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Emoflash Emoflash Spedizione in abbonamento postale comma 20/c legge 622/96 - filiale di Milano N O T I Z I A R I O • ANNO XII - N. 9 - SETTEMBRE 2009 800*59 11 47 I I I t t t a a a l l l i i i a a a Terapia con anticorpi monoclonali Introduzione G li anticorpi monoclonali rappresentano una classe di farmaci relativamente nuova il cui sviluppo segna uno dei maggiori progressi degli ultimi anni nel trattamento del linfoma non Hodgkin. L’anticorpo monoclonale più utilizzato per trattare efficacemente alcuni tra i più comuni tipi di linfoma non Hodgkin è rituxi- mab. Generalmente associato alla chemiotera- pia, in alcuni casi viene somministrato anche da solo senza altri farmaci (monoterapia). Quando somministrato insieme ad altri tratta- menti (politerapia), generalmente insieme alla chemioterapia, rituximab ne aumenta l’efficacia in molti casi. Nel linfoma non Hodgkin indolente può prolungare il periodo di remissione ottenuto con il trattamento, mentre per quanto riguarda la forma aggressiva del tumore, l’associazione rituximab - chemioterapia standard (CHOP) ha dimostrato di incrementare le probabilità di gua- rigione e di migliorare la sopravvivenza dei pa- zienti rispetto alla sola chemioterapia. Va ricordato che gli effetti collaterali legati all’infusione di rituximab si manifestano general- mente solo durante la sommi- nistrazione del farmaco e di- minuiscono con le sessioni successive, mentre la sua as- sociazione alla chemiotera- pia non causa un aumento significativo degli effetti col- laterali derivanti dalla che- mioterapia stessa. Gli effetti collaterali che si protraggo- no per un tempo superiore ad alcuni minuti o ore sono rari e in genere privi di rile- vanza clinica. Mecanismo d’azione A differenza della chemioterapia e della ra- dioterapia, che agiscono in modo meno specifi- co, la terapia con anticorpi monoclonali è diret- ta a distruggere in modo mirato le cellule cance- rose, senza danneggiare gli altri tipi di cellule. Tutte le cellule hanno, sulla propria superfi- cie, proteine “di riconoscimento” o “marker” dette antigene, specifiche per ciascun tipo di cellula. Gli anticorpi monoclonali vengono pre- parati in laboratorio appositamente per ricono- scere specifici marker presenti sulla superficie di determinate cellule neoplastiche. Una volta rag- giunte le cellule cancerose “bersaglio”, gli anti- corpi monoclonali si legano saldamente a que- ste proteine di superficie, inducendo la cellula a distruggere se stessa oppure stimolando il siste- ma immunitario dell’organismo ad attaccare e distruggere le cellule tumorali. Per esempio, rituximab, anticorpo monoclo- nale utilizzato nel trattamento del linfoma non Hodgkin, è progettato per riconoscere la protei- na CD20 che si trova sulla superficie dei linfociti B anomali, presenti in alcuni dei più comuni tipi di linfoma non Hodgkin. Quando rituximab si lega alla proteina CD20 presente sulla superficie di una cellula B, produce i seguenti effetti: distruzione diretta della cel- lula B cui si è legato e attiva- zione delle difese naturali dell’organismo. Rituximab, infatti, attacca le cellule linfo- matose per favorirne la di- struzione anche da parte del sistema immunitario dell’or- ganismo, una volta che que- sto è stato attivato. NewsNewsNewsNewsNewsNews La terapia con anticorpi monoclo- nali rappresenta un progresso signi- ficativo nel trattamento del linfoma non Hodgkin Tale terapia agisce specificamente sulle proteine presenti sulla superfi- cie delle cellule del linfoma Può favorire l’efficacia di altri trat- tamenti senza aumentare in modo si- gnificativo gli effetti collaterali. Può essere somministrata anche da sola, senza altri farmaci. 09-Emo sett 3-08-2009 18:40 Pagina 1 N L U S O ORGANO UFFICIALE DELL’ASSOCIAZIONE “PROGETTO EMO-CASA”

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EmoflashEmoflashSpedizione in abbonamento postale comma 20/c legge 622/96 - filiale di Milano

N O T I Z I A R I O • ANNO XII - N. 9 - SETTEMBRE 2009

800*59 11 47

IIII ttttaaaallll iiiiaaaaTerapia con anticorpi monoclonali

Introduzione

Gli anticorpi monoclonali rappresentanouna classe di farmaci relativamentenuova il cui sviluppo segna uno deimaggiori progressi degli ultimi anninel trat tamento del l infoma nonHodgkin. L’anticorpo monoclonale più

utilizzato per trattare efficacemente alcuni tra ipiù comuni tipi di linfoma non Hodgkin è rituxi-mab. Generalmente associato alla chemiotera-pia, in alcuni casi viene somministrato anche dasolo senza altri farmaci (monoterapia).

Quando somministrato insieme ad altri tratta-menti (politerapia), generalmente insieme allachemioterapia, rituximab ne aumenta l’efficaciain molti casi. Nel linfoma non Hodgkin indolentepuò prolungare il periodo di remissione ottenutocon il trattamento, mentre per quanto riguardala forma aggressiva del tumore, l’associazionerituximab - chemioterapia standard (CHOP) hadimostrato di incrementare le probabilità di gua-rigione e di migliorare la sopravvivenza dei pa-zienti rispetto alla sola chemioterapia.

Va ricordato che gli effetti collaterali legatiall’infusione di rituximab si manifestano general-mente solo durante la sommi-nistrazione del farmaco e di-minuiscono con le sessionisuccessive, mentre la sua as-sociazione alla chemiotera-pia non causa un aumentosignificativo degli effetti col-laterali derivanti dalla che-mioterapia stessa. Gli effetticollaterali che si protraggo-no per un tempo superioread alcuni minuti o ore sonorari e in genere privi di rile-vanza clinica.

Mecanismo d’azione

A differenza della chemioterapia e della ra-dioterapia, che agiscono in modo meno specifi-co, la terapia con anticorpi monoclonali è diret-ta a distruggere in modo mirato le cellule cance-rose, senza danneggiare gli altri tipi di cellule.

Tutte le cellule hanno, sulla propria superfi-cie, proteine “di riconoscimento” o “marker”dette antigene, specifiche per ciascun tipo dicellula. Gli anticorpi monoclonali vengono pre-parati in laboratorio appositamente per ricono-scere specifici marker presenti sulla superficie dideterminate cellule neoplastiche. Una volta rag-giunte le cellule cancerose “bersaglio”, gli anti-corpi monoclonali si legano saldamente a que-ste proteine di superficie, inducendo la cellula adistruggere se stessa oppure stimolando il siste-ma immunitario dell’organismo ad attaccare edistruggere le cellule tumorali.

Per esempio, rituximab, anticorpo monoclo-nale utilizzato nel trattamento del linfoma nonHodgkin, è progettato per riconoscere la protei-na CD20 che si trova sulla superficie dei linfocitiB anomali, presenti in alcuni dei più comuni tipidi linfoma non Hodgkin.

Quando rituximab si legaalla proteina CD20 presentesulla superficie di una cellulaB, produce i seguenti effetti:distruzione diretta della cel-lula B cui si è legato e attiva-zione delle difese naturalidell’organismo. Rituximab,infatti, attacca le cellule linfo-matose per favorirne la di-struzione anche da parte delsistema immunitario dell’or-ganismo, una volta che que-sto è stato attivato.

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La terapia con anticorpi monoclo-nali rappresenta un progresso signi-ficativo nel trattamento del linfomanon HodgkinTale terapia agisce specificamentesulle proteine presenti sulla superfi-cie delle cellule del linfomaPuò favorire l’efficacia di altri trat-tamenti senza aumentare in modo si-gnificativo gli effetti collaterali. Puòessere somministrata anche da sola,senza altri farmaci.

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ORGANO UFFICIALE DELL’ASSOCIAZIONE “PROGETTO EMO-CASA”

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IIII ttttaaaallll iiiiaaaaCD20 è altresì presente sulla superficie dei

linfociti B normali (un tipo di globuli bianchi checircola nell’organismo). Ciò significa che, quan-do viene utilizzato rituximab, anche questi linfo-citi B possono essere distrutti. Le cellule stamina-li del midollo osseo, che danno origine alle cel-lule B, non presentano però la proteina.

Queste cellule “giovani” e indifferenziatenon vengono pertanto distrutte dal farmaco epossono continuare a reintegrare cellule B sanenell’organismo. Il numero di cellule B maturenormali, temporaneamente ridotto dal trattamen-to, ritorna ai livelli precedenti a trattamento con-cluso.

Dosaggio e modalità di somministrazione

Dosaggio e via di somministrazione varianoa seconda dell’anticorpo utilizzato. Rituximab,per esempio, è somministrato endovena median-te un ago che viene inserito generalmente inuna vena del braccio. La somministrazione perònon è diretta ma avviene per ‘infusione a goc-cia’: ciò significa che il farmaco viene iniettatoin una soluzione fisiologica che per instillazionegoccia a goccia passa in vena sfruttando lasola forza di gravità. Nell’utilizzo combinatocon la chemioterapia, gli anticorpi monoclonalivengono comunemente somministrati all’iniziodi ogni ciclo di trattamento, subito prima dellachemioterapia.

Per prevenire alcuni effetti collaterali deglianticorpi monoclonali, prima dell’infusione il pa-ziente viene trattato con altri farmaci: ad esem-pio il paracetamolo per abbassare la febbre egli antistaminici per ridurre le possibilità di rea-zioni allergiche. Generalmente,però, gli effetti collaterali prodottidagli anticorpi monoclonali sonolievi, di breve durata e facilmentecontrollabili.

Se si manifestano durante lasomministrazione del farmaco, èpossibile rallentare o addirittura in-terrompere l’infusione fino allaloro scomparsa.

In genere i pazienti trascorronoin ospedale la notte successivaalla prima sessione di trattamentoo almeno tutta una giornata in cuiquesto viene somministrato, mentre

è probabile che le sessioni successive siano piùrapide e causino meno effetti collaterali. Lamaggioranza dei soggetti si sottopone ai ciclisuccessivi ambulatoriamente o in day hospital etorna a casa in giornata.

Effetti collaterali

Come tutti i farmaci, anche gli anticorpi mo-noclonali possono indurre effetti collaterali. Nelcaso di rituximab, ad esempio, questi sono perlo più lievi e di breve durata (sono eventualmen-te presenti nel corso della sessione di trattamen-to perdurando tutt’al più per qualche ora dopoil termine). Il più delle volte gli effetti collateralisi manifestano nel corso delle prime sessioni ditrattamento per attenuarsi poi nelle sessioni suc-cessive. Ciò è dovuto al fatto che le cellule linfo-matose, che devono essere colpite dagli anticor-pi monoclonali e distrutte dal sistema immunita-rio, sono più numerose durante il primo tratta-mento.

Gli effetti collaterali più diffusi sono febbre,brividi ed altri sintomi simil-influenzali, come do-lori muscolari, mal di testa e stanchezza. Di soli-to questi sintomi non sono persistenti e scom-paiono rapidamente a conclusione della sessio-ne di trattamento. Talvolta i pazienti hanno dellevampate improvvise ed una sensazione di calo-re al volto, generalmente di breve durata.

Alcuni soggetti accusano nausea o vomito.Di solito gli antiemetici – farmaci per prevenireo mitigare questi sintomi - sono molto efficaci.

Qualche volta i pazienti avvertono dolorealle parti del corpo colpite dal linfoma. I doloriin genere sono leggeri e possono essere allevia-

ti con la somministrazione di co-muni analgesici.Rituximab può causare reazioni al-lergiche che si presentano sottoforma di:• prurito o improvvisa eruzionecutanea (rash cutaneo)• tosse, sibilo o affanno• gonfiore alla lingua o sensazio-ne di gonfiore alla gola• edema o rigonfiamento causatoda eccesso di liquidi nei tessuticorporei.

Reazioni allergiche severe a ri-tuximab sono rare e i pazienti ven-

Anticorpi monoclonali in laboratorio

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gono monitorati per tutta la durata delle sessionidi trattamento. Qualora i pazienti notassero unodei sintomi descritti, devono immediatamenteinformarne il personale sanitario. Spesso è suffi-ciente rallentare o interrompere brevemente l’in-

fusione fino a quando la reazione allergica nonè cessata. Per evitare o ridurre i problemi de-scritti, prima dell’inizio del trattamento i pazientiricevono solitamente degli antistaminici.

Tratto da italian.lymphoma-.net.org

VIBO VALENTIA - Prelievi di sangue dal cordoneombelicale sono stati effettuati dall’unità operati-va di Ginecologia e ostetricia dell’Ospedale diVibo su una partoriente. Le cellule staminali con-sentiranno al figlio primogenito della donna, ri-coverato in un centro specializzato, di poter su-perare una grave patologia ematologica di cuiè affetto.

“L’Azienda sanitaria provinciale di Vibo - èdetto in un comunicato - sta intensificando que-sta pratica di interventi che continua ad offrire,come oggi, risultati di grande speranza econforto per chi è alle prese con patologie diuna certa gravità”.

“La piena disponibilità del dr. RubensCuria - ha spiegato il primario di Ginecologiae Ostetricia, Oscar Cervadoro - ci sta aiutan-do a programmare un’attività sempre più impor-tante e capace di infondere sempre nuova fidu-cia nella popolazione, alla quale continuiamo adare risposte capaci di superare disagi e diffi-coltà. Anche quello di oggi si è rivelato un inter-vento che ha consentito la perfetta riuscita di unparto che nello stesso tempo rende felice dop-piamente una mamma: dare la luce ad un se-condo figlio e aiutare il primogenito a salvarsidagli effetti di una grave patologia ematologia”.

Tratto da staminali.aduc.it

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Staminali cordonali del secondo figlio per curare primogenito

Uno studio condotto dal Gruppo italiano ma-lattie ematologiche dell’adulto (Gimema),in collaborazione con Novartis, ha verifi-

cato che anche nei pazienti con leucemia linfo-blastica acuta Ph positiva può essere utile il trat-tamento già dimostratosi efficace nella leucemiamieloide cronica. Marco Vignetti, coordinato-re del centro dati Gimema, in occasione dellapresentazione della Giornata nazionale controle leucemie, linfomi e mieloma, ha spiegato chenel caso di pazienti anziani trattati senza che-mioterapia, solo con imatinib (Glivec) è stata ot-tenuta la remissione completa, anche se per unperiodo transitorio. Ciò ha permesso di prolun-gare la sopravvivenza di questi malati e di se-guire una terapia senza necessità di ricoveroospedaliero. Nei pazienti più giovani, invece, siè visto che l’associazione con la chemioterapiaconsente di migliorare la qualità della remissio-ne. Si conferma quindi l’efficacia delle terapiemirate che hanno rivoluzionato il trattamentodelle leucemie colpendo in modo selettivo il di-fetto molecolare. E i risultati a sette anni dellostudio Iris ribadiscono le altissime percentuali dirisposta alla terapia con imatinib nella leucemia

mieloide cronica. Giuliana Alimena, profes-sore ordinario di Ematologia e coordinatoredella Sezione di Ematologia del DipartimentoBiotecnologie cel lulari del l ’universi tà LaSapienza di Roma, ha evidenziato che a distan-za di oltre sette anni si riscontra che l’86% deipazienti è sopravvissuto mentre si arriva a unasopravvivenza del 94% se si considerano le solemorti correlate alla malattia. Questo significache solo il 6-7% ha avuto una trasformazionedella malattia dalla fase cronica alla fase acutaal contrario di quanto avveniva nel passatoquando tale trasformazione era pressoché auto-matica. Per quel 10-15% di pazienti resistenti ointolleranti all’imatinib è disponibile nilotinib,farmaco di nuova generazione ora indicatoanche come terapia di prima linea. A ottobre siconosceranno infine i risultati del primo studio almondo sulla qualità di vita dei pazienti con leu-cemia mieloide cronica trattati con imatinib, av-viato alcuni mesi fa e a cui parteciperanno 27centri italiani con l’obiettivo di valutare l’effettosulla qualità di vita di un medicinale che vieneassunto quotidianamente e per tutto il corsodella vita. Tratto da sanitanews.it

Imatinib è efficace anche contro la leucemia linfoblastica acutaSe ne è parlato in occasione della Giornata nazionale contro le leucemie

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