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EQUAZIONI

Uguaglianze

In matematica un uguaglianza e' un uguale fra due enti.

Esempi di uguaglianza possono essere

1 + 1 = 2

125 + 250 = 375

AB + BC = AC

a + a + 3a + 2a = 2a + 5°

Regola: se un'uguaglianza e' vera si comporta come una bilancia a piatti: quello che c'e' su un piatto

deve variare come quello che c'e' sull'altro piatto altrimenti la bilancia non e' più in equilibrio e

l'uguaglianza non e' più valida

Tra le varie uguaglianze poi possiamo considerare alcune uguaglianze particolari:

le identità

le equazioni

Identità

Un'identità e' una uguaglianza in cui compaiono delle lettere e deve succedere che per qualunque

valore noi possiamo mettere al posto delle lettere l'uguaglianza deve restare valida:

Esempio

a + a = 2a

e' un'identità' infatti se si prova a sostituire al posto di a qualunque valore, il primo termine resterà

sempre uguale al secondo

Ad esempio sostituisco 5 alla lettera a e ottengo:

5 + 5 = 2·5

5 + 5 = 10

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Equazioni

Si chiama equazione di primo grado un'uguaglianza che può diventare vera sostituendo alla lettera

(incognita) un valore particolare detto soluzione

Ad esempio:

2x - 4 = 0

se al posto di x metto il valore 2 l'uguaglianza diventa vera

2 · 2 - 4 = 0

4 - 4 = 0

0 = 0

mentre se metto altri numeri non e' vera.

Allora per trovare il valore di un dato che non conosciamo basterà impostarne l'equazione relativa e

risolverla: il valore che mi risolve l'equazione sarà il valore del dato che cerchiamo.

Primo principio di equivalenza:

Aggiungendo o sottraendo ad entrambi i membri di un'equazione una stessa quantità l'equazione

resta equivalente alla data.

Per membro di un'equazione si intende tutto quello che c'e' prima dell'uguale (primo membro) e

tutto ciò che c'e' dopo l'uguale (secondo membro)

Ad esempio:

2x - 4 = 0

aggiungo + 4 da entrambe le parti

Ottengo:

2x -4 + 4 = 0 + 4

2x = 4

Equivale a dire: in un'equazione posso trasportare da un membro all'altro cambiando di segno il

termine trasportato

Poiché il primo principio e' scomodo da usare quando abbiamo tanti termini e poiché bisogna, per

risolvere un'equazione, avere i fattori con la x prima dell'uguale e quelli senza la x dopo l'uguale al

posto del primo principio si può usare questa regola: posso trasportare un termine da una parte

all'altra dell'uguale, ma chi salta l'uguale cambia di segno.

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Secondo principio di equivalenza

Moltiplicando o dividendo entrambe i membri di un'equazione per una stessa quantita' diversa da

zero l'equazione resta equivalente alla data

Ad esempio:

2x = 4

divido da entrambe le parti per 2

(divido per il numero che c'e' davanti alla x per lasciare la x da sola e così risolvere l'equazione)

Semplifico

x = 2 e' la soluzione

Il secondo principio sarà utile da usare quando avremo delle equazioni con denominatori numerici.

Infatti dopo aver fatto il minimo comune multiplo fra entrambe i membri potrò eliminare i

denominatori ( equivale a moltiplicare entrambe i membri dell'equazione per il minimo comune

multiplo).

Ricorda che: in matematica non si può mai dividere per zero

Soluzione di un'equazione di primo grado ad una incognita

Prendiamo un’equazione di primo grado ad una incognita:

2x - 6 = 10

Per risolverla devo trasformarla in x = soluzione

2x = 10 + 6

2x = 16

Ora devo eliminare il 2 ; per eliminarlo devo dividere per 2 sia prima che dopo l'uguale ( secondo

principio di equivalenza)

Semplifico: x = 8    e' la soluzione

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E' possibile vedere se un'equazione è stata risolta giustamente: infatti per definizione un' equazione

e' un'uguaglianza verificata se al posto di x metto la soluzione quindi posso fare la verifica

sostituendo nell'equazione di partenza il valore 6 al posto di x,

2x - 4 = 8

2·6 -4 = 8

12 - 4 = 8

8 = 8 L'uguaglianza e' vera quindi ho risolto giustamente l'equazione.

Equazione possibile, impossibile ed indeterminata

Possiamo suddividere le equazioni in:

equazioni possibili

equazioni impossibili

equazioni indeterminate

Se x = numero   Equazione possibile: l'equazione afferma un fatto vero ed unico

Ad esempio: x + 4 = 2x

Risolvendo ottengo: x – 2x = - 4

- x = - 4 x = 4

Quando otteniamo la soluzione del tipo x = numero diciamo che l'equazione e' possibile

Se 0 = numero   Equazione impossibile:l'equazione afferma un fatto falso

Ad esempio: x + 3 = x

Risolvendo ottengo: x – x = - 3 cioè 0 = 3

Quando otteniamo zero uguale a un numero diciamo che l'equazione e' impossibile

Se 0 = 0    Equazione indeterminata: l'equazione afferma un fatto vero ma che va bene per

infiniti numeri

Ad esempio: x + 5 = x + 5

Risolvendo ottengo: x - x = 5 – 5 0 = 0

Quando otteniamo zero uguale a zero diciamo che l'equazione e' indeterminata (o che è

un'identità).

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Equazioni letterali

Un'equazione si dice letterale quando oltre ai numeri ed alle incognite vi compaiono anche delle

lettere

Quando risolviamo un'equazione letterale occorre ricordare che la lettera occupa il posto di numeri

e che per risolvere un'equazione devo tener presente che il secondo principio mi vieta di dividere

per zero; quindi al posto della lettera non potrò sostituire quei numeri che mi rendono il

denominatore zero.

Ad esempio:

ax = 3

Per risolverla dovrei applicare il secondo principio, ma esso e' applicabile solo se allora

distinguo i due casi:

posso applicare il secondo principio quindi:

e semplificando:

        

non posso applicare il secondo principio, ma sostituendo ad a il suo valore l'equazione

diventa

0 = 3 equazione impossibile

Riassumendo: per risolvere un'equazione letterale occorre porre diversi da zero i termini che

applicando il secondo principio compariranno al denominatore. Inoltre bisognerà discutere

l'equazione quando quei termini avranno valore uguale a zero. L'equazione che ne verrà fuori sarà o

impossibile o indeterminata.

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Equazioni fratte

Un'equazione si dice fratta quando la x compare sotto il segno di frazione.

Al solito, tenendo conto del secondo principio quando si fa il m. c. m. si dovrà dire che l'equazione

non e' valida per il valore della x che annulla il minimo comune multiplo. Questa si chiama anche

Condizione di Realta' (abbreviata in C.R.)

Dopo aver risolto l'equazione dovrò controllare il valore della x:

1. se il valore della x non e' quello che annullava il minimo comune multiplo la soluzione e'

accettabile

2. se il valore trovato e' uguale a quello che annullava il minimo comune multiplo allora dovrò

dire che la soluzione non e' accettabile

Vediamo un esempio per tipo:

1)

Condizione di Realtà (C.R.)

per il secondo principio tolgo i denominatori (posso farlo perchè ho supposto il m.c.m. da zero)

x - 2 = 2

x = 4    accettabile

2)

Condizione di Realtà (C.R.)

per il secondo principio tolgo i denominatori (posso farlo perchè ho supposto il m.c.m. da zero)

x - 2 - 2 = -2

x = 2   non accettabile perchè contraria alla condizione di realtà

Equazioni di secondo grado

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Un'equazione algebrica nell'incognita x si dice di secondo grado, quando l'incognita x è elevata al

quadrato.

In qualsiasi forma sia scritta, con un po' di calcoli algebrici, si può sempre arrivare a una forma che

si chiama forma normale o forma canonica

a, b, c si chiamano rispettivamente primo, secondo e terzo coefficiente; c viene anche detto termine

noto.

a è diverso da zero, altrimenti l'equazione sarebbe di primo grado;

b e c possono essere uguali a zero, ossia possono non esserci.

L'esistenza o meno di questi coefficienti determina i differenti tipi di equazione e di conseguenza i

vari metodi per risolverla.

Se l’equazione di 2° grado possiede tutti i coefficiente diversi da zero l’equazione si dice completa,

se invece anche solo uno di essi è = 0 allora l’equazione si dice incompleta.

Ricordiamo che trovare le soluzioni di una equazione significa trovare gli zeri della stessa, ossia i

valori che sostituiti alla variabile x permettono di trovare l’identità 0 = 0

1° caso: solo c = 0 e b 0. Equazione spuria ax2 + bx = 0

Per risolverla, si mette a fattore comune la x, quindi x·(ax + b) = 0.

Per la legge di annullamento del prodotto almeno uno dei due fattori deve annullarsi.

x = 0

ax + b = 0 da cui x = -b/a

L’equazione di 2° grado spuria, ammette sempre due soluzioni reali che sono date da:

x1 = 0, x2 = -b/a

2° caso: b = 0, c = 0. Equazione monomia ax2 = 0

La soluzione è x = 0.

3° caso: solo b=0 e c 0. Equazione pura ax2 + c = 0

Per risolverla: ax2 = - c da cui da cui

Se il numero sotto radice è negativo l’equazione non ammette alcuna radice reale; se invece è

positivo esistono due soluzioni reali.

Quindi ricercare le soluzioni di questa equazione equivale a ricercare i numeri che elevati al

quadrato danno – c/a.

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Si possono pertanto distinguere due casi:

1) se a c sono discordi (cioè di segno opposto) il numero – c/a è positivo e quindi esistono due

radici reali

e

2) se a c sono concordi (cioè di ugual segno) il numero – c/a è negativo e quindi l’equazione non ha

radici reali poiché nessun numero reale elevato al quadrato da un numero negativo.

Se -c/a > 0 le soluzioni sono reali e opposte. Se -c/a < 0 le soluzioni sono immaginarie e coniugate.

Attenzione: -c/a non è detto che sia negativo, dipende dai segni di a e c.

4° caso: nessuno dei coefficienti è nullo. Equazione completa ax2+bx+c=0

La prima cosa da fare per trovare le soluzioni di un’equazione di secondo grado completa è trovare

la quantità b2 - 4ac che si indica con la lettera greca DELTA, , chiamata discriminante, in quanto

discrimina tre casi distinti:

> 0 si hanno due soluzioni reali e distinte

= 0 si ha una sola soluzione x = -b/2 a, che si dice doppia

< 0 non si ha nessuna soluzione reale, bensì due complesse coniugate.

N.B. La formula risolutiva delle equazioni di 2° grado può essere applicata anche alle equazioni

incomplete; ciò pero non conveniente in quanto i metodi esaminati nel precedente paragrafo sono

assai più rapidi.

LA REGOLA DI CARTESIO.

Se una equazione di 2° grado ha il discriminante positivo o nullo, e pertanto ammette radici reali, si

possono determinare i segni di queste radici senza risolvere l’equazione ma semplicemente

esaminando i segni dei coefficienti.

Per semplicità imponiamo che il coefficiente a sia sempre positivo, infatti nel caso non lo fosse

basta cambiare il segno a tutta l’equazione (ossia moltiplicare per -1 tutti i termini dell’equazione

primo e secondo membro) e chiamiamo permanenza il susseguirsi di due termini concordi e

variazione il susseguirsi di termini discordi:

Riassumiamo il tutto nel seguente specchietto:

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a b cNumero

variazioniNumero

permanenze1° CASO + + + 0 22° CASO + - + 2 03° CASO + - - 1 14° CASO + + - 1 1

Per poter decidere di volta in volta il segno delle radici ricordiamo che:

e

1° caso:

Poiché a e c sono concordi il prodotto delle radici è positivo e quindi le radici sono entrambe

positive o negative e poiché anche a b sono concordi la somma delle radici è negativa e quindi

possiamo concludere che le radici sono entrambe negative.

2° caso:

Poiché a e c sono concordi il prodotto delle radici è positivo e quindi le radici sono entrambe

positive o negative e poiché a b sono discordi la somma delle radici è positiva e quindi possiamo

concludere che le radici sono entrambe positive.

3° caso:

Essendo a c discordi il prodotto delle radici è negativo e quindi le radici sono discordi e pertanto

una positiva e una negativa, poiché a e b sono discordi somma delle radici è positiva e pertanto tra

le due radici è maggiore in valore assoluto quella positiva.

4° caso:

Essendo a c discordi il prodotto delle radici è negativo e quindi le radici sono discordi e pertanto

una positiva e una negativa, poiché a e b sono concordi la somma delle radici è negativa e pertanto

tra le due radici è maggiore in valore assoluto quella negativa

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