futuro della teoria delle stringhe -...

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futuro della teoria delle stringhe Una conversazione con Brian Greene LI n nodo inestricabile. La teoria delle stringhe — la più moderna, e in- comprensibile, teoria unificata della fisica — dà questa impressione a tutti. All'inizio perfino i suoi specialisti non potevano fare a meno di provare irritazione per la sua terribile complessità, mentre gli altri fisi- ci si burlavano della sua incapacità di fornire previsioni sperimentali. Il resto del mondo, per parte sua, ne era beatamente ignaro. I teorici del- le stringhe facevano fatica già a spiegare «perché» l'oggetto dei loro studi fosse così appassionante, in che modo potesse appagare il sogno di Albert Ein- stein di una teoria unificata definitiva, e come potesse aprire qualche spiraglio su que- stioni profonde, come quella dell'esistenza dell'universo in quanto tale. A metà degli an- ni novanta, però, la teoria ha iniziato a quagliare concettualmente. Ha prodotto qualche previsione che poteva essere sottoposta a verifica sperimentale. E anche il mondo «esterno» ha iniziato a rivolgerle qualche attenzione. Woody Allen ha ironizzato sulla teoria delle stringhe in una colonna sul «New Yorker», lo scorso luglio: e probabilmente è la prima volta che qualcuno ha pensato di usare gli spazi di Calabi-Yau come allegoria delle avventure sentimentali sul posto di lavoro... Pochi sarebbero più titolati a spiegare al grande pubblico la teoria delle stringhe di quanto lo sia Brian Greene, professore di fi- sica alla Columbia University e tra i maggiori esperti della teoria. Il suo libro L'universo elegante, pubblicato in Italia nel 2000 da Einaudi, ha raggiunto il quarto posto nella clas- sifica dei best seller del «NewYork Times», ed è entrato in finale per il Premio Pulitzer. Un altro libro di Green, appena terminato, tratta della natura dello spazio e del tempo. Geor- ge Musser, redattore di «Scientific American», ha recentemente fatto una chiacchierata con lui. Davanti a un piatto di spaghetti, giusto per coerenza... Eccone una sintesi. 4-4. LE SCIENZE 424 /dicembre 2003

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futuro dellateoria delle

stringheUna conversazione con Brian Greene

LIn nodo inestricabile. La teoria delle stringhe — la più moderna, e in-

comprensibile, teoria unificata della fisica — dà questa impressione a

tutti. All'inizio perfino i suoi specialisti non potevano fare a meno di

provare irritazione per la sua terribile complessità, mentre gli altri fisi-

ci si burlavano della sua incapacità di fornire previsioni sperimentali. Il

resto del mondo, per parte sua, ne era beatamente ignaro. I teorici del-

le stringhe facevano fatica già a spiegare «perché» l'oggetto dei loro

studi fosse così appassionante, in che modo potesse appagare il sogno di Albert Ein-

stein di una teoria unificata definitiva, e come potesse aprire qualche spiraglio su que-

stioni profonde, come quella dell'esistenza dell'universo in quanto tale. A metà degli an-

ni novanta, però, la teoria ha iniziato a quagliare concettualmente. Ha prodotto qualche

previsione che poteva essere sottoposta a verifica sperimentale. E anche il mondo

«esterno» ha iniziato a rivolgerle qualche attenzione. Woody Allen ha ironizzato sulla

teoria delle stringhe in una colonna sul «New Yorker», lo scorso luglio: e probabilmente

è la prima volta che qualcuno ha pensato di usare gli spazi di Calabi-Yau come allegoria

delle avventure sentimentali sul posto di lavoro... Pochi sarebbero più titolati a spiegare

al grande pubblico la teoria delle stringhe di quanto lo sia Brian Greene, professore di fi-

sica alla Columbia University e tra i maggiori esperti della teoria. Il suo libro L'universo

elegante, pubblicato in Italia nel 2000 da Einaudi, ha raggiunto il quarto posto nella clas-

sifica dei best seller del «NewYork Times», ed è entrato in finale per il Premio Pulitzer. Un

altro libro di Green, appena terminato, tratta della natura dello spazio e del tempo. Geor-

ge Musser, redattore di «Scientific American», ha recentemente fatto una chiacchierata

con lui. Davanti a un piatto di spaghetti, giusto per coerenza... Eccone una sintesi.

4-4. LE SCIENZE 424 /dicembre 2003

La differenza tra fare

una grande scoperta

e non farla, spesso,

può consistere in un piccolo

elemento di percezione

Quando si parla di «teoria delle stringhe» o piùin generale di cosmologia, molti lettori, sia pureappassionati di scienza, allargano le bracciasconsolati e bisbigliano un rassegnato «non cicapirò mai nulla».

Certo, anch'io ho sempre incontrato un certogrado di ritrosia, sulle prime, quando si sfioranotemi come la teoria delle stringhe o la cosmolo-gia. Ma ho anche riscontrato che l'interesse dibase è così ampio e così profondo nella maggiorparte delle persone con cui ho parlato, da farpensare che ci sia una disponibilità a sforzarsi unpo' di più in questo campo rispetto ad altre ma-terie più abbordabili.

In diversi punti del suo libro L'universo elegante,lei preferisce dare dapprima un'idea approssi-mativa dei concetti fisici per poi scendere neidettagli.

Trovo che sia un modo di procedere utile, spe-cialmente nelle parti più ardue. Offre al lettoreun'opportunità di scelta: se l'idea di massima è il

livello che ritieni sufficiente, va bene così; senti-ti autorizzato a saltare a piè pari la roba più dif-ficile. Se no, prova ad affrontarla. Mi piace rac-contare le cose in più di un modo. Penso che nelmomento in cui si ha a che fare con idee astrattesia meglio disporre di molte strade diverse peraffrontarle. Dal punto di vista scientifico, se ci siostina su una strada è facile compromettere lapropria capacità di compiere scoperte rivoluziona-rie. Penso che le grandi svolte, nella scienza, si ve-rifichino così: tutti stanno affrontando un proble-ma da un punto di vista, e tu ci arrivi dalla parteopposta. Quel modo differente di arrivare a un ri-sultato rivela, in qualche misura, aspetti che l'altroapproccio non permetteva di evidenziare.

Può fare alcuni esempi di questo approccio al-ternativo ai problemi?

Beh, probabilmente i migliori esempi sono lescoperte di Ed Witten, dell'Institute for AdvancedStudy di Princeton. Witten non ha fatto altro chescalare la montagna, guardare in giù, e vedere

connessioni che nessun altro scorgeva. È così cheè riuscito a riunire le cinque teorie delle stringheche si riteneva fossero completamente distinte.Era già tutto lì: Witten ha solo assunto una pro-spettiva differente e - bang! - tutto è andato aposto. Questo è genio.

Secondo me, questo dà l'idea di che cosa siauna scoperta fondamentale. La differenza tra ilfare una grande scoperta e il non farla, spesso,può consistere in un piccolo elemento di perce-zione - sia percezione vera e propria, sia mate-matica - che basta a mettere insieme le cose inmodo del tutto differente.

Pensa che per fare questo genere di scopertesia indispensabile un lampo di genio?

Difficile a dirsi... Nel caso della teoria delle strin-ghe, penso di no, perché in effetti le tessere delmosaico stavano diventando sempre più eviden-ti. Magari cinque o dieci anni più tardi, ma so-spetto che sarebbe accaduto comunque. Per larelatività generale, invece, non lo so. La relati-vità generale è un tale balzo, un ripensamento

così monumentale dello spazio, del tempo e del-la gravità, che non riesco a immaginare come equando un risultato del genere avrebbe potutoessere ottenuto senza Einstein.

Nella teoria delle stringhe ci sono esempi chelei ritiene analoghi a quell'enorme balzo?

Un balzo di quella portata è ancora di là da veni-re. La teoria delle stringhe è stata costruita a par-tire da un sacco di idee più piccole a cui hannocontribuito persone diverse e che hanno lenta-mente iniziato ad aggregarsi in un edificio teori-co sempre più impressionante. Ma quale sia l'i-dea che sta in cima a questo edificio, ancora nonlo sappiamo davvero. Quando lo sapremo, credoche sarà come la luce improvvisa di un faro: il-luminerà tutto l'edificio e darà anche risposta al-le questioni cruciali ancora irrisolte.

Nel caso della relatività, a svolgere il ruolo delfaro erano il principio di equivalenza e la co-varianza generale. Nel modello standard, è

l'invarianza di gauge. Tornando a L'universoelegante, nel libro lei suggeriva che per la teoriadelle stringhe il faro potesse essere il principioolografico. [Si veda anche l'articolo L'informa-zione in un universo olografico, di Jacob D.Bekenstein, in «Le Scienze» n. 421, settembre2003.] Oggi che cosa ne pensa?

11 principio olografico ha acquistato maggioreimportanza e credibilità solo negli ultimi anni. Ametà degli anni novanta, poco dopo la primaformulazione delle ipotesi olografiche, le idee asupporto erano piuttosto vaghe e astratte, tuttebasate su alcune caratteristiche dei buchi neri.L'entropia di un buco nero risiede sulla sua su-perficie; pertanto, forse i gradi di libertà risiedo-no sulla superficie; pertanto, forse questo è veroper tutte le regioni che hanno un orizzonte; forseè vero per gli orizzonti cosmologici; forse stiamovivendo in una regione cosmologica i cui verigradi di libertà si trovano molto lontano. Tutteidee meravigliosamente strane, ma le prove a so-stegno non erano granché.

La situazione è cambiata grazie al lavoro diJuan Maldacena [dell'Institute for Advanced Stu-dy di Princeton]. Juan ha trovato un esempio e-splicito, nella teoria delle stringhe, in cui la realtàfisica nel suo complesso - vale a dire nell'arena diciò che consideriamo reale - sarebbe esattamenterispecchiata dalla fisica che si osserva sulla suasuperficie. Dal punto di vista della capacità di de-scrivere fedelmente gli eventi, non vi sarebbe al-cuna differenza, tuttavia nei dettagli le due descri-zioni sarebbero enormemente diverse. Una sareb-be in cinque dimensioni, l'altra in quattro. Cosìnon sembra affidabile nemmeno il numero delledimensioni, perché possono esistere descrizionialternative che rispecchiano accuratamente la fisi-ca che si sta osservando.

Questo, secondo me, rende finalmente concre-te le idee astratte. Ti fa credere alle idee astratte. Esebbene i dettagli della teoria delle stringhe cam-biano, io penso - come molti altri, anche se nontutti - che il principio olografico persisterà e ciguiderà. Non saprei dire se esso sia l'idea per ec-cellenza. Penso di no. Ma ritengo che potrebbeessere uno dei principali trampolini di lancio perla scoperta delle idee essenziali della teoria. Essosi muove al di fuori dei dettagli della teoria e dicesolo: ecco una caratteristica molto generale di unmondo che ha meccanica quantistica e gravità.

Forse è arrivato il momento di parlare un po'della gravità quantistica «nella formulazione aloop» e di qualcuno degli altri approcci. Lei hasempre descritto la teoria delle stringhe come«l'unico gioco in città», il solo strumento efficaceper affrontare la gravità quantistica. È ancora diquesta opinione?

Beh, secondo me è quello più divertente! Ma, peressere sinceri, la comunità dei fisici che si dedi-cano alla gravità quantistica nella formulazionea loop ha fatto enormi progressi. Ci sono ancoramolte questioni fondamentali che secondo menon hanno ancora avuto risposta, o risposte che

non mi soddisfano. Ma si tratta di un approcciopraticabile, ed è un'ottima cosa che ci lavorinosopra così tante persone di grande talento. Lamia speranza - come sostiene anche Lee Smolin,del Perimeter Institute di Waterloo, in Canada -è che in definitiva si stia sviluppando la stessateoria a partire da differenti angolazioni. È moltoprobabile che, andando verso la gravità quanti-stica ciascuno per la sua strada, si finisca per in-contrarci tutti da qualche parte. Perché è semprepiù chiaro che molti dei loro punti di forza sonoi nostri punti deboli. E viceversa.

Un punto debole della teoria delle stringhe stanel fatto che essa, come si usa dire, dipende dalbackground. Dobbiamo supporre l'esistenza diuno spazio-tempo nel quale le stringhe si muo-vono. Si vorrebbe, però, che una vera teoria quan-tistica della gravità veda lo spazio-tempo emer-gere dalle proprie equazioni fondamentali. Loro,invece [i ricercatori della gravità quantistica nel-la formulazione a loop], hanno nel loro approc-cio una formulazione indipendente dal back-ground, in cui lo spazio-tempo emerge dalla teo-ria stessa.

D'altra parte, a grandi scale noi siamo in gra-do di avere un contatto molto diretto con la rela-tività generale di Einstein. Lo vediamo nelle no-stre equazioni. Loro invece hanno qualche diffi-coltà ad avere un contatto con la gravità ordina-ria. Così, viene naturale pensare di mettere insie-me i punti di forza di ognuno dei due approcci.

Ed è stato fatto un tentativo del genere?

Lentamente. Sono davvero poche le persone ver-sate in entrambe le teorie. Si tratta di due temi divastissima portata, su cui puoi spendere tutta lavita, per ogni singolo momento della tua giorna-ta lavorativa, senza nemmeno riuscire a tenertial corrente di tutto ciò che accade. Ma molti teo-rici stanno cominciando a incamminarsi su que-sta strada, e sono stati organizzati alcuni mee-ting congiunti.

Se nella teoria delle stringhe c'è questa dipen-denza dal background, che speranza c'è di com-prendere veramente, in profondità, che cosa sia-no lo spazio e il tempo?

Si può scompone il problema. Per esempio, an-che con la dipendenza dal background abbiamoimparato cose come la simmetria speculare: valea dire, ci può essere una sola fisica per due diver-se forme di spazio-tempo. Abbiamo imparato ilcambiamento topologico, e cioè che lo spazio puòevolvere in modi che prima non avremmo pen-sato possibili. Abbiamo imparato che il mondomicroscopico potrebbe essere governato da unageometria non commutativa, in cui le coordina-te, a differenza dei numeri reali, dipendono dal-l'ordine in cui le moltiplichi. In questo modo sipuò trovare qualche suggerimento. Si può butta-re qualche occhiata fugace su ciò che sta vera-mente accadendo. Ma, secondo me, senza un for-malismo indipendente dal background, sarà dif-ficile mettere insieme tutti i pezzi.

GLOSSARIO

Principio olografico

Secondo questa idea,

il nostro universo,

apparentemente

tridimensionale,

potrebbe essere

descritto in modo

equivalente con leggi

fisiche e campi

quantistici «dipinti» su

una superficie lontana.

Gravità quantistica,formulazione a loop

È una quantizzazione

della teoria generale

della relatività che ha

dato buone predizioni

quantitative. Il suo punto

debole è l'approccio

al trattamento

della dinamica.

Teoria-M [M-theory)

È l'idea secondo la quale

le cinque teorie delle

stringhe sono «isole»

diverse di uno stesso

«pianeta». La «M» sta

per «madre» di tutte le

teorie, ma anche per

«mistero», considerato

che è ancora largamente

inesplorata. In questo

modello, l'universo ha 11

dimensioni, e gli elementi

fondamentali sono

delle «membrane»,

che prendono

il posto delle stringhe.

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LE SCIENZE 424 /dicembre 2003

www.lescienze.it 4?

La teoria sembra essere

do di generare

olti mondi diversi.

Uno di questi è il nostro

E

• a

La simmetria speculare è un concetto incredi-bilmente profondo, segna il divorzio tra la geo-metria dello spazio-tempo e la fisica. La con-nessione tra le due è sempre stata il program-ma di Einstein.

È vero. Ora, non è che le faccia divorziare com-pletamente. Semplicemente dice che ti stai per-dendo la metà della storia. La geometria è stret-tamente legata alla fisica, ma è una mappa due-a-uno. Non è fisica e geometria. È fisica e geo-metria-geometria, e la scelta della geometria di-pende da te. Qualche volta con una geometria siottengono più informazioni che con l'altra. Dinuovo, modi diversi di guardare allo stesso siste-ma fisico: due differenti geometrie e un'unica fi-

ti da matrici. A grandi scale, queste matrici di-ventano sempre più «diagonali», ovvero gli ele-menti che cadono fuori dalla diagonale sono pa-ri a zero. E le matrici diagonali hanno la pro-prietà di commutare, quando le si moltiplica. Nonimporta in che modo tu moltiplichi A per B seesse sono matrici diagonali.Quando però ci si avventura nel mondo micro-scopico gli elementi fuori diagonale delle matricidiventano tanto più importanti quanto più ci sispinge in profondità, e cominciano ad avere unruolo significativo.

La geometria non commutativa è un campodel tutto nuovo della geometria, che alcuni ma-tematici hanno sviluppato per anni senza neces-sariamente pensare a un'applicazione in fisica. 11

Che cosa pensa delle idee di tipo antropico, delconcetto di multiverso? Ne parlava in L'univer-so elegante nel contesto della discussione sui li-miti del potere esplicativo della teoria dellestringhe.

Io, come pure molti altri, non mi sono mai tro-vato a mio agio con nessuna di queste idee an-tropiche, soprattutto perché mi sembra che in unqualunque punto della storia delle scienza si pos-sa dire: «Bene, ci siamo. Non possiamo più pro-cedere oltre, e la risposta finale a ogni questioneirrisolta è "Le cose vanno come vanno perché, senon fossero andate così, non saremmo qui a por-ci la domanda"». Suona un po' come una scap-patoia. Forse è la parola sbagliata, non necessa-

una nostra mancanza di comprensione. Ma sedovessi ragionare in base a ciò che sappiamo og-gi, la teoria sembra essere in grado di generaremolti mondi diversi, uno dei quali è il nostro, manon necessariamente uno davvero speciale.

Ebbene, sì. Ciò contrasta con l'obiettivo di unarigida e assoluta inflessibilità.

Se avesse dei laureandi in attesa di decidere ilda farsi, verso che cosa li indirizzerebbe?

I grandi interrogativi sono, almeno credo, quelliche abbiamo discusso. Possiamo comprendere dadove saltino fuori lo spazio e il tempo? Possiamoriuscire a capire le idee fondamentali della teoriadelle stringhe o della teoria-M? Possiamo dimo-

SE FOSSIMO UNA STRINGA,

lo spazio tempo

ci apparirebbe in questo

modo: sei dimensioni

supplementari arricciate

in una cosiddetta forma

di Calabi-Yau.

La relatività

è un monumentale

ripensamento dello spazio

e del tempo. Un balzo

analogo è di là da venire

sica. E si è scoperto, a proposito di certi sistemifisici e geometrici, che ci sono interrogativi ma-tematici a cui non si può dare risposta usandoun'unica geometria. Ma, se si mette in campo lageometria speculare, all'improvviso questioniestremamente difficili, una volta tradotte, diven-tano incredibilmente semplici.

Può descrivere la geometria non commutativa?

Fin dai tempi di Cartesio, sappiamo che è moltoefficace etichettare i punti con le loro coordina-te: vuoi sulla superficie terrestre, con latitudine elongitudine, o nello spazio tridimensionale, tra-mite le coordinate cartesiane x, y e z che si impa-rano alle superiori. E abbiamo sempre immagi-nato che questi numeri siano come i numeri or-dinari, che godono della proprietà commutativa.Quando li moltiplichi, un'operazione piuttostofrequente in fisica, il risultato non dipende dal-l'ordine dell'operazione: 3 per 5 è uguale a 5 per3. Ebbene, sembra emergere che, quando si im-pongono coordinate allo spazio su scale moltopiccole, i numeri coinvolti non sono più come isoliti 3 e 5, che non dipendono dall'ordine in cuivengono moltiplicati. C'è una nuova classe dinumeri, che dipendono invece dall'ordine di mol-tiplicazione. A per B non è uguale a B per A, seA e B sono matrici. La teoria delle stringhe sem-bra indicare che i punti descritti da semplici nu-meri sono sostituiti da oggetti geometrici descrit-

francese Alain Connes ha scritto un imponentevolume di geometria non commutativa. Euclide,Gauss, Riemann e tutti i meravigliosi geometridel passato lavoravano nel contesto della geo-metria commutativa. Ora Connes e altri stannosviluppando la più nuova struttura della geome-tria non commutativa.

Per me è sconcertante, e forse dovrebbe esserloin generale, che si debbano etichettare punticon una matrice o qualche numero non puro.Che cosa significa?

11 modo giusto per capirlo è questo: non esistepiù la nozione di punto. 11 punto geometrico, co-me l'abbiamo imparato alle elementari, è un'ap-prossimazione. Se ci fosse un punto, lo si dovreb-be etichettare con un numero. Ma il nocciolo del-la questione è che, a scala sufficientemente pic-cola, il linguaggio dei punti diviene un'approssi-mazione così scadente da non essere significati-va. Quando parliamo di punti, in geometria, par-liamo di come le cose si possano muovere da unpunto all'altro. In definitiva, è il moto dei corpiche ci interessa. 11 moto, si deduce dalla geome-tria non commutativa, può essere assai più com-plicato di qualcosa che semplicemente va avantie indietro. Così, anziché connotare un corpo conle coordinate del punto in cui si trova in un datoistante, occorre etichettarne il movimento con unamatrice di gradi di libertà.

riamente è una scappatoia. Solo, mi sembra unpo' pericoloso, perché forse sarebbero bastati al-tri cinque anni di duro lavoro e avresti potuto ri-spondere a quelle domande irrisolte, anziché sba-razzartene con le parole «È così che va». La miapreoccupazione, insomma, è questa: che si possasmettere di cercare, in nome di questa posizionedi ripiego.

Ora però le idee antropiche sono senz'altro piùarticolate. Adesso sono proposte reali, secondo lequali ci sarebbero molti universi, e quei molti uni-versi potrebbero tutti avere differenti proprietà, epotrebbe benissimo essere che noi ci troviamo inquesto particolare universo perché le sue pro-prietà sono tali da rendere possibile la nostra vi-ta qui, mentre non siamo negli altri perché là nonpotremmo sopravvivere. [Si veda anche l'artico-lo Universi Paralleli di Max Tegmark in «Le Scien-ze» n. 418, giugno 2003.1

La teoria delle stringhe, e in generale la fisicamoderna, sembrano avvicinarsi a una singolastruttura logica che «doveva» essere quel che è:la teoria è così perché non potrebbe essere al-trimenti. Da una parte, ciò deporrebbe controuna direzione antropica. Ma, d'altra parte, nel-la teoria vi è una flessibilità tale da condurre inuna direzione antropica.

La flessibilità potrebbe davvero esserci, ma anchenon esserci. Potrebbe trattarsi di un artefatto, o di

strare che questa idea fondamentale produce un'u-nica teoria con un'unica soluzione, rappresentatadal mondo come noi lo conosciamo? E possibilesottoporre a verifica sperimentale queste idee at-traverso l'osservazione astronomica o con esperi-menti nei grandi acceleratori di particelle?

Possiamo anche fare un passo indietro e capi-re perché la meccanica quantistica dovesse esse-re parte integrante del mondo come lo conoscia-mo? Quante delle cose su cui facciamo affida-mento, a un livello molto profondo, in qualun-que teoria fisica plausibile - come spazio, tempo,meccanica quantistica - sono veramente essen-ziali? E quante di esse possono essere abbandona-te, ottenendo tuttavia ancora un mondo «simile»al nostro?

Sarebbe stato possibile che la fisica percorresseun'altra strada, ottenendo gli stessi successi spe-rimentali di quella che ha preso, ma completa-mente diversa? Non lo so. Ma penso che sia uninterrogativo interessante a cui rispondere. Quantodi ciò che crediamo è veramente e univocamenteguidato dalla consistenza di dati e di matemati-ca, e quanto di tutto ciò potrebbe essere andatoin un modo o nell'altro, ed è semplicemente ac-caduto che abbiamo preso una direzione perchéè quella che ci è capitato di scoprire? È possibileche gli abitanti di un altro pianeta abbiano uncomplesso di leggi fisiche completamente diver-se dalle nostre, e che tuttavia funzionano benecome le nostre?

SUL WEB...La trascrizione completa

di questa conversazione,

in cui si divaga su tutto,

dalla televisione alla

freccia del tempo,

è disponibile all'indirizzo

www.sci a m.co m

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