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Émile Durkheim II Le regole del metodo sociologico e le loro applicazione ne Il suicidio

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Émile Durkheim II

Le regole del metodo sociologico e le loro applicazione ne Il suicidio

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Contenuti della lezione

La definizione di fatto sociale Oggettività e avalutatività della sociologia Il concetto di “tipo sociale” Spiegazione funzionale e spiegazione causale Fini dell’individuo e funzioni della società Le regole per distinguere tra normalità e

patologia

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Il concetto di fatto sociale

Sappiamo già molto sul concetto di fatto sociale. Occorre sottolineare però che l’aggettivo sociale non rimanda soltanto alla presenza del fatto all’interno della maggior parte delle coscienze individuali.

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Il concetto di fatto sociale

Se siamo ad un concerto e all’improvviso scoppia un temporale, di sicuro tutti coloro che possiedono un ombrello, e sono stati tanto previdenti da portarselo dietro, lo apriranno. Ma la pioggia non è un fatto sociale, sebbene scateni negli individui un comportamento identico.

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Il concetto di fatto sociale

Se invece ci presentassimo vestiti in jeans e felpa ad una serata del genere, ammesso che ci lascino entrare, ci sentiremmo probabilmente molto a disagio.

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Ruolo e disagio

C’è chi, al ballo delle debuttanti, ci va in jeans e non si sente a disagio. Chi è?

Il fotografo, o l’addetto alle riprese. Perché? Ha un altro ruolo, non è un membro a tutti gli ef

fetti del sistema situato “ballo delle debuttanti”

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Il concetto di fatto sociale

Perciò i fatti sociali non sono sociali soltanto perché estesi in tutte le coscienze individuali. “Un pensiero che si trova in tutte le coscienze particolari, un movimento che tutti gli individui ripetono (aprire l’ombrello quando piove) non è per questo un fatto sociale […]. I loro elementi costitutivi (dei fatti sociali) sono le credenze, le tendenze, le pratiche del gruppo considerato collettivamente” (R. 29)

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La definizione del fatto sociale

È un fatto sociale ogni modo di fare, più o meno fissato, capace di esercitare sull’individuo una costrizione esterna – oppure un modo di fare che è generale nell’estensione di una società data, pur avendo esistenza propria, indipendente dalle sue manifestazioni individuali (R.: 33).

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Chiarimenti sulla definizione

Sembrerebbe che l’ultima parte della definizione contraddica quando detto sin qui. Occorre capire cosa intende Durkheim quando dice “modo di fare che è generale nell’estensione di una società data, pur avendo esistenza propria, indipendente dalle sue manifestazioni individuali.”

Ecco la sua spiegazione: “[…] qualcuno dirà un fenomeno collettivo può essere tale soltanto se è comune a tutti i membri delle società, o almeno alla maggior parte di essi, cioè soltanto se è generale. Ciò è vero; ma se esso è generale lo è perché è collettivo (vale a dire più o meno vincolante) e non è invece collettivo perché è generale” (R. 30)

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La cosalità dei fatti sociali

La prima regola del metodo sociologico è quindi quella che suggerisce di considerare i fatti sociali come cose. Vale a dire come elementi esterni alla coscienza individuale che non posso essere modificati dal desiderio dell’individuo. Come una sedia esiste nel mondo a prescindere dalla volontà di chi la osserva, lo stesso fanno i fatti sociali.

Van Gogh, La sedia di Gauguin, 1888

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La cosalità dei fatti sociali: conseguenze

Considerare i fatti sociali come cose comporta:

a) Una conseguenza teorica: il loro carattere coercitivo risiede nella loro esteriorità, proprio come il carattere coercitivo del mondo fisico risiede nel fatto che là di fuori esistono cose che impongono di tenere linee di comportamento precise.

b) Una conseguenza metodologica: osservare i fatti sociali come data, vale a dire come il punto di partenza della scienza

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Un passo delle Regole del metodo sociologico

“È una cosa tutto ciò che è dato, tutto ciò che si offre o che s’impone all’osservazione. […]. A noi non è data l’idea che gli uomini si fanno del valore, perché essa è inaccessibile; ma ci sono dati i valori che scambiano realmente nel corso delle relazioni economiche. Non ci è data questa o quella concezione dell’ideale morale; ma ci è dato l’insieme delle regole che determinano effettivamente la condotta. […]. È necessario quindi considerare i fenomeni sociali in se stessi, distaccati dai soggetti coscienti che se li rappresentano; […]” (R.: 44).

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Oggettività e avalutatività della sociologia

Se ne deduce quindi che l’atteggiamento sociologico è in primo luogo indirizzato ad accertare l’esistenza dei fatti sociali e le funzioni che assolvono e le loro trasformazioni senza dare nessun giudizio di valore. Ripensiamo al passo esaminato qualche lezione fa a proposito del concetto di sanzione: “non so ancora da dove provenga [la pena], né quale sia la sua origine o la sua ragion d’essere; ne constato l’esistenza e la natura senza per ora cercare altro” Durkhiem, La determinazione del fatto morale, 1906

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Oggettività e avalutatività in rapporto al metodo sociologico

Possiamo osservare come l’oggettività e l’avalutatività della scienza sociale siano in armonia con il precetto di considerare i fatti sociali come cose in questo passo delle regole: “Un analogo difetto di metodo fa sì che certi osservatori rifiutino ai selvaggi ogni specie di moralità. Essi partono dall’idea che la nostra morale sia la morale; ed è evidente che questa è ignorata dai popoli primitivi […]. Applichiamo la nostra regola e tutto muterà. Per decidere se un precetto sia o meno morale, dobbiamo esaminare se esso presenta il segno esteriore della moralità, il quale consiste in una sanzione repressiva diffusa […]” (R.: 54).

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Una partenza modesta

Dunque Durkheim propone di partire considerando i fatti sociali come delle cose e osservarne i criteri esterni: noto che le persone vengono punite se si comportano in un certo modo; noto che tutte le religioni tracciano dei confini tra ciò che è sacro e ciò che è profano, ecc.

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Ancora sull’avalutatività

Durkheim sa già qualcosa sulla religione, sul reato, ecc. Così come tutti noi sappiamo qualcosa sul razzismo. Quello che propone è di sospendere le nostre credenze comuni ed osservare questi fatti come cose del tutto nuove e iniziare a definirle in base alle reazioni che suscitano nella società.

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Tipi di società

Durkheim crede sia possibile isolare in base al tipo di coercizione espressa dai fatti sociali dei tipi di società. A tipi di società diverse corrisponderanno forme coercitive diverse. L’asse su cui disporre i diversi tipi sociali è naturalmente quello rappresentato dalla coppia meccanico/organico.

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Tipi di società: gli aspetti morfologici

“Sappiamo che le società sono composte da parti aggiunte le une alle altre. Poiché la natura di ogni risultante dipende necessariamente dalla natura degli elementi componenti, dal loro numero e dal modo in cui essi si combinano, sono evidentemente questi i caratteri che dobbiamo prendere come base […]. D’altra parte, essendo essi di ordine morfologico, si potrebbe chiamare morfologia sociale la parte della sociologia che ha per compito la costituzione e la classificazione dei tipi sociali” (R.: 84)

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Due forme esplicative: funzione e causa

All’interno di ciascun tipo sociale sarà possibile individuare la funzione specifica dei fatti sociali.

Analogamente saranno isolate le cause che determineranno la trasformazione da un tipo sociale all’altro

Dunque abbiamo una spiegazione funzionale ed una spiegazione causale.

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Esempi dalla divisione del lavoro sociale

Spiegazione funzionale: cerca di verificare la funzione specifica assolta da un fatto sociale altrettanto specifico. Es. la religione svolge una funzione ordinatrice del mondo fisico e della società

Spiegazione causale: cerca di isolare i fattori che provocano l’evoluzione (o l’involuzione) di una società. le società segmentarie evolvono in società moderne a causa dell’aumento della densità dinamica.

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Fini individuali e funzioni sociali

“quando il sociologo si accinge ad esplorare un qualsiasi ordine di fatti sociali, egli deve sforzarsi di considerarli dal lato in cui si presentano, isolati dalle loro manifestazioni individuali” (R: 57).

Se i fatti sociali sono cose esterne e superiori all’individuo, il mondo psicologico individuale non può influenzare in alcun modo il loro andamento.

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Fini individuali e funzioni sociali

Una persona può pregare per la salute dei propri cari. Se chiediamo a quella persona perché sta pregando ci risponderà, per esempio, che sta invocando la guarigione del figlio. Ma la funzione sociale della religione non è quella di salvare i nostri parenti, ma di tenere assieme la società.

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Fini individuali e funzioni sociali

Analogamente, il ladro ha il fine individuale di arricchirsi senza lavorare, ma abbiamo visto che la funzione sociale del reato è quella di rinsaldare i vincoli della coscienza collettiva.

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Fine e funzione

Per questo Durkheim non parla mai dei fini di un fatto sociale, ma delle sue funzioni: il fine presuppone una motivazione specifica, la funzione invece è un concetto che può esulare da una motivazione determinabile.

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Digressione sul concetto di organizzazione

La società moderna è anche una costellazione di organizzazioni formali (scuole, ospedali, enti amministrativi, aziende private, ecc.). Due esempi di definizione di organizzazione:

- A) Forma di azione collettiva indirizzate al raggiungimento di uno scopo comune.

- B) Forma di azione collettiva caratterizzata da processi di differenziazione e integrazione.

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Digressione sul concetto di organizzazione

La seconda è la definizione sociologicamente corretta, i fini individuali possono essere i più vari, ciò che è centrale invece al concetto sociologico di organizzazione riguarda le forme in cui si esprime il legame sociale (la solidarietà dell’organizzazione).

Così, per usare il linguaggio Durkheimiano, potremmo osservare aziende più meccaniche. Come per esempio piccole imprese dove esiste un unico modo di affrontare i problemi, una o due linee di differenziazione delle posizioni di ruolo, rapporti con l’ambiente (per semplificare: clienti e fornitori) semplici e selettivi, ecc.

Oppure aziende più organiche dove la differenziazione funzionale (ufficio legale, commerciale, tecnico, ecc.) produrrebbe culture specifiche e dove l’integrazione risulterebbe garantita da mezzi specifici (la tecnologia, le diverse forme di dipendenza funzionale, la comunicazione aziendale, ecc.)

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Digressione sul concetto di organizzazione

Esempio: il fante non ha, probabilmente, come fine individuale il vincere la guerra, ma quello di portare a casa la pelle. Il generale invece potrebbe puntare sulla guerra per ottenere una promozione.

I fini individuali sono diversissimi, ciò non toglie però che il fante va all’attacco quando il generale lo ordina come se entrambi volessero davvero vincere la guerra. Questo perché c’è una regola, sanzionata penalmente, che ha la funzione di integrare due fini personali così diversi in un’azione collettiva coerente.

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Digressione sul concetto di organizzazione

Si noti: - posizione di ruolo del fante (attaccare, difendere, presidiare,

ecc.)- è gerarchicamente subordinata alla posizione del ruolo del

generale (pianificare, decidere, rendere conto all’autorità politica, ecc.).

- La delusione delle aspettative normative (il fante diserta) fa scattare le sanzioni che controllano socialmente, nel caso della diserzione, l’intera posizione di ruolo (la corte marziale manda a morte il fante).

- La sanzione interverrebbe anche nella delusione delle aspettative che regolano una specifica esecuzione di ruolo.

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Digressione sul concetto di organizzazione

Così, anche se le persone che si trovano al binario 11 della stazione di Verona Porta Nuova alle 18.38 hanno tutte il fine individuale di prendere il treno diretto a Bologna Centrale, non possiamo parlare di quelle persone come di un’organizzazione. Eppure ne possiamo parlare come di un’azione collettiva caratterizzata da uno scopo comune.

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A proposito di esercito

Alcune domande durkheimiane sull’esercito italiano:- il codice militare italiano è cambiato dopo la fine

dell’esercito di leva e l’avvio di quello professionistico?- Vi sono delle regole obsolete ereditate dal vecchio

assetto?- Quali sono?- Che funzione svolgevano in passato?- Come mai non funzionano più?

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La causa dei fatti sociali

Nelle domande che abbiamo visto s’intuisce un’altra delle regole del metodo: i fatti sociali sono sempre causati da altri fatti sociali. La trasformazione dell’esercito di leva in un esercito di professionisti non può essere causata dalla volontà individuale di un ministro della difesa, ma dalla trasformazione di altri fatti sociali (ad es. i nuovi assetti delle relazioni internazionali hanno trasformato la natura e la funzione dell’esercito).

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Le variazioni concomitanti

“Abbiamo un solo mezzo per dimostrare che un fenomeno sociale è causa di un altro fenomeno sociale, e consiste nel confrontare i casi in cui essi sono simultaneamente presenti o assenti e nel cercare se le variazioni che presentano in queste diverse combinazioni di circostanze testimoniano che l’uno dipende dall’altro.”

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Il normale e il patologico

“L’indicazione approssimativa di normalità di un certo fenomeno sociale per certo tipo di società è data dal fatto che esso sia reperibile nella maggior parte di tutte le società appartenenti allo stesso tipo” (Giddens, Durkheim, 1998: 36). Ma il tipo “medio” è appunto un’indicazione approssimativa. Il ricercatore deve andare oltre e cercare di comprendere il tipo di funzione che svolge quel determinato fatto sociale all’interno del tipo di società. Questo assume valore soprattutto nelle fasi di transizione.

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Il normale e il patologico

R. Aron nota che “l’importanza di questa distinzione dipende dalle intenzioni riformatrici di Durkheim. […] La distinzione tra il normale e il patologico è precisamente uno degli intermediari tra l’osservazione dei fatti e i precetti” (Le tappe del pensiero sociologico: 341).

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Ancora sulle corporazioni

Nelle società moderna le corporazioni non hanno ancora iniziato a svolgere le funzioni che dovrebbero svolgere nel tipo normale organico (siamo in un periodo di transizioni), quindi lo Stato può intervenire promuovendone la costituzione.

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L’attività sociologica

La sociologia quindi non solo ha un oggetto di studio suo proprio, distinto dalla psicologia e ad essa irriducibile (come irriducibile è la biologia nei confronti delle scienze della materia inorganica), ma produce con la sua attività di ricerca risorse utilizzabili dalla società per guarirsi.

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Il suicidio è un fatto sociale

“Talvolta gli uomini si uccidono perché hanno avuto dispiaceri di famiglia o delusioni d’amor proprio; talvolta hanno sofferto la miseria e la malattia; ecc. Ma noi abbiamo visto che queste particolarità individuali non sarebbero capaci di spiegare il tasso sociale dei suicidi […].” (S.:359)

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Il suicidio è un fatto sociale

È possibile notare come ciascuna nazione europea mostri un numero più o meno stabile di suicidi nel corso del tempo.

Non è possibile che le persone che si suicidano l’anno prima tornino a suicidarsi l’anno dopo.

Quindi il suicidio è causato dalla differenza delle morali di quelle diverse nazioni. Vale a dire che il suicidio è causato da un fatto sociale. Quindi il suicidio è un fatto sociale.

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L’impostazione del problema

Se il suicidio è causato da un fatto sociale, la psiche dell’individuo non gioca nessun ruolo?

Durkheim non ha l’obiettivo di negare validità alla spiegazione psicologica. Ciò che sottolinea con chiarezza è la natura sociale della forza scatenante il suicidio.

Che ruolo ha quindi la psiche? Vi possono essere delle predisposizioni di tipo psicologico. Personalità vulnerabili (non è detto che siano patologiche), hanno maggior rischio di togliersi la vita in specifiche situazioni sociali.

Ma per il sociologo, il problema è comprendere quali sono le cause sociali che possono provocare l’atto suicida nelle personalità predisposte.

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Ancora l’homo duplex

Ricordate l’antropologia durkheimiana: l’individuo non è un’unità, ma una frattura. Una componente pulsionale, riferita all’ego, ed una componente abitata dalla società

In contesti sociali particolari la componente sociale non è compatibile con la componente individuale provocando il suicidio.

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Il metodo

Se dunque il tasso suicidogeno è un fatto sociale (di confine), allora il metodo per cercarne la causa sta nelle variazioni concomitanti

Bisogna guardare quali sono gli altri fatti sociali la cui presenza (o assenza) accompagna l’aumento dei suicidi.

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Inciso

A) Durkheim scarta anche i fattori ambientali (il clima) e quelli organici (ereditarietà). Per comprendere le sue argomentazioni su questi punti, pensate a quanto si andava dicendo a proposito del n. di cicogne e l’aumento della natalità in campagna

B) Durkheim nega anche la causa imitativa. Sull’Aron trovate una sintesi della polemica tra Durkheim e Gabriel Tarde.

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I tipi di suicidio

EGOISTICO: il legame di coppia (i liberi si suicidano di più dei coniugati); l’estensione della famiglia (i membri delle coppie senza figli si suicidano di più rispetto quelli che invece ne hanno) e la tradizione religiosa della società (i protestanti mostrano tassi di suicidio più elevati dei cattolici)

ANOMICO: le recessioni o gli sviluppi troppo repentini dell’economia provocano impennate nelle correnti suicidogene

ALTRUISTICO: società i cui codici morali prevedono il suicidio (Giappone, India); società dove l’appartenenza dell’individuo al gruppo è così elevata da far considerare la propria vita un bene inferiore rispetto la sicurezza ontologica del gruppo (kamikaze, eroe di guerra; ecc.)

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S. E. Cuase sociali specifiche. Religione

Per Durkheim la differenza principale tra i due sistemi religiosi riguarda la dottrina del libero esame. Nel cattolicesimo “tutto un sistema gerarchico d’autorità è organizzato con un’arte meravigliosa per rendere la tradizione invariabile. Tutto quello che è variazione è orrore al cattolico” (S.: 201).

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S. E. Religione

Al contrario, invece, al protestante “la bibbia è messa nelle sue mani e nessuna interpretazione gli è imposta. La struttura stessa del culto riformato rende sensibile questo stato d’individualismo religioso. In nessun luogo tranne che in Inghilterra il clero protestante è gerarchizzato; il prete dipende solo da se stesso e dalla sua coscienza come il fedele. È una guida più istruita del comune credente ma senza speciale autorità nel fissare il dogma” (S.: 201)

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S. E. Religione. Il tema dell’integrazione

Da ciò ne deduciamo che le società protestanti non costituiscono dei sistemi privi di morali ma dei sistemi che spingono l’individuo a costituirsi la propria morale tramite il libero esame e ad assumersene le responsabilità. Durkheim conclude che “la chiesa protestante è una chiesa meno fortemente integrata della chiesa cattolica” (S.: 203)

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S. E. Chiesa protestante e concezione dell’individuo

La morale proposta dalla chiesa protestante dipinge un individuo autonomo, senza legami fondativi con la comunità, solitario nel suo rapporto con il mistero di dio.

Il prodotto di questa concezione è una costrizione alla libertà ed alla responsabilità.

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S. E. L’individuo egoico

Un passo de La struttura dell’azione sociale di Talcott Parsons: “Durkheim vede dunque la differenza fondamentale (tra cattolicesimo e protestantesimo) nel rapporto con dell’individuo con il gruppo religioso organizzato. In un senso la differenza consiste nel fatto che il cattolico è sottoposto ad un’autorità di gruppo alla quale il protestante è libero; ma quest’aspetto negativo non è tutto, poiché il punto essenziale è che la libertà del protestante dal controllo del gruppo non è facoltativa” (1986: 375)

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S. E. Cause sociali specifiche. Famiglia

Analogamente, anche la famiglia è considerata per Durkheim un’istituzione d’integrazione fondamentale. Ed infatti si nota che in sua assenza i suicidi aumentano, così come a riguardo ci sono sensibili differenze tra le coppie senza figli e quelle con figli, ecc.

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Le cause sociali specifiche nel suicidio egoistico

Talcott Parsons propone nella sua critica al suicidio una visone specifica del rapporto in cui stanno famiglia e religione nel complesso del suicidio egoistico.

“Si chiarisce l’ipotesi inesatta che considera la famiglia come elemento di difesa contro il suicidio. Infatti, nella misura in cui la responsabilità individuale e l’indipendenza propria del culto della personalità hanno contribuito a distruggere certi tipi di dipendenza emotiva dal gruppo famigliare, a impedire agli individui di sposarsi e a favorire il divorzio, nonché a influenzare le relazione dell’ambito famigliare è legittimo parlare di una componente egoistica del suicidio di persone prive di legami famigliari” (Parsons, La struttura dell’azione sociale, Il Mulino, 1986: 377).

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Il Pilgrim’s Progress di Bunyan

Nel Pilgrim’s Progress di John Bunyan (scrittore puritano), Cristhian una volta che si è destata in lui la coscienza di vivere nella città della perdizione e lo ha raggiunto l’appello a intraprendere senza indugiare il pellegrinaggio alla città celeste. La moglie e i bambini si aggrappano a lui ma egli si precipita via attraverso i campi, turandosi le orecchi e gridando “life, eternal life!” (cfr. Weber, 1991: 168)

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Il suicidio egoistico: il rapporto psiche/società

Sia nel cattolicesimo che nel protestantesimo il suicidio è condannato allo stesso modo. Ma nel primo caso abbiamo una religione più solidale, più capace di integrare l’individuo nel gruppo. Dall’altra parte invece abbiamo un sistema di regole che interferiscono meno con la vita individuale. Quindi in condizioni di crisi (più probabili visto il mix libertà responsabilità) le personalità individuali trovano minor appoggio nell’ambiente sociale.

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È un atto irrazionale e inadeguato a una creatura razionale - scrive lo scrittore calvisnista - amare qualcuno più di quanto la ragione ci voglia permettere […]. Molto spesso ciò spinge gli spiriti umani al punto di impedire il loro amore di Dio (Richard Baxter, Christian Directory, cit. in Weber, 1991: 254)

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Il suicidio anomico

Una causa sociale differente di correnti suicidogene riguarda le repentine crisi o sviluppi economici.

Come mai? Nelle brusche dinamiche economiche vanno in

frantumi gli standard culturali. Vale a dire le norme che hanno il compito di costituire la parte sociale dell’individuo.

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S. An. La produzione dell’anomia

L’attività materiale (dunque l’attività economica) è sempre in connessione con il piano morale (ricordiamoci la divisione del lavoro sociale e le cause che formano la coscienza collettiva)

In una rapida trasformazione economica (sviluppo o regressione) vanno logicamente in frantumi le norme morali (i fatti sociali) creando una situazione anomica

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S. An. I bisogni individuali nello stadio anomico

La componente pulsionale trova espressione nella componente sociale

Lo stadio anomico (la mancanza cioè di regole) non permette quindi la regolazione del desiderio. L’individuo è sempre alla ricerca di qualcosa che non può trovare.

Il risultato è una voglia perennemente insoddisfatta Il tipo psicologico che fa riferimento al suicidio anomico è un

disgustato, un inappagato. Secondo Durkheim a suicidarsi anomicamente sono sempre le

classi superiori della società, non quelle modeste.

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S. An. L’anomia: un destino del moderno

Tra i popoli dove il progresso è e deve essere rapido, le norme che contengono gli individui debbono essere sufficientemente flessibili e malleabili, perché se conservassero la rigidità immutabile che hanno nelle società primitive, l’evoluzione così intralciata, non potrebbe avvenire con la debita prontezza. È allora inevitabile che desideri e ambizioni, meno fortemente trattenuti scavalchino tumultuosamente gli argini in vari punti. Inculcando agli individui il precetto che il progresso è per loro un dovere, è più difficile farne dei rassegnati e l’accrescersi del numero degli scontenti e degli irrequieti si fa inevitabile. Ogni morale del progresso e del perfezionamento è inseparabile da un certo grado di anomia. (S.: 430)

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S. An. Durkheim e l’individualismo

A questo proposito occorre far riferimento al complesso rapporto che intrattiene Durkheim con le correnti individualiste.

Durkheim vs. Spencer egli economisti: rimprovera di non cogliere l’esistenza di una natura sociale sui generis, ed è in completa distonia con la loro visione egoistica dell’individuo.

Durkheim e Kant: in entrambi la questione centrale dell’individualità è l’uguaglianza universale: gli individui sono tutti uguali.

Si agisce allora bene quando le proprie idee sull’azione possono essere generalizzate senza provocare una catastrofe.

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S. An. L’individualismo morale

Contro una modernità perennemente anomica, Durkheim propone in un suo saggio del 1898 la sua concezione di individualismo morale: “l’individuo non va rispettato per ciò che è concretamente ma perché in lui c’è una scintilla di umanità. Non è il particolare, ma l’universale che esso contiene a comandare rispetto” (Bortolini, L’immunità necessaria, 2006: 34)

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Il suicidio altruistico

Un terzo tipo di cause sociali al suicidio riguardano l’eccessiva integrazione e dunque la scomparsa della rappresentazione dell’individuo

Vi sono società cioè in cui l’individuo si identifica talmente nel gruppo da far sì che la considerazione che ha della propria vita sia inferiore rispetto quella che nutre verso il proprio gruppo d’appartenenza.

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S. Al. Gli esempi empirici del S. Al. obbligatorio

Il suicidio è molto frequente presso i popoli primitivi. Ma vi presenta caratteri particolarissimi. Il tratto comune è un codice morale che prevede il suicidio in specifiche condizioni. Se l’individuo lo rifiuta, la pena consiste in una maledizione religiosa, in una emarginazione radicale da gruppo, nel disonore, ecc.

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S. Al. Gli esempi empirici del S. Al. facoltativo

In Giappone, ad esempio, se l’individuo riceve un’offesa da un superiore, non potendone intaccare la dignità con la sfida a duello, l’unico modo che ha per lavare l’offesa è uccidersi.

Così chi non si propone come kamikaze non è punito, ma chi lo fa riceve in premio onori, la sicurezza economica della propria famiglia e una promessa di salvezza eterna.

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S. Al. Il suicidio altruistico assoluto

“Il Bramino che si è liberato dal corpo mediante una delle pratiche messe in uso dai grandi santi, libero da dolori e da timori è ammesso con onore al soggiorno di Brama”.

Il suicidio addirittura è promosso dalla stessa religione.

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La natura politeista del suicidio assoluto

Nelle religioni politeiste, l’idea dominante è che l’esperienza individuale sia finzione. Tutto ciò che il soggetto esperisce riguardo se stesso (il desiderio, l’emozione, il corpo, ecc.) non è affatto la sua vera natura. Dunque, l’esistenza personale è un feticcio, un’illusione ottica. Il suicidio è l’unico modo per spezzare l’incantesimo e raggiungere la vera vita.

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Il monoteismo e la proibizione del suicidio

Nelle religioni monoteiste invece il suicidio è proibito in quanto queste religioni lasciano all’individuo e alla sua scelta uno spazio ben più grande di quanto non facciano quelle politeiste. Non solo, ma gli assegnano doveri personali cui è impossibile sfuggire. I compiti che si svolgono quaggiù mettono da parte delle gioie nell’aldilà (S: 278).

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Politeismo e organizzazione della società

“Se perciò quel che costituisce il panteismo è una negazione più o meno radicale di qualsiasi individualità, una simile religione può formarsi solo in una società dove l’individuo non conti niente, nella quale cioè sia quasi totalmente integrato nel gruppo. Infatti gli uomini possono rappresentarsi il mondo solo ad immagine e del piccolo mondo sociale in cui vivono” (S.: 279)

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Una questione di metodo

Il modo in cui Durkheim classifica i tipi di suicidio è eziologico e non morfologico: “In una parola, la nostra classificazione anziché morfologica, sarà immediatamente eziologica” (S.: 141)

Che significa? Che non risale alle cause sociali generali considerando

ciascun specifico suicidio, ma individua a partire dalla teoria alcune cause sociali specifiche

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Durkheim come ha fatto a interrogare il materiale statistico? Come ha fatto a vedere quali erano i fatti sociali che causavano il suicidio?

Ha dedotto i fattori d’influenza dalla teoria (la religione, la famiglia, le cause di trasformazione della coscienza collettiva, ecc.)

Non ha costruito le cause sociali partendo dall’osservazione concreta. Anche perché questa sarebbe stata impossibile.

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Ancora sulla regolarità statistica

Ha immaginato cause sociali specifiche che avessero un rapporto semantico con cause sociali generali (i tipi di suicidio).

Una volta costruiti gli indicatori si interroga il dato statistico attraverso il metodo delle variazioni concomitanti.

Il problema della regolarità statistica: a variare il dato ci pensa il sociologo non la società. Vale a dire che le categorie attraverso cui ordinare il dato le fornisce la teoria e non la realtà sociale stessa come accade con il diritto.

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Conclusioni sul suicidio

Ancora una volta troviamo esemplificata l’idea dominante di Durkheim: l’individuo non è che una costruzione della società.

Che l’individuo sia una costruzione della società è un’espressione che va presa sul serio

Nella teoria di Durkheim l’idea di individuo non è che una conseguenza dell’ambiente sociale e delle forme della solidarietà che esprime. Più la società si sposta verso l’organico l’idea di individuo diventa precisa.

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Conclusioni sul suicidio

Questo però non significa che l’individuo sia più al sicuro in società organiche, infatti l’anomia è una condizione empirica della società che esemplifica molto bene i rischi della condizione moderna.

Nello stadio anomico i bisogni che emergono non trovano risposta e provocano l’insoddisfazione continua del soggetto.

Dunque la componente sociale non è solo una limitazione del soggetto a anche una sua preservazione

Con troppa società dentro l’individuo si schiaccia, ma senza nemmeno un pezzetto di società dentro di sé l’individuo finisce con l’implodere in se stesso

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Esercitazione

Perché i fatti sociali sono estesi nelle coscienze individuali? L’estensione è una causa o un effetto del loro essere sociali?

In che senso i fatto sociali sono cose? Perché un fatto sociale può essere causato soltanto da un

altro fatto sociale? Che differenza c’è tra una funzione sociale ed un fine

individuale? Il concetto di avalutatività La differenza tra spiegazione funzionale e spiegazione

causale

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Esercitazione

Il concetto di tipo sociale ed il principio classificatorio Il rapporto tra il concetto di funzione e quello di

solidarietà Il metodo delle variazioni concomitanti In che senso il suicidio è un fatto sociale? Perché fatto sociale di confine? Il concetto di corrente suicidogena Il rapporto tra sociale e psichico nel processo di

causazione dell’atto suicidogeno Tipi di suicidio

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Esercitazione

Il ruolo della religione nel suicidio egoistico Il ruolo della religione nel suicidio altruistico Panteismo, suicidio ed ambiente sociale Tipi di suicidio altruistico Il problema dell’anomia Anomia e concezione dell’homo duplex Il concetto di individualismo morale Che significa che l’individuo è una costruzione della

società?