Esegesi Giovanni

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Anno Accademico 2008-2009 III Teologia ESEGESI LETTERATURA GIOVANNEA Don Aldo Martin Vangelo di Giovanni S. Agostino: “Giovanni come aquila trascende tutte le cose… e arriva a contemplare la divinità del Verbo”. Fin dall’antichità è stato considerato fuori rango, anche frainteso e inteso come fonte di eresie. Nello stesso modo però, fin dall’origine è stato essenziale per i grandi Concili cristologici dove è stato usato come testo di riferimento. Più lungo di Mc (21 cap. contro 16) ha un vocabolario più povero (1011 termini contro 1350) che però usa dando molteplici significati ai termini ( povertà di linguaggio e ricchezza di semantica). Clemente d’Alessandria lo ha definito πνευματικόν (= spirituale) non per ciò che evoca nel lettore, ma perché esprime una ricchezza di significato ispirata: mentre gli altri si fermano alle cose fisiche, concrete, Gv si distanzia tanto che in lui i discorsi di Gesù hanno larga parte (anche più di Mt). G. Segalla: “la ricchezza spirituale passa attraverso la povertà di parole, forse per esprimere anche letterariamente l’umiltà dell’Incarnazione del Verbo la cui gloria però brilla attraverso la ricca povertà della sua storia e della lingua con cui viene raccontata” AUTORE Cfr Gv 21,24-25 (2 a conclusione) e Gv 20,30-31 (1 a conclusione) Il capitolo 21 è stato aggiunto dopo; chi scrive 21,24-25 pare diverso da chi ha scritto il resto del Vangelo, è un giudizio: è stata fatta una scelta per uno scopo. Cercando l’autore a ritroso: 21,24 “questo è il discepolo…” chi è costui? 20,21 “il discepolo che Gesù amava” e poi 21,7 colui che dice “è il Signore” e ancora 20,2 e 19,26 13,23 ultima cena, prima di qui ci sono i nomi dei discepoli, ma “il discepolo che Gesù amava” compare qui L’identificazione “discepolo che Gesù amava – Giovanni” è stata fatta da Ireneo nel 130, probabilmente per salvare il 4° Vangelo dagli gnostici (mostrando che lo aveva scritto un discepolo di Gesù) anche se non ci sono prove interne; certo lascia almeno perplessi che un pescatore sia diventato uno scrittore talmente profondo (cfr At 1

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Anno Accademico 2008-2009 III Teologia

ESEGESI LETTERATURA GIOVANNEADon Aldo Martin

Vangelo di Giovanni

S. Agostino: “Giovanni come aquila trascende tutte le cose… e arriva a contemplare la divinità del Verbo”.

Fin dall’antichità è stato considerato fuori rango, anche frainteso e inteso come fonte di eresie. Nello stesso modo però, fin dall’origine è stato essenziale per i grandi Concili cristologici dove è stato usato come testo di riferimento. Più lungo di Mc (21 cap. contro 16) ha un vocabolario più povero (1011 termini contro 1350) che però usa dando molteplici significati ai termini ( povertà di linguaggio e ricchezza di semantica). Clemente d’Alessandria lo ha definito πνευματικόν (= spirituale) non per ciò che evoca nel lettore, ma perché esprime una ricchezza di significato ispirata: mentre gli altri si fermano alle cose fisiche, concrete, Gv si distanzia tanto che in lui i discorsi di Gesù hanno larga parte (anche più di Mt). G. Segalla:“la ricchezza spirituale passa attraverso la povertà di parole, forse per esprimere anche

letterariamente l’umiltà dell’Incarnazione del Verbo la cui gloria però brilla attraverso la ricca povertà della sua storia e della lingua con cui viene raccontata”

AUTORE Cfr Gv 21,24-25 (2a conclusione) e Gv 20,30-31 (1a conclusione)Il capitolo 21 è stato aggiunto dopo; chi scrive 21,24-25 pare diverso da chi ha scritto il resto del Vangelo, è un giudizio: è stata fatta una scelta per uno scopo. Cercando l’autore a ritroso:21,24 “questo è il discepolo…” chi è costui? 20,21 “il discepolo che Gesù amava” e poi21,7 colui che dice “è il Signore” e ancora20,2 e 19,2613,23 ultima cena, prima di qui ci sono i nomi dei discepoli, ma “il discepolo che Gesù amava”

compare quiL’identificazione “discepolo che Gesù amava – Giovanni” è stata fatta da Ireneo nel 130, probabilmente per salvare il 4° Vangelo dagli gnostici (mostrando che lo aveva scritto un discepolo di Gesù) anche se non ci sono prove interne; certo lascia almeno perplessi che un pescatore sia diventato uno scrittore talmente profondo (cfr At 4,13). Per capire chi è allora l’autore dobbiamo guardare a 4 livelli: l’apostolo Giovanni, il pescatore

la scuola giovannea (cerchia dei seguaci di uno degli apostoli) lo scrittore, l’autore, l’evangelista il redattore finale (cap 21)

Il Vangelo non dice perciò chi è questo apostolo che Gesù amava, è la Tradizione che lo afferma: siamo nel fenomeno della pseudoepigrafia.

LUOGO Efeso, in quanto punto di incrocio di più culture anche se At 20,18 e Ef non fanno il minimo accenno alla presenza di Giovanni.

DATA Alcune tracce mostrano che si era verificato un conflitto che storicamente è tardivo: in Gv 9,22 e Gv 12,42 c’è scritto αποσυναγογός che fa riferimento alla rottura con i giudei (scomunica dalla sinagoga) dell’80-90 dC. Ignazio d’altra parte lo cita già nel 110 per cui si ricava che Giovanni scrive tra il 90 e il 100 dC.

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SCOPO 1. intento apologetico ovvero difendere la priorità di Cristo verso il Battista, mettendo in luce una

polemica tra i discepoli dei due. Il Battesimo di Gesù infatti è stato oggetto di imbarazzo per i primi discepoli (Gesù è peccatore? Gesù è meno del Battista?) tanto che in crescendo da Mc a Gv si cerca di passarlo in secondo piano.

2. contro Cerinto eretico dell’Asia minore (secondo Ireneo) o contro Ebione (secondo Girolamo) o contro il docetismo, insomma contro eresie.

3. contro i giudei increduli : in Gv non compare la polemica contro i farisei in quanto i giudei al tempo avevano già preso posizione.

4. è una mano tesa proprio verso i giudei .L’intenzione principale però è citata in Gv 20,30-31: la fede.Marco è il primo a proporre un racconto evangelico prendendo “detti, miracoli e passione” di Gesù e mettendoli insieme. Giovanni in quel “perché crediate” usa il greco πιστέυω (credere) che compare però in due modi:- congiuntivo aoristo πιστευσετε = perché iniziate a credere (azione che inizia da un punto)- congiuntivo presente πιστευετε = perché continuate a credere (azione che continua)

└> è questa la più probabile per cui Gv non è per il primo annuncio, ma per chi ha già iniziato a credere e vuole progredire nella fede; lo scopo è quindi quello di formare nella fede i credenti: se Mc è per i catecumeni, Gv è per l’approfondimento.

DOPPIO SIGNIFICATO Giovanni chiede ai suoi lettori un continuo salto nell’interpretazione. In Gv Gesù porta o tenta di far passare dall’immanente al trascendente (es. acqua/acqua viva con la samaritana) suscitando anche a volte il rifiuto e altre il fraintendimento.es. Gv 3,3 rinascere dall’alto = anothen ┬> dall’alto (intenzione di Gesù)

└> di nuovo (comprensione di Nicodemo)Gv 7,8 salire┬> a Gerusalemme (pellegrinaggio umano)

└> al Padre (intenzione di Gesù): la morte per Gv è innalzamentoQuesto doppio significato fa scattare dei fraintendimenti:es. Gv 4,10 acqua

Gv 6,32 pane dal cieloGv 2,20 tempio

Anche se non abbiamo la certezza assoluta, non si tratta di un artifizio letterario di Gv ma di parole di Gesù. Ci sono anche alcuni casi di ironia:es. Gv 4,12 sei più grande di Giacobbe?

Gv 8,21-22 Gesù vuole suicidarsi?Gv 11,50 meglio far fuori uno che subire le rappresaglie romane

└> dal v. 51 però si può interpretare anche come un morire salvifico: per = a favore

LIBRO DEI SEGNI E’ la prima delle due grandi sezioni di Gv e va da 1,19 a 12,50 e in particolare

Gv 2,11 inizio dei segni (αρχή σεμείων) ┐ inclusione dataGv 12,37 sebbene… tanti segni ┴> dalla parola σεμείων (segno)

Il “miracolo” dei sinottici è diverso rispetto al “segno” di Gv (ne riporta solo 7). Ogni gesto straordinario di Gesù si compone di due elementi: l’azione potente di Gesù e il significato, il mistero della persona di Gesù. Se i sinottici sottolineano di più l’aspetto della potenza, Gv invece sottolinea di più l’aspetto misterico dell’identità di Gesù. E’ una piccola sfumatura che però da il taglio di lettura del Vangelo.

IL PROLOGO (Gv 1) Offre al lettore una “pre-storia” di Gesù che nei sinottici presentata tramite i Vangeli dell’infanzia di Lc e di Mt. Possiamo veder infatti che:

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Mc dice solo che Gesù è di Nazareth (Mc 1,9) Mt risale fino ad Abramo collegando Gesù alla storia di Israele e mostrando la sua legittima

discendenza davidica (Messia) Lc va ancora più indietro e riporta Gesù ad Adamo e a Dio Gv va oltre il tempo, va εν αρχή, in principio, mostrando a pieno l’origine divina di GesùLa parola λόγος che colpisce nel primo versetto non comparirà più per il resto del Vangelo e così pure i termini πλήρωμα (pienezza) e χάρις (grazia): ecco perché il prologo può presentarsi come un inno usato dalla comunità e inserito ad apertura del Vangelo.E’ stato Girolamo che ha tradotto λόγος con verbum, traduzione poi mantenuta diventando in italiano verbo; quindi letteralmente:

λόγος verbum parola/ragioneλόγος è un termine mai spiegato nel testo, non è mai detto che è Gesù, anzi dal v.6 ci si può pure ingannare pensando che sia un profeta (Battista); è un termine che Gv da per scontato e che lascia ai lettori interpretare. Il retroterra di questo termine è doppio: ellenistico e biblico.a) ELLENISTICO : Efeso è di cultura greca, come tutto il mediterraneo del tempo. Se oggi dovessimo

usare un termine in sostituzione, tanto per indicarne la portata di significato, useremo energia nel senso newage o nextage del termine. Gv usa cioè un termine caro alla filosofia greca e lo applica a Gesù; ma cosa significa λόγος in filosofia? Eraclito (VI sec. aC): principio interno dell’ordine dell’universo (cfr Gv 1,3) che da il cosmo Stoici: mente di dio (visione panteista) Filone d’Alessandria (I sec. aC, ebreo): intermediario tra dio e creature che ha il compito di

reggere e ordinare l’universo; un secondo dio, un dio minore nel creato; il modello dell’anima umana; è una caratteristica di dio non autonoma e che non era preesistente al mondo, che cioè ha iniziato ad esistere

Letteratura ermetica: espressione della mente di dio che ha il compito di reggere il mondo Gnosticismo: qui il senso è impastato proprio da GvPur mostrando somiglianze forti Gv non sembra dipendere da queste interpretazioni, ci sono si punti in comune ma anche evidenti punti di differenza. La principale diversità è che mai nella cultura greca dualista si sarebbe detto che tale principio diventa carne (Gv 1,14) e questo è un punto inconciliabile. L’effetto di queste considerazioni può essere pericoloso: Gesù è un grande uomo cui i suoi discepoli hanno attribuito la divinità e lo dimostra il fatto che Gv usa un concetto non biblico, non proprio della cultura semitica. Ma già S. Agostino si era accorto che Gv non risentiva del retroterra greco.

b) BIBLICO-SAPIENZIALE : debar adonai (parola di Dio) è la parola che Dio rivolge al profeta, non si tratta di pura informazione, ma è efficace, è una forza dinamica per cui:

λόγος = parola e ragionedabar = parola e azione, fatto (cfr Gn 1-3; Is 55,11; Eb 1,1-5)

le somiglianze bibliche pescano tutte dai libri sapienziali, è lì che si deve cercare il significato su cui si basa Gv:Sir 24,3 la Sapienza è la Parola di Dio, ha dimora in cielo, è una qualità divinaPr 8,22-23 la Sapienza è creata prima di ogni cosa, è creatura (≠ λόγος increato di Gv)Pr 8,30-31 la Sapienza è in intimità con Dio, ma pone la delizia tra gli uominiSap 9,1-2 c’è il parallelo λόγος – σοφία (il primo riferito al creato, la seconda all’uomo) questo è lo sfondo di Gv il λόγος è così punto d’incontro tra biblico e ellenistico, ma è il primo il riferimento di Gv e non il secondo, anche se permetta al concetto di entrare nella cultura grecaSir 24,8 la Sapienza pone la tenda fra gli uomini (cfr Gv 1,14)Sap 7,22 la Sapienza è “unico” (μονογενής come in Gv 1,18)la Sapienza dunque è pre-esistente (relazione privilegiata con Dio)

personificata realtà creata permette la relazione col mondo e con l’uomo attiva al momento della creazione in mezzo agli uomini

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Sap 9,9 la Sapienza è presente alla creazione del mondoIn Gv però il λόγος non è personificazione ma persona: il punto di sviluppo, di non ritorno (non sapienziale, né ellenistico) è l’Incarnazione. Il rischio allora è di ridurre il tutto a un indebito processo mentale di Gv stesso, ma non può essere così, in quanto la conclusione deriva da una esperienza esterna all’autore: l’incontro con Gesù. Come il titolo Figlio di Dio è re-interpretato alla luce della passione e resurrezione (non è solo quello del re dell’AT), così pure λόγος per essendo debitore dell’esperienza biblica e proprio della culture greca, è totalmente reinterpretato alla luce della vicenda Gesù.

Potremo allora chiederci perché Giovanni usi e non . Tre possibili risposte:[1] essendo maschile è più adatto alla figura cui si riferisce: l’uomo Gesù di Nazareth;[2] la (sapienza) per eccellenza è nella Legge per Israele: sarebbe stato un particolarismo, un esclusivismo giudaico, mentre con Gv apre a un concetto universale;[3] la per Israele pur essendo personificazione di Dio è pur sempre creata, mentre il è divino, increato.Ogni inno cristologico ha un flusso, uno schema di fondo (Fil 2 discendente-ascendente, Ef 1 temporale), nel prologo di Gv la situazione è più complessa. Anzitutto vediamo che ci sono degli eventi precisi, quasi databili:

Gv 1,6 “avvenne” GiovanniGv 1,14 venne ad abitare in mezzo a noiGv 1,15 Giovanni da testimonianza

Sono state proposte diverse strutture (concettuali, metriche, ecc.) ma vediamo che non c’è uno sviluppo lineare, si procede per ripetizione, per riprese, sullo stile del parallellismo biblico dei Salmi. Una struttura di fondo può essere:

Gv 1,1-5 il verbo di Dio diventa la luce del mondo Gv 1,6 compare Giovanni che è colui che introduce

Gv 1,6-14 incarnazione del Verbo Gv 1,15 ritorna Giovanni

Gv 1,15-18 il Verbo è il rivelatore del Padre

Analizziamo i primi tre versetti: il riferimento è a Gn 1,1 della LXX, in quanto l’ebraico si dovrebbe tradurre con

“quando Dio cominciò…”, ma mentre Gn parte dalla creazione, Gv parte da prima, specula su una realtà previa, quando ancora terra e cielo non esistevano: siamo ancora in una situazione ad intra il mistero di Dio. Si tratta di una indicazione più qualitativa che temporale

compare quattro volte nei primi due versetti, l’imperfetto indica una condizione continuata nel tempo, un’attività che perdura. Il dunque fuori da spazio e tempo, perdura. C’è una pre-esistenza in forma continuata del rispetto al mondo: non si può pensare un momento in cui il non c’era. La descrizione di questa sua condizione è breve, non si specifica la relazione, è solo embrionale: il perdura nell’essere

ma cos’è questo ? emerge un concetto di dialogicità, concetto nuovo sia per giudei (Dio è creatore e

liberatore) che per i greci: Dio non è più solo creatore ma contiene in sé una parola, è comunicazione, è dialogo. Dio ha in sé un logos che è sempre rivolto a Lui: siamo in un monoteismo non più monistico ma dialogico. Il dice insieme la distinzione tra logos e Dio e la profonda relazione intima tra i due, una relazione che è da sempre e che precede quella con la creazione

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da direzione al logos; si traduce con presso, verso, rivolto, volto, con, alla presenza di… ovvero stabilità e dinamicità.

quando si presenta con l’articolo indica sempre Dio Padre

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dove theos essendo privo dell’articolo è l’apposizione (non si tratta del Padre) mentre il logos è il soggetto. Si vuole indicare qui la stessa natura, si potrebbe cioè dire “ciò che era Dio lo era anche il Verbo”: anche il logos è divino (questo sarà riconosciuto solo da Tommaso in Gv 20,28 quando non c’è più motivo di confusione tra i due). Gv non usa (divino) perché avrebbe distinto troppo, presentando due “cose” diverse mentre sono una cosa sola (Gv 10,30 e Gv 14,9-10). Siamo in una teologia binaria in quanto lo Spirito qui ancora non c’è

questo versetto sembra essere pura ripetizione del primo ma c’è una novità, il costui () che è al maschile: il λόγος non è un’idea, un concetto astratto ma si tratta di una persona. Il pronome guarda indietro al maschile λόγος e apre alla domanda su chi sia questo personaggio. Si potrebbe essere portati a pensare questo passaggio:

v. 1 logos v. 2 costui/egli (un uomo) v. 6 il Battista (è lui?) ma non è così e Gv lo spiegherà dopo. Il v. 2 è una ripetizione del primo spiegabile dal fatto che il prologo è un inno, un canto (e nel canto le ripetizioni ci stanno!)

┐ tutto è stato fatto per mezzo di lui ┴>

e senza di lui è stato fatto nienteSi tratta di un parallellismo antitetico: due affermazioni contrarie (la prima afferma e la seconda nega il contrario) che dicono la stessa cosa. C’è la ripetizione centrale di che fa da perno al chiasmo (cfr Sal 116 e Mc 8,35) e che attira l’attenzione sul mondo creato. Prima si considerava il logos in rapporto con Dio ora si guarda al rapporto col mondo creato. I vv. 1-2 guardavano cioè ad intra, mentre il v. 3 sposta l’attenzione sul rapporto ad extra. Appare qui un altro aggancio con la creazione: Gn 1,3 usa (la luce fu / è stata fatta). L’idea di un logos concreatore si trova espressa in altri modi anche in altri testi del NT: Cristo è mediatore della creazione anche in Col 1,16 e 1Cor 8,6.Di fondo c’è l’idea che il Padre è il creatore ma che tutto ciò che è creato lo è per mezzo del logos (come in Gn Dio usa la Parola) e questo logos non è solo uno strumento di cui Dio si serve, ma è un soggetto (mediatore, concreatore). Occorre ricordarsi che il prologo è un canto della comunità greca di Efeso, cultura dove era il Demiurgo e non Dio a mischiarsi con la materia (visione dualista). Ora il logos per Gv è divino e concreatore: la materia è positiva. Poi, se la creazione avviene tramite la Parola di Dio, allora anche il creato è un atto comunicativo, è il modo con cui Dio entra in comunicazione, il modo con cui si rivela.

può essere inteso come finale del v.3 o come inizio del v.4. La traduzione CEI propone il primo caso, se fosse il secondo sarebbe tradotto “ciò che è stato fatto in lui era la vita”.

compare il termine vita () e il termine luce. Per vita si intende vita biologica e spirituale non in alternativa, perché è Dio l’unica fonte di ogni forma di vita (l’uomo biblico non vede la vita biologica priva della spirituale). Vita quindi non è solo conservazione ma relazione; infatti il logos è fonte permanente di vita (Gv 10,10; 14,6; 5,21; 5,26) e la vita esprime la realtà di Dio che si comunica alla realtà creata.

La vita viene ora esplicitata come luce degli uomini; i significati di luce sono molteplici: salvezza, condotta illuminata (morale), conoscenza (Parola di Dio), significato mistico (cfr Sal 27,1 e Sal 36,10); luce e vita sono strettamente legate nel contesto biblico.

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v. 2

v. 3chiasmo

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v. 5 Gv introduce qui un particolare che differenzia il prologo dalla Genesi: si tratta del verbo afferrare, comprendere (gli uomini non hanno compreso, intellettuale)

accogliere, ricevere, accettare, apprezzare (gli uomini l’hanno respinta)sorprendere, vincere (gli uomini non sono riusciti ad avere la meglio)dominare (gli uomini non sono riusciti a dominarla)

L’ostilità luce-tenebre è comprensibile facendo riferimento a Sap 7,29-30: è l’antitesi notte-giorno sia esteriore, sia interiore, un simbolismo che torna spesso in Gv. In Gn però la tenebra è il buio primordiale, non è cattiva, è neutra, qui in Gv invece è la tenebra è cattiva, deriva dalla libertà dell’uomo. Forse in questo conflitto il prologo anticipa la morte del Logos, ovvero un momento in cui sembra che la tenebra abbia la meglio, ma non sarà la fine.

v.6 prima inserzione di una figura storica: Giovanni. In pochi versetti è riassunta tutta l’attività del Battista, figura di straordinaria importanza, che però correva il rischio di essere confusa col Messia con conseguenti contrasti tra i rispettivi discepoli (tra l’altro dai dati che abbiamo probabilmente Gesù fa parte della cerchia del Battista). Gv afferma sin da qui che il titolo di luce è proprio solo del Logos e non del Battista (Mc 1,7): la vera luce è Gesù dice al v.9… si tratta dell’incarnazione (cfr v.14). Il riferimento all’AT è a Is 9,2 e Is 42,6.

v.10 Il Logos è nel mondo. C’è un’azione attiva del Logos nella creazione, ma il mondo pur avendo in sé la traccia del Logos, non lo riconosce. E il v.11 precisa: non il mondo, ma la sua gente, la sua casa, le sue proprie cose. Questi “suoi” che non lo accolgono possono essere intesi sia come il suo popolo (connazionali, corregionali), sia tutti quelli creati per mezzo di lui (l’umanità). In Gv 13,1 i suoi sono i discepoli.

v.12 “quanti lo hanno accolto” ┐“quelli che credono” ┴> accogliere e credere sono quasi sinonimiChi si apre a questo riceve un potere (): diventare figli di Dio. Accogliere il Verbo non è solo avere relazione col Logos, ma anche con Dio (il Logos è mediatore nella relazione con Dio).

v.13 l’idea fondamentale è che si è figli di Dio non per volere proprio ma per generazione divina. In natura si nasce dall’unione uomo/donna, ma i figli di Dio nascono in modo diverso, non dal sangue (sangue, carne, volere di uomo, indicano la sfera naturale). La traduzione letterale sarebbe “non dai sangui”: qualcuno pone questo in riferimento all’incarnazione.

v.14 è il punto centrale del prologo. : il Verbo si fece carne venendo a porre la sua tenda tra gli

uomini, nella fragilità umana.il fatto che il culmine sia l’incarnazione è “scandaloso”: nessuno, filosofo o gnostico, vedrebbe nella carne il massimo. Nell’AT Is 40,6-8 descrive il rapporto carne (che perisce) e Parola di Dio (imperitura) come tra due cose totalmente diverse. Gv afferma che la Parola di Dio è diventata carne contro l’idea che per raggiungere la divinità ci si debba liberare dalla corporeità e si debba curare solo lo spirito (ascesi). Gv qui e anche in 1Gv va contro la posizione che vede in Gesù solo il Logos “rivestito” da carne. E, proprio in questo momento in cui il Verbo ha il massimo nascondimento, qui dove c’è il punto più basso, noi vediamo la sua gloria ( appare qui per la prima volta e la ritroveremo nella croce). E’ la gloria di unigenito = (uno-generato) = unico generato = in ebraico yahid il figlio più amato, l’unico prezioso, il più desiderato (Isacco per Abramo).

v.15 ritorna Giovanni: il verbo è pre-esistente, la precedenza temporale tra il Battista e Gesù non è quella ontologica.

v.17 richiamo a Mosè: la Legge per Israele è il dono più grande, ma ora ce n’è uno di ancora più grande: la grazia data da Gesù.

v.18 si ribadisce l’inacessibilità di Dio e la continua intenzionalità del Logos verso il Padre. “Seno” indica la relazione intima, la stessa che ha Gesù col discepolo prediletto.

Il v.17 dice finalmente chi è questo Logos: Gesù Cristo. Di lui si dice che è unigenito e che è Dio ( è riportato nella maggioranza dei manoscritti antichi e ora anche la nuova traduzione lo inserisce). E’ un fenomeno raro: l’affermazione esplicita della divinità di Gesù. Questo Figlio che

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traduzione vecchia

traduzione nuova

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rivela fa una “esegesi” del Padre, non c’è più nulla da aggiungere su Dio dopo Gesù. Da qui tutto il resto del racconto sarà proprio questa spiegazione di Dio da parte del Logos. Si passa dal prologo innico al prologo narrativo (Gv 1,19-51), si lascia la tonalità poetica e si entra in una scansione temporale,la cui ricostruzione è:

Gv 2,1 1,43 1,35 1,29 e il v.19 è l’inizio del 1° giorno… In questa scansione (fittizia) Gv descrive come Gesù entra nella storia (i primi 18 vv. erano la descrizione solenne dell’ingresso del Logos nella storia) ovvero incontrando persone concrete (Giovanni, Andrea e Pietro, Filippo e Natanaele, la gente di Cana) e facendo festa. Nel prologo narrativo le tematiche del poetico vengono riprese non più in forma astratta ma concreta: come la luce trova difficoltà ad essere accolta, così la conoscenza di Gesù/uomo è graduale, nelle relazioni; si passa dalla solennità alla semplicità della ferialità.vv. 19-34

Vengono qui ripresi alcuni temi del prologo innico:▪ Giovanni è testimone v. 7-8-15 v. 19-32▪ Giovanni non è il Cristo v. 8 v. 19 identificato dalle parole di Isaia in Mc 1,3 e Gv 1,23 (legame presente in tutti i Vangeli)▪ Giovanni annuncia v. 7 v. 29▪ la prima azione è venire sia per il Logos sia per Gesù

vv. 35-51Si possono vedere due filoni in base ai quali seguire questa parte

1) l’incontro successivo di personeAnzitutto ci sono due discepoli di Giovani che passano da Gesù e il primo è Andrea. Le prime parole di Gesù esprimono una ricerca e questa sarà la prima domanda di Gesù nella passione (Gv 18,24) e la domanda del risorto a Maddalena (Gv 20,15): l’incontro con Gesù è segnato da un passaggio dal CHE CERCATE generico al CHI CERCATE-CERCHI specifico, e in questa linea c’è l’aspirazione di ogni uomo. La risposta dei discepoli è una domanda, “dove abiti?” (lett. dove permani in senso terreno di domicilio, casa), è una curiosità, che ci rimanda però a quel “presso il Padre” dei primi versetti (i discepoli scopriranno questo solo dopo il ritorno al Padre). Gesù dice:venite: è un comando (= seguitemi, Mc 1,16-20 e sinottici); per essere discepoli non basta una

testimonianza o una ricerca personale, occorre un incontro, come per il Logos non basta una conoscenza teorica;

vedrete: è al futuro, non dice né cosa né quando, è una prospettiva; seguire Gesù non vuol dire sapere dove ci condurrà.

“Vedere” è un verbo forte per Gv con un significato crescente che alla fine indicherà il credere:Gv 1,14 vedere la gloria (alla fine, nel risorto)Gv 1,18 nessuno ha visto (Gesù lo rivela nella sua vita)Gv 1,39 la promessaGv 1,50 e 1,51 conoscenza di cose più grandiGv 9,7 e 9,15 e 9,40 (pretesa di vedere) e 9,41 Gv 14,9 vedere il Logos è vedere il Padre (iniziano significati più ampi)Gv 14,37 tenere lo sguardo su GesùGv 20,8 vedere = credereGv 20,18 apparizioniGv 20,24 e 20,29 vedere e credere (è quest’ultimo che conta ora, è il punto di arrivo)

Gv 21,20 il vedere c’è anche qui ma torna ad essere solo fisico è un segno che il redattore finale è diversoIl fatto è che il “credere” passa attraverso il “vedere” la storia concreta di Gesù, è questa la visibilità di Dio, non si può fare senza (importanza di questo nel contesto ellenistico); Dio è presente in tutta la nostra fragile umanità, non è altrove.Di ciò che succede nel “pieno pomeriggio” dei discepoli non sappiamo nulla, Quando i Vangeli tacciono dei particolari o è perché non interessano all’autore, o è perché siamo noi lettori a doverli riempire (cfr vita nascosta a Nazareth). Altri dati:

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▪ tutti questi e gli altri incontri concreti indicano che se nel prologo poetico la luce si propaga automaticamente, ora Gesù si rivela attraverso persone con nomi concreti;▪ le spiegazioni tra parentesi, le traduzioni nei vv. 38-41-42 indicano che i lettori di Gv avevano perso la familiarità con l’aramaico e Gv lo sapeva;▪ Gesù “fissa” Simone: la realtà di una persona al di là delle apparenze è visibile a Dio; noi vediamo l’esterno, Dio vede in profondità (in Simone… la roccia)▪ Natanaele è visto sotto il fico o a dibattere/pregare (il fico indica la dolcezza, la Legge) o a ammettere i propri peccati (come in Susanna), ma al di là di questo ciò che conta è che Gesù è a conoscenza di cose nascoste, occulte;▪ il v.51 è in rif. a Gn 28: il ponte tra cielo e terra ora non è più una scala ma il Figlio dell’uomo.

2) la serie di definizioni dell’identità di GesùGv dice che Gesù è l’agnello di Dio (v. 29 e 36) ma non spiega i più; poi Gesù è il Rabbì, il maestro (v. 38); è il Messia, il Cristo (v.41); è colui del quale hanno scritto Mosè e i profeti, quello di cui parla l’AT (v.45); è il Nazaretano (v.46); è il Rabbì, il Figlio di Dio, il re d’Israele (non come significato teologico, ma come titolo augurale dato al re). Tutti questi nomi mettono in questione l’identità di Gesù e vengono relativizzati: le categorie dell’AT non bastano più, Gesù non è solo una di esse. Gesù stesso prende posizione sulla sua identità definendosi Figlio dell’uomo (il mezzo di comunicazione tra cielo e terra, al posto della scala di Giacobbe).

LE NOZZE DI CANA (Gv 2,1-12) L’emerologia è lo studio dei giorni. Nella cultura apocalittica la scansione dei giorni indica il succedersi delle ere e il riferimento è la Genesi dove i 7 giorni della creazione indicano una precisa cognizione del tempo, quindi: 1° giorno = inizio

7° giorno = compimento qui c’è il segno di Canase 3° o 4° giorno occorre guardare cosa è successo in Gn

Cana è in rapporto sia con la creazione (Dio crea il mondo) sia con l’altro fatto centrale per Israele, l’alleanza del Sinai (Dio crea un popolo). Lo schema a 7 giorni è usato per leggere tutta la storia dell’umanità: l’era 6ª è quella del Messia che viene a introdurre il 7° giorno, il momento ultimo, è cioè l’era penultima. In più il legame con il Sinai (Es 19,16) sta nel fatto che è proprio in questo momento, nell’αρχή (v.11) dei segni, che inizia a crearsi un gruppo intorno a Gesù. Infine le parole di Maria fanno eco a Es 19,8 (fate quello che vi dirà). Ci sarebbe anche una terza allusione che si riferisce a un fatto che viene dopo: la resurrezione.La struttura del racconto è: vv.1-2 introduzione

vv. 3-5 azione “avviata, provocata” da Mariavv. 6-10 azione compiuta da Gesùvv. 11-12 conclusione

Di questo avvenimento abbiamo indicazioni temporali (terzo giorno), geografiche (Cana), di presenze (Maria) e di contesto (festa nuziale). E’ lo sposo che organizza la festa e il maestro attribuisce a lui ciò che Gesù ha fatto: il vero sposo è un altro, è Gesù, è lui che porta il vino buono. Qui per la prima volta compare la madre (termine che indica un legame stretto, una relazione intima) e le sue prime parole richiamano Gesù a una carenza. Gesù prende le distanze da lei dicendo “cosa a me e a te?”, “cosa abbiamo in comune?”, negando quasi questa intimità: Gesù sembra non voler essere coinvolto. Due sono le sfumature possibili di questa frase: una molestia o un interpello su un affare che non “lo/li” riguarda (lui e la madre, disimpegno). Gesù afferma così sia che Maria non può pretendere nulla, sia che la cosa non riguarda né lui né lei. Il motivo del rifiuto di Gesù sta nel fatto che non è ancora il momento giusto. E’ il tema dell’ora della gloria, il momento della manifestazione, che ricorre in tutto il Vangelo:Gv 2,4 prima comparsa del tema (legato a Maria)Gv 4,21.23 il vero tempio dove adorareGv 5,25.28 rif. a morte e resurrezioneGv 7,30 rif. a passione, tentativo di eliminare GesùGv 8,20 l’arresto è differito

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Gv 12,23.27 questa è l’ora, l’ora è legata alla gloria ed è lo scopo della venuta di GesùGv 13,1 l’ora è il passare da questo mondo al Padre (morte e ritorno)Gv 19,27 anche l’ultima menzione del tema è legata a Maria (crocifissione) ora gloria manifestazione di Dio tra il suo popoloSe nell’AT questa manifestazione era la nube (sia nell’esodo sia nel Tempio), adesso è il corpo di Gesù crocifisso, questo è il nuovo segno della presenza di Dio tra gli uomini. La morte, umanamente il punto più basso, diventa per Gv il momento più alto della gloria. Maria simboleggia la fiducia di Israele verso Dio: pur non sapendo la decisione di Gesù, si fida di lui e dice di fare altrettanto; Maria ottiene la soluzione del problema anche se non sa in anticipo come Gesù la attuerà.Le 6 giare con 2 o 3 barili contengono 100 litri ciascuna, in tutto 600 litri: una quantità smisurata di vino eccellente che indica la sovrabbondanza messianica. L’acqua contenuta in esse è acqua rituale, per l’abluzione, e sono giare riempite fino all’orlo: è giunto il momento del superamento di ciò che rappresentano. Il 6 che nella pratica giudaica rappresenta l’incompletezza, è superato dal 7 di Gesù. La “confusione” 6°/7° quale giorno della completezza risiede nella diversità delle tradizioni (LXX e TM) e dal fatto che Gesù è sia il Messia, sia Dio stesso (Gesù è Signore a gloria di Dio Padre). Gesù “dice” ovvero esegue proprio le parole della madre (il Logos agisce con la parola) e i servi fanno quello che lui “dice”. Al v.9 abbiamo un fraintendimento giovanneo: è il maestro che non sa da dove viene il vino, ma l’ignoranza circa l’origine del dono rivela l’ignoranza circa l’origine del donatore. Guardiamo ai due piani:

Trascendente da dove viene il donatore? Gesù viene dal Padre Immanente da dove viene il dono dallo sposo

Il maestro attribuisce il vino allo sposo, ed è vero, non però lo sposo del matrimonio, ma Gesù-sposo (l’arrivo del Messia è segnato da una festa di nozze): lo sposo è Gesù e la sposa è Chiesa. Altri dati: il tema centrale del brano forse è l’efficacia della Parola di Gesù se essa viene accolta l’inizio dei segni è innescato da Maria è un segno e non un miracolo perché non viene descritto, ma se ne mostrano solo gli effetti (e solo

di passaggio, l’aspetto potente è secondario); si tratta di una sobrietà narrativa nella descrizione dei miracoli (solo l’effetto fa presumere sia accaduto qualcosa)

IL TEMPIO (Gv 2,13-22) Nei sinottici questo episodio è preludio alla passione e perciò messo alla fine dei Vangeli; Gv lo mette all’inizio ma è sempre legata alla passione. Il gesto di Gesù va compreso come azione simbolica (sulla scia dei segni, degli OT dei profeti): di per sé il commercio al tempio era lecito quindi il gesto di Gesù è subito letto in chiave profetica (ambiguità della parola “tempio”).

NICODEMO (Gv 3,1-21) Nicodemo ha una fede parziale, dimostra una certa apertura nei confronti di Gesù ma anche tutta la difficoltà a staccarsi dalle categorie giudee. I temi dell’incontro: la notte: richiama le tenebre nelle quali la luce splende senza essere accolta; Nicodemo riconosce

che Gesù è venuto da Dio, ma per un israelita questa è una qualità di tutti i profeti (non ha un significato forte);

il rinascere dall’alto: il greco ανωθεν significa [1] di nuovo, [2] dall’alto; Nicodemo capisce il primo (parto naturale), mentre Gesù intende il secondo (acqua e spirito);

chi realizza questa rinascita è lo spirito: il greco πνευμα significa [1] vento e [2] spirito; Gesù usa questo termine proprio per indicare quel “dall’alto”: πνευμα tiene insieme l’origine trascendente e il vento che soffia dove vuole (realtà nota a tutti ma sconosciuta nell’origine); ciò che nasce dallo spirito è spirito, il rinascere non è solo per volontà umana ma serve l’iniziativa divina (richiamo al prologo v.13);

le cose del cielo è tutto ciò che riguarda Dio e che Gesù, venuto dall’alto, è venuto a rivelarci (sembra un’interruzione brusca, per capire occorre tener presente i due piani);

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Gesù deve essere innalzato: υψόω vuol dire [1] esaltare e [2] innalzare; l’innalzamento fisico (il parallelo tra il serpente di Mosè e Gesù sulla croce nell’ottica della tipologia tra antitipo veterotestamentario e tipo neotestamentario, è un metodo usato per legittimare Gesù nei confronti dei giudei) non è solo un esporre alla visibilità di tutti, ma anche un essere esaltato (croce-gloria)

ULTIMA TESTIMONIANZA DI GIOVANNI (Gv 3,22-36) Giovanni rispetta fino in fondo il suo ruolo di testimone (v.28 come Gv 1,8.15). Gesù riprende le stesse attività del Battista. Il v.31 pur essendo continuazione del discorso del Battista, è staccato; la domanda: è i vv.31-36 vengono detti da Giovanni, da Gesù o dall’evangelista? E’ Gesù che rivela ciò che in cielo ha visto e udito, cioè il Padre (Gv 1,18 e 3,32).

LA SAMARITANA (Gv 4,1-42) Vedi fotocopie n°3-7

MIRACOLO A DISTANZA: FUNZIONARIO REALE (Gv 4,46-54) Il fatto è eccezionale, la sua struttura è:

Gesù <───────── il funzionario va da ───────── ammalato └───────> incontra i servi che comunicano la guarigione avvenuta a distanza

la distanza è sia spaziale che temporale

GUARIGIONE DI UN MALATO IN GIORNO DI SABATO (Gv 5,1-47) Gv 5,1-18: descrizione dell’avvenimento Il moto dell’acqua nella piscina era dovuto alla particolare conduttura a sifone che la alimentava, riemerge così in questa pericope il tema “cosmico” dell’acqua: il suo supposto effetto benefico viene soppiantato dalla potenza di Gesù. Nel corso della narrazione riappare anche quella strategia narrativa che verte attorno alla questione dell’identità di Gesù: gli astanti non ne sanno nulla ma noi lettori lo sappiamo da quanto fornitoci precedentemente. E’ importante che si mostri che Gesù compie miracoli di sabato. Ai suoi contemporanei non fa nessun problema che Gesù compia miracoli, il problema è che lo faccia di sabato: è in questo modo che pone l’interrogativo sulla sua identità, perché sono gesti non proprio secondo la Legge. Il v.16 è chiaro ma il v.17 è enigmatico: sembra dire qualcosa che non c’entra niente. Lo shabbat è il giorno del Signore; ora c’è uno che compie dei segni durante lo shabbat. Il segno ha due livelli d’interpretazione:

- immanente: il visibile che accade- trascendente: rimando alla fonte dell’energia miracolistica identità divina di Gesù

Nell’opera di Gesù si rivela il lavoro del Padre (i Sinottici avrebbero scritto che Gesù è il padrone del sabato). Ecco perché l’asprezza dei giudei al v.18 è giustificata. Gesù afferma che il Padre suo opera “anche ora”, di sabato, in merito al miracolo, perché questo rientra nella contemplazione e nel compiacimento del Padre: riabilitare l’uomo dalle sue ferite non è un lavoro oneroso per il Padre ma una gioia. I giudei non accettano questo. Gv 5,19-46: il discorso di Gesù riprende questi contenuti e li approfondisce.Il compito di Gesù è donare la vita. Viene espressa la sua uguaglianza al Padre e dunque la sua divinità che però è partecipata e condivisa con il Padre è ciò indica la sua umiltà. Connesso al tema della vita eterna è quello del giudizio escatologico, funzione ottemperata dal Figlio non autonomamente ma sempre in comunione col Padre. Gesù accenna al più grande testimone che ha avuto finora, Giovanni Battista, tuttavia accenna a una testimonianza ancor maggiore, fornitagli dal Padre stesso nelle opere che Gesù compie e che provengono egualmente dal Padre grazie alla sintonia fra di loro. Una terza testimonianza è garantita dalle Scritture.

IL PANE DI VITA (Gv 6) a) Gv 6,1-15 moltiplicazione ┬> vedi tradizione sinotticab) Gv 6,16-21 camminata sul mare ┘

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c) Gv 6,22-24 transizioned) Gv 6,25-59 discorso sul pane di vita

25-34 introduzione ┬> sfondo sapienziale 35-50 il Pane di vita ┘ 51-59 il Pane di vita è l’Eucaristia

e) Gv 6,60-71 reazioni al discorso (crisi) 60-61 molti discepoli abbandonano Gesù 67-71 confessione di Pietro e predizione del tradimento di Giuda

In questo discorso ci sono molte allusioni alla manna del deserto per cui questo racconto fa più o meno esplicitamente riferimento a un antitipo dell’AT. Alcuni esempi: v.3 Gesù sale sulla montagna (non specificata) Mosè sale sul Sinai v.5 …dove comprare il pane… Nm 11,13 …dove trovare la carne… v.14 questo è il profeta… Es 18,18 Dio susciterà un profeta… v.31 …hanno mangiato la manna Es 16,4; Sal 78,24 v.32 …non Mosè vi ha dato il pane Mosè è soppiantato da Gesù v.43 …non mormorate… Es 16,8 …mormorate contro… v.46 …solo chi viene da Dio ha visto il Padre (cfr Prologo) Gesù è più di Mosè v.50 …questo è il pane vivo… è la mia carne Es 16,15 …è il pane che il Signore vi ha dato...Il v.51 poi è esplicitamente eucaristico (carne pane) e in esso riecheggia l’ultima cena (cfr. Brown p.368).

L’ADULTERA (Gv 8,1-11) Questo racconto è una meteora lucana precipitata nel mondo giovanneo, un episodio appartenente a Lc che nel canone è finito in Gv. Lo si deduce da differenze di linguaggio e di contenuto tra questo testo e il resto del Vangelo di Gv. Oltre alla critica interna, anche quella esterna lo mostra: i manoscritti più antichi infatti non lo riportano. Il motivo dell’inserimento forse è il desiderio da parte di qualche copista/redattore di non perdere il racconto. Non si contesta la canonicità ma di certo questo brano non è proprio dell’autore del 4° Vangelo. Il racconto inizia con una disputa (tipica dei sinottici) sull’adulterio, ma il tema centrale è il rapporto tra Gesù e il peccato, la sua misericordia verso i peccatori. La scena è collocata nel Tempio (nel cortile più ampio) e con un riferimento preciso alla Legge: per l’unità della famiglia e la sua salvaguardia, l’adulterio era da punire severamente. Ma Lv 20,10 precisa che entrambi i colpevoli dovevano essere puniti, mentre i farisei “mettono nel mezzo” solo la donna: a loro interessa solo mettere in difficoltà Gesù. La domanda del v.5 è pretestuosa (e vera a metà, non solo la donna andava messa a morte): se Gesù avesse detto “si, Mosè condanna”, egli avrebbe contradetto se stesso; se invece avesse detto “no” sarebbe stato un trasgressore delle Legge. Gesù non risponde e si mette a scrivere, tace, gli altri insistono e Gesù risponde, poi ritorna a scrivere. Varie sono state le interpretazioni di questo “scrivere”:[1] Gesù scrive i peccati degli accusatori (versione fatta risalire a S. Girolamo);[2] come nella prassi romana il giudice prima scriveva la condanna e poi la leggeva a voce alta, così fa Gesù, ma stupisce che la sua non sia una condanna;[3] Gesù attua Ger 17,13 “quanti si allontanano da Te saranno scritti nella polvere…”;[4] Gesù scrive Es 23,1 “…non presterai mano al colpevole…”, ovvero si presume si tratti una cospirazione del marito (ma Gesù non dice che la donna è innocente);[5] in Es 31,18 e Dt 9,10 è detto che Dio scrive la Legge con un dito e Gesù nel Tempio allora scrive la Legge nuova (perdono, misericordia); si tratta di un’ipotesi difficile, Gesù non ha mai parlato di una nuova Legge.In realtà forse la cosa è molto più semplice: la scena inizia con la fretta e la rabbia della folla e Gesù scrivendo per terra, prende tempo, cerca di calmare, si tratta cioè di un espediente narrativo. E’ la risposta di Gesù che conta e non i suoi gesti.Non è messo in dubbio il peccato dell’adultera (v.3 e v. 11), ma cambia la prospettiva: chi può dirsi così innocente da poter condannare un altro? E’ un colpo di genio di Gesù: non trasgredisce la

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Legge ma sposta l’attenzione sull’applicazione della stessa (cfr Lc 7,37-50, tutti i debitori sono condonati), la Legge è valida ma chi può pretendere di applicarla? La reazione dei presenti (abbandonano la scena) mostra l’efficacia della Parola di Gesù, ma il racconto non finisce lì (v.9). Se l’unico senza peccato è Gesù, come reagirà ora? Se ci si fermasse al v.9, mancherebbe il giudizio di Gesù. Egli però non considera, come i suoi interlocutori, la donna “un caso”, entra invece in dialogo con lei ponendo una domanda: ora è la donna che deve prendere posizione (e non gli altri su di lei). L’ultima affermazione di Gesù è insieme un giudizio di misericordia e un’apertura al futura per la donna.

GESU’ NEL TEMPIO (Gv 8,12-59) v.12 collegamento col prologov.17 due testimoni portano un messaggio validov.19 doppia interpretazione di Padre (terreno/celeste)v.21 “ “ “ luogo v.24 Io Sono (cfr cap.4)v.39 rivendicazione della stirpe elettav.41 si alzano i toni, i giudei girano l’accusa a Gesù (non noi… casomai tu sei…)v.42 se tutti fossero figli ci sarebbe parentela, quindi riconoscimentov.44 la vera origine degli ebreiv.44 definizione di diavolo (omicida dal principio e padre della menzogna)v.47 tra Gesù e i giudei c’è un vuoto all’originev.53 l’accusa: “chi pretendi di essere?”v.58 Gesù pretende una priorità ontologica prima che cronologicav.59 il desiderio della lapidazione continuaGli ultimi versetti parlano del verbo vedere che farà da collegamento col cap.9

GUARIGIONE DI UN CIECO NATO (Gv 9) Qui non si tratta di ri-acquistare la vista, perché questo tale non l’ha mai avuta.v.6 saliva e terra riferimento ad Adamov.14 è sabato, ancora una volta il giorno è scelto apposta per provocarev.30 affermazione forte dell’ex-cieco, si prende gioco dei fariseiv.37 ora il cieco vede davvero, non solo fisicamente ma con la fedev.41 il peccato non sta nell’essere ciechi ma nel presumere di vedere

BUON PASTORE – MERCENARI (Gv 10,1-21) La cecità delle guide (farisei) si scontra con la vera guida (il buon pastore).Vedi fotocopie n°8-9

ACCUSA DI BESTEMMIA (Gv 10,22-42) Sfondo: il Tempio profanato da Antioco viene ripristinato.Accusa: i giudei accusano Gesù della stessa colpa di Antioco (farsi dio).Alla domanda esplicita dei giudei, Gesù risponde rimandando ai segni (miracoli): sono essi che parlano. C’è poi un riallacciamento al tema delle pecore: esse stanno nella mano di Gesù e del Padre; i due sono “quasi” la stessa cosa, Gesù è manifestazione del Padre e ciò è possibile solo perché Padre e Figlio sono la stessa cosa (“io e il Padre siamo uno”). Non è il Tempio a garantire la presenza di Dio (collegamento con festa della dedicazione) ma è Gesù che garantisce la custodia delle pecore, la presenza di Dio tra il suo popolo.Qal-wahomer: principio equivalente (a fortiori); si afferma qualcosa di una categoria e la stessa cosa

maggiorata di un’altra categoria o di parte della prima (Lc 12,24-28 se… i corvi… molto di più… di voi, se… erba del campo… quanto più di voi…; Rm 5,15-17 se… uno solo morirono tutti… molto di più… grazia di uno solo… tutti).Se la Scrittura chiama “dei” gli uomini, molto di più può esserlo Gesù.

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v.36 il verbo usato ηγιασεν per “consacrare” significa anche “dedicare”: è chiaro il collegamento col Tempio (l’altare consacrato è sostituito da Gesù). Ecco allora che sono i giudei a voler profanare il vero tempio.

LAZZARO E LA GLORIA (Gv 11,1-12,49) v.11,3 il “tuo amico” è “colui che tu ami”: Lazzaro è una possibile identificazione di colui che Gesù

amaLa morte e resurrezione di Lazzaro sono propedeutiche per i discepoli per affrontare la morte e resurrezione di Gesù. Ma quella di Lazzaro non è l’ingresso nella vita eterna, è un risuscitamento alla vita di prima (la resurrezione di Cristo è totalmente nuova). Non è una morte apparente, altrimenti il segno cade, ma reale (Lazzaro è cadavere), solo che è una “resurrezione minore”.v.11,45 molti giudei credono e si crea una divisionev.12,3 l’unzione è il preludio alla morte di Gesùv.12,27 glorificazione di Gesùv.12,28 c’è ancora una voce dal cielo

LA LAVANDA DEI PIEDI (Gv 13,1-20) Vedi fotocopie pag. 10-12Stratificazione del brano a cerchi concentrici.

mangiare v.2 lavanda v.5-10 mangiare v.18╔ ╔ ╔ ╔ ╗ ╗ ╗ ╗║ ║ ║ ║◙ ║ ║ ║ ║╚ ╚ ╚ ╚ ╝ ╝ ╝ ╝

consapevolezza deporre le vesti riprende le vesti sapere v.1.3 v.4 v.12 v.12.17

- lavare = prendere parte -

LA PASSIONE (Gv 18-19) Guardando al tema dell’ora vediamo che ciò che non era giunto in Gv 12,23 e in Gv 13,1 arriva in Gv 17,1: è giunta l’ora della gloria!In Gv 18,1 si parla di un giardino che ritroveremo in Gv 19,41: un inclusione che comprende tutta la passione. E’ possibile un richiamo alla Genesi: dove Adamo è caduto, Cristo inizia un’umanità nuova; ma più probabile è il collegamento con Davide (2Sam 15,30-31) che sale nel giardino degli ulivi triste perché perseguitato dal figlio Assalonne.E’ presente anche la contrapposizione luce-tenebre: siamo di notte e ci sono lampade e lanterne.In questo quadro Gesù “sa” ma invece di sfuggire, si “fa innanzi” (ha lui il controllo della situazione e va verso i soldati), si autopresenta “sono io”, con decisione. Questa affermazione sulla scia delle rivelazioni divine mostra tutta la potenza di Gesù, tanto che gli altri cadono a terra: è Gesù il più forte. Il “sono io” compare 3 volte (v. 5-6-8) volutamente, segno del progressivo manifestarsi divino di Gesù in tutta la sua forza. E’ lui che dirige i fatti, è lui che da le disposizioni per l’incolumità dei discepoli, quasi comanda le guardie.La frase “non ho perduto nessuno…” è molto forte e prende dentro anche Giuda: il 4° Vangelo non da una condanna definitiva del traditore, anche perché non è l’unico a non capire, nemmeno Pietro ci arriva. Gv 18,1-11 non descrive quindi tanto l’arresto quanto piuttosto l’auto-consegna di Gesù e la sua auto-rivelazione.In Gv 18,12-27 sono presenti due racconti paralleli: ciò che accade dentro, a Gesù, e ciò che accade fuori, a Pietro, ed è quest’ultimo a uscirne colpevole.v. 14 le parole di Caifa sono profezia e anche verità: Gesù muore per il popolo, non al posto ma in

favore del popolo. Il fatto che un sommo sacerdote avesse parlato così poteva essere usato a favore di Gesù, tenendo conto che le prime comunità cristiane frequentavano il Tempio e consideravano le sue autorità (un sacerdote ha profetizzato di Gesù)

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v.15 compare un discepolo non nominato: difficile sia il prediletto, Caifa lo avrebbe saputo, ma non è escluso

Notiamo che le parole di Pietro sono l’esatto contrario di quelle di Gesù: Gesù Pietroεγό ειμί (v.5) ουκ ειμί (v.17)εγό ειμί (v.6 non detto) [iosono io non sono] ουκ ειμί (v.25)εγό ειμί (v. 8) ουκ ειμί (v.27 non detto)Alla triplice identità di Gesù corrisponde la triplice non identità di Pietro che cerca luce e calore accanto al fuoco (v.18) ma lontano dalla luce vera. La negazione di Pietro non tocca però solo la sua identità, ma “ferisce” anche il maestro, negato come tale: negando il proprio legame con Gesù, Pietro non-esiste. Facendo ciò, la solitudine di Gesù è aggravata. Il brano così si struttura a incastro: Gesù-Pietro-Gesù-Pietro.Il processo davanti a Anna verte sulla dottrina di Gesù (v.19) il quale mette a tema il suo parlare (v.20) e il suo insegnamento (v.20): non c’è niente di nascosto, tutto è pubblico. Lo schiaffo dato dalla guardia non è ben comprensibile, forse per una presunta mancanza di rispetto (biasimo alle parole). La domanda che ne emerge è ora: Gesù parla bene o parla male? Una domanda che riguarda sia ciò che ha appena detto, sia ciò che ha insegnato… e nessuno sa rispondere.v.27 il canto del gallo è importante perché conferma Gv 13,38 (profezia) mostrando che le parole

di Gesù si avverano. Il suo dire allora è autentico (se questo era il problema).Alla menzogna di Pietro corrisponde l’autenticità di Gesù.Nel processo davanti a Pilato (Gv 18,28-19,16) il tema non è più la dottrina ma la regalità di Gesù. Si tratta di un racconto molto lungo e drammatico, sproporzionato rispetto al resto del Vangelo: 7 scene (con attenzione quasi teatrale al rapporto interno/esterno) in cui Pilato stesso vive un

doppio stato d’animo (il dramma è anche dentro di lui) al centro la scena 4 è l’unica in cui Gesù sta in silenzio (le altre sono segnate dal dialogo) ed è

trattato come un re da burla, ma anche sotto queste vesti, anzi proprio qui, si manifesta la sua regalità

nella lotta tra giudei e Pilato, in un clima di sfiducia reciproca, Gesù trattato da buffone non perde mai il controllo e la regalità, invertendo i ruoli su un altro piano (lo sconfitto è esaltato, il giudice è giudicato, gli oppositori per ironia proclamano la verità)

Le scene sono:[1] Gv 18,28-32 esterna accusa dei giudei

il contatto ebrei-pagani era causa di impurità per i primi: fanno attenzione a un particolare e commettono un peccato gravissimo. C’è un’altra cosa: i giudei non dicono subito l’accusa (essersi fatto Figlio di Dio) perché Pilato altrimenti non avrebbe nemmeno iniziato il processo non toccando la sfera civile. Religiosamente ipocriti, falsi nell’accusa (sanno bene che Gesù non è un malfattore) e al v.31b emerge che la sentenza è già stata emessa, serve solo ratifica di Pilato. Al v.32 c’è un’ulteriore conferma delle parole di Gesù.

[2] Gv 18,33-38a interna regalità di GesùPilato non si capisce perché sa che l’accusa di Gesù è di essersi fatto re e gli chiede di confessare. La regalità intesa da Pilato è terrena, ma Gesù si distacca, la distingue, tanto che rinuncia a difendersi con la forza (v.36). Pilato sottolinea la sua differenza dai giudei, anzi si scontra con loro. Gesù accetta l’attributo di re ma con riserva: è Pilato a dirlo! Gesù non si limita a rispondere ma offre a Pilato la sua rivelazione (rif. al Prologo).

[3] Gv 18,38b-40 esterna Gesù o Barabba?il non trovare in Gesù alcuna colpa è l’opposto dell’accusa dei giudei: attestazione di innocenza (che di per sé è verità) contro accusa di colpa. Ma per timore di una sollevazione Pilato tenta una strategia politica: cerca di risolvere l’innocenza di Gesù con l’usanza di liberare un malfattore. L’errore però sta nel chiamare Gesù “re”; così inizia l’ironia, chiedono la morte di un innocente e la liberazione di un colpevole.Bar-abbà = figlio di un padre (padre sconosciuto)Gesù è Figlio del Padre (conosciuto)

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in entrambi c’è una sfumatura dell’affermazione

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[4] Gv 19,1-3 interna Gesù re da burlaPilato cerca un compromesso, visto che la carta dell’amnistia è fallita e tenta di soddisfare la sete di sangue dei giudei (ricordiamo che la flagellazione portava anche alla morte immediata o per le infezioni causate). Il tentativo di Pilato è comunque ingiusto, visto che lo aveva riconosciuto innocente. Le prese in giro dei soldati sono descritte in modo più sobrio rispetto ai sinottici (ci sono solo due dettagli: corona e mantello). Anche qui però l’ironia mostra la verità: Gesù è davvero re, inizia la rivelazione di Gesù come re anche se nella forma contraria.

[5] Gv 19,4-7 esterna ecco l’uomo! come in 18,38 anche in 19,6 Pilato ribadisce l’innocenza di Gesù. Al v.5 c’è Gesù che esce (non è portato) con le insegne regali: “l’incoronazione privata”, fatta dentro, viene ora mostrata alla gente. Dopo l’uscita c’è l’acclamazione (ecco l’uomo) che non presenta però Gesù come re; cosa vuol dire questa espressione?

[1] ecco l’uomo, guardate questo povero disgraziato, è solo un uomo, accontentatevi (fragilità, titolo di disprezzo)

[2] ecco l’uomo, con tutta la forza dell’articolo, in greco, ecco l’umanità nella sua creaturalità (titolo onorifico)

Al rifiuto di crocifiggerlo, inizia un ricatto psicologico: la pretesa figliolanza divina di Gesù urta la religione locale e se Pilato non riesce a risolvere la questione significa che non è in grado di fare il suo mestiere, cosa che può essere riferita a Roma.

[6] Gv 19,8-11 interna potere di PilatoPilato pone la domanda centrale del dialogo: “di dove sei?” Prima davanti al silenzio di Gesù (18,38) era uscito, ora invece ricorre alla minaccia. Il silenzio di Gesù manifesta che egli aveva già dato una risposta e Pilato non aveva capito; chi legge però sa già di dove viene Gesù: dall’alto. Ci si chiede allora chi dei due abbia autorità. Pilato ha ricevuto il potere dall’alto: dall’imperatore, ma anche dal Padre che lo permette (Gesù ha in mano la situazione). Chi allora ha consegnato Gesù? I giudei, Giuda, Caifa e il diavolo che li ispira. Gesù cioè si consegna e insieme è consegnato. Gesù qui si rivela giudice: il colpevole è chi lo ha consegnato e insieme anche Pilato.

[7] Gv 19,12-16a esterna condannanel giudizio formale di condanna chi si siede in tribunale? Il verbo è καθιζω che ha due significati: attivo (sedersi) e transitivo (far sedere); c’è ambiguità su chi sia il giudice (Pilato o Gesù), comunque si tratterebbe della intronizzazione di Gesù. Al v.13 c’è un’indicazione geografica e al v.14 una temporale. Siamo nella torre antonia all’ora sesta della vigilia della Pasqua, ora in cui al Tempio si sgozzavano gli agnelli per la festa. Ci sono paralleli: Gesù e agnelli Gesù è il vero agnello. Pilato vuole ancora resistere ai giudei, continua a punzecchiarli sul fatto del re e i giudei pur di negare Gesù-re, si prostituiscono: falsamente accettano come unico re Cesare. Pilato rischia l’accusa di lesa maestà e sotto minaccia dei giudei, cede. Ma la situazione peggiore è quella dei giudei che si rinnegano, disconoscono Jahwè come unico re e così si autoaccusano, pongono fine alle attese messianiche. In questo momento si creano i presupposti perché Gesù sulla croce sia conosciuto re da tutti i popoli (scritta sulla croce).

Anche nella crocifissione è sempre Gesù il protagonista: è lui che porta e che si avvia. Gv descrive molto velocemente la crocifissione, nessun dettaglio su di essa o sui due “altri” crocifissi con Gesù. Pilato come da uso, fa scrivere la condanna su una tavoletta: ma ci sono diversità tra i Vangeli, Mc “il re dei giudei”, Mt e Lc “questo è il re dei giudei” (formula ostensiva) e Gv “Gesù il nazoreo re dei giudei” (la più estesa). Gv chiama questo cartello titlos possibile traslitterazione del latino titulus che significa iscrizione ma anche titolo d’onore. Gesù è proclamato re in 3 lingue, conoscibile perciò in tutto l’impero, è una proclamazione universale: tutti hanno ora accesso al Padre (i cartelli in 3 lingue nel Tempio servivano a tenere fuori i non circoncisi).Altro dettagli è la forma permanente della scritta (Pilato non accetta di cambiarla)che da oltraggiosa diventa autorevole: è l’intronizzazione. Gv è l’unico che distingue tra vesti e tunica forse per far aderire il racconto al Salmo: si tratta di un compimento della Scrittura. I collegamenti tra AT e NT oltre a

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quelli tipologici, possono essere di intertestualità (un versetto di un libro è riportato pari pari in un altro testo es. Gv 19,24: da Salmo a Vangelo). Non si tratta solo di citazione ma di dare nuovo senso alle parole usate che diventano così, nell’origine, profezia. La tunica inconsutile riprende la lavanda dei piedi: Gesù ha il potere di deporre e di riprendere le vesti, ora le dà ma c’è anche la premessa per riprendersele. La veste tutta d’un pezzo poi era caratteristica del sommo sacerdote (così descrive Giuseppe Flavio), c’è quindi un parallelo col culto giudaico. Infine la veste unica indica l’unità della Chiesa (Gv 17,20-26) che resta tale anche se cade in mano dei nemici.Gv 19,25-27 è la creazione di nuovi legami, una nuova famiglia che va oltre il legame di sangue e che si fonda sotto la croce: Maria, figlia di Sion, diventa madre d’Israele, così come la Chiesa è madre dei discepoli; l’ora è giunta e la donna si prende cura dei discepoli (cfr Nozze di Cana; GPII in RM23). Ci sono ora affermazioni di Gesù che indicano l’adempimento e il perfezionamento: è l’apice del racconto.v.28 - Gesù “sa”, è consapevole e ama sino alla fine (Gv 13,1)

- il tutto è incluso tra “tutto è compiuto” del v.28 e del v.30- “ho sete” indica bisogno fisico di Gesù

Sal 68,22 “avevo sete e mi hanno dato da bere aceto” per Israele <┐

non si tratta di una sconfitta ma di un compimento, è il punto d’arrivo ┤ Gv 4: la samaritana per la storia di Gesù <┘

- Gesù aderisce pienamente alla volontà del Padre come in Gv 4,6 (doveva passare) e Gv 18,11 (devo berlo)

v.29 - l’attenzione si sposta sul vaso: dare da bere può significare un atto di pietà o di crudeltà (allunga la sofferenza)

- la canna in greco è detta issopo, ramo di issopo (riferimento liturgico all’aspersione col sangue dell’agnello di Es 12,22-23 e al Tempio)

v.30 - τετελεσθαι = è compiuto; è l’ultima parola di Gesù in Gv. Gesù, il logos, la Parola di Dio è pienamente consapevole di aver portato a termine l’opera che il Padre gli ha dato, è “soddisfatto”. Se il Gesù di Mc come ultime parole dice “Dio mio, Dio mio…” che è un’affermazione di abbandono, di fiducia nel Padre, quello di Gv è quasi compiaciuto del lavoro fatto

- παρέδουκεν τό πνευμα = consegnò lo spirito; è molto più del semplice “spirare/morire”, è l’ultimo atto di Gesù, Gesù è ancora attivo, prende ancora un’iniziativa e dona lo Spirito Santo: è una morte attiva

Il racconto del colpo di lancia presenta due citazioni esplicite della Scrittura e continua il parallelo con l’agnello pasquale: doveva essere sgozzato ma non gli doveva esser rotto alcun osso (Sal 34,20-21; Es 12,10-46; Nm 9,12). v.34 - dalla ferita esce “sangue e acqua”: scientificamente, biologicamente non è strano, ma

davanti a questo fatto l’evangelista ci tiene a sottolinearne la veridicità. Da un cadavere non dovrebbe uscire niente, invece stupisce i presenti che esca sangue e acqua: è il segno esplicativo di quella potenzialità di vita che Gesù esprime donando lo spirito; non è la fine, non è una sconfitta, ma un nuovo inizio, una vittoria (Gv 7,37-39), Gesù continua a effondere vita e spirito anche se fisicamente è assente. Il tema dell’acqua iniziato a Cana raggiunge qui il suo culmine, come pure il connubio “venire-vedere-credere” iniziato nel cap.1: ora tutti possono venire, vedere e credere.

Anche la sepoltura in Gv prende una colorazione particolare, regale, maestosa. Gesù viene unto con una quantità esorbitante di olii aromatici: la preziosità dei doni mostra la preziosità della persona di Gesù; Gesù è dunque re dall’inizio alla fine del racconto della Passione (cfr 2Cr 16,14).

LA RESURREZIONE (Gv 20,1-29) v.1 μία των σαββάτων = nel (giorno) uno dei sabati; non si tratta del primo giorno della settimana

ma del “primo” giorno che inaugura un nuovo inizio (Gv forza il linguaggio per indicare una novità assoluta)

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v.2 il sepolcro vuoto non è sufficiente da solo a indicare la resurrezione e nemmeno le apparizioni da sole (il primo lascia il dubbio del furto, le seconde di un fantasma), serve la presenza contemporanea di entrambe

v.7 il sudario piegato è la risposta alla teoria del furto del cadavere: i ladri non avrebbero certo riordinato il luogo del furto, serve un’altra spiegazione

v.1-8 c’è una sorta di eco testimoniale (Maddalena, discepolo che Gesù amava, Pietro) che ricorre anche in Gv 1 e Gv 12

v.8 ora vedere = crederev.15 compaiono due angeli ma solo per chiedere il motivo del pianto; la loro posizione sembra

rappresentare l’arca dell’alleanza, lo sgabello per i piedi di Jahwè, dove il vuoto tra le ali non è più occupato dai piedi ma da Gesù risorto

v.19 siamo alla sera dello stesso giorno e i discepoli sono chiusi per paura di essere arrestati, eppure Gesù entra. Il fatto che “Gesù sta in mezzo” risente della prassi ormai normale della comunità cristiana ai tempi di Giovanni, di ritrovarsi ogni 8 giorni (Gv 20,26). I motivi per cui Gesù mostra i segni della passione sono essenzialmente due:- il Gesù risorto è il Gesù crocifisso, è indispensabile che lo sia! C’è continuità dell’identità

pur nella discontinuità della condizione (motivo apologetico)- Gesù offre la pace (e non il giudizio) e lo spirito (reduplicazione dopo la croce, come nella

creazione) e nel farlo mostra il modo in cui ha amatov.27 non si sa se Tommaso tocca o meno Gesù, ma l’episodio mostra lo scarto tra il credere-vedere

e il credere senza vedere, aprendo la strada a una nuova beatitudine

CONCLUSIONI (Gv 20,30-21,25) Con Tommaso si chiude l’inclusione iniziata nel prologo dell’identificazione Gesù-Dio, affermazione che ora è consegnata ai discepoli (1 conclusione).Gesù, poi, “stette” sulla riva (in 21,4 εστη come in 20,19.26): ciò indica che Gesù non viene, ma è già presente al centro della comunità e vi permane. In Gv 21,9-12 vi è poi un accenno eucaristico.Nella scena che segue Pietro è chiamato Simone, sottolineandone la sua umanità più che il ruolo ma le domande di Gesù più che rinfacciare il triplice rinnegamento (non è da Gesù farlo), indicano un modo per stipulare un contratto (dire tre volte significa far essere una cosa) per dare stabilità all’amore di Pietro verso Gesù, amore che si visibilizza prendendosi cura delle pecore (che restano di Gesù) ma che comporta anche che una volta pastore non si può più andare dove si vuole. Gesù infatti pone un nuovo inizio chiamando Pietro a seguirlo (è lo stesso verbo che i sinottici mettono all’inizio).Alla fine (come nel cap 20 e nel 21) abbiamo 2 figure: un discepolo che si lascia amare da Gesù e uno (Pietro) chiamato ad amare; sono i due aspetti di cui deve vivere la comunità cristiana. Il Vangelo si chiude con:v.24 che richiama le affermazioni fatte sotto la crocev.25 che rappresenta una conclusione solenne.

Lettere di Giovanni

Fanno parte delle Lettere cattoliche così chiamate perché non indirizzate a comunità precise, ma ampliamente destinate. Oltre 1-2-3 Gv ci sono Gc, Gd, 1-2 Pt. Nelle prime testimonianze (Muratori, Ireneo) si parla solo di 2 lettere di Giovanni, forse perché la seconda era un “biglietto” accompagnatorio della prima; certo è che tra 2Gv e 3Gv c’è un stretto legame col tema comune dell’ospitalità.

AUTORE Il presbitero Giovanni (non l’apostolo) che potrebbe anche inserirsi in uno dei 4 livelli dell’autore del Vangelo (redattore finale o uno della scuola o della cerchia giovannea.

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TEMPO Probabilmente scritte verso la fine degli anni 90 ma non dopo il 120 visto che i Padri del II secolo già le citano.

LUOGO Probabilmente Efeso.

1Gv TEMI Assomiglia molto al Vangelo di Gv sia per i temi che per il linguaggio, ma presenta anche differenze - la luce in Gv è Cristo, mentre in 1Gv è Dio

- in Gv emerge il conflitto Gesù-giudei, in 1Gv quello interno alla comunità cristiana tra gli “ortodossi” e quelli che negano Gesù venuto nella carne (1Gv 4,2) che sfoceranno nell’eresia docetista; l’anticristo è proprio questa idea sorta dentro la comunità, che nega l’incarnazione.

1Gv STRUTTURA 1,1-4 Prologo

[I] 1,5-2,27 Dio è luce 1,5-10 Dio è luce 2,1-6 conoscere Dio 2,7-11 comandamento antico e nuovo 2,12-17 avete vinto il maligno e non amate il mondo 2,18-27 l’anticristo e il crisma

[II] 2,28-4,6 Dio è giusto 2,28-3,10 i figli di Dio praticano la giustizia 3,11-24 amiamo per attuare la verità 4,1-6 lo spirito di Dio e lo spirito dell’anticristo

[III] 4,7-5,12 Dio è amore (vertice della lettera e del NT) 4,7-21 Dio è amore 5,1-12 fede e testimonianza

5,13-21 Epilogo

1Gv PROLOGO Si ripete la logica de Gv (Dio si è reso visibile) ma con una nuova prospettiva: l’esperienza tangibile (sensibile) dei testimoni, l’Assoluto si è fatto sperimentabile; se in Gv la prospettiva era teologica, qui c’è una prospettiva ecclesiale (testimonianza, condivisione).v.1 il “ciò/quello” in greco è neutro (entità) e solo proseguendo lo si identifica col “verbo

(maschile) della vita (femminile)”, ma non si parla subito di Gesù (in Gv invece si parla fin da subito di Logos). Al centro c’è l’esperienza concreta dei testimoni, il soggetto è il “noi” ecclesiale, un gruppo che si rivolge a un “voi”, facendosi garante dell’esperienza originaria (testimoni oculari, affidabili). Questo è possibile perché il Logos è diventato carne (Gv 1,14), uscendo dal nascondimento/trascendenza e entrando nell’immanenza. Si tratta di una presa di posizione contro i dissidenti (1Gv 4,2; 2Gv 7) che negano che Logos = Gesù.

Notiamo che ci sono moltissimi verbi nei 4 versetti con questa coerenza interna:- era imperfetto indica durata, continuità nel tempo, eternità del Verbo- abbiamo udito, ecc. passato l’esperienza è fatta da testimoni del Logos- annunziamo, ecc. presente testimonianza orale e scritta, comunione/gioia

verticale (Trinità)┘└(cristiani) orizzontalela scansione della missione è strutturata sulla scansione dei verbi, si parla di una comunicazione che è gioia (ho sperimentato e non posso tenerlo per me) ed è quest’ultima lo scopo finale. Così accogliere Gesù, prima ancora che portare a credere in lui, porta

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l’esultanza, la gioia (cfr Gv 15,11: è lo scopo di rimanere in Gesù; Gv 16,24; Gv 17,13). Anche per i cristiani di oggi la gioia (e non la felicità) deve essere fondata su una esperienza diretta che fa capo alle mediazioni (Chiesa e Parola di Dio) e d’altra parte l’esperienza porta necessariamente alla gioia.

1Gv DIO E’ LUCE (1Gv 1,5-2,27) La luce a differenza di Gv 8,12 qui è riferita a Dio e non direttamente a Gesù (cfr tutta 1Gv dove Dio = Padre) ed è messa in risalto la netta differenza tra tenebre e luce.2,1 ad-vocato, para-caleo (chiamare presso) in 1Gv è Gesù in Gv è lo Spirito Santo; contro

l’accusatore (diavolo)2,5 il modo perfetto di amare Cristo è osservare la sua Parola2,10-11 chi è nella luce ama il fratello, chi lo odia è nelle tenebre; la stessa assoluta separazione tra

le due posizioni in Dio si riflette in noi, nelle relazioni col fratello (non c’è commistione pena la menzogna)

2,14 i giovani sono già forti2,18 si parla di cristiani usciti dalla comunione perché negano l’incarnazione2,23 per conoscere il Padre, vero Dio, dobbiamo passare attraverso Gesù, ma nel suo essere uomo

concreto; negare uno è negare l’altro2,24 stessa logica del prologo: testimonianza comunione

1Gv DIO E’ GIUSTO (1Gv 2,28-4,6) 3,1-2 siamo già amati e figli, ma c’è ancora un margine della nostra identità non ancora conosciuto

(ci sarà dato nell’eternità)3,18 continuo andirivieni tra credere all’insegnamento e la concretezza nell’amore del fratello4,2 criteri di discernimento per riconoscere i falsi profeti (rif. incarnazione)

1Gv DIO E’ AMORE (1Gv 4,7-5,12) 4,7 amarsi gli uni gli altri perché l’amore è dato da Dio; è Lui (e non i rapporti umani) il

fondamento dell’amore4,8 stesso concetto in forma contraria: amare = conoscere Dio; Dio si è rivelato solo attraverso la

dimensione dell’amore (1Gv non descrive la sua essenza filosofica, ma la sua “funzione”)4,9 unigenito (monoghenos in greco, hjahid in ebraico) significa il figlio unico, l’amato, il

prediletto (cfr Gv 3,11: Gesù e Nicodemo)4,9-10 questo è l’amore di Dio per noi: Dio ci ama prima e manda il suo Figlio per darci la vita.

eros = amore per attrazionefilia = amore per affinità (amicizia)agape = amore per pura gratuità [così funziona l’amore di Dio]

è il segno dell’amore e non della crudeltà di Dio ──┘cfr Rm 5,8Gesù è morto per noi nel momento in cui noi eravamo peccatori e non avevamo nessun merito, Dio non aveva alcuna “attrazione” per noi: ciò mostra la gratuità del suo amore

4,11 è la conseguenza dell’amore di Dio (è una sua iniziativa che si riflette in noi)4,13 elemento di riconoscimento di chi è nel Padre; il motore dell’amore è lo Spirito4,15 reciproca immanenza (Dio-noi) è la condivisione con noi di quella immanenza che c’è tra

Gesù e il Padre (lo Spirito)4,16 chiude l’inclusione iniziata in 4,84,17 amare ci porta ad aver fiducia nel giudizio, perché Dio è proprio l’amore4,18 l’amore non nasce dalla paura del castigo4,19 è la sintesi: la nostra è pura risposta

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Dio è amoremanda il Figlio crocifisso per i peccati umani

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Apocalisse

C’è una grande inclusione:1,3 beato chi legge… beati coloro che ascoltano: il libro è una grande liturgia (lettore-assemblea)22,7 beato che custodisce le parole…L’autore attira l’attenzione sull’importanza di questo libro per la comunità, chi l’ascolta ha come meta la beatitudine, lo scopo è quindi quello di conservare e garantire la presenza delle parole di Gesù. Siamo dopo il 4° Vangelo, quindi attorno al 95 e le comunità devono ormai fare i conti col mondo: l’evento Gesù è lontano e serve una nuova evangelizzazione che interpreti l’AT alla luce di Cristo ma anche la storia alla luce di Cristo. L’Apocalisse ci introduce nel dramma della storia con cui la Chiesa impatta, non si tratta di una riflessione sapienziale ma di una descrizione attraverso immagini forti. L’Apocalisse è destinato alla liturgia, è lì che la comunità ascolta le parole di Gesù e si impegna a leggere la propria realtà alla luce di queste; lo scopo del libro è quindi di confortare i credenti, di sostenerli nelle fatiche della loro fede, si suscitare la speranza in Cristo risorto che conduce la storia, anche se i fatti sembrano smentirlo.

IL GENERE LETTERARIO APOCALITTICO Apo-calisse = svelamento, rivelazione.È un genere che si sviluppa dal II sec. aC fino al III sec. dC: anche il Battista fa parte di quella schiera di profeti che annunciano l’imminenza del giudizio, per questo Gesù se ne allontana.Le caratteristiche del genere sono:il simbolo che permette di reinterpretare la realtà data anche in contesti diversi (cosa che non

può fare la descrizione semplice)il sogno che si evolve in visione che a sua volta è il modo con cui si entra in contatto con la

trascendenza; non serve che siano visioni sperimentate, possono essere anche immagini (drago, ecc.): infatti si attribuisce al visionario le esperienze fatte nel corso della storia (una persona non potrebbe reggere una tale serie di visioni)

più che di un linguaggio segreto, si tratta di un linguaggio in codice a cui ogni epoca può fare riferimento

(+) [simbolo]storia │ │ │ │ │

90/100 1900 (nazismo)attraverso l’uso del simbolo si trasforma un personaggio storico (Nerone) in una categoria (666) multiinterpretabile

un riferimento continuo a sconvolgimenti cosmici proiezione di quelli della terra dove tutto è fuori dal normale ordine delle cose non sempre per motivi negativi, a volte anche per l’intervento di Dio

un simbolismo teriomorfo (terio = bestia) per cui ci sono molti esseri mostruosi, sovraumani ma sotto il livello di Dio (a metà tra uomo e divino)

un simbolismo aritmetico dove i numeri hanno valore qualitativo (7 = perfezione, 6 = imperfezione perché 7-1, ecc.)

un’ottica in cui il cielo è la dimora di Dio e l’abisso, il mare è la casa dell’avversario, del maleil fenomeno della pseudonomia con cui l’autore reale si nasconde dietro grandi figure del

passato per dare autorevolezza allo scrittola materia è la storia ma non intesa come cronaca: certo c’è una logica che percorre il racconto

solo che non sempre è immediatamente comprensibile; c’è un piano più ampio che tutto ingloba e che è nelle mani di Dio (per questo i fatti devono accadere)

la storia è concepita sul piano dualistico, senza sfumature, e ciò si riflette nelle categorie che si scontrano perennemente: lo scopo è mostrare che lo scontro vissuto dentro di sé o dentro la comunità è frutto di questo perenne combattimento

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la storia ha un esito già conosciuto perché le forze di Dio vinceranno (escatologia) anche se la battaglia è ancora in corso (esito immediato negativo, ma vittoria finale)

L’apocalittica cristiana ha lo specifico della Pasqua di Gesù: non c’è da attendere (come per gli altri) un intervento di Dio, c’è già stato.

LUOGO E COMUNITA’ D’ORIGINE Probabilmente composto nella provincia romana d’Asia (Efeso) dove la comunità del I secolo ha sperimentato molte situazioni di conflitto esterne (romani) e interne /giudeo-cristiani). Verso la fine del I sec. infatti Domiziano intensifica il culto dell’imperatore esigendo di essere chiamato “deus et dominus” e proprio a Efeso viene innalzata un sua statua. I cristiani temono che la loro vita pubblica influisca su quella religiosa (per l’obbligo di bruciare incenso alla statua) ma soffrono anche di un paganesimo intellettuale (cultura ellenistica) che inserisce magia, ecc. Infine c’è il rapporto coi giudei che, caduto il Tempio, si stanno riorganizzando attorno a una più rigorosa osservanza della Legge e dei suoi precetti e a una presa di distanza più netta verso quelle forme di giudaismo eterodosse come il cristianesimo. I nicolaiti esprimono proprio questo venir meno all’identità cristiana sotto la spinta di questi influssi. L’apocalisse è attribuita a Giovani imprigionato a Patmos: è difficile che un condannato ai lavori forzati riesca a redarre l’opera. Nel testo perciò vanno individuati almeno due momenti: quello della redazione e quello cui si fa risalire l’esperienza mistica. Il libro biblico dal quale l’Apocalisse maggiormente dipende è Daniele anche perché nascono in condizioni simili (persecuzione di Antioco IV).

STRUTTURA - prologo liturgico (1,1-8)- I parte: i messaggi del Cristo risorto (1,9-3,22)

1,9-20 visione introduttiva2,1-3,22 i messaggi alle sette chiese

- II parte: i tre settenari (4,1-22,5)Sigilli 4,1-5,14 visione introduttiva

6,1-8,1 apertura dei sette sigilliTrombe 8,2-6 visione introduttiva

8,7-11,19 suono delle sette trombeCoppe 12,1-15,8 visione introduttiva (trittico dei segni)

16,1-21 versamento delle sette coppe17,1-22,5 visioni complementari al settenario

- epilogo liturgico (22,6-21) inizio storia passione-morte-ressurezione

Se nel Vangelo abbiamo una descrizione del tipo └──────────────────────>nell’Apocalisse troviamo una descrizione concentrica, che riprende più volte la stessa idea di fondo, stile tipico della liturgia: ogni domenica si celebra il medesimo evento anche se in modi diversi. Nella seconda parte il n°7 indica un qualcosa che arriva al suo compimento e poi riparte da capo; l’uso dei settenari riflette la religiosità del tempo (settimana): tutto il tempo è nelle mani di Dio. In più, i primi 5 sono concisi, il 6° è un pò più ampio, il 7° è il culmine e poi da li si riparte: è un continuo portare il lettore al vertice per poi farlo ripartire con un’altra ottica. Abbiamo infatti:

SIGILLI6,1=I 6,3=II 6,5=III 6,7=IV 6,9=V 6,12=VI 8,1=VII

TROMBE8,7=I 8,8=II 8,10=III 8,12=IV 9,1=V 9,13=VI 11,15=VII

COPPE16,2=I 16,3=II 16,4=III 16,8=IV 16,10=V 16,12=VI 16,17=VII

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INIZIO DEL CAP. 1 1,1 è l’apocalisse di Gesù Cristo

├> rivelazione che Gesù fa (genitivo soggettivo)└> rivelazione su Gesù (genitivo oggettivo)

ma è Dio che la da: c’è una soggettualità condivisa per cui Gesù viene sempre assimilato a Dio, vengono attribuite a Gesù qualità divine (sul trono stanno entrambi). oggetto: le cose che devono accaderedestinatario: il servo Giovannimezzo: l’angelo interprete, serve qualcuno che spieghi

1,2 parallelo Dio/Gesù, si preannuncia il racconto di visioni1,3 beatitudini… leggere/ascoltare contesto celebrativo1,4-5a saluto del presidente (simile a introduzione nelle lettere)

sette chiese ─> circolarità ┌> l’essente = ο ωνColui che è, che era e che viene ┼> l’era (?) = ο ην (intraducibile)

└> il veniente = ο ερχόμενοςl’autore sta coniando un linguaggio nuovo per descrivere il mistero di Dio

sette spiriti┬> sette angeli protettori delle comunità└> indica lo Spirito Santo inteso nella sua septiforme attività (cfr 3,1; 5,6)

è solo nel cap. 1 e nel cap. 21 che compare lo stile epistolare, per il resto, il libro è tutto di carattere liturgico.

1,5 descrizione di Cristo con le qualità del re/Messiafedele: degno di fede, credibileprimogenito dei morti: primo risortoprincipe dei re: capo dei capinei vv.4-5 compare una formula trinitaria

1,5b-6 dossologia in cui confluiscono i titoli cristologici descritti con i verbi amare, liberare (=riscattare) e rendere sacerdoti. Il riferimento è a Es 19,6 dove Israele uscito dall’Egitto è diventato un popolo sacerdotale… come Israele allora, così anche la Chiesa è chiamata a dare culto a Dio, grazie all’opera redentrice di Cristo.

C’è un carattere dialogico nello scritto: dal lettore che parla di “voi” (v.4) all’assemblea che risponde col “noi” nella dossologia (v.5). La lode è a Gesù: in molti passi di Ap, Dio e Agnello sono affiancati, quasi a pari merito (cfr Ap 7,10; 11,15; 12,10;15,3).1,7 due citazioni di testi importanti già per i primi cristiani, Dn e Zc, che compaiono anche in Mt

24,30, segno che i due testi viaggiavano insieme. Qui si parla del crocefisso risorto che tornerà nella gloria, allora tutti si pentiranno e lo acclameranno; la conferma sta in quel si, amen due parole che indicano la stessa cosa: esse possono essere pronunciate sia dalle nazioni (fine del v.7) sia dal Padre (inizio del v.8) il quale conferma la realizzazione del progetto di salvezza

1,8 è Dio Padre che parla, anche se i vv. precedenti riguardavano il Figlio, proprio per quel parallellismo detto prima. Il Padre si presenta come ΑΩ (cfr. Is 44,6): tutta la realtà parte da Lui ed è finalizzata a Lui (cfr. Ap 21,6 e Ap 22,13 dove però è il Figlio a parlare). In Ap 1,17 inoltre si dice che egli è il primo (αρχή) e l’ultimo (τελος) e il vivente, qualifiche divine del Padre ma che dal v.18 si capisce essere del Figlio. Se nel NT raramente si attribuisce a Gesù il titolo di θεος , qui lo si sta presentando, dando a Padre e Figlio le stesse qualità. Con queste parole si chiude l’inclusione iniziata al v.4 (stesse parole) a cui si aggiunge l’ultima qualità onnipotente in Ap riferito a Dio ma che per il parallelo Padre-Figlio ha portato ad attribuirla anche a Gesù nell’iconografia (pantocrator).

ESPERIENZA DELL’INCONTRO CON CRISTO RISORTO (Ap 1,9-20)

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Giovanni racconta l’esperienza nella forma di “visione”, ma ogni elemento non va inteso solo nel senso visivo, va interpretato nel significato. L’autore da due indicazioni:- geografica: l’isola di Patmos, al largo di Efeso- cronologica: il giorno del Signore, domenicaQuesta visione contiene il comando di scrivere alle sette chiese (v.11), comando che riprende quanto già detto al v.4 e che indica il compito di scrivere alla totalità della Chiesa. Giovanni si presenta come prigioniero, con altri prigionieri che scrive a compagni nella prova; è in una sorta di arresti domiciliari, recluso ma non in carcere (che al tempo equivaleva a una condanna a morte), compagno nella tribolazione, ma anche nel Regno e nella perseveranza: per i primi cristiani infatti la sofferenza non contraddice la regalità di Cristo, anzi ne è la garanzia, aiuta a essere perseveranti.1,10 l’esperienza è spirituale, l’autore è oggetto recettivo dell’azione dello Spirito, tanto che la

prima percezione è uditiva (la voce del Risorto come tromba, in Es segno di teofania)1,11 i destinatari sono 7 ma il libro da scrivere è 1: un unico grande messaggio alla totalità delle

chiese. Ma perché proprio queste 7 chiese? Ci sono varie ipotesi: sono città in cui i cristiani devono confrontarsi con un culto all’imperatore molto forte partendo da Efeso, sono città che formano un circolo, che coprono un territorio, città principali dalle quali a raggiera si raggiungono le comunità più piccole sono sette comunità che hanno in comune una minaccia, sono assediate, patiscono

1,12 l’autore si volta per vedere la voce: si tratta di sinestesia (mettere insieme sensi diversi); il voltarsi poi è segno di conversione (Maddalena in Gv 20,14); la prima cosa che vede però non è la voce ma sette candelabri il cui senso è spiegato al v.20

1,13 inizia la descrizione del personaggio che sta al centro perché al centro della Chiesa sta Gesù morto e risorto, le lampade/chiese gravitano attorno a Cristo: si tratta di una coerenza non visiva ma concettuale.

vv. 12-16: descrizione simbolica del risorto prevalenza di elementi visivi Si tratta di un’immagine particolareggiata del risorto.

uno simile a figlio d’uomo (Dn 7,13-14)in Dn al centro c’è Dio nella sua maestà, e compare un altro personaggio che vi si accosta, divino, trascendente, ma con i tratti umani: sono due persone distinte. Il vegliardo dà a costui tutto il potere. Nel giudaismo questi è stato letto come Messia o come angelo; per i cristiani il legame a Gesù è lampante ed è un immagine usata fin dall’inizio; Gesù stesso si definisce spesso figlio dell’uomo categoria non fraintendibile e preferibile ad altre come Messia, carica di aspettative.

abito lungo…fascia d’oro (Dn 10,5)alcuni autori insistono sul riferimento all’aspetto sacerdotale, ma è meglio riconoscere la sfumatura regale, signorile, nobile. In Dn non si sa se questo tale è trascendente o no

capelli bianchi (Dn 7,9)in Dn è una qualità di Dio, del vegliardo, mentre in Ap è attribuita al risorto

occhi di fuoco (Dn 10,6)piedi di bronzo (Dn 10,6)

“bronzo incandescente” è un termine molto raro e difficile, quindi evocativo, si tratta forse dell’elettro, una lega di oro e argento; in più è incandescente, a una temperatura altissima e quindi molto luminoso

voce simile al fragore di grandi acque (Ez 1,24) è la voce di Dio: Gesù parla con la stessa voce di Dio

ha in mano 7 stellecomunica l’idea del padrone del cosmo, ma essendo queste gli angeli delle sette chiese, coloro che le sovraintendono, i vescovi, indica che Cristo ha in mano i vescovi, ha in mano le sorti di tutta la Chiesa, Cristo regge insieme il cosmo e la Chiesa

dalla bocca esce una spada (Is 49,2; Sap 18,15; Eb 4,12)la parola profetica è un parola tagliente

volto come il sole (Mt 17,2)

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vv. 17-20: autopresentazione del risorto prevalenza di elementi uditivi La reazione tipica a una visione come questa è cadere come morto (Dn 8,18)v.17 con la stessa mano con cui tiene le stelle (cura del cosmo e della Chiesa), Cristo tocca il

veggente (si fa vicino); il non temere che segue è un elemento classico delle apparizioniv.18 è l’autopresentazione (v.8): sono le stesse qualità di Dio (Gs 3,10; Sal 42,3) ma attribuite a

Cristo morto-vivo (1Cor 15,4; Gv 5,26; Gv 1,4; Gv 11,25) che è datore di vita quanto il Padre. La qualifica di vivente è poi esplicitata in vivo per sempre ovvero come colui che ha superato la morte (≠ immortalità degli dei): Cristo era divenuto cadavere (νεκρός), morto davvero e in modo definitivo, è questo il dettaglio che identifica il personaggio misterioso con Gesù. C’è qui una contrapposizione netta tra un passato (morte) e un presente sempre (vita) che segna una condizione permanente: è questo status che permette a Gesù di stare in mezzo alla Chiesa. Si aggiunge poi il dettaglio che indica Gesù come padrone della vita (ha le chiavi), come colui che può liberare tutti i prigionieri della morte (potere che i targum attribuivano solo a Dio)

v.19 al veggente viene dato un triplice incarico: scrivere le cose…che ha visto (passato = mistero pasquale in fatti storici)quelle che sono (presente = attualità del vivente)quelle che saranno (futuro = desiderio del compimento futuro)una scansione temporale tipica dell’atto liturgico (memoriale, attualizzazione, escatologia)

v.20 spiegazione delle 7 stelle e dei 7 candelabri/lampade indicante un legame forte tra angeli e chiese. L’angelo è un intermediario che può essere:

- un rappresentante divino nella Chiesa DIO <--- A ---> CHIESA- un rappresentante della Chiesa presso Dio DIO <--- A ---> CHIESA

gli esegeti propendo per il secondo (vescovo) anche perché l’angelo è il destinatario delle lettere e non il messo, in ogni caso la presenza di candelabro (aspetto terreno) e lampade (aspetto divino) nella comunità è segno del suo essere impasto, insieme dei due.

LE SETTE LETTERE (Ap 2-3) I cap. 2-3 sono la ripresa di quanto riassunto nel cap.1 con un annuncio specifico per ogni chiesa. Anche se appaiono sette lettere distinte, si tratta di un insieme unitario declinato per ogni comunità.La struttura è sempre la stessa:

1. indirizzo: identico per tutte (all’angelo della chiesa di…)2. autopresentazione di Cristo: ripresa a una a una delle qualità descritte nel cap.13. valutazione/giudizio: valutazione positiva o negativa di Gesù4. esortazione particolare: ricorda, convertiti, ecc.5. esortazione generale all’ascolto: valida per tutti6. promessa di un dono al vincitore

C’è un problema fondamentale che il risorto deve correggere, un’eresia che si sta diffondendo mista di giudaismo e gnosticismo che vede il materiale come insignificante per lo spirituale e che porta a conformarsi senza problemi alla mentalità di questo mondo riducendo il cristianesimo a puro fattore culturale: l’apocalisse diventa messaggio penitenziale. Efeso (2,1-7) ▪ Cristo rimprovera la perdita dell’amore con cui la comunità viveva all’inizio e minaccia di

toglierla dalla comunione con le altre chiese▪ si ricordano i nicolaiti, che contaminano la loro mentalità con quella del mondo, ma a chi vince

Cristo promette la vita (allusione sia a Gn sia al paradiso escatologico) Smirne (2,8-11) ▪ si parla di povertà: materiale - intellettuale cristologia semplice

ricchezza: spirituale - forza spirituale contro una cristologia complicata (eoni)▪ la bestemmia è dei giudei che accusano i cristiani (rigetto dalla sinagoga) o di quei giudeo-

cristiani che accusano gli altri ▪ i 10 giorni sono un tempo di sofferenza sufficientemente lungo ma determinato

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▪ la corona della vita è il contrario della seconda morte, è la salvezza eterna contro la dannazione o l’annientamento definitivo (questa seconda interpretazione non è contemplata dalla dottrina cattolica)

Pergamo (2,12-17) ▪ si riconosce alla comunità al forza nella prova data dai pericoli esterni, ma la si accusa della

tolleranza verso devianze interne (atti idolatrici, prostituzione a divinità pagane) di cui i nicolaiti sono espressione

▪ il dono del vincitore è una manna nuova, un cibo messianico (eucarestia) e una pietruzza bianca. Al tempo le pietre avevano vari utilizzi (amuleti, garanzia di innocenza in tribunale, invito a banchetti ufficiali, premio di gare sportive) ma ciò che contava era l’iscrizione e il colore; ora la pietruzza in questione è bianca (trascendenza, partecipazione alla vita divina) e con scritto un nome nuovo (persona interamente rinnovata dalla salvezza, perché solo Dio sa chi siamo fino in fondo)

Tiatira (2,18-29) ▪ l’idolatria è riferita a Gezabele (culto di Baal, scontro con Elia) ma sono le stesse parole usate per

Pergamo (v.20 = v.14)▪ dal letto dell’adulterio si passa al letto del dolore (legge del contrapasso)▪ le profondità di Satana sono fantasie su Dio inventate dagli gnostici per cui questi si sentivano

immuni da qualsiasi peccato prendendosi licenze morali (il corpo non incide sull’anima)▪ il vincitore riceve la stella del mattino, simbolo messianico (Ap 22,16) Sardi (3,1-6) ▪ è una comunità che è solo apparenza (Gc 2,17), è uno dei giudizi più severi delle 7 lettere; per

questo serve svegliarsi, vigilare▪ le vesti non macchiate sono quelle degli eletti di Dio, il risultato dell’opera salvifica di Gesù (Ap

6,11), è l’inizio dell’esistenza soprannaturale del cristiano, il cui compito è di non macchiarle Filadelfia (3,7-13) ▪ Cristo ha le chiavi, ha potere sulla morte, può scardinare le porte degli inferi e aprire quelle dei

cieli▪ la porta aperta può essere un orizzonte missionario▪ la comunità è debole ma è rimasta fedele (v. 8b) e ciò merita un dono: conversione degli eretici

(v.9)▪ immagine nuova: il vincitore come colonna del tempio. In Ap 21 il tempio scompare, Dio è

accessibile direttamente: essere colonna del tempio vuol dire allora vivere stabilmente alla presenza di Dio

▪ apporre il nome indica la proprietà (cfr Adamo in Gn); qui di nomi ce ne sono tre:- del mio Dio proprietà di Dio- della città cittadino di questa città (non ospite né straniero)- del mio nome nuovo di Cristo risorto, la nuova dignità cristiana

Laodicea (3,14-22) ▪ c’è una mediocrità che è peggio di una coscienza erronea▪ contrasto forte tra autopresentazione di Cristo (è l’amen, stabile, degno di fede, sicuro) e la

situazione della comunità (tiepida, si e no, misto); per uscire da questa incoerenza la chiesa deve tornare all’inizio, a Cristo risorto principio della creazione

▪ la mediocrità conformista genera in Cristo una reazione di rigetto▪ è il v.17 che descrive la realtà della comunità: infelice e miserabile (povertà spirituale), povero,

cieco e nudo (povertà materiale, realizzazione della prima)▪ per guarire serve comprare da Cristo ciò che può salvare: i laodicesi devono riconoscere che è

solo Cristo ad avere questi rimedi (tutti elementi presenti anche nella visione del cap.1); Cristo non solo da ciò che ha, ma anche ciò che è

▪ Cristo appare ora come viandante che bussa e aspetta di essere accolto per cenare insieme (essere in comunione, far partecipare alla vita divina)

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IL CENTRO DELLA LITURGIA (Ap 4-5) Le figure predominati in questi capitoli sono il trono e il libro. Per 10 volte ricorre la parola trono per indicare chi vi sta seduto, intorno abbiamo poi 4 esseri viventi e 24 vegliardi. Gli elementi preziosi, la mostruosità degli esseri, ecc. vanno decodificati e sono desunti da Ez 1, anche se alcuni sono semplificati (4 esseri viventi).4,1 porta aperta nel cielo: comunicazione diretta tra cielo e terra

voce: quella del Figliosalire in cielo: poter guardare la storia a partire dal punto di vista di Dio

4,2 rapito: per opera dello Spirito 4,3 diaspro e cornalina: in Es 28,17 sono pietre dell’abito sacerdotale, indicano lo splendore

divinoarcobaleno: gloria luminosa di Dio (Dio resta non descritto)

4,4 seggi: partecipazione a ciò che Dio vive24 anziani: 12 tribù + 12 apostoli (intero popolo di Dio) o 24 ordini sacerdotali (1Cr 24,3-19)

4,5 lampi e tuoni: elementi teofanici (trascendenza)lampade: 7 spiriti di Dio, natura settiforme dello Spirito

4,6 mare…cristallo: la acque sopra il firmamento di Gn 1,7in mezzo… intorno: sono emanazioni di Dio, indicano la possibilità di Dio di lasciare la sua trascendenza e comunicare immediatamente con tutta la varietà del creato; vista da noi è tutto il creato presente a Dio, vista da Dio è il suo arrivare insieme a tutto il creato4 esseri: 4 venti maggiori, 4 punti cardinaliocchi: provvidenza, Dio vede in contemporanea tutto il creato

4,8 santo…: è un autopresentazione di Dio o un’acclamazione di tutto il creato4,10 gettare le corone: riconoscere che l’autorità viene da Dio4,11 tu sei degno: linguaggio delle acclamazioni al re (nel 70 Vespasiano era salutato come vero

principe di Roma, titolo di cui era il solo degno); oppure derivante dalle liturgie dei primi secoli dove all’inizio del prefazio l’assemblea rispondeva con “è degno rendere grazie” (ciò che noi oggi diciamo con “è cosa buona e giusta”)

Se il cap.4 si ferma sulla centralità del trono, nel cap.5 la scena diventa dinamica.5,1 libro-rotolo: il riferimneto è a Ez 2,9-10 (questo continuo riferirsi a profeti indica che l’Ap si

presenta come spiegazione e continuità di quelle visioni); essendo un rotolo, in piccola parte (quella esterna) è leggibile, ma la gran parte del contenuto no, è sotto sigillo (ce ne sono 7)

5,2 si tratta di un messaggio che nel suo inizio dunque è già stato fatto conoscere, ma serve leggerlo nella sua interezza, serve uno che dischiuda la ocmprensione; ricordando che siamo dentro una liturgia possiamo dire che serve qualcuno che spieghi, una chiave di lettura per i progetto di Dio sulla storia (l’AT) e l’assemblea cristiana sa che questa chiave è Gesù: alla liturgia terrena corrisponde la liturgia celeste; così come in Lc 24 (Emmaus), Gesù accompagna la Chiesa spiegando le Scritture, è ciò che succede ogni domenica

5,5 la vittoria è quella della resurrezione e leone e germoglio sono titoli messianici di Cristo: è in base a questa vittoria che egli può aprire il rotolo

5,6 sul trono non c’è più Dio ma l’agnello (quello che prima era il leone) che porta i segni del’immolazione, ma che sta in piedi: è sgozzato ma è in piedi, è Gesù morto e risorto. L’agnello ha 7 corna (una forza straordinaria) e 7 occhi che sono i 7 spiriti (completamente ricolmo dello Spirito Santo, ha tutti i suoi doni): ha le stesse qualifiche di Dio e sul trono stanno entrambi, distinti come persone ma condividendo la stessa autorità (v.13)

I SIGILLI (Ap 6) Gli sconvolgimenti cosmici sono tipici dei racconti apocalittici, sono segni che preparano al momento finale e sono presenti anche nei sinottici in Mc 13, Mt 24, Lc 21. Ma il momento dell’ira di Dio diventa nello stesso tempo momento di salvezza e giustizia per i giusti. Come sempr eil

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riferimento è a un profeta dell’AT, nel caso Zac 1,8 e Zc 6 anche se li i cavalli sono messaggeri di Dio inviati a percorrere la totalità della terra. Qui gli elementi sono:1° cavallo bianco arco = ira di Dio; (corona)

ci sono due interpretazioni: se si accentua la possibilità di nuocere all’uomo, il cavaliere sarebbe l’anti-Cristo (bianco=stanico); se invece si accentua il servizio divino, sarebbe Cristo stesso (con corona, vittorioso), visione questa sorretta anche da Ap 19,11-16 e Ap 6,16 (ira dell’Agnello). L’arco infine ricorda le frecce dell’ira di Dio (Dt 32,41-42).

2° cavallo rosso spada = guerra è il colore del fuoco

3° cavallo nero bilancia = carestia in tempo di guerra il cibo va razionato, c’è un costo enorme del cibo

4° cavallo verde (calamità, carestie, ecc.) colore pallido dei cadaveri, ritornano le immagini precedenti; morte e inferi non sono due personaggi diversi ma la stessa realtà

5° anime il culto dei cristiani è strettamente legato ai testimoni (martiri) che continuano nel tempo, il loro sangue ha valore sacrificale (immolati, v.9); l’invocazione dei martiri (v.10) è segno che l’ira di Dio diventa atto di giustizia nei loro confronti

6° sconvolgimenti cosmici il cerchio si chiude (v.12) e lo sconvolgimento è proiettato in cielo (Mc 13,8.24-25); tutti vanno a nascondersi dall’ira dell’Agnello (come Adamo e Eva dall’ira di Dio)

7° al cap.8

INTERLUDIO (Ap 7) v.4 144.000 = 122 x 1000 (le tribù). Al primo posto c’è Giuda da cui Gesù è uscito. Essi sono la

Chiesa , il vero Israele, segnato col sigillo (battezzati)v.9 c’è il pericolo di interpretare i 144.000 con i cristiani provenienti dal giudaismo e la

moltitudine con quelli provenienti dal paganesimo: in realtà sono la stessa cosa, i 144.000 sono la moltitudine, è un distinzione solo di tempi diversi nel riconoscimento della salvezza, infatti tutti cantano, tutti compiono un atto cultuale.

LE TROMBE (Ap 8-9) Il settimo sigillo non ha ocntenuto proprio, è il contenitore delle trombe che hanno il compito di annunciare l’arrivo di Dio. Il collegamento è alle piaghe dell’Esodo: castigo per l’Egitto e salvezza per Israele. In Ap 8,1 il silenzio iniziale è forse liturgico, preludio al momento successivo. Il continuo ripetersi di un terzo dice che per quanto terribili, i disastri non distruggeranno mai tutta la terra.9,3 le cavallette oltre all’Es, richiamano anche Gl 1,4; 2,4-9 e sono descritte come un esercito. Al

contrario di quanto fatto finora, l’autore invece di semplificare, amplifica la descrizione. Tutto però resta in mano di Dio, anche la manifestazione del male

9,7 sono simbolo della guerra, ricordano un esercito, ma richiamano anche il dominio di uomini su altri uomini

9,8 hanno tratti di seduzione femminile9,10 hanno veleno, segno di menzogna9,14 l’Eufrate era il confine dove finiva la terra santa, da li ci si aspettava invasioni, un esercito che

richiama quello delle cavalette (9,10 = 9,19) ma che non distrugge tutta l’umanità (cfr 2Ts 2,3.7-13): è nel momento della fine che c’è la vittoria di Dio, come con Gesù (Fil 2; Gv 19)

La settima tromba sarà a Ap 11,15.

INTERLUDIO (Ap 10,1-11,14) Incontriamo qui tre figure: l’angelo possente (10,1-7)

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anche in Ap 5,2 c’era un angelo forte, forse è un parallelo con questo, ma le qualità dell’angelo del cap 10 sono divine: arcobaleno (Ap 4,3), sole (Ap 1,16), voce, gambe… sembra il Cristo (ma ci sono anche elementi contro questa identificazione, come ad es. il ruolo sminuito rispetto a quanto detto di Cristo nei capitoli precedenti)

un librettino ingoiato (10,2.8-11)in greco troviamo libro = βιβλίον

libretto = βιβλάριον (diminutivo)librettino/libricino = βιβλαρίδιον (diminutivo del diminutivo)

in Ap 10 troviamo proprio quest’ultimo per distinguerlo in maniera netta dal libro del cap.5, in più questo non ha sigilli, è meno solenne. In 10,11 si dice che il veggente deve profetizzare: se il ibro del cap.5 era la storia della salvezza che giunge a compimento in Cristo, quello del cap.10 si riferisce ai profeti che hanno il compito di tenere desta l’umanità proprio in attesa di quel compimento, è l’opera della Chiesa nell’attimo prima del giudizio

due testimoni (11,1-13)sono l’incarnazione della profezia (11,6) ed hanno i tratti di Mosè e di Elia. Il veggente riceve quindi l’incarico di misurare:▪ misurazione spaziale (il Tempio, ma non tutto, l’atrio va escluso)

(è la preservazione di un luogo mentre i 144.000 era la preservazione delle

│ └> atrio: lasciato ai pagani, profanata genti) └> santo: è la parte salvata, garantita, preservata ▪ misurazione temporale 42 mesi = 3 anni e ½ Dn, tempo della persecuzione di Antioco1260 gg ≈ 3 anni e ½3 gg e ½ richiama la stessa duratase 7 indica la perfezione, la metà (3½) indica il tentativo del male di diminuire la perfezione divina, che resta però limitato, un tempo infatti resta sempre preservato (come per la misurazione spaziale). Ciò significa che in un’unica azione ci sono sempre due risvolti: salvezza per alcuni e condanna per altri.La città invece ha un accumulo di nomi: il Tempio si riferisce a Gerusalemme, ma è anche Sodoma (immoralità) e Egitto (oppressione); l’identificazione è però con Roma, nemico di Gerusalemme (sotto c’è il solito dualismo tra chi e dentro e fuori la protezione di Dio)I due testimoni vengono definiti ulivi (Zc 4,3.14 = profeta Giosuè e re Zorobabele, i due unti del Signore) indentificati spesso con Pietro e Paolo. Non si deve però cercare di identificarli, quanto piuttosto di guardare alla loro funzione (figure esponenziali, rappresentative): sono 2, nessuno attira a su di sé l’attenzione, hanno funzione profetica e seguono la sorte di Gesù (derisione, morte, resurrezione).

SETTIMA TROMBA (Ap 11,15-19) Introduce il canto di adorazione di tutto il creato in cui si riconosce la sovranità di Dio sulla storia, adorazione che va di pari passo a Dio e a Gesù (v.15), due figure che esercitano un’unica autorità (appartiene = singolare; Signore e Cristo = plurale; egli = singolare). Sono i vegliardi che intonano la lode - ringraziano perché Dio ha compiuto l’estensione del suo regno

- i pagani fremono contro Dio il quale per risposta manifesta la sua ira- l’ira non è condanna ma giudizio e ricompensa- i servi di Dio sono profeti, santi (i cristiani), piccoli e grandi - i nemici che distruggono la terra saranno per contrappasso distrutti da Dio

Se a 11,1 c’era il tempio della terra, in 11,19 compare quello del cielo: quest’ultimo è il prototipo del primo (secondo l’idea giudaica di Es 25,9 ripresa anche in Eb 9,12-24: Cristo offrendo se stesso porta nel santuario del cielo il suo corpo immolato). Poi c’è l’arca (andata perduta) che è segno

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Merismo: figura retorica in cui si prendono gli estremi per dire il tutto

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dell’alleanza; essa è custodita in cielo, è lì il centro più intimo della volontà divina: l’intenzione di Dio di essere sempre e comunque fedele a questa alleanza.

LA DONNA, ILDRAGO E LE BESTIE (Ap 12-13) In Ap il diavolo è il nemico di Dio e perciò cerca di rubarne e scimmiottarne le prerogative: alla trinità di Dio si contrappone una trinità del male, una parodia di Dio.Abbiamo quindi: drago Dio

1ª bestia Figlio2ª bestia Spirito (l’idea èla stessa: la Chiesa soffre ma è sempre curata da Dio)

Descrizione del drago:▪ in 13,2 il drago ha un trono in cielo come Dio e divide la sua autorità con un essere simile a lui

(come fa Dio)▪ si presenta come mostro del caos (alcuni ne vedono una rilettura cristiana del mito greco)▪ l’autore riprende le qualità descritte in Dn 7,1-8 e le divide tra drago e bestia▪ le qualità di 12,3 sono: 7 teste = potere molto forte e intelligente;

10 corna = potenza; 7 diademi = regalità

▪ in 12,4 il drago fa guerra alla donna (si dividono il ruolo di protagonista tra gli esegeti): è il drago che perseguita, combatte, precipita (v.9,10,13), continua a perseguitare sulla terra

▪ in 12,9 si parla di drago = serpente = diavolo = satana, per cui il drago non è un inviato di satana, è lui stesso. In Gn 3,15 la donna (Eva) indica l’umanità e la sua stirpe (in greco termine maschile) è il messia, costui riuscirà a sconfiggere il serpente. In Ap la donna è Israele (12 stelle, Mosè ha il volto che brilla). Ci sono anche allusioni a Es: rifugio nel deserto, ali d’aquila (Es 19,4; Dt 32,11), nutrizione straordinaria (manna), il drago come il faraone perseguita Israele (Ez 29,3; 32,2 dice che il faraone è un coccodrillo), il fiume è l’esercito egiziano (Es 15,12) inghiottito dalla terra

Ma chi è la donna? Due sono le risposte possibili:▪ interpretazione ecclesiologica: la Chiesa▪ interpretazione mariologica: Maria (per il resto vedi corso di Mariologia)La battaglia:▪ il potere che il drago aveva (in parallelo e contro Dio) viene meno (12,8) ed egli è sconfitto e

precipitato sulla terra▪ inizia così un epinicio (canto sulla vittoria)▪ che satana sia precipitato è una delle affermazioni più forti del NT (Lc 10,18; Gv 12,31)▪ dopo Pasqua (vittoria di Gesù) satana non è più lo stesso perché gli è tolto il cielo, l’ambito del

suo dominio è solo la terra▪ satana è accusatore (Gb, Zc) perché mette in dubbio la sincerità e la fedeltà degli uomini verso

Dio▪ la vittoria è garantita dalla morte di Gesù (vittoria-morte)▪ satana si scatena perché è spaventato e continua a far guerra ai cristiani La prima bestia:▪ molto somigliante al drago (teste, corna) e sempre riferita a Dn▪ sale dal mare, casa delle forze avverse▪ ha dei titoli blasfemi che permettono di identificarla con gli imperatori romani (divinità)▪ 13,3 sembra far riferimento a Nerone (suicidato) e al ristabilimento dell’impero, ma è sempre una

parodia, questa volta di Cristo morto e risorto, ferito ma in piedi▪ ci si chiede allora chi abbia il potere sulla terra: è la domanda di ogni cristiano ▪ gli adoratori della bestia sono tutti coloro che non hanno il nome scritto nel libro della vita; fin

dalla fondazione del mondo può essere riferito ai cristiani ma anche all’agnello immolatoLa seconda bestia:▪ è il falso profeta che vuole spingere ad adorare il drago

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▪ vv. 16-17 marchia gli uomini (v/s sigillo dei salvati in Ap 7,3; 9,4); il termine greco di marchio indica il sigillo imperiale (allusione forte) e i marchiati infatti devono dare culto all’imperatore; il marchio poi permette l’ingresso in un mondo commerciale preciso, quello romano

▪ il nome della bestia è simbolico (il 6 è un 7 imperfetto) ed è l’imitazione mal riuscita di Dio (l’interpretazione più diffusa è quella dell’imperatore Nerone)

ALTRI DATI (Ap 14-15) 14,6 l’angelo annuncia il giudizio14,14 l’ora del giudizio = mietitura al v.16; vendemmia al v.18: la pigiatura è l’ira di Dio15,2 inizia il cnato di Mosè e dell’Agnello, è un canto di lode, trionfale, perché il giudizio è

giunto15,5 inizia il setteneraio dei flagelli/coppe (molto simile a quello delle trombe)

vedi fotocopia n°22c’è quasi una ripetizione ma con una differenza: nelle trombe si colpiva ⅓, qui invece è tutta la realtà a essere colpita. L’allusione resta sempre quella delle piaghe d’Egitto.

LE DUE CITTA’ (Ap 17 e 21-22) La descrizione di Babilonia è in parallelo e antitesi a quella di Gerusalemme:

17,1 angelo 21,917,3 monte 21,1017,4 abbigliamento 21,217,1 prostituta 21,2 (sposa fedele)18,2 caduta = condanna 21,2-10 (scende dal cielo gloriosa)

Che Babilonia fosse caduta lo sapevamo già da Ap 14,8. Due sono le immagini: la donna e la bestia (17,1-18). Questa bestia ha le stesse caratteristiche di Ap 12, è in antitesi con la divinità perché era e non è più (17,8), riappare ma va in perdizione (17,11): è la negazione del nome di Dio (l’identificazione sembra con Nerone). La donna che cavalca la bestia si contrappone al logos di 19,11.14 che era sul cavallo bianco: schiere messianiche e sataniche si contrappongono.▪ bestia e donnna sono rosse, come i paramenti imperiali▪ la donna tiene in mano una coppa d’oro contenente i frutti della prostituzione (= idolatria) cui si

contrappongono le coppe dell’ira di Dio▪ il luogo è presso le grandi acque (Babilonia) ma l’angelo le spiega come popoli, nazioni (Roma

ha una fiumana di genti diverse)▪ i 7 colli su cui è seduta portano a Roma▪ i 7 re probabilmente sono quelli contemporanei all’autore, non serve elencarli, indica un potere

romano per un lungo periodo cui seguono 10 re che regnano per poco tempoAl cap 18 c’è l’annuncio della caduta di Babilonia (18,2) con la descrizione delle calamità che si abbattono su Roma. Ad esso corrisponde il canto di esultanza in cielo del cap. 19: è la prima volta in Ap che si canta alleluja. Sulle rovine della città non viene annunciata la costruzione di una nuova, ma le nozze dell’Agnello dove la sposa è la nuova Gerusalemme. In Ap 19,8 viene descritto il suo abbigliamento, la cui preziosità è data dalla coerenza dei santi (descrizione che si completerà in Ap 21). Nel cap.20 c’è la battaglia tra le schiere con la contrapposizione del regno del Messia (millenario) e quello del drago (molto più breve). Il destino finale è descritto poi nel cap.21 non con immagini bucoliche (come nell’immaginario greco-romano) ma urbane: Gv parla non ai singoli ma alla comunità. Con l’immagine della città si sottolinea l’aspetto delle relazioni, dei mali, della vita in sintonia: questo è il “paradiso”. Guardando all’AT, si vede che tutto è teso alla terra promessa e appena arrivatici si costruiscono città: da tende a case, dalla Tenda al Tempio. Quella di Ap però non è più una città delimitata geograficamente, ma che scende dal cielo, ideale, dove c’è un rapporto diretto con Dio senza per questo distruggere la dimensione umana (resta importante il contributo di ogni singolo). Non è nemmeno il ritorno all’Eden, ma questa nuova città avrà tutti gli

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elementi del paradiso terrestre (fiume, bontà), sarà non un tornare indietro ma un andare avanti, nemmeno il Tempio e la liturgia serviranno più. È una città cosmopolita, universale, definita come sposa, indice di un amore fedele, paritetico, l’espressione più alta per ogni uomo (immagine carica di riferimenti all’AT, rapporto Dio-popolo/sposa). La fine è quindi una festa di nozze piena e prolungata per Dio e per l’uomo.La Gerusalemme celeste è descritta in tre unità:

21,2 // 21,9 sposa21,8 // 21,27 condanna, chi non entra21,23 // 22,5 luce

Possiamo allora vedere che Ap 21,1-8 è ripreso in Ap 21,9-27 e poi in Ap 22,1-5 per concludersi in un epilogo liturgico in Ap 22,6-21.Ap 21,1-8

è il mondo nuovo caratterizzato dalla dimora di Dio stabile tra gli uomini; non c’è più il mare; la tenda (schenè) richiama la gloria (scechinà); Colui che siede sul trono da l’acqua della vita (Spirito) e l’uomo ora può dissetarsi

Ap 21,9-27la città ha 12 porte, 3 per lato (apostoli, tribù) indice che tutti (eccetto gli impuri, ecc.) possono entrarvi; è universale, non ha bisogno di difendersi; le misure dicono che lunghezza, larghezza, altezza sono tutte di circa 2000 Km (un cubo) con mura di soli 65 m (non c’è niente da cui difendersi); la dimensione cubica (perfezione) richiama il santo dei santi, ora accessibile a tutti e comprendente tutta la città (non più solo una parte riservata del Tempio); la città è preziosissima, perché ciò che Dio tocca diventa esageratamente ricco e bello: è lì dove abita Dio; la città non ha tempio, Dio si incontra ovunque, non ci sono più recinti sacri. Questa descrizione della Gerusalemme celeste parla di una gloria di Dio che brilla in essa, tanto che non serve più la luce del sole

Ap 22,1-5al centro della piazza c’è un albero e la sorgente di un fiume (Ez 47) che hanno proprietà curative; anche se l’immagine del v.2 è “irrealizzabile”, ciò che si vuole sottolineare è la fecondità, ripresentazione trasfigurata del giardino di Gn. Alcuni vedono in quest’acqua i sacramenti che irrigano di Spirito l’umanità intera.

L’aspetto principale comunque è che oramai la relazione con Dio è immediata!

EPILOGO (Ap 22,6-21) Emerge la connotazione liturgica proprio dal v.21.v.6 riprende Ap 1,1, introduce la conclusione (le cose che accadranno tra breve sono state

mostrate)v.7 riprende la beatitudine già vista in Ap 1,3La connotazione liturgica emerge ora nell’invocazione vieni tipica delle prime comunità, segno che nella liturgia come nella Gerusalemme celeste c’è un dialogo con Dio. Gesù poi dà la garanzia finale: verrà presto.

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