentieri a meno di te. Quanto a me, trovano che persino il mio nome Š bello, il pi— bello, per Zeus, di tutti i nomi; cos, quando me ne vado mi rimpiangono e quando arrivo si rallegrano¯.

347.LA RONDINE E IL DRAGO.

Una rondine aveva fatto il suo nido sotto il tetto di un tribunale. Un giorno, mentre era fuori che volava, un drago strisci• s— e le mangi• i rondinotti. Al suo ritorno, trovando il nido vuoto, si mise a piangere, disperatamente. Un'altra rondine cercava di consolarla e le diceva che non era la sola a cui fosse capitata la disgrazia di perdere i figli. Ma lei: ®Non piango tanto per i miei figli, quanto perch‚ questo oltraggio mi Š stato fatto proprio qui, in questo luogo dove quelli che sono oltraggiati ricorrono per ottener giustizia¯.

La favola mostra che spesso le sventure sono pi— difficili da sopportare perch‚ vengono dalla parte da cui meno ce le aspettavamo.

348.LA RONDINE E LA CORNACCHIA CHE DISPUTAVANO SULLA LORO BELLEZZA.

La rondine, in gara con la cornacchia, vantava la sua bellezza. Ma la cornacchia, interrompendola, le disse: ®La tua bellezza Š un fiore di primavera; ma io ho un corpo che resiste anche all'inverno¯.

La favola mostra che la resistenza fisica val pi— della bellezza.

349.LA RONDINE E GLI UCCELLI.

Non appena germogli• il vischio, la rondine s'accorse del pericolo che sovrastava agli uccelli, e, radunatili tutti, consigli• loro come la cosa migliore, di strappar via il vischio dalle querce che lo portavano. Che se poi questo non fosse possibile, li consigli• di rifugiarsi presso gli uomini,

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scongiurandoli di non ricorrere all'aiuto del vischio per catturarli. Ma quelli si beffarono di lei, come se cianciasse a vuoto. Allora essa, in atteggiamento di supplice, si rec• dagli uomini. Questi si compiacquero del suo buon senso e l'accolsero come inquilina nelle loro case. Ecco come va che, mentre gli uomini d…nno la caccia agli altri uccelli e li mangiano, la sola rondine, come loro protetta, senza timore, fa il nido persino dentro le loro case.

La favola mostra come, prevedendo il futuro, si riesca naturalmente ad evitare i pericoli.

350.LA RONDINE FANFARONA E LA CORNACCHIA.

La rondine diceva alla cornacchia: ®Io sono una fanciulla, e sono d'Atene, e sono di sangue reale, e son figlia del re d'Atene¯, e continuava, con la storia di Tereo, e della violenza subta, e del taglio della lingua (1). ®T'han tagliata la lingua¯, disse la cornacchia, ®e hai tanta parlantina! Che cosa mai succederebbe se ce l'avessi?¯.

I fanfaroni, a forza di parlare a vanvera, con i loro discorsi si smentiscono da soli.

Note.1. Vedi favola 9.

351.LA TARTARUGA E L'AQUILA.

Una tartaruga pregava un'aquila perch‚ le insegnasse a volare, e quanto pi— questa le dimostrava che era cosa aliena dalla sua natura, tanto pi— l'altra insisteva nelle sue preghiere. Allora l'aquila l'afferr• tra gli artigli, la sollev• in alto, e poi la lasci• cadere. La tartaruga casc• su una roccia e si fracass•.

La favola mostra come, a dispetto dei consigli dei saggi, molti si rovinino per voler scimmiottare il prossimo.

352.LA TARTARUGA E LA LEPRE.

Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla loro velocit…. Finalmente, fissarono un giorno e un punto di partenza e presero il via. La lepre, data la sua naturale velocit…, non si preoccup• della cosa: si butt• gi— sul ciglio della strada e si addorment•. La tartaruga, invece, consapevole della sua lentezza, non cess• di correre, e cos, passando avanti alla lepre che dormiva, raggiunse il premio della vittoria.

La favola mostra che spesso con l'applicazione si ottiene pi— che con i doni naturali non coltivati.

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353.LE OCHE E LE GRU.

Oche e gru pascolavano nello stesso prato, quando comparvero dei cacciatori. Le gru, che erano leggere, se ne volarono via, mentre le oche, rese lente dal peso del loro corpo, furono prese.

Cos anche tra gli uomini, quando in una citt… arriva la guerra, i poveri, che sono facili a spostarsi, si salvano facilmente, migrando da un luogo all'altro, mentre i ricchi, resi tardi dal peso eccessivo dei loro beni, diventano spesso schiavi.

354.I VASI.

Un vaso di terracotta e un vaso di rame erano trascinati gi— per la corrente di un fiume. E quel di coccio diceva a quello di rame: ®Nuota al largo, non al mio fianco, perch‚, anche se io non ho nessuna voglia di toccarti, basta che mi tocchi tu e io vado in briciole¯.

Malsicura Š la vita del povero che ha per vicino un signore rapace.

355.IL PAPPAGALLO E LA GATTA.

Un tale comper• un pappagallo e lo lasci• libero ad abitare nella sua casa. Il pappagallo, che era ammaestrato, vol• sul focolare, vi si appollai• sopra e di l… cominci• a ciarlare con garbo. Lo vide la gatta e cominci• a interrogarlo, chi fosse e donde venisse. Ed egli rispose: ®Il padrone m'ha comperato or ora¯. ®S? E tu dunque, sfrontatissima fra tutte le bestie¯, soggiunse la gatta, ®appena arrivato, osi strillare tanto, mentre a me, che son nata in questa casa, i padroni lo proibiscono, e, se appena qualche volta lo faccio, si arrabbiano e mi cacciano fuori?¯ ®Ma va' a spasso, o padrona di casa¯, le rispose il pappagallo, ®la mia voce non infastidisce mica i padroni come la tua!¯.

Ecco una favola adatta per un uomo maligno che cerca sempre di criticare gli altri.

356.LA PULCE E L'ATLETA.

Una volta una pulce, con un salto, si pos• sul dito del piede di un atleta che era ammalato, e, nel balzo, gli diede un morso. Quello, rabbioso, mise le unghie in posizione per schiacciarla; ma la pulce, con uno dei suoi salti abituali, si allontan•, sfuggendo alla morte. E l'atleta disse, sospirando: ®O Eracle, se questo Š il tuo aiuto contro una pulce, che soccorso mi presterai tu quando combatter• contro i miei avversari?¯.

Questa favola insegna anche a noi che gli dŠi si devono invocare nei casi gravi, e non per le piccole cose senza importanza.

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357.LA PULCE E L'UOMO.

Un tal prese una pulce che da gran tempolo molestava. ®Ma chi sei tu¯, le disse®che, pel mio corpo s— e gi— pascolando,tutto, alla cieca, cos mi punzecchiasti?¯.E lei: ®Quest'Š la legge della mia vita!Ma, pel gran mal che faccio,... lasciami andare!¯Rise l'uomo e rispose: ®Qui, sull'istante,io ti dar• la morte con queste mani.Il male infatti, piccol che sia o grande,torlo di mezzo, sempre fu buon consiglio¯.

La favola mostra che non conviene aver piet… di un malvagio, sia esso grande o piccolo.

358.LA PULCE E IL BOVE.

La pulce al bove cos diceva un giorno:®Che ti fa, l'uomo, che tu, con la tua molee il tuo coraggio, gli fai da servitore,mentre io spietatamente tutto lo mordoed il suo sangue mi bevo a grandi sorsi?¯.E quei: ®Grato alla stirpe dell'uomo io sono.Ei mi vuol bene: oh quante volte la frontee il fianco a me soffrega con la sua mano!¯.®AhimŠ!¯, l'altra sospira; ®quel soffregareche a te Š s caro, per me, quando m'acchiappa,Š la peggiore, proprio, delle sventure!¯.

Basta l'uomo pi— semplice a smascherare le fanfaronate di un chiacchierone.

FINE.