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ENZO VENEZIA

FONDAZIONE SAi\lT'ELlA

PITTURE VIDEO INSTALLAZIONI

Glifo Edizioni

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ENZO VENEZIAPITTURE VIDEO INSTALLAZIONI

FONDAZIONE SANT'ELlA

;gggi~~ggg'~~PALERMO

Manlio MunafòPresidente

Antonio TicaliSovraintendente

Enzo VeneziaProgetto Espositivo

Giusi GiacaloneCoordinamento Tecnico

Eleonora TrapaniAss istente ali' allestimento

Vito IngugliaProgetto Grafico del Catalogo

Rita CricchioNino Annaloro

Fotografie Spettacoli Teatrali

La Sequoia di Matranga LuigiAllestimento

PPP BurgerPer la gentile disponibilità

Glifo Edizionivia Beato Angelico 53, Palermo

www.glifo.com

Enzo Venezia. Pitture, video, installazioniISBN 9788898741120I Edizione Maggio 2015

© Tutti i diritti riservati

Si ringraziano gli autori dei lesti e delle foto riprodottiin catalogo, l'editore sì dichiara disponibile a regolareeventuali diritti di riproduzione.

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N O T E B o G R A F I C H E

Enzo Venezia è nato a Palermo, opera da diversi anni nel campo delle arti in diversi settori. Ha progettato numerosi

allestimenti di grandi mostre per conto di importanti enti pubblici. Come scenografo e costumi sta ha collaborato con note

personalità dello spettacolo per diverse organizzazioni teatrali, sia pubbliche che private.

Si è occupato nell'ambito dei beni culturali di comunicazione grafica. Per la sua attività di artista ha allestito numerose

mostre personali in diverse città; tra le ultime ricordiamo "Luminaria" del giugno del 2003, realizzata a Palermo nei locali

Delle Tre Navate ai Cantieri Culturali alla Zisa, presentata del noto critico d'arte Achille Bonito Oliva. Seguita in ordine

di tempo da "Resurrectio", realizzata a Palermo nella Ex Stazione Sant'Erasmo con interventi di Eva di Stefano, Roberto

Alajmo, Michele Cometa, Giuseppe Pellitteri. Ultima in ordine di tempo, "Rituali del mito", allestita alla sala Duca di

Montalto a Palazzo Reale di Palermo.

In catalogo testi di Eva di Stefano, Giuseppe di Benedetto e Giuseppe Pellitteri. Per quanto attiene alla sua attività teatrale,

va posto in rilievo la stretta collaborazione con il regista-autore Claudio Collovà, con il quale ha realizzato in ordine di

tempo: "I nostri tempi" e "Telemachia" per il Teatro Biondo Stabile di Palermo e "Ogni qual volta levo gli occhi dal libro"

per le Orestiadi di Gibellina.

Negli ultimi anni ha realizzato alcune grandi opere pubbliche: i mosaici per la chiesa di San Gregorio ad Agrigento e il

portone in bronzo nella chiesa della Madonna di Lourdes a Palermo.

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REGESTO CRITICO

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mare. Una città cresciuta male "davanti" almare, pur sempre città di mare, segregata peròdal suo mare, attraverso un litorale divenutouna barriera piuttosto che un approdo; attra-verso edifici ed impianti racchiusi in un recintoche la tagliano ancor più dal suo mare: unacittà nella città, esclusa ed escludente; un portoesteso sulla costa, isolato, una delle tante cittàfuori dalla città.Sbarrata da quanto speculativamente cresciutoalle proprie spalle; sbarrata anche dalle logi-che della "conservazione integrale", che negliultimi anni hanno ispirato la politica di quelpoco di "recupero" che si è fatto delle aree astretto contatto con il "centro storico". Un'ideadi "recupero", intesa come ritorno al passato.all'immagine ottocentesca della città, attraver-so una visione falsamente estetizzante e nonfunzionale al superamento del degrado ambien-tale e sociale, ma escludente interventi che po-trebbero mettere in gioco nuove architetture enuove sistemazioni, frutto di idee innovativeper sanare i guasti di una guerra, prima, e ditutto ciò che si è fatto e che non si è fatto, dopo.Lo sguardo verso l'orizzonte ci fa immaginareun diverso scenario, nel quale la rimozione ditutte le barriere legate all' attraversamento ur-bano ed al collegamento extraurbano, un ridi-segno complessivo del litorale, per recuperarela scena di quello che era e potrebbe ridiven-tare il teatro marittimo. Una ripresa del "waterfront" della città per recuperare il suo autenticorapporto con il mare, con interventi di qualità,non frammenti e schegge isolate che brillanosolo di esterofilia per il nome del progettista diturno. Interventi slegati o non coerenti con laricchezza dei valori storici della città antica econ l'identità del paesaggio costiero, modesti eche, per la limitatezza dell' orizzonte culturalee per l'atavica inerzia del fare, sono sembratiinterventi di grande respiro e di grande novità.Si nota invece la mancanza di un'idea unitariae innovativa, risultato di un progetto di gran-de architettura, nato da un confronto e da undibattito culturale di alto livello, che purtrop-po non c'è mai stato, ma che potrebbe signi-ficare un'effettiva riqualificazione della cittàche aspira anche ad una concreta fruizione delproprio mare.Vedendo accartocciare la cartolina che raffigu-

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La "Resurrectio" di Palermo tra me-moria e innovazione

di Giuseppe Pellitteri

n richiamo più immediato che offre "Resur-rectio" allo spettatore è la visione diretta di unpezzo di città pervaso dalla distruzione, dal de-grado, dall'abbandono, che possono raggiun-gere anche i luoghi simbolici più importanti.Sono questi i miseri resti dopo l'esplosione;cadono i muri, le fondamenta della città, le ar-chitetture che la segnano e che rappresentanoepoche e fasti di Palermo: San Cataldo, il Mas-simo, l'intero Monte Pellegrino. Restano i lororuderi: uno schema piatto e regolare.Geometrie di uno spazio della memoria e tracceparlanti di una grande storia irripetibile ... mapossibile.Nella mancanza di profondità e nell'appiatti-mento resi da resti monchi di architetture unavolta stupefacenti, nell' ossessiva riproposizio-ne dello sgretolarsi delle loro basi, nel crolloesplosivo di muri e pilastri dei monumenti piùimportanti, solido fondamento della società, se-gni inconfondibili della memoria e della nostraciviltà, si leggono metaforicamente la perditadi valore, il degrado.Attraversare la trama che intesse la maglia ur-bana, vedere esplodere gli edifici simbolo dellacittà e commiserare quello che resta della cittàfa rivivere le vicende che hanno cambiato lavita degli ultimi anni, scrivendo pagine dram-matiche di storia.La straordinaria installazione di Enzo Vene-zia è una mappa a più dimensioni della città:non solo le tre classiche dimensioni che rap-presentano l'articolazione degli isolati, con laterza volutamente contenuta per dare il sensodell'appiattimento dovuto alla distruzione, maanche altre dimensioni che l'immaginario sog-gettivo e l'apparato multimediale aggiungonoalla rappresentazione dello spazio. La dimen-sione temporale, un tempo che scorre o si fer-ma, scandito da luci e ombre; la dimensioneumana, con la sua presenza tra i ruderi, che fapure parte del quadro, tra suoni e musica, trapartecipazione ed estraneità.Pur nell'estraneazione dall'ambiente che un'in-stallazione multimediale potrebbe suscitare,l'immagine è però sempre quella di un luogotipico di Palermo, che può rappresentare tantiluoghi della città: può essere la Kalsa con lesue sorprendenti rovine tra i monumenti e lasua fatiscenza; può essere il Capo con i suoi

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squarci e la sua trama intensa e regolare, cosìuniforme come è il senso del suo degrado.Ma può essere benissimo lo Zen, che esplodequotidianamente e deve rigenerarsi guardandoverso la centralità della città, per riconquistarecon essa un rapporto forse mai avuto o, al mas-simo, solo pensato e rimasto nelle intenzioni diVittorio Gregotti.Infinite possono essere.le immagini idealizzate.Tante "città invisibili", ma immaginabili comemodelli di lettura per interpretare le condizionidi Palermo o modelli ideali di sviluppo versocui tendere positivamente per progettare unfuturo migliore. Il riferimento a Italo Calvi-no è nel pensiero dell'architetto che studia leforma urbana: "l'occhio non vede cose ma fi-gure di cose che significano altre cose". Uninconsapevole esercizio che la ragione conducenel riorganizzare i fenomeni della percezione-"le città e i segni" - per proporne i significaticollettivi al cittadino fruitore e che ne deter-mina l'aspetto complessivo, quello che KevinLynch chiama "l'immagine della città"; tantefacce di una Palermo piena di contraddizioni eambiguità, ricca di misteri e significati, divisatra modernità e tradizione."Resurrectio" può significare quindi la ricercadi un'identità palermitana, di un'identità per-duta, di una qualità dello spazio urbano, pe-rora solo ideale e difficilmente riproponibile ,raggiungibile attraverso le testimonianze dellamemoria, ma luogo forse di trasformazioni an-che possibili. Pur se decadente e annichilita,l'immagine complessiva della città nell'astra-zione delle sue forme qlllÌ-rappresentate, rimanetuttavia "grande" nei fasti della tradizione e neisimboli più evidenti.La sensazione provata determina l'inequivoca-bile consapevolezza che Palermo è, come lo èstata, la massima espressione dell'isola. Ripen-sando Palermo come emblema di una grandeisola, una prima'll!lmagine può essere quelladi una città in piena continuità spaziale con ilsuo mare, attraverso un porto ed una costa chesono tutto per la città, la Panormos tutta porto,edificata già completamente sin dalla fine del'500 attorno al suo porto, paragonabile alle piùimportanti città d'Italia secondo la nota descri-zione fatta da Camillo Camilliani; un approdoalla città essenzialmente dal mare e verso il

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ra Palermo nella sua intimità col mare, leggonella visione di Enzo Venezia la deformazionedi una struttura urbana così forte e connatu-rata col territorio, - mare, costa, montagna -,la perdita di una identità che avrebbe dovutomantenersi immutata in una città che si vanta diessere il capoluogo dell'isola, il crollo del mitodi un dominio che si espandeva e si duplicavauna volta anche oltre la Sicilia stessa, il vantodi una città che vorrebbe assurgere a capitaledell'euro-mediterraneo.Una forma di "resurrezione" potrebbe essereallora l'affermarsi di un pensiero forte e moder-no, ispirato forse da esempi di città mediterra-nee più illuminate, come Barcellona o Genova,che hanno già intrapreso il cammino di una ri-nascita urbana che parte dal mare e si propagaall'interno, senza soluzioni di continuità.L'idea vincente è che il riscatto della propriaidentità sta anche nella capacità di saper imma-ginare spazi ormai abbandonati come occasionidi sviluppo, con interventi di qualità che fac-ciano diventare l'architettura soggetto princi-pale della ripresa stessa. L'architettura comeelemento regolatore del disordine urbano, su-perando gli effetti negativi della percezione del"vuoto e il conseguente senso di abbandono",teorizzati da Rudolf Arnheim.Il muro che crolla, il Teatro Massimo che bru-cia, con le altre forme di distruzione, nellamente di Enzo Venezia, nel cui DNA artisticosono scolpiti i geni indelebili dell'architetto,non sono la distruzione di icone urbane chehanno scritto la storia di Palermo: sono la vo-glia di riscatto, che vuole vedere continuare lastoria, che vuole vedere nascere simboli ancorapiù belli, che possano diventare monumenti diun futuro migliore, architetture che continuinoun percorso culturale ormai interrotto da anni.Non è un caso che la città non abbia più saputoscrivere nuove pagine nella storia dell'architet-tura contemporanea, a differenza di altre cittàche hanno così saputo rilanciare la loro imma-gine, hanno saputo veicolare lo sviluppo versoil futuro. La sensazione, che brillantementee coraggiosamente Enzo Venezia trasmettenell'appiattimento della scena, teatro e mappadi eventi disastrosi, è la fine non solo di valorietici della società palermitana, ma, purtrop-po, anche di quelli estetici, con i più eclatanti

simboli dell'arte palermitana che esplodonoe, annientandosi, segnano la fine della ricercadel bello con la deriva dell'identità urbana. Èla fine della Palermo felicissima, è la fine diun'aspirazione al gusto, come espressione digrandiosità ed eccellenza, per far posto ad unamediocrità senza gusto, espressa platealmentedall'assenza di qualità della scena urbana,Palermo non è solo una raccolta di cartolineillustrate, che andrebbero perdute senza il pa-ziente e grande lavoro di appassionati comeRosario La Duca, di immagini da guardare connostalgia e commozione, prendendole comemodelli da riproporre per interpretazioni filo-logiche datate, come hanno imposto con i loropiani insigni urbanisti ed amministratori più omeno recenti, Si rischia di veder cristallizzareuna città, accattivandone l'immagine solo peril diletto dei turisti, ma senza il suo contenu-to primario: il cittadino che lavora, l'abitanteche vorrebbe vivere nel centro storico ma nonriesce a trovare ancor oggi condizioni di vitaaccettabili, La negazione di quella che, secondoMartin Heidegger, dovrebbe essere la filosofiaalla base dell'architettura moderna: "l'abitareprecede il costruire",La città ha tutti gli ingredienti per suscitaresempre lo stesso interesse e lo stesso incanto,rivolgendo però gli occhi al presente, tesauriz-zando quanto c'è, valorizzando i propri spazi,scoprendo il suo vero volto, ma con lo sguardorivolto anche al futuro.Una delle tante chiavi di lettura di una speran-za di rinascita potrebbe essere allora quella diri vedere al più presto l'attuale politica del "re-cupero" urbano, finora perseguita e rivelatasiinadatta ad una città che ha già pesantementesubito i traumi della distruzione e del degrado,della speculazione mafiosa e dell'abbandono,del saccheggio e dell'inciviltà, i metodi e letecniche imposte chiudono invece le porte a"minacce" di innovazione, indispensabile peròad una società contemporanea che vuole recu-perare il suo patrimonio artistico e architetto-nico, civile e religioso, proiettandolo in unadimensione urbana di alto valore ambientale."Resurrectio" può significare l'attesa di unpassaggio da un ambiente senza qualità ad unterritorio più ricercato dove, dall'esplosione deisuoi pezzi più importanti che ne hanno determi-

nato un'implosione del livello estetico. i possaraggiungere una sensibilità che aspiri adqualità più elevata. L'attuale inopinato sensodi protezione, giustamente suggerito dalla vi-sione dei capolavori da salvaguardare, non puòdiventare un freno ad aspirazioni migliori. al-trimenti tale atteggiamento si estenderebbe ne-gativamente a tutto ciò che ci circonda. anchedi scarso valore, come sta ingiustifìcatamenreavvenendo, sia per l'edilizia minore di tutto ilcentro storico che per il resto della città "fuorile mura",Una città che si è espansa nel dopoguerra anchee solo in funzione speculativa, ma il cui aspenoconsolidato è stranamente visto come un beneda tutelare, dove negli ultimi venti anni non .assiste pi ù a nuovi interventi, mentre, per ripa-rare i danni subiti dall'inciviltà, ci aspettiamouna rinascita da progetti di qualità architettoni-ca elevata, con i quali riuscire a ricostruire quel"sistema di simboli" - che è l'architettura se-condo Christian Norbelg-Schulz - e non solo.ormai spezzato nella Palermo d'oggi, per fareialmeno pensare a una città migliore.

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Questo volume è stato stampato pressoOfficine Tipografiche Aiello & Provenzano - Bagheria (PA)

Maggio 2015

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