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34 menti di logica e di informatica. Se si pensa e ci si dedica solamente ai tecni- cismi specialistici che sono propri di ta- li settori della matematica certo è delu- dente quanto poco di essi sia possibile e convenga trasmettere nell'insegna- mento scolastico della scuola media. Ma se si considera la possibilità di una ri- costruzione razionale, non necessarià- mente continuista, degli sviluppi dalla logica formale alla logica matematica e dall'argomentazione alla vera e propria dimostrazione, allora il quadro e il pro- getto acquistano indubitabilmente una maggiore consistenza sia epistemologi- ca che pedagogica. I lavori di gruppo ]l lavoro di gruppo è certo il momento di massimo interscambio tra i convegni- sti. Con tutto quello che ciò comporta di impegno a capire e a farsi capire. Ma anche di attitudine ad ... inventare, se- duta stante e senza preaccordo, un mo- dello comune di riferimento o - per dirla alla maniera della retorica classi- ca - un 'luogo' di ritrovamento, rispet- to al quale immediatamente si capisca chi accetta la sfida della comunicazio- ne e chi invece la ricusa perché la teme. Nel recente Convegno rcimano, in di- pendenza dagli orientamenti e dagli im- pulsi dati alla riflessione comune dalle relazioni, i problemi universalmente ri- conosciuti sembrano da ricollegare sia alla incompetenza linguistica dei ragazzi che alla connessa difficoltà circa la con- cettualizzazione, sia generica che spe- cifica. Epistemologia della maten1atica Carlo Felice Manara L'evoluzione recente della Matematica Per poter analizzare, anche in forma sommaria e sbrigativa, lo statuto episte- mologico della Matematica, è utile sof- fermarsi sull'evoluzione che questa scienza ha avuto nei tempi più recenti, ed in particolare negli ultimi due secoli. lnvero la Matematica viene spesso con- siderata come una scienza rigida, chiu- sa, quasi fossilizzata nei suoi metodi e .nel suo assetto; essa è invece una scien- za viva, che si evolve insieme con l'evol- versi rapidissimo e con ìl progredire di tutto il pensiero scientlfico. Si potreb- be addirittura dire che non soltanto l'e- voluzione della Matematica accompa- gna quella di tutto il pensIero sciennifi- co, ma anzi che l'evoluzione della Ma- tematica è uno dei momenti più impor- In conseguenza di ciò, tanto nelle rifles- sioni qùanto nelle esemplificazioni ad- dotte, in termini di prospettive sono ve- nute emergendo talune coerenti propo- ste. Anzitutto quella di ricorrere a ragion ve- duta, cioè programmaticamente e per concetti effettivamente basilari, ad una conveniente moltiplicazione non ripeti- tiva dei casi o che dir si voglia degli eser- ciZi da affrontare. Ciò dovrà essere ef- fettuato entro un ventaglio più o meno ampio di varianti, cosi che gli studenti possano riConoscere - potenziando adeguatamente la loro attitudine al ri- corso all'analogia, all'identità e alla dife ferenza - i caratteri generali ed essen- ziali di ciascun concetto in esame, nella contestualità in cui si presenta e vive. È stato inoltre sostenuto che la valoriz- zazione delle facoltà immaginative e operative degli studenti deve essere fun- zionale e mirare precisamente al conse- guimento della capacità argomentativa. In relazione, infine, alla necessità di un ciclico ritorno didattico sui concetti es- senziali si è voluto richiamare l'attenzio- ne su dl\e interessanti e complementari Da un canto quella di valo- rizzare'il disegno come forma specifica di disCOF$o, e, il} .Wnl1essione, della geo- metria come hibgoipr,ivilegiato (qualcu- no ha sostenuto .anche 'spontaneo' per noi italiani) dell'immaginario matemati- co. Dall'altro quella di proporre il sim- bolismo matematico in chiave sia semio- logica che estetica: tale cioè da esser do- tato della capacità di 'condurre verso la sorprendente realtà delle cose (pierlui- gi Pizzamiglio, docente di Storia della Mate- matica, Univo Cattolica, sede di Brescia). tanti di questo progresso. Come infatti cercheremo di far vedere, la Matemati- ca rappresenta una delle strutture por- tanti della scienza, nella concezione mo- derna del termine. Questa nostra opi- nione potrebbe essere confermata e con- validata dalla citazione di molti filoso- fi e pensatori, che hanno riflettuto sul- la scienza; tra i tanti, scegliamo di ricor- dare il pensiero di Galileo. In un cele- bre passo del suo dialogo intitolato «Il saggiatore» il grande Pisano scrisse che il libro dell'universo è scritto in carat- teri matematici. Ed aggiunse che chi non conosce tali caratteri non potrà mai leg- gere in quel libro, ed è destinato ad ag- girarsi nell'universo come in un oscuro labirinto. Come abbiamo già detto, pensiamo che sia particolarmente importante la ma- turazione avvenuta neUa Matematica negli ultimi due secoli: infatti in questo Giuseppe Peano (1858-1932). periodo la Matematica ha fatto registra- re una profonda evoluzione, che l 'ha fatta passare dalla struttura tradizionale a quella che possiede ancora oggi, o, meglio, possedeva fino alla diffusione massiccia dei mezzi elettronici di calco- lo e di elaborazione dell'informazione. È difficile poter dare un'idea precisa di questa evoluzione senza entrare in par- ticolari tecnici e senza utilizzare il lin- guaggio specifico della Matematica. Ci dovremo quindi limitare a qualche ac- cenno generico; a tal fine osserviamo che, sino alla fine del secolo XVIII, la Matematica veniva considerata come una scienza definita dai suoi oggetti, dai suoi contenuti. Questo atteggiamento è condiviso anche oggi da qualcuno che crede di poter dare una definizione del- la Matematica che riecheggia quella che si incontrava presso i filosofi e gli scien- ziati del '700. La Matematica veniva al- lora definita come «la scienza dei nume- ri» oppure come «la scienza della quan- tità»; spesso a queste frasi generiche ve- nivano aggiunte delle precisazioni spe- cifiche: per esempio la «quantità», con- siderata come un concetto generico, ve- niva suddivisa in «quantità -continua», che avrebbe dovuto essere l'oggetto del- la Geometria, ed in «quantità discreta», che avrebbe dovuto essere l'oggetto del- l'Aritmetica. Noi pensiamo che uno dei risultati più importanti della recente evoluzione della Matematica sia proprio quello di aver .fatto superare questi atteggiamenti, che pretendevano di definire questa scien- za attraverso i suoi oggetti, per concen- trare invece l'attenzione degli studiosi sulle procedure della Matematica. In questo ordine di idee, si potrebbe dire che questa scienza ha esteso di molto il proprio dominio; infatti nell'atteggia- mento precedente tale dominio era pen- sato strettamente limitato agli enti che in qualche modo possono essere quan- tificati, misurati, rappresentati con nu- meri. Invece, nell'atteggiamento più moderno, vengono trattati con procedr- menti matematici per esempio anche dei

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menti di logica e di informatica. Se si pensa e ci si dedica solamente ai tecni­cismi specialistici che sono propri di ta­li settori della matematica certo è delu­dente quanto poco di essi sia possibile e convenga trasmettere nell'insegna­mento scolastico della scuola media. Ma se si considera la possibilità di una ri­costruzione razionale, non necessarià­mente continuista, degli sviluppi dalla logica formale alla logica matematica e dall'argomentazione alla vera e propria dimostrazione, allora il quadro e il pro­getto acquistano indubitabilmente una maggiore consistenza sia epistemologi­ca che pedagogica.

I lavori di gruppo

]l lavoro di gruppo è certo il momento di massimo interscambio tra i convegni­sti. Con tutto quello che ciò comporta di impegno a capire e a farsi capire. Ma anche di attitudine ad ... inventare, se­duta stante e senza preaccordo, un mo­dello comune di riferimento o - per dirla alla maniera della retorica classi­ca - un 'luogo' di ritrovamento, rispet­to al quale immediatamente si capisca chi accetta la sfida della comunicazio­ne e chi invece la ricusa perché la teme. Nel recente Convegno rcimano, in di­pendenza dagli orientamenti e dagli im­pulsi dati alla riflessione comune dalle relazioni, i problemi universalmente ri­conosciuti sembrano da ricollegare sia alla incompetenza linguistica dei ragazzi che alla connessa difficoltà circa la con­cettualizzazione, sia generica che spe­cifica.

Epistemologia della maten1atica Carlo Felice Manara

L'evoluzione recente della Matematica

Per poter analizzare, anche in forma sommaria e sbrigativa, lo statuto episte­mologico della Matematica, è utile sof­fermarsi sull'evoluzione che questa scienza ha avuto nei tempi più recenti, ed in particolare negli ultimi due secoli. lnvero la Matematica viene spesso con­siderata come una scienza rigida, chiu­sa, quasi fossilizzata nei suoi metodi e

. nel suo assetto; essa è invece una scien­za viva, che si evolve insieme con l'evol­versi rapidissimo e con ìl progredire di tutto il pensiero scientlfico. Si potreb­be addirittura dire che non soltanto l'e­voluzione della Matematica accompa­gna quella di tutto il pensIero sciennifi­co, ma anzi che l'evoluzione della Ma­tematica è uno dei momenti più impor-

In conseguenza di ciò, tanto nelle rifles­sioni qùanto nelle esemplificazioni ad­dotte, in termini di prospettive sono ve­nute emergendo talune coerenti propo­ste. Anzitutto quella di ricorrere a ragion ve­duta, cioè programmaticamente e per concetti effettivamente basilari, ad una conveniente moltiplicazione non ripeti­tiva dei casi o che dir si voglia degli eser­ciZi da affrontare. Ciò dovrà essere ef­fettuato entro un ventaglio più o meno ampio di varianti, cosi che gli studenti possano riConoscere - potenziando adeguatamente la loro attitudine al ri­corso all'analogia, all'identità e alla dife ferenza - i caratteri generali ed essen­ziali di ciascun concetto in esame, nella contestualità in cui si presenta e vive. È stato inoltre sostenuto che la valoriz­zazione delle facoltà immaginative e operative degli studenti deve essere fun­zionale e mirare precisamente al conse­guimento della capacità argomentativa. In relazione, infine, alla necessità di un ciclico ritorno didattico sui concetti es­senziali si è voluto richiamare l'attenzio­ne su dl\e interessanti e complementari prciSR~ttive. Da un canto quella di valo­rizzare'il disegno come forma specifica di disCOF$o, e, il} .Wnl1essione, della geo­metria come hibgoipr,ivilegiato (qualcu­no ha sostenuto .anche 'spontaneo' per noi italiani) dell'immaginario matemati­co. Dall'altro quella di proporre il sim­bolismo matematico in chiave sia semio­logica che estetica: tale cioè da esser do­tato della capacità di 'condurre verso la sorprendente realtà delle cose (pierlui­gi Pizzamiglio, docente di Storia della Mate­matica, Univo Cattolica, sede di Brescia).

tanti di questo progresso. Come infatti cercheremo di far vedere, la Matemati­ca rappresenta una delle strutture por­tanti della scienza, nella concezione mo­derna del termine. Questa nostra opi­nione potrebbe essere confermata e con­validata dalla citazione di molti filoso­fi e pensatori, che hanno riflettuto sul­la scienza; tra i tanti, scegliamo di ricor­dare il pensiero di Galileo. In un cele­bre passo del suo dialogo intitolato «Il saggiatore» il grande Pisano scrisse che il libro dell'universo è scritto in carat­teri matematici. Ed aggiunse che chi non conosce tali caratteri non potrà mai leg­gere in quel libro, ed è destinato ad ag­girarsi nell'universo come in un oscuro labirinto. Come abbiamo già detto, pensiamo che sia particolarmente importante la ma­turazione avvenuta neUa Matematica negli ultimi due secoli: infatti in questo

Giuseppe Peano (1858-1932).

periodo la Matematica ha fatto registra­re una profonda evoluzione, che l 'ha fatta passare dalla struttura tradizionale a quella che possiede ancora oggi, o, meglio, possedeva fino alla diffusione massiccia dei mezzi elettronici di calco­lo e di elaborazione dell'informazione. È difficile poter dare un'idea precisa di questa evoluzione senza entrare in par­ticolari tecnici e senza utilizzare il lin­guaggio specifico della Matematica. Ci dovremo quindi limitare a qualche ac­cenno generico; a tal fine osserviamo che, sino alla fine del secolo XVIII, la Matematica veniva considerata come una scienza definita dai suoi oggetti, dai suoi contenuti. Questo atteggiamento è condiviso anche oggi da qualcuno che crede di poter dare una definizione del­la Matematica che riecheggia quella che si incontrava presso i filosofi e gli scien­ziati del '700. La Matematica veniva al­lora definita come «la scienza dei nume­ri» oppure come «la scienza della quan­tità»; spesso a queste frasi generiche ve­nivano aggiunte delle precisazioni spe­cifiche: per esempio la «quantità», con­siderata come un concetto generico, ve­niva suddivisa in «quantità -continua», che avrebbe dovuto essere l'oggetto del­la Geometria, ed in «quantità discreta», che avrebbe dovuto essere l'oggetto del­l'Aritmetica. Noi pensiamo che uno dei risultati più importanti della recente evoluzione della Matematica sia proprio quello di aver

. fatto superare questi atteggiamenti, che pretendevano di definire questa scien­za attraverso i suoi oggetti, per concen­trare invece l'attenzione degli studiosi sulle procedure della Matematica. In questo ordine di idee, si potrebbe dire che questa scienza ha esteso di molto il proprio dominio; infatti nell'atteggia­mento precedente tale dominio era pen­sato strettamente limitato agli enti che in qualche modo possono essere quan­tificati, misurati, rappresentati con nu­meri. Invece, nell'atteggiamento più moderno, vengono trattati con procedr­menti matematici per esempio anche dei

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problemi che riguardano la logica for­male, la teoria delle scelte e delle deci­sioni, e così via; cioè degli argomenti che difficilmente si potrebbero pensare co­me legati ad oggetti in qualche modo misurabili o quantificabili.

La crisi della Geometria nel secolo XIX

Uno dei momenti determinanti nell' evo­luzione della Matematica è costituito dall'invenzione delle Geometrie non­euclidee, e soprattutto dalla dimostra­zione che queste dottrine sono logica­mente valide, cioè dalla dimostrazione del fatto che esse non soltanto non mo­strano alcuna contraddizione apparen­te, ma non potranno mai mostrarne, perché sono intrinsecamente coerenti. Questa dimostrazione costrinse i mate­matici a cambiare radicalmente il mo­do di concepire la Geometria. Suppo­niamo infatti che esista un ente esterno a noi, che sia l'oggetto di questa scien­za, ente da chiamarsi «estensione», o «spazio geometrico» o con altri nomi, che di volta in volta sono stati inventa­ti; se tale ente esistesse, esso non potreb­be essere descritto o studiato con dot­trine contraddittorie tra ~oro, come so­no la Geometria euclidea ed una qua­lunque tra le non-euclidee. E ciò perché una delle posizioni iniziali ed irrinuncia­bili che stanno alla base di ogni teoria scientifica è l'accettazione della coeren­za interna della realtà che si studia. Per comprendere meglio ciò che inten­diamo dire, vorremmo rimeditare bre­vemente sulla struttura del primo trat­tato scientifico che la Storia umana ri­cordi: intendiamo parlare del trattato degli «Elementi» di Euclide, che ci si presenta come una specie di miracolo del pensiero e dell'intelligenza dei Gre­ci. Miracolo che è ancora più grande di quanto non appaia a prima vista, per­ché, secondo gli storici dell'età alessan­drina, il trattato euclideo ci trasmette i frutti di un pensiero matematico prece­dente, i cui documenti non sono giunti fino a noi direttamente. Il trattato euclideo ci si presenta come una successione di proposizioni; alcune di queste descrivono gli enti di cui si par­lerà nel seguito. Altre enunciano delle verità che vengono abitualmente consi­derate come incontestabili; queste pro­posizioni vengono presentate da Eucli­de sotto il nome di «Nozioni comuni». Altre proposizioni infine vengono pre­sentate come delJe richieste di assenso, e vengono chiamate appunto «Postula­ti», cioè richieste; queste ultime propo­sizioni dguardano delle proprietà non di tutti gli enti in generale, ma specìfi­camente degli enti della Geometria, o delle operazioni che si eseguono su di es­si. Tra queste proposizìoni è il celebre Postulato che viene detto «di Euclide» quasi per antonomasia, e che enunGÌa, in sostanza, la unicità della parallela ad

una data retta per un punto fuori di essa. Queste proposizioni, cioè le «Nozioni comuni» ed i «Postulati», sono date senza dimostrazione cioè semplicemen­te affermate; le altre proposizioni sono dimostrate, oppure espongono soluzioni di problemi ottenute con procedure e ra­gionamenti rigorosamente fondati sul­le proposizioni enunciate in precedenza. La struttura del trattato euclideo è sta­ta considerata per secoli come paradig­matica di ogni trattato scientifico che coinvolgesse la Matematica; a questo modello si sono ispirati anche gli esten­sori di altri celebri trattati che hanno fatto epoca nella storia del pensiero umano: per esempio la celebre opera di Isacco Newton intitolata, come è noto, «Philosophiae naturalis principia ma­thematica» (Principi matematici della fi­losofia naturale). Si può osservare che le Nozioni comuni ed i Postulati sono stati considerati, nel corso dei secoli, come delle proposizio­ni accettabili in forza della loro eviden­za; in altre parole come delle proposi­zioni che vengono accettate in forza del fatto che enunciano delle proprietà ve­re di certi enti che si osservano, proprie­tà che sono talmente semplici ed elemen­tari che non hanno bisogno di alcuna di­mostrazione. Come abbiamo detto, l'invenzione del­le Geometrie non-euclidee ha costretto i matematici a cambiare questo punto di vista: di cOl1seguenza la concezione che oggi si ha della Geometria ci presen­ta questa scienza sotto due aspetti ab­bastanza distinti, ma non contradditto­ri tra di loro, anzi in certa misura com­plementari, come vedremo. Uno di questi aspetti viene descritto pre­sentando la Geometria come un «Siste­ma ipotetico-deduttivo»: con questa espressione si intende dire che la Geo­metria viene così considerata come una specie di gioco logico, nel quale la vali­dità di una qualunque proposizione non è data dalla corrispondenza tra gli enun­

.).)

ciati ed i loro contenuti, riferiti .ad una realtà determinata esistente fuori di noi. La Geometria viene quindi considerata come un puro gioco, analogo al gioco degli scacchi, o ad un altro qualunque gioco inventato dall'uomo, nel quale la cosa più importante è l'ubbidienza alle regole liberamente stabilite e scelte, non imposte dalla aderenza ad una qualun­que realtà esteriore. Pertanto, in questo atteggiamento, punti di partenza sono considerati co­me delle pure ipotesi di ragionamento; e la validità delle conclusioni e delle pro­posizioni dimostrate (teoremi) è fonda­ta soltanto suT fatto che esse sono state dedotte correttamente, con il pieno ri­spetto delle regole della logica; di qui il nome di «Sistema ipotetico-deduttivQ) che viene dato alla Geometria in questo atteggiamento. Si pone a questo punto, in modo natu­rale e spontaneo, una questione che po­trebbé' essere formulata domandando che seQso abbia chiamare ancora «Geo­metria», un insieme di proposizioni che si pres~ntano così astratte e staccate dal­la realtà esteriore a noi. Infatti questa concei'ione della Geometria appare a prima vista molto lontana da quella tra­dizionale, e questa domanda è sostan­zialmente coerente con la visione che l'umanità ha sempre tradizionalmente avuto della Geometria, a partire dall'o­pera immortale di Euclide. Tuttavia il fatto che si continui a chia­mare con il nome di Geometria una dot­trina che può assumere ['aspetto di un puro gioco logico, e che non pretende di trarre i suoi principi e di fondare le sue basi sulla evidenza, e sulla rispon­denza dei suoi principi ai dati della espe­rienza, è giustificato dalla esistenza di un secondo aspetto della Geometria; aspetto che viene descritto' abbastanza bene dalla frase che asserisce essere la Geometria «il primo capitolo della Fi­sica». In altre parole, sotto questo se­condo a'spetto la Geometria ci si presen­ta come il primo passo che l'uomo com­pie per dare un ordine razionale alle sue esperienze ed alle osservazioni che egli esegue sul mondo reale. Nel caso della Geometria, tali osservazioni riguardano l'insieme delle relazioni spaziali dell'uo­mo con gli oggetti che lo circondano, ed i risultati delle manipolazioni che egli esegue su questi oggetti, immaginati co­me rigidi. In questo ordine di idee, la Geometria riacquista parte del carattere di scienza di determinati oggetti, carattere che, co­me abbiamo visto, le è sempre stato at­tribuito durante i secoli precedenti al no­stro. Si osservi tuttavia che, secondo questo modo di vedere, la Geometria as­sume anche lo stato epistemologico di una qualunque scienza della Natura, in particolare di una teoria fisico-mate­matica. Ora è stato osservato da Henri Poincaré che non ha senso domandarsi se una teoria cosiffatta sia vera oppure falsa: è possibile soltanto domandarsi se essa sia più o meno adeguata per descri­

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Dllvid Hilbert (1862-1943).

vere le nostre esperienze passate, preve­dere il risultato di altre e fornirci una visione razionale e coerente del mondo che ci circonda, sotto un determinato punto di vista. Si potrebbe assimilare la conoscenza che così si ottiene a quella che si consegue utilizzando una carta topografica: è no­to infatti che le informazioni fornite da una carta topografica non sono mai per­fettamente esatte; si dimostra infatti che con un foglio piano ed inestendibile non si può «rivestire» perfettamente una parte di sfera, e meno che mai una in­tera sfera. Tuttavia, nonostante ciò, tut­ti noi utilizziamo le carte topografiche, per scopi pratici ed anche teorici. Pertanto, sempre nella scia di Poinca­ré, noi pensiamo che, in questo ordine di idee, non abbia senso parlare di «Geometria vera»; infatti, ai fini di una descrizione coerente delle nostre espe­rienze nei riguardi degli oggetti che ci circondano, può essere sufficiente uti­lizzare la costruzione teorica di Eucli­de; ma può anche essere necessario uti­lizzare delle teorie più complicate e so­fisticate, a seconda degli scopi dell'in­dagine che si sta compiendo e dell'or­dine di approssimazione delle informa­zioni che si hanno e di quelle che si vo­gliono ottenere con le deduzioni ed i cal­coli. Quindi, sempre in questo ordine di idee, non si può pretendere che il cosiddetto «rigore geometrico» sia inteso come aderenza totale di certi enunciati a cer­te realtà materiali; ma esso deve venir interpretato come coerenza delle proce­dure deduttive che collegano logicamen­te i punti di partenza non dimostrati con le proposizioni che si dimostrano (teo­remi). Osserviamo infine che anche nell'atteg­giamento moderno è necessario partire da un certo numero di proposizioni non dimostrate, da chiamarsi «postulati» oppure anche (secondo l'abitudine in­valsa recentemente) «assiomi». La po­sizione moderna differisce daUa conce­zione classica md fatto che tali proposi­zioni non si considerano imposte da una

evidenza empirica considerata come in­confutabile, ma sono soltanto suggeri­te dalla esperienza; è quindi possibile, in linea di principio, scegliere diverse proposizioni come punti di partenza di una medesima teoria, che risulterebbe comunque sempre ugualmente valida e rigorosa.

L'assetto moderno della Matematica. Il metodo assiomatico

Ciò che abbiamo detto nelle pagine pre­cedenti ci apre la strada alla esposizio­ne dell'assetto moderno della Matema­tica; assetto che è il punto di arrivo na­turale dell'evoluzione di cui abbiamo detto brevemente. Una delle conseguenze più importanti di tale evoluzione è stata la constatazione del fatto che non è possibile definire ogni concetto di cui si parla; e ciò so­prattutto in una teoria come la Matema­tica, che concettualizza e razionalizza le esperienze più immediate che l'uomo esegue nel contatto con la realtà ester­na. Tali esperienze sono per esempio quelle che ci conducono a contare gli elementi di un insieme finito che perce­piamo, oppure a constatare le posizio­ni reciproche degli oggetti che ci circon­dano o la nostra situazione rispetto ad essi. Per queste ragioni abbiamo detto sopra che le frasi, che Euclide scrive all'inizio del suo trattato, e che riguardano gli og­getti della Geometria, sono delle descri­zioni di questi oggetti, e non delle defi­nizioni nel senso rigoroso ed esatto del­la logica. È facile infatti constatare che non si può definire ogni concetto con un insieme di frasi: per esempio, quando si volesse co­municare con una persona che non co­nosce la nostra lingua, e della quale non conosciamo la lingua, occorre partire con quelle che vengono chiamate «de­finizioni ostensive» e che in latino ve­nivano chiamate «definizioni per addi­tamentum». In questo modo i signifi­cati dei vocaboli vengono precisati pro­nunciando di volta in volta un vocabo­lo ed insieme additando l'oggetto del quale il vocabolo è nome; oppure ese­guendo una azione e pronunciando con­temporaneamente il verbo che la desi­gna. Tuttavia pare chiaro che, nel caso di una scienza che tratta di concetti astratti, co­me la Matematica, non sia possibile la designazione materiale degli oggetti che si prendono in considerazione. Pertan­to, nel caso dei concetti della Matema­tica, si fa ricorso alle definizioni che vengono chiamate «implicite» o anche «definizioni d'uso» o anche infine «de­finizioni per postulati». Con queste pro­cedure si enunciano delle proposizioni che contengono i termini che si voglio­no definire; la definizione dei termini e Ila precisaZione del loro significata di­scende dall'uso che viene fatto dei ter­mini stessi nelle proposizioni enunciate.

Queste sono ovviamente date senza di­mostrazione, e vengono oggi chiamate abitualmente «assiomi», anche se il ter­mine, in questo caso, ha un significato diverso da quello che gli viene attribui­to nel linguaggio comune. Infatti nell'u­so quotidiano il termine «assioma» vie­ne spesso utilizzato per indicare una proposizione che viene ritenuta eviden­te, indiscutibile; invece, nell'uso che se ne fa oggi in Matematica e nelle scien­ze ad essa collegate, il termine «assio­ma» indica semplicemente una propo­sizione che viene enunciata all'inizio di una teoria, e che pertanto non può essere dimostrata, rimanendo all'inter­no della teoria stessa. Non si prende po­sizione a proposito dell'aderenza delle proposizioni ad una qualunque realtà esteriore. In altre parole, in questo ordine di idee, gli assiomi non fanno che circoscrivere il significato dei termini che si utilizza­no; la situazione è un poco analoga a quella che si presenta quando si insegna a qualcuno un gioco con le carte: ovvia­mente il nome che si dà a ciascuna car­ta non costituisce una definizione di questa, in relazione ad un determinato gioco: infatti la definizione di una car­ta è fornita dalle regole del gioco che si sta insegnando, e risulta quindi comple­ta soltanto quando è stata enunciata l'ultima di tali regole. Inoltre non vi è alcuna contraddizione nel fatto che una medesima carta, per esempio il Re, ab­bia valori diversi in diversi giochi; infatti la definizione della carta è data, ripetia­mo, dalle regole e quindi risulta diver­sa quando diverse sono le regole. Questo atteggiamento pone dei proble­mi logici ed epistemologici di grande im­portanza e di notevole difficoltà; non ci è possibile trattarne qui in modo com­pleto, e pertanto ci limiteremo a ricor­dare la loro esistenza ed a darne qual­che sommario cenno. Il più importante di questi problemi è quello di garantire la coerenza comples­siva delle proposizioni che sono state enunciate come assiomi. Infatti è chia­ramente necessario che tali proposizio­ni, nel loro insieme, non contengano al­cuna contraddizione; altrimenti non sa­rebbe possibile costruire alcuna teoria coerente fondandosi su di esse. Ovviamente una questione cosiffatta non si pone neppure quando si adotta l'atteggiamento classico, secondo il qua­le le proposizioni iniziali di una teoria si considerano dettate dalla esperienza immediata e fondate sulla evidenza; cioè quando si presume che le proposizioni abbiano una aderenza immediata e completa ad una realtà esteriore; infat­ti in questo caso la realtà sarebbe garan­te dell'assenza di contraddizione. Ma questa garanzia cessa quando si rinun­cia a fare riferimento ad una realtà este­riore. Una via possibile per rispondere al pro­blema di cui stiamo parlando è quella di esibire un insieme di enti la cui natu­ra' ed il cui comportamento siano de­scritti dagli assiomi enunciati; un insie­me cosiffatto viene spesso chiamato un

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«modello» della teoria che si sta co­struendo. Gli enti esibiti possono appar­tenere all'universo materiale, oppure ad un determinato capitolo della Matema­tica, diverso da quello che si sta co­struendo. Sì potrebbe pensare che procedimenti cosiffatti non siano completamente al riparo da critiche: infatti mentre si cer­ca di superare il ricorso alla osservazio­ne della realtà nella costruzione del si­stema di assiomi, si ricade nella osser­vazione della realtà quando si tratti di garantire la coerenza del sistema di as­siomi che si costruisce. Si osserva tut­tavia che la realtà a cui si fa riferimen­to per garantire la coerenza del sistema di assiomi che si costruisce può essere oggetto di osservazioni o di esperienze molto più fondamentali, semplici ed ele­mentari di quelle che in passato veniva­no assunte come punti di partenza del­la Geometria in particolare e della Ma­tematica in generale. È chiaro inoltre che quando il modello sia costruito me­diante enti presi da un capitolo della Matematica diverso da quello che si sta costruendo tale capitolo deve essere sta­to fondato in modo autonomo, altri­menti si cadrebbe in una situazione che la logica classica chiamava «circolo vi­zioso».� tln altro problema notevole che si in­�contra quando si adotti l'atteggiamen­�to di cui abbiamo detto riguarda la uni­�cità dell'insieme di enti reali che posso­�no essere scelti per garantire la coeren­�za del sistema di assiomi enunciati.� Questo problema viene spesso chiama­to problema della «categoricità» del si­stema di assiomi considerato. Per esem­pio, quando si costruisce un sistema di assiomi atto a fondare l'Aritmetica dei numerì naturali, ci si può porre il pro­blema se l'insieme dei numeri che noi conosciamo e maneggiamo per i calcoli quotidiani sia l'unico che incarna nella realtà il sistema di assiomi che si enun­ciano. Non possiamo qui soffermarci ulteriormente su questi problemi.

ILa questione dei fondamenti dell'Aritmetica e della Geometria

I problemi logici di cui abbiamo detto brevemente riguardano da vicino la que­stione dei fondamenti della Matemati­ca; in partìcolare i fondamenti della Geometria e dell'Aritmetìca, dottrine che, come abbiamo detto, sono sempre state considerate come le branche fon­damentali della Matematica classica. Per quanto riguarda l'Aritmetica, ricor­diamo che il matematico italiano Giu­seppe Peano pubblicò nel 1882 una ce­lebre memoria, scritta in latino, intito­lata «Arithmetices principia nova me­thodo exposita» (I principi delI'Aritme­tica esposti con un nuovo metodo). In questa memoria Peano diede una solu­zione rigorosa e completa del problema della definizione del concetto di nume­ro naturale e delle operazioni sui nU­meri.

11 «club dei matematici» a GO/linga nel 1912. Riconoscibili David Hilbert e Felix Klein.

Nel sistema di assiomi elaborato da Pea­no non viene definito direttamente il nu­mero, coerentemente con ciò che abbia­mo detto poco sopra; in altre parole, non si incontra nell'opera di Peano una frase del tipo: «il numero è... ». Invece Peano enuncia un insieme di assiomi che parlano del numero, in modo tale che la definizione di questo concetto discen­de implicitamente dal sistema di assio­mi enunciato. Questo sistema di assiomi, enunciati da Peano, non è l'unico che possa consen­tire una fondazione rigorosa dell'Arit­metica; esso è tuttavia quello più fre­quentemente ricordato nella letteratura matematica, ed è stato oggetto di nume­rose discussioni ed analisi. Elaborazioni analoghe sono state fatte per quanto riguarda i fondamenti della Geometria; in questo campo sono da ri­cordare in Italia le opere dello stesso Peano e del suo allievo Mario Pieri; in Germania il grande matematico David Hilbert scrisse, nel primo decennio di questo secolo, un'opera fondamentale, intitolata «Grundlagen der Geometrie» (Fondamenti della Geometria), in cui i concetti geometrici ed i teoremi fonda­mentali sono presentati secondo la me­todologia che abbiamo esposto. Per esempio, il trattato di Hilbert non inco­mincia con una frase che voglia essere la definizione o la descrizione del pun­to (come avviene per gli Elementi di Eu­clide) ma inizia con la frase seguente: «Consideriamo tre sistemi di enti: quelli del primo sistema saranno chiamati "punti", quelli del secondo saranno chiamati "rette", quelli del terzo sa­ranno chiamati "piani" ... ». E prose­gue così, enunciando delle proposizio­ni che legano tra loro questi concetti, e che forniscono così la definizione impli­cita. Non possiamo qui approfondire ulte­riormente i problemi logici ed epistemo­logici che nascono da questa imposta­zione dei fondamenti della Matematica. Ci limitiamo a ricordare anzitutto che questa metodologia a proposito dei fon­damenti non è il risultato di una ricerca

arbitraria ed esasperata della astrattez­za e del rigore formale da parte dei ma­tematici, ma è una conseguenza della evoluzione critica che la Matematica ha vissuto nel secolo scorso. Pertanto il vo­ler evitare questa impostazione metodo­logica significherebbe voler riportare la Matematica all'assetto che essa aveva alla fine del secolo XVIII. In secondo luogo osserviamo che que­sta metodologia rappresenta oggi una specie di quadro di riferimento ideale, al quale si ispira ogni sistemazione teo­rica della scienza, quando essa voglia tendere alla chiarezza ed al rigore. In al­tre parole il metodo assiomatico tende a diventare oggi il metodo della cono­scenza scientifica; secondo questo me­todo ogni scienza dovrebbe enunciare chiaramente, all'inizio di ogni esposizio­ne teorica, i punti di partenza che essa ha scelto, e che ovviamente non può di­mostrare, per il fatto stesso che sono punti di partenza. Ogni altra proposi­zione dovrebbe essere rigorosamente di­mostrata. Le proposizioni che vengono enunciate senza dimostrazione all'inizio della esposizione di ogni teoria sono dette as­siomi della teoria stessa. Si noti tutta­via che assegnando questo nome a tali proposizioni non si intende imporle al­l'ascoltatore od al lettore; si vuole sol­tanto chiarire esplicitamente quali sia­no i punti di partenza che sono stati scel­ti. Si otterrebbe così, fra l'altro, il risul­tato di evitare ogni contesa successiva sul significato dei termini che si adotta­no o sulle circostanze che sono state ta­citamente considerate come evidenti, e che spesso vengono invocate nelle di­scussioni, senza peraltro che siano sta­te presentate coscientemente ed esplici­tamente come tali. Ovviamente non è detto che ogni scien­za possa giungere ai livelli ideali di chia­rezza e rigore posseduti dalla Matema­tica. Infatti gli oggetti di quest'ultima scienza si prestano in modo particolare a queste impostazioni metodologiche, laddove gli oggetti delle altre scienze possono presentare notevoli difficoltà

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ed oscurità. Ma ciò non impedisce di pensare che la Matematica fornisca, in questo ordine di idee, il quadro ideale di sistemazione logica del sapere scien­tifico.

Alcuni aspetti deJIa Matematica di oggi

Nelle pagine precedenti abbiamo cerca­to di spiegare che la Matematica, nella sua concezione moderna, ndn viene più considerata come una scienza determi­nata e definita dai suoi oggetti: i nume­ri, la quantità, lo spazio, Il'estensione o qualunque altro ente sia stato designa­to nel passato come oggetto della scien­za matematica. A nostro parere invece questa viene caratterizzata piuttosto dal­le sue procedure che dai suoi oggetti. Non possiamo pretendere di dare qui un quadro completo della Matematica nei suoi sviluppi più moderni; dobbiamo quindi limitarci a dare qualche cenno dei momenti fondamentali della costru­zione del pensiero matematico. E faremo ciò avendo di mira il lavoro didattico, per l'insegnamento della Ma­tematica e delle scienze collegate, e so­prattutto per poter progettare degli iti­nerari didattici che aiutino gli insegnanti a conferire una cultura piuttosto che un insieme di nozioni. Questo dovrebbe in­fatti essere lo scopo dell'insegnamento di ogni dottrina, ed in particolare della Matematica, secondo le idee che abbia­mo cercato di esporre e che presentano la Matematica come una struttura por­tante del sistema scientifico moderno. Nel seguito ci occuperemo di riflettere, anche se potremo farlo soltanto in mo­do sommario, sulla genesi psicologica dei concetti della Matematica. Ma non possiamo evitare di soHermarci qui su questi problemi nella misura in cui essi sono collegati con l'argomento che vor­remmo qui sviluppare. Senza voler entrare in discussioni di ca­rattere filosofico, pensiamo di poter dire che l'esperienza concreta, che parte dal­le osservazioni fatte con i nostri sensi, è alla radice della costruzione delle no­stre idee. Le quali tuttavia hanno un ca­rattere del tutto diverso da quello della esperienza materiale da cui traggono origine. In particolare, come abbiamo già detto ripetutamente, per quanto ri­guarda la Matematica pensiamo di po­ter fissare la nostra attenzione su due ti­pi di esperienze: un primo tipo riguar­da la considerazione di insiemi finiti di oggetti, ed il secondo riguarda le espe­rienze sulla nostra posizione rispetto agli oggetti che ci circondano e la mutua po­sizione di tali oggetti. Le esperienze del primo tipo danno luo­go ad operazioni elemehtari che tutti co­nosciamo, 'e che sfociano nella opera­zione di contare gli oggetti degli insie­mi considerati, Possiamo osservare che in quasi tutte le lingue che si conosco­no esistono dei vocaboli che indicano

George Boole 1/815-1864).

quei numeri che vengono chiamati «in­teri naturali»; anzi, in moltis~ime lingue vi sono due serie di vocabolj cosiffatti: alcuni di essi prendono in considerazio­ne soltanto la numerosità d~gli insiemi che si considerano, e vengono chiamati «numeri cardinali». In itali~no abbia­mo i vocaboli «uno, due, tre. ecc... ». Altri vocaboli indicano anche un deter­minato posto che l'elemento considera­to ha in un certo ordinamento; in ita­liano abbiamo i vocaboli: «primo, se­condo, terzo, ecc ... ». Le esperienze del secondo tipo riguar­dano, come abbiamo detto, la posizio­ne del soggetto che parla rispetto agli oggetti che lo circondano e le mutue po­sizioni degli oggetti stessi tra loro. Ritorneremo in seguito esplicitamente a riflettere sulla genesi psicologica dei concetti che riguardano questi due tipi di esperienze. Ci interessa qui fare qual­che osservazione, che ci aiuterà nel cam­mino verso la comprensione di alcuni caratteri della Matematica. In primo luogo possiamo osservare che, partendo da queste osservazioni mate­riali ed elementari la nostra mente co­struisce dei concetti, che hanno carat­tere astratto e generale. Così per es. dal­la osservazione di coppie di oggetti, la nostra mente costruisce il concetto astratto del numero «due» ) che viene detto con verità di ognuna delle coppie che si considerano, anche se non si iden­tifica con alcuna di esse. Analogamente dalla osservazione di cer­ti oggetti e dalla elaborazione che la fan­tasia opera sulle osservazioni fatte, la nostra mente costruisce le immagini ed i concetti di «linea, superficie, punto». Anche questi concetti sono astratti e ge­nerali, perché noi abbiamo chiara co­scienza del fatto che essi possono esse­re applicati a moltissimi oggetti mate­riali, e siamo anche coscienti del fatto che nessun oggetto materiale può incar­nare, in modo assolutamente preciso, il concetto che viene espresso con un de­terminato termine. Questi concetti che la nostra mente for­ma sono espressi con vocabol1 del lin­

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guaggio comune, oppure con determi­nati simboli. Nel caso della Geometria, e nella concezione classica abituale, i concetti venivano rappresentati, come è noto, con parole del linguaggio comu­ne; tuttavia era ben chiaro, come abbia­mo detto poco fa, il fatto che nessun og­getto materiale realizza concretamente fino in fondo il concetto espresso dal termine che si pronuncia. Questo per­tanto viene utilizzato in un senso preci­so e convenzionale, diversamente da quanto si fa quando (o si adopera nel linguaggio comune, nel quale quasi ogni termine ha molti significati, ed il signi­ficato di un termine viene precisato (quando è possibile) dal contesto del di­scorso. L'evoluzione secolare della Matemati­ca ha messo in chiara evidenza le neces­sità di univocità semantica dellinguag­gio scientifico. Tali necessità hanno da­to luogo alla creazione di un complesso di simboli artificiali e convenzionali per rappresentare i concetti astratti del­la Matematica; di conseguenza questa scienza oggi è praticamente incompren­sibile se non si accetta di familiarizzar­si con un simbolismo convenzionale, che per qualche soggetto può essere ab­bastanza scostante e comunque diffici­le da apprendersi. Guardando alla evoluzione storica, pos­siamo osservare che per esempio il siste­ma romano per rappresentare i numeri interi era abbastanza naturale, ma si prestava molto male per rappresentare numeri molto grandi e ancora meno si prestava per eseguire le operazioni su numeri. Non possiamo nasconderei il fatto che l'introduzione in Occidente delle convenzioni arabe per rappresen­tare i numeri (convenzioni che gli Ara­bi avevano preso dagli Indiani, come è noto) ha costituito un momento essen­ziale per il progresso scientifico del no­stro mondo. Tra i vantaggi offerti dalla rappresen­tazione dei numeri mediante le conven­zioni arabo-indiane due ci sembrano avere una particolare importanza: an­zitutto la possibilità di rappresentare nu­meri comunque grandi utilizzando sol­tanto lO simboli elementari (le cifre). Tale rappresentazione è resa possibile dalla cosiddetta convenzione posiziona­le, in base alla quale, come è noto, il nu­mero rappresentato da una determina­ta cifra dipende dalla posizione che la cifra stessa ha nel simbolo globale che si scrive. In secondo luogo le operazioni sui nU­meri sono eseguibili in modo rapido e sicuro, con procedure fisse; queste so­no indipendenti dal significato che si dà ai numeri in un determinato problema, e sono talmente automatiche che esse vengono oggi fatte eseguire da oppor­tuni apparati meccanici o elettronici, i quali ovviamente non sono in grado di capire il significato dei simboli, sui quali tuttavia operano con perfetta sicurezza e coerenza. Si ottiene così una grandissima astrazio­ne e generalità delle rappresentazioni dei concetti che si manovrano, e soprattut­

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to una èstrema sicurezza delle deduzio­ni. Infat1Ii quando si esegue un determi­nato calcolo si esegue una partico~are

deduzione, ed il risultato di un calcolo può legittimamente essere considerato come la conseguenza di un ragionamen­to, eseguito in modo assolutamente per­fetto. In questo ordine di idee, il mate­matico G. Peano ha avuto ragione di scrivere che «la Matematica è una logi­ca perfezionata». Abbiamo affennato che il dominìo della Matematica, nella sua concezione odier­na, si estende molto al di là dell'insie­me delle cosè misurabili e quantifiCabi­li. Ciò che abbiamo detto poco sopra ci avvia a giustificare ed a comprendere il significato di questa nostra affermazio­ne. Infatti è possibile costruire dei sim­boli convenzionali che rappresentino anche delle cose diverse dai numeri: per esempio si possono costruire dei siste­mi di simboli che rappresentano delle operazioni su enti della Fisica b della stessa Matematica; oppure si possono costruire dei simboli per rappresentare le singole proposizioni di una teoria o le singole proposizioni di un linguaggio, naturale o artificiale. Un ramo oggi molto importante della Matematica, che viene spesso chiamato Algebra astratta, ma che sempre più frequentemente vie­ne detto semplicemente Algebra, studia le leggi di composizione di simboli astratti ed insegna a costruire dei sim­boli composti a partire da certi simboli iniziali semplici. Spesso si dice che que­ste leggi costituiscono la «sintassi» dei simboli costruiti. Se a questi si danno dei significati in riferimento alla realtà, la costruzione di nUOVI simboli in base alle leggi studiate e stabilite può assu­mere l'aspetto di un calcolo, che si può far eseguire da macchine meccaniche oppure elettronìche. Ma in relazione alla realtà che si rappresentà di volta in vol­ta, il calcolo può assumere il significa­to di deduzione; le conclusioni di que­ste deduzioni sono assolùtamente certe, nella miSura in cui le leggi di trasforma­zione sono state tutte rispettate. Allo stesso modo noi siamo certi dei risulta­ti di una operazione aritmetica, nella misura in cui le leggi delle operazioru so­no state correttamente applicate. Possiamo quindi concludere che la utiliz­zazione degli strumenti della Matematica permette all'uomo una grande precisio­ne nella designazione degli enti che egli vuole studiare, ed una grande certezza nelle deduzioni delle conseguenze che scaturiscono da certi punti di partenza. È questa, a nostro parere, una delle ra­gioni del successo del metodo matema­tico nella Fisica, metodo che, dall'epo­ca di Galileo, ha quasi completamente soppiantato la descrizione verbale qua­litativa delle cose e la deduzione con le leggi della logica classica. Un secondo aspetto della descrizione matematica della realtà è costituito dalla grande astrattezza della teorizzazione matematica, astrattezza che permette una grande generalità e quindi anche una grande economia di pensiero. Per spiegare meglio il nostro pensiero, perr­

siamo aI numerosissimi fenomeni perio­dici che la Natura ci presenta: le osci~­lazioni del pendolo, le maree, le oscil­lazioni di un circuito elettrico, i cicli eco­nomici ecc. ecc. Tutti questi fenomeni, ed altri numerosissimi che nel futuro po­tranno attirare la nostra attenzione, so­no tutti inquadrati inun unico schema matematico, il quale permette di domi­nare quegli aspetti che ci interessano, ovviamente dal punto di vista della va­riazione periodica degl1 enti che pren­diamo in considerazione.

Formalizzazione e deduzione

Per gli scopi che abbiamo in vista con­viene riflettere su certi aspetti della Ma­tematica, oltre a quelli che abbiamo già considerato nei paragrafi precedenti. A tal fine osserviamo che la conoscenza scientifica si avvale di due operazioni concettuali di importanza fondamenta­le. La prima è la designazione precisa ed univoca degli oggetti di cui si parla, 1<,\ seconda è la deduzione, che dia risul­tati il più certi possibile. La riflessione, anche superficiale, sulle scienze moderne ci convince della verità di queste osservazioni; si Può notare in­fatti che le scienze, modernamente inte­se, utilizzano in modo sempre più cospi­cuo dei simboli artificiali per designare i propri oggetti; la cosa è molto eviden­te nella Chimica, e per convincersi del si­gnificato di questa tendenza basta para­gonare là precisione della designazione che oggi si ottiene con una formula, che dà la costituzione molecolare di una so­stanza, con la descrizione qualitativa ed oscura che era utilizzata dagli alchimi­sti, del secolo XVIII e precedenti. In mo­do analogo, si può osservare che anche la Biologia sta avviandosi ad indagare il codice genetico dei viventi; si può quin­di pensare non lontano il giorno in cui una determinata specie di viventi potrà essere pienamente identificata da una formula precisa, che traduce ciò che, per così dire, è scritto nei suoi cromosomi, piuttosto che con una descrizione quali­tativa, basàta sui caratteri esteriori, co­me siamo costretti a fare finora. Nel caso della Fisica, ed in particolare della Meccànìca, il processo di utilizza­zione di un linguaggio preciso per la de­signazione degli oggetti che si studiano ha avuto inizio da Galileo, come abbia­mo già detto nel paragrafo l. Infatti la Fisica ha iniziato il suo cammino mo­derno da quando ha abbandonato la de­scrizione qualitativa degli enti e dei fe­nomeni per adottare la descrizione e la designazione matematica, che si ottie­ne con l'utilizzazione del linguaggio ma­tematico. Questo permette, attraverso l'operazione di misura, di determinare con precisione le grandezze di cui si trat­ta (ovviamente dal punto di vista della Fisica) e di esprimere le relazioni tra di loro con grande chiarezza. Pensiamo che già i vantaggi cl).e abbia­mo espòsto fin qui bastino per giustifi­care l'adozione del linguaggio matema­tico nella descrizione degli oggetti della

scienza. Ma questi vantaggi non sono i soli, né i più importanti. Possiamo in­fatti osservare che il linguaggio matema­tico è diretto da un insieme di regole sin­tattiche, le quali permettono di seguire le trasformazioni delle formule e delle espressioni, ottenendo altre formule ed altre espressioni che ne discendono com. perfetta certezza; esse infatti sono otte­nute in modo quasi automatico, e spes­so possono essere affidate a dei sistemi fisici (macchine meccaniche oppure elet­troniche), in modo da evitare il più pelS­sibile l'influenza dell' azione degli ope­ratori sui risultati delle deduzioni. Si pensi all'esempio più semplice, for­nito dai calcoli aritmetici. La grande maggioranza di coloro che usano l'A­ritmetica ha memorizzato negli anni in­fantili certe convenzioni per la rappre­sentazione dei numeri e per l'esecuzio­ne delle operazioni su di essi, ed appli­ca queste regole molto spesso senza sa­perle giustificare; oppure non ha mai conosciuto o ha dimenticato la loro giu­stificazione, ma le utilizza lo stesso con piena tranquillità sulla loro validità. Ma abbiamo detto sopra che l'ambito della Matematica non si [imita agli og­getti quantificabili o ffiisurabili. Infatti la Logica formale moderna utilizza dei simboli per rappresentare i concetti o le proposizioni, senza il ricorso necessario al linguaggio comune. Con queste pro­cedure, l"operazione di deduzione si esplica, ancora una volta, all'applicazio­ne delle leggi della sintassi dei simboli inventati o scelti. Pertanto, anche in questo caso, l'operazione concettuale di deduzione si trasforma in un calcolo, cioè in una manipolazione di certi sim­boli secondo certe leggi, in modo del tutto analogo a ciò che avviene nel ca­so dei numeri studiati dall'Aritmetica. Si rende quindi sempre più evidente l'a­spetto che la Matematica assume in que­sti casi: precisamente l'aspetto di un lin­guaggio preciso e rigoroso, che permette di descrivere gli oggetti della scienza, di esprimere le relazioni tra essi, ed infine di eseguire le deduzioni con la massima certezza possibile (Carlo Felice Mana­ra, ordinario di Istituzioni di Geometria superio­re, Università di Milano).

Georg Canfo" (1845-191/1),