Eolico - Centro Studi Naturalistici...

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Eolicoselvaggio Eolicoselvaggio

Una Fonte Energetica Rinnovabile,e quindi “pulita” alla base di uno deipiù disastrosi saccheggi ambientalidel Bel Paese.

di Enzo Cripezzi e Giorgia Gaibani - Dipartimento Conservazione Natura LIPU - Birdlife Italia

Il mosaico di pascoli,aree agrarie, macchia eboschi viene "fratturato"

dall'insediamentodi manufatti eolici

ed opere accessorie.Gli ambienti si degradanoe le specie faunistiche più

esigenti sono le prime arisentirne.

Nibbio reale rinvenuto aipiedi di un impianto eolico

in Germania

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Sopra a sinistra:A volte si rinvengono soloresti o parti del corpo deglianimali che impattano con lepale eoliche, come nel casodi questa Aquila reale. Vàricordato che le collisionirappresentano solo uno degliimpatti (quello diretto) chele centrali eoliche determi-nano sulla fauna selvatica.Altri impatti "silenziosi" sonopure estremamente gravi,come il degrado e la fram-mentazione degli ambientinaturali e semi-naturali equindi la sottrazione di terri-torio su vasta scala per lefunzioni vitali degli animali

Sopra a destra:Pipistrello morto nell'impat-to con le pale della centraleeolica di Planas de Maria(Spagna)

nel suo complesso. Un pesante velo di omer-tà mediatica, inoltre, ha contribuito a oscura-re l'attenzione delle coscienze.

Vaste aree hanno mutato il volto tipico diaree rurali e agro-pastorali per assumerequello industriale con centinaia di torri eoli-che, piste e nuove strade, elettrodotti, cantie-ri, trasporti pesanti, cabine e stazioni elettri-che, con colate di cemento per l'ancoraggioal suolo e plinti di cemento ancorati a 20 mdi profondità. Circa 3000 torri eoliche indu-striali ad oggi ma il consuntivo prossimodiventerà molto più pesante, come si vedrà diseguito. L'iter autorizzativo prevede sostan-zialmente un percorso di conferenze di servi-zi, in cui sono espressi i pareri di competen-za richiesti a seconda dell'area interessata eal netto dei tempi richiesti dal parereambientale, che rappresenta il più importan-te atto endoprocedimentale.

L'autorità competente ad esprimere ilparere ambientale è in genere la Regione ma,in seguito alla ingestibilità della mole di pro-getti presentati, si riscontra una insistentetendenza a delegare le province, integrandocosi un ulteriore elemento di parcellizzazionedei procedimenti e di degrado della qualitàdelle valutazioni.

Il parere ambientale rappresenta la “dote”principale e sostanziale con cui i progettiapprodano alle conferenze di servizio previ-ste dalla procedura per il raggiungimentodella cosiddetta Autorizzazione Unica aisensi del D.Lgs 387/03, il provvedimento cheha determinato la deriva nella regolamenta-zione del settore, assegnando anche il carat-tere di opere di pubblica utilità, indifferibilied urgenti alle opere cosi autorizzate.

In materia di valutazione ambientale, gliimpianti eolici industriali rientrano tra leopere per le quali viene effettuato il cosiddet-to screening ambientale rispetto al quale ilprogetto può essere approvato con le valuta-zioni di istruttori e dirigenti (salvo qualcheprescrizione) o può invece essere assoggetta-to alla procedura di VIA vera e propria, cherimane un evento del tutto straordinariorispetto alla mole di progetti trattati.

E' opportuno ricordare anche la presso-ché totale assenza di evidenza pubblica chene deriva. La procedura di VIA garantiscel'obbligo della pubblicazione (sul B.U.R. e suun quotidiano) dell'avviso di deposito delprogetto, con la possibilità, da parte di chiun-que, di presentare delle “osservazioni”. Laprocedura di screening, invece, permette

Sopra:Giovane Nibbio reale dopo

la collisione con le paleeoliche presso Aberystwyth

in Inghilterra. L'animalesarà soppresso di lì a poco.

Sotto, sulle due pagine:In alcune aree è percepibile

una vera e propria saturazio-ne paesaggistica causata damacchine eoliche. Ma anche

in zone in cui ci sono "nor-mali" numeri di queste mac-chine e con potenze inferiori

al MW, la criticità indottadalla bellezza paesaggistica

determina un impatto imme-diatamente percepibile.

Qui a confronto la foto diuna preziosa area collinare

appenninica scarsamenteantropizzata, colonizzata da

macchine eoliche e la stessafoto "pulita" artificialmente.

Nel 1996-98 si apriva la vertenza eolicatra i Monti Dauni (Fg) e il Beneventano: l'in-sediamento improvvisato e senza alcuna pro-cedura, di decine di pale in aree pregiate perla biodiversità e il paesaggio lasciava presagi-re il potenziale disastro che un processoingovernato come quello avrebbe potutogenerare su vasta scala.

Seguivano le prime istanze di tutela e l'al-larme lanciato da una parte dell'associazioni-smo più sensibile alla tutela del paesaggio ealla biodiversità e da Comitati territoriali,indignati da metodi di colonizzazione territo-riale cosi poco ortodossi. Richieste purtrop-po inascoltate.

Gli incentivi sulle fonti rinnovabili insie-me ad una totale deregulation normativa,determinarono “l'assalto alla diligenza”.Grazie ad interessi economici esasperati le

società eoliche avviavano accordi per realiz-zare gli impianti, a fronte di royalties versateai comuni e ai privati disponibili ad ospitare ipiloni eolici sui propri terreni.

In pochi anni la proliferazione di centralieoliche industriali avrebbe assunto i connota-ti di “selvaggia” determinando il saccoambientale di vaste aree del Mezzogiornod'Italia e in particolare proprio di quelle areeculturalmente più vulnerabili, a partire dal“cratere” Appulo-Campano, oggi ridotto aricettacolo di tali impianti con l'assoggetta-mento di decine di migliaia di ettari.

Una delle più grandi trasformazioni terri-toriali del nostro Paese, oggettivamente pro-mossa da una enorme speculazione econo-mica finanziaria, non ha conosciuto alcunmomento di dibattito preliminare, di valuta-zione o, quanto meno, di scelta consapevole

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In questa pagina:Monte dell'Albero, 1400 mnell'Alto Vastese: montagneancora integre hanno subitomassicci sbancamenti connuove grandi piste persinosulle aree di crinale.L'immagine "pulita" dall'in-dustrializzazione, eolicalascia percepire la perditadel patrimonio paesaggistico

zione basato su contributi in conto capitale -POR - adottati in alcune regioni e su agevo-lazioni o contributi in conto capitale - legge488 - a livello nazionale, con riconoscimential beneficio economico prima ancora che ilprogetto abbia un qualche parere istruttorio,con immaginabili esasperazioni della pressio-ne delle società del settore!

Con la sola legge 488 e per le sole gradua-torie 2003 e 2004 le “agevolazioni” ricono-sciute concedibili sono state pari a circa 211milioni di euro, oltre 420 milioni in quella del2007.

L'incentivazione maggiore deriva tuttaviadai cosiddetti Certificati Verdi che al 2007,sul mercato dell'energia, hanno un valore fis-sato in 137 euro/MWh, che si aggiungono alprezzo di vendita dell'energia di circa 80-90euro/MWh portando il valore del MWh pro-dotto a non meno di 220 euro, la tariffa piùalta in Europa.

Questo parametro lascia intuire come per1 MW di potenza installata, là dove produ-cesse ottimisticamente le canoniche 2000 h(sulle 8760) annue equivalenti a piena poten-za, deriverebbero 2000 MWh di energia pro-dotta, pari a oltre 400.000 euro di fatturatoannuo. Un impianto da 20 MW “produrreb-be” quindi 8 milioni di euro annui.

La durata dei certificati verdi, con l'ultimafinanziaria, è passata da 12 a 15 anni, senzacontare ulteriori 10 anni con la semplicesostituzione della turbina elettrica.

Si intuisce il rischio che un simile impattoeconomico genera nell'ambito di procedi-menti autorizzativi e di valutazione, estrema-mente carenti sul piano delle regole e delleprocedure, e che purtroppo ricadono nellasfera delle discrezionalità di tecnici comuna-li e dirigenti regionali.

L'IMPATTO AMBIENTALEImpropriamente l'impatto dell'eolico

viene spesso circoscritto alla mera occupa-zione fisica delle opere. In realtà esso com-porta un assoggettamento territoriale su areavasta.

Sul piano paesaggistico la modifica terri-toriale ad opera di tali manufatti industriali,assolutamente fuori scala (i più grandi mairealizzati dall'uomo, 100-150 m di altezzacon rotori ampi 70-90 m) e collocati in posi-zioni ovviamente dominanti, è di tale entitàda costituire un profondo detrattore per lapercezione della ruralità e della tipicità deiluoghi, condizionando aspettative turistichenelle sue molteplici forme (agriturismo, natu-ralistica, archeologica, ecc). Si pensi a emer-

genze archeologiche, o addirittura a sitiUNESCO come i Sassi di Matera, cherischiano l'assedio di piantagioni di pale eoli-che, perdendo ogni riferimento contestualecon il territorio circostante per il visitatore.

L'integrità ambientale e paesaggisticapercepita, invece, risulta una delle principaliprerogative turistiche ricercate dal visitatore.

I consessi scientifici concordano nel rite-nere insufficiente una tutela delle emergenzestoriche e archeologiche dagli impatti dellegrandi opere senza una fascia di rispetto chetuteli una visione di contesto e di insiemedell'area interessata.

Sul piano sociale l'assenza di perequazio-ne ha indotto il decadimento del valoreimmobiliare per le proprietà contigue agliimpianti a vantaggio di pochi privati. Mentrel'impatto finanziario causa anche pesantialterazioni nell'equilibrio democratico dellepiccole comunità e l'innesco di deprecabilifenomeni di ingiustizia sociale.

Sul piano urbanistico si registra la com-promissione delle aree più pregevoli. Anchela implementazione di altre forme di pianifi-

questa propaganda al solo albo pretoriocomunale per i canonici 30 giorni garanten-do una trattativa “riservata”, se non occulta,tra sindaci e società senza che sia promossal'informazione al pubblico su un territoriocoerente con le “dimensioni” dei progetti.

Si registra spesso anche uno scandalosofenomeno sulle procedure di Valutazioneambientale: a fronte di relazioni ambientaliautoreferenziali, con stima degli impatti pae-saggistici e faunistici banalizzati e privi diconforto scientifico, fanno gravemente segui-

to atteggiamenti valutativi di dirigenti eresponsabili regionali che vanno dalla som-maria accondiscendenza allo scarso appro-fondimento fino al palese, mancato rispettodelle poche prescrizioni normative anche làdove assumono un carattere imperativo.

Poiché la stragrande maggioranza dellepronunce di compatibilità ambientale è adot-tata escludendo il progetto dalle proceduredi VIA, sono inevitabili gravi conseguenzesulla valutazione degli impatti attesi masoprattutto sull'effetto cumulativo di più pro-getti.

Tuttavia i dati evidenziano che anche iprogetti assoggettati a VIA sono stati e sonovalutati, in molti casi, impropriamente ancheper effetto di Commissioni VIA prive diesperti competenti nelle specificità di taliprogetti (es. ornitologia), e con rischi di con-flitto di interessi tra proponenti e valutatori.

In Italia mancano un Piano EnergeticoNazionale e Piani Energetici Regionali, man-cano i limiti di sostenibilità territoriale degliimpianti insediabili e soprattutto mancanoprescrizioni cogenti cui assoggettare la sceltadelle aree di insediamento.

Anche là dove esistano, tali norme sonotroppo spesso aggirate con valutazioniambientali inqualificabili o del tutto disatteseo, nel peggiore dei casi, rimosse, a suon didiscutibili ricorsi al TAR o con spericolate ini-ziative di rimozione dei vincoli. In altre occa-sioni le regole sono create ad uso e misuradei desiderata delle società, grazie al lavorodi lobby esercitato sulle istituzioni a tutti ilivelli.

I pochi Piani Energetici Regionali esisten-ti sono disinvoltamente bypassati, superandole soglie di potenza eolica con la reiterataapprovazione di nuovi progetti, di fattomodificando implicitamente tali Piani senzaalcuna analisi preventiva in ordine alle conse-guenze sul sistema elettrico nazionale, sul-l'economia delle aree interessate, sulPaesaggio e sulla rete di aree protette masoprattutto senza il rispetto delle norme sullavalutazione preventiva di tali Piani.

Emerge un quadro desolante caratteriz-zato da innumerevoli esempi di malagestioneterritoriale e di offesa dello spirito delle pro-cedure di VIA.

In forza dell'errato insediamento dellegrandi centrali eoliche industriali, si sono giàverificati: l'aborto di parchi in fase di istitu-zione per sostituirli con i “parchi” eolici (ter-mine abusato e offensivo nei confronti dellevere aree protette), il degrado di molti sitiNatura2000, la scomparsa di intere comuni-tà faunistiche di rilievo europeo, lo scempiodi paesaggi integri e plurivincolati, il degradodi valori storici, archeologici e culturali primainalienabili, il decadimento di valori econo-mici legati al turismo ed alla valorizzazionedella ruralità.Quanto accennato sta assu-mendo ulteriori, drammatici caratteri con ilprecipitare delle situazioni regionali dove gliuffici non sono in grado di arginare un feno-meno incontrollato, con migliaia di proposteprogettuali disseminate sul territorio.

GLI INCENTIVIPer l'eolico esiste un regime di incentiva-

Impianti energetici "puliti"con ampliamento di elettro-

dotti, anemometri ed altreopere sviliscono sempre di

più le aree rurali trasforma-te in ricettacolo di manufatti

industriali senza regole.Anche gli anemometri dialtezze notevoli e con 4

tiranti per ognuno dei 4 latipossono rappresentare

micidiali trappole se collo-cati in zone sensibili

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A sinistra:Pettirosso impattato pressola centrale eolica di Planade Maria (Spagna)

In basso:Una delle Aquile di marerinvenute presso la centraleeolica di Smola, inNorvegia. Il ritrovamento hadestato gravi preoccupazio-ni per le sorte dell'interapopolazione di questa spe-cie minacciata

Gli effetti indiretti, altrettanto se non piùgravi, sono riferibili al degrado dell'area intermini di compattezza e omogeneità deglihabitat cosi frammentati che, quindi, nonpossono più sostenere comunità faunistiche,a partire da quelle più esigenti e vulnerabili(rapaci) contribuendo a trend negativi dellepopolazioni.

O più semplicemente si tratta di effettiindiretti di mera sottrazione di spazio deter-minato dal disturbo delle macchine: si calco-la che quest'ultimo tipo di impatto può esse-re valutato in un'area nel raggio fino a 500-800 m dall'aereogeneratore. Se si consideras-se il raggio di 500 m., le prime 500 torri eoli-che già realizzate sui Monti Dauni al 2005 sitraducono in un impatto di quasi 40.000 Ha.Ovvero 100.000 Ha con un raggio di influen-za di 800 m ! Qui si è cosi registrata la gra-duale scomparsa di quasi tutte le coppie nidi-ficanti di Nibbio reale. Neanche l'effettocumulativo e sinergico di più impianti è statomai seriamente affrontato.

Anche le aree caratterizzate da coltiviestensivi cerealicoli, giudicate sommaria-mente colonizzabili da progetti di questotipo, pur avendo una importanza naturalisti-ca inferiore rispetto alle aree a pascolo oincolte, non possono essere assolutamentebanalizzate nella valutazione complessiva.

Queste zone, infatti, rappresentanocomunque un ecosistema, agronomico per

Parte dell'impianto diCastelfranco, in Campania,

sul confine con la Puglia.Le foto aeree bene eviden-

ziano l'irruzione degliimpianti eolici industriali

sul piano urbanistico e sultessuto degli ambienti natu-

rali e semi-naturali

cazione (PIT, PTCP, istituti faunistico-vena-tori, Piani di assetto urbanistico, rete di trat-turi, ecc) rischia di essere vanificata per l'in-congruenza con l'avvento di alterazioni terri-toriali non previste e cosi ampie.

Sul piano idrogeologico le modifiche ter-ritoriali ad opera di questi impianti assumo-no rilevanza notevole: questi grandi manufat-ti spesso sono ubicati su suoli ad orografiacomplessa, da cui nascono linee di impluvioe formazioni geomorfologiche che convoglia-no le acque meteoriche nel circolo sotterra-neo con conseguenze del tutto imprevedibili,a causa degli scassi resi necessari dall’apertu-ra delle strade e dalla realizzazionedelle fon-danmenta per l’ancoraggio degli aerogenera-tori.

La scelta di realizzare centrali eolicheindustriali in un determinato territorio esclu-de e condiziona molte altre opzioni d'uso diquel territorio, con ingenti danni specie neiconfronti di attività che si volessero sviluppa-re o potenziare, come l'agriturismo, il turi-smo escursionistico o culturale.

E sulla Biodiversità qual è l'impatto?Sul piano naturalistico l'insediamento di

tali manufatti industriali in movimento, cor-redati di infrastrutture (strade, cabine di tra-sformazione, elettrodotti, ecc), incide sugliecosistemi naturali (pascoli, macchia) eseminaturali (ecosistemi agrari estensivi, aree“mosaico”, ecc), determinando grandi impat-ti diretti e indiretti sull'avifauna, suiChirotteri, sugli invertebrati, sugli habitat ed

in generale su tutto l'ecosistema coinvolto.E' ampiamente dimostrato che gli

impianti eolici producono seri effetti negativisulle biocenosi e sugli Uccelli e Chirotteri inparticolare. Ciò deriva dalle risultanze dimolti studi e ricerche effettuati in diversipaesi del mondo.

La problematica è evidenziata in manieraesplicita anche nel documento “ - DraftRecommendation on minimising adverseeffects of wind power generation on birds. ”(Consiglio d'Europa, 2003), che riporta:

Concerned about the potential negativeimpacts of wind turbines and associatedinfrastructure on wild birds, as well as ontheir food sources and habitats, including:

(a) loss of, or damage to, habitat (inclu-ding permanent or temporary feeding,resting, and breeding

habitats);(b) disturbance leading to displacement

or exclusion, including barriers to movement;(c) collision mortality of birds in flight;Dall'analisi degli studi in merito, emerge

che gli effetti negativi sugli Uccelli e suiChirotteri consistono essenzialmente in duetipologie d'impatto:

- diretto, dovuto alla collisione degli ani-mali con parti dell'impianto in particolarerotore, che colpisce principalmente,Chirotteri, rapaci e migratori (Orloff eFlannery, 1992; Anderson et al., 1999;Johnson et al., 2000; Thelander e Rugge,2001);

- indiretto, dovuti all'aumentato disturboantropico con conseguente allontanamentoe/o scomparsa degli individui, modificazionedi habitat (aree di riproduzione e di alimen-tazione), alla frammentazione degli habitat epopolazioni, ecc.. (Meek et al., 1993;Winkelman, 1995; Leddy et al., 1999;Johnson et al., 2000; Magrini, 2003).

Entrambi gli effetti riguardano un ampiospettro di specie, dai piccoli passeriformi aigrandi veleggiatori, ai Chirotteri, agli inverte-brati, ecc.. In particolare risultano particolar-mente minacciati gli uccelli rapaci e i migra-tori in genere.

In relazione agli effetti diretti, a mitiga-zione di tale rischio, nei progetti si richiamala velocità ridotta delle nuove turbine.Questa considerazione può essere matemati-camente ridimensionata: la velocità periferi-ca delle pale rimane elevata perché la ridu-zione della velocità di rotazione è compensa-ta dall'aumento delle dimensioni del rotore equindi la velocità max delle pale alle puntepotrebbe essere ridotta dai 370 Km/h ai“soli” 280 Km/h.

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specchi d'acqua. Per i passeriformi, vienericonfermato il rischio maggiore durante lamigrazione, specialmente di notte. Vieneinfine riportato il caso di un singolo evento incui, nell'area di Buffalo Ridge, Minnesota, siebbero, in una sola notte, 45 collisioni (tuttipasseriformi) con solo due turbine.

Recentemente (2004) anche F. Bairlein,Institute of Avian Research - Germany,smentisce altri luoghi comuni adottati dalletesi pro-eoliche sul comportamento degli

uccelli, in particolare migratori, in relazionead impianti eolici. Attraverso studi condotticon l'ausilio di tecnologie sofisticate comeradar, visori notturni e termici, affiancati alleosservazioni dirette e alle metodologie classi-che, è stato evidenziato l'effetto diretto“desertion”, ovvero la riduzione di densitàdella fauna selvatica nel raggio di oltre 500 mdalle torri eoliche. E' individuata l'altezza delvolo in migrazione che, pur abbracciando unnotevole spettro altimetrico, si concentramaggiormente in un fascia compresa tra 50 e150 m di altezza con particolare densità nelleore notturne. Inoltre di particolare criticitàsono gli impianti realizzati nella fasce di tran-sizione orografica tra zone basse e aree incresta, nonché gli effetti barriera e il rischiodi collisione nella realizzazione di impiantieolici industriali.

Purtroppo và sottolineato come propriole aree aperte e a pascolo, e quindi ritenute“povere” sia economicamente (rispetto aicoltivi intensivi) che sul piano ambientale(rispetto ai boschi), sono quelle maggior-mente ricercate per tali insediamenti maanche quelle di maggiore importanza per leattività trofiche di un gran numero di speciefaunistiche.

In basso:Calandra impattata presso

l'impianto di Los Visos,in Spagna

Nella pagina di destra:Castiglione Messer Marino

(CH)), nella Valle del Sangro.Per farsi un’idea delle

dimensioni degli impianti,basti rapportare la torre al

casotto costruito alla base.È da notare, a questoproposi-

to, che gli aerogeneratori diultima generazione, che si

stanno collocando sullemontagne appenniniche,

sono spesso assai piùgrandi di quelli riportati

in questa foto

l'appunto, che sostiene diverse specie orniti-che: le aree agricole tradizionali europee dipianura o bassa collina rappresentano l'habi-tat di 120 specie di uccelli, nidificanti o sver-nanti, classificate da BirdLife Internationalcome meritevoli di tutela (SPEC: Species ofEuropean Conservation Concern). Inoltre vàconsiderato il valore aggiunto di tali zone chesi collocano in maniera strategica tra le areea più elevata naturalità.

Dall'analisidella bibliografia (es.Sigismondi et ali.1996, 2003) si rileva comele colture cerealicole svolgono un ruolo inte-grativo ai pascoli e alle steppe, ad esempiocome aree trofiche per il Grillaio, senza con-siderare il periodo di passo migratorio.

Analizzando l'impatto sui migratori sivuole sfatare con fermezza un altro luogocomune, strumentalmente e puntualmentecitato nei progetti eolici, secondo il quale lemigrazioni di questi animali avvengano solo aquote di diverse centinaia di metri: l'altezzadel volo è infatti condizionata da molteplicivariabili ambientali, meteorologiche, dall’alti-tudine relativa, dalla morfologia del suolo,dalla formazione di termiche (nel caso diuccelli veleggiatori), ecc.. Sulla scorta di varistudi e di osservazioni dirette e consolidate intutta Italia, se ne può concludere che moltespecie come Gru, Cicogne o rapaci veleggia-tori migrano tranquillamente anche ad altez-ze contenute entro i 150 m, spesso sfruttan-do le aree agro-pastorali scoperte per conci-liare le attività trofiche di predazione (es.rapaci del genere Circus o lo stesso Grillaio)o per sfruttare le formazioni di correnti ter-miche ascensionali o concentrazioni di ven-tosità nei pressi di conformazioni dell'orogra-fia del territorio (Gru, Cicogne, rapaci).

Un rapporto del 2001, commissionatodalle autorità spagnole ad un esperto (Dr.

Lekuona), evidenzia valori di mortalità (colli-sione/torre/anno) riscontrati in 5 diversiimpianti eolici da cui si ricava che in un annonei 5 impianti considerati perdono la vitaalmeno 7.250 uccelli.

Significativi sono i dati preliminari riferitiagli anni 1997-99 di studio (Janss et ali.,2001), in quanto è uno dei pochi esempi incui il monitoraggio è iniziato prima dellacostruzione dell'impianto eolico, pertanto,offre un quadro pre e post costruzione delparco eolico. Si evidenziano i cambiamentinell'uso dello spazio e nella densità dei nidifi-canti per sei specie di rapaci: Gheppio (Falcotinnunculus), Astore (Accipiter gentilis),Biancone (Circaeuts gallicus), Pellegrino(Falco peregrinus) e Aquila del Bonelli(Hieraaetus fasciatus). Delle sei specie dirapaci diurni nidificanti, tre sono pratica-mente scomparse dall'area di studio dopo lacostruzione della centrale eolica, il Gheppiopur evitando l'area, mantiene all'esterno del-l'impianto la normale densità.

In Norvegia, nei primi 5 mesi di funziona-mento (agosto-dicembre 2005) della nuovacentrale eolica di Smola, sono stati rinvenuti,pur senza alcuna indagine metodologica esistematica, ben 11 esemplari della localepopolazione di Aquile di mare (Haliaetusalbicilla) morti a causa della centrale. Lapopolazione è ritenuta ora seriamenteminacciata per l'incidenza di questa ed altrecentrali in fase di realizzazione, suscitandocontestazioni di esperti approdate in sede diCommissione Europea.

Per quanto riguarda la perdita di habitate gli effetti sulla densità delle specie, è statocalcolato che gli impatti indiretti determina-no, una riduzione della densità di alcune spe-cie di Uccelli, fino ad una distanza di 500metri, nell'area circostante gli aerogeneratori,(Meek et al., 1993; Leddy et al., 1999;Johnson et al., 2000), anche se altri autori(Winkelman, 1995) hanno rilevato effetti didisturbo fino a 800 m ed una riduzione degliuccelli presenti in migrazione o in sverna-mento. Relativamente all'Italia, Magrini(2003) ha riportato come nelle aree dovesono presenti impianti eolici, è stata osserva-ta una diminuzione di uccelli fino al 95% perun'ampiezza fino a circa 500 m dalle torri.

Erickson et ali. (2001) offrono un panora-ma completo degli studi esistenti sulla mor-talità degli uccelli associata a collisioni condiversi tipi di infrastrutture, fra cui le turbineeoliche. Per quanto riguarda gli uccelliacquatici, pivieri e anatre in generale, sembrache un alto numero di collisioni sia da asso-ciare alla vicinanza degli aereogeneratori agli

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Il proliferare delle centrali eoliche in tante zone a chiaravocazione ambientale, così come purtroppo sta avvenendoin diverse regioni italiane, non è certamente in linea con

l'impegno assunto dall'Italia, quale membro del Countdown2010, a fermare la perdita della biodiversità biologica nelnostro Paese.Da quando è stata lanciata quest'importante alleanza, glistudi effettuati dal Millennium Ecosystem Assessment hannorilevato che circa i due terzi degli ecosistemi nel mondo sonoin declino, mentre la Lista Rossa della IUCN - sotto la cuiegida è nato il Countdown 2010 - ha evidenziato che oltre16.000 specie sono minacciate e la popolazione media dellespecie è diminuita del 40% in soli trent'anni. Un grido d'al-larme è giunto anche dal Global Biodiversity Outlook, che haavvertito che il raggiungimento del target 2010 per la biodi-versità richiederebbe in realtà «sforzi aggiuntivi mai compiu-ti in precedenza a livello nazionale, regionale e globale».L'iniziativa Countdown 2010 ("Conto alla rovescia 2010") èstata lanciata nel 2004 a Malahide, in Irlanda, sotto la presi-denza irlandese dei Ministri dell'UE, e si basa su diversi

accordi internazionali, come quelli firmati durante il Consiglio Europeo a Göteborgnel 2001, il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile nel 2002 a Johannesburg,la Conferenza delle Parti alla Convenzione sulla Diversità Biologica nel 2002 e laquinta Conferenza Ministeriale “Ambiente per Europa” tenutasi nel 2003. L'alleanzacatalizza dunque l'impegno dei Governi, delle Organizzazioni Non Governative e disvariati soggetti provenienti dal settore pubblico e privato, al fine di intraprendereazioni comuni destinate a fermare la corsa alla perdita di biodiversità biologica entrola data, in verità ormai prossima, del 2010.L'Italia ha aderito formalmente all'iniziativa nel giugno 2005, a Montecatini, durantela riunione del gruppo lavorativo sulle aree protette della Convenzione sulla DiversitàBiologica. «Il Countdown 2010 ci deve servire come promemoria del nostro dovereverso le generazioni future e deve agire da sveglia per andare oltre la retorica, primache sia troppo tardi - affermò l'allora Ministro dell'Ambiente e della Tutela delTerritorio, Matteoli - diventando una nazione del Countdown, l'Italia deve ora traccia-re la rotta da seguire. Il Countdown non può essere limitato alla comunità ambienta-le, ma deve diventare una priorità dell'agenda nazionale. L'Italia svilupperà e attuerà,coinvolgendo tutte le parti interessate, un piano d'azione per raggiungere l'obiettivodi salvaguardare la biodiversità entro il 2010». Abbiamo, quindi, assunto un impegno chiaro ed importante ma i fatti, almeno perquanto concerne il dilagare delle centrali eoliche di grandi dimensioni in ambienti diprimaria importanza per la tutela della biodiversità, non sembrano essere conformi atale impegno. Addirittura, spesso, si installano gigantesachi aerogeneratori in areeprotette, istituite, queste ultime, nell'intento di tutelare quelle specie, come gli uccel-li rapaci, che ora corrono gravissimi rischi, proprio in quelle zone, a causa della rea-lizzazione di grandi impianti eolici. Al danno provocato dall'uccisione per collisione,si aggiunge la perdita di habitat importanti, degradati dalle opere connesse con larealizzazione degli impianti, dal rumore delle pale rotanti, dal disturbo. E', questo, unproblema d'importanza fondamentale per la conservazione di specie a forte rischiod'estinzione, come ad esempio, l'orso bruno marsicano o, tra gli uccelli, l'aquila delBonelli e il capovaccaio.

Il proliferare dell'eolicoè compatibile

con l'impegno per ilCountdown 2010?

di Stefano Allavena

Page 7: Eolico - Centro Studi Naturalistici O.N.L.U.S.centrostudinatura.it/public2/documenti/429-72105.pdf · Nel 1996-98 si apriva la vertenza eolica tra i Monti Dauni (Fg) e il Beneventano:

essere effettuata da ornitologi esperti edovrebbe prendere in esame l'effetto cumu-lativo legato alla realizzazione di più impian-ti a breve distanza…. L'impatto sull'avifaunadovrebbe essere valutato in relazione soprat-tutto alle diverse specie prioritarie presentinell'area in oggetto, considerando sia lepopolazioni nidificanti, sia quelle svernanti omigratrici.”.

Quasi tutte le regioni italiane, ma in par-ticolare quelle del Mezzogiorno, sono colpitedalla invasione incontrollata di “piantagioni”di piloni eolici: dall'Abruzzo e dal Molise allaCampania, alla Calabria e alla Sicilia centina-ia e centinaia di torri eoliche aggrediscono eassediano Parchi Nazionali e Regionali,Riserve Naturali, SIC, ZPS, IBA. PerCapovaccaio, Grifone, Aquila del Bonelli eAquila reale, Grillaio, Nibbio reale, Cicogna

In basso:Nell'immagine si intuisconole imponenti opere di movi-

mento terra che si accom-pagnano alla realizzazione

di tali impianti.Nella foto un impianto sui

monti della Daunia nelFoggiano

A puro titolo di esempio anche il pareredell'INFS - Istituto Nazionale FaunaSelvatica -, a proposito della compatibilitàambientale di centrale eoliche nelle Murge,nelle considerazioni di natura generale e nonstrettamente attinenti allo specifico, citatestualmente:

“Le esperienze maturate in questi ultimianni in diversi paesi extraeuropei ed europeiindicano chiaramente come le centrali eoli-che possano determinare un impatto rilevan-te sull'avifauna. E' stato dimostrato che igeneratori eolici sono causa diretta di morta-lità per collisione per numerose specie; acadere vittima di tali incidenti sono tutti gliuccelli in generale, tuttavia i rapaci ne risen-tono in modo particolare, sia per la tagliageneralmente medio-grande, sia per la loroecoetologia. I dati disponibili in bibliografiaevidenziano come l'impatto degli aereogene-ratori, pur risultando variabile da caso a casoin relazione a numerosi fattori, sia in grado diinfluenzare negativamente la dinamica diuna popolazione incidendo in modo signifi-cativo sul suo stato di conservazione.

E' stato evidenziato come le torri possanoindurre un cambiamento nel comportamen-to degli uccelli, portandoli a modificare leabituali direttrici di volo e a disertare le aree

poste nelle vicinanze dei generatori. Tale cir-costanza fa si che la realizzazione di impian-ti eolici si traduca per molte specie (anchesedentarie, ndr) in una perdita di habitateffettiva di gran lunga superiore a quella teo-rica deducibile dal solo computo delle super-fici su cui insistono i piloni, le strade e le altrestrutture accessorie. Ad aggravare l'impattonegativo sugli habitat naturali concorreanche l'effetto frammentazione legato allarealizzazione di strutture lineari che inter-rompono la continuità ambientale del terri-torio, rendendolo meno idoneo soprattuttoalle esigenze delle specie di maggiori dimen-sioni e poste all'apice della catena alimenta-re, le quali necessitano di vasti territori overicercare le prede e ove trovare luoghi idoneialla riproduzione.”

“… si sottolinea come gli uccelli migrato-ri siano particolarmente vulnerabili nei con-fronti degli impianti eolici dal momento chenon dispongono di una buona conoscenzadel territorio in cui si muovono e spesso vola-no in condizioni di visibilità scarse (moltespecie migrano prevalentemente di notte).”

“….. si è del parere che le considerazionisopra riportate debbano indurre le Autoritàcompetenti ad avviare una dettagliata istrut-toria tecnica…. Tale istruttoria dovrebbe

IODIVERSITÀBi t a l i a n a

50 51

Pagina a destra:I rapaci e gli uccelli veleg-

giatori in genere sono tra lespecie più colpite dagli

impatti diretti degliimpianti eolici (collisione)

con buona pace anche degliaereogeneratori cosidetti

moderni, a più basso nume-ro di giri che, come dimo-strato, non risolvono tale

problema. Nelle foto variecarcasse di Grifoni rinvenuti

ai piedi di aereogeneratori

Page 8: Eolico - Centro Studi Naturalistici O.N.L.U.S.centrostudinatura.it/public2/documenti/429-72105.pdf · Nel 1996-98 si apriva la vertenza eolica tra i Monti Dauni (Fg) e il Beneventano:

A sinistra nelle due pagine:Impianto eolico diCastelfranco in Campania

parte in diverse regioni del centro - sud. Daquesta potenza installata deriva una produ-zione (di scarsa “qualità” poiché non prevedi-bile) pari a circa 1-1,5 % del fabbisogno elet-trico nazionale, a sua volta pari ad una frazio-ne ancor più infinitesimale, 0,3-0,5%, delfabbisogno energetico complessivo naziona-le.

In realtà da uno screening nazionale sututti i procedimenti autorizzativi regionali incorso già approdati a pareri, si evince che lapotenza eolica complessiva, comprendentenon solo quella installata ma anche quella infase di realizzazione o già con parereambientale positivo, è di oltre 9.000 MW !Una gigantesca ipoteca che rende del tuttofuorvianti i dati di chi continua a lamentareuna scarsa penetrazione dell'eolico in Italiaed è di estrema gravità che i dati veri di que-sta dinamica stentino a trovare attenzionenelle istituzioni competenti che, anzi, tendo-no strumentalmente ad evitarli.

Se poi si considerassero gli ulteriori (!)progetti presentati ed in corso di istruttoria,quindi in attesa dei pareri, solo al sud e nelleisole ne avremmo per non meno di 35.000MW ! Questo dato impressionante basta atradurre simbolicamente la situazione ditotale fuori controllo del fenomeno. E tuttorischia di completarsi gravemente senza cheStato e Regioni lo abbiano mai governato.

CONCLUSIONIDa quanto accennato emerge chiaro

come l'opzione eolica andrebbe assunta conmoderazione, sobrietà e consapevolezza deilimiti mentre viene assunta quasi a panaceadi tutti i mali energetici, facendo deragliarel'attenzione sulle ben più importanti e consi-stenti opzioni di riduzione degli sprechi e diefficienza energetica.

Ovviamente tutti siamo favorevoli allaproduzione di energia elettrica “pulita” e rin-novabile ma… a patti e condizioni. Nel

nostro Paese l'eolico si sta affermando contutti i connotati di una vera e propria aggres-sione indiscriminata al territorio.

Si possono fare le scelte ritenute piùopportune nell'interesse globale del Paese,anche se, in questo caso, spesso non si puònemmeno parlare di “scelte”, vista la carenzadelle istituzioni. Non è però accettabile chesi faccia finta di non vedere la realtà: le cen-trali eoliche industriali sono del tutto incom-patibili con la tutela del territorio, dell'am-biente, della fauna, del paesaggio. L'eolicorappresenta quindi un “sacrificio” pesante intermini di uso del territorio nei suoi valori piùnobili ed è come tale che andrebbe analizza-to e valutato con regole degne di questonome. Essenziale sarebbe l'approvazione diPiani Energetici seri e vincolanti che stabilis-sero il ricorso a fonti rinnovabili, con unapproccio multidisciplinare e comunquetenendo fortemente conto dei valori tipiciregionali.

Andrebbero adottati provvedimenti nor-mativi con cui garantire elementi minimi ditutela del territorio e con cui rendere obbli-gatoria la VIA.

Andrebbe infine rivisto il meccanismodegli incentivi (certificati verdi) assoggettan-dolo a monte ad una serie di garanzie quali-tative e di carattere procedurale ed evitandocontributi ed agevolazioni in conto capitale(POR, Legge 488).

Ancora andrebbero introdotti parametridi premialità per quei progetti che compor-tassero la rimozione di altri impianti eolicirealizzati o autorizzati in situazioni forte-mente critiche (es. ZPS). Tuttavia, giornodopo giorno, qualunque azione rischia diessere del tutto tardiva mentre si prospettagià l'obiettivo di insediare “liberamente”grandi distese eoliche in Albania o altri paesideboli per poi trasferirne la produzione.

Biancone impattato pressoun impianto eolico in

Navarra (Spagna). Il rinve-nimento delle carcasse è

solo la punta dell'iceberg,una piccola parte di anima-

li che è possibile rinvenirea causa della difficoltà di

copertura degli impianti conpersonale adeguato e per

l'incidenza di cani selvatici,lupi, volpi, ratti, ecc. che

abitualmente percepisconola presenza di animali morti

approfittandone

nera, Lanario, Biancone e tante altre speciedi uccelli, ma anche per Pipistrelli, Lupi edOrsi, le centrali eoliche costituiscono oggi ilprincipale fattore di minaccia, attuale opotenziale a breve. Molte di queste speciesono considerate, a livello europeo, ad asso-luta priorità di conservazione.

LO STATO DELL'ARTEPoche Regioni si sono distinte indivi-

duando elementi di pianificazione territoria-le e di vincolistica a tutela delle peculiarità

più importanti su area vasta (es. laBasilicata), adottando pur tardivamente deiparametri di tutela, incompleti, per alcunedelle aree “sensibili”. Tuttavia si tratta di ini-ziative sporadiche, inadeguate a garantireuna soluzione omogenea su scala nazionale,per di più vulnerabili e perennemente messein discussione da ricorsi giuridici mossi dallesocietà.

A fine 2007 l'eolico presenta un consunti-vo ufficiale di 2726 MW installati per circa3000 torri eoliche distribuite in massima

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