Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

14
I ! Henri F. Ellenberger La scoperta dell'inconscio Storia della psichiatria dinamica Volume primo FABIO C/Fi/\C!' EX LIBRIS Bollati Boringhieri

Transcript of Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

Page 1: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

I !

Henri F. Ellenberger

La scoperta dell'inconscio Storia della psichiatria dinamica

Volume primo

FABIO C/Fi/\C!' EX LIBRIS

Bollati Boringhieri

Page 2: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

:.44 CAPITOLO QUARTO

gato; ciascuno di questi distretti ha una tonalità affettiva sua, e contribuisce alla costituzione dei sentimenti vitali che fanno da supporto alfa vita emo-tiva. Anche i pensieri consci e i sentimenti consci esercitano un'azione, de-bole e mediata, sull'inconscio parziale assoluto; ciò spiega perché la fisiono-mia di una persona possa rispecchiare la sua persomditù conscia; 3) l'inconscio relativo o secondario, che comprende la totalità dci sentimenti, delle perce-zioni e delle rappresentazioni che sono state in noi in una qualsiasi occasione e che ora sono diventate inconsce.

Cams attribuisce all'inconscio le seguenti caratteristiche: 1) l'inconscio ha aspetti "prometeici" ed "epimeteici", esso è volto verso il futuro e verso il passato ma non sa nu11a del presente; 2) l'inconscio è continuamente in mo-vimento e in trasformazione; i pensieri e i sentimenti conscir quando diven-tano inconsci, attraversano una continua trasformazione e una maturazione continua; 3) l'inconscio è infaticabile; esso non lw bisogno di riposarsi pe-riodicamente, mentre invece la nostra vita conscia ha bisogno cli riposo e di ristoro mentale: Ii trova immergendosi nell'inconscio; 4) l'inconscio è fonda-mentalmente sano e non conosce malattie; mm delle sue funzioni è il "po-tere di guarigione della natura"; 5) l'inconscio opera secondo le sue leggi ineluttabili e non ha libertù; 6) l'inconscio possiede una sua innata saggezza; in esso non compaiono procedimenti del tipo "prova ed errore" o del tipo "apprendimento" in generale; 7) senza esserne direttamente consapevoli, noi siamo in collegamento, per mezzo dell'inconscio, con il resto del mondo, e in particolare con gli altri individui.

Carus fa 1a distinzione fra quattro tipi di relazioni interpersonali: 1) da conscio a conscio; 2) da conscio a inconscio; 3) da inconscio a conscio; 4) da inconscio a inconscio. Egli formula anche il principio che l'inconscio indi-viduale sia in rapporto con l'inconscio di tutti gli uomini.

Ci sono - dice Cams - tre tipi di sogni, e ciascuno di essi appartiene a uno dei tre "cerchi vitali" (Lebenskreise): minerale, vegetale, e animale. È interessante il fatto che egli abbia tentato d'interpretare i sogni secondo la loro forma invece che secondo il loro contenuto.

Il libro di Carus, Psyche, frutto di una vita di studio, è l'opera di un me-dico e di un profondo osservatore della mente umana. Esso mostra l'aspetto raggiunto dalla teoria dell'inconscio alla fine del periodo romantico, prima che 1a tendenza positivistica divenisse dominante. Carus fu la fonte da cui trassero ispirazione von Hartmann e i successivi filosofi dell'inconscio, come anche la teoria del sogno di Scherner. Il suo concetto di funzione autonoma, creativa, compensatoria dell'inconscio doveva poi venire sottolineato, mezzo secolo dopo, da C. G. Jung.

Arthur Scho~er (1788-1860) pubblicò la sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione, nel 1819, molto prima della pub-blicazione della Ps~che di Carus, ma l'opera di SchOpenh_aµer fu _,trascurata

Ail[IlU,:NTB DELLA PSICHIATRIA DINAMICA :.45

,/ da filosofi__5,;_crit_i_~i per una ventina d'anni. Schopenhauer raggiunse la fama

I ;~Io dopo il~-850. Egli dive.nn.eil---;;~;estro di Wagner e Nietzsche, e ·negli anni 'So la sua opera ottenne grande successo [65}. Kant aveva operato una distinzione tra il mondo dei fenomeni e i1 mondo de11e cose in sé, inaccessi-bile alla nostra conoscenza. Schopenhauer chiamò i fenomeni "rappresenta-zioni" e la cosa in sé "volontà", uguagliando la volontà all'inconscio come avevano giù fatto alcuni romantici; 1a volontà di Schopenhauer aveva il ca-rattere dinamico di una forza cieca, una forza motrice che non solo regna nell'universo, ma che guida anche l'uomo. L'uomo è dunque un essere irra-zionale guidato da forze interne, che gli sono sconosciute e di cui egli a ma-lapena avverte l'esistenza. Schopenhauer paragonava la coscienza alla super-ficie della terra: ce ne è ignoto l'interno. Queste forze irrazionali sono costi~uite di due istinti: l'istinto di conservazione e l'istinto sessuale, e il secondo è molto più importante de1l'a1tro. Egli paragona l'istinto sessuale alle caratteristiche più profonde (innere Zug) di un albero del quale l'indi-viduo è solo una foglia: la foglia trae nutrimento dall'albero e insieme gliene dà [66]. "L'uomo è l'incarnazione dell'istinto sessuale poiché egli deve la propria origine all'accoppiamento e il suo più grande desiderio è que1lo di accoppiarsi." L'istinto sessuale è la più alta manifestazione della vita, "1a più importante preoccupazione dell'uomo e degli animali". "Se entrasse in conflitto con esso, nessun'altra motivazione, per forte che fosse, sarebbe si-cura di vincere." "L'atto sessuale è il pensiero continuo dei lascivi, 1a fanta-sticaggine involontaria che continua ad affiorare nei pensieri dei pudichi, il sottinteso di ogni accenno, l'argomento sempre disponibile delle barzellette, la fonte inesauribile di burle." Tuttavia esso "è un'illusione dell'individuo, che crede di agire per il proprio bene mentre invece soddisfa agli scopi della specie". Questo è un esempio del modo in cui ci può ingannare la volontà; essa guida i nostri pensieri ed è l'antagonista segreta de11'intelletto. La vo-lontà può indurre l'uomo a evitare che nella sua mente si affaccino taluni pensieri che gli risulterebbero spiacevoli: ciò che si rivelerebbe contrario al nostro desiderio non viene da noi percepito. In un famoso paragrafo sulla, ('pazzia" (WaJmsinn),-_,SçJ2()pe_nhau_er la _s_pi_eg_a_ c_on ff fenomeno della ___ r!n10-Zhlr,i~-~-~'..L'()JJJJOSTz'i_Oìi'~ della -y 010-IlH ~a ·1asCi.ir giungere alla conoscenza ___ del-Ì'i~~te11etto c~iÒ-~he le ripugna, ecco il punto da cui la pazzia rmò p_e11,etrarç

,_nello spirito" [67}. · · - -- · / La somiglianza tra taluni insegnamenti fondamentali di Schopenhauer e

di Freud è stata messa in evidenza da Cassirer [68}, Scheler [69}, e soprat-tutto da Thomas Niann [70]. Mann, che in gioventù si era interessato pro-fondamente della metafisica di Schopenhauer, afferma che quando si acco-stò alla psicoanalisi di Freud "provò un senso di familiaritù, di ricordo". Egli

Page 3: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

2.J-6 CAFJTOLO QUARTO

trovò che 1a descrizione freudiana dell'Es e de1l'Io era straordinariamente si-mile aIIa descrizione di Schopenhauer di Volontà e intelletto, tradotta da11a metafisica alla psicologia. La psicologia del sogno, la grande importanza con-ferita alla sessualità, e tutto il suo pensiero in generale "è un'anticipazione

, filosofica delle concezioni analitiche, in un modo davvero stupefacente". E in effetti, come a volte si è detto che la psicoanalisi di Freud costituisce una concezione "pansessualistica ", così, a maggior ragione, la stessa cosa si potrebbe dire delle dottrine di Schopenhauer. La grande differenza è che Schopenhauer considerava l'istinto sessuale soprattutto come uno strata-

, gemma a1 servizio della generazione, mentre Freud lo considerava in sé '., stesso e parlava raramente della sua relazione con la procreazione. Luis ' S. Granje1 affer1!!~ç_h_e_§~!~9penhauer e Freud hanno in_comunt.Jre ,"punti __ Jçu1Qnw_ç1.!tgJi: una conc_e,ziqne irra:z;ionalisti_ca _de,U'_µQmo .--l)_d_en_tificazione ....cl~pulsi~~-e_ne:a_1e __ di __ vi_t~--con l_a p_ulsion_~--;~;~~~i~; e iJ

1

10r~ -~-si:f~Iflo __ pes-simis~~ antropolOgi_ço [ ;il r· QuestéSOiiiigli3iiZe, secondo Granjel~ 'r{o~ pos-sono essere spiegate solo come effetto di un'influenza diretta di Scho-penhauer su Freud; occorre anche spiegarle in base alla somiglianza tra la personalità dei due pensatori, e come reazione contro la società borghese contemporanea da parte di uomini i quali, per motivi diversi, nutrivano ri-sentimenti profondi.

Le speculazioni e le scoperte della filosofia romantica tedesca dei primi due terzi del diciannovesimo secolo toccarono jLver.tice __ neL1,B§9 con il fa-

' mos?_ libro di Eduard van_ Hart!Ila.11n, _ Ph_il9_s.9I?!#~---çl~§ .. f-!!1Z?.eivus~en--(Filo-/ ·'sofia dell'inconscio) [ 72]. Ciò che Boehme, Schelling e S~h;p'ènliiìùer ave-

vano chiamato volontà ebbe infine il nome di inconscio, molto più adatto. Si può osservare come l'inconscio di von Hartmann acquistasse le caratte-ristiche dell'idea hegeliana: esso è un dinamismo, supremamente intelligente anche se cieco, che fa da struttura portante all'universo visibile. Von Hart-mann descrisse tre strati d'inconscio: 1) l'in~onsci() a_sso}uto, che costituisce la sostanza dell'universo e che è la fonte deìì'e" àfffCf~;~~ dell'inconscio; z) J)n-

~io fisiologico, che come l'inconscio di Carus opera nell'origine, nello sviluppo, e ne1l'evoluzione degli esseri viventi, uomo compreso; 3) l'inconscio ,reìativo o _J2~E.2}-~iE9i, che è la fonte della nostra vita psichica CO~-scia. II principale interesse d'ella Philosophie des U nbewussten si colloca non tanto nelle sue teorie filosofiche quanto nella sua ricchezza di documentazione. Von Hartmann descrisse un gran numero di fatti importanti, che riguarda-vano la percezione, l'associazione d'idee, l'intel1igenza, la vita affettiva, le pulsioni, i tratti caratteriali, il destino individuale, e anche il ruolo dell'in-• conscio nella lingua, nella religione, nella storia, e ne1la vita sociale.

AMIJIENTE DELLA FSICIIIATRIA DINAMICA 247

Medicina romantica

Anche se la medicina romantica è stata spesso considerata come un caos di speculazioni vaghe e confuse, tuttavia essa conteneva, secondo Leibbrand, un numero ragguardevole di concetti validi [73]. Uno dei principali interessi dei romantici era la natura della malattia, ed essi dedicarono a tale argo-mento decine di teorie ingegnose. Novalis, che aveva salute malferma, di-ceva che le malattie dovrebbero essere 1a maggiore preoccupazione dell'uomo e che "esse costituiscono probabilmente il cibo e lo stimolo più interessanti del nostro pensiero e delle nostre azioni", e che noi conosciamo ben poco l'arte di utilizzarle [74]. Egli aggiunse che ci sono due tipi di ipocondria: una comune e una sublime, che può diventare lo strumento con cui con-durre ricerche sull'anima. Queste parole fanno pensare che Novalis abbia anticipato il concetto di malattia creativa, la quale, a dire il vero, più che un concetto sembra essere un fenomeno realmente esistente: una malattia da cui una persona emerge con una nuova visione del mondo o con una nuova filosofia, come abbiamo visto nel caso degli sciamani e come vedremo par-lando di Fechner, Nietzsche, Freud, e Jung [75]. Una delle preoccupazioni dei romantici era anche quella dell'igiene mentale, anche se, in contrasto con la prospettiva ottimistica dell'Illuminismo, ora tale concetto acquisiva connotati leggermente pessimistici. Feuchters1eben, nel volume Zur Diatetik der Seele (Dietetica dell'anima), afferma che ogni persona alberga in sé un pericoloso seme della follia, e dà questo avvertimento: 11Lottate, con }'aiuto di tutte le forze attive e alacri, per ostacolarne il risveglio [ 76]." Per domare le emozioni il mezzo più efficace è que1lo di giungere a comprenderle; inol-tre ogni persona dovrebbe darsi totalmente a un lavoro che assorba tutto il suo interesse, che esiga l'impegno totale delle sue forze. Ogni rilassamento di tensione può significare 1a malattia o la morte.

L'interesse dei romantici per la malattia mentale aumentava per il fatto che in quel periodo furono fondati numerosi istituti mentali, diretti da me-dici specialisti che vivevano costantemente con i propri pazienti. In tale am-biente si sviluppò un tipo specifico di psichiatria. I medici degli ospedali psichiatrici, essendo del tutto indipendenti, potevano sviluppare delle conce-zioni personali che riguardavano la natura e il trattamento delle malattie mentali: questa situazione può spiegare 1'origina1ità e l'audacia intellettuale di tali pionieri, sia che essi appartenessero a1la scuola dei Physiker (organi-cisti), sia che essi appartenessero a quella dei Psychiker (che sottolineavano le radici psicologiche della malattia mentale). Alcuni medici degli ospedali psichiatrici subirono notevolmente l'influsso del Romanticismo. Tuttavia è

Page 4: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

CAPITOLO QUINTO

salutato come uno dei luminari della medicina austriaca. Ebbe l'ammira-zione e l'amicizia cli Charcot, che diede il suo nome a una rara ma1attia (la "sindrome di Benedikt 11

, che effettivamente Benedikt aveva descritto per primo). Tuttavia i ricordi di Benedikt sono quelli di una persona frustrata che letteralmente soffoca per il risentimento. Egli riferisce come le sue sco-perte, una dopo l'altra, gli fossero state rubate da altri scienziati che le svi-lupparono e poi raccolsero il successo che era dovuto a lui; come non gli fosse mai data la cattedra che sentiva spettargli di diritto, e come i suoi meriti non fossero mai stati riconosciuti dai connazionali. Egli descrive l'osti-lità degli austriaci verso qualsiasi tipo di grandezza e ricorda la loro ingra-titudine nei riguardi dei grandi artisti, di musicisti come Mozart, Haydn, Schubert, del poeta Grillparzer, e altri. E invero, fuor d'ogni dubbio, i con-tributi di Bencdikt a11a psichiatria dinamica furono di valore notevolissimo, come vedremo più avanti.

Sarebbe interessante per la storia segreta de1la scienza analizzare detta-gliatamente i fattori che portano la fama ad alcuni scienziati, mentre ad altri danno solo l'oblio. Come esempio si può fare un paragone tra Cham-pollion (1790-1832), che è considerato un genio per avere decifrato i gero-glifici egizi, e Grotefend (1775-1853), il quale, pur avendo decifrato l'antica scrittura cuneiforme persiana, oggi è quasi dimenticato [29]. Non c'è nu1la che permetta di credere che decifrare l'una debba dar più lustro che deci-frare l'altra. Come si può spiegare la diversità d'atteggiamento nei riguardi dell'uno e dell'altro? Per prima cosa, Champollion godette dei benefici di un mito centenario che riguardava l'antico Egitto. I geroglifici (scrittura sa-cra), a quanto si supponeva, dovevano contenere i misteri di una saggezza prodigiosa e dimenticata che risaliva all'antichità più imperscrutabile. In-vece l'antica Persia era stata completamente distrutta dai conquistatori isla-mici e mongoli: di essa sopravviveva ben poco; solo successivamente, con il libro di Fechner Zend-Avesta e con Io Zarathustra, l'antica Persia venne un po' di moda. Un secondo motivo è che i caratteri cuneiformi erano più astratti e meno decorativi dei geroglifici egizi, molto artistici. Un terzo mo-tivo è che la scoperta di Champo11ion aveva un connotato politico: la spe-dizione napoleonica in Egitto (che era già in sé stessa un episodio di storia molto romantico) era stata mandata in fumo dagli inglesi, e la lotta tra Inghilterra e Francia si era trasferita nel campo scientifico. Gli studiosi in-glesi stavano ancora cercando la decifrazione dei geroglifici, quando essa venne ottenuta ad opera di un francese; ciò costituiva quasi una rivincita della Francia. Invece la scoperta di C-rotefencl si verificò in un momento in cui la Germania era particolarmente sorda a queste cose. Un quarto motivo è che la vita stessa di Champollion è piena di episodi avventurosi e romantici.

--...---SULLA SOGLIA DI UNA NUOVA l'SlC!l!ATH!A DINAMICA 3'7

Ancora bambino egli subì la forte emozione della spedizione in Egitto. A do-dici anni fece il voto solenne di decifrare i geroglifici. Incontrò quindi un monaco egiziano che gli insegnò la lingua copta; presto egli se ne impadronì completamente e a sedici anni la conosceva altrettanto bene quanto 1a sua lingua madre. La sua prima pubblicazione sulla lingua copta fu accolta con entusiasmo all'Institut de France. Quando compì la scoperta decisiva, egli si precipitò di corsa da suo fratello, gridando: "Je tiens I'affaire!" (Ce l'ho fatta!) Poi svenne e dovette rimanere a letto per cinque giorni. La sua sco-perta fu celebrata come un trionfo nazionale dai francesi, nonostante le violente proteste degli inglesi. Invece la vita di Grotefend fu quella del figlio di un ciabattino che con mille fatiche era diventato un insegnante di un piccolo collegio di studi classici e che non poteva aspirare a un grado supe-riore nella scala accademica. La sua scoperta fu accolta dall'incredulità, dal sospetto e da1l'ostilità degli orientalisti, ai quali sembrava inammissibile che una scoperta così grande e importante fosse stata fatta al di fuori degli am-bienti universitari. Con molto sforzo, Grotefend riuscì a pubblicare parte della sua scoperta e passò il resto della vita lottando disperatamente per otte-nere quei riconoscimenti che gli vennero poi dati solo dopo la sua morte. Nelle altre scienze si potrebbero trovare molti para1leli ai destini di Cham-pollion e Grotefend. Davvero, nel mondo scientifico forse più che in ogni altro campo, si poteva applicare il verso di Kipling: 11Trionfo e sconfitta ... quei due impostori."

Il profeta di una nuova epoca: Nietzsche

Verso il 1880 il mondo occidentale subiva l'influsso del positivismo, dello scientismo, e dell'evoluzionismo. Le tendenze predominanti erano, oltre ai resti della vecchia filosofia illuministica, il darwinismo sociale, il marxismo, e le nuove filosofie materialistiche e meccanicistiche. Tra i pensatori più im-portanti c'erano i filosofi utilitaristi e sociali I-Ierbert Spencer, John Stuart Mill, e Hippolyte Taine. In letteratura il naturalismo cercava cli riprodurre con la maggior esattezza possibile il ritratto della vita e degli avvenimenti, come aveva fatto Balzac e come stavano facendo Flaubert, IVIaupassant, e Zola. Il Romanticismo sembrava una cosa del passato.

Tuttavia, verso il 1885, per tutta l'Europa si poté scorgere una nuova svolta culturale, un marcato cambiamento degli orientamenti intellettuali. Il fenomeno toccò molti aspetti della cultura, e la nascita di una nuova psi-chiatria dinamica può essere compresa solo nel suo contesto. Friedrich Nietzsche è il più importante esponente di questo movimento. Nietz-sche (1844-1900) era figlio di un pastore protestante che morì quando egli

Page 5: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

l

CAPITOLO QUINTO

era ancora molto giovane. La prima vocazione di Nietzsche fu la filologia greca e latina. Studente eccezionalmente bril1ante, fu nominato professore di filologia classica all'Università di Basilea nel 1869, all'età di venticinque anni: un'impresa quasi leggendaria. Nel 1872 sorprese e deluse i colleghi con il libro La nascita della tragedia. La malattia lo costrinse a lasciare la cattedra nel 1879. Aveva già incominciato a scrivere una serie di libri in cui proclamava, con uno stile brillante fatto di aforismi e con un tono profe~ tico, la necessità di rovesciare i valori istituzionali della società contempo~ ranea, il principio della volontà di potenza, e gli oscuri insegnamenti del superuomo e dell'eterno ritorno. Nel 1889 fu colpito da paresi generale e passò in uno stato di blanda pazzia gli anni successivi, fino alla morte che lo colse nel 1900.

Nietzsche costituisce un ottimo esempio di quella che i tedeschi chia-mano una natura problematica, vale a dire una personalità, difficile da de-terminare, che dà luogo a opinioni estremamente discordanti. Tutta la sua vita seguì una serie di crisi successive. Dopo 1a drammatica perdita de1la fede cristiana ne1la giovinezza, nacque i1 suo entusiasmo per Schopenhauer e per Wagner, poi ci furono il suo passaggio dal1a filologia a1la filosofia, e poi ancora la brusca rottura dell'amicizia con Wagner. Queste esperienze si univano a una serie di gravi disturbi organici e nevrotici, da cui ogni volta emergeva con nuovi concetti filosofici, l'ultimo dei quali fu il suo famoso libro Così parlò Zarathmtra. Non è facile determinare fino a qual punto le ultime opere di Nietzsche esprimevano un'ulteriore evoluzione del suo pen-siero oppure se invece costituivano una distorsione del suo pensiero dovuta alla malattia mentale.

Nel mondo europeo della sua epoca tre fatti contribuirono a dare un'im-portanza particolare a Nietzsche: la sua leggenda, il suo stile, e le sue idee. La leggenda che riguardava la sua persona era già sorta durante la sua vita: era la leggenda d'un uomo che si era separato da1la società per vivere in soli-tudine tra i monti della Svizzera come Zarathustra nella sua caverna, e che aveva gettato un anatema sulla società contemporanea [30]. Poi era giunta anche la sua malattia mentale, intesa da molti come la rivincita de1 fato su un essere umano che aveva ardito innalzarsi al di sopra degli altri esseri umani. Dopo la morte, la leggenda di Nietzsche proseguì per mezzo degli "Archivi Nietzsche", il cui unico scopo sembra essere stato appunto quello di propagare tale leggenda, secondo i desideri de11a sorella e di un piccolo gruppo di fedelissimi che non esitavano a pubblicare versioni falsificate delle sue opere postume [31]. La leggenda di Nietzsche, a sua volta, sarebbe poi stata sfruttata da varie ideologie, compreso il nazismo.

L'influenza delle opere di Nietzsche è dovuta probabilmente tanto a1 loro

SUI.LA SOGLIA DI UNA NUOVA PSIC!lJATlllA l)INA:MICA

stile quanto al loro contenuto. La nascita deila tragedia è forse il suo unico libro con un nesso conduttore chiaro e continuo. Le opere seguenti furono delle successioni di spumeggianti aforismi. Così parlò Zarathustra è 1a storia di un profeta e delle sue affermazioni; un libro pieno di miti e di alle-gorie che esercitò un fascino straordinario sulla gioventù europea tra gli anni 1890 e 1910.

Le idee di Nietzsche sono particolannente difficili da valutare a causa della loro mancanza di sistematicità e a causa delle innumerevoli contraddi-zioni che esse presentano. Non c'è da stupirsi che abbiano dato origine a una notevole quantità d'interpretazioni divergenti. I contemporanei erano colpiti dal loro carattere polemico e dai violenti attacchi rivolti da Nietzsche contro le ideologie del suo tempo, contro gli ordinamenti sociali, le religioni prevalenti, la moralità convenzionale. Egli negava l'esistenza de Ha causalità, delle leggi naturali, e negava la possibilità che l'uomo raggiungesse la verità; questo era espresso in uno dei suoi aforismi: "Nulla è vero, tutto è per-messo!" Entro tale prospettiva il pensiero di Nietzsche è stato inteso come un sistema radicale di nichilismo filosofico e morale [32]. La maggior parte degli interpreti del pensiero nietzschiano, tuttavia, tendono a considerare l'aspetto negativo dei suoi insegnamenti come una fase preliminare intesa verso la ricostruzione filosofica dell'uomo, de11a società, e dell'etica.

Negli aspetti positivi, Nietzsche è importante sia per i suoi concetti psi-cologici sia per quelli filosofici. La novità dei primi è stata riconosciuta, in ritardo, soprattutto ad opera di Ludwig Klages [33], Karl Jaspers [34], e Alwin l\1ittasch [35]. Klages si spinge fino al punto di affermare che Nietz-sche è il vero fondatore della psicologia moderna. Thomas l\fann riteneva che Nietzsche fosse 11il più grande critico e psicologo della morale noto alla storia della mente umana" [36]. Anche le sue idee sulla criminalità e sulle pene, come è stato mostrato, sono caratterizzate da una grande originalità di pensiero e conservano un notevole interesse dal punto di vista della cri-minologia moderna [37].

Alwin l\1Iittasch ha mostrato il co11egamento tra le idee psicologiche di Nietzsche e le scoperte contemporanee sull'energia psichica. Nietzsche tra-sferì nel campo della psicologia il principio di Robert Mayer su1Ia conser-vazione e su11a trasformazione dell'energia. Nello stesso modo in cui l'ener-gia fisica può rimanere accumulata e quiescente sotto forma d'energia potenziale oppure può entrare in azione e produrre lavoro meccanico, così Nietzsche fornì un'immagine del modo con cui 11una quantità d'energia (psichica) accumulata" poteva attendere fino al momento di venire utiliz~ zata, e del modo con cui a volte una piccola causa "innescante" poteva libe-rare una notevole scarica o esplosione d'energia psichica. L'energia mentale

Page 6: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

J

3z.o CAl'ITOLO QUINTO

poteva anche venire accumulata volontariamente in previsione di una futura utilizzazione a un livello superiore. Poteva anche venire trasferita da una pulsione all'altra. Ciò portò Nietzsche a considerare la mente umana come un sistema di pulsioni, e a1la fine a considerare le emozioni come un "com-plesso di rappresentazioni inconsce e di stati de11a volontà".

Luclwig Klages ha mostrato come Nietzsche fosse un importante espo-nente cli una tendenza che dominava negli anni 1880, cioè la tendenza alla psicologia che "demistifica" o "smaschera", la stessa sviluppata da Dostoev-skij e da Ibsen in altre direzioni. L'interesse di Nietzsche era rivolto a svelare come l'uomo sia un essere che inganna sé stesso e che ne11o stesso tempo inganna continuamente i propri simili. "In occasione di tutto quello che un uomo rende manifesto, si può domandare: che cosa nasconderà? da che cosa deve distogliere lo sguardo? quale pregiudizio deve suscitare? E poi ancora: fino a che punto giunge la sottigliezza di questa dissimulazione? E, così facendo, in che cosa costui s'inganna? [38]" Poiché l'uomo mente a sé stesso più ancora che agli altri, lo psicologo deve trarre le proprie con-clusioni dal significato effettivo di un certo comportamento, piuttosto che dalle parole in sé o dagli atti in sé. Ad esempio, l'insegnamento del Van-gelo: "Chi si umilia sarù esaltato", deve tradursi così: "Chi si abbassa vuo1 essere innalzato [39]. Inoltre, quelli che l'uomo crede essere i suoi veri sentimenti e le sue vere convinzioni spesso non sono altro che i resti di convinzioni, o di semplici affermazioni, dei suoi genitori o dei suoi antenati. In tal modo viviamo tanto della follia quanto della saggezza dei nostri antenati. Gli sforzi di Nietzsche per mostrare che ogni possibile tipo di sentimento, di opinione, di atteggiamento, di condotta, di virtù affonda le proprie radici nell'autoinganno o ne11a menzogna inconscia fu-rono inesauribili. Per questo "ciascuno è agli antipodi di sé stesso"; l'in-conscio è la parte essenziale dell'individuo, e la coscienza è solo una specie di formula dell'inconscio, una formula scritta in linguaggio simbolico: " ... un più o meno fantastico commento cli un testo inconscio, forse inconoscibile, e tuttavia sentito [40]."

Nietzsche concepiva l'inconscio come una zona di pensieri confusi, di emozioni, di pulsioni, e nello stesso tempo come una zona in cui si ripete-vano gli stadi precedenti dell'individuo e de11a specie. L'oscurità, il disor-dine, la mancanza di coerenza che caratterizzano le nostre rappresentazioni nei sogni ricordano 1a condizione della psiche umana nei suoi stadi più pri-mitivi. Le allucinazioni dei sogni ci ricordano le a11ucinazioni collettive che colpivano intere comunità di uomini primitivi. "Dunque: nel sonno e nel sogno, espletiamo ancora una volta il compito (Pensum: il 'penso') dell'urna-

SULLA SOGLIA DI UNA NUOVA PStCIIIA'l'RIA DINAMICA 321

nità primitiva [41]." Il sogno è la ripetizione di frammenti appartenenti sia alla nostra preistoria sia alla preistoria dell'umanità. Ciò è altrettanto va1ido per le esplosioni di passione sfrenata quanto per la follia [42].

Tanto Klages quanto Jaspers hanno mostrato la grande importanza de1le teorie nietzschiane su11e pulsioni, su11e loro relazioni mutue, sui loro con-flitti, sulle loro metamorfosi. Nelle sue prime opere Nietzsche parlava del bisogno di piacere e del bisogno di lotta, della pulsione sessuale e della pul-sione ad associarsi, e anche della pulsione a11a conoscenza e alla veritù. Gradualmente egli giunse ad attribuire la predominanza a una sola pulsione fondamentale, la volontà di potenza. Soprattutto, Nietzsche descrisse il de-stino de11e pulsioni: le loro compensazioni illusorie e le loro scariche sosti-tutive, le loro sublimazioni, le loro inibizioni, il loro volgersi contro l'indi-viduo, senza tuttavia dimenticare la possibilità del loro controllo cosciente.

Il concetto di sublimazione non era nuovo; esso fu applicato da Nietz-sche tanto alle pulsioni sessuali quanto a que11e di aggressione [43]. Egli considerava la sublimazione come il risultato di un'inibizione o di un pro~ cesso intellettuale, e pensava che fosse una manifestazione molto diffusa. "Buone azioni sono cattive azioni sublimate [44]." Anche nella loro forma più altamente sublimata, le pulsioni conservano la loro importanza: "Grado e specie di sessualità in un uomo si estendono sino all'ultimo vertice del suo spirito [45]."

Con il nome di inibizione (Hemmung) Nietzsche descrive ciò che oggi è chiamato rimozione, e applica tale concetto alla percezione e a11a memoria. "Dimenticare non è una semplice vis inertiae ... ma piuttosto una faco1tù attiva, positiva nel senso più rigoroso, d'inibizione. 11 [46] "Io ho fatto que-sto - dice la mia memoria. - Io non posso aver fatto questo - dice il mio orgoglio, e resta irremovibile. Alla fine, è la memoria ad arrendersi [47]."

Per quanto riguarda il volgersi delle pulsioni contro l'individuo stesso, questo concetto fornisce la chiave cli molti altri concetti fondamentali di Nietzsche: risentimento, coscienza morale, origine della civiltà.

La parola "risentimento" comprendeva ogni tipo cli sentimenti di ran-core, di disprezzo, d'invidia, di animositù, di gelosia, e di odio; Nietzsche la usò con un nuovo significato. Quando i sentimenti di questo tipo sono inibiti, diventando così inconsci per il soggetto, essi si manifestano in forma mascherata, soprattutto in forma di morale falsa [ 48]. La morale cristiana - affermava Nietzsche - costituiva una forma raffinata di risentimento; essa era la morale di taluni schiavi che erano incapaci di ribe11arsi apertamente contro i loro oppressori e che quindi avevano scelto una via traversa per ribellarsi: questa dava loro un senso di superiorità, ottenuta umiliando i ne-

Page 7: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

CAPITOLO QUINTO

miei. Il comandamento cristiano: "Ama il tuo nemico" costituisce per Nietzsche un modo sottile per portare il proprio nemico all'esasperazione; esso costituisce dunque una forma crudelissima di rivincita. 11 concetto nietzschiano di risentimento sarebbe poi stato accolto, con modificazioni e con ulteriori sviluppi, da Max Scheler [49] e da Marafion [50].

La teoria di Nietzsche sull'origine della coscienza morale gli fu ispirata dall'amico Paul Rée, che affermava che la coscienza aveva origine dall'im-possibilità di scaricare le pulsioni aggressive dell'uomo: un'impossibilità che comparve in un dato periodo storico [51]. Nella Genealogia della morale Nietzsche, come Rée, raffigurò l'uomo primitivo come una "belva feroce", un "animale predatore", "la magnifica divagante bionda bestia avida di preda e di vittoria" [52]. !vla con la costituzione della società umana, le pulsioni dell'uomo selvaggio e libero non poterono più scaricarsi verso l'esterno e perciò dovettero volgersi verso l'interno. Questa fu anche l'origine del senso di colpa, che a sua volta fu la prima radice deUa coscienza morale nell'uma-nità. Nell'individuo, il processo è imposto dall'azione dei comandamenti morali e delle inibizioni di ogni tipo. "Il contenuto de11a nostra coscienza è tutto ciò che negli anni dell'infanzia ci fu regolarmente richiesto senza motivo da parte di persone che veneravamo o temevamo ... La credenza nel-l'autorità è la fonte della coscienza: questa non è dunque la voce di Dio nel petto dell'uomo, bensì la voce di alcuni uomini nell'uomo [53]." Inoltre, l'individuo ha in sé opinioni e sentimenti di ogni tipo, che derivano dai genitori e dagli antenati ma che egli crede suoi. "Nel figlio diventa con-vinzione quel che nel padre era ancora menzogna [54]." Non solo i padri ma anche le madri determinano la condotta dell'individuo. 11 Ognuno porta in sé un'immagine della donna derivata dal1a madre: da essa ognuno viene determinato a rispettare o a disprezzare le donne in genere, o a essere gene-ralmente indifferente verso di loro [ 5 5]."

Nietzsche spiega l'origine della civiltà nello stesso modo in cui spiega l'origine della coscienza: da una rinuncia alla gratificazione delle pulsioni. In ciò si può riconoscere ]a vecchia teoria di Diderot e dei suoi seguaci. La civiltà è identificata con una malattia e con una sofferenza dell'umanitù, perché essa è: " .. .la conseguenza di una violenta separazione dal suo passato d'animale, ... di una dichiarazione di guerra contro gli antichi istinti, sui quali fino a11ora riposava la sua forza, il suo piacere e la sua terribilità 11

[ 56]. Un aspetto notevole della psicologia di Nietzsche è l'importanza da lui

attribuita non solo alle pulsioni aggressive, ma anche a quelle di autodistru-zione. Tra le manifestazioni delle pulsioni di autodistruzione è compresa, secondo Nietzsche, la sete di conoscenza. Con parole di Nietzsche, la

SULLA SOGLIA DI UNA NUOVA l'SICIUATRIA DINAMICA

scienza è:" ... un principio distruttivo, ostile alla vita ... 'Volontù di verità': potrebbe essere un'occulta volontà di morte" [ 57]. La scienza costituisce l'affermazione di un mondo diverso dal nostro, e perciò è 1a negazione del nostro mondo, che è il mondo della vita.

Tra le idee di Nietzsche più propriamente filosofiche ce ne sono due che meritano un'attenzione speciale: quella del superuomo e quella dell'eterno ritorno. Il concetto di superuomo ha dato origine a una vasta gamma d'in-terpretazioni. Esso non ha nulla in comune con la figura di un "superuomo" nel senso di un individuo straordinariamente forte e vigoroso, dotato di po-teri misteriosi. Il superuomo non costituiva un concetto nuovo, ma l'esatto significato delle parole di Nietzsche è ancora oggetto di controversie [58]. Una possibile interpretazione deriva dall'affermazione di Nietzsche che: "L'uomo è qualcosa che dev'essere superato." Queste parole costituiscono il primo messaggio dato da Zarathustra nella sua predicazione [59]. L'uomo deve vincere sé stesso, ma come? per che scopo? Una spiegazione potrebbe essere la seguente: l'uomo soffre perché è preso tra la sua morale falsa e le sue pulsioni aggressive animali, profondamente radicate. Per risolvere il con-flitto, l'uomo deve gettare via tutti i valori stabiliti e deve sentire, all'interno di sé stesso, che tutte le pulsioni violente, in precedenza rimosse, si gonfiano in un'ondata possente; così i pensieri di un uomo che ha sete di vendetta dovrebbero alimentarsi fino alla nausea di sentimenti di vendetta, finché egli sia giunto a un punto in cui si sente libero di perdonare il proprio nemico, di dargli la benedizione, e di rendergli onore [60]. Dopo avere così dato una nuova valutazione a tutti i suoi valori precedenti, ora l'uomo stabilisce da sé la sua nuova scala di valori e la sua nuova morale e vive in accordo ad esse [61}. Quest'uomo, il superuomo, è ora forte, perfino duro, ma è gene-roso con i deboli e segue una legge morale suprema, cioè quella dell'eterno ritorno. Anche il concetto dell'eterno ritorno ha dato origine a molte inter-pretazioni divergenti. Non dev'essere inteso nel senso di una "palingenesi ciclica", come quel1a proclamata da alcuni filosofi antichi i quali insegnavano che, a causa della costituzione fisica del1'universo, gli stessi avvenimenti de-vono ripetersi necessariamente a intervalli determinati, infinite volte. Come scrisse W. D. Wi1liams, l'idea di Nietzsche è la seguente:

Continuiamo a ritornare non a una vita che sia esattamente uguale a questa, ma proprio a questa vita ... Il concetto di Nietzsche è che ogni vita, la più alta e 1a più bassa, 1a nobile e la meschina, la buona e 1a malvagia, siano eterne, che noi Io vogliamo o no ... In questo concetto possiamo scor-gere un'espressione estrema della nostra totale responsabilità di esseri umani, una responsabilità cui non è possibile sfuggire. Dobbiamo rispondere di ogni momento della nostra vita ripetendola per l'eternità [62].

Page 8: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

CAPlTOf.0 QUINTO

Questo è anche quanto Nietzsche espresse nella formula concisa: "Que-sta vita ... 1a tua vita eterna." Nietzsche collegava tra loro il concetto di su-peruomo e i1 concetto dell'eterno ritorno. Il superuomo adegua la sua vita al concetto dell'eterno ritorno, così vivendo sub specie aeternitatis: da ciò deriva la terribile maestà di ciascuna azione umana.

Nietzsche affermò in un'occasione che ogni sistema filosofico non è altro che una confessione mascherata. "Per quanto l'uomo possa espandersi con la sua conoscenza, apparire a sé stesso obiettivo: alla fine non ne ricava nient'altro che la propria biografia [63]." Questo è vero, probabilmente, per Nietzsche più che per chiunque altro. Lou Andreas-Salomé osservò per la prima volta lo stretto rapporto che intercorreva tra i disturbi organici e ner-vosi di Nietzsche e la produttivitù della sua mente [64]. Secondo la An<lreas-Salomé, Nietzsche attraversò una serie di cicli caratterizzati da fasi di ma-lattia, da guarigioni accompagnate dall'acquisizione di nuove concezioni filo-sofiche, e da periodi di euforia che precedevano una successiva ricaduta nella malattia. Questo può spiegare la sua convinzione irremovibile di portare un nuovo messaggio all'umanità e di essere il profeta di una nuova epoca, e può anche spiegare l'eccezionale successo goduto dalle idee di Nietzsche nell'Eu-ropa degli anni 1890. Un'intera generazione fu permeata del pensiero nietz-schiano (qualsiasi fosse l'interpretazione che se ne dava) nello stesso modo in cui la generazione precedente· aveva subìto il fascino del darwinismo. L'influsso di Nietzsche sulla psichiatria dinamica fu enorme. :tvlolto più cli Bachofen, è Nietzsche che può essere considerato la fonte comune di Freud, Adler, e J ung.

Ag1i occhi di coloro che conoscono il pensiero di Nietzsche e quello cli Freud, la somiglianza tra i loro concetti è talmente evidente che non ci pos-sono essere dubbi sul fatto che Nietzsche abbia influenzato Freud. Freud parla di Nietzsche come di un filosofo "1e cui intuizioni sono spesso confer-mate nel modo più stupefacente dalla faticosa indagine psicoanalitica", e aggiunge che proprio per quel motivo egli evitò per molto tempo di leggere Nietzsche, allo scopo di tenersi la mente libera da possibili influssi esterni [65]. Tuttavia si deve notare come all'epoca del1a prima maturità di Freud non fosse necessario avere studiato Nietzsche per essere permeati del suo pen-siero, dato che egli era citatissimo: era recensito e analizzato in ogni am-biente e in tutte le riviste e giornali.

Anche la psicoanalisi appartiene chiaramente a quella tendenza "demi-stificante", cioè alla ricerca di motivazioni nascoste e inconsce, che era caratte-ristica degli anni tra il 1880 e il 1900. Tanto in Freud quanto in Nietzsche le parole e le azioni sono considerate come manifestazioni di motivazioni inconsce, soprattutto di pulsioni e di conflitti di pulsioni. Per tutt'e due

SULLA SOGLIA DI UNA NUOVA PSICHIATRIA DINAMICA

l'inconscio è il campo delle pulsioni selvagge e brutali che non trovano v;e di sfogo permesse; pulsioni che derivano da stadi precedenti dell'individuo e dell'umanitù, e che trovano espressione nelle passioni, nei sogni, e nella malattia mentale. Anche il termine "Es" deriva da Nietzsche [ 66]. Anche il concetto dinamico della psiche, con i concetti d'energia mentale, di 11quanti" d'energia latente o inibita, di scariche d'energia o di trasf~rimento d'energia da una pulsione a1l'altra, si trova in Nietzsche. Prima eh Freud, Nietzsche immaginò 1a psiche come un sistema di pulsioni che possono en-trare in conflitto tra loro oppure fondersi l'una con l'altra. A differenza di Freud tuttavia Nietzsche non attribuì una posizione di predominio alla pul-sione sessuale (pur dandole l'importanza dovuta), ma piuttosto alle pulsioni di aggressione e di autodistruzione. Nietzsche comprese perfettamente ~uei processi che sono stati chiamati da Freud meccanismi di ~lifesa: in partico-lare la sublimazione (termine che appare almeno una decma <l1 volte nelle opere di Nietzsche), la rimozione (con il nome di inibizione), e il volgersi delle pulsioni contro l'individuo. Anche i concetti di imago paterna e ma-terna sono impliciti in Nietzsche. La descrizione del risentimento, della falsa coscienza e della morale falsa anticiparono le descrizioni freudiane di senso nevrotico di colpa e di Super-io. Anche l'opera di Freud 11 disagio della civiltù (1929) mostra un notevole parallelismo con 1a nietzschiana Ge-nealogia della morale. Entrambe queste opere danno nuova espressione alla vecchia supposizione di Diderot che l'uomo moderno sia afflitto da una ma-lattia particolare; una malattia collegata a11a civiltà, poiché la civi1tù richiede all'uomo che egli rinunci alla gratificazione delle sue pulsioni. Sparse in tutte le opere di Nietzsche ci sono innumerevoli idee e immrncrcvoli frasi di cui si può trovare un parallelo in Freud. Nietzsche insegnò che nessuno si lamenta o accusa sé stesso senza un desiderio segreto di vendetta, che "ogni lamentarsi (Klagen) è accusare (Anklagcn)n [67]. La stessa idea, con lo stesso gioco di parole, compare nel famoso scritto di Freud Lutto e. melan-conia (1915): "Le loro 'lamentele' sono in rea1tù 'accuse' nel vecch10 senso del termine [68]."

Se l'interpretazione del superuomo fornita da Lou Andreas-Salomé fosse quella giusta, il concetto di superuomo conterrebbe in germe il concett~ freudiano di trattamento psicoanalitico. Il superuomo che ha superato 11 conflitto tra 1a morale convenzionale e le sue spinte pulsionali è diventato libero nella propria profondità, ha edificato la sua personale scala di valori e la sua morale autonoma. Se egli è 11buono", lo è solo perché ha deciso di esserlo. Ha superato sé stesso a1l'incirca nello stesso modo in cui lo fa il nevrotico dopo una psicoanalisi con esito positivo.

Anche se l'influsso di Nietzsche sull::t psicoanalisi non è stato ancora csa-

Page 9: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

-

CAPITOLO QUINTO

minato fino in fondo [69], Crookshank ha compiuto uno studio dettagliato su Nietzsche e Adler [70]. Si possono tracciare dei para1leli piuttosto estesi. Tanto per Nietzsche quanto per Adler l'uomo è un essere incompleto che deve raggiungere da sé la propria completezza. Il principio nietzschiano: "L'uomo è qualcosa che dev'essere superato" trova il proprio equivalente nel principio adleriano: "Essere umano significa essere stimolato da un senso d'inferiorità che tende a essere superato." La concezione di Nietzsche che l'unica pulsione fondamentale dell'uomo è la volontù di potenza si riflette nell'insegnamento di Adler sulla fondamentale lotta dell'uomo verso la su-periorità. A tale proposito le opere di Nietzsche sono una miniera inesauri-bile di esempi che mostrano come la volontà di potenza si manifesti sotto innumerevoli forme mascherate, inclusi perfino l'ascetismo e l'asservimento volontario ad altri uomini ( con parole moderne, masochismo morale). La grande differenza tra Adler e Nietzsche è che il primo identifica il supera-mento dell'uomo da parte di sé stesso con la sua accettazione del 11senso di comunità", mentre invece Nietzsche, da estremo individualista, parla con disprezzo della pulsione aggregativa, }"'istinto del gregge". Tuttavia l'idea nietzschiana che "l'errore sulla vita è necessario alla vita" e che l'autoin-ganno è necessario per l'individuo anticipa il concetto adleriano di "finzione guida" nel nevrotico.

A differenza di Freud, Jung proclamò sempre apertamente l'enorme sti-molo intellettuale da lui trovato in Nietzsche. Le teorie di Jung sono piene di concetti che possono venire ricondotti in forma più o meno alterata a Nietzsche. A tali concetti appartengono le riflessioni di Jung sul problema del male, suìle pulsioni superiori dell'uomo, sull'inconscio, sul sogno, sugli archetipi, l'Ombra, la Persona, il Vecchio Saggio, e molti altri. Jung fornì anche un'interpretazione della personalità di Nietzsche: Zarathustra - egli disse - era una personalità secondaria di Nietzsche. Tale personalità si era formata e si era sviluppata lentamente nel suo inconscio, finché a un certo punto essa era esplosa improvvisamente portando con sé una quantitù enorme di materiale archetipico. Le lezioni di Jung sullo Zaratllmtra sono contenute in dieci volumetti scritti a macchina, non pubblicati, che costi-tuiscono l'esegesi più approfondita che sia mai stata tentata sulla celebre opera di Nietzsche [71].

Neoromanticismo e "fin de siècle"

Come già abbiamo detto, verso l'anno 1885 si verificò in tutta l'Europa una variazione rapida e profonda degli orientamenti intellettuali. Questo movimento era una reazione contro il positivismo e contro il naturalismo e,

SULLA SOGLIA DI UNA NUOVA PSIC!IIATRIA DJN,\MICA

fino a un certo punto, era un ritorno al Romanticismo; per questo gli venne dato il nome di neoromanticismo [72]. Esso non prese il posto delle ten-denze positivistiche e naturalistiche, ma si accompagnò ad esse fianco a fianco fino alla fine del secolo. Esso interessò la filosofia, la letteratura, le arti, la musica, e in gener-:ile tutto il modo di vivere, ed esercitò un influsso inconfondibile su quei cambiamenti profondi che nello stesso periodo si ve-rificarono nella psichiatria dinamica.

In senso ristretto, il termine "neoromanticismo" designa un certo nu-mero di poeti tedeschi, tra cui Stefan Georg, Gerhart Hauptmann, I-Iugo van Hofmannsthal, e Rainer I\1aria Rilke. In senso lato include numerosi poeti, artisti, musicisti e pensatori che appartenevano a una quantità di gruppi locali e provvisori. Ne facevano parte i preraffaelliti in Inghilterra, i simbolisti in Francia, e il movimento Jugendstil (stile giovane: art nouveau) in Germania. Esso culminò nello spirito del "decadentismo" e fin dc siècle.

Nonostante il nome, il movimento era tutt'altro che un semplice ritorno al Romanticismo. Per taluni aspetti esso potrebbe essere chiamato un'imita-zione distorta, quasi una caricatura del Romanticismo. La relazione con la natura, per prima cosa, non poteva più essere la stessa. A causa dell'indu-strializzazione su larga scala, deU'urbanesimo, delle nuove scoperte scienti-fiche, nel corso del secolo la vita era divenuta sempre più artificiale. Non c'è quindi da stupirsi se non si trova nel neoromanticismo quel sentimento immediato e pungente di contatto intimo con la natura che era alla base del Romanticismo. Anche quando non cercavano direttamente l'artificiale e quando riuscivano a giungere più vicino alla natura, i neoromantici la im-maginavano stilizzata, come se la vedessero sempre attraverso gli occhi di ar-tisti e

0

di esteti. I\1entre il Romanticismo aveva visto ogni cosa come facente parte cli un processo di crescita e di evoluzione, il neoromanticismo tendeva a vederla come facente parte d'un processo di decadimento. I\1entre il Ro-manticismo aveva avuto un'abilità tutta particolare per entrare in empatia con quasi tutti i periodi della storia, il neoromanticismo mostrò una predi-lezione per i periodi di decadenza. E i neoromantici non riuscivano neppure a trovare un contatto diretto con l'anima della popolazione, come invece avevano fatto i romantici tedeschi. Con il declino dei contadini, il folclore, che era stato la fonte d'ispirazione dei romantici, era andato scomparendo nel diciannovesimo secolo, e i neoromantici dovevano limitarsi a ricerche di miti più o meno vaghi. Il Romanticismo aveva sottolineato il valore unico e insostituibile dell'individuo, ma nello stesso tempo l'aveva osservato nel contesto dei contatti interpersonali dati dall'amicizia, dall'amore, dalla vita

Page 10: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

588 CAI'ITOLO SET'l'lMO

Dalia metapsico]ogia alia psicoanalisi delI'Io

Intorno al 191., poteva sembrare che 1a psicoanalisi avesse raggiunto la propria completez:a. Tuttavia, e con sorpresa dei seguaci di Freud, doveva ancora verificarsi una grande metamorfosi. Questa volta la più recente dot-trina non era contenuta in un singolo libro (come l'Interpretazione dei sogni e i Tre saggi}, ma in una serie di articoli e di brevi monografie pubblicati nel corso di una decina d'anni.

Nel 1914, nell'Introduzione al narcisismo, Freud presentò le sue nuove vedute come ipotesi che era disposto a ritrattare o modificare se i fatti l'aves-sero contraddetta [374]. Fino ad aUora le nozioni di conflitto tra conscio e in-conscio, e di dualismo della libido e delle pulsioni de1l'Io, erano state foncl~-menta1i in psicoanalisi. Nei Tre saggi Freud aveva già parlato di uno stad10 infantile di autoerotismo precedente all'investimento de11a libido sul primo oggetto, la madre. Nel frattempo Jung aveva spiegato che 1a s~hizofre,1:ia de-rivava da un'"introversione della libido", e Adler aveva sotto1meato 1 impor-tanza della stima di sé. Have1ock E1lis in Inghilterra, e Naecke in Germania avevano descritto il narcisismo come forma specifica di deviazione sessuale nella quale l'individuo è innamorato di sé stesso. La teoria di Freud del nar-cisismo sembra essere stata destinata a soddisfare tutti costoro.

Questa teoria richiese una nuova sistemazione della teoria delle p~lsion!. La distinzione precedente di Freud tra pulsioni dell'Io (non sessuali) e li-bido (sessuale) veniva modificata dal nuovo concetto di libido dell'Io, co-sicché vi erano ora due specie di impulsi dell'Io: libidici e non libidici. Freud mantenne il concetto di un primo stadio di autoerotismo, ma disse che come l'Io comincia ad essere differenziato, 1a libido fino a quel mo-mento diffusa si concentra su di esso, e questo è i1 narcisismo primario. Nello stadio successivo è mantenuta una parte del narcisismo primario, e la libido è ampiamente investita sulla madre e in seguito su altri oggetti. La libido oggettuale può essere ritirata e reinvestita nell'Io, ciò che Freud chiamò più tardi II narcisismo secondario".

Un residuo di narcisismo primario si ritroverà, mediante l'analisi, in indi-vidui normali, e ancor Più in nevrotici, omosessuali e altri. Il ritiro de11a li bido oggettuale spiega condizioni quali i deliri cli grandezza, l'ipocondria, la schizofrenia e la parafrenia.

Normalmente, il sentimento amoroso procede direttamente dalla libido oggettuale e questo è l'amore anac1itico. Se l'intera libido è investita in un'altra persona e non ne è mantenuta abbastanza per l'Io, è un'infatua-zione. Vi è amore del tipo narcisistico quando il narcisismo primario è stato

FREUD E LA :rsrcO.\~AI.1S1

indebitamente prolungato: l'individuo vede allora nell'oggetto solo ciò che egli stesso è, è stato e vorrebbe essere.

Questa teoria del narcisismo doveva essere il preludio di una ristruttura-zione completa della teoria psicoanalitica. Nel 1915 Freud annunciò che stava lavorando a un libro intitolato Zur Vorbercitung ciner l\!Iethapsyclw-logie (Introduzione alla metapsicologia), composto di dodici saggi, dei quali però solo cinque furono pubblicati. Freud sentiva il bisogno di ricostruire un'impalcatura concettuale che fosse sufficientemente ampia da compren-dere tutti i fatti e gli aspetti della psicoanalisi. Egli definì la "metapsico1o-gia11 come un sistema che doveva descrivere i fatti psicologici dai punti di vista topico, dinamico ed economico. Quello topico {che si rifaceva a una ben nota citazione tratta da Fechner) significava la distinzione tra inconscio, pre-conscio e conscio. Quello dinamico si riferiva a1le forze psichiche in con-flitto l'una con l'altra. Que1Io economico considerava la regolazione delle forze mentali fondata sul principio di piacere-dispiacere.

In Pulsioni e loro destini {1915) Freud definì la pulsione come "rappre-sentante psichico degli stimoli che sorgendo nell'interiorità corporea perven-gono nella psiche", a differenza dello stimolo sensoriale che è prodotto da eccitamenti esterni specifici [375]. Freud definì poi le caratteristiche generali delle pulsioni, la loro forza, meta, fonte, e i loro destini: la conversione nel-l'opposto, la riflessione ~u1Ia propria persona, la rimozione, la sublimazione. Indicò inoltre il processo d'introiezione (l'infante introietta il piacere e proietta il dispiacere). Infine Freud accennò alla genesi dell'amore e del-l'odio, affermando che sebbene essi formino una coppia di opposti, l'odio ha le sue radici in uno stadio di vita psichica più antico de11'amore. Que-st'ultimo punto, che contraddiceva la teoria originale della libido, precorse ulteriori cambiamenti.

Lo scritto sulla rimozione sorprese quegli analisti che consideravano la rimozione l'unico concetto esplicativo della patogenesi [376]. La rimozione (collocata ora al terzo posto tra i destini delle pulsioni) fu distinta in rimo-zione originaria, nella quale le rappresentanze psichiche del1e pulsioni non sono mai state ammesse alla coscienza, e rimozione consecutiva, nel1a quale le rappresentazioni coscienti vengono trascinate nell'inconscio in quanto as-sociate con un'idea primaria rimossa. Quando sono rimosse idee emotiva-mente cariche la sorte dell'idea e dell'emozione può essere diversa; le idee rimosse si organizzano in fantasie, e le emozioni si trasformano in angoscia.

Nel terzo scritto metapsicologico Freud pose in rilievo che l'inconscio contiene più che materiale rimosso, e riesaminò le caratteristiche principali cle1la mente inconscia (precedentemente chiamate processo primario} [377]. L'inconscio non ha alcun rapporto con 1a realb.ì, non conosce i princìpi di

Page 11: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

n 590 CAPITOLO SETTIMO

contraddizione o cli tempo; l'energia inconscia è slegata. Freud sottolineò al-tresì l'importanza delle fantasie inconsce, e il fatto che le rappresentazioni inconsce devono attraversare uno stadio di verbalizzazione al livello precon-scio prima di diventare coscienti.

In un quarto saggio Freud riaffermò taluni aspetti della teoria dei sogni dal punto di vista della metapsicologia [378]. Nel quinto, Lutto e melan-conia, egli espose un'interpretazione della depressione melanconica nei ter-mini de11a nuova metapsicologia, ponendola in confronto con la normale reazione di lutto che segue al1a morte di una persona cara [379]. Il "lavoro del lutto" (Trauerarbeit) consiste in un lento, graduale dissolvimento dei le-gami emotivi con l'oggetto perduto e nell'incorporazione della sua immagine idealizzata nel soggetto. Nella melanconia è come se il paziente avesse incon-sciamente perduto un oggetto per il quale aveva sentimenti ambivalenti di amore e odio. In conseguenza della sua incorporazione "l'ombra dell'oggetto è caduta sull'Io", di qui le tendenze melanconiche all'odio di sé e al suicidio.

Nel 1920 Freud ancora una volta sorprese i suoi seguaci pubblicando il libro Al di là del principio di piacere, che sembrò dare alla metapsicologia la sua forma definitiva [380]. Se il titolo evocava Nietzsche, il contenuto era certamente ispirato da Fechner. Uno dei tre elementi della metapsicologia, l'aspetto economico, era stato da Freud identificato con il principio di pia-cere-dispiacere, concetto mutuato da Fechner. Prima di Fechner, il principio di piacere era stato comunemente inteso semplicemente come un ricercare piacere ed evitare dispiacere. Fcclmer lo aveva posto in relazione con il prin-cipio di stabilità, e Freud, seguendo Feclmer, aveva messo il dispiacere in rapporto con l'aumento di tensione, e ii piacere con la riduzione della tensione a un livello ottimale. La regola basilare della vita era quindi la rego-lazione della quantità di stimolazione attraverso il meccanismo del principio di piacere-dispiacere. Freud tuttavia aveva già riconosciuto che il principio di piacere-dispiacere era limitato in primo luogo dal principio di realtà, che doveva essere preso in considerazione per tutto il corso dell'evoluzione umana, e in secondo luogo perché le pulsioni originariamente piacevoli, una volta rimosse, perdevano tale qualità. Ora egli affermò che tali limiti anda-vano "al di là del principio di piacere". Un altro più antico principio, la ucoazione a ripetere" fu ora considerato come l'unica spiegazione possibile di certi fatti clinici. Nei sogni ripetitivi delle nevrosi traumatiche, negli at-tacchi isterici, in certe forme di gioco infantile vediamo ripetersi episodi spia-cevoli. La traslazione nel corso dell'analisi si rivela essere un inconscio rivi-vere situazioni dell'infanzia. Nella nevrosi, come nella vita normale, taluni individui si trovano ripetutamente in situazioni identiche, giungendo a ere~

FREUD E LA PSICOANALlSI 59,

dere nella predestinazione. Freud distinse tra il principio di piacere~dispia-': cere, che è benefico per l'organismo, e il carattere demoniaco della coazione a ripetere; e ciò lo indusse a fare una digressione di carattere filosofico.

Dopo varie considerazioni sul Reizsclwtz (tendenza dell'organismo a pro~ teggere da una sovrastimolazione), egli propose una nuova definizione delle pulsioni. Le pulsioni non hanno un carattere progressivo, non tendono ad agevolare lo sviluppo dell'individuo e della specie. La loro meta è conserva-tiva, esse tendono a ristabilire condizioni precedenti. In vero stile fechne-riano, Freud arriva fino al punto di affermare che l'evoluzione degli orga-nismi è il riflesso della storia evolutiva della terra e della sua relazione con il sole. Freud ora formula in via d'ipotesi una nuova duplice classificazione delle pulsioni: l'eros (che raggruppa tutte le forme di pulsioni libidiche), e la pulsione di morte (che i seguaci di Freud avrebbero presto chiamato tha-natos). In tale sistema dualistico Freud sembrò postulare che la pulsione di morte fosse quella fondamentale. Come Schopenhauer, Freud proclamò ora che "lo scopo della vita è la morte", che 1a pulsione di autoconservazione stessa è un aspetto della pulsione di morte, perché protegge dalla morte acci-dentale, per cause esterne, al fine di preservare l'individuo da una morte per cause interne. L'eros è ora molto più che la pulsione sessuale, esso esiste in ogni cellula vivente e spinge la sostanza vivente verso la costituzione di esseri più grandi, è un differimento della morte mediante una fuga in avanti. La pulsione di morte è 1a tendenza al dissolvimento della sostanza vivente e al ritorno a uno stato di materia inanimata. Le due pulsioni sono insepara-bili, la vita è un compromesso tra eros e pulsione di morte, finché quest'ul-tima prevale. Freud espresse 1a speranza che il progresso della biologia potesse consentire una formulazione di tali speculazioni in termini scien-tifici. Nel frattempo dovette riformulare gran parte delle sue concezioni cli-niche. Per molti anni egli aveva proclamato il primato della libido, e nel 1908 aveva respinto l'idea di Adler <li una pulsione aggressiva autonoma. Nel suo primo scritto metapsicologico del 1915 egli aveva tuttavia attribuito l'origine dell'odio a pulsioni dell'Io non libidiche, ponendone l'origine in una fase precedente a quella dell'amore. Ora con le sue nuove teorie egli do~ vette ammettere l'esistenza di un masochismo primario che non era sem-plicemente un sadismo rivolto all'interno, e nei suoi scritti successivi attribuì sempre maggiore importanza alla parte svolta dalle pulsioni aggressive e di-struttive. Egli sembrò porre su queste ultime lo stesso accento che aveva un tempo posto sulla libido.

Le teorie contenute in AI di là del principio di piacere (1920) non erano affatto così nuove come sembrarono ad alcuni dei suoi seguaci. Freud stava ritornando alla tendenza alla speculazione che aveva soddisfatto scrivendo il

admin
admin
admin
admin
Page 12: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

59Z CAl'lTOLO SETTIMO

suo Progetto di una psicologia (1895), come pure a Fechner che aveva ispi-rato le sue precedenti opere speculative. All'inizio di AI di là del principio di piacere Freud collega il principio di piacere-dispiacere con il principio di costanza formulato da Fechner [381]. Come osserva Freud: 11Il principio di costanza non è altro che un caso particolare del più generale 'principio della tendenza alla stabilità' di Fechner." Fechner distingueva tre forme di sta-bilitù: la stabilitù assoluta (implicante una immobilità permanente delle parti di un tutto), la stabilità completa (le parti del tutto sono animate da movi-menti tanto regolari che ogni parte del tutto ritorna allo stesso punto a in-tervalli regolari), e una "stabilitù approssimata" (una tendenza più o meno perfetta a ritornare allo stesso punto a intervalli regolari, come nei movi-menti del cuore e in altre attività psicologiche ritmiche). Sembrerebbe che tale sistemazione di Fechner ispirasse una struttura simile per le idee cli Freud. Al principio di piacere-dispiacere egli aggiunse la pulsione di morte (un ritorno alia stabilità completa di Fechner), e la coazione a ripetere come qualcosa d'intermedio tra la stabilità approssimata e la stabilità assoluta.

La nozione di coazione a ripetere fu, dal punto di vista clinico, il contri-buto più originale contenuto in Al di là del principio di piacere, pur essendo giù stata espressa da altri autori. Tarde aveva giù descritto la propensione cli un criminale a rivivere il proprio crimine nell'immaginazione, a ritornare alla scena ilei suo crimine e a ripeterlo, come un esempio particolare di una ten-denza più generale a ripetere, consciamente o meno, atti e situazioni facenti parte della storia individuale [382].

Anche il concetto di Freud di pulsione di morte aveva molti precursori. Von Schubert tra i romantici lo aveva espresso chiaramente, principalmente come un desiderio, nell'ultima parte della vita, di morire [383]. Più vicino all'idea di Freud, Novalis proclamò che ''la vita è finalizzata alla morte" e che "la caratteristica della malattia è l'istinto di autodistruzione" [384]. Al-l'opposto dell'istinto di morte Novalis pose l'istinto di organizzazione, la cui più alta espressione era il linguaggio umano, 1a civiltà, la filosofia. Alla fine del diciannovesimo secolo, lo psichiatra russo Tokarskij scrisse un saggio filo-sofico sulla morte, nel quale, alla maniera degli antichi stoici, dissociava dal-l'idea di morte i vari sentimenti e immagini ad essa collegati, finché non rimaneva in essa nulla di spaventoso [385]. Egli citò un centenario il quale diceva che a una certa età il bisogno di morire veniva altrettanto naturale come i1 bisogno di dormire. Un altro russo, NieCnikov, sostenne che vi era qualche cosa come una pulsione di morte [386]. Egli aggiunse altre osserva-zioni, supponendo che il desiderio di morire dev'essere un sentimento parti-colarmente piacevole, ma che poche persone lo provano, o perché muoiono prematuramerte, o a causa dei disagi della. vecchiaia. Questi due autori russi

FltEUD E LA PSICOANALISI 593

però consideravano l'istinto di morte solo come un desiderio di morire, men-tre l'idea di istinti distruttivi e autodistruttivi fn molto più diffusa per tutto il diciannovesimo secolo. Essa seguiva una tradizione risalente a Hobbes e resa popolare da Darwin e dai darwiniani sociali_. da Lombroso e da Nietz-sche. Fec1mer aveva scritto un singolare breve saggio nel quale avanzava l'idea che la distruzione fosse un principio più fondamentale della crea-zione [387]. Al principio c'era la distruzione; poi la distruzione incominciò a distruggersi, e questa fu la creazione. Anche tra gli psicoanalisti era stato talvolta espresso i1 concetto di una pulsione cli morte. Sabina Spielrein aveva scritto Die Dcstruktion als U rsache des Werdens (La distruzione come causa del divenire) [388]. La teoria cli Rank secondo la quale ogni uomo tende a ritornare nel grembo materno è stata considerata da I\1oxon come un'antici-pazione del concetto freudiano di pulsione di morte [389].

Le classiche coppie di opposti erano Eros-Neikos e Bios-Thanatos, ma non Eros-Tllanatos, sebbene uno scrittore austriaco, Schauka1, avesse pub-blicato una serie di cinque storie brevi di carattere piuttosto tetro con quel titolo [390]. Freud dapprima formulò i suoi concetti come ipotesi, ma in scritti successivi dimostrò di credervi fermamente. In ogni processo psico-logico egli vide la presenza dei due processi. L'eros come una tendenza a formare più ampie unità, e la pulsione di morte, thanatos, come la tendenza contraria; quest'ultimo concetto si avvicina molto alla definizione di evolu-zione e dissoluzione data da Spencer. Freud fu ancora una volta costretto a reinterpretare le proprie teorie delle varie condizioni cliniche; la melan-conia, ad esempio, fu ora da lui considerata come il districarsi di libido e pulsione di morte.

Il concetto di Freud di pulsione di morte incontrò una certa resistenza, anche tra gli psicoanalisti più fedeli. Brun 1 in Svizzera, obiettò che non vi era alcun appoggio biologico alla nozione di pulsione di morte; la morte - egli disse - era il 5nis, ma non il telos della vita. Gli psicoanalisti, come ad esempio Karl Menninger, che applicano la nozione di pulsioni di vita e di morte, lo fanno da un punto di vista empirico e clinico più che da un punto di vista biologico [391]. In realtà, come dimostra Mechler, il concetto freudiano di pulsione di morte può essere meglio interpretato alla luce del-l'interesse per la tematica della morte condiviso da un certo numero di suoi eminenti contemporanei: biologi, psicologi e filosofi esistenziali [392].

Mentre le nozioni contenute in Al di là del principio di piacere furono accolte dagli psicoanalisti con sentimenti confusi, que11e esposte tre anni più tardi in L'Io e l'Es (1923) ebbero grande successo sebbene apportassero am-pie modifiche nella teoria psicoanalitica [393]. Per molti anni la psicoanalisi era stata considerata una psicologia del profondo, primariamente concentrata

admin
admin
admin
admin
Page 13: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

F7 594 CAI'ITOLO SE'l'T!UO

sulla mente ,inconscia e sull'influsso di questa su1la vita cosciente. Freud aveva distinto tre strati psichici: il conscio, il preconscio e l'inconscio. Le nevrosi erano manifestazioni di conflitti tra il conscio e l'inconscio essendo il conscio implicitamente identificato con l'Io. Ora Freud avverti~a che il suo mode1lo concettuale era divenuto inadeguato; considerò 1a vita psichica come prodotto dell'interazione di tre istanze psichiche: l'Io, l'Es e il Su-per-io. L'Io fu definito come "l'organizzazione coordinata dei processi men-tali in una persona"; vi era nell'Io una parte conscia e una parte inconscia; a1l'Io cosciente appartenevano la percezione e il controllo motorio, e all'Io inconscio la censura onirica e i processi di rimozione. Il linguaggio è una funzione dell'Io; i contenuti inconsci divenivano preconsci per mezzo delle parole.

L'Es non era molto diverso da ciò che Freud aveva originariamente de-scritto come l'inconscio, sede sia del materiale rimosso sia delle pulsioni, a cui erano state aggiunte le fantasie inconsce e i sentimenti inconsci, in par-ticolare i sentimenti 4i colpa. Il termine 11 inconscio" era ora un aggettivo usato per qualificare non solo l'Es, ma anche parti dell'Io e del Super-io. Il termine "Es" potrebbe farsi risalire a Nietzsche, ma Freud ammise di averlo ripreso dal Libro dell'Es di Georg Groddeck, che era un ammiratore della psicoanalisi [394].

La parte più nuova dell'Io e l'Es è quella dedicata alla terza istanza, il Super-io, sebbene Freud avesse giù affrontato alcuni dei suoi aspetti sotto il nome di ideale dell'Io. Il Super-io è l'istanza vigilante, giudicante e punitiva nell'individuo, fonte dei sentimenti sociali e religiosi dell'umanitù. La sua origine è nelle prime configurazioni individuali dell'Io, che sono state sor-passate, e soprattutto nell'introiezione della figura paterna come parte della risoluzione del complesso edipico.

La costruzione del Super-io in un individuo dipende quindi dal modo in cui è stato risolto il complesso edipico. D'altra parte, il Super-io riceve la propria energia dall'Es, di qui il suo carattere frequentemente crudele, sadi-stico. Questo nuovo concetto spiegava il ruolo svolto dai sentimenti di colpa nevrotici nelle ossessioni, nella melanconia, ne11'isteria e nella criminalitù. Le idee cli autopunizione e cli criminalitù a causa di sentimenti di colpa sarebbero state in seguito sviluppate e accentuate in psicoanalisi e in crimino-logia. Freud conclude che "l'Es è interamente amorale, l'Io si sforza di es-sere morale, il Super-io può essere ipermorale e cliventare quindi tanto cru-dele quanto solo può esserlo l'Es".

In conseguenza di queste nuove teorie, l'Io viene a porsi in primo piano sulla ribalta della psicoanalisi, specialmente come sede dell'angoscia: angoscia reale, cioè paura causata dalla realtù, angoscia pulsionale per le pressioni del-

FREUD E LA PSICOANALISI

l'Es, e angoscia per senso cli colpa conseguente alle pressioni del Super-io. Freud conclude con una descrizione del miserevole stato dell'Io, sottoposto alle pressioni dei suoi tre padroni. Era chiaro che l'interesse principale de11a psicoterapia sarebbe stato ora quello di soccorrere l'Io riducendo tali pres-sioni e aiutandolo ad acquistare forza.

A molti contemporanei di Freud la teoria della struttura psicologica umana costituita da queste tre entità - Io, Es, Super-io - sembrò sconcer-tante, anche se non vi era in essa nulla di rivoluzionario. Come si è già detto, la nozione di Es può essere fatta risalire ai romantici, e l'essenza del Super-io deriva inequivocabilmente da Nietzsche, in particolare dalla sua Genealogia della morale. La definizione dell'Io come organizzazione coordi-nata dei processi mentali ricordava la funzione di sintesi descritta da Janet, e la forza dell'Io non era molto diversa clal concetto di tensione psicologica di Janet. L'Io era un antico concetto filosofico in una nuova veste psicolo-gica. La definizione di Nacht dell'Io come "l'entità attraverso la quale l'in-dividuo cliventa cosciente della propria esistenza e dell'esistenza del mondo esterno" è quasi uguale a quella che Fichte aveva dato in termini filo-sofici [395].

Nel 1926 Freud pubblicò Inibizione, sintomo e angoscia, un libro che ta-luni analisti hanno giudicato essere la più difficile delle sue opere. L'inibi-zione fu ridefinita come limitazione delle funzioni dell'Io; l'angoscia come una condizione emotiva penosa accompagnata da processi di scarica (en-trambe percepite dal1'indivi<luo). L'angoscia non era più un sintomo, ma una condizione necessaria per la formazione di sintomi. Come giù si affermava nell'Io e l'Es, l'Io è l'unica sede dell'angoscia; l'angoscia può manifestarsi in due circostanze: o quando le barriere protettive del1'Io sono oltrepassate, op-pure come segnale d'avvertimento contro il pericolo derivante dalle pulsioni, a cui l'Io reagisce con varie forme di II difesa". La rimozione non è ora altro che una delle forme di difesa; le altre sono: la formazione reattiva, l'isola-mento e l'annullamento retroattivo. La rimozione è caratteristica dell'isteria, le altre tre difese sono tipiche delle nevrosi ossessivo-coatte. In questa nuova teoria, la rimozione non è più la causa dell'angoscia, al contrario, è l'angoscia che dù origine alla rimozione e alle altre clifese.

Inibizione, sintomo e angoscia segnò una nuova fase nella trasformazione delle teorie di Freud, dalla metapsicologia alla psicologia dell'Io. Sembre-rebbe che questo libretto fosse, almeno in parte, una confutazione della teo-ria di Rank secondo la quale ogni angoscia nasce dal trauma della nascita. Con la maggiore importanza che Freud attribuì all'Io, egli si avvicinò di più ai concetti di Janet (ad esempio, l'idea del meccanismo d'isolamento nelle nevrosi coatte), e di Adler (formazione reattiva come forma di compensa-

admin
admin
Page 14: Ellenberger - La scoperta dell'Inconscio

CAPtTOLO SETTIMO

zionc). Vi sono inoltre somiglianze degne di nota tra le nuove teorie freu-diane dell'angoscia e quelle espresse nel 1859 da I-Ieinrich Neumann [396],

Come conseguenza di queste nuove teorie, l'attenzione della terapia freu-diana si spostò dall'analisi delle forze pulsionali a quella dell'Io, dal rimosso al rimovente. L'analisi delle difese scopriva necessariamente l'angoscia, e il compito dell'analista era a_ra qucilo di dissipare l'eccesso di angoscia e di raf-forzare l'Io perché potesse fronteggiare la realtù e controllare la pressione deIIe pulsioni e del Super-io.

Un ulteriore p;:isso verso ]a psicoanalisi dell'Io fu compiuto da Anna Freud con il suo libro L'Io e i meccanismi cli difesa, che descrive la varietù dei meccanismi di difesa dal punto di vista_ teorico e pratico [397]. Freud stesso aveva ridefinito l'Io come un sistema di funzioni (fronteggiare la realtà, controllare le pulsioni e integrare le tre "istanze" delia personalità), un sistema operante con la propria energia desessualizzata. Nelle sue ultime opere egli sottolineò gli aspetti biologici dell'Io, sostenne che esso possedeva caratteristiche ereditarie e indicò l'autoconservazione come una delle sue funzioni principali (398].

Il passo finale verso la moderna psicoanalisi deII'Io fu segnato dalla cele-bre monografia cli Heinz Hartmann del 1939, che sottolineò l'autono-mia dell'Io e la sua funzione di adattamento. Questo scritto avrebbe ispirato una generazione cli psicoanalisti, ma Freud era ormai giunto al termine del-l'opera sua [399].

La tecnica psicoanalitica

La creazione cli Freud di un nuovo metodo psicoterapeutico fu un lungo processo che subì una successione di metamorfosi, dai suoi primissimi ten-tativi fino alla fine della sua vita, e che sarebbe stato continuato dai suoi di~ scepoli dopo 1a sua morte.

Non sappiamo con certezza come Freud curò i suoi primi pazienti nevro-tici. Forse applicò quel metodo intuitivo, non sistematico, che rientrava nella tradizione del medico comprensivo per i problemi dei pazienti e dispo-sto ad aiutarli offrendo loro appoggio e direzione. ]\;folto probabilmente egli si giovò degli insegnamenti di Ivioritz Beneclikt circa l'importanza del1a se-conda vita (sogni a occhi aperti, desideri repressi, ambizioni) e del segreto patogeno, ed è noto che applicò la tecnica di Bernheim deIIa suggestione ipnotica.

La prima descrizione di una psicoterapia propriamente freudiana apparve nel 1895 nel contributo di Freud agli Studi sull'isteria. In questa fase era un adattamento del trattamento catartico di Breuer e quasi uguale al proce-

FREUD E LA PSICOANALISI S97

dimcnto cli Janet. Probabilmente ispirato dalla terapia di \Veir ì\1itche11 fu l'uso sussidiario del rilassamento fisico (per il quale sarebbe stato adott;:ito il divano psicoanalitico). Considerata la difficoltà che egli aveva nell'ipnotiz-zare i propri pazienti e ricordando che Bernheim era in grado cli far ricor-dare al soggetto, nello stato di amnesia postipnotica, ciò che era accaduto sotto ipnosi, Freud diceva ai suoi pazienti cli chiudere gli occhi e di concen~ trarsi. 1'v1entre premeva 1a mano sulla fronte del paziente, lo rassicurava che il ricordo dimenticato sarebbe riaffiorato. Talvolta faceva questo in modo diretto, altre volte attraverso le catene di associazioni. Freud inoltre osservò che i sintomi nevrotici s'intensificavano quanto più ci si avvicinava al nucleo patogeno.

NeUo stesso contributo sono definiti per la prima volta i concetti di "re-sistenza" e di "traslazione". Freud aveva osservato in alcuni casi un rallen-tamento o un arresto de11'associazione libera, e denominò questo fenomeno resistenza, cercando di analizzarlo [400]. Egli considerò la resistenza come il risultato o di cause interne (dal materiale stesso), o di cause esterne, colle~ gate in qualche modo al terapeuta. Talvolta il paziente si sentiva trascurato dal medico, ed era sufficiente una semplice spiegazione per far riprendere il flusso associativo. Talvolta il paziente temeva di diventare troppo dipen~ dente dal medico. Talvolta, anche, il paziente trasferiva ricordi penosi sul terapeuta; il compito di quest'ultimo era di rendere il paziente consapevole della resistenza e scoprirne 1' origine nella storia deIIa sua vita.

Cinque anni dopo, nel 1900, L'interpretazione dei sogni offrì alla psico• terapia un metodo pratico per l'interpretazione dei sogni.

Una descrizione del metodo psicoanalitico di Freud, scritta nel 1903 su richiesta di LOwenfelcl e pubblicata nel 1904, illustra le modifiche che esso aveva subito nei dieci anni precedenti [401]. Il paziente viene ancora fatto sdraiare su un divano, ma il medico ora sta seduto su una sedia dietro di lui, fuori dal suo campo visivo. Il paziente non deve pill chiudere gli. occhi, né Freud gli pone più 1a mano sulla fronte. Il metodo dell'associazione libera è ora dominato da una regola fondamentale: il paziente deve dire tutto ciò che gli passa per la mente, anche se lo ritiene assurdo, immorale o penoso. Freud spiega come analizza la resistenza con le lacune e le deformazioni nel mate-riale ottenuto. Si sviluppa una nuova ampia tecnica d'interpretazione che utilizza come materiale non sok le associazioni libere e la resistenza, ma an-che gli atti mancati, le azioni sintomatiche e i sogni del paziente. Freud re-spinge ora l'uso deII'ipnosi e afferma che la tecnica psicoanalitica è molto più facile a praticarsi di quanto il lettore possa supporre da una descrizione scritta.

Un anno dopo, nel 1905, comparve il Frammento di un'analisi d'isteria