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Émile Durkheim Prof. Stefano Nobile Corso di Sociologia generale

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Émile Durkheim

Prof. Stefano Nobile Corso di Sociologia generale

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I testi fondamentali

La divisione del lavoro sociale

(1893)

Le regole del metodo

sociologico (1895)

Il suicidio (1897)

Le forme elementari della vita

religiosa (1912)

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Termini chiave

Metodo

Religione

Solidarietà

Anomia Fatto

sociale

Divisione del lavoro

Suicidio

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La divisione del lavoro

sociale (1893)

• La prima opera che rese celebre Durkheim come sociologo fu La

divisione del lavoro sociale del 1893. In essa Durkheim riprende un

tema che si è già visto in Spencer, individuando importanti funzioni

della divisione del lavoro: 1. la divisione del lavoro specializza coloro che lavorano. Si passa da una

figura di lavoratore capace a fare un po' di tutto (ma male) ad una figura di

lavoratore specializzato, capace di fare con eccellenza il proprio mestiere.

2. la divisione del lavoro risolve il conflitto sociale tra persone o categorie

di lavoratori che vogliono fare lo stesso mestiere. Si passa cioè da una

società basata sulla solidarietà meccanica (tutti fanno le stesse cose) ad una

società specializzata in base alla divisione dei compiti (a solidarietà

organica).

3. La divisione del lavoro «rafforza la personalità individuale», dando

sicurezza e professionalità a chi pratica un mestiere.

4. La divisione del lavoro produce maggiore sicurezza sociale in quanto

elimina le incertezze derivanti dalla sovrapposizione dei compiti e delle

mansioni. Da questo punto di vista Durkheim riprende un' idea già proposta da

Herbert Spencer.

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La divisione del lavoro

sociale (1893)

• La storia della divisione del lavoro nelle società mostra che essa

può essere organizzata attorno a due concetti fondamentali:

– Solidarietà meccanica. È una solidarietà per somiglianza.

Quando questa forma di solidarietà domina una società, gli

individui differiscono poco gli uni dagli altri: membri di una

stessa collettività, si rassomigliano perché provano gli stessi

sentimenti, perché accettano gli stessi valori, perché

riconoscono lo stesso motivo sacro. La società è coerente

perché gli individui non si sono ancora differenziati.

– Solidarietà organica, è quella nella quale il consenso, cioè

l'unità coerente della collettività, nasce da o si esprime con la

differenziazione. Gli individui non sono più simili, ma differenti, e,

in un certo senso, proprio perché sono diversi si realizza il

consenso.

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La divisione del lavoro

sociale (1893)

• Durkheim vede dunque nella divisione del lavoro un rimedio a due grossi problemi della società contemporanea: 1. Il conflitto sociale derivante dalla disoccupazione, cioè

dalla mancanza di un numero di lavori sufficientemente diversi per soddisfare le esigenze di una popolazione industriale;

2. Il pericolo derivante dalla mancanza di leggi, di norme che separino i compiti e creino uno stato di anarchia e di confusione.

• Durkheim infatti ricerca una società nella quale si formuli un sistema di regole coerenti capaci di superare i conflitti fra individui e gruppi e di dare una autorità morale avente una forza vincolante.

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La divisione del lavoro

sociale (1893)

• La divisione del lavoro sociale si connette in Durkheim con il concetto di coscienza collettiva, che definisce come «insieme di credenze e di sentimenti comuni alla media dei membri della società», come elemento fondamentale della integrazione sociale in una società non segmentata, ma caratterizzata da solidarietà organica.

• La coscienza collettiva, tuttavia, non è un sentimento generico, essa è particolarizzata: ogni atto dell'esistenza sociale, in particolare ogni rito religioso, è definito con precisione.

• La presenza di un diritto repressivo è rivelatrice della coscienza collettiva nelle società a solidarietà meccanica perché, per il fatto stesso che moltiplica le sanzioni, manifesta la forza dei sentimenti comuni, la loro estensione e la loro particolarizzazione.

• Tanto più la coscienza collettiva è forte, tanto più forte è l'indignazione della gente contro la trasgressione, contro il reato. La coscienza collettiva è più forte nelle società a solidarietà meccanica; è più deboli in quelle a solidarietà organica. Il tasso di suicidio è un indicatore indiretto di misura della forza della coscienza collettiva.

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La divisione del lavoro

sociale (1893)

• la specializzazione nella divisione del lavoro determina necessariamente una diminuzione del grado di diffusione della coscienza collettiva nella società. Lo sviluppo dell’individualismo è un fenomeno inevitabilmente concomitante alla espansione della divisione del lavoro; e l’individualismo può svilupparsi solo a spese dell’intensità delle credenze e dei sentimenti comuni.

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Le regole del metodo

sociologico (1895)

• È il testo col quale Durkheim mette a punto una propria idea della metodologia. Qui si possono rintracciare alcuni elementi-chiave del suo pensiero: – Il concetto di fatto sociale (religiosità, gelosia, pietà

filiale, ecc.). Per Durkheim è un fatto sociale «qualsiasi modo di fare, stabilito o no, suscettibile di esercitare sull'individuo una costrizione esterna o anche che è generale all'interno di una data società, in quanto ha una sua propria esistenza, indipendentemente dalle sue manifestazioni individuali»

– Il metodo delle variazioni concomitanti

– I passaggi tipici della sua metodologia: la definizione del fenomeno; la confutazione delle interpretazioni precedenti; la spiegazione propriamente sociologica del fenomeno considerato.

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Perché la sociologia deve

adottare un metodo?

• Si è così poco abituati a trattare scientificamente i fatti sociali che

alcune proposizioni contenute in quest'opera rischiano di sorprendere

il lettore. Tuttavia, se esiste una scienza della società, si può ritenere che

essa non consista in una semplice parafrasi dei pregiudizi tradizionali, ma

che ci faccia vedere le cose diversamente da come appaiono al volgo. Lo

scopo di ogni scienza è infatti quello di compiere scoperte, ed ogni scoperta

disturba più o meno le opinioni tramandate.

• La nostra regola non implica nessuna concezione metafisica, nessuna

speculazione sul fondamento degli esseri. Ciò che essa reclama è che il

sociologo assuma l'atteggiamento in cui si trovano dei fisici, dei

chimici e dei fisiologi che si inoltrano in una regione ancora inesplorata

del dominio scientifico. Occorre che, penetrando nel mondo sociale, egli sia

consapevole del fatto che penetra nell'ignoto; occorre che egli si senta in

presenza di fatti le cui leggi sono insospettate come potevano esserlo

quelle della vita, quando la biologia non era ancora costituita; occorre che

egli sia pronto a fare scoperte che lo sorprenderanno e lo sconcerteranno.

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Le regole del metodo sociologico:

5 fondamentali classi di regole

Regole relative

all’osservazione dei

fatti sociali

Regole relative

alla distinzion

e tra «fatto sociale

normale» e fatto sociale

patologico

Regole relative

alla costituzione di tipi

sociali

Regole relative

alla spiegazion

e

Regole relative

all’amministrazione

della prova

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Le regole per l’osservazione

dei fatti sociali

• La prima regola è quella di considerare i fatti sociali come cose.

Essi sono esterni e coercitivi

– In ogni società c'è un gruppo di fenomeni che si distinguono mediante caratteri

spiccati da quelli studiati dalle altre scienze della natura.

– Quando assolvo il mio compito di fratello, di marito o di cittadino, quando

soddisfo gli impegno che ho contratto, io adempio a doveri che sono definiti...

Anche quando essi si accordano con i miei sentimenti, e io ne sento

interiormente la realtà, questa non è perciò meno oggettiva: non li ho fatti io, ma

li ho ricevuti mediante l'educazione...

– Analogamente per ciò che riguarda le credenze e le pratiche della vita religiosa, il

fedele le ha trovate già fatte alla sua nascita; se esse esistevano prima di lui, è

perché esistono al di fuori di lui. Il sistema di segni del quale mi servo per

esprimere il mio pensiero, il sistema monetario che impiego per pagare i miei

debiti... le pratiche seguite nella mia professione... funzionano

indipendentemente dall'uso che ne faccio...

– Questi tipi di condotta o di pensiero non soltanto sono esterni all'individuo, ma

sono anche dotati di un potere imperativo e coercitivo in virtù del quale si

impongono a lui, con o senza il suo consenso.

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Le regole per l’osservazione

dei fatti sociali

• Durkheim critica sia Comte che Spencer perché entrambi fanno ricorso a prenozioni, rilevabili nella legge dei tre stadi e in quella relativa al tipo di società. Come si possono conciliare queste idee con un’indagine empirica?

• A corollario di questa prima regola, si devono sistematicamente eliminare tutte le prenozioni

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Regole per la distinzione del

normale dal patologico

• Individuano l'importanza dei casi anormali, clinici o devianti per spiegare condizioni di normalità sociale. La normalità viene spiegata attraverso la devianza. – Ogni fenomeno sociologico è suscettibile, pur restando

essenzialmente se stesso, di assumere forme differenti a seconda dei casi. Queste forme sono di due tipi. Le une sono generali per tutta l'estensione della specie; esse si ritrovano, se non in tutti gli individui, almeno nella maggior parte di essi... Ve ne sono invece altre che risultano eccezionali; non soltanto esse appaiono unicamente in una minoranza, ma anche dove si verificano accade spesso che non durino per tutta la vita dell'individuo. Esse costituiscono un'eccezione sia nel tempo che nello spazio... Chiameremo normali i fatti che presentano le forme più generali, e denomineremo gli altri morbosi o patologici (p. 66).

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Regole per la costruzione di

tipi sociali

• Si comincia classificando le società

secondo il livello di composizione che

esse presentano. Si prende per base la

società perfettamente semplice o a

segmento unico. All’interno di queste

classi, si distingueranno varietà diverse a

seconda che si produca o no una

coalescenza completa dei segmenti

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Regole per la esplicazione

dei fatti sociali

• La causa determinante di un fatto sociale

deve essere ricercata tra i fatti sociali

antecedenti e non tra gli stati della

coscienza individuale.

• La funzione di un fatto sociale deve

essere sempre ricercata nel rapporto che

esso ha con qualche fine sociale.

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Regole per la produzione

della prova • Il rapporto di causa ed effetto che può essere stabilito non solo nella fisica ma anche nei

fatti sociali: «nella natura della società stessa bisogna andare a cercare la spiegazione della

vita sociale». – Abbiamo solo un mezzo per dimostrare che un fenomeno è causa di un altro, e consiste nel

confrontare i casi in cui essi sono simultaneamente presenti o assenti e nel cercare se le variazioni

che presentano in queste diverse combinazioni di circostanze testimoniano che l'uno dipende

dall'altro. Quando possono essere prodotti artificialmente a volontà dell'osservatore, il metodo è

l'esperimento propriamente detto. Quando, al contrario, la produzione dei fatti non dipende da noi e

noi non possiamo che avvicinarli così come spontaneamente si producono, il metodo che si impiega è

quello dell'esperimento indiretto o metodo comparativo (p. 119).

• Il rapporto di funzionalità di un elemento sociale rispetto agli altri appartenenti allo stesso

sistema sociale è così spiegato: «l'origine prima di qualsivoglia processo sociale di una certa

importanza deve essere ricercata nella costituzione dell'ambiente sociale interno». – Si può spiegare un fatto sociale di una certa complessità alla sola condizione di seguirne

integralmente lo sviluppo attraverso tutte le specie sociali. La sociologia comparata non è una branca

particolare della sociologia, è la sociologia stessa in quanto cessa di essere puramente descrittiva e

aspira a rendere ragione dei fatti (Ibid. p. 137)

– Quando ci si accinge a spiegare un fenomeno sociale, bisogna dunque ricercare separatamente la

causa efficiente che lo produce e la funzione che esso assolve. Ci serviamo del termine «funzione»

preferendolo ai termini «scopo» o «fine», proprio perché i fenomeni sociali generalmente non esistono

in vista dei risultati utili che producono. Ciò che dobbiamo determinare è se sussista una

corrispondenza tra il fatto considerato e i bisogni generali dell'organismo sociale.

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Il suicidio (1897)

• Problema dell’ordine sociale

• Il suicidio inquadrato all’interno del passaggio dalla società meccanica a quella organica, in qualche modo “disfunzionale” a quest’ultima

• Ribaltamento di prospettiva: il suicidio non più come fatto individuale, ma collettivamente determinato

• Il suicidio come grande problematica dell’epoca – dicesi suicidio ogni caso di morte direttamente o

indirettamente risultante da un atto positivo o negativo compiuto dalla stessa vittima pienamente consapevole di produrre questo risultato

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Il suicidio: i fattori

extrasociali

1. Ricerca di sfondo sui dati – Durkheim confronta tre serie di cifre fra il 1841 e il 1860 e

dimostra che in quegli anni le percentuali delle mortalità totali variano molto di più di quelle dei suicidi. Da ciò deduce che questo atto particolare deve avere una sua intrinseca stabilità. Inoltre esso varia notevolmente da paese a paese.

2. Scartare le prenozioni – Suicidio e malattia mentale (Bourdin); maggiore

inclinazione dei maschi rispetto alle femmine; percentuali di suicidi, età e malattia mentale; paesi con alte percentuali di suicidi e basse di pazzia (e viceversa); replica a Morselli; alcoolismo; razze; fattori ereditari; fattoi cosmici (stagioni; durata della giornata; giorni della settimana; città vs. campagna)

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Il suicidio: cause sociali e

tipi sociali

• eccesso di individualismo, l’io prevale sulla vita collettiva. Società disgregata

Suicidio egostico

• io completamente annullato. Società inibisce l’uomo

Suicidio altruistico

• persona a cui sfugge il controllo delle proprie passioni. Società gli nega riferimenti e valori, non protegge e regola individualità

Suicidio anomico

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Il suicidio egoistico

• Dati empirici mostrano grande differenza di tassi di suicidio a seconda della religione: Spagna, Portogallo, Italia: suicidi poco sviluppati rispetto a Prussia, Sassonia, Danimarca Stati protestanti: percentuali triple rispetto a stati cattolici – La religione e il caso della Baviera e dei

protestanti/cattolici; il livello culturale; il matrimonio)

– Coefficiente di preservazione

– Coefficiente di aggravamento

– Livello culturale e tasso di suicidi

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Il suicidio egoistico

• Ambedue le religioni «vietano il suicidio con la stessa precisione (…) La sola differenza è che il protestantesimo ammette il libero esame in proporzione più larga del cattolicesimo. Il Protestante è l’autore precipuo della sua fede. Gli è stata messa in mano la Bibbia e nessuna interpretazione gliene è imposta. La stessa struttura del culto riformato rende sensibile questo stato di individualismo religioso. (…) Il libero esame è di per sé effetto di un’altra causa. Quando esso appare, quando cioè gli uomini, dopo aver accettato per lunghi anni la tradizione costituita, invocano il diritto a farsela da soli, ciò non è tanto per le attrattive intrinseche del libero esame, che arreca più dolori che gioie, bensì perché hanno ormai bisogno di questa libertà. E questo bisogno ha una sola origine: il crollo delle credenze tradizionali » (pp.213-214)

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Il suicidio egoistico

• Esiste una relazione tra status famigliare e suicidio? Durkheim trova la risposta nei dati del Ministero Giustizia francese, relativi ai suicidi degli anni 1889-1891. Fornendo queste risposte: – I matrimoni precoci favoriscono il suicidio soprattutto tra gli

uomini

– Dai 20 anni in su gli sposati di entrambi i sessi si suicidano meno dei non sposati

– Il coefficiente di preservazione varia a seconda del sesso

– La vedovanza riduce il coefficiente di preservazione

– Avere figli diminuisce nettamente le probabilità di suicidio

– Più la famiglia è numerosa più è raro il suicidio

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Il suicidio egoistico

• A proposito del titpo di ragionamento metodologico al quale ricorre Durkheim, è possibile – a titolo di esempio – seguirlo partendo da questa considerazione:

i celibi si suicidano meno dei coniugati

• egli si rende tuttavia conto che la relazione è inficiata dalla presenza di soggetti con età inferiore ai 16 anni. In questo modo egli dimostra che i celibi hanno una maggiore propensione al suicidio rispetto ai coniugati. A questo punto Durkheim ha utilizzato tre variabili: – il tasso dei suicidi

– l'età

– lo stato civile

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Il suicidio egoistico

• Dunque:

1. Il suicidio è inversamente proporzionale al

grado di integrazione della società religiosa

2. Il suicidio è inversamente proporzionale al

grado di integrazione della società

domestica

3. Il suicidio è inversamente proporzionale al

grado di integrazione della società politica.

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Il suicidio egoistico

• A seconda del grado di integrazione dei gruppi di cui l’individuo fa parte (religione, famiglia, sociale, politica), il suicidio varia in maniera diversa «Il suicidio egoistico deriva dal fatto che la società non ha in tutti i suoi punti una integrazione sufficiente a mantenere i membri in sua dipendenza. Se esso si moltiplica smisuratamente è perché questo stato da cui dipende si è a sua volta eccessivamente diffuso, perché la società, turbata e indebolita, si lascia sfuggire un eccessivo numero di soggetti» (p.441).

• Un gruppo sociale è integrato nella misura in cui i suoi membri: – Possiedono una coscienza comune: sentimenti, credenze e

pratiche

– Sono in interazione gli uni con gli altri

– Si sentono votati a scopi comuni

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Il suicidio altruistico

• Spesso osservato in società semplici e

meno complesse, esso è legato ai rituali o

al dovere sociale. Possono essere distinte

diverse forme di suicidio:

– Suicidi altruistici obbligatori (vedova indiana

sulla pira)

– Suicidi altruistici facoltativi (harakiri samurai)

– Suicidi altruistici acuti (autodistruzione mistici)

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Il suicidio altruistico

• I suicidi sono più alti tra i militari che tra i civili (con percentuali uniformi tra Paesi diversi). Perché?

– Perché non sono sposati? No

– Perché tra loro è più diffuso l’alcolismo? No

– Per via delle troppe privazioni? No.

• Per Durkheim il suicidio altruistico dipende dalla capacità del singolo di sacrificare la propria individualità a beneficio degli interessi del gruppo.

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Il suicidio anomico

• Viene dal termine anomia: dal greco a-nomos (assenza di norme, di ordine, di regole): situazione caratterizzata da indeterminatezza obiettivi e da illimitatezza delle aspirazioni. Vertigine generata dall’eccessiva apertura dell’orizzonte del possibile in contesto di espansione e mobilità ascendente.

– Suicidi più frequenti tra professionisti, commercianti e industriali, tutte professioni con alte opportunità di profitto

– Suicidi più frequenti nei Paesi protestanti: mancanza di limite alle aspirazioni individuali

– Suicidi più frequenti tra divorziati che tra separati

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Il suicidio anomico

• «Le cupidigie si sollevano dall’alto come dal basso della scala, senza sapere dove arrestarsi… Si ha sete di cose nuove, di godimenti ignorati, di sensazioni senza nome che appena conosciute perdono ogni sapore. A questo punto a ogni minimo rovescio che sopravvenga non si ha la forza di sopportarlo… Ci possiamo chiedere addirittura se non sia proprio questo stato morale a rendere, oggi, le catastrofi economiche così feconde di suicidi» (pp. 310-311)

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Il lascito metodologico di

Durkheim

• Raccordo esemplare tra piano teorico e

piano osservativo

• Impiego avanzato e rigoroso delle

statistiche

• Uso dei dati disponibili per indagare

fenomeni non rilevabili direttamente

– Esempio: coesione sociale attraverso tasso

divorzi, crisi politiche ed economiche, ecc.

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Le forme elementari della

vita religiosa (1912)

• Per Durkheim è legittimo e possibile fondare una teoria delle religioni superiori sullo studio delle forme primitive della religione. Il totemismo manifesta l’essenza della religione.

• Per analizzare il fenomeno, Durkheim procede come di consueto: a) dà una definizione del fenomeno; b) confuta teorie diverse; c) dimostra la natura essenzialmente sociale della religione.

• Il nodo centrale della sua definizione è quello che distingue il sacro dal profano.

• Elementi imprescindibili di ogni religione sono riti negativi (divieti), positivi (pratiche di consumazione) ed espiatori

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Le forme elementari della

vita religiosa (1912)

• Nelle società primitive la religione è una

grossa fonte di altruismo: le credenze e le

pratiche religiose producono l’effetto «di

frenare l’egoismo, di rendere l’uomo

incline al sacrificio e al disinteresse». I

sentimenti religiosi «legano l’uomo a

qualcosa di altro da sé, lo rendono

dipendente dalle divinità che simbolizzano

l’ideale»

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