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Enrico Borghi TRASFORMAZIONI DI GAUGE E MECCANISMO DI HIGGS

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Enrico Borghi

TRASFORMAZIONI DI GAUGE

E

MECCANISMO DI HIGGS

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INTRODUZIONE

Il concetto di trasformazione/invarianza di gauge e fra i piu ricchi di sviluppi e densi diconseguenze della Fisica moderna. Si e imposto come base del Modello Standard ed e unacomponente chiave anche della teoria delle stringhe, inclusa la sua variazione piu recente,la teoria M.Scopo di questo studio e introdurlo nel modo piu semplice possibile partendo da una analisidel significato di gauge.

Da dove deriva il termine “gauge”?

Dopo la pubblicazione della Teoria della Relativita Generale furono fatti diversi tentatividi unificare la nuova teoria della gravitazione con l’Elettromagnetismo.Nel 1918 H. Weyl propose una unificazione basata su una modifica del concetto di connes-sione, oggetto matematico che in geometria riemanniana definisce la modalita del trasportoparallelo di un tensore, trasporto che, a sua volta, sta alla base dell’operazione di deriva-zione in uno spazio dotato di metrica riemanniana.Weyl propose di rendere le connessioni dipendenti, oltre che dal tensore metrico gαβ comenormalmente succede, anche da un vettore dello spazio quadrimensionale Φα e noto chele connessioni cosı ridefinite risultavano essere invarianti per le seguenti trasformazionisimultanee

gαβ(x) → λ(x)gαβ(x) ; Φα(x) → Φα(x) − ∂αλ(x)

dove λ(x) e una funzione arbitraria di x.Il modo di trasformarsi di Φα che lascia invariate le connessioni e uguale a quello in cuipuo trasformarsi il potenziale elettromagnetico senza mutare le equazioni di Maxwell (lovedremo nel cap. 3 di questo studio) e quindi Φα puo essere interpretato come potenzialeelettromagnetico, che viene cosı ad essere agganciato al campo gravitazionale definito daltensore metrico.L’invarianza fu denominata da Weyl Eichinvarianz, o invarianza per cambio locale di scala,o di taratura, o di gauge (traduzione inglese del termine tedesco Eichung = taratura), odi calibro con riferimento a λ(x)gαβ(x) che corrisponde a una variazione locale del calibrogαβ(x) usato per misurare distanze.Gli sviluppi della proposta di Weyl misero pero in evidenza alcuni problemi, su cui non cisoffermeremo, in conseguenza dei quali il tentativo fu abbandonato.Tuttavia dopo l’avvento dell’equazione di Schrodinger (1926) ci si accorse che l’equazione diSchrodinger nella funzione d’onda ψ (R, t) per una particella con carica elettrica q soggettaai potenziali ϕ e A e invariante per le trasformazioni simultanee

ψ → ψeih

q

cα (R,t) ; ϕ→ ϕ− 1

c

∂α

∂t; A→ A+ ∇α

con α (R, t) funzione arbitraria di R, t, e queste trasformazioni sono simili alle trasforma-zioni di gauge introdotte da Weyl (Φ ≡ ϕ,A, v. Appendice B), salvo il fatto che ora non

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si tratta piu di una variazione locale di scala, ma di una variazione locale di fase dellafunzione d’onda ψ.Dunque le circostanze in cui la locuzione “trasformazione di gauge” veniva usata da Weylsono cambiate (non c’e piu alcun riscontro con la nozione di “calibro”), e tuttavia questadenominazione non e stata abbandonata ma e rimasta nel linguaggio della Fisica, e vieneusata con le seguenti precisazioni:1) trasformazione di gauge di prima specie, o trasformazione globale di fase, quando α euna costante (circostanza nella quale opera il teorema di Nother);2) trasformazione di gauge di seconda specie, o trasformazione locale di fase, quando α =α (R, t), e quindi questa locuzione riguarda sia la funzione d’onda sia i potenziali, che sonoentrambi funzioni di α.

Conviene pero notare che talvolta vengono usate altre denominazioni:1) trasformazione globale di fase, quando α e una costante;2) trasformazione di gauge di prima specie, quando α = α (R, t) e la trasformazione ri-guarda la fase della funzione d’onda ψ;3) trasformazione di gauge di seconda specie, quando α = α (R, t) e la trasformazioneriguarda i potenziali.

* * *

Avvertenza: la notazione n• (n = numero intero) collocata in un punto del testo segnalache a quel punto viene fatto riferimento in altra parte dello studio.

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1. LA LAGRANGIANA DEL CAMPO DI MAXWELL

Partiamo dalle equazioni di Maxwell

∇ · E = 4πρ

∇× E = −1

c

∂B

∂t

∇ ·B = 0

∇×B = 4πı+1

c

∂E

∂t

E = E (R, t) ; B = B (R, t)ρ = ρ (R, t) ; ı = ı (R, t)

(1)

e integriamo la terza ottenendoB = ∇× A (2)

dove A, detto potenziale vettore, e un campo vettoriale arbitrario (perche la relazione∇·∇×A= 0 e verificata da qualunque A). Notiamo che nella (2) A e un campo vettorialenon del tutto definito perche rimane imprecisata ∇·A, quantita che deve essere nota, oltrea ∇× A, per definire A come sappiamo dal Teorema di Clebsch/Helmoltz.

Ora osserviamo che, tenendo conto della (2), la seconda delle (1) diviene

∇×(

E +1

c

∂A

∂t

)

= 0 (3)

Integriamo questa equazione ottenendo

E +1

c

∂A

∂t= −∇ϕ (4)

dove ϕ e un campo scalare detto potenziale scalare.Nella (4) il segno meno e stato introdotto per rendere questa equazione concorde conla equazione statica E(R) = −∇ϕ(R) nella quale il segno meno deriva dal fatto cheuna carica elettrica positiva genera un campo elettrico E diretto radialmente e con versoin allontanamento dalla carica, mentre genera un potenziale ϕ(R) che diminuisce se cisi allontana dalla carica e quindi ∇ϕ, che indica entita, direzione e verso di massimoincremento (per unita di lunghezza) di ϕ, e diretto radialmente e con verso in avvicinamentoalla carica, cosicche occorre scrivere E = −∇ϕ. Dalla (4) segue

E = −∇ϕ− 1

c

∂A

∂t(5)

Abbiamo cosı ottenuto di esprimere i campi E e B in funzione del potenziale scalare ϕ edel potenziale vettore A.

Se inseriamo le (2) e (5) nelle (1) otteniamo:

∇ ·(

−∇ϕ− 1

c

∂A

∂t

)

= 4πρ

∇×(

−∇ϕ− 1

c

∂A

∂t

)

+1

c

∂∇× A

∂t= 0

∇ · ∇ × A = 0

∇×∇×A − 1

c

∂t

(

−∇ϕ− 1

c

∂A

∂t

)

= 4πı

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ovvero, tenendo presente che ∇ · ∇ = ∇2 e ∇×∇× A = ∇∇ ·A−∇2A

∇2ϕ+1

c

∂∇ ·A∂t

= −4πρ

− 1

c∇× ∂A

∂t= −1

c

∂∇× A

∂t

∇ · ∇ × A = 0

∇2A− 1

c2∂2A

∂t2−∇

(

∇ ·A +1

c

∂ϕ

∂t

)

= −4πı

(6)

Notiamo che la seconda equazione di questo sistema e una identita e la terza e una relazionevalida per qualunque campo vettoriale.

* * *

In notazione 4-dimensionale le (2) e (5) diventano

F = −( Φ − Φ )

dove F = F(R) e definito dalle (B8) e (B9), R e definito dalla (B13), Φ = Φ(R) e definitodalla (B7) e dalla (B14). Ad esempio:

F12 = −(∂1Φ2 − Φ1∂2) = −(∂x(−Ay) − ∂y(−Ax)) = ∂xAy − ∂yAx = (∇× A)z = Bz

in accordo con la (B8).

* * *

Applichiamo il formalismo lagrangiano per ricavarne la prima e la quarta delle (6) che quiriscriviamo:

∇2ϕ+1

c

∂∇ ·A∂t

= −4πρ (7)

∇2A− 1

c2∂2A

∂t2−∇

(

∇ ·A +1

c

∂ϕ

∂t

)

= −4πı (8)

Introduciamo la seguente densita lagrangiana (v. Appendice C)

L

(

ϕ,A,∇ϕ,∇A, ∂A∂ct

)

=1

(

−∇ϕ− ∂A

∂ct

)

·(

−∇ϕ− ∂A

∂ct

)

+

− 1

(

ε : (∇A))

·(

ε : (∇A))

− ρϕ+ ı ·A (9)

dove ε e il tensore di Levi-Civita dello spazio 3-dimensionale (ricordiamo che ε : (∇A) eun modo per scrivere ∇× A).La scrittura simbolica che e stata usata nella (9) e che verra usata nelle considerazioni cheseguono non deve far dimenticare che la L e funzione di quattro coordinate lagrangiane,cioe ϕ e le tre componenti di A, e delle loro derivate (derivate spaziali di ϕ e A, e derivatatemporale di A).

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Scriviamo le seguenti equazioni di Lagrange

∂L

∂ϕ− ∂

∂ct

∂L

(

∂ϕ

∂ct

) −∇ · ∂L

∂(∇ϕ)= 0 (10)

∂L

∂A− ∂

∂ct

∂L

(

∂A

∂ct

)−∇ · ∂L

∂(∇A)= 0 (11)

nelle quali

∂L

∂ϕ= −ρ ;

∂L

(

∂ϕ

∂ct

) = 0 ;∂L

∂(∇ϕ)=

1

(

∂A

∂ct+∇ϕ

)

(12)

∂L

∂A= ı ;

∂L

(

∂A

∂ct

)=

1

(

∂A

∂ct+ ∇ϕ

)

;∂L

∂(∇A)= − 1

4πε ·

(

ε : (∇A))

(13)

Digressione: mostriamo come si ottiene la terza delle (13). Dalla (9) si ricava:

∂L

∂(∇A)= − 1

{(

ε :∂∇A∂∇A

)

·(

ε : (∇A))

+(

ε : (∇A))

·(

ε :∂∇A∂∇A

)}

Ma si ha (in coordinate cartesiane ortogonali con base ık, k = 1, 2, 3)

ε :∂∇A∂∇A

= εiklıiıkıl :∂

∂∂mAn

ımın∂rAsırıs

= εikl∂∂rAs

∂∂mAn

ıiıkıl : ımınırıs

= εikl

∂∂rAs

∂∂mAn

ıiδkmδlnırıs

= εikl

∂∂rAs

∂∂kAl

ıiırıs

= εiklδkrδlsıiırıs

= εiklıiıkıl = ε (14)

cosicche∂L

∂(∇A)= − 1

{

ε ·(

ε : (∇A))

+(

ε : (∇A))

· ε}

(15)

e si ha anche(

ε : (∇A))

· ε = (εiklıiıkıl : ımın∂An

∂xm) · εpqrıpıqır

= εiklıiδkmδln∂An

∂xm· εpqrıpıqır

= εpqrεikl

∂An

∂xmδkmδlnδipıqır

= εiqrεikl

∂Al

∂xkıqır

= εqriıqırεikl∂Al

∂xk= ε · (ε : ∇A)

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percio la (15) diviene∂L

∂(∇A)= − 1

4πε ·

(

ε : (∇A))

che e appunto la terza delle (13). Termine della digressione.

Le equazioni di Lagrange (10) e (11) coincidono rispettivamente con le (7) e (8).Infatti consideriamo la (10) che, effettuate le sostituzioni (12), diviene

−ρ− 1

4π∇ ·

(

∂A

∂ct+∇ϕ

)

= 0

uguale alla (7).Passiamo infine alla (11) che, effettuate le sostituzioni (13), diviene

ı− 1

∂ct

(

∂A

∂ct+∇ϕ

)

+1

4π∇ ·

{

ε ·(

ε : (∇A))

}

= 0 (16)

Ma per un qualsiasi vettore a si ha

∇ ·{

ε · a}

= ∂kık · {εilmıiılım · anın}= ık · ıiılım · ınεilm∂kan

= δkiılδmnεilm∂kan

= ılεkln∂kan

= −ılεlkn∂kan = −ε : {∇a}

percio la (16) diviene (a = ε : (∇A))

4πı− ∂

∂ct

(

∂A

∂ct+ ∇ϕ

)

− ε :{

∇(

ε : (∇A))

}

= 0

ovvero, tenendo presente che per un qualsiasi vettore a si ha ε : (∇a) = ∇× a

4πı− ∂

∂ct

(

∂A

∂ct+∇ϕ

)

−∇×∇× A = 0 (17)

Ricordando che ∇×∇× a = ∇∇ · a −∇2a si ottiene infine la (8).Dunque la scelta della densita lagrangiana (9) e giustificata dal fatto che da essa si ricavanoequazioni di Lagrange che coincidono con le (7) e (8).

* * *

In notazione 4-dimensionale minkowskiana la (9) diviene:

L(Φ, Φ) = − 1

16π

(

Φ − Φ)

:(

Φ − Φ)

− ı · Φ (18)

dove , Φ e ı sono definiti nell’Appendice B.

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Nella L distinguiamo la lagrangiana del campo e.m. libero (campo di Maxwell)

Le.m.( Φ) = − 1

16π

(

Φ − Φ)

:(

Φ − Φ)

(19)

e la lagrangiana della interazione della 4-corrente ı col potenziale Φ:

Lint.(Φ) = −ı · Φ (20)

Per verificare che la (18) e la versione 4-dimensionale della (9) conviene tenere presente lanotazione introdotta nell’Appendice B per un 4-vettore antisimmetrico avente la strutturaindicata nella (B17) che ora riscriviamo in funzione dei potenziali (v. eq. (B12), (5) e (2))

−( Φ − Φ ) =

∓(

∇ϕ+ ∂A∂ct

)

ε : (∇A)

e riprendere lo sviluppo (B24) in cui ora poniamo F = −( Φ −Φ ) cosicche si ottiene

Le.m. = − 1

16π

(

−(

Φ − Φ))

:(

−(

Φ − Φ))

= − 1

16π

(

−(

∇ϕ+∂A

∂ct

)

, ε : (∇A))

:

∇ϕ+ ∂A∂ct

ε : (∇A)

= − 2

16π

{

(

−(

∇ϕ+∂A

∂ct

)

, ε : (∇A))

·

∇ϕ+ ∂A∂ct

ε : (∇A)

}

= − 2

16π

{

−(

∇ϕ+∂A

∂ct

)

·(

∇ϕ+∂A

∂ct

)

+(

ε : (∇A))

·(

ε : (∇A))

}

= − 2

16π

{

−(

−∇ϕ− ∂A

∂ct

)

·(

−∇ϕ− ∂A

∂ct

)

+(

ε : (∇A))

·(

ε : (∇A))

}

=1

(

−∇ϕ− ∂A

∂ct

)

·(

−∇ϕ− ∂A

∂ct

)

− 1

(

ε : (∇A))

·(

ε : (∇A))

e quest’ultima e uguale alla corrispondente parte della (9), mentre (v. eq. (B21))

Lint. = −ı · Φ = −ρϕ+ ı ·A

e cosı, essendo L = Le.m. + Lint., la verifica e completata.

* * *

In notazione 4-dimensionale minkowskiana le (7) e (8), che possiamo riscrivere cosı

−∇2ϕ− 1

c

∂t∇ ·A =

1

c2∂2ϕ

∂t2−∇2ϕ− 1

c2∂2ϕ

∂t2− 1

c

∂t∇ ·A = 4πρ

1

c2∂2A

∂t2−∇2A + ∇(∇ ·A +

1

c

∂ϕ

∂t) = 4πı

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ovvero1

c2∂2ϕ

∂t2−∇2ϕ− 1

c

∂t(∇ ·A +

1

c

∂ϕ

∂t) = 4πρ

1

c2∂2A

∂t2−∇2A+ ∇(∇ ·A +

1

c

∂ϕ

∂t) = 4πı

diventano2Φ − ( · Φ) = 4πı ; ∂β∂

βΦα − ∂α(∂βΦβ) = 4πiα (21)

Si conclude cosı la presentazione del formalismo lagrangiano per i potenziali elettroma-gnetici, formalismo che e stato sviluppato sia nello spazio 3-dimensionale che nello spazio4-dimensionale minkowskiano.Quale uso verra fatto di tutto questo sara spiegato piu avanti.

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2. LA LAGRANGIANA DEL CAMPO DI PROCA

La seguente densita lagrangiana del campo di Proca Φ(R) con R ≡ ct, x, y, z

L(Φ, Φ) = − 1

16π( Φ − Φ ) : ( Φ − Φ ) +

m20c

2

8πh2 Φ · Φ,

introdotta nelle equazioni di Lagrange, fornisce nello spazio di Minkowski le equazioni diun campo vettoriale Φ i cui quanti sono particelle dotate di massa m0 e spin 1.Bosoni vettori di questo tipo, cioe massivi e di spin 1, sono i mediatori dell’interazionedebole.

Notiamo che nella L il termine di massa e proporzionale al quadrato del campo Φ.Notiamo anche che sem0 = 0 ritroviamo la lagrangiana del campo di Maxwell (v. eq. (19)).

Dalla lagrangiana si ricavano le equazioni di Proca

2Φ − ( · Φ) +m2

0c2

h2 Φ = 0

∂β∂βΦα − ∂α∂βΦβ +

m20c

2

h2 Φα = 0 (22)

Deriviamo rispetto a xα:

∂α∂β∂βΦα − ∂α∂

α∂βΦβ +m2

0c2

h2 ∂αΦα = 0

Si ha ∂α∂β∂βΦα − ∂α∂

α∂βΦβ = ∂β∂α∂βΦα − ∂α∂β∂

αΦβ = ∂β∂α∂βΦα − ∂β∂α∂

βΦα = 0 (sinoti che nell’ultimo termine dell’ultimo passaggio l’indice muto α e stato scambiato conl’indice muto β) percio segue

∂αΦα = 0

percio le (22) possono essere espresse anche cosı

∂β∂βΦα +

m20c

2

h2 Φα = 0

∂αΦα = 0

; α, β = 0, 1, 2, 3

In conseguenza di ∂αΦα = 0 solo tre dei quattro campi Φα, α = 0, 1, 2, 3 sono indipendenti.1• Dunque solo tre funzioni di R bastano a determinare il campo di Proca e corrispondonoai tre gradi di liberta di una particella massiva di spin 1.

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3. LE TRASFORMAZIONI DI GAUGE

Ricordiamo quanto si e detto all’inizio del capitolo 1 a riguardo del potenziale vettore A:esso e legato al campo magnetico B da una relazione che lo individua a meno di ∇ · A,cosicche possiamo porre su quest’ultima una condizione arbitraria.Di grande importanza e la condizione di Lorenz espressa da

∇ ·A = −1

c

∂ϕ

∂t(23)

Essa rende simmetriche e separate nei potenziali le equazioni (6) che diventano (omettiamodi scrivere le identita):

∇2ϕ− 1

c2∂2ϕ

∂t2= −4πρ

∇2A − 1

c2∂2A

∂t2= −4πı

; ∇ ·A = −1

c

∂ϕ

∂t(24)

Un’altra condizione relativa alla divergenza di A, detta condizione di Coulomb, e

∇ ·A = 0 (25)

Le (6) diventano

∇2ϕ = −4πρ

∇2A− 1

c2∂2A

∂t2− 1

c∇∂ϕ

∂t= −4πı

; ∇ ·A = 0 (26)

La prima delle (26) e l’equazione di Poisson. Risolvendola si ottiene un potenziale scalareche dipende dalle cariche come se queste fossero statiche (da cui la denominazione dicondizione di Coulomb). Notiamo tuttavia che ρ non e indipendente dal tempo (v. eq. (1)),percio anche ϕ diviene funzione di t perche segue le variazioni di ρ nel tempo, ma le segue

senza ritardi, perche nella equazione di Poisson il termine 1c2

∂2ϕ∂t2

non esiste.L’equazione di Poisson e facilmente integrabile, dopo di che, noto ϕ, e possibile risolvereanche la seconda delle (26).

* * *

Il ragionamento che ci ha permesso di ottenere le (24) e (26) puo essere sostituito da unaprocedura che parte dalla seguente constatazione: i campi E e B ricavabili dai potenzialiA e ϕ mediante le (2) e (5) non mutano se si opera la trasformazione

ϕ (R, t) → ϕ′ (R, t) = ϕ (R, t) − 1

c

∂f

∂t

A (R, t) → A′(R, t) = A (R, t) +∇f

(27)

dove f = f (R, t) e una funzione scalare qualsivoglia delle coordinate e del tempo.Infatti:

E′= −1

c

∂(A +∇f)

∂t−∇(ϕ− 1

c

∂f

∂t) = −1

c

∂A

∂t− 1

c∇∂f

∂t−∇ϕ+

1

c∇∂f

∂t= −1

c

∂A

∂t−∇ϕ = E

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B′= ∇× (A + ∇f) = ∇× A+ ∇×∇f = ∇× A = B

e quindi sia le equazioni di Maxwell che l’espressione della forza di Lorentz non mutano inconseguenza delle (27).Questa trasformazione e detta trasformazione di gauge di seconda specie per i potenziali ϕe A, e i vettori E e B, invarianti rispetto ad essa, sono detti invarianti di gauge, mentre laf e detta funzione di gauge.Risulta quindi che i potenziali sono determinati, rispetto ai campi, in modo non univo-co, percio possiamo sceglierli in modo tale che sia soddisfatta una condizione arbitrariasupplementare: una sola, perche possiamo scegliere arbitrariamente solo la f .Nel paragrafo precedente si e visto che le condizioni di Lorenz o di Coulomb semplificano leequazioni nei potenziali: ora mostreremo che, quali che siano A e ϕ, e possibile, effettuandouna trasformazione di gauge, far sı che essi soddisfino l’una o l’altra di queste condizioni eotterremo cosı nuovamente le (24) e (26).

Per cio che riguarda la condizione di Lorenz, basta effettuare una trasformazione di gauge

tale che i potenziali ϕ′ e A′ottenuti dalla trasformazione soddisfino la

∇ ·A′ + 1

c

∂ϕ′

∂t= 0

Dalle (27) si ricava immediatamente che cio e possibile scegliendo una f tale che

∇2f − 1

c2∂2f

∂t2= − ∂ϕ

∂ct−∇ ·A (28)

Si usa dire che i potenziali A′e ϕ′ cosı determinati sono definiti nel gauge di Lorenz.

Notiamo che l’integrale generale della (28) e la somma di un integrale particolare, cioe lasoluzione della (28), e dell’integrale della equazione omogenea associata

∇2g − 1

c2∂2g

∂t2= 0

Un potenziale definito nel gauge di Lorenz e quindi dipendente in modo arbitrario da unaqualunque funzione g che soddisfi quest’ultima equazione.

Nel caso della condizione di Coulomb basta effettuare una trasformazione di gauge tale che

il potenziale A′ottenuto dalla trasformazione soddisfi la

∇ ·A′ = 0

Dalla seconda delle (27) si ricava immediatamente che cio e possibile scegliendo una f taleche

∇2f = −∇ ·A (29)

Si usa dire che i potenziali A′e ϕ′ cosı determinati sono definiti nel gauge di Coulomb.

* * *

12

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Supponiamo che i potenziali A e ϕ siano definiti nel gauge di Lorenz.Allora le equazioni dei potenziali assumono la forma (24) che, se poniamo ρ = 0 e ı = 0 ese introduciamo la notazione 4-dimensionale minkowskiana (v. eq. (B7)) diventano

2Φ = 0

La soluzione ad onda piana di questa equazione e

Φ(R) = ae−ik·R ; a = costante

dove k e definito dalla (B18).Dalla condizione di Lorenz · Φ = 0 (versione 4-dimensionale della (23)) segue

∂Φα

∂xα=

∂xα(aαe−ikβxβ

) = aα ∂e−ikβδβ

αxα

∂xα= aα(−ikβδ

βα)e−ikβxβ

= −iaαkαe−ikβxβ

= 0

da cuik · a = 0

Per un’onda che si propaghi nella direzione z si ha k1 = k2 = 0 percio la condizione diLorenz diviene

k0a0 + k3a

3 = 0

ovvero, tenendo presente che kα ≡ ω/c,−kx,−ky,−kz (v. eq. (B18))

ω

ca0 − kza

3 = 0 (30)

Ora operiamo su questa equazione la seguente trasformazione di gauge:

a → a′ = a + kf(R)

dove f(R) e una arbitraria funzione di R. Segue

a′0

= a0 +ω

cf

a′1

= a1 + 0f

a′2

= a2 + 0f

a′3

= a3 + kzf

Ma la condizione di Lorenz comporta (v. eq. (30))ω

c(a0 +

ω

cf) − kz(a

3 + kzf) = 0

Scegliamo una f tale chea3 + kzf = 0

percio

a0 +ω

cf = 0

Segue

a′0

= 0 ; a′1

= a1 ; a′2

= a2 ; a′3

= 0

In conclusione, nel gauge di Lorenz due sole funzioni di R, cioe

Φ1(R) = a1e−ik·R ; Φ2(R) = a2e−ik·R (31)

bastano a determinare il campo elettromagnetico.

* * *

13

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

Supponiamo ora che i potenziali A e ϕ siano definiti nel gauge di Coulomb.Allora le (6), tralasciando di riscrivere le equazioni che esprimono identita, diventano:

∇2ϕ = −4πρ

∇2A − 1

c2∂2A

∂t2−∇1

c

∂ϕ

∂t= −4πı

Se ρ = 0, la prima di queste equazioni diviene ∇2ϕ = 0 la cui soluzione regolare in tuttolo spazio e ϕ = 0. Ne segue che le (5) e (2) diventano

E = −1

c

∂A

∂t; B = ∇× A (32)

Si vede cosı che, in uno spazio privo di cariche, se i potenziali sono definiti nel gauge diCoulomb, il campo elettromagnetico e esprimibile in funzione del solo potenziale vettore,che rimane l’unico potenziale presente.Questo e quindi sufficiente a definire sia E che B, cosicche in uno spazio privo di carichetre sole funzioni dello spazio e del tempo (le componenti di A) sono sufficienti a definireil campo elettromagnetico, e, di queste tre, due sole sono indipendenti, perche la terza evincolata dalla condizione di Coulomb, cioe da ∇ ·A = 0.2• In conclusione, in assenza di cariche, due sole funzioni indipendenti dello spazio e deltempo bastano a determinare il campo elettromagnetico.

* * *

La lagrangiana Le.m. = Le.m.( Φ) del campo di Maxwell (v. eq. (19)), campo al quale sonoassociate le forze elettromagnetiche che vengono scambiate fra particelle elettricamentecariche, rimane invariata per la trasformazione di gauge di seconda specie espressa da

Φ → Φ′= Φ − f (33)

che e la versione 4-dimensionale delle (27). Infatti:

L′e.m. = − 1

16π( Φ

′ −Φ′

) : ( Φ′ −Φ

′)

= − 1

16π

(

(Φ − f) − (Φ − f))

:(

(Φ − f) − (Φ − f))

= − 1

16π

(

Φ − Φ − ( f) + ( f))

:(

Φ − Φ − ( f) + ( f))

Ma con riferimento alla base cartesiana ıα con α = 0, 1, 2, 3 si puo scrivere:

− ( f) + ( f) = −ıα∂α(ıβ∂βf) + (ıα∂αf)ıβ∂β

= −ıαıβ∂α∂βf + ıαıβ∂β∂αf

= ıαıβ(−∂α∂βf + ∂β∂αf) = 0

(34)

percio

L′e.m. = − 1

16π( Φ − Φ ) : ( Φ − Φ ) = Le.m.

14

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

Notiamo che avremmo potuto, in alternativa alla lagrangiana, considerare la equazione dicampo

2Φ − ( · Φ) = 0 ; ∂β∂βΦα − ∂α(∂βΦβ) = 0 (35)

ricavabile dalle equazioni di Lagrange

·Φ

L −Φ

L = 0 ; ∂α

∂L

∂(∂αΦβ)− ∂L

∂Φβ= 0

dopo aver posto in esse L = Le.m.. La (35) e la (21) con ı = 0 (la (21) si ottiene esprimendoi campi delle equazioni di Maxwell in funzione dei potenziali).3• Applicando la trasformazione di gauge (33) alla (35) si ottiene

2(Φ − f) − ( · Φ − 2f) = 0

da cui2Φ − 2( f) − ( ·Φ) + ( 2f) = 0

che coincide con la (35) perche 2( f) = ( 2f).

* * *

Consideriamo ora campi non associati a forze, come il campo ψ di Schrodinger, o il campoψ di Klein-Gordon, o il campo Ψ di Dirac.La lagrangiana di questi campi, a differenza della lagrangiana del campo di Maxwell, chee associato a forze e.m., non rimane invariata per una trasformazione di gauge di secondaspecie (o trasformazione locale di fase) espressa, ad esempio per il campo di Schrodinger,da

ψ → ψ′ = ψeih

f (R,t) (36)

Per mantenerla invariata occorre accoppiare tali campi con campi di gauge.Un esempio di campo di gauge e il campo di Maxwell.Quantizzando un campo di gauge si ottengono le particelle mediatrici (bosoni) della forzache puo essere osservata agire fra le particelle (fermioni) del campo associato alla materia.Dunque l’invarianza in forma per una trasformazione locale di fase della lagrangiana deicampi sopraindicati richiede la presenza di un campo di gauge che, una volta quantizzato,fornisce le particelle mediatrici delle forze che si osservano agire fra le particelle del campoquando queste sono accoppiate al campo di gauge.Ad esempio, quantizzando il campo di Maxwell si ottengono i fotoni, che sono le particellemediatrici della forza elettromagnetica che si esercita fra particelle cariche, essendo la caricail coefficiente di accoppiamento delle particelle col campo di Maxwell.

Entriamo piu in dettaglio in questa proprieta di un campo di gauge esaminando alcuniesempi.

• Consideriamo la lagrangiana del campo di Schrodinger associato a una particella liberaavente massa m0:

L(

ψ,ψ∗,∇ψ,∇ψ∗, ∂ψ∂t,∂ψ∗

∂t

)

= − h2

2m0∇ψ · ∇ψ∗ +

1

2

(

ψ∗ih∂ψ

∂t− ψih

∂ψ∗

∂t

)

15

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

o, in alternativa, l’equazione di Schrodinger da essa ricavabile mediante le equazioni diLagrange (omettiamo di scrivere l’equazione nella coordinata lagrangiana ψ∗, anch’essaricavabile dalle equazioni di Lagrange):

(−ih∇)2

2m0ψ (R, t) = ih

∂ψ (R, t)∂t

(37)

Conviene sottolineare, anche se potra sembrare superfluo, che ψ (R, t) non e la funzioned’onda che costituisce la rappresentazione nelle coordinate del vettore di stato della par-ticella di massa m0, ma e la variabile descrittiva del campo di Schrodinger, variabile chenel formalismo lagrangiano diviene una coordinata lagrangiana (l’altra coordinata e ψ∗,considerata indipendente da ψ).Al campo di Schrodinger, che nella L e stato introdotto come se fosse un oggetto dellaFisica classica, si deve inoltre supporre che sia applicabile una procedura di quantizzazionein grado di definire particelle di massa m0 come quanti del campo.Ci troviamo dunque nell’ambiente talvolta detto della “seconda quantizzazione” nel qualerimarremo nel corso di questo studio.Considerazioni piu approfondite riguardanti questo duplice modo di interpretare la Mec-canica di Schrodinger (cioe “ψ (R, t) = rappresentazione nelle coordinate di un vettoredi stato” oppure “ψ (R, t) = variabile di campo”) sono contenute nel post “Reinterpreta-re l’Elettromagnetismo maxwelliano per spiegare la Meccanica quantistica” (una sintesi epresentata nell’Introduzione del post).

Riprendiamo in considerazione la (37).Come e noto, la fase della ψ (R, t) puo essere modificata a piacere effettuando la trasfor-mazione di gauge di seconda specie per la funzione d’onda espressa dalla (36) nella qualef (R, t) e una qualunque funzione di R e t, senza che la quantita avente significato fisicoespressa da ψ∗ψ subisca variazioni:

ψ∗ψ = ψ∗e−ih

f (R,t)ψeih

(R,t)

Invece la (37) non e invariante in forma per la trasformazione (36). Infatti, effettuata latrasformazione

− h2

2m0∇2(ψe

ih

f ) = ih∂

∂t(ψe

ih

f )

e tenuto conto della (A2) dell’Appendice A, possiamo scrivere

− h2

2m0

{

ψ∇2eih

f + 2(∇ψ) · (∇e ih

f ) + eih

f∇2ψ}

= ih∂ψ

∂te

ih

f + ihψ∂e

ih

f

∂t

Ora osserviamo che

∇e ih

f =i

h(∇f)e

ih

f

∇2eih

f = ∇ · (∇e ih

f ) =i

h∇ · ((∇f)e

ih

f ) =i

h

{

∇e ih

f · ∇f + eih

f∇2f}

=i

h

{

i

h(∇f)e

ih

f · ∇f + eih

f∇2f

}

=

{

− 1

h2 (∇f)2 +i

h∇2f

}

eih

f

(38)

16

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dove si e fatto uso della relazione ∇ · (aϕ) = ∇ϕ · a + ϕ(∇ · a) valida per ogni vettore a eper ogni scalare ϕ, percio

− h2

2m0

{

ψ(

− (∇f)2

h2 +i

h∇2f

)

eih

f + 2(∇ψ) · ih

(∇f)eih

f + eih

f∇2ψ

}

=

=

(

ih∂

∂t− ∂f

∂t

)

ψeih

f

Dividiamo per eih

f :

− h2

2m0

{

i2

h2 (∇f)2 − i

h∇2f + 2

i

h∇f · ∇ + ∇2

}

ψ = ih∂ψ

∂t− ψ

∂f

∂t

e quindi

− h2

2m0

{

(∇ +i

h∇f)2 − i

h∇2f

}

ψ +∂f

∂tψ = ih

∂ψ

∂t

Si vede dunque che la forma dell’equazione di Schrodinger e cambiata.

Consideriamo ora l’equazione di Schrodinger per una particella dotata di massam0 e caricaq in un campo elettromagnetico descritto dai potenziali ϕ (R, t) e A (R, t)

{

1

2m0

(

− ih∇− q

cA

)2

+ qϕ

}

ψ = ih∂ψ

∂t(39)

Se nella (39), oltre alla trasformazione (36) nella quale ora poniamo f (R, t) = qcα (R, t)

con α (R, t) funzione arbitraria di R, t, effettuiamo anche le seguenti trasformazioni digauge di seconda specie

ϕ → ϕ− 1

c

∂α

∂t; A→ A+ ∇α

otteniamo una equazione invariata in forma.Per verificarlo iniziamo col riscrivere la (39) in una forma piu comoda ponendo

χ = qϕ ; V =q

cA

percio la (39) diviene{

1

2m0(−ih∇− V )2 + χ

}

ψ = ih∂ψ

∂t, (40)

e poi effettuiamo nella (40) le trasformazioni di gauge

ψ → ψeih

f (R,t) ; f =q

cα(R, t) (41)

χ→ χ − ∂f

∂t; V → V + ∇f (42)

ottenendo{

1

2m0

(

−ih∇− V −∇f)2

+

(

χ − ∂f

∂t

)}

(

ψeih

f)

= ih∂ψe

ih

f

∂t

17

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

Si tratta dunque di mostrare che questa equazione e uguale alla (40).Riscriviamola cosı:

1

2m0

(

−ih∇− V −∇f)2(

ψeih

f)

+ χ(ψeih

f ) = ih∂ψe

ih

f

∂t+∂f

∂t(ψe

ih

f )

e quindi, sviluppando il primo termine a membro destro e tenendo conto del fatto che∂f/∂t e solo un fattore moltiplicativo di (ψe

ih

f )

1

2m0

(

−ih∇− V −∇f)2

(ψeih

f ) + χ(ψeih

f ) = ih∂ψ

∂te

ih

f + ihψ∂e

ih

f

∂t+∂f

∂tψe

ih

f

da cui

1

2m0

(

−ih∇− V −∇f)

·(

−ih∇− V −∇f)

(ψeih

f) + χ(ψeih

f ) = ih∂ψ

∂te

ih

f

ovvero, poiche χ e solo un fattore moltiplicativo di (ψeih

f )

1

2m0

(

−ih∇− V −∇f)

·(

−ih∇− V −∇f)

(ψeih

f ) + χψeih

f = ih∂ψ

∂te

ih

f (43)

mentre invece si ha (v. eq. (A1) dell’Appendice A)

−ih∇(ψeih

f ) = −ih(eih

f∇ψ + ψ∇e ih

f )

= −ihe ih

f∇ψ − ihψi

h(∇f)e

ih

f

= −ihe ih

f∇ψ + (∇f)ψeih

f

e quindi

(−ih∇−∇f)(ψeih

f ) = −ihe ih

f∇ψ

Sottraiamo V ψeih

f da entrambi i membri:

(−ih∇− V −∇f)(ψeih

f ) = −ihe ih

f∇ψ − V ψeih

f =(

eih

f(−ih∇− V ))

ψ

Sostituiamo in (43):

{

1

2m0(−ih∇− V −∇f) ·

(

eih

f (−ih∇− V ))

}

ψ + χψeih

f = ih∂ψ

∂te

ih

f (44)

Ma per ogni campo scalare ϕ e vettoriale a si ha ∇·(ϕa) = (∇ϕ) ·a+ϕ∇·a percio ponendo

ϕ = eih

f e a = −ih∇− V si puo scrivere

−ih∇ ·(

eih

f(−ih∇− V ))

= −ih(

(∇e ih

f ) · (−ih∇− V ) + eih

f∇ · (−ih∇− V ))

= (∇f)eih

f · (−ih∇− V ) + eih

f (−ih)∇ · (−ih∇− V )

ovvero−ih∇ ·

(

eih

f (−ih∇− V ))

= eih

f (∇f − ih∇) · (−ih∇− V )

18

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

Sottraiamo da entrambi i membri la quantita

(V + ∇f) · e ih

f (−ih∇− V ) (45)

ottenendo cosı

− ih∇ ·(

eih

f (−ih∇− V ))

− (V + ∇f) · e ih

f (−ih∇− V ) =

= eih

f (∇f − ih∇) · (−ih∇− V ) − (V + ∇f) · e ih

f (−ih∇− V )

da cui

(−ih∇− V −∇f) ·(

eih

f (−ih∇− V ))

= eih

f (∇f − ih∇− V −∇f) · (−ih∇− V )

e quindi

(−ih∇− V −∇f) ·(

eih

f (−ih∇− V ))

= eih

f(−ih∇− V )2

Sostituendo in (44) si ottiene

{

1

2m0e

ih

f(−ih∇− V )2}

ψ + χψeih

f = ih∂ψ

∂te

ih

f

e infine{

1

2m0(−ih∇− V )2 + χ

}

ψ = ih∂ψ

∂t

che e la (40) e viene cosı mostrato che questa rimane invariata in forma a seguito delle (41)e (42).

Quanto si e detto finora a partire dalla (37) puo essere sinteticamente ripresentato nelmodo seguente:

I◦passo:

dalla (37), che non e invariante in forma a seguito della trasformazione (36), siamo passatialla (39) effettuando le seguenti sostituzioni:

∇ → ∇− i

h

q

cA ;

∂t→ ∂

∂t+i

hqϕ (46)

dove q e il coefficiente di accoppiamento della particella coi campi A e ϕ. Le (46) esprimonoquello che viene usualmente detto accoppiamento minimale della particella elettricamentecarica con i campi ϕ e A. L’accoppiamento e detto minimale perche in esso compare lasola carica q e non un momento di multipolo elettrico di ordine maggiore.

II◦passo

abbiamo verificato che se sulla (39) cosı ottenuta effettuiamo le seguenti trasformazioni digauge di seconda specie

ψ → ψeih

q

cα (R,t) (47)

e

ϕ → ϕ− 1

c

∂α

∂t; A→ A+ ∇α (48)

19

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dove α (R, t) e una funzione arbitraria di R, t, otteniamo una equazione invariata in forma.

Dunque l’equazione di Schrodinger per una particella accoppiata mediante il coefficiente qai potenziali ϕ e A nel modo indicato dalla (46) rimane invariata in forma a seguito dellatrasformazione locale di fase (47) se si opera sui potenziali trasformandoli in accordo conla (48).Viceversa, se si vuole che l’equazione di Schrodinger per una particella libera rimanga in-variata a seguito della trasformazione (47) occorre introdurre i campi ϕ e A ai quali laparticella si deve accoppiare mediante il coefficiente q nel modo mostrato nelle (46) e chedevono essere trasformati secondo le (48). Il coefficiente q e interpretabile come carica elet-trica della particella e i campi ϕ e A sono interpretabili come potenziali elettromagnetici.Dunque l’elettromagnetismo puo essere generato dalla condizione di invarianza di gauge.

In altre parole, l’invarianza richiede una teoria interagente basata su campi dotati di libertadi gauge e determina il tipo di interazione o accoppiamento, un fatto, questo, sconosciutonella Fisica prequantistica in cui quello che si puo dire delle trasformazioni di gauge e chelasciano invariate le equazioni di Maxwell.

• Come altro esempio consideriamo l’equazione di Klein-Gordon

(ih∂µih∂µ −m20c

2)ψ(R) = 0 ; µ = 0, 1, 2, 3

dove ∂µ e R sono definiti nell’Appendice B e m0 e la massa a riposo della particella.Se effettuiamo una trasformazione locale di fase

ψ → ψeif(R)

otteniamo una equazione modificata in forma.Se pero accoppiamo la particella col campo di Maxwell Φ effettuando la sostituzione se-guente

∂µ → ∂µ +i

h

q

cΦµ

dove q (carica della particella) e il coefficiente di accoppiamento, otteniamo

{

(ih∂µ − q

cΦµ)(ih∂µ − q

cΦµ) −m2

0c2}

ψ = 0

che, come si puo verificare, e invariante per le trasformazioni

ψ → ψeih

qcα(R)

eΦµ → Φµ − ∂µα(R)

dove α(R) e una arbitraria funzione di R.

• Come ultimo esempio consideriamo la lagrangiana del campo di Dirac:

L(

Ψ,Ψ,∂Ψ

∂xµ,∂Ψ

∂xµ

)

=1

2

{

Ψ(γµih→

∂ µ−m0c)Ψ − Ψ(ih←

∂ µγµ +m0c)Ψ

}

(49)

20

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

con µ = 0, 1, 2, 3 o, in forma piu compatta:

L = Ψ

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

Ψ (50)

Nelle (49) e (50) m0 e la massa a riposo dell’elettrone, Ψ e un bispinore, Ψ = Ψ†γ0 e ilbispinore coniugato di Dirac di Ψ e le γµ sono le matrici di Dirac definite da

γµγν + γνγµ = 2 · 11ηµν ; µ, ν = 0, 1, 2, 3

dove ηµν e il tensore metrico minkowskiano. Gli indici bispinoriali sono stati omessi persemplicita.

Le equazioni di Lagrange

∂L

∂Ψ− ∂

∂xµ

∂L

(

∂Ψ

∂xµ

)= 0 ;

∂L

∂Ψ− ∂

∂xµ

∂L

(

∂Ψ

∂xµ

) = 0

essendo∂L

∂Ψ=ih

2γµ ∂Ψ

∂xµ−m0cΨ ;

∂L

(

∂Ψ

∂xµ

)= − ih

2γµΨ

∂L

∂Ψ= − ih

2

∂Ψ

∂xµγµ −m0cΨ ;

∂L

(

∂Ψ

∂xµ

) =ih

2Ψγµ

forniscono le equazioni di Dirac:

{

γµih∂

∂xµ−m0c

}

Ψ = 0 ; Ψ

{

ih∂

∂xµγµ +m0c

}

= 0

Effettuiamo nella L la seguente trasformazione di gauge:

Ψ(R) → Ψ(R)eih

ec α(R) (51)

dove e e la carica dell’elettrone e α(R) e una arbitraria funzione di R ottenendo

L = (Ψe−ih

ec α)

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

(Ψeih

ec α)

=1

2

{

Ψe−ih

ec α(ihγµ

∂ µ−m0c)(Ψeih

ecα) − (Ψe−

ih

ecα)(ih

∂ µγµ +m0c)Ψe

ih

ec α

}

Sviluppiamo i termini entro parentesi graffe:

L =1

2

{

Ψe−ih

ec α

[

ihγµ(∂µΨ)eih

ecα + ihγµΨ

i

h

e

c(∂µα)e

ih

ecα −m0cΨe

ih

ecα

]

+

21

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−[

ih(Ψ∂µ)γµe−ih

ec α + Ψ(− i

h

e

c)(α∂µ)e−

ih

ecαihγµ +m0cΨe

− ih

ecα

]

Ψeih

ecα

}

=1

2

{

Ψe−ih

ecα

[

ihγµ(∂µΨ) − e

cγµΨ(∂µα) −m0cΨ

]

eih

ec α+

−[

ih(Ψ∂µ)γµ + Ψe

c(α∂µ)γµ + Ψm0c

]

e−ih

ec αΨe

ih

ecα

}

=1

2

{

Ψ[ihγµ→

∂ µ−m0c]Ψ− Ψe

cγµ(∂µα)Ψ − Ψ[ih

∂ µγµ +m0c]Ψ −Ψ

e

c(α∂µ)γµΨ

}

=1

2

{

Ψ[ihγµ→

∂ µ−m0c]Ψ− Ψ[ih←

∂ µγµ +m0c]Ψ

}

− Ψe

c(∂µα)γµΨ

= Ψ

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

Ψ − e

cΨγµ(∂µα)Ψ (52)

Si vede cosı che la L non e invariante in forma.Per renderla invariante occorre accoppiare l’elettrone col campo di Maxwell effettuando lasostituzione seguente (e la versione 4-dimensionale della (46)):

∂µ → ∂µ +i

h

e

cΦµ (53)

dove e (carica dell’elettrone) e la costante di accoppiamento.

Si usa anche dire che l’accoppiamento si effettua introducendo la derivata gauge-covariante(membro destro della (53)) in luogo della derivata ordinaria (membro sinistro della (53)).

La (50) diviene dunque

L = Ψ

{

γµ(ih↔

∂ µ−e

cΦµ) −m0c

}

Ψ (54)

che e invariante per la trasformazione di gauge di seconda specie definita da:

Ψ(R) → Ψ(R)eih

ec

α(R) (55)

Φµ(R) → Φµ(R) − ∂µα(R) (56)

Infatti

L = Ψ

{

γµ(ih↔

∂ µ−e

cΦµ) −m0c

}

Ψ

= (Ψe−ih

ec α)

{

γµ[ih↔

∂ µ−e

c(Φµ − ∂µα)] −m0c

}

(Ψeih

ec α)

= (Ψe−ih

ec α)

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

(Ψeih

ec α) − Ψe−

ih

ec α e

cγµΦµΨe

ih

ec α+

+ Ψe−ih

ec αγµ e

c(∂µα)Ψe

ih

ecα

22

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

Riscriviamo il primo termine a membro destro tenendo presente lo sviluppo che ci ha fattoottenere la (52):

L = Ψ

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

Ψ −Ψe

cγµ(∂µα)Ψ − Ψ

e

cγµΦµΨ + Ψγµ e

c(∂µα)Ψ

Se ora semplifichiamo otteniamo la (54)

L = Ψ

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

Ψ − Ψe

cγµΦµΨ (57)

che quindi e rimasta invariata in forma a seguito delle sostituzioni (55) e (56).Dunque la lagrangiana del campo di Dirac per un elettrone accoppiato mediante il coeffi-ciente e al potenziale Φ nel modo indicato dalla (53) rimane invariata in forma a seguitodella trasformazione locale di fase (55) se si opera sul potenziale trasformandolo in accordocon la (56).Viceversa, se si vuole che la lagrangiana dell’equazione di Dirac per un elettrone liberorimanga invariata a seguito della trasformazione (55) occorre introdurre il campo Φ alquale la particella si deve accoppiare mediante il coefficiente e nel modo mostrato nelle (53)e che deve essere trasformato secondo la (56). Il coefficiente e e interpretabile come caricaelettrica dell’elettrone e il campo Φ e interpretabile come potenziale elettromagnetico.Dunque l’elettromagnetismo puo essere generato dalla condizione di invarianza di gauge.

* * *

Notiamo che nella (57) viene messa in evidenza la quantita scalare

Ψe

cγµΨΦµ = jµΦµ

che descrive l’accoppiamento del 4-vettore densita di corrente del campo di Dirac definitoda

= Ψe

cγΨ ; γ ≡ γ0,γ1,γ2,γ3 (58)

col 4-potenziale Φ del campo di Maxwell.Notiamo, per inciso, che la (58) si ricava dal Teorema di Nother imponendo che l’azione

S =

L(

Ψ,Ψ,∂Ψ

∂xµ,∂Ψ

∂xν

)

dR

rimanga invariata per una trasformazione di gauge di prima specie

Ψ′ = Ψeih

ec

α

Ψ′= Ψe−

ih

ec

α

dove α e una costante avente valore cosı piccolo che diviene lecito approssimare nel modoseguente

Ψ′ = Ψ +i

h

e

cαΨ

Ψ′= Ψ − i

h

e

cαΨ

23

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Notiamo che, a differenza delle trasformazioni di gauge di seconda specie, in queste tra-sformazioni α e costante.

* * *

Facendo riferimento, come spesso si usa, al sistema di unita di misura di Heaviside-Lorentz(che, rispetto a quello di Gauss, e razionalizzato perche in esso non compare il fattore 4π)introduciamo la lagrangiana che descrive l’interazione di fotoni ed elettroni (cioe positonicon carica positiva e negatoni con carica negativa):

L = Ψ

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

Ψ − 1

4(∂νΦµ − ∂µΦν)(∂νΦµ − ∂µΦν) − jµΦµ (59)

ovvero, essendo Fνµ = −(∂νΦµ − ∂µΦν):

L = Ψ

{

γµih↔

∂ µ−m0c

}

Ψ − 1

4FνµFνµ − jµΦµ = LD + LM + Lint. (60)

dove LD e la lagrangiana del campo di Dirac, LM e la lagrangiana del campo di Maxwelle Lint. esprime l’interazione del campo di Dirac col campo di Maxwell.Notiamo che il secondo e terzo termine a membro destro della (59) corrispondono ai terminia membro destro della (18) salvo il fatto che ora la non e la corrente maxwelliana ı, mae la corrente del campo di Dirac espressa dalla (58).Notiamo anche che talvolta il termine elettroni, che qui indica sia i positoni che i negatoni,viene usato per indicare le sole cariche negative, mentre le cariche positive vengono dettepositroni, e dunque in queste circostanze non si fa uso di un unico termine per indicareentrambe le particelle.

* * *

Le particelle mediatrici delle forze che agiscono fra le particelle dei campi di materia e chesono ottenute quantizzando campi di gauge risultano essere dotate di massa a riposo nulla.Possiamo verificarlo considerando, ad esempio, il campo del potenziale e.m. Φ, che e uncampo di gauge cui sono associati i fotoni, particelle dotate di massa a riposo nulla.L’equazione del campo Φ e la (35):

2Φ − ( ·Φ) = 0 (61)

Questa equazione comprende le (7) e (8) ed e invariante in forma per la trasformazione digauge (33) come e mostrato nel punto 3 (pag. 15).Ora osserviamo che se il fotone possedesse una massa a riposo diversa da zero, la (61)diventerebbe l’equazione di Proca (v. cap. 2)

2Φ − ( · Φ) +m20Φ = 0 (62)

e questa equazione non e gauge-invariante.Dunque l’invarianza di gauge impone che i quanti del campo abbiano massa nulla.Questa condizione e verificata, oltre che dai fotoni (mediatori della forza e.m.), anche daigluoni (mediatori della forza forte), ma non dalle particelle mediatrici della forza debole.Queste particelle sono infatti dotate di massa non nulla.

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A questo punto, se riteniamo che il concetto di particelle di gauge debba essere esteso ancheal caso delle forze deboli, occorre cercare un modo di rendere invariante per trasformazionidi gauge una lagrangiana descrittiva della dinamica di un campo i cui quanti sono particelledotate di massa.Ottenere una soluzione di questo problema significa avviare la costruzione del ModelloStandard delle forze elettrodeboli, che pero in questo studio non verra trattato nella suainterezza.Ci limiteremo a mostrare come si puo 4• impostare la descrizione di particelle di gaugedotate di massa non nulla.Occorre innanzitutto supporre che in tutto lo spazio sia presente un campo scalare φ cheassumiamo dotato della seguente densita lagrangiana

L(φ, ∂αφ) =1

2∂αφ∂

αφ−(1

2µ2φ2 +

1

4λφ4

)

= T − V(φ) (63)

dove µ e la massa della particella quanto del campo e λ e una costante di accoppiamento chedetermina l’intensita dell’interazione della particella con se stessa; λ deve essere positivaper rendere l’energia totale limitata inferiormente per φ→ ∞.Notiamo che si e usato un sistema di unita di misura in cui c = h = 1 e che per semplicitadi scrittura la dipendenza di φ dalle coordinate spaziotemporali non e indicata.Notiamo anche che il termine di massa e strutturato come il termine di massa nella lagran-giana di Proca (v. cap. 2), cioe e proporzionale al quadrato del campo.Notiamo infine che la lagrangiana e simmetrica per riflessioni spaziali φ→ −φ.Ora nelle usuali applicazioni della densita lagrangiana allo studio di fenomeni occorre usareuna tecnica perturbativa che consiste nello sviluppare la densita lagrangiana nell’intornodi un punto di energia potenziale V(φ) minima. Ci chiediamo dunque quale e il valore delcampo corrispondente all’energia minima per V(φ).Calcoliamo la derivata di V(φ) e poniamola uguale a zero per trovare il punto di minimo,cui corrisponde quello che e usualmente detto “stato del vuoto”:

∂V

∂φ= µ2φ+ λφ3 = φ(µ2 + λφ2) = 0

Una soluzione di questa equazione e φ = 0 e quindi una condizione di energia potenzialeminima, cioe lo stato del vuoto, e quella che corrisponde ad assenza di campo.5• Non e tuttavia la sola perche si puo scrivere anche µ2 + λφ2 = 0 da cui

φ = ±√

−µ2

λ= ±v

ed assumere µ2 negativo cosicche questa quantita, dovendo essere considerata il quadratodi un numero immaginario, non puo piu essere considerata il quadrato della massa dellaparticella quanto del campo ma diviene un parametro di cui ci serviremo nel modo cheverra indicato.Assumendo µ2 < 0 si ottengono due punti di minimo di V, cioe φ = ±v mentre il puntoφ = 0 diviene un massimo.Dunque in questo caso lo stato del vuoto corrisponde a un valore finito, costante e nonnullo del campo.

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Ci proponiamo di descrivere le deviazioni della densita lagrangiana rispetto a uno di questidue punti di minima energia potenziale, ad esempio +v, sviluppandola nell’intorno diquesto punto nel modo seguente:

φ = v + η

dove η e un campo scalare. Si ha allora

L(η, ∂αη) =1

2∂αη∂

αη − 1

2µ2(v + η)2 − 1

4λ(v + η)4 (64)

Ricordando che (a+ b)4 = a4 + 4a3b+ 6a2b2 + 4ab3 + b4 segue

L =1

2∂αη∂

αη −{

1

2µ2(v2 + 2ηv + η2) +

1

4λ(v4 + 4v3η + 6v2η2 + 4vη3 + η4)

}

L’espressione fra parentesi graffe puo essere semplificata tenendo conto di µ2 = −λv2 eraccogliendo i termini in

η ; (µ2v + λv3)η = (−λv3 + λv3)η = 0

η2 ; (1

2µ2 +

6

4λv2)η2 = (−1

2λv2 +

3

2λv2)η2 = λv2η2

η3 ; λvη3

η4 ;1

4λη4

e raccogliendo anche i seguenti termini costanti

1

2µ2v2 +

1

4λv2 = −1

2λv4 +

1

4λv4 = −1

4λv4

Si ottiene cosı

L(η, ∂αη) =1

2∂αη∂

αη − 1

2(2λv2)η2 − λvη3 − 1

4λη4 +

1

4λv4 (65)

L’ultimo termine a membro destro e una costante e puo essere ignorato perche L e definitaa meno di una costante; il terzo e quarto termine rappresentano autointerazioni; il secondo,che e un termine in η2, confrontato col termine in φ2 di L(φ, ∂αφ), cioe 1

2µ2φ2, mostra che√

2λv2 e la massa della particella quanto del campo η.Notiamo che mentre la lagrangiana (63) e simmetrica per riflessione spaziale, la lagran-giana (65) non lo e piu perche lo stato del vuoto (cioe lo stato di minima energia) non esimmetrico: e dunque avvenuta una rottura spontanea di simmetria conseguente alla sceltadi φ = +v come stato fondamentale.Notiamo anche che avremmo potuto scegliere φ = −v, con equivalenti conclusioni.

* * *

Assumiamo ora che φ sia un campo complesso definito da

φ = φ1 + iφ2

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con φ1 e φ2 campi reali. La densita lagrangiana diviene

L(φ, φ∗, ∂αφ, ∂αφ∗) =

1

2∂αφ

∗∂αφ−(1

2µ2φ∗φ+

1

4λ(φ∗φ)2

)

= T − V (66)

Il punto di minimo di

V =1

2µ2φ∗φ+

1

4λ(φ∗φ)2 (67)

e |φ| = 0 per µ2 > 0 e

|φ|2vmin.= −µ

2

λ= v2 (68)

per µ2 < 0 (v. punto 5 (pag. 25)) da cui

φvmin.=

−µ2

λeiα ; α = tan−1 φ2

φ1(69)

|φvmin.| = v = ±

−µ2/λ e il raggio di un cerchio centrato nell’origine.Il potenziale V puo cosı essere espresso nel modo seguente

V = −1

2λv2φ∗φ+

1

4λ(φ∗φ)2 (70)

e, avendo un massimo per |φ| = 0 e minimi in tutti i punti del cerchio di raggio v, e talvoltadetto “potenziale a sombrero”.L’angolo α puo essere scelto ad arbitrio perche la densita lagrangiana (66) e invariante perrotazioni. Scegliamo α = 0 percio v e sull’asse φ1 cosicche sviluppando φ nell’intorno di vsi ha

φ1 = η + v ; φ2 = ξ

con η e ξ funzioni delle coordinate spaziotemporali. Si puo allora scrivere

φ = η + v + iξ (71)

e quindi la (66) diviene

L =1

2∂α(η + v − iξ)∂α(η + v + iξ) −

{

1

2µ2(η + v − iξ)(η + v + iξ)+

+1

4λ(

(η + v − iξ)(η + v + iξ))2

}

ovvero

L =1

2(∂αη − i∂αξ)(∂

αη + i∂αξ) −{

1

2µ2

(

(η + v)2 + ξ2)

+1

4λ(

(η + v)2 + ξ2)2

}

= T − V

Ora osserviamo che

V =1

2µ2

(

(η + v)2 + ξ2)

+1

4λ(

(η + v)2 + ξ2)2

=1

2µ2(η2 + v2 + 2ηv + ξ2) +

1

4λ(

(η + v)4 + ξ4 + 2(η + v)2ξ2)

=1

2µ2(η2 + v2 + 2ηv + ξ2) +

1

4λ(

η4 + v4 + 4η3v + 4ηv3 + 6η2v2 + ξ4+

+ 2(η2 + v2 + 2ηv)ξ2)

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L’espressione di V puo essere semplificata tenendo conto di µ2 = −λv2 (v. eq. (68)) eraccogliendo i termini in

η ; (µ2v + λv3)η = (−λv3 + λv3)η = 0

η2 ;(1

2µ2 +

6

4λv2

)

η2 =(

− 1

2λv2 +

3

2λv2

)

η2 = λv2η2

η3 ; λvη3

η4 ;1

4λη4

ξ2 ;(1

2µ2 +

1

2λv2

)

ξ2 =(

− 1

2λv2 +

1

2λv2

)

ξ2 = 0

ξ4 ;1

4λξ4

In V sono inoltre presenti i seguenti termini di interazione:

λvηξ2 ;1

2λη2ξ2 (72)

e ci sono anche i seguenti termini costanti:

1

2µ2v2 +

1

4λv4 = −1

2λv4 +

1

4λv4 = −1

4λv4

Si puo cosı scrivere

V = λv2η2 + λvη(η2 + ξ2) +1

4λ(η2 + ξ2)2 − 1

4λv4

e quindi, essendo (∂αη − i∂αξ)(∂αη + i∂αξ) = ∂αη∂

αη + ∂αξ∂αξ, si puo scrivere

L =1

2∂αη∂

αη − λv2η2 +1

2∂αξ∂

αξ − λvη(η2 + ξ2) − 1

4λ(η2 + ξ2)2 +

1

4λv4

ovvero

L =1

2∂αη∂

αη − 1

22λv2η2 +

1

2∂αξ∂

αξ − λvη(η2 + ξ2) − 1

4λ(η2 + ξ2)2 +

1

4λv4 (73)

percio

mη =√

2λv2 =√

−2µ2 > 0 ; mξ = 0 (74)

La procedura che ci ha fatto passare da un campo complesso φ a due campi reali η e ξ edetta meccanismo di Goldstone ed e in accordo col Teorema di Goldstone: se una teoriasi regge su una densita lagrangiana che ha una simmetria continua esatta che pero non euna simmetria del vuoto (si usa dire che e una simmetria rotta spontaneamente), allora lateoria contiene una particella di massa nulla.A seguito del meccanismo di Goldstone al campo η viene ad essere associata una particelladotata di massa mη e di spin zero, mentre al campo ξ viene ad essere associata unaparticella priva di massa (mξ = 0) e a spin zero.

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Quest’ultima, detta bosone di Goldstone, non corrisponde ad alcuna particella esistente epotremmo cosı concludere che al meccanismo di Goldstone non si puo fare riferimento pergli scopi che ci siamo proposti (v. punto 4 (pag. 25))

Ora pero riprendiamo in considerazione la (66) ed effettuiamo l’accoppiamento della par-ticella di massa µ col campo di Maxwell Φ (q = coefficiente di accoppiamento) in accordocon (v. eq. (53))

∂α → ∂α +iq

hcΦα (75)

e inoltre sommiamo ad essa la densita lagrangiana del campo di Maxwell (v. eq. 19)),cosicche

L =1

2

(

∂α−iq

hcΦα

)

φ∗(

∂α+iq

hcΦα

)

φ− 1

2µ2φ∗φ− 1

4λ(φ∗φ)2− 1

4(∂µΦν−∂νΦµ)(∂µΦν−∂νΦµ)

che, per comodita, conviene scrivere tenendo conto del legame fra F e Φ definito dalla (B12)dell’Appendice B:

L =1

2

(

∂α − iq

hcΦα

)

φ∗(

∂α +iq

hcΦα

)

φ− 1

2µ2φ∗φ− 1

4λ(φ∗φ)2 − 1

4FµνFµν (76)

Questa densita lagrangiana e invariante per le seguenti trasformazioni di gauge

φ→ eiq

hcfφ = eiγφ ; γ =

q

hcf (77)

Φα → Φα − ∂αf = Φα − hc

q∂αγ

a seguito delle quali la (76) diviene

L =1

2

(

∂α − iq

hc(Φα − hc

q∂αγ)

)

(

e−iγφ∗)

(

∂α +iq

hc(Φα − hc

q∂αγ)

)

(

eiγφ)

+

− 1

2µ2e−iξφ∗eiξφ− 1

4λ|e−iξφ∗eiξφ|2 − 1

4FµνFµν (78)

dove notiamo che la densita lagrangiana del campo di Maxwell e rimasta invariata.Dalla (78) ricaviamo

L =1

2

(

∂α − iq

hcΦα + i∂αγ

)

(

e−iγφ∗)

(

∂α +iq

hcΦα − i∂αγ

)

(

eiγφ)

+

− 1

2µ2φ∗φ− 1

4λ|φ∗φ|2 − 1

4FµνFµν (79)

Questa equazione, a parte il termine descrittivo della densita lagrangiana del campo diMaxwell, e uguale alla (66). Applichiamo ad essa la procedura che si basa sulla (71), cioela procedura che genera la rottura spontanea di simmetria:

L =1

2

(

∂α − iq

hcΦα + i∂αγ

)

(

e−iγ(η + v − iξ))

(

∂α +iq

hcΦα − i∂αγ

)

(

eiγ(η + v + iξ))

+

− 1

2µ2

(

(η + v)2 + ξ2)

− 1

4λ|(η + v)2 + ξ2)|2 − 1

4FµνFµν

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In luogo di questa si puo ottenere una espressione piu facilmente maneggiabile se, invecedella (71), si assume per φ lo sviluppo in forma polare

φ = (η + v)eiξv ; φ∗ = (η + v)e

−iξv

cosicche la trasformazione di gauge (77), nella quale γ e arbitrario, diviene

φ→ eiγφ = eiγ(η + v)eiξv = (η + v)ei(γ+ ξ

v)

e il campo ξ puo essere fatto sparire scegliendo γ = −ξ/v e quindi

φ→ η + v

Sviluppando la (79) nel modo detto si ottiene

L =1

2∂αη∂

αη − 1

22λv2η2 − λvη3 − 1

4λη4 +

1

4λv4 +

q2v2

2h2c2ΦαΦα − 1

4FµνFµν+

+q2

2h2c2(ΦαΦα)η2 +

e2v

h2c2(ΦαΦα)η (80)

In questa si notano:• il campo η e l’associato bosone di massa mη =

√2λv2, mentre il campo ξ e scomparso e

con esso l’associato bosone privo di massa (mξ = 0, v. eq. (74));• il campo di gauge Φ che, come mostra il termine q2v2ΦαΦα/2h2c2, ha acquisito unamassa, di cui originariamente era privo, pari a

mΦ =1√2

qv

hc(81)

Dunque accoppiando il campo scalare complesso φ col campo vettoriale di gauge non mas-sivo Φ si ottiene, dopo aver effettuato una opportuna trasformazione di gauge, un camposcalare reale e un campo vettoriale entrambi massivi.Il campo scalare η e detto campo di Higgs; la procedura che ci ha permesso di far sparireil campo ξ e di far acquisire massa al campo Φ e detta meccanismo di Higgs.Il meccanismo di Higgs, come si e visto, consiste di una rottura spontanea di simmetria checrea due bosoni, di cui uno e il bosone di Goldstone, e di una appropriata trasformazionedi gauge che fa scomparire il bosone di Goldstone e fa acquisire massa al campo di gauge.Rimane presente nella lagrangiana il campo di Maxwell con l’associato bosone, cioe ilfotone.

* * *

Se vogliamo verificare che il numero dei gradi di liberta della densita lagrangiana cheabbiamo considerato prima dell’applicazione dei meccanismi e uguale a quello dei campifinali, possiamo vedere che:• il meccanismo di Goldstone ha trasformato un campo scalare complesso, che ha due gradidi liberta, in un campo scalare massivo reale con un grado di liberta e un campo scalarenon massivo di Goldstone;• il meccanismo di Higgs ha trasformato un campo scalare complesso con due gradi diliberta e un campo di gauge, anch’esso con due gradi di liberta (v. punto 2 (pag. 14)), in un

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

campo reale massivo con un grado di liberta e un campo vettoriale massivo con tre gradidi liberta (v. punto 1 (pag. 10)).In sintesi:

meccanismi campi originali campi finali

Goldstone 1 scalare complesso φ(2) 1 scalare reale massivo η(1)1 campo di Goldstone ξ(1)

Higgs 1 scalare complesso φ(2) 1 campo di Higgs η(1)1 campo di gauge Φ(2) 1 campo vettoriale massivo Φ(3)

Fra parentesi sono indicati i gradi di liberta (con riferimento al numero di coordinatelagrangiane indipendenti di cui la densita lagrangiana L e funzione).

* * *

Volendo riassumere quanto si e detto finora sul meccanismo di Higgs possiamo dire che,partendo da una teoria riguardante particelle mediatrici prive di massa e introducendola particella di Higgs, la rottura spontanea di simmetria fornisce una teoria nella qualesono presenti particelle massive mediatrici della forza debole e fotoni privi di massa, comeeffettivamente succede in realta nell’ambito delle interazioni elettrodeboli.

Infine si puo mostrare che il meccanismo di Higgs puo essere esteso a conferire massa atutte le particelle, e quindi non solo ai bosoni mediatori di forze, ma anche ai fermioni,cioe agli elettroni e ai quark.Dunque la particella di Higgs diviene l’oggetto fisico senza il quale nell’universo non esi-sterebbe nulla dotato di massa.

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

Appendice A

∇(ψϕ) = (∇ψ)ϕ+ ψ(∇ϕ) (A1)

∇2(ψϕ) = ∇ · ∇(ψϕ) = ∇ ·(

(∇ψ)ϕ+ ψ(∇ϕ))

Poiche per ogni campo vettoriale a e per ogni campo scalare θ vale la relazione

∇ · (θa) = a · (∇θ) + θ(∇ · a)

segue

∇2(ψϕ) = (∇ϕ) · (∇ψ) + (∇ · ∇ψ)ϕ+ (∇ψ) · (∇ϕ) + ψ(∇ · ∇ϕ)

= (∇2ψ)ϕ + 2(∇ψ) · (∇ϕ) + ψ(∇2ϕ) (A2)

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Appendice B

Tensore metrico η

ηαβ =

1 0 0 00 −1 0 00 0 −1 00 0 0 −1

= ηαβ ; α, β = 0, 1, 2, 3 (B1)

η βα = ηαγη

γβ =

1 0 0 00 1 0 00 0 1 00 0 0 1

= ηαβ = ηαγηγβ (B2)

Tensore di Levi-Civita ε

εαβγδ =

0 se almeno due indici sono uguali

± 1√−η se gli indici sono tutti diversi

e

εαβγδ =

0 se almeno due indici sono uguali

± g√−η se gli indici sono tutti diversi

dove il segno + vale se αβγδ e una permutazione pari e il segno − se e dispari e dove η eil determinante del tensore metrico pseudoeuclideo. Si ha cosı:

ε0123 = ε0312 = ε3021 = ε2301 = ε2130 = ε1203 =

=ε3210 = ε1320 = ε1032 = ε0231 = ε2013 = ε3102 = 1

e ancheε0132 = ε3012 = ε3201 = ε2310 = ε1230 = ε1023 =

=ε3120 = ε1302 = ε0321 = ε0213 = ε2103 = ε2031 = −1

mentre le componenti covarianti hanno segno opposto.

Coordinate di un evento R dello spaziotempo

xα ≡ Rα =

ctxyz

; xα ≡ Rα =

ct−x−y−z

(B3)

∂xα

≡ ∂α =

∂/∂ct−∂/∂x−∂/∂y−∂/∂z

;∂

∂xα≡ ∂α =

∂/∂ct∂/∂x∂/∂y∂/∂z

(B4)

33

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

Quadrivelocita U (U = velocita newtoniana)

Uα =1

1 − U2

c2

cUx

Uy

Uz

; Uα =1

1 − U2

c2

c−Ux

−Uy

−Uz

(B5)

Densita di quadricorrente ı

iα =

ρixiyiz

; iα =

ρ−ix−iy−iz

(B6)

Quadripotenziale elettromagnetico Φ

Φα =

ϕAx

Ay

Az

; Φα =

ϕ−Ax

−Ay

−Az

(B7)

Campo elettromagnetico F

Fαβ =

0 Ex Ey Ez

−Ex 0 Bz −By

−Ey −Bz 0 Bx

−Ez By −Bx 0

; Fαβ =

0 −Ex −Ey −Ez

Ex 0 Bz −By

Ey −Bz 0 Bx

Ez By −Bx 0

(B8)

F βα = ηνβFαν = ηανFνβ =

0 Ex Ey Ez

Ex 0 −Bz By

Ey Bz 0 −Bx

Ez −By Bx 0

(B9)

Equazioni di Maxwell

F · = 4πı (B10)

ε.: ( F) = 0 (B11)

Campo e.m. espresso in funzione del 4-potenziale Φ

F = −( Φ − Φ ) (B12)

* * *

Riesce talvolta comodo esprimere le grandezze 4-dimensionali in funzione delle corrispon-denti grandezze 3-dimensionali usando una notazione che evidenzia le componenti spaziali

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E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs

con un unico simbolo comprendente sia le componenti controvarianti (segno superiore) chele componenti covarianti (segno inferiore):

R ≡

ct

±R

(B13)

∂∂ct

∓∇

(B14)

ı ≡

ρ

±ı

(B15)

Φ ≡

ϕ

±A

(B16)

F ≡

±EB

(B17)

k ≡

ωc

±k

(B18)

Esempi d’uso:

R2 = RαRα = (ct,R) ·

ct

−R

= c2t2 −R2 (B19)

2 =∂2

∂xα∂xα= (

∂ct,−∇) ·

∂∂ct

=

∂2

∂(ct)2−∇2 (B20)

ı · Φ = iαΦα = (ρ, ı) ·

ϕ

−A

= ρϕ− ı ·A (B21)

· ı = ∂αiα = (∂

∂ct,−∇) ·

ρ

−ı

=

∂ρ

∂ct+ ∇ · ı (B22)

k · R = kαRα = (ω

c, k) ·

ct

−R

cct− k · R = ωt− k · R (B23)

e infine un esempio di doppio prodotto scalare

F : F = FαβFαβ = (E,B) :

−EB

= (E,B) ·

−EB

+ (E,B) ·

−EB

= E · (−E) +B ·B + E · (−E) +B ·B= 2(B2 − E2) (B24)

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Appendice C

Una introduzione alla Meccanica di Lagrange dei sistemi di particelle e relative equazionisi trova nella Appendice K del post “Reinterpretare l’Elettromagnetismo maxwelliano perspiegare la Meccanica quantistica”.Con riferimento a quanto viene detto nell’Appendice K, ricaviamo le equazioni di Lagrangeper un sistema, definito nello spazio monodimensionale, composto di particelle puntiformi

inizialmente a riposo (parte alta della figura seguente) aventi masse m(i)0 ed essendo cia-

scuna particella collegata con la precedente e la successiva mediante molle aventi costanteelastica ke. Consideriamo poi il sistema di particelle dotato di moto oscillatorio e indichia-mo con qi(t) lo spostamento istantaneo della i-esima particella dalla posizione di riposo(parte bassa della figura).

L’energia cinetica del sistema, supponendo trascurabile la massa delle molle, e espressa da

T =1

2

i

m(i)0 q2i (C1)

L’energia potenziale e la somma delle energie potenziali possedute dalle particelle pereffetto della compressione o allungamento delle molle.Per calcolarla esprimiamo dapprima la forza agente sulla particella i-esima. Tale forzadipende sia dalla variazione della lunghezza della molla che precede la particella sia dallavariazione della lunghezza della molla che segue. Calcoliamo queste variazioni:- variazione di lunghezza della molla precedente: qi − qi−1

- variazione di lunghezza della molla successiva: qi+1 − qiSe qi > qi−1 la molla compresa fra q1−1 e qi ha subito un allungamento percio la particella

di massa m(i)0 e soggetta a una forza che tende ad avvicinarla alla particella di massa

m(i−1)0 ; se qi > qi+1 la molla compresa fra qi e qi+1 ha subito un accorciamento percio la

particella di massa m(i)0 e soggetta a una forza che tende ad allontanarla dalla particella di

massam(i+1)0 spingendola in verso concorde con il verso del caso precedente. Ragionamenti

simili possono essere fatti se qi < qi−1 oppure se qi < qi+1 e si puo quindi scrivere

Fi = −ke(qi − qi−1) − ke(qi − qi+1)

ovvero, piu semplicemente

Fi = ke(qi+1 − qi) − ke(qi − qi−1) (C2)

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L’energia potenziale da cui questa forza e derivabile e espressa da

V =1

2

i

ke(qi+1 − qi)2 (C3)

come si puo verificare osservando che i termini della sommatoria in cui entra la qi sonodue:

Fi = − ∂V∂qi

= −1

2

∂qi

[

ke(qi+1 − qi)2 + ke(qi − qi−1)

2]

= ke(qi+1 − qi) − ke(qi − qi−1)

La lagrangiana del sistema e per definizione

L = T − V

percio

L(q, q) =1

2

i

[

m(i)0 q2i − ke(qi+1 − qi)

2]

(C4)

Le equazioni del moto della particella i-esima si ricavano dalle equazioni di Lagrange:

d

dt

∂L∂qi

− ∂L∂qi

= 0

Ricordando che i termini di L che contengono qi sono due, si ottiene:

m(i)0 qi − ke(qi+1 − qi) + ke(qi − qi−1) = m

(i)0 qi − ke(qi+1 + qi−1 − 2qi) = 0 (C5)

che non e altro che la legge newtoniana della dinamica:

m(i)0 qi = Fi

* * *

Riprendiamo in esame la lagrangiana (C4) che qui riscriviamo:

L(qi, qi) =1

2

i

{

m(i)0 q2i (t) − ke [qi+1(t) − qi(t)]

2}

(C6)

Osserviamo che qi+1(t)−qi(t) e la variazione che q subisce in un istante t per un incrementounitario dell’indice i, percio, se teniamo presente il formalismo matematico del calcolo alledifferenze finite, possiamo scrivere:

qi+1(t) − qi(t) = 4qi =4qi4i 4i (C7)

L’espressione della L diviene quindi

L =1

2

i

[

m(i)0 q2i − ke42

i

(4qi4i

)2]

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Questa espressione, effettuando una semplice manipolazione e introducendo il modulo ela-stico Y , si puo scrivere cosı:

L =1

2

i

[

m(i)0

4i q2i − ke4i

(4qi4i

)2]

4i =1

2

i

[

m(i)0

4i q2i − Y

(4qi4i

)2]

4i (C8)

in accordo col fatto che (`i= lunghezza della molla i-esima a riposo)

|Fi| = ke|4`i| = Y|4`i|`i

da cui Y = ke`i.Se ora facciamo tendere a zero la distanza fra le masse, otteniamo un corpo elastico mono-dimensionale continuo nel quale ogni singola masserella infinitesima dm e individuata daun indice i che varia con continuita.Si puo cosı introdurre la densita lineare di massa

µ =dm

(i)0

di

e il modulo elasticoY = kedi

Il passaggio al limite comporta anche che

4qi(t)4i → ∂q(i, t)

∂i

qi =dqi(t)

dt→ ∂q(i, t)

∂t

mentre la sommatoria che compare nella (C8) diviene un integrale, cosicche

L =1

2

[

µ

(

∂q(i, t)

∂t

)2

− Y

(

∂q(i, t)

∂i

)2]

di

Conviene tuttavia evitare di usare la lettera i come simbolo di indice continuo e perciosostituiamo la i con la x:

L =1

2

[

µ

(

∂q(x, t)

∂t

)2

− Y

(

∂q(x, t)

∂x

)2]

dx (C9)

Ponendo

L

(

∂q

∂t,∂q

∂x

)

=1

2

[

µ

(

∂q

∂t

)2

− Y

(

∂q

∂x

)2]

(C10)

si ottiene la lagrangiana

L =

Ldx (C11)

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La

L = L

(

∂q

∂t,∂q

∂x

)

e detta densita lagrangiana (talvolta semplicemente lagrangiana, anche se questa denomi-nazione dovrebbe essere riservata alla (C11)).Notiamo che nella q(x, t) la variabile continua x ha la medesima funzione che l’indice i hanella qi(t); poiche il numero dei valori che i puo assumere esprime per definizione il numerodei gradi di liberta di un sistema, tale numero e ora infinito.Lo spazio delle configurazioni e quindi dotato di infinite dimensioni.Il punto rappresentativo del sistema ha, in un certo istante t, infinite coordinate q(x, t),ciascuna contraddistinta da un valore dell’indice x.Nel caso piu generale di sistemi definiti nello spazio tridimensionale la densita lagrangianaassume l’espressione

L = L

(

ψ(xk, t),∂ψ

∂xk;∂ψ

∂t;xk , t

)

; k = 1, 2, 3 (C12)

dove la terna x1, x2, x3 ha la funzione di un triplo indice continuo.Notiamo che L puo essere funzione esplicita di xk, oltre che di t; la possibile dipendenzada t e un fatto gia noto per i sistemi discreti. Il punto rappresentativo del sistema ha in unistante t infinite coordinate ψ(x1 , x2, x3, t) ciascuna contraddistinta da una terna di indicix1, x2, x3.La lagrangiana corrispondente alla (C12) e definita da

L =

τ

L

(

ψ(xk, t),∂ψ

∂xk;∂ψ

∂t;xk, t

)

dτ (C13)

Si puo ulteriormente generalizzare la (C12) considerando una densita lagrangiana funzionenon solo di uno scalare ψ ma di un tensore di ordine qualsiasi ψk1k2...

l1l2... che per semplicitaindicheremo brevemente con ψn

L = L

(

ψn(xk, t);∂ψn

∂xk;∂ψn

∂t;xk, t

)

Una volta nota la densita lagrangiana L di un certo sistema continuo caratterizzato dallecoordinate lagrangiane ψn(xk, t), le equazioni del campo ψn si ottengono dalle seguentiequazioni di Lagrange, una per ogni valore di n:

∂t

∂L

(

∂ψn

∂t

) +∂

∂xk

∂L

(

∂ψn

∂xk

) − ∂L

∂ψn

= 0 ; k = 1, 2, 3

Se infine consideriamo un sistema definito nello spazio relativistico allora la densita lagran-giana ha espressione:

L = L

(

ψα(xγ),∂ψα

∂xγ, xγ

)

; γ = 0, 1, 2, 3 (C14)

In essa la quaterna x0, x1, x2, x3 ha la funzione di quadruplice indice continuo.Le equazioni di Lagrange sono

∂xγ

∂L

(

∂ψα

∂xγ

) − ∂L

∂ψα

= 0 ; α, γ = 0, 1, 2, 3

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