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FrancoAngeli EREDI DI LAURA BASSI Docenti e ricercatrici in Italia tra età moderna e presente A cura di Marta Cavazza, Paola Govoni, Tiziana Pironi

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FrancoAngeli

EREDIDI LAURA BASSIDocenti e ricercatrici in Italiatra età moderna e presente

A cura di Marta Cavazza,Paola Govoni, Tiziana Pironi

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Indice

Introduzione. Docenti e ricercatrici in Italia tra età moderna e presente, di Marta Cavazza, Paola Govoni e Tiziana Pironi

Parte I - Donne nella scuola, ieri

Le monache insegnanti e l’educazione conventuale delle giovani, di Gabriella Zarri

La Maestra di Bologna. Laura Bassi, una donna del Settecento in cattedra, di Paula Findlen

Essere maestre in Italia fra Otto e Novecento, di Carmela Covato

Diventare maestre nella Scuola Normale ‘Laura Bassi’ di Bolo-gna dopo l’Unità, di Mirella D’Ascenzo

Parte II - Donne nella scuola, oggi

Il professorato nella scuola secondaria in Francia: un trampolino di lancio o una «semi-relegazione» per le donne?, di Marlaine Cacouault-Bitaud

L’insegnamento: una professione femminile?, di Alessandro Cavalli

Donne docenti: genere, pedagogie e modelli educativi, di Silvia Leonelli

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In cattedra contro gli stereotipi: insegnanti donne e contrasto agli squilibri di genere nelle materie tecnico-scienti!che, di Carlo Tomasetto

Parte III - Donne e ricerca nell’università, in Italia e a Bologna

Ricercatrici e docenti nell’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna: situazione e prospettive, di Rosella Rettaroli

Studiose e scienziate dell’Università di Bologna, di Dario Braga

«Mettere il genere in agenda». Donne, diritti e università, di Carla Faralli

Studi di genere fuori e dentro l’università italiana: un paese in ritardo, di Annamaria Tagliavini

Investimenti a perdere: le italiane istruite, di Monica D’Ascenzo

Autori e autrici

Indice dei nomi

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La Maestra di Bologna. Laura Bassi, una donna del Settecento in cattedra*

di Paula Findlen

Il 12 maggio 1732 la giovane !glia di un avvocato bolognese conseguì la laurea in Filoso!a presso l’Università di Bologna, con grande plauso di pubblico. “Noi abbiamo qui una Dottoressa, che non ha più di 20 anni…” scrisse il poeta e pittore Giampietro Zanotti, che presenziò a quest’even-to straordinario con forte curiosità e crescente ammirazione per la donna che ne era protagonista. “Ha nome Laura Maria Cattarina Bassi e sostiene le sue conclusioni quanto possa farsi da alcun buon Maestro”1. Il diploma universitario che Laura Bassi ottenne nel 1732 rappresentò effettivamen-te il primo scalino della sua lunga e rinomata carriera come la più celebre donna docente di Bologna. Dal 1732 !no alla sua morte nel 1778, Bassi in-segnò !loso!a, e soprattutto !sica sperimentale, nelle principali istituzioni educative della città così come a casa propria. Era ampiamente conosciu-ta in tutta l’Italia, anzi nell’Europa intera, come uno dei migliori docenti di !sica della sua generazione. I !loso! sperimentali delle più giovani gene-

* Un sentito ringraziamento va a Marta Cavazza, mia interlocutrice per anni nella no-stra comune infatuazione per Laura Bassi, per aver organizzato, nel 2011, una così nume-rosa serie di eventi in celebrazione del trecentesimo compleanno di Bassi, tra cui questo convegno, e per aver generosamente condiviso la sua competenza e la sua preparazione. Una simile pubblicazione in ricorrenza dell’anniversario è una buona occasione per ricor-dare l’altrettanto importante lavoro di Patrizia Busi, Beate Ceranski, Alberto Elena e del-la compianta Gabriella Berti Logan, che, a partire dagli anni Novanta hanno tracciato un percorso nello studio di questi documenti, facendo della scuola storiogra!ca Bassiana un progetto davvero fecondo, nonché internazionale in quanto esteso in cinque paesi. Siamo tuttavia tutti indebitati con le precedenti generazioni di studiosi bolognesi, tra cui soprat-tutto Giusto Cenerelli, Giovanni Battista Comelli, Elio Melli, Gian Ludovico Masetti Zan-nini, e prima di loro Giovanni Fantuzzi, biografo di Bassi del diciottesimo secolo, e il suo immediato successore dell’inizio del diciannovesimo, Antonio Magnani, che aprirono la via. In!ne, un sentito ringraziamento va anche a Bianca Facchini, che ha tradotto in italia-no il mio testo.

1. Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Bologna (d’ora in poi BCAB), B. 382, lett. 34 (Giampietro Zanotti al Padre Giampietro Riva, Bologna, 22 giugno 1732).

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razioni che studiarono sotto la sua guida, tra cui il suo illustre cugino Laz-zaro Spallanzani, erano soliti fare riferimento a Bassi con l’appellativo di “venerata Maestra”, manifestando così la loro ammirazione per la grande competenza con cui l’insegnante padroneggiava la propria disciplina e per le sue notevoli abilità pedagogiche nello spiegare e nel dimostrare le leggi della !sica2.

Il ruolo inusuale rivestito da Bassi nella Bologna del diciottesimo secolo rappresentò l’esito di una lunga tradizione di dotte donne associate all’uni-versità, inaugurata dalla leggendaria Bitisia Gozzadini che, a quanto si tra-manda, ottenne una laurea in diritto canonico e nel 1236 una cattedra nel-la stessa materia. Stando a una versione ampiamente posteriore al fatto, al momento della sua morte, nel 1261, il suo corpo fu esposto nella basilica di San Petronio (iniziata però solo nel 1390!) alla vista di tutti i cittadini di Bologna, rivestito della toga, della mantella e dell’anello dottorali per in-dicare che ella era realmente una magistra et doctrix3. Gozzadini rappre-sentò l’antenata mitica di Laura Bassi, che sarebbe sempre stata vista come la personi!cazione vivente dell’evoluzione della tradizione medievale delle dotte donne docenti, e celebrata “con lode non inferiore a quella, con che ne’ tempi antichi professarono legge altre nostre gloriose cittadine”4.

La !gura di Bitisia Gozzadini è all’origine di una tradizione che include varie altre donne bolognesi vissute tra il quattordicesimo secolo e gli inizi del quindicesimo: Novella d’Andrea, una delle due colte !glie del famoso giurista Giovanni, che all’inizio del quattordicesimo secolo pare insegnas-se diritto canonico ai suoi studenti stando dietro una tenda per preservare la propria modestia; Alessandra Giliani da Persiceto, che si dice assistesse alle dissezioni del famoso anatomista medievale Mondino de’ Liuzzi; Mad-

2. Vedi in particolare M. Cavazza, “Laura Bassi,‘maestra’ di Spallanzani”, in W. Ber-nardi e P. Manzini, a cura di, Il cerchio della vita, Olschki, Firenze, 1999, pp. 185-202. Come Spallanzani, anche Rocco Bovi avrebbe chiamato Bassi mia venerata Maestra; vedi A. Minasi, O.P., Dissertatione seconda su’ de’ timpanetti dell’udito scoverti nel Granchio Paguro e sulla bizzarra di lui vita, Napoli, 1775, dedica di R. Bovi (10 settembre 1775), pp. non num.

3. Per un’in"uente biogra!a di Gozzadini, vedi le aggiunte cinquecentesche a G. Boc-caccio, Libro di M. Giovanni Boccaccio delle Donne Illustri. Tradotto di Latino in Vol-gare per M. Giuseppe Betusi, con una giunta fatta dal medesimo d’altre Donne Famose. E un’altra nuova giunta fatta per M. Francesco Serdonati, d’altre Donne Illustri Antiche e Moderne, Firenze, 1596, pp. 544-46. La più ampia storia delle donne laureate e docenti dell’Università di Bologna è discussa in L. Toschi Traversi, “Verso l’inserimento delle don-ne nel mondo accademico”, in Alma mater studiorum. La presenza femminile dal XVIII al XX secolo, Clueb, Bologna, 1988, pp. 15-37; M. Cavazza, “Dottrici e lettrici nell’Universi-tà di Bologna nel Settecento”, Annali di Storia dell’Università 1, 1997: 109-125.

4. La citazione è tratta dal necrologio di Bassi negli Avvisi di Bologna (25 febbraio 1778), riportato anche in Elisabetta Caminer Turra, “Morte di donna celebre”, Giornale enciclope-dico (marzo 1778): 39.

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dalena Buonsignori, che sembra succedesse a Bitisia nell’insegnamento del diritto canonico, e Dorotea Bocchi, !glia di un professore di medicina, che sembra guadagnasse 100 scudi insegnando medicina dal 1390 al 14365. Quando, nel 1596, Francesco Serdonati pubblicò le sue aggiunte al De mu-lieribus claris di Boccaccio, lodò particolarmente Bologna per aver “pro-dotto in diversi tempi donne dottissime in ogni sorta di lettere”. L’idea che Bologna fosse una città di erudite e docenti era stata rafforzata dall’uscita, nello stesso anno, del primo volume della Historia di Bologna di Cherubi-no Ghirardacci6.

All’altezza del diciottesimo secolo questi antichi racconti di donne do-centi erano ormai divenuti materiale da leggenda. La mancanza di docu-mentazione istituzionale a prova della loro esistenza e attività rendeva l’in-tera storia alquanto sospetta. Una disputa su questo argomento esplose all’epoca dell’infanzia di Laura Bassi. Nel 1722 ella fu testimone dei vani sforzi intentati dal nobiluomo bolognese Alfonso Del!ni Dosi perché la !-glia Maria Vittoria ricevesse una laurea in legge. La sedicenne Maria Vit-toria fu esaminata su diverse tesi legali in una solenne cerimonia pubblica tenutasi al Collegio di Spagna, ma non ottenne né una laurea né una catte-dra7. Il Collegio dei dottori di Giurisprudenza ri!utò di partecipare, addu-cendo ad argomento la mancanza di attestazioni a supporto dell’esistenza della Gozzadini, della quale non rimaneva alcuna testimonianza negli ar-chivi. Poiché !no al 1351 l’Università di Bologna non usava serbar traccia dei suoi professori, né, in epoca anteriore al quindicesimo secolo, era solita

5. Boccaccio, Libro di M. Giovanni Boccaccio delle Donne Illustri, p. 578; G.N. Alido-si Pasquali, Catalogo di tutti i Dottori Collegiati in Filoso!a e Medicina, Bologna, 1664, p. 16. Per una discussione critica volta a stabilire se le sorelle d’Andrea insegnassero davvero a Bologna e Padova, vedi G. Rossi, “Contributi alla biogra!a del canonista Giovanni d’An-drea: l’insegnamento di Novella e Bettina, sue !glie, ed i presunti responsa di Milancia, sua moglie”, Rivista trimestale di diritto e procedura civile 11 (1957): pp. 1451-1502, ristampato in Rossi, Studi di storia giuridica medievale, Milano, 1997, pp. 389-456. Ringrazio Robert Fredona per avermi fornito questo riferimento bibliogra!co. Cf. N. Wandruszka, Novella und Christine. Zur Historizität gelehrter Frauen an der Universität Bologna (www.wandru-szka-genealogie.eu/Literatur/Novella%20und%20Christine%202013.pdf (6/10/2013); S. Kel-ly Wray, “Law Faculty Wives of Trecento Bologna”, in G.M. Anselmi, A. De Benedictis, and N. Terpstra, eds., Bologna. Cultural Crossroads from Medieval to Baroque: Recent An-glo-American Scholarship, Bononia University Press, Bologna, 2013, pp. 45-56.

6. Boccaccio, Libro di M. Giovanni Boccaccio delle Donne Illustri, p. 544; e Cherubi-no Ghirardacci, Della historia di Bologna, 3 voll. (1596-1657)

7. E. Orioli, “Una cultrice di diritto a Bologna nel XVIII secolo”, L’Archiginnasio 6 (1911): 25-31; Toschi Traversi, “Verso l’inserimento delle donne”; D. García Cueto, “La ce-lebracion de la sabiduria. Maria Vittoria Del!ni Dosi y la presentación pública de sus con-clusiones académicas en Bologna (1722)”, in Felipe Serrano Estrella et. al., Docta Miner-va. Homenaje a la profesora Luz de Ulierte Vázquez (Universidad de Jaén, Servicio de Publicaciones y Intercambio Scienti!co, Jaén, 2011), pp. 405-414.

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registrare le lauree conferite, tra memoria storica e prove archivistiche era venuto a crearsi un notevole iato8. L’unica laureata donna di documentata esistenza era la veneziana Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, che nel 1678 ricevette una laurea in Filoso!a dall’Università di Padova, dopo essersi pe-raltro vista ri!utare quella in Teologia a motivo del fatto che un simile ri-conoscimento avrebbe violato il decreto paolino che interdiva alle donne di discutere pubblicamente di materie sacre e, tanto più, di essere quali!cate per insegnare teologia9.

La completa assenza di effettiva documentazione relativa alla medieva-le Gozzadini metteva in dubbio l’intera tradizione bolognese delle donne dotte e docenti. I sostenitori della laurea di Del!ni Dosi assemblarono per conto proprio qualche dubbia testimonianza dell’esistenza di Bitisia Gozza-dini. Essi sostenevano con convinzione che al centro della famosa imma-gine di Bononia Mater Studiorum c’era l’idea della Maestra10. Una delle principali obiezioni alla laurea in legge a Del!ni Dosi, nel 1722, riguarda-va l’idea stessa di una donna professore. I contrari affermavano che gli stu-denti maschi sarebbero accorsi in massa alle sue lezioni per pura curiosità, privando quindi i suoi colleghi maschi degli introiti supplementari deri-vanti dall’insegnamento. Essi erano inoltre dell’avviso che, “dovendo leg-gere una Dama su le Scuole pubbliche, sarebbe necessario dare a Cotesta un Nobile Onorario, che privarebbe li Dottori, che non gli fosse accresciu-to il loro”11. Alla !ne la visione conservatrice prevalse, per quanto non sen-za aperte obiezioni da parte di quanti ritenevano che i tempi fossero maturi per ride!nire la tradizione medievale del dottorato femminile. L’università non concesse a Del!ni Dosi né una laurea né una cattedra, e non avrebbe licenziato donne giuriste per almeno due secoli, !no a quando, nel 1907, Carolina Pigorini si laureò a Bologna12.

8. Per una panoramica aggiornata su quest’argomento, vedi C. Dolcini, “Lo Studium !-no al XIII secolo”, G. Mazzanti, “Lo Studium nel XIV secolo”; A. Padovani, “Lo Studium nel XV secolo”, in R. Zangheri, Direttore, Storia di Bologna, vol. 2. Bologna nel Medioe-vo, a cura di O. Capitani, Bononia University Press, Bologna, 2007, pp. 477-498, 951-975, 1017-1041.

9. F.L. Maschietto, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (1646-1684) prima donna laurea-ta nel mondo, Editrice Antenore, Padova, 1978.

10. Biblioteca Universitaria, Bologna (d’ora in poi BUB), ms. 775, c. 29. L’attestazio-ne più dubbia è costituita dal libro Bitisia Gozzadini seu de mulierum doctoratu (Bologna, 1722), scritto da Alessandro Macchiavelli e pubblicato a nome del fratello di lui, Carlo Antonio. Questo affascinante tentativo di fabbricare prove a favore del dottorato femmini-le era ben conosciuto e ampiamente dibattuto a Bologna nel corso del decennio prima che Bassi si laureasse e diventasse una docente. Vedi la biogra!a di M. Cavazza in DBI, s.v. “Macchiavelli, Alessandro”.

11. BCAB, B. 942, cc. 603-604.12. B. Dalla Casa, F. Tarozzi, “Da ‘studentinnen’ a ‘dottoresse’: la dif!cile conqui-

sta dell’istruzione universitaria tra ’800 e ’900”, in Alma Mater Studiorum, p. 172. La pri-

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Gli eventi del 1732 s!darono, o per meglio dire capovolsero, la decisione di dieci anni prima, sebbene in un ambito completamente diverso. Nei qua-rantasei anni successivi, Laura Bassi trasformò in realtà il mito della don-na professore, e questo non nel campo della giurisprudenza, ma in quello della !sica, che rientrava allora nell’antica disciplina della !loso!a. Rispet-to a giurisprudenza e medicina, la !loso!a aveva implicazioni professio-nali molto meno de!nite quanto a ciò che un laureato della facoltà di Arti avrebbe potuto fare con un simile diploma in mano. Di conseguenza, Bas-si divenne un professore senza una professione che si estendesse al di là dell’università13. La natura innovatrice della sua esperienza era de!nita dal suo status di insegnante, anche se si sarebbe guadagnata una notevole re-putazione anche come sperimentatrice e ricercatrice. Nel corso della sua carriera, Bassi si batté strenuamente per affermare il proprio diritto a met-tere in atto questo aspetto della sua identità accademica. Agì in questo sen-so praticamente ad ogni livello della società cui apparteneva: dagli studenti che componevano la sua classe, ai visitatori della città, al più vasto mon-do esterno che ebbe notizia della sua fama. Bassi avrebbe dato origine a una concreta discendenza – rintracciabile nel corso del diciottesimo secolo e all’inizio del diciannovesimo – di professori donne e di studenti maschi che onoravano l’idea della Maestra, trasformando così il fantasma della donna docente medievale in un retaggio produttivo per le proprie attività. Il suo prestigio di esperta insegnante fu dovuto, in primo luogo, al ricono-scimento dei professori che la formarono con successo e derivò in seguito dalla sua versatilità nel creare un luogo per il suo insegnamento e, in!ne, dalla sua abilità nell’educare studenti e colleghi più giovani nel campo del-la matematica e, soprattutto, della !sica sperimentale. A volte i miti diven-tano realtà.

ma donna moderna a ottenere una laurea in legge in Italia fu Lidia Poët, a Torino nel 1881, che succedeva alla precedente laureata in legge Maria Pellegrina Amoretti (Pavia 1777), che a sua volta trasse ispirazione dalle storie medievali di donne studentesse e professores-se studiose di diritto e dalla più concreta realtà data dalla presenza di Laura Bassi a Bolo-gna. Né Amoretti né Poët esercitarono mai nel campo giuridico: G. Zaf!gnani, L’universi-tà e la ragazza. La verità sulla prima laurea in Legge ottenuta in Europa da una donna: Maria Pellegrina Amoretti, Pavia, 1777, Buonanno, Acireale e Roma, 2010.

13. Sulle ansie relative all’identità professionale si sono rivelati illuminanti: D. Biow, Doctors, Ambassadors, Secretaries: Humanism and Professions in Renaissance Italy, University of Chicago Press, Chicago, 2002; G.W. McClure, The Culture of Profession in Renaissance Italy, University of Toronto Press, Toronto, 2004. Sull’identità intellettuale e professionale dei professori universitari della prima età moderna, vedi W. Clark, Aca-demic Charisma and the Origins of the Research University, University of Chicago Press, Chicago, 2006.

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La formazione di una Maestra

Nel 1732 la laurea e la cattedra di Laura Bassi risolsero la sempre viva controversia volta a determinare se ci fossero mai state o dovessero esser-ci donne professore. Come tutte le donne colte di Bologna, Bassi fu inizial-mente istruita a casa, dove poteva contare su una biblioteca piena dei libri legati agli studi legali e umanistici di suo padre Giuseppe (il quale, quan-do la precoce Laura aveva undici anni, assistette in maniera indubbiamen-te simpatetica al fallimento della laurea della giovane Del!ni Dosi). Lo-renzo Stegani, un cugino sacerdote di Bassi, la aiutò a incrementare le sue capacità linguistiche in latino e francese. Al primo esplodere della celebri-tà della cugina, egli rivendicò orgogliosamente il merito di aver inaugura-to la sua educazione: “mi scelsi di somministrarvi quei primi necessari ru-dimenti, ond’altri poi instruire vi potesse in quelle scienze, per cui tanto il vostro nome a quest’ora suona per tutta Italia…”14. Don Stegani ricordava con appassionato affetto il suo grande piacere nell’ascoltare la giovane cu-gina raccontare quello che aveva appreso dal medico di famiglia Gaetano Tacconi. Nel curare Maria Rosa Cesari, madre di Laura, Tacconi rimase colpito dall’intelligenza vivace e dalla facilità d’apprendimento della fan-ciulla e ottenne dal padre Giuseppe il permesso di istruirla in logica, !lo-so!a e meta!sica. Novello Pigmalione desideroso di fare della Bassi la sua Galatea, egli completò il suo esperimento componendo un’orazione in ono-re delle donne studiose di !loso!a, De philosophicorum studiorum utilitate in mulieribus desiderabilium, che purtroppo è andata perduta. Anni dopo, quando aveva da tempo perduto ogni con!denza con la sua celebre alun-na, Tacconi ricorderà al Senato di Bologna di aver reso un servizio alla cit-tà scoprendo e coltivando il talento della giovane Bassi, che in adolescenza era stata da lui formata e “addottrinata p[er] lo spazio di sette e più anni”15.

Altri furono più colpiti dall’alunna che dal “suo Maestro”16. Per quan-to non si astenesse dal dispensare mordaci commenti su quanto Bassi aves-se potuto apprendere da Tacconi, che non era certo una mente originale,

14. L. Stegani, a cura di, Rime in lode della Signora Laura Bassi, Bologna, 1732, dedi-ca “Alla dotta, ed erudita giovane Signora Laura Maria Cattarina Bassi”, pp. 1-3.

15. Archivio di Stato, Bologna (d’ora in poi ASB), Assunteria di Studio, Requisiti dei Lettori, vol. 27, n. 3 (Gaetano Tacconi, 26 novembre 1743). Sull’istruzione di Bassi da par-te di Tacconi, vedi M. Medici, Elogio di Gaetano Tacconi (1849), pp. 213-214. Il periodo di formazione di Bassi è ben discusso anche in B. Ceranski, Und sie fürchtet sich vor nieman-dem”: Die Physikerin Laura Bassi (1711-1778), Campus Verlag, Frankfurt, 1996, pp. 21-78.

16. Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Bologna (d’ora in poi BCAB), B, 163, lett. 213 (Giampietro Zanotti a Eustachio Manfredi, Bologna, 9 luglio 1732), lett. 223 (19 no-vembre 1732), con citazione dalla seconda lettera. Vedi anche Biblioteca Gambalunga, Ri-mini (d’ora in poi BGR, Lettere autografe (Bianchi a Leprotti, Rimini, 9 febbraio 1733).

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la stragrande maggioranza della comunità accademica bolognese cionono-stante avvertiva che ella meritava un certo grado di riconoscimento per i suoi risultati. Il problema diventò se la città avrebbe !nalmente superato la sua riluttanza a reinventare l’idea della donna professore. “Povera Ragazza ma più povero Paese se non dà alcun premio a questa fanciulla dotta e ra-ra!” esclamò, nell’agosto 1732, Giampietro Zanotti. “Staremo a vedere”17. Nei mesi successivi, si formò l’opinione condivisa che la sua bravura fos-se almeno pari a quella di molti professori. Questo, in breve, divenne il punto cruciale della questione. Se la giovane Bassi dimostrava competen-za “per le medesime cose nella medesima maniera”, perché le doveva es-sere ri!utata una cattedra?18 Simili commenti rivelano un mutamento d’at-titudine quanto alle circostanze in cui le donne possono essere considerate degne di un riconoscimento per i loro meriti intellettuali, mutamento che portò la città a ritenere che fosse in!ne tempo di riconoscere il valore del-le donne dotte.

Un ideale di parità emerse nel contesto di grande eccezionalità che giu-sti!cò il successivo passaggio di Bassi da laureata a professore. Una simi-le decisione non fu tesa a stabilire un precedente che potesse incoraggiare altre donne a seguire le sue orme. All’epoca, fatta eccezione per l’aristo-cratica Laura Bentivoglio Davia, che inizialmente percepì la cultura della Bassi come una minaccia al suo personale prestigio di donna intellettuale più colta della città,19 i bolognesi non prendevano nemmeno in considera-zione l’ipotesi che altre potessero aspirare a emulare la loro (recentemen-te consacrata) donna professore. Nella città vi era un certo numero di altre donne colte, ma a nessuna di esse era stato offerto un simile riconoscimen-to, per quanto fossero state invitate, ovvero in pratica obbligate, a festeg-giare quanto Bologna aveva fatto per Bassi. È ugualmente improbabile che quest’ultima si considerasse in alcun senso un modello. La sua posizione trasformò un mitico passato medievale, avvolto nella leggenda e pervaso d’ambiguità, in una concreta e accertabile realtà della prima età moderna. I bolognesi destinarono parte del loro bilancio cittadino, alquanto limitato anche nei tempi migliori, a far posto a un nuovo docente, per il fatto che si trattava di una donna. Laura Bassi riscattò il fallimento della laurea di Del-!ni Dosi, rinnovò la tradizione, iniziata, stando alla leggenda, con Gozza-dini, di donne eccezionali docenti nell’Università di Bologna, e offrì alla propria città natale un grandioso rituale pubblico incentrato sul sapere fem-

17. BCAB, B, 163, lett. 219 (30 agosto 1732). 18. BGR, Lettere autografe (Bianchi a Leprotti, Rimini, 9 febbraio 1733). 19. P. Findlen, “Women on the Verge of Science: Aristocratic Women and Knowled-

ge in Early Eighteenth-Century Italy”, in S. Knott, B. Taylor, eds., Women, Gender and Enlightenment, Palgrave Macmillan, New York, 2005, pp. 265-287.

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minile, che superava per!no la laurea in !loso!a di Elena Cornaro Pisco-pia nel 1678. Bassi era profondamente consapevole di questo fatto.

Il ruolo ben documentato e altamente pubblico di Bassi indica fuori di ogni dubbio come avesse stabilito un nuovo precedente, che accreditava e al contempo trasformava le precedenti tradizioni. Il 29 ottobre 1732 fu no-minata lettrice di ‘!loso!a universale’ nello Studio con uno stipendio di 500 lire20. Quell’autunno, mentre Bassi si preparava “per la prima lezio-ne a l’apertura de’ studii”21, tutti a Bologna erano consapevoli di stare per assistere a un evento storico. Il 18 dicembre 1732 Bassi tenne la sua prima lezione pubblica. Che io sappia, si tratta della prima donna professore di qualunque materia e di qualunque università la cui attività risulta accerta-bile tramite documenti di natura istituzionale prima del diciannovesimo se-colo. Tra il 1732 e il 1778 Bassi ricoprì tre cattedre in tre diverse istituzioni della città di Bologna: l’Università (1732-78), il Collegio Montalto (1766-78) e l’Istituto delle Scienze (1776-78)22. In una prima fase leggeva ex cattedra in latino rivolgendosi a un’ampia udienza pubblica in occasione di impor-tanti eventi cerimoniali del calendario accademico e s’impegnava nei di-battiti di rito su vari argomenti nell’ambito dell’annuale Anatomia pubbli-ca che si teneva durante il Carnevale nel teatro anatomico. A casa propria, invece, insegnava !sica sperimentale e !loso!a naturale a studenti e visi-tatori – in italiano e, all’occasione, in francese, per raggiungere un pubbli-co più cosmopolita23. Donna pienamente immersa nella cultura istituziona-

20. ASB, Senato, Partiti, n. 35 (1731-37), f. 50r (29 ottobre 1732); BCAB, Fondo Bassi-Veratti, 5.3, p. 105; Avvisi di Bologna, n. 45 (4 novembre 1732).

21. BUB, ms. 225, Antonio Barilli, Giornale, vol. 6, f. 73v (9 settembre 1732). 22. Il resoconto più esaustivo della vita e delle opere di Bassi rimane Ceranski, “Und

sie fürchtet sich vor niemandem”. Per una più completa disamina della sua carriera di in-segnante, vedi Findlen, “Science as a Career in Enlightenment Italy: The Strategies of Laura Bassi (1711-78)”, Isis 84 (1993): 441-469; G. Berti Logan, “The Desire to Contri-bute: An Eighteenth-Century Italian Woman of Science”, American Historical Review 99 (1994): 785-812; Cavazza, “Dottrici e lettrici”; idem, “Laura Bassi, ‘maestra’ di Spallan-zani”; Findlen, “Tra uomini: Laura Bassi all’Istituto delle Scienze di Bologna (1732-78)” e Cavazza, “Il laboratorio di casa Bassi Veratti”, in L. Cifarelli e R. Simili, a cura di, Lau-ra Bassi. Emblema e primato nella scienza del Settecento, Editrice Compositori, Bologna, 2012, pp. 71-88, 103-119. Il ruolo di Bassi nel Collegio Montalto è stato assai meno discus-so delle sue attività nell’università e nell’accademia, ma vedi G. Cagni, “Il Ponti!cio Col-legio ‘Montalto’ in Bologna (1585-1797)”, Studi Barnabiti 5 (1988): 1-194.

23. Per una lista completa degli interventi di Bassi in occasione dell’anatomia pubbli-ca che si teneva ogni inverno durante il Carnevale, prima della Quaresima, vedi ASB, As-sunteria di Studio. Diversorum 91, n. 2 (9); il più ampio contesto è discusso in G. Ferrari, “Public Anatomy Lessons and the Carnival: The Anatomy Theater of Bologna”, Past and Present 117 (1987): 50-106; sulla partecipazione di Bassi, vedi anche Cavazza, “Aspetti dell’insegnamento dell’anatomia a Bologna tra Seicento e Settecento”, in Anatome. Sezio-ne, scomposizione, raf!gurazione del corpo nell’età moderna, a cura di G. Olmi, C. Pan-cino, Bononia University Press, Bologna, 2012, pp. 59-75. Sul laboratorio di famiglia, vedi

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le del diciottesimo secolo, Bassi fu il prodotto di una fase inconsueta della città che si gloriava di ospitare l’università più antica del mondo.

Nel diciottesimo secolo Bologna era una città di medie dimensioni piut-tosto !orente che, con i suoi sessantamila abitanti, rappresentava il secondo centro dello Stato Ponti!cio. Il ritorno di Prospero Lambertini come arci-vescovo di Bologna nel 1731 giocò un ruolo cruciale nella nomina a pro-fessore di Laura Bassi. Lambertini aveva una grande ammirazione per il talento ed era un uomo desideroso di sperimentare nuovi modi di raggiun-gere gli scopi che si era pre!sso. Amava profondamente Bologna e sognava di riportarla alla sua antica gloria24. L’idea di una donna professore diven-ne parte del suo piano. Dopo aver messo alla prova le capacità di Bassi in discussioni private, Lambertini orchestrò abilmente gli eventi che portaro-no a concederle la laurea, rendendo ampiamente noto come egli non voles-se assistere a un ripetersi del !asco della giovane Del!ni Dosi25. Ben presto in città tutti parlavano del desiderio dell’arcivescovo di far diventare la gio-vane Bassi una “pubblica Maestra, ò sia Lettrice”26.

Nemmeno l’appoggio dell’arcivescovo bastò a dissuadere gli scettici dal contestare un simile progetto. Molti lamentavano che Bassi venisse preferi-ta a “tanti giovani Dottori che anno addomandata la lettura anzi quelli che sono stati anni che insegnano gratis”27. Osservavano come ella non aves-se ancora venticinque anni, l’età minima richiesta per la nomina a letto-re. Non era nemmeno abbastanza anziana da richiedere la licenza per ac-cedere ai libri proibiti, cioè messi all’Indice, circostanza che limitava le opere che poteva leggere e sulle quali poteva, di conseguenza, insegnare. Tali osservazioni non erano del tutto infondate. Per mettere a tacere le cri-tiche che colpivano Bassi come persona che “inutilmente gode et usurpa un emolumento che è stato assegnato da Ponte!ci a’ Maestri”, Lambertini esortò il Senato bolognese ad assegnarle la posizione di “Lettrice Onora-

Cavazza, “Laura Bassi e il suo gabinetto di !sica sperimentale: realtà e mito”, Nuncius 10 (1995): 715-753; idem, “Laura Bassi and Giuseppe Veratti: An Electric Couple during the Enlightenment”, Contributions to Science 5 (2009): 115-128; idem, “Il laboratorio di casa Bassi Veratti”, pp. 103-119.

24. Su Lambertini come arcivescovo di Bologna, vedi M. Fanti, “Il ‘pastorale governo’ del cardinale Lambertini”, Strenna storica bolognese 9 (1959): 61-119, e i vari saggi in Be-nedetto XIV (Prospero Lambertini), Centro Studi Girolamo Baruffaldi, Cento, 1982, 2 voll., in particolare Fanti, “Prospero Lambertini arcivescovo di Bologna (1731-40)”, pp. 165-233.

25. ASB, Assunteria di Studio. Collegi di Medicina e d’Arti. Libri segreti di !loso!a (1712-80), ff. 37r, 38r-v.

26. BCAB, Bassi-Veratti 6.1.4, c. 6r.27. BCAB, B 517, G.G. Amadei, Libro delle cose che vanno accadendo in Bologna,

1732-41, cc. 4v-5r. Per un’ulteriore discussione delle critiche rivolte in particolare a Bassi dall’aristocratica bella cartesiana Laura Bentivoglio Davia, vedi Findlen, “Women on the Verge of Science”.

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ria”, istituendo un settantatreesimo posto di docenza oltre alle settantadue cattedre di norma previste28. In questo modo poté chiaramente dimostrare che la decisione di nominare professore una donna non aveva comportato l’usurpazione di alcun incarico regolare.

Molto più serie, tuttavia, erano le perplessità sull’appropriatezza, per una Femina onesta, di insegnare a studenti maschi29. Il fatto che Bassi, per dir-la con le parole di uno dei suoi primi biogra!, fosse “costretta à dare qua-si un continuo Spettacolo di se stessa alla Città”, la rendeva moralmente ambigua30. Si sussurrava che il cardinale Davia l’avesse paragonata a Ipa-zia, l’antica donna !losofa, matematica e docente di Alessandria lapida-ta a morte dai cristiani31. I sostenitori di Bassi si rassicuravano ripetendosi che il cardinale non avrebbe scagliato di persona la prima pietra, ma si-mili insinuazioni fungevano da monito nel ricordare come la decisione di Lambertini non fosse certo incontrastata. Per tutti questi motivi, il Sena-to delimitò con cura gli obblighi di insegnamento di Bassi, ratione sexus. Avrebbe insegnato solo quando le fosse stato esplicitamente richiesto, in primo luogo per importanti eventi pubblici: “non doversi portare a leggere su le pubbliche scuole se non quando fosse comandata, dall’e[ccellentissi]mo legato o dall’ill[ustrissi]mo sig[no]r confaloniere”32. La natura altamente cerimoniale del suo ruolo accademico fu così de!nita sull’onda della pre-occupazione che ella potesse travalicare i con!ni della convenienza. Lo stipendio che Bassi percepiva rese uf!ciale la sua posizione – un incarico accademico certi!cato a riconoscimento della sua preparazione –, ma le re-strizioni poste alla sua attività non le consentivano di esercitare liberamen-te il suo diritto a insegnare.

Poco prima della sua lezione inaugurale come professore universitario, la famiglia di Bassi diffuse inviti per “la prima di lei lezione sulle pubbli-che scuole”33. Quando, il 18 dicembre 1732, Bassi ascese alla cattedra non desiderava più parlare di se stessa, dal momento che ogni dettaglio del-la sua vita e dei suoi studi era stato pubblicamente sezionato nel corso dei

28. BGR, Lettere autografe di Giovanni Bianchi a Monsignor Antonio Leprotti (1733-45), f. 21r (Rimini, 2 aprile 1733).

29. BCAB, Fondo Mondini, cartone 2, n. 19. L’espressione “Femina onesta” ricorre in questa relazione delle critiche rivolte da Bentivoglio Davia alla proposta di fare di Bassi una laureata e una docente universitaria, ruolo che non si addiceva a una donna colta e ri-spettabile.

30. BCAB, Bassi-Veratti, 6.1.1 (Eustachio Manfredi, Bologna, 5 febbraio 1737).31. BGR, Lettere autografe, f. 16r (Bianchi to Leprotti, Rimini, 12 marzo 1733). 32. ASB, Vacchettoni del Senato (1731-32), f. 203r (25 agosto 1732). L’espressione ra-

tione sexus si ritrova in molti documenti uf!ciali, es. ASB, Senato, Partiti, n. 35 (1731-37), f. 50r (29 ottobre 1732). Vedi anche BCAB, Bassi-Veratti, 6.1.1, c. 2v.

33. BCAB, Gozz. 337, c. 91. Questo documento è la stampa di una trascrizione della le-zione inaugurale tenuta da Bassi nel dicembre 1732.

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mesi precedenti. Ringraziando il Senato (e, ovviamente, il cardinale Lam-bertini) per averle concesso l’“altissima dignità di parlare in pubblico”, pre-se piuttosto a trattare di che cosa desiderava trasmettere ai suoi ascoltatori “all’inizio stesso del mio insegnamento”34. Bassi scelse saggiamente di di-scutere la necessità di moderazione e modestia nello studio della !loso!a. Fornendo una de!nizione empiristica della conoscenza come ciò che è ap-preso in seguito all’esperienza – segno di come non fosse affatto cartesia-na, ma già lettrice di Locke e Newton – mise in guardia dalle tentazioni dell’arroganza e della vanità umane, portate a trarre conclusioni oltre i li-miti delle proprie capacità. Mentre discuteva in termini generali della co-noscenza, Bassi stava naturalmente anche parlando di se stessa, una Femi-na onesta che era anche !losofa e docente.

Che cosa pensava la gente degli albori della carriera della maestra Bassi? Di certo, stabilì un ascoltatore ben disposto nel febbraio 1733, non era “il miglior Filosofo dell’età nostra, come alcuni che non se n’inten-dono vanno dicendo. Ma io dico che essa può stare al pari di quegli altri lettori di Filoso!a, che colà con il maggior applauso e frequenza leggo-no”. Il medico Giovanni Bianchi, che era giunto !n da Rimini per ascol-tare le sue lezioni, era dell’opinione che Bassi meritasse la sua posizione per la stessa ragione per cui altri avevano ottenuto dall’università lo stes-so riconoscimento. A suo parere, non aveva bisogno di essere migliore dei suoi colleghi maschi, ma solamente altrettanto brava. Bianchi ritene-va che Bassi avesse senza dubbio dimostrato di rispondere a questi requi-siti e si augurava d’altronde che potesse ottenere risultati ancora migliori, se maggiormente sostenuta e incoraggiata. “Ella un giorno giunga a meri-tarsi una vera lode assoluta, che ora non ha che relativa”, concluse35. Que-sti commenti lasciano intravedere la persona che Bassi sarebbe diventata: non solamente una giovane donna bene educata ed eloquente che non te-meva di parlare in pubblico, ma un’insegnante autenticamente colta e ca-pace di ispirare passione. Nel frattempo, tuttavia, la sua azione risulta-va fortemente limitata dalle restrizioni imposte al suo ruolo accademico. Il 15 giugno 1733 partecipò alla discussione in cui lo studente Giuseppe Azzoguidi difese le proprie conclusioni !loso!che, ma generalmente non le fu richiesto di esaminare altri laureandi o di impartire un insegnamen-to regolare36.

34. L. Bassi, Oratio (18 dicembre 1732), in L.C. Cavazzuti, Nuovi testi sull’attività scienti!ca e !loso!ca di Laura Bassi, tesi di laurea, Università di Bologna, a.a. 1964-65, p. 75; Antonio Garelli, “Biogra!a”, in G. Cenerelli, a cura di, Lettere inedite alla celebre Laura Bassi, scritte da illustri italiani e stranieri, con biogra!a, Tipogra!a di G. Cenerel-li, Bologna, 1885, pp. 20-21.

35. BGR, Lettere autografe, f. 13r (Rimini, 9 febbraio 1733). 36. BCAB, B. 1330, p. 438 (15 giugno 1733).

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Negli anni trenta del diciottesimo secolo, dopo aver iniziato il suo man-dato accademico, Laura Bassi perfezionò la sua conoscenza della matema-tica e della !sica sperimentale, studiando con “bravi maestri” per diventare il tipo di insegnante che Bianchi sperava un giorno sarebbe stata, per quan-to egli l’avesse inizialmente scoraggiata dall’affrontare le materie più dif-!cili, quali greco e algebra, nelle quali, sosteneva, raggiungere un livello alto di competenza avrebbe richiesto troppo tempo37. L’istruzione imparti-ta da Tacconi era incentrata sulla dimensione qualitativa e storica della !-loso!a, con particolare riguardo all’etica aristotelica e alla !loso!a natura-le cartesiana. Bassi era consapevole del fatto che, agli occhi di molti suoi contemporanei, il taglio di questa preparazione riduceva notevolmente il valore del suo bagaglio culturale. La sua formazione non era abbastanza aggiornata da permetterle di prendere parte ai dibattiti scienti!ci contem-poranei o di formarsi delle opinioni proprie tramite il calcolo e la speri-mentazione, come ogni bravo !losofo naturale newtoniano avrebbe dovuto fare. A rischio di incorrere nella disapprovazione di Tacconi, dopo la lau-rea Bassi cercò attivamente di ampliare il raggio della propria educazione. Come osservò acutamente un contemporaneo, testimone dello zelo paterna-listico con cui, nel novembre 1732, Tacconi cercò di difenderla in una pub-blica disputa, diede ripetutamente prova della sua capacità, “di farlo da sé e senza alcuna assistenza”38. L’alunna stava davvero superando il maestro: cosa che, tutt’altro che sorprendentemente, divenne una prevedibile fonte di tensione e incomprensione nella loro relazione.

La capacità di Bassi di prendere da sé le sue decisioni si estendeva ora anche alla scelta delle sue guide intellettuali. Invece di continuare gli stu-di con Tacconi, cercò nuovi maestri che la aiutassero a implementare le sue abilità in speci!ci settori di competenza scienti!ca, così da distinguersi dai molti professori di vecchia generazione educati in un genere di !loso!a na-turale che, come fondamento del curriculum universitario, appariva sem-pre più antiquata. Rispetto a questi, l’obiettivo di Bassi era piuttosto quello di combinare la sua padronanza degli aspetti qualitativi e storici della !lo-so!a naturale con la comprensione profonda dei metodi quantitativi e spe-rimentali che stavano alla base della nuova !sica di metà Settecento. Nel 1739 Bassi avrebbe orgogliosamente rammentato i suoi numerosi anni di studio post-laurea sotto la guida del matematico Gabriele Manfredi, “per meglio perfezionarsi nella sua professione”, come uno dei fattori in gra-do di giusti!care la sua richiesta di un aumento. Due anni prima, lo stesso Manfredi aveva richiesto un aumento, anch’egli in parte sulla base del suo

37. BGR, Lettere autografe, f. 14r (Rimini, 9 febbraio 1733). 38. BCAB, B. 198, lett. 114 (Eustachio Manfredi a Giampietro Zanotti, Roma, 29 no-

vembre 1732).

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servizio di “Compagno di Studio nelle Materie Algebraiche della dottis-sima Sig.a Laura Bassi”39. In sostanza, chiunque avesse contribuito al for-marsi della reputazione di Bassi come la “Minerva di Bologna” sperava in qualche modo di trarre vantaggio dalla sua fama, spinto anche dai bassi stipendi universitari, stagnanti da decenni. Come ulteriore articolazione del suo poliedrico pro!lo di insegnante, Bassi menzionò anche la propria pa-dronanza della !sica newtoniana, che l’aveva, in particolare, abilitata a of-frire “il Corso delle sperienze del Newton intorno alla luce e ai colori”40. Con ogni probabilità, il suo principale insegnante in questa materia era sta-to il medico e chimico Jacopo Bartolomeo Beccari, per quanto pare che anche Manfredi l’avesse istruita nella !sica newtoniana41. Membro della Royal Society, Beccari non solo deteneva l’insegnamento di chimica all’U-niversità da quando, nel 1737, era stato inaugurato, ma era stato anche pro-fessore di chimica e di !sica sperimentale nell’Istituto delle Scienze, non-ché principale mentore di Giuseppe Veratti, futuro marito di Laura. Dopo la morte di Beccari nel gennaio 1766, Bassi pianse la perdita di quello che chiamava il suo “dottiss[im]o maestro”42.

Mentre proseguiva la sua formazione, Bassi tentava anche di capire !-no a che punto il Senato di Bologna sarebbe stato disposto a conceder-le di ampliare e ride!nire l’ambito del suo insegnamento. Nell’ottobre 1733 il Senato discusse la possibilità che ella tenesse lezione “ogni Terzaria” per mostrare più spesso il suo talento in pubblico, ma non ne uscì nulla di concreto43. Bassi riuscì a diventare una regolare e ben visibile partecipan-te di uno degli eventi più attesi in città: le annuali dissezioni di Carneva-le, in cui i professori di anatomia tenevano lezione, sezionavano cadaveri e dibattevano fra loro all’interno del celebre teatro anatomico di Bologna, per un pubblico che includeva nobili, stranieri e semplici curiosi così co-me professori e studenti44. L’agire istituzionale di Bassi era tuttavia de!-

39. ASB, Assunteria di Studio. Requisiti dei Lettori, vol. 2, n. 21 (Laura Bassi, 1739), pubblicato anche in E. Melli, “Epistolario di Laura Bassi Veratti”, in Studi e inediti per il primo centenario dell’Istituto Magistrale Laura Bassi, STEB, Bologna, 1960 p. 87; ASB, Assunteria di Studio; ibid., vol. 16, n. 27 (Gabriele Manfredi, 19 dicembre 1737).

40. Ibidem.41. BCAB, Bassi-Veratti 6.1.1, c. 3r. 42. Biblioteca Apostolica Vaticana, Aut. Patetta, cart. 45 (L. Bassi a G. Beccaria, n. d.).

Questa lettera fu scritta poco dopo la morte di Beccari, avvenuta il 18 gennaio 1766. Sul-la carriera di Beccari, vedi W. Tega, a cura di, Anatomie accademiche. Vol. 2. L’enciclope-dia scienti!ca dell’Accademia delle Scienze di Bologna, il Mulino, Bologna, 1987, passim; M. Zini, Jacopo Bartolomeo Beccari e la prima cattedra di chimica nel contesto dell’Isti-tuto delle Scienze, Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna - Classe di Scienze Fi-siche, Bologna, 1987.

43. ASB, Assunteria di Studio. Atti (1707-34), vol. 22 (9 ottobre 1733). 44. Ferrari, “Public Anatomy Lessons and Carnival”.

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nito da forti limiti. Quando, nel settembre 1739, Charles de Brosses visi-tò la città, i due s’incontrarono. “Aussi en porte-t-elle la robe et l’hermine quand ella va faire des leçons publiques; ce qui n’arrive que rarement et à certain jours solennels seulement, parce qu’on n’a pas jugé qu’il fût decent qu’une femme montrât ainsi chaque jour, à tout venant, les choses cachées de la nature”45. Questa era, per lo meno, l’interpretazione con cui de Bros-ses commentava i limiti posti all’insegnamento della dottoressa bolognese. Laura Bassi e i suoi sostenitori non tolleravano l’idea che la laurea e la cat-tedra a lei attribuite si fossero dimostrate nient’altro che “vani titoli”. Esse-re professore solo di nome, confessò Bassi a Bianchi, era un onore che né voleva né meritava46. Nel dicembre 1739 il Senato riconsiderò la sua richie-sta di rimuovere “l’impedimento che fu interposto perché la dottoressa non leggesse sul pubblico Studio”47. Tuttavia, se fu rapidamente esaminata la possibilità di allentare alcune restrizioni, la discussione non si tradusse poi in effettiva azione.

La fondazione di una scuola

Nel febbraio 1738, il matrimonio di Laura Bassi con un professore suo collega, il medico e sperimentatore Giuseppe Veratti, inaugurò una nuo-va fase nella sua attività di docente universitaria. Oltre ad avere otto !gli, cinque dei quali sopravvissuti !no all’età adulta, i coniugi Veratti costrui-rono anche un laboratorio domestico che sarebbe divenuto sede della più famosa scuola di !sica sperimentale di Bologna48. Questo non si realiz-zò facilmente o velocemente. Sembra che Veratti avesse fondato una scuo-la per conto suo già attorno al 1747, più o meno in coincidenza dell’inizio dei suoi esperimenti con l’elettricità. Bassi aprì la sua scuola di !sica spe-rimentale nel 1749. Nel febbraio dello stesso anno invitò nuovamente il Senato a considerare la sua richiesta di tenere “una lezione pub[bli]ca” co-me parte integrante dell’esercizio dei suoi doveri di professore universita-

45. Charles de Brosses, Lettres familières écrites d’Italie, éd. par F. d’Agay, Mercure de France, Paris, 1986, vol. 1, p. 268 (15 settembre 1739).

46. BGR, Lettere autografe, f. 15r (Bianchi a Leprotti, Rimini, 12 marzo 1733): “Se queste non sono cose per Lei che di puro nome e senza alcun Pro!tto?”.

47. ASB, Assunteria di Studio. Atti (1735-43), vol. 23 (5 dicembre 1739); vedi anche la successiva discussione dell’11 dicembre.

48. Sull’insegnamento di Bassi come una collaborazione accademica con suo marito, e insieme un’impresa economica familiare, vedi Ceranski, Und sie fürchtet sich vor nieman-dem, in part. pp. 89-100, 162-175; Cavazza, “Laura Bassi and Giuseppe Veratti”; idem, “Il laboratorio di casa Bassi-Veratti”.

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rio; i senatori non accettarono la proposta, ma la sua scuola di !sica speri-mentale continuò a !orire49.

Nel corso dei ventotto anni successivi Bassi insegnò giornalmente que-sta materia per otto mesi l’anno, provvedendo col marito a dotare la lo-ro casa dei migliori strumenti necessari per l’insegnamento della moder-na !sica sperimentale. La scuola !oriva. “So che codesta scuola di Fisica è numerosa”, osservò Leopoldo Marc’Antonio Caldani che, quando nel 1766 scrisse questa lettera, era ormai professore all’Università di Pado-va50. Nel periodo trascorso all’Università di Bologna, Caldani era sta-to uno dei giovani docenti che ammiravano il metodo d’insegnamento di Bassi, che introduceva gli studenti prima alla teoria e quindi alla prati-ca della !sica. Mentre il curriculum universitario tradizionale si basava su un approccio storico e !loso!co alla !sica, che introduceva gli udito-ri a un insieme di nozioni che cominciavano con Aristotele e non arriva-vano esattamente al presente, Bassi era una sostenitrice convinta dell’im-portanza della !loso!a matematica newtoniana e sperimentale. I titolari dell’omologa cattedra di !sica sperimentale all’Istituto delle Scienze era-no assai meno competenti di lei in entrambi i settori, dal momento che tra il 1734 e il 1770 questa posizione fu occupata da medici, assistiti da più giovani colleghi, sempre medici. Ogni giovedì essi si dedicavano per due ore a pubbliche dimostrazioni di esperimenti, viste più come eccezio-nali esibizioni che come parte integrante di un più ampio curriculum, co-me accadeva invece a casa Bassi, dove le lezioni giornaliere – “otto mesi di lezioni quotidiane accompagnate da sperimenti” – offrivano ampia op-portunità di ripetere, analizzare e criticare speci!ci esperimenti e di col-legare questo ramo della !sica alle sue componenti più teoriche51. I mag-giori professori di !sica sperimentale, in Italia e all’estero, avevano tutti i buoni motivi per considerarla un’importante collega, socia docente e at-tenta sperimentatrice.

49. ASB, Assunteria di Studio. Atti (1749-53), vol. 24 (7 febbraio 1749). Sui tentativi fallimentari per permettere a Bassi di insegnare pubblicamente negli anni quaranta del di-ciottesimo secolo, vedi G. Berti Logan, Italian Women of Science from the Renaissance to the Nineteenth Century, Ph.D. diss., University of Ottawa, 1999, p. 526.

50. BCAB, Coll. Aut. XII, 3668 (Caldani to Veratti, Padova, 7 febbraio 1766). 51. Melli, “Epistolario”, p. 149 (Bassi a Scarselli, Bologna, 14 giugno 1755); Berti Lo-

gan, Italian Women of Science, p. 527. La migliore rassegna dell’insegnamento della !sica sperimentale nell’Istituto delle Scienze è M. Cavazza, “L’insegnamento delle scienze spe-rimentali nell’Istituto delle scienze di Bologna/The Teaching of the Experimental Scien-ces at the Institute of the Sciences in Bologna”, in G. Pancaldi, a cura di, Le università e le scienze. Prospettive storiche e attuali/Universities and the Sciences. Historical and Con-temporary Perspectives, CIS, Università di Bologna, Bologna, 1993, pp. 155-179; e idem, “Fisica generale e !sica sperimentale nelle istituzioni scienti!che emiliane del Settecento”, Studi settecenteschi, 18 (1998), pp. 321-342.

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Nel 1750 Bassi informò il Senato di Bologna che, in seguito alla mor-te dei professori più anziani, il suo insegnamento della !sica era diventa-to più che mai importante. Inoltre prese a citare sempre più frequentemente il successo della sua scuola privata e le spese per equipaggiare il suo labo-ratorio domestico come ragioni per un aumento52. Il Senato non sottovalu-tava quanto stava facendo, ma la sua capacità di compensare come merita-vano i membri più apprezzati della facoltà era alquanto limitata; a Bologna gli stipendi universitari languivano ben sotto il livello delle paghe offerte in stati più prosperi quali la Toscana e la Lombardia53. L’arcivescovo Lam-bertini era ora papa Benedetto XIV (1740-58) e si trovava nella posizione di fare più ampi investimenti per trasformare Bologna in una città di scien-za. Ancora una volta, Bassi divenne parte di un piano più esteso – un fatto che utilizzò a proprio vantaggio nel richiedere ulteriori risorse e maggiore riconoscimento. “E pure la Fisica Sperimentale è divenuta a’ giorni nostri una scienza cotanto utile e necessaria – ricordò a uno dei suoi maggiori so-stenitori nel luglio 1755 – e noi che siamo stati i primi in Italia a riceverla e coltivarla allorché si aprì l”Instituto, ora dobbiamo vedere con nostro ros-sore ed anche con discapito della nostra Università che nell’altre tutte più che qui s’insegni con metodo e con quella estensione che si ricerca al pro-!tto della gioventù, dandone interi corsi annui in più luoghi”54.

Bassi lamentava giustamente il declino dell’insegnamento della !sica nell’università e nell’Istituto, additando, a contrasto con lo stato della materia nel curriculum uf!ciale, il successo della sua scuola domestica. Al contem-po, Bassi comprendeva molto bene come questo fatto le offrisse l’opportuni-tà di ritagliarsi un suo spazio all’interno di una disciplina che contava molto. Il suo sistematico investimento sull’insegnamento della !sica diede numerosi frutti: un aumento di stipendio (all’esplicita condizione che portasse avanti la scuola domestica55), un crescente numero di studenti a testimoniare il suo ta-lento di docente di !sica, e in!ne due cattedre di !sica sperimentale, prima, nel 1766, al Collegio Montalto, riservato a giovani provenienti dalle Marche avviati alla carriera ecclesiastica ai quali era richiesto di prendere una laurea in !loso!a, e quindi, nel 1776, all’Istituto delle Scienze56.

52. ASB, Assunteria di Studio. Atti (1749-53), vol. 24 (10 aprile 1750); Assunteria di Studio. Requisiti dei lettori, vol. 2, n. 21 (Laura Bassi, 1750). Il secondo documento è pub-blicato anche in Melli, “Epistolario”, p. 144.

53. Berti Logan, Italian Women of Science, pp. 527-528. 54. Melli, “Epistolario”, p. 151 (Bassi a Scarselli, Bologna, 16 luglio 1755).55. Veratti continuò a de!nire il corso come “una Scuola domestica”, osservando di

averlo lui stesso portato avanti anche dopo la morte della moglie nel 1778; ASB, Assunte-ria di Studio. Requisiti dei lettori, vol. 28, n. 24 (Giuseppe Veratti, 1780).

56. Sulla storia del Collegio Montalto, vedi Ch. Carlsmith, “Mens sana in corpore sa-no: Health in the Montalto College of Bologna”, Annali di storia delle università italiane 13 (2009): 306-316.

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La reputazione acquisita da Bassi come eccellente insegnante di !si-ca sperimentale fu ulteriormente accresciuta dalle Lettres sur l’electricité di Jean-Antoine Nollet. La prima edizione di questo libro di successo ap-parve nel 1753, solo pochi anni dopo la celebre visita dell’autore a Bologna, nel 1749. Il principale intento delle lettere aveva a che fare con i clamoro-si dissapori tra Nollet e Benjamin Franklin quanto alla natura dell’elettri-cità57. Nell’edizione del 1767, tuttavia, se da un lato Nollet attaccava anco-ra Franklin e i suoi seguaci per il loro sostegno a una teoria della carica elettrica da lui avversata, dall’altro lodava la frankliniana Bassi come in-segnante di !sica sperimentale. Nollet aggiunse una lettera indirizzata a quest’ultima e riguardante “quelques curiosités philosophiques, dont vous pourrez faire part aux Auditeurs qui fréquentent votre Ecole de Physique expérimentale”. In questo scritto Nollet esprimeva apertamente la propria ammirazione per la sua bravura nell’istruire gli “amateurs de la Physique” e condivideva con la collega di Bologna alcuni degli aspetti più divertenti delle proprie dimostrazioni58. Nessun altro professore di !sica sperimentale ricevette da lui una simile dimostrazione pubblica di stima.

In seguito, un altro eminente membro dell’Académie Royale des Sciences, l’astronomo Jérôme de Lalande, che visitò Bologna nel 1765-66, rilevò la persistente importanza dell’accademia domestica di Bassi: “ac-tuellement encore Madame Laura Bassi depuis 1733, y remplit avec dis-tinction une place de Professeur; cette sçavante fait chez elle des cours de Physique expérimentale, & j’ai eu le plaisir d’assister à ses experiences”59. Egli fu uno dei tanti visitatori testimoni della versatilità con cui Bas-si discuteva un’ampia gamma di argomenti, cominciando da esperimen-ti basilari riguardanti la natura della luce emessa dal famoso fosforo co-munemente chiamato “pietra di Bologna”, e dalla replica dei famosi esperimenti newtoniani col prisma per arrivare a più so!sticate dimostra-

57. Su come lo studio dell’elettricità divenne una delle più importanti scienze del seco-lo, vedi J.L. Heilbron, Electricity in the 17th and 18th Centuries: A Study of Early Modern Physics, University of California Press, Berkeley, 1979 (trad. it. Alle origini della !sica moderna. Il caso dell’elettricità, il Mulino, Bologna, 1984).

58. J.A. Nollet, Lettres sur l’eléctricité, Paris, 1767, Part III, pp. 274-295, in part. pp. 274-275. Sul primo incontro di Nollet con Bassi e la sua stima per lei come collega, vedi P. Bertucci, Viaggio nel paese delle meraviglie. Scienza e curiosità nell’Italia del Settecen-to, Bollati Boringhieri, Torino, 2007, in part. pp. 148, 164-166, 204-211; Nollet, Journal du voyage du Piémont et d’Italie en 1749, (Bibliothèque Municipale, Soisson, MS 150), ff. 110 (10 agosto 1749), 111A (11 agosto 1749), 116-117A (16 agosto 1749). Sulla pedagogia di Nollet, vedi L. Pyenson e J.-F. Gauvin, eds., The Art of Teaching Physics: The Eighteenth Century Demonstration Apparatus of Jean Antoine Nollet, Septentrion, Sillery, Québec, 2002).

59. J. de Lalande, Voyage d’un françois en Italie: fait dans les années 1765 et 1766 (Venezia, 1769), vol. 2, p. 117.

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zioni delle proprietà dell’elettricità, realizzate utilizzando le macchine ac-quistate da lei e dal marito60.

Nel 1757 José Ortega comunicò a Bassi da Madrid che stava per manda-re suo nipote Casimiro Gómez Ortega a studiare !sica, medicina e storia naturale a Bologna. “[C]on questo intenderà V. S. Ill.ma il mio giusto mo-tivo di raccomandarlo alla saggia direzzione di V. S. Ill.ma e mi permette-rà pregarla di volerlo acogliere con quella benevolenza d’un suo Discepo-lo, che desira pro!ttare di suoi lumi, e della di Lei dottrina per rendersi un meritevole professore, e degno della Scola Bolognese”. Ortega le domanda-va in particolare di “prender cura di questo Giovene”, dicendosi sicuro che suo nipote sarebbe stato in buone mani61. Il giovane Gómez Ortega diven-terà nel 1771 il primo direttore del Giardino Botanico Reale di Madrid e nel 1777 sarà eletto membro della Royal Society62. Tra i numerosi studen-ti che trassero giovamento dalla tutela di Laura Bassi, si annoverano an-che i suoi !gli. Nel 1797 il più giovane, Paolo Veratti, fece presente al Se-nato di Bologna come egli fosse ben quali!cato per una cattedra perché “ha studiata tutta la Filoso!a sotto alla di lui Madre”. Il collegio dei dotto-ri di !loso!a confermò che Paolo era “molto esercitato nella pratica delle sperienze Fisiche, servendo alla Scuola di Fisica Sperimentale, che teneva quasi tutto l’anno in propria Casa la di lei Madre preparando l’esperienze, ed eseguendole”63. Non aveva solamente imparato da sua madre, ma l’aveva attivamente assistita. Il fatto che avesse imparato anche da suo padre appa-riva assai meno interessante e degno di nota.

Nella corrispondenza di Bassi troviamo traccia di padri, zii e altre !gure maschili che dimostrano di ritenere con sicurezza che la !losofessa di Bo-

60. Per una discussione approfondita sui vari generi di dimostrazione che la Bassi offri-va ai visitatori, vedi J. Morgan, The Journal of Dr. John Morgan of Philadelphia from Ro-me to London 1764, J.B. Lippincott, Philadelphia, 1907, pp. 98-99 (20 luglio 1764). Vedi anche Ch. Burney, An Eighteenth-Century Musical Tour in France and Italy, Oxford Uni-versity Press, Oxford, 1959, pp. 159-160

61. BCAB, B. 2024, f. 63 (José Ortega a Laura Bassi, Madrid, 22 ottobre 1757). 62. Gómez Ortega studiò a Bologna tra il 1758 e il 1762, conseguendo una laurea in

medicina prima di tornare a Madrid, dove lavorò in campo farmacologico prima di accet-tare la cattedra che accompagnò l’apertura del Giardino Botanico Reale. Egli era cono-sciuto anche per le sue traduzioni di opere di Linneo e contribuì a organizzare e !nanzia-re spedizioni botaniche in Perù, Cile, Nuova Spagna e nelle Filippine. Vedi D. Bleichmar, Visible Empire: Botanical Expeditions and Visual Culture in the Hispanic Enlightenment, University of Chicago Press, Chicago, 2012. Sul periodo bolognese, vedi M. Cavazza, “From Tournefort to Linnaeus: The Slow Conversion of the Institute of Sciences of Bolo-gna”, in M. Beretta e A. Tosi, eds., Linnaeus in Italy: The Spread of a Revolution in Scien-ce, Science History Publications/USA, Sagamore Beach, 2007, pp. 233-252.

63. BCAB, Bassi-Veratti, 9.10.2/2 (= Fondo Paolo Veratti, Cart. III, n. 99) (Requisiti dei lettori, 23 maggio 1797) e 9.10.2/3 (= Cart. III, n. 108) (certi!cato di Sebastiano Can-terzani, 25 aprile 1789).

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logna fosse un’eccezionale educatrice di giovani uomini. Nel 1774, da Fer-rara, Giuseppe Testa af!dò alla scuola di Bassi il !glio di diciotto anni, Antonio: “Ascriverò tra i più fortunati incontri, che possa avere mio Figlio, se V.S. Ill.ma vorrà degnarsi… d’averlo nel numero de’ suoi Uditori…”64 Giuseppe Antonio Testa divenne in seguito un rinomato professore di me-dicina clinica all’Università di Ferrara65. Un anno dopo il dottor Pio Fanto-ni, un vecchio amico di Bassi, le scrisse per presentarle il !glio di un suo amico romano, il quale aveva intenzione di studiare a Bologna. “A chi dun-que rispetto al primo deesi meglio diriggere che a V.S. Ill.ma così illustre in quella parte, e tanto superiore ad ogni altro?” Egli si augurava che Bas-si avrebbe accettato il giovane studente romano “per suo discepolo” in !si-ca sperimentale66.

Se le fonti non ci permettono di stabilire il numero totale di studenti ai quali Bassi insegnò, né la lista completa dei loro nomi, l’impressione che si ricava dalla documentazione superstite è nondimeno straordinaria. I bio-gra! contemporanei menzionano in particolare studenti greci, tedeschi e polacchi che partecipavano alle sue lezioni e dei quali tuttavia non ci re-stano lettere, a differenza degli alunni veneti napoletani e spagnoli e degli studenti più giovani che, provenienti dalle Marche, soggiornavano nel Col-legio Montalto e frequentavano le sue lezioni di !sica di carattere più gene-rale e introduttivo67. Ho trovato un certi!cato di frequenza di uno dei suoi studenti, risalente al gennaio 1768, in cui la Bassi dichiarava in latino che Agostino Fantini aveva studiato con lei !sica sperimentale per un anno68. L’anno successivo la giornalista veneziana Elisabetta Caminer Turra scris-se uno speciale elogio in cui lodava la Bassi per avere “fra’ suoi discepo-li molti de’ più rinominati Professori usciti della sua Scuola per ispargersi nelle Accademia più illustri d’Italia”69.

64. Cenerelli, a cura di, Lettere inedite, p. 147 (Testa a Bassi, 21 gennaio 1774). 65. G. Tommasini, Elogio del celebre professore di medicina Antonio Testa Ferrare-

se, Pesaro, 1825; F. Raspadori, “Antonio Giuseppe Testa: dal commento degli Aforismi di Ippocrate alla cardiologia”, Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara 62-63 (1984-86): 61-69; Marco Bresadola, “‘O che Parigi’: Lettere di viaggio di un medico ferrarese del Set-tecento”, I Castelli di Yale 5, 2002, pp. 141-149. Testa si laureò all’Università di Ferrara nel 1777, lì insegnando e dirigendo l’ospedale militare prima di tornare a Bologna come pro-fessore di clinica medica nel 1802. Nel 1803-04 ricoprirà il ruolo di Rettore nell’Università di Bologna; vedi François Gasnault, La cattedra, l’altare, la nazione: carriere universita-rie nell’ateneo di Bologna 1803-1859, Clueb, Bologna, 2001.

66. BCAB, B. 2024, f. 53 (Fantoni a Bassi, Rome, 22 ottobre 1775). 67. Giovanni Fantuzzi, Elogio della dottoressa Laura Maria Caterina Bassi Veratti

Stamperia di S. Tommaso d’Aquino, i, Bologna, 1778, p. 21, nota 11. 68. Biblioteca Comunale, Forlì, Autogra! Piancastelli (Laura Bassi, certi!cato per

Agostino Fantini, gennaio 1768). 69. E. Caminer Turra, “Dictionnaire Historique ecc. Dizionario Storico portatile delle

Donne celebri”, Europa Letteraria, tomo 2, parte I (novembre 1769), p. 90.

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Molto più convincenti dei numeri sono, credo, le testimonianze dei sin-goli studenti che, preparati dalla Bassi, ebbero poi carriere brillanti. Dob-biamo naturalmente cominciare da suo cugino Lazzaro Spallanzani, il cui rapporto con Bassi è stato eccellentemente discusso da Marta Cavaz-za in un suo importante articolo70. Spallanzani fu uno dei primi studen-ti di Bassi, poiché l’inizio dei suoi studi coincise con l’inaugurazione della sua scuola, nel 1749. Diversi anni di lezioni di !sica convinsero Spallanza-ni che non sarebbe mai diventato un avvocato. Pur senza conseguire alcuna laurea, almeno all’Università di Bologna, Spallanzani iniziò negli anni suc-cessivi la sua brillante carriera prima di professore di !sica, a Reggio Emi-lia e a Modena, poi di storia naturale a Pavia. Una delle poche volte in cui la dottoressa Bassi lasciò Bologna fu, nel 1758, per partecipare alla discus-sione delle tesi !loso!che degli studenti del cugino al termine del primo anno di insegnamento di quest’ultimo a Reggio Emilia. Il giovane Spallan-zani era davvero orgoglioso di essere studente della celebre Bassi.

Spallanzani espresse pubblicamente la sua gratitudine verso la donna che chiamava mia venerata Maestra nella dedica di una delle sue prime pubblicazioni, De lapidibus ab aqua resilientibus Dissertatio (1765). Nel descrivere il ruolo esercitato dalla Mulier doctissima nel corso dei propri studi di gioventù, Spallanzani elogiava Bassi per il suo insegnamento ispi-ratore, il suo saggio consiglio ed eccellente giudizio, quando aveva ormai da tempo cessato di essere la sua Maestra. Egli ricordava la brillante per-formance con cui l’insegnante l’aveva assistito nella discussione delle te-si dei suoi studenti a Reggio, e la maniera in cui aveva fatto della propria casa un “tempio di dottrina e sapienza”, più che una semplice “dimora privata”. Spallanzani dedicava particolari lodi al suo metodo pedagogico, scrivendo che neminam fortasse superiorem habere71. Bassi era la perso-ni!cazione delle virtù che caratterizzavano il miglior tipo di docente pos-sibile in quell’età illuminata. Spallanzani proseguiva raccomandandola ad altri giovani desiderosi di ricevere “lezioni Fisiche” a Bologna, anche se questi non sempre seguivano i suoi corsi con la profonda attenzione e de-vozione che portò lui a diventare un insigne naturalista e !losofo speri-mentale72.

70. Cavazza, “Laura Bassi,‘maestra’ di Spallanzani”. La presente sezione attinge a ma-teriali discussi più in dettaglio nel suo importante articolo.

71. L. Spallanzani, De lapidibus ab aqua resilientibus Dissertatio (Modena, 1765), pp. non num.

72. Biblioteca Estense, Modena, Autogra! Campori (Laura Bassi Veratti) (Bassi a Spal-lanzani, Bologna, 2 agosto 1768); Cenerelli, Lettere inedite, p. 141 (Spallanzani a Bassi, Pavia, 21 dicembre 1775). Su Spallanzani come professore a Reggio e a Modena, vedi Ca-vazza, “Spallanzani professore di !sica newtoniana”, in W. Bernardi e M. Stefani, a cura di, La s!da della modernità, Olschki, Firenze, 2000, pp. 95-109.

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L’anno successivo, il 1766, Bassi iniziò a insegnare !sica, sempre nel suo laboratorio domestico, agli studenti di origine marchigiana del Colle-gio Montalto. Quella primavera un altro suo ex-studente, l’abate Giamma-ria Ortes, le scrisse da Venezia, comunicandole l’intenzione di inviarle i prismi che erano appartenuti al !losofo veneziano Antonio Conti73. Il ta-lentuoso e versatile Ortes, monaco camaldolese che era al contempo ma-tematico, !losofo, compositore e uno dei principali economisti della sua generazione, offrì a Bassi il massimo omaggio per un docente di !sica spe-rimentale. Ortes le offrì questo dono perché riteneva che l’eccellenza di lei fosse pari a quella di Conti, il quale aveva conosciuto personalmente New-ton: “io mi trovo molto coerente, che tenendo questi prismi dalla mano di un eccellente Maestro li rimetto ora in quella di una non meno insigne ed eccellente maestra”74. Ci si chiede che cosa abbia fatto Bassi di tale do-no, dato che, se Conti manifestò ammirazione per le donne colte e aristo-cratiche che conobbe a Londra tra il 1715 e il 1718, in un suo scritto si era nondimeno dimostrato molto scettico quanto alle capacità di apprendimen-to delle donne e giudicava sfavorevolmente le italiane rispetto alle inglesi. Sosteneva che le donne, per ragioni !siologiche, non erano pari agli uomi-ni, in particolare “in quelle scienze altamente astratte che richiedono gran-de profondità, grande sottigliezza e grande so!sticazione mentale”75. Scrit-ta in francese nel 1721, la lettera di Conti fu pubblicata a Venezia nel 1756 e in!ne tradotta in italiano nel 177376. Accettare il dono di un newtoniano misogino della generazione precedente implicava senz’altro una certa dose di squisita ironia.

Come suggeriscono gli esempi !nora forniti, la scuola di !sica spe-rimentale di Bassi produsse numerose generazioni di allievi che ebbe-ro poi carriere illustri, trasformando la sua eredità intellettuale in qual-cosa di più che in un semplice effetto della sua reputazione di “signora professore”. Studiare con Laura Bassi e con suo marito Veratti era un’e-sperienza di grande valore: il loro laboratorio domestico, se non era me-glio equipaggiato del gabinetto di !sica sperimentale dell’Istituto del-le Scienze, poteva contare su una docente più abile a illustrare l’uso dei vari strumenti e a collegare gli esperimenti alle discussioni teoriche e ai calcoli matematici. Dopo la morte, nel 1761, di Giovanni Poleni, il prin-

73. N. Badaloni, Antonio Conti. Un abate libero pensatore fra Newton e Voltaire, Feltrinel-li, Milano, 1968; A. Conti, Scritti !loso!ci, a cura di Nicola Badaloni, F. Rossi, Napoli, 1972 .

74. Biblioteca del Museo Correr, Venezia, Cod. Cicogna 2658, lett. 122 (Ortes a Bassi, Venezia, 16 aprile 1766).

75. Conti, Scritti !loso!ci, p. 404 (Conti ad Antonio Vallisneri, 21 gennaio 1727). 76. R. Messbarger, The Century of Women: Representations of Women in Eighteenth-

Century Italian Public Discourse, University of Toronto Press, Toronto, 2002, pp. 49-68, in part. pp. 51-52.

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cipale studioso di !sica di Padova, Caldani scrisse a Veratti per incorag-giare lui e la moglie a candidarsi per le posizioni vacanti in matematica, !sica sperimentale e scienza nautica che Poleni aveva occupato. “Mi so-no lasciato fuggir di poco che tali cattedre, almeno le due prime, dovreb-bero esser rimpiazzate da Lei, e dalla Signora Laura. Se ho fatto male mi perdoni”77. Nel 1679, in seguito al clamore provocato dalla laurea in !lo-so!a concessa un anno prima a Elena Cornaro Piscopia, l’Università di Padova dichiarò un’uf!ciale moratoria per le lauree femminili78. Non sta-bilì, tuttavia, se questo precludesse o meno la possibilità di un professore donna. Poiché Bassi non perseguì una simile opportunità, non sappiamo se avrebbe potuto stabilire un nuovo precedente in quest’altra istituzio-ne, nella quale Cristina Roccati, una giovane donna originaria di Rovi-go, aveva studiato per un anno !sica con Poleni, dopo essersi laureata a Bologna nel Maggio 1751 ed esser stata nominata docente di !sica speri-mentale nell’Accademia dei Concordi a Rovigo79. È in ogni caso indica-tivo che, nel suo invito a Bassi, Caldani non prendesse in considerazione tale problema.

Spallanzani, Ortega, Ortes, Caldani e Felice Fontana – che, in qualità di !sico di corte presso il Granduca di Toscana, non solo condusse nume-rosi esperimenti e sviluppò il Gabinetto di !sica sperimentale di Firenze, ma fondò anche il suo museo scienti!co80 – provenivano tutti dalla scuola di Laura Bassi. Lo stesso Caldani, pur non avendo frequentato i suoi cor-

77. Cenerelli, Lettere inedite, pp. 205-206 (Caldani a Veratti, Padova, 13 Novembre 1761). Caldani ottenne la laurea nel 1750 e fu lettore di medicina pratica all’Università di Bologna (1755-60), prima di trasferirsi a Padova, dove divenne il successore di Giovan-ni Battista Morgagni. È stato studiato meno a fondo di Spallanzani e di Felice Fontana, ma vedi Cavazza, “La recezione della teoria halleriana nell’Accademia delle Scienze di Bolo-gna”, Nuncius 12 (1997): 359-377 e idem, “Vis irritabilis e spiriti animali. Una disputa set-tecentesca sul moto muscolare” in M. Piccolino, a cura di, Neuroscienze controverse. Da Aristotele alla moderna scienza del linguaggio, Bollati Boringhieri, Torino, 2008, pp. 49-74. Caldani voleva presumibilmente proporre Bassi per la cattedra di matematica e Veratti per quella di !sica sperimentale, dato che quest’ultimo non sarebbe stato quali!cato per la prima. Sull’insegnamento di Poleni a Padova, vedi B. Dooley, “Science Teaching as a Ca-reer at Padua in the Early Eighteenth Century: The Case of Giovanni Poleni”, History of Universities, 4, 1984: 115-141.

78. Maschietto, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, p. 134. 79. Findlen, “A Forgotten Newtonian: Women and Science in the Italian Provinces”, in

W. Clark, J. Golinski, S. Schaffer, eds., The Sciences in Enlightened Europe, University of Chicago Press, Chicago, 1999, pp. 313-349.

80. Dal 1755 al 1757 Fontana studiò a Bologna, dove fu partecipe della cultura speri-mentale del laboratorio di Bassi e Veratti. In seguito divenne uno dei corrispondenti più re-golari di Bassi; BCAB, Coll. Aut. XXIX, 7992-8054. P.K. Knoefel, Felice Fontana: Li-fe and Works, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, Trento, 1984; S. Contardi, La Casa di Salomone a Firenze. L’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale (1755-1801), Olschki, Firenze, 2002.

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si, riteneva di avere imparato molto da lei, in qualità di giovane collega fre-quentatore del suo laboratorio.

Quando le opportunità, l’ambizione, gli obblighi di famiglia o le riva-lità li allontanarono da Bologna, gli studenti della Bassi crearono un va-sto e in!uente network e continuarono a considerare la loro relazione con la maestra un importante punto di riferimento per i primi sviluppi delle ri-spettive carriere scienti"che81. Tutti loro riconoscevano l’importante ruo-lo che essa aveva giocato nella loro formazione intellettuale e le erano par-ticolarmente grati per averli introdotti allo studio della "sica sperimentale. Su scala più locale, Luigi Galvani, che si iscrisse come studente all’Univer-sità di Bologna attorno al 1755 e si laureò in medicina il 5 luglio 1759, è da considerarsi un altro bene"ciario della tutela di Bassi, oltre che di Veratti. Da studente e da giovane professore, Galvani ebbe numerose opportunità di acquisire familiarità con le attività di casa Bassi-Veratti, traendo vantag-gio dalla combinazione delle competenze dei due nelle sue speci"che aree d’interesse, medicina e sperimentazione elettrica. Nel 1790 Galvani avreb-be testimoniato di conoscere Paolo, il "glio più giovane della coppia, "n dai suoi tempi di studente all’università82 .

Anche quanti non studiarono direttamente con Bassi tennero in grande considerazione il suo giudizio sul loro lavoro, per non parlare della possibi-lità di accedere al laboratorio di casa Bassi-Veratti. Questo secondo grup-po includeva alcuni dei più insigni studiosi dei fenomeni elettrici dell’Italia settecentesca, tra cui Giambattista Beccaria, di Torino, e Alessandro Vol-ta, di Como. Dopo un soggiorno a Bologna, Beccaria lodò l’acume speri-mentale di Bassi nella sua in!uente pubblicazione Elettricismo atmosferi-co, uscita a Bologna nel 1758. Nel 1770 Beccaria le chiese di presentare tre suoi studi sull’aurora boreale ai colleghi dell’Accademia delle Scienze, af-fermando che non avrebbe potuto pensare a qualcuno di più quali"cato per illustrare il suo lavoro agli accademici. Ciò che più gli premeva era il pare-re di lei sulla propria interpretazione frankliniana della “proprietà del fuo-

81. Sul concetto di carriera scienti"ca in questo periodo, vedi Findlen, “Science as a Career” e G. Pancaldi, Volta: Science and Culture in the Age of Enlightenment, Princeton University Press, Princeton, 2005. Sui rapporti di Bassi con la Repubblica delle Lettere, vedi Cavazza, Una donna nella repubblica degli scienziati: Laura Bassi e i suoi colleghi, in R. Simili, a cura di, Scienza a due voci, Olschki, Firenze, 2006, pp. 61-85.

82. M. Pera, La Rana ambigua. La controversia sull’elettricità tra Galvani e Volta, Ei-naudi, Torino, 1986; M. Piccolino, M. Bresadola, Rane, torpedini e scintille. Galvani, Vol-ta e l’elettricità animale, Bollati-Boringhieri, Torino, 2003, pp. 58-71, 116-126; Bresado-la, Luigi Galvani: Devozione, scienza e rivoluzione, Editrice Compositori, Bologna, 2011. La testimonianza di Galvani sulla sua esperienza in casa Bassi-Veratti si può trovare in BCAB, Bassi-Veratti, 9.5.2 (= Fondo Paolo Veratti, cart. III, n. 143) (Processus Civilita-tis… Pauli Veratti, 27 settembre 1790).

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co elettrico, e de’ Fenomeni, che si osservano nelle aurore boreali”83. Bec-caria si premurò di spiegare perché teneva tanto in considerazione il parere di Bassi, ricordando l’esperienza delle discussioni avute con lei nella sua casa. “Voi Chiarissima Signora, che anche nella famigliare conversazione vostra, eccitate altrui a maraviglia colla giustezza e profondità ed elegan-za di ragionamento, onde i fenomeni, che all’occhio del volgo appaiono di-strattissimi maravigliosamente reunite, e veracemente”84. La possibilità di discutere idee e dimostrare esperimenti insieme con lei era un’altra compo-nente del metodo pedagogico di Bassi. All’inizio della sua carriera, anche il giovane Volta sarebbe stato incoraggiato da Spallanzani a presentarsi a Bassi e a inviarle nel 1771 le sue prime pubblicazioni per avere un suo pa-rere sul proprio lavoro pionieristico sull’elettricità e sui gas85.

Nel 1776 Bassi diventò professore di !sica sperimentale nell’Istituto del-le Scienze. Suo marito Veratti ebbe il posto di assistente, in una giostra di eventi che, non solo mise in evidenza le rivalità esistenti tra gli accademi-ci dell’Istituto che si trovavano a competere per le scarse risorse disponi-bili, ma rivelò anche come i decenni di insegnamento domestico di Bas-si avevano comportato una reale trasformazione del suo status di docente. I membri dell’Assunteria d’Istituto che concordavano con la proposta del Se-nato di assegnarle questa nuova cattedra, creata dopo che, nel 1776, l’ori-ginaria cattedra di Fisica era stata divisa in due distinte posizioni, ricorda-vano come ella non avesse alcun diritto di essere professore nell’Istituto86. Questo fu, tuttavia, esattamente ciò che essi decisero dovesse essere. Sem-plicemente, in città non c’era nessun altro studioso altrettanto quali!cato e famoso nella materia in questione. Bassi aveva !nalmente realizzato ciò di cui Giovanni Bianchi aveva avuto sentore dopo aver ascoltato le sue prime lezioni nel 1733. Era diventata davvero autorevole nella sua disciplina.

Nel gennaio 1776, Rocco Bovi, un altro ex studente divenuto professore di trigonometria, fece sapere, da Napoli, di aver dedicato una recente pub-blicazione a Laura Bassi, “mia venerata Maestra”. Si trattava di un opu-scolo di storia naturale scritto da un suo cugino, Antonio Minasi, edito nel 1775, che recava un’affettuosa dedica a Bassi come “Maestra delle cose Fi-siche nell’Accademia di Bologna”. Come Spallanzani e molti altri, Bovi ri-cordava con calore i giorni trascorsi a Bologna come studente di Bassi e di

83. G. Beccaria, Dell’elettricismo. Lettere a G.B. Beccari, All’insegna dell’Iride, Col-le Ameno in Bologna, 1758, p. 29; American Philosophical Society, Philadelphia, B B385 (Beccaria Papers), n. 38, f. 1r; n. 39, f. 10r.

84. American Philosophical Society, Philadelphia, B B385 (Beccaria Papers), n. 39, f. 27r. 85. Cenerelli, a cura di, Lettere inedite, pp. 157-159 (Volta a Bassi, Como, 15 luglio

1771 e 15 giugno 1777); A. Volta, Epistolario, a cura di F. Massardi, Zanichelli, Bologna, 1949-55, vol. I, p. 187 (Bassi a Volta, Bologna, 20 settembre 1777).

86. Findlen, “Tra uomini”.

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Veratti, ma ci teneva a commemorare specialmente il suo legame con la prima. “È certo che sarei ingratis[sim]o discepolo se da lontano non avessi e conservassi la memoria ed obligazione che ho p[er] lei”87. Per i suoi allie-vi più insigni, Bassi fu una guida davvero indimenticabile. Essi ne davano dimostrazione esprimendo pubblicamente i propri sentimenti di gratitudi-ne, affetto e ammirazione a riconoscimento del ruolo fondamentale che la comune maestra aveva giocato nella loro formazione intellettuale, sapen-do tutti !n troppo bene come studiare con lei a Bologna avesse costituito un’opportunità unica.

L’eredità della Maestra

Laura Bassi occupa una posizione unica, essendo uno dei docenti più co-nosciuti e ampiamente citati della sua generazione. Questo è in parte dovu-to all’eccezionalità del suo caso, ma non solo, in quanto era nota anche per essere un’insegnante di grande talento e dedizione. Per quasi cinquant’an-ni la città di Bologna valutò le qualità pedagogiche di Bassi. Lei rispose insi-stendo perché il Senato trovasse soluzioni ragionevoli per permetterle di giu-sti!care il suo stipendio, senza mai abbandonare l’idea che avrebbe dovuto insegnare pubblicamente, mentre al contempo espandeva il concetto di inse-gnamento privato. Quando i problemi relativi al suo status di docente e alle modalità del suo insegnamento furono risolti, la vasta maggioranza dei cit-tadini bolognesi si convinse di avere tra di loro la donna professore più fa-mosa del mondo. Disseminati per la città e, come abbiamo visto, ben oltre le sue mura, vi erano diverse generazioni di uomini che potevano dire che es-si o i loro !gli avevano studiato con lei. “Sono andato a Scuola dalla Sig[no]ra Do[t]toressa Laura Bassi”, testimoniò orgogliosamente il medico Girolamo Marchesini nel Settembre 179088. Tra i molti alunni c’erano anche i quattro !gli di Bassi e Veratti che raggiunsero l’età adulta, Giovanni, Ciro, Giaco-mo e Paolo. Giovanni insegnò in seguito teologia morale e divenne proretto-re del Collegio Montalto, dove la madre insegnò !sica. Paolo divenne profes-sore di medicina e in!ne succedette alla madre e al padre nella cattedra di !sica sperimentale al Collegio Montalto e all’Istituto delle Scienze. Entram-bi affermarono di avere appreso la !loso!a e la !sica sperimentale a casa89.

87. A. Minasi, Dissertatione seconda, n.p. (dedica di R. Bovi, 10 settembre 1775); BCAB, Coll. Aut. X, 3016 (Rocco Bovi a Laura Bassi, Napoli, 2 gennaio 1776).

88. BCAB, Bassi-Veratti, 9.5.2 (= Fondo Paolo Veratti, cart. III, n. 143) (Processus Ci-vilitatis… Pauli Veratti, 27 settembre 1790), f. 151r.

89. ASB, Assunteria di Studio. 57, Requisiti dei Lettori, vol. 28, n. 25 (Giovanni Verat-ti, ca. 1769?); e n. 26 (Paolo Veratti, 28 giugno 1790).

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Che cosa dire, però, delle donne? Non possediamo la benché minima te-stimonianza di studentesse. Questa mancanza appare quanto mai sorpren-dente alla luce dell’enorme attenzione prestata all’identità di genere di Bas-si. In !n dei conti, Minerva rappresentava la prole più intellettuale di Giove e il suo destino s’incentrava sulla sua capacità di impersonare la sapienza e di stimolare la futura progenie degli uomini a perseguire la conoscenza. Figlie accademiche non erano previste; di conseguenza, esse apparvero di-scendenti accidentali e in qualche modo illegittime, la cui presenza non po-teva essere facilmente gestita. Roccati, nata nell’annus mirabilis 1732, fu iscritta per quattro anni all’Università di Bologna come studentessa di !-loso!a e rappresentò così la prima donna a frequentare davvero l’univer-sità e a completare per intero il percorso di studi stabilito dalla facoltà di Arti. Roccati non affermò mai di aver studiato con Bassi, che nondimeno presenziò alla sua cerimonia di laurea nel 1751, il che prova che le due si conoscevano di certo. Il posto in seguito ottenuto da Roccati come docen-te di !sica sperimentale all’Accademia dei Concordi a Rovigo andò a ri-specchiare la ben più luminosa carriera di Bassi a Bologna, e tuttavia que-sta “altra Laura”, come alcuni contemporanei la chiamavano, non era una sua discepola90.

La matematica milanese Maria Gaetana Agnesi (1718-1799) era nata troppo tardi per studiare con Bassi, della quale era una poco più giovane contemporanea che mai abbandonò i dintorni di Milano. Divenne tuttavia il doppelgänger di Bassi quando, nel 1750, sulla scorta della vasta popola-rità delle sue Instituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana (1748), Prospero Lambertini, asceso al papato come Benedetto XIV, la fece nomi-nare professore onorario di matematica all’Università di Bologna, facen-do speci!co riferimento ai precedenti antichi e moderni alla base della sua decisione di creare una seconda cattedra onoraria per una donna nota per i suoi meriti scienti!ci91. Così scriveva il Papa al Senato Bolognese:

Noi che siamo pienamente informati, e per gli esempi antichi, e per li recenti, non esser contra il costume dell’Università di quali!care anche le donne col det-to rimarchevole fregio quando arrivano a quell’eminente grado di Sapere, a cui è arrivata l’Agnesi, con ogni maggior premura raccomandiamo loro l’istanza del-la predetta92.

Diversi professori incoraggiarono Agnesi ad accettare di persona l’in-carico sostenendo che Bologna aveva una tradizione di docenti donne

90. Findlen, “A Forgotten Newtonian”.91. BUB, ms. 279, n. 32 (Benedict XIV al Senato di Bologna, Roma, 24 giugno 1750). 92. Ambr. O. 201 sup., c. 46v (Beccari ad Agnesi, Bologna, 8 luglio 1750).

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che era ora suo onore e dovere mantenere in vita. Agnesi avrebbe dete-nuto la titolarità di questa cattedra immaginaria !no al 1797, ma non si recò mai a Bologna, né contemplò seriamente la possibilità di diventa-re una maestra sul modello di Bassi93. Del resto, anche quelle che ci pro-varono videro le proprie ambizioni frustrate. Per esempio, Maria Dalle Donne, una giovane di povera famiglia contadina del contado bologne-se, nata nel 1778, l’anno della morte di Bassi. La sua laurea in medicina, la licenza di insegnare da lei ottenuta e lo stato di socia all’Accademia dell’Istituto delle Scienze nel 1800 fecero sì che i contemporanei la con-siderassero una miracolosa reincarnazione di Laura Bassi94. Tuttavia, le restrizioni poste al suo insegnamento si rivelarono molto più consisten-ti di quelle sperimentate da Bassi alcuni decenni prima; il culmine del-la carriera di Dalle Donne fu diventare una insegnante di ostetricia nel-la scuola per la formazione delle levatrici e non una docente di studenti universitari maschi. Nemmeno lei fu in grado di replicare il successo go-duto da Bassi.

E che dire delle vere !glie di Bassi? Lei e Veratti ebbero tre bambine, tutte e tre chiamate Caterina: indice di devozione alla dotta Santa Ca-terina da Bologna, questo nome !nì per acquisire una connotazione do-lorosa, dal momento che le prime due morirono, una dopo l’altra, in età infantile. La più giovane Caterina visse !no all’età di ventidue anni e nel 1757 fu sepolta nel convento del Corpus Domini, dove si stava pre-parando a ricevere i voti religiosi95. Apprese dalla madre qualche nozio-ne di !sica sperimentale, alla pari dei suoi fratelli? La documentazione storica è oltremodo silente quanto all’istruzione dell’unica !glia di Bas-si che visse !no all’età adulta, ma sappiamo con certezza che non fu in-coraggiata dai genitori a diventare l’erede della fama accademica della madre. Com’è comprensibile, Bassi pianse la perdita dell’unica !glia so-

93. M. Mazzotti, The World of Maria Gaetana Agnesi, Mathematician of God, Balti-more, John Hopkins University Press, 2007. Questo importante lavoro su Agnesi è discus-so in Findlen, “Calculations of Faith: Mathematics, Philosophy, and Sanctity in Eighte-enth-Century Italy (New Work on Maria Gaetana Agnesi)”, Historia mathematica, 38, 2011, pp. 248-291.

94. O. Sanlorenzo, “Maria Dalle Donne e la Scuola di Ostetricia nel secolo XIX”, in Alma mater studiorum, pp. 147-156; Berti Logan, “Women and the Practice and Teaching of Medicine in Bologna in the Eighteenth and Early Nineteenth Centuries”, Bulletin of the History of Medicine, 2003, 77, pp. 506-535.

95. La prima menzione di Caterina si trova nello status animarum dell’Archivio Arci-vescovile, Bologna, Parrocchie di Bologna soppresse 4/6. Parrocchia di S. Barbaziano. Stati d’anime (1745); BCAB, B. 704 (Baldassare Carrati, Alberi genealogici delle famiglie di Bologna, vol. 8), n. 111 (Verati); BCAB, B. 917 (Baldassare Carrati, Li morti si nobili che civili e di famiglie antiche della città di Bologna, 1763-89), p. 212 (morte di Caterina Maria Teresa Veratti, 26 settembre 1767).

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pravvissuta, e chiese di essere sepolta vicino a Caterina nella chiesa del Corpus Domini96.

Cosa pensava di Laura Bassi il resto del mondo? Fuori dall’Italia, es-sa era, in effetti, vista come esempio di qualcosa che si sarebbe potuto ve-ri!care più spesso, se fosse cambiata la mentalità. Nel 1739 a Londra fece la sua comparsa un trattato anonimo intitolato Women Not Inferior to Men. L’autrice, nascosta sotto lo pseudonimo “Sophia”, era probabilmente la no-ta letterata inglese Lady Mary Wortley Montagu. “Se non appariamo su cattedre universitarie”, scriveva, “ciò non può essere attribuito alla nostra mancanza della capacità di occuparle…” Wortley Montagu citava esplicita-mente “quella giovane signora straniera” come “prova vivente che noi sia-mo altrettanto capaci di qualunque uomo dei più alti primati nella sfera del sapere, visto che l’abbiamo appena fatto…”97. Nessuna donna inglese ri-cevette però una laurea o una cattedra nel corso dell’intero diciottesimo secolo. Wortley Montagu affermò in seguito di aver lasciato l’Inghilter-ra per l’Italia perché quest’ultima rappresentava un ambiente più favorevo-le per una giovane donna colta e ambiziosa della sua generazione. “Il per-sonaggio della donna istruita è lungi dall’essere ridicolo in questo paese”, scrisse a sua !glia nel 1753, “essendo le più grandi famiglie orgogliose di aver generato donne scrittrici, ed essendo al momento una Signora milane-se professore di matematica nella Università di Bologna”98. Fu sicuramen-te la novità costituita da Agnesi – la seconda donna a essere insignita di una cattedra nella Bologna del diciottesimo secolo – a ricordare a Wortley Montagu che l’Italia aveva tali attrazioni da quando era diventata consape-vole delle attività di Bassi.

Negli anni del suo soggiorno in Italia, Wortley Montagu probabilmente conobbe Bassi, ma non lasciò testimonianza di alcun incontro. Altre don-ne inglesi impegnate nel Grand Tour si sentirono in obbligo di visitare Bo-logna per saziare la loro curiosità sulla donna professore della città, so-prattutto dopo che Elizabeth Carter aveva chiarito ai lettori inglesi che la !losofessa di Bologna tanto profusamente lodata nelle pagine iniziali del Newtonianismo per le dame (1737) di Francesco Algarotti altri non era che Bassi. Nel giugno 1741 Henrietta Louisa, Contessa di Pomfret, descrisse la sconcertante esperienza di sentire Bassi discutere sulla natura della luce in latino, una lingua che non comprendeva, e il successivo piacere provato

96. BCAB, B. 917, B. Carrati, Li morti si nobili che civili e di famiglie antiche della città di Bologna, 1763-89, p. 213 (morte di Laura Bassi, 20 febbraio 1778): “Fù sep[ol]ta alla Santa con onore il di seg[uent]e”.

97. Sophia, Women Not Inferior to Men, London, 1739, pp. 40, 46. 98. M. Wortley Montagu, Selected Letters, ed. Isobel Grundy, London, Penguin, 1997,

pp. 392-393 (Wortley Montagu a Lady Bute, 10 ottobre 1753).

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nell’udirla argomentare vivacemente in italiano – lingua che invece capiva – sulla questione se la legge della gravitazione universale di Newton aves-se reso il sole più importante della luna. La sua amica Frances, Contessa di Hartford, che segnalò all’attenzione di Lady Pomfret la nota di Carter su Bassi nella sua traduzione in inglese dell’opera di Algarotti, rispose con ca-lore che avrebbe desiderato “visitare la signora Laura Bassi. I suoi successi onorano davvero il nostro sesso”99.

La notizia, ben pubblicizzata, della cattedra conferita a Bassi raggiun-se anche la Francia, la Germania, la Spagna, e per!no le colonie del Nord America dove le novità provenienti dall’Inghilterra erano regolarmente let-te con avidità. In Francia, il fatto provocò una certa infatuazione per Bas-si, vista come l’incarnazione vivente della curiosa abitudine italiana di promuovere le donne istruite tramite l’af!liazione a istituzioni di cultura. Tuttavia, nemmeno l’ammissione di tre donne francesi – Émilie du Châte-let, Anne Marie du Boccage e Marguerite Le Comte100 – all’Accademia dell’Istituto delle Scienze spinse qualche istituzione francese a emulare la passione italiana per le donne docenti. Nel 1790 Condorcet avrebbe ricor-dato ai suoi compatrioti che l’Italia, emblema della società di Ancien Régi-me, aveva ciononostante permesso alle donne di diventare “professori nelle discipline più elevate senza causare il minimo inconveniente o incontra-re la minima opposizione – senza nemmeno essere bersaglio di battute scherzose”101. In ogni modo, una simile visione, piuttosto ottimistica, della professoressa italiana come incarnazione del femminismo illuminista non destò alcuna scintilla di rivoluzione nelle istituzioni francesi di alta cultura.

Nondimeno, le eccezioni possono produrre ulteriori istanze di eccezio-nalità. In Germania la notizia della laurea di Bassi ispirò Dorothea Leporin Erxleben a chiedere il permesso di studiare medicina e ottenere la laurea. Essa si sarebbe graduata all’Università di Halle solo nel 1754, a riconosci-

99. Correspondence between Frances, Countess of Hartford, (afterwards Duchess of Somerset) and Henrietta Louisa, Countess of Pomfret, between the years 1738 and 1741, 2nd ed., London, T. Gillet, 1806, vol. 1, p. 136 (Pomfret a Hartford, Siena, 28 luglio N.S. 1739); p. 147 (Hartford a Pomfret, Marlborough, 20 agosto, O.S., 1739); vol. 3, pp. 90-91 (Pomfret a Hartford, 29 maggio 1741); vol. 3, pp. 228-229 (Hartford a Pomfret, 18 giugno O.S. 1741) [citazione a pp. 228-229].

100. Sulle donne ammesse all’Accademia delle scienze dell’Istituto, vedi Cavazza, “Les femmes à l’Académie: le cas de Bologne”, in D.-O. Hurel, G. Laudin, éds., Académies et sociétés savantes en Europe (1650-1800), Honoré Champion, Paris, 2000, pp. 161-175; Mazzotti, “Mme Du Châtelet académicienne de Bologne”, in O. Courcelle et U. Kölving, dir., Émilie Du Châtelet, éclairages et documents nouveaux, Centre international d’études du XVIIIe siècle, Ferney-Voltaire, 2008, pp. 121-126; e Findlen, “Tra uomini”.

101. Condorcet [Jean-Antoine de Caritat, marchese di], Selected Writings, ed. Keith Michael Baker, Indianapolis, Bobbs-Merrill, 1976, p. 137 (disponibile online). Ringrazio Keith Baker per avermi fornito questo riferimento bibliogra!co.

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mento della sua pratica medica di lunga durata. Erxleben rivendicò aperta-mente, sulla base del precedente bolognese, il diritto delle donne all’educa-zione universitaria. Il rinnovato interesse per la vita e l’opera di Bassi dopo la sua morte nel 1778 ispirò probabilmente anche un professore tedesco a istruire la !glia, Dorothea Schlözer, incoraggiandola a conseguire una lau-rea in !loso!a a Göttingen nel 1787102. Nonostante il rilievo dato da Johann Jakob Brucker alla biogra!a di Bassi nella sua Pinacotheca scriptorum no-stra aetate literis illustrium (1741-55), nessuna donna tedesca dotta diven-tò professore in quel secolo. Neppure alla colta e aristocratica María Isidra Quintina de Guzman y de la Cerda, ammessa alla Real Academia Españo-la nel 1784 e in seguito autorizzata per decreto reale a ricevere una lau-rea dall’Università di Alcalá nel 1785, fu offerta una cattedra. Durante la sua cerimonia di laurea il rettore dell’Università invitò Guzman y la Cerda a difendere in latino il diritto delle donne all’insegnamento pubblico. Ella citò ovviamente i precedenti bolognesi, ma questi non furono suf!cienti a convincere i suoi ascoltatori a fare il passo de!nitivo, facendo di lei la Lau-ra Bassi spagnola103.

Alla !ne del diciottesimo secolo il signi!cato della cattedra conquistata da Bassi era ormai diventato parte della memoria storica dei successi fem-minili. Il suo ricordo andò a inscriversi entro una più ampia e ragionata di-scussione sui diritti delle donne, che avrebbe alla !ne prodotto l’opera ri-voluzionaria di !gure come Olympe de Gouges e Mary Wollstonecraft. In questo clima di cambiamento, l’eccezionalità di Bassi non sembrava più un criterio di merito.

Al contrario, essa era spia dei limiti del desiderio dell’Ancien Régi-me di celebrare una donna eccezionale negando al contempo la possibili-tà che essa potesse stabilire un precedente per un più ampio cambiamen-to sociale che potesse davvero aprire l’università a molte donne, non solo a poche. Esattamente un anno prima della sua morte, Bassi accolse con calma la notizia che l’Università di Pavia aveva deciso di conferire una

102. L. Schiebinger, The Mind Has No Sex? Women in the Origins of Modern Science, Harvard University Press, Cambridge, MA, 1989, pp. 250-60; B. Kern e H. Kern, Madam Doctorin Schlözer. Ein Frauenleben in den Widersprüchen der Aufklärung, C.H. Beck, Munich, 1988; E. Brinkschulte, E. Labouvie, hgg., Dorothea Christiana Erxleben: Weibli-che Gelehrsamkeit und medizinische Profession seit dem 18. Jahrhundert, Mitteldeuscher Verlag, Halle, 2006; K.S.G. Markau, Dorothea Christiana Erxleben (1715-1762): Die er-ste promovierte Ärztin Deutschlands. Eine Analyse ihrer lateinischen Promotionsschrift sowie der ersten deutschen Übersetzung, (tesi di dottorato in medicina, Facoltà di Medici-na), Martin-Luther-Universität Halle-Wittenberg, 2006.

103. T.A. Smith, New Visibility: Women and the Public Sphere in Eighteenth-Century Spain, Ph.D. diss., University of California, San Diego, 1999, pp. 59-65; idem, The Emer-ging Female Citizen: Gender and Enlightenment in Spain, University of California Press, Berkeley, 2006, p. 254.

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laurea in legge a Maria Pellegrina Amoretti. “Sento che si prepara una solenne laurea femminile, ma tutta legale; aspettaremo le nuove”, scris-se a Spallanzani nell’Aprile 1777. Bassi non indicò al più giovane cugino, allora professore a Pavia, se considerasse l’evento qualcosa di più della prosecuzione della stessa tendenza che quarantacinque anni prima aveva condotto lei alla celebrità104.

Queste due contraddittorie visioni del signi!cato della cattedra univer-sitaria di Laura Bassi con"uirono nel 1785, quando, con scandalo gene-rale, Hester Thrale Piozzi, vedova di un produttore di birra inglese, si ri-sposò con un musicista italiano e quindi, capace di comprendere aspetti di entrambe le società, giunse a Bologna. Nel visitare l’Istituto delle Scien-ze, parlò con il custode, che aveva conosciuto bene Bassi. Questi ricordò che “non molti anni fa, la Dottoressa Laura Bassi faceva lezione in questo preciso luogo… !nché divenne molto vecchia e inferma, ma i suoi allievi la aiutavano sempre con molto rispetto a salire e a scendere dalla cattedra. Che brava donnetta ch’era! esclamò il gentiluomo che mi mostrava l’ac-cademia”. Contemplarono insieme il suo busto funerario e l’iscrizione po-sta sopra la porta, che spinse la guida italiana di Thrale Piozzi a commen-tare tra le lacrime: “tutti muoiono”105. Per quanto curiosa riguardo a Bassi, Thrale Piozzi era meno incline agli umori nostalgici. Osservò infatti acu-tamente che la tradizione italiana di educare le eccezioni, non aveva fatto nulla per promuovere la causa delle donne comuni.

All’epoca della sua morte, nel febbraio 1778, si disse che Laura Bas-si aveva insegnato “sino all’ultimo giorno in sua casa”. La gente ricordava i “numerosi Scolari d’ogni Paese” accorsi a studiare con lei, e i famosi ita-liani tra cui “i celebri Fontana e Spallanzani”106. Il 5 giugno 1778, il Colle-gio Montalto, dove suo !glio Giovanni era prorettore, inscenò un elabora-to elogio “in lode della defunta loro precettrice Laura Bassi”, nella chiesa di Sant’Antonio Abate, per compiangere “la irreparabile perdita”. Si disse che la fama di Bologna come “Madre degli Studi” era stata drasticamen-te ridotta dalla perdita di uno dei suoi “più belli e decorosi ornamenti”107. Anche gli ammiratori più lontani piansero la sua assenza. Solo pochi gior-

104. L. Spallanzani, Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro Spallanzani, a cura di P. Di Pietro. Part I. Carteggi, vol. 1, Mucchi Editore, Modena, 1984, p. 193 (Bassi a Spal-lanzani, Bologna, 22 aprile 1777).

105. H. Lynch Piozzi, Observations (1789), p. 132 (Padova, 10 aprile 1785). 106. Dal necrologio di Bassi negli Avvisi di Bologna (25 febbraio 1778), riprodotto in

Caminer Turra, “Morte di donna celebre”, p. 41. Vedi anche BCAB, Bassi-Veratti, Cart. I, Fasc. 1(a): “Per ventotto anni continui sino all’ultimo giorno di sua vita ha insegnato nella propria Casa la Fisica Sperimentale…”.

107. BCAB, B. 2727, ff. 4-5; vedi f. 17 per il giudizio sul valore della “scuola di Fisica sperimentale e in sua Casa, e nell’Instituto”.

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ni dopo la morte di Bassi, Pio Fantoni scrisse al !glio maggiore, Giovan-ni, per metterlo a parte della sua profonda ammirazione per il ruolo fon-damentale giocato dalla defunta nella formazione della fama di Bologna come città del sapere e de!nì la sua scomparsa un terribile colpo: “Com-piango solo il mio Paese, che non riparerà certam[ent]e cotesto colpo, e compiango un Reggimento, il qual non comprende i Danni, che soffre la nostra Università”108. Fantoni considerava Laura Bassi insostituibile. Nono-stante i successivi sforzi per presentare la classicista Clotilde Tambroni e Maria Dalle Donne, dottore in medicina e ostetricia, come le sue degne eredi, aveva ragione: replicare il successo di Bassi era impossibile poiché le circostanze erano mutate109. Se, infatti, gli ammiratori di Bassi non smise-ro mai di lodarla, verso la !ne della sua vita ci fu almeno uno studioso bo-lognese fuori dal coro, il medico Petronio Zecchini, che si sentì in dove-re di sostenere, pur senza fare esplicitamente il suo nome, che la presenza di “impazzite professoresse” era fonte d’imbarazzo per l’università e, come tale, andava evitata. Condivideva l’idea di Conti che, per natura, le donne non potevano essere abbastanza colte da istruire gli uomini110.

Coloro che avevano personalmente conosciuto Bassi e studiato con lei erano di diverso avviso. Spallanzani lo disse meglio di tutti, quando, scri-vendo a Giuseppe Veratti da Pavia, nell’aprile 1782, si congratulò con lui per aver riaperto la scuola di !sica sperimentale, “continuando così l’eser-cizio della Signora Dottoressa, già carissima sua moglie, e mia venerata Maestra, di cui sarò sempre ricordevole !nché avrò spirito e vita, dire po-tendo con verità che quel pochissimo ch’io so, lo debbo in origine ai savi insegnamenti di Lei”111. Nei decenni immediatamente successivi, ricorda-re l’esperienza unica di essere stati educati dalla più illustre donna profes-sore d’Italia rappresentò un motivo di vanto per molti uomini che giunsero all’età adulta nella Bologna di metà settecento. Col tempo, tuttavia, anche Spallanzani smise di riconoscere pubblicamente il ruolo un tempo eserci-tato dalla sua insegnante: questo sicuramente non a motivo di un calo d’af-

108. BCAB, Bassi-Veratti, 7.8.1 (= Fondo Paolo Veratti, Cart. III, n. 69) (Pio Fantoni a Giovanni Veratti, Roma, 28 febbraio 1778).

109. R. Tosi, “Clotilde Tambroni e il Classicismo tra Parma e Bologna alla !ne del XVIII secolo;” Sanlorenzo, “Maria Dalle Donne”, in Alma mater studiorum, pp. 119-134, 147-156.

110. P. Zecchini, Dì geniali. Della dialettica delle donne ridotta al suo vero principio, Bologna, 1771, p. 56. Su questo dibattito sulla mente femminile, vedi Cavazza, “Women’s Dialectics, or the Thinking Uterus: An Eighteenth-Century Controversy on Gender and Education”, in L. Daston and G. Pomata, eds., The Faces of Nature in Enlightenment Euro-pe, Berlin, Berliner Wissenschafts-Verlag, 2003, pp. 237-257.

111. Cenerelli, a cura di, Lettere inedite, p. 218 (Spallanzani a Veratti, 30 aprile 1782), pubblicato anche in Spallanzani, Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro Spallanza-ni, a cura di Di Pietro, vol. 11, p. 71. Vedi Cavazza, “Laura Bassi, ‘maestra’ di Spallanza-ni”, p. 187.

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fetto, quanto, più probabilmente, perché quando lei non fu più lì ad inco-raggiarlo e sostenerlo, cessò anche di essere un utile punto di riferimento per la sua carriera.

Il !glio più giovane di Bassi, Paolo, mantenne invece viva la memo-ria della madre, per devozione !liale e per necessità economica. Man ma-no che, a metà degli anni ottanta del Settecento, la salute del padre prese a peggiorare, Paolo assunse sempre più il ruolo di suo sostituto, oltre a quel-lo di assistente dell’altro professore di !sica, Sebastiano Canterzani, ma, con i proventi di questi incarichi e quelli di medico praticante, non riusciva a guadagnare abbastanza da sostenere la famiglia112. Ereditò anche la cat-tedra di !sica sperimentale, appartenuta alla madre, al Collegio Montal-to, dove suo fratello Giovanni godeva di grande fama per le sue qualità di educatore religioso113. La mancanza di nuovi posti all’università e la sop-pressione del Collegio Montalto nel 1797 costrinsero Paolo a cercare nuo-vi modi di incrementare le sue entrate in calo. Nel 1809 ottenne, da Mila-no, il permesso del Direttore Generale d’Istruzione Pubblica ad aprire una scuola di !sica sperimentale nella propria casa, in Via Cartoleria Nuova 611114. Dato che né l’insegnante né i suoi strumenti antiquati erano all’altez-za dei progressi della scienza contemporanea, Veratti pubblicizzò le sue le-zioni come Scuola Elementare di Fisica, intesa a preparare gli studenti per i corsi universitari. Era un inizio piuttosto che un completamento di quanto era necessario sapere in questo campo. Paolo propose il suo corso introdut-tivo di !sica con gli strumenti della madre e del padre !no al 1818, quando il restringersi delle sue possibilità economiche lo costrinse a vendere il pre-zioso patrimonio scienti!co di famiglia115. Ciononostante non smise mai di ricordare ai suoi concittadini di Bologna che era !glio e discepolo della un tempo famosa Laura Bassi.

112. Vedi i vari documenti in BCAB, Bassi-Veratti, 10.2.3, 10.3, and 10.4.2-5; 11.3. 113. Nell’Aprile 1797, con la soppressione del Collegio Montalto, gli amministratori in-

caricati di sciogliere l’istituto fecero una lista di tutti i suoi professori, tra cui il canonico Giovanni Veratti, di sessanta anni, che aveva insegnato teologia morale per ventotto anni oltre a svolgere mansioni di prorettore, e il dottore “Giuseppe Veratti”, quarantasette an-ni, che aveva insegnato !sica sperimentale per diciotto anni. Si tratta ovviamente di Paolo; ASB, Demaniale. Collegio Montalto 100/7321 (7 aprile 1797). Sullo stile di Giovanni Ve-ratti come educatore e come maestro del futuro Pio VIII (Francesco Saverio Castiglioni), vedi Cagni, “Il Ponti!cio Collegio Montalto”, pp. 102-105, 137.

114. BCAB, Bassi-Veratti, 9.9.7 (= Fondo Paolo Veratti, n. 109 and n. 110). 115. ASB, Archivio Aldrovandi Marescotti, b. 430 (Bologna, agosto 1818). Cavazza, “Lau-

ra Bassi e il suo gabinetto di !sica sperimentale”; idem, “Il laboratorio di casa Bassi-Veratti”.