Elisa e la stanza magica

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ELISA e “LA STANZA DEI SOGNI” Scuola dell’infanzia Albertario Sezione 4 anni” Direzione didattica 3° Circolo di Carpi Anno scolastico 2011/12 ELISA e “LA STANZA MAGICA”

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percorso di psicomotricità alla scuola d'infanzia

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ELISA e “LA STANZA DEI

SOGNI”

Scuola dell’infanzia Albertario

Sezione 4 anni”

Direzione didattica 3° Circolo di Carpi Anno scolastico 2011/12

ELISA e “LA STANZA MAGICA”

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ELISA E “LA STANZA DEI

SOGNI”

Insegnanti Anna Grazzi Fortunata Molinaro

Psicomotricista : Dott. Ssa Elisa Montanari

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PREMESSA

L’intervento psicomotorio ha trovato grande riscontro nella Scuola dell’Infanzia come elemento che integra le attività quotidiane che vengono svolte. I vantaggi che vengono apprezzati si riferiscono allo sviluppo del pensiero simbolico creativo e all'opportunità di interiorizzazione di regole sociali che risultano indispensabili alla vita dei bambini in gruppo La psicomotricità, inoltre, permette l’emergere di comportamenti solidali e valorizzazioni individuali che possono avere ricadute positive sulle relazioni all’interno della sezione. Le finalità dell’intervento psicomotorio alla scuola dell’infanzia, quindi, si possono riferire all’area della prevenzione al disagio comportamentale (non della cura/terapia) e riassumere nei seguenti punti fondamentali:

1) Sostenere una visione positiva del bambino (come competente, creativo, in grado di partecipare al proprio percorso di crescita) fornendogli uno spazio di espressione, comunicazione e benessere relazionale, in cui venga valorizzato l’Altro e il gioco nella sua funzione evolutiva;

2) Favorire l’ascolto e l’accoglienza della dimensione corporea all’interno della realtà scolastica (creazione di spazi comodi, ritmi di lavoro equilibrati e attenzione alla dimensione emozionale) per facilitare lo sviluppo del piacere senso-motorio e per consolidare la percezione dello schema corporeo del bambino, fondante dei successivi processi di apprendimento;

3) Fornire uno spazio che sostenga lo sviluppo e la presa di coscienza dell’identità di ogni bambino attraverso il confronto con i coetanei e l’attenzione e valorizzazione della sua capacità immaginativa e progettuale.

4) Fornire agli insegnanti un supporto alla gestione delle dinamiche interpersonali che si sviluppano all’interno della dimensione educativa;

5) Facilitare l’inserimento dei bambini nel gruppo sezione e promuovere la socializzazione e la cooperazione di gruppo.

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LA MODALITA’ DELL’INTERVENTO PSICOMOTORIO PROPOSTA DA ELISAL’attività psicomotoria proposta ai bambini da Elisa privilegia particolari elementi:

1. La stretta connessione tra dimensione “simbolica” e dimensione “senso-motoria” del gioco libero che diventa, così, linguaggio e strumento di comunicazione, non semplice esercizio di stile. Il corpo ed il movimento sono centrali in quanto dirette espressioni dell’emotività personale. Si agisce, perciò, a partire dalle motivazioni profonde del bambino, accompagnandolo nel percorso di riconoscimento delle risorse che lo caratterizzano e di evoluzione delle sue capacità espressive. Tali ricchezze “riverberano” attraverso il gioco di gruppo dando il via ad un meccanismo di riconoscimento e di rispetto reciproco;

2. Il piccolo gruppo come contenitore adeguato per significati e vissuti emotivi individuali e come contesto ideale per una osservazione approfondita del bambino. Il piccolo gruppo, inoltre, permette al bambino di avere molti feedback riguardo le sue azioni portandolo a modellare e migliorare da solo il suo comportamento;

3. Poche, ma chiare e ripetute regole sociali, fondamentali per la sicurezza e il benessere psico-fisico dei bambini e per assicurargli il divertimento;

4. Obiettivi che puntano all’educazione sociale del bambino ed alla prevenzione del disagio nell’area del comportamento sia all’interno del gruppo dei pari che in relazione al mondo adulto. La finalità principale, infatti, è quella di promuovere l’integrazione e l’armonizzazione dello sviluppo del bambino, agevolando l’apertura alla comunicazione e al pensiero simbolico;

5. Lo spazio psicomotorio come “palestra emotiva” in cui il bambino può “allenarsi” a crescere attraverso il movimento, il gioco e il confronto con l’Altro da Sè;

6. La non direttività del conduttore all’interno delle sedute di gioco che osserva ciò che il bambino realizza spontaneamente e vi si lascia coinvolgere valorizzando e facendo emergere le sue risorse autentiche. Lo psicomotricista si offre, cioè, come facilitatore e non propositore di giochi, “parla” coerentemente con tutto il corpo, ascolta i diversi linguaggi del bambino e cerca di rispondere allo stesso livello, in modo da restituire risposte rassicuranti ed incoraggianti. In questo senso, non ci sono forzature, ma il rispetto completo desideri e bisogni di gioco emergenti dei bambini.

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Elisa è la maestra che ci fa divertire un sacco…Emma

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SPAZI…Per preparare la sezione all’incontro di psicomotricità, si sono tolti i tavoli e le sedie e si sono messi da parte per fare più spazio possibile. Sono stati messi via anche i giochi della sezione e coperti con teli gli scaffali per permettere ai bambini di concentrarsi maggiormente sull’attività. La sala è stata poi attrezzata, di volta in volta, con materiali di proprietà della scuola o che ci ha portato Elisa..

TEMPI…In tutto abbiamo fatto 12 incontri di psicomotricità, a cadenza settimanale, a partire da dicembre 2011 fino ad febbraio 2012. Ogni venerdì mattina Elisa giocava con 4 gruppi di 6 o 7 bambini ciascuno per 45 minuti, alla fine dei quali era previsto il momento del disegno al di fuori della sezione, in uno spazio adibito con fogli e colori.

FASI DELL’INCONTRO…Ogni incontro era strutturato in diverse fasi attraverso le quali ogni gruppo poteva affrontare vissuti e compiti evolutivi diversi, ma tutti fondamentali per la buona riuscita dell’attività: l’entrata in sala, il cerchio dell’appello e delle regole, i giochi, il riposo, il riordino, l’uscita dalla sala e il disegno. In particolare, Elisa sottolineava spesso ai bambini i momenti di passaggio da una fase all’altra facendoli fermare, parlando di cosa si era fatto o si voleva fare e ribadendo che ogni attività aveva il suo “tempo e spazio” per essere realizzata. Tutto ciò era importante affinchè i bambini percepissero la realtà in modo più strutturato e quindi comprensibile, prevedibile e controllabile. Molti bambini vivono il tempo come un contenitore vuoto in cui perdersi o come spazio da riempire costantemente per non essere sopraffatti dall’ansia. Ciò li porta a non ricordare ed apprezzare nulla di ciò fanno e a muoversi in modo caotico nello spazio e nelle relazioni. Dandogli confini temporali e fisici, invece, i bambini sono spronati a riflettere su ciò che fanno (o hanno fatto) e in tal modo rafforzano capacità cognitive, quali l’organizzazione spazio-temporale, e prendono coscienza del proprio agire, delle proprie emozioni e dell’originalità portate dagli Altri. Rafforzando e ricordando le sue esperienze, inoltre, il bambino impara da loro sviluppando così la capacità cognitiva dell’anticipazione che è fondamentale per l’inserimento alla scuola primaria, in particolare per l’apprendimento della lingua e per lo studio.

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1. L’ENTRATA IN SALA… Non si tratta solo di infilarsi un paio di scarpe, ma sulla porta bambini vengono accolti in modo attento e rassicurante e si ribadisce loro la necessità di entrare in modo tranquillo e non caotico in una sala dove potranno fare tanti giochi solo se sono pronti per farlo. Questo primo “confine” permette aibambini, soprattutto quelli più fragili emotivamente, di tenere distinta la realtà dalla fantasia e di prepararsi ad accogliere la dimensione di gruppo. Attenzione e autocontrollo sono gli ingredienti chiave per percepire gli altri e per condividere con loro tutti i giochi che si desiderano. La sezione così si può trasformare veramente nella “STANZA MAGICA”…

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2. IL CERCHIO DELL’APPELLO Quando i bimbi entrano in sala vengono invitati a

sedersi sopra a cuscini, già sistemati in cerchio, con le gambe stese verso il centro.

Elisa, o i bimbi a turno, cantilenano una breve filastrocca toccando i piedi dei presenti. Il bimbo a

cui viene toccato il piede per ultimo dice il suo nome e ritira i piedi incrociando la gambe.

Ecco, così, che il “pentolone” confuso di piedi, porta i bambini all’interno di una dimensione gruppale

intima dove, però, non ci si dimentica di ogni bellissima e originale “individualità”. Ogni bambino, infatti, oltre a ribadire la sua presenza al gruppo e a

rinnovare il patto di ascoltare e ascoltarsi, può esprimere i suoi desideri di gioco,

ricordare le cose importanti fatte insieme agli altri la volta precedente e condividere

aspettative con i compagni. E questo spazio i bambini se lo prendono proprio…tutti vogliono dire la loro quando arrivano in sala finchè qualcuno non ribadisce il

desiderio impellente di andare a giocare e di mettere da parte le parole per dopo.

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“Noi ci sediamo sul cuscino e mettiamo i piedi dritti e poi noi diciamo una canzone :- pentolone, pentolone di chi è questo piedone?- e quindi l’altro deve dire il nome e poi incrociare i piedi. (Tommaso)

Anche i bambini assenti fanno parte del gruppo poiché vengono “pensati” dagli altri. Ci si chiede come e cosa stiano facendo e ci si rammarica per la loro assenza rimandando i giochi con loro alla

volta successiva.

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3. LA CONDIVISIONE DELLE REGOLE

Dopo il “Pentolone” arrivava il momento delle regole. Elisa, all’inizio, le aveva spiegate chiaramente ai bambini attraverso esempi e tutte le volte le faceva ripetere con precisione ad alta voce. Se i bambini trasgredivano alle regole durante il gioco, Elisa, molto attenta, li richiamava e li allontanava per un po’ dal gioco per ricordargliele. All’interno della sala, quindi, i bambini non erano proiettati solo in una dimensione caratterizzata di affetto e attenzione, ma anche di regole che li sostenevano nell’incanalare e strutturare la loro impulsività (azione di contenimento). Questi confini, posti con chiarezza e fermezza da un adulto che giocava con loro, erano rassicuranti per i bambini poiché erano garanzia di sicurezza e di tranquillità emotiva. I desideri di gioco potevano così essere esauditi senza preoccuparsi di un compito che spetta agli “adulti”. Le regole, inoltre, come ci ha spesso ribadito Elisa, danno al bambino la possibilità di provare piccole frustrazioni (per tollerare poi meglio quelle con cui avrà a che fare in futuro) e gli permettono di avere maggior consapevolezza riguardo il proprio agire. Tutto ciò lo porta ad apprezzarsi maggiormente e ad accrescere la propria autostima. Importante è che l’adulto sia coerente e fermo nel dargliele e sottolinei al bambino non solo le regole che ha evaso, ma soprattutto quelle che ha rispettato per dimostrargli che non sono una punizione, ma uno stile di vita sano che cerca di trasmettergli una persona con più anni di esperienza alle spalle. Noi insegnanti ci siamo accorte, inoltre, che quando i bambini rispettavano le regole erano più sereni e sorridenti, andavano alla ricerca di giochi di gruppo più che individuali ed erano più cercati dagli altri per condividere i giochi. D’altra parte, quando non le rispettavano, sembrava quasi che gli altri non esistessero e che il corpo iniziasse a vagare in modo caotico e nervoso per lo spazio, senza obiettivi ludici, solo egocentrici. Il risultato era che i bambini erano incostanti nei giochi, rischiavano spesso di farsi male o fare male agli altri e dopo un po’ erano isolati dagli altri. In questo senso, il gruppo dei coetanei fungeva da forte rispecchiamento rispetto al proprio modo di comportarsi ed aiutava i bambini con più difficoltà di contenimento a cercare nuove strade per “vivere la sala” rinforzando le loro azioni positive e continuando a giocare con loro anche se avevano generato caos o fastidio in precedenza.

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1° Non bisogna farsi male

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2° Non si fa male agli altri

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3° Non si distruggono i giochi degli altri

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4. I GIOCHI CON I MATERIALI NON STRUTTURATI…

I materiali che Elisa ha presentato ai bambini durante gli incontri non sono strutturati (non sono connotati cioè da simboli precostituiti a cui bisogna adeguarsi passivamente), hanno una forte carica affettiva ed emotiva, forniscono un’ampia varietà di stimolazioni di carattere percettivo (sono di vario tipo, forma e colore) e rispondono a criteri di manipolazione e di trasformazione (sono morbidi o duri, pieghevoli o rigidi). In quanto tali possono avere diverse funzioni che vanno incontro ad esigenze evolutive e bisogni diversi del bambino:

1. Funzione transizionale: di accompagnamento, rassicurazione e consolazione. L’oggetto sostituisce una presenza o protegge da paure e in quanto tale si abbandona gradualmente, solo se c’è un adulto che ce ne assicura la tutela e il ritrovamento. Ecco perché è così importante per Elisa la regola di non distruggere i giochi degli altri.

2. Funzione sensomotoria: di sostegno al bambino quando si mette in gioco attraverso il proprio corpo affrontando paure e ansie di prestazione e andando alla ricerca delle sue possibilità e competenze fisiche. Gli oggetti permettono, inoltre, di cimentarsi in giochi di coordinazione oculo-manuale, abilità fondamentale per lo sviluppo del pre-grafismo e della futura capacità di scrivere.

3. Funzione di prolungamento del Sé e di successivo strumento per agire sul mondo: per esplorare sé stessi o il mondo esterno, per entrare in contatto con gli altri, e poi per intervenire in modo attivo sulla realtà che li circonda.

4. Funzione sociale: cioè di mediazione nella e della relazione. Questa funzione viene appresa e, quindi, sfruttata dal bambino attraverso l’aiuto e la supervisione dell’adulto che, attraverso le regole, definisce e sottolinea la modalità d’uso degli oggetti o gli dimostra come utilizzarli per raggiungere i suoi scopi.

5. Funzione di contenimento emotivo: di autoregolazione dei comportamenti legati al proprio vissuto emotivo.

6. Funzione creativa: di sostegno allo sviluppo del pensiero creativo, lasciando al bambino la possibilità di costruire liberamente significati che possono essere ristrutturati o ampliati con l’apporto dei compagni di gioco.

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CUSCINI: di diversi colori e usati per sedersi nel cerchio dell’appello e delle regole, per costruire confini, affrontare una sfida, riposarsi o creare oggetti da regalare/vendere agli altri

STOFFE: di tanti colori e lunghezze diverse. Sono state usate per incentivare l’avvio al gioco simbolico (il travestimento, la costruzione dello spazio, l’individuazione e rappresentazione del proprio personaggio), per sfogare l’aggressività, per nascondersi, per avvolgere malati o bambini bisognosi di coccole

PALLONI: piccoli, morbidi e colorati che favoriscono la comunicazione a distanza, l’espressione dell’aggressività, l’espressione dinamica del gioco e la coordinazione oculo-manuale.

CERCHI: usati anch’essi per sperimentare nuove abilità di coordinazione oculo-manuale, per delimitare spazi, contenere, catturare e circoscrivere campi di azione.

CORDE: di tanti colori e lunghezze diverse, usate per i giochi di confronto e il piacere dello scambio tonico, per stabilire o rappresentare nuove alleanze e legami, per arricchire la dimensione dell’avventura, per suddividere lo sala in spazi più piccoli o per catturare e legare qualcuno.

PARACADUTE: grande telo con colori diversi, usato per realizzare giochi in cui era prevista la coordinazione delle azioni di gruppo (es: non far cadere una palla posta in mezzo al telo e che si deve fare muovere tutti insieme) e per costruire insieme grandi contenitori comuni i cui consolidare i legami creati nel gioco e favorire così una graduale strutturazione affettiva del gruppo (es: il tetto delle case).

SCATOLONI: usati come confini o per costruire torri.

BASTONI: ovvero i tubi che si usano in piscina per galleggiare e che sono stati usati per combattere con gli altri, per definire confini o per giocare a giochi motori strutturati (es: il baseball)

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gruppale a quella individuale o di coppia dei giochi. Questi, inoltre, sono divenuti sempre più frenetici, caotici e incostanti. Verso la fine del percorso, allora, Elisa ha tolto molti oggetti, lasciandone solo 4 e facendone scegliere uno al gruppo a metà incontro. Si procedeva, così, alla votazione e la maggioranza vinceva la scelta. Questa modalità di presentazione dei materiali ha permesso ai bambini di ritrovare il gruppo e di fare giochi più lunghi dove poter “appagare” fino in fondo i propri bisogni e desideri individuali. Meno oggetti significano meno stimoli. Meno stimoli portano a meno ansia di dover fare tutto e subito. Meno ansia porta alla possibilità di concentrarsi maggiormente su ciò che si fa e, di conseguenza, farlo meglio.

Ad ogni incontro Elisa ha presentato ai bambini un oggetto diverso lasciando a loro disposizione tutti quelli presentati precedentemente. Questo inserimento graduale dei giochi all’interno dello spazio permetteva ai bambini di esplorarli ed utilizzarli scoprendone le proprietà e potenzialità funzionali alle esigenze evolutive personali e ai desideri dei singoli gruppi. Si è passati, così, da uno spazio strutturato e semplice, con pochi punti di riferimento stabili, ad uno sempre più ricco di stimoli e totalmente trasformabile. Se da una parte ciò ha portato all’emergere delle singole individualità e dei desideri dei bambini, dall’altra ha visto il passaggio dalla dimensione

…MA POCHI ALLA VOLTA

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FACCIAMO IPOTESI SULL’OGGETTO CHE

VERRA’ PRESENTATO…

Dalle fantasie di ogni bambino nascono aspettative e desideri che fremono per realizzarsi e

che vengono condivisi con altri.

… E CONOSCIAMOLO INSIEME…

L’”ESPLORAZIONE” DELLE STOFFE

Si parte per l’”esplorazione” delle potenzialità creative e

ludiche del materiale utilizzandolo individualmente

e con gli altri

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L’”ESPLORAZIONE” DEI CERCHI

Mi è piaciuto giocare a fare il cavaliere …mi sono piaciute tutte le cose ..anche le regole stavo buono .Mattia

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“Io ero il cavallo di Christine e poi sono entrato in casa a prendere le palline. Correvo e scappavo da Ykai ”

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L’”ESPLORAZIONE” DELLE CORDE

...ho giocato e ho fatto il cane.Rebecca

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L’”ESPLORAZIONE” DELLE PALLINE

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L’”ESPLORAZIONE” DEI BASTONI

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…ADESSO TRASFORMIAMO GLI OGGETTI IN MILLE GIOCHI DIVERSI…Solo dopo averlo conosciuto in modo approfondito, il bambino può usare l’oggetto in modo creativo e costruttivo

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(

I GIOCHI MOTORI… sono i giochi tipici dei primi incontri di psicomotricità o quando viene presentato un nuovo oggetto ai bambini. È da qui che il bambino parte, come se fosse una fase di “riscaldamento del Sé”, per arrivare al gioco simbolico e socializzato degli ultimi incontri.

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…IL GIOCO DEL BASEBALL…

Un bambino ha visto in sala l’accostamento di palline e bastoni e ha proposto il gioco del baseball che ha coinvolto tutti gli altri fino alla fine dell’incontro. I bambini trovavano tanta soddisfazione nel riuscire a colpire la pallina ed Elisa insegnava loro come muovere il braccio e a cosa stare attenti. Alla fine, dopo un po’ di esercizio, tutti sono riusciti in questa difficile attività di coordinazione oculo-manuale.

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Tutti contro Elisa

LE SFIDE DI FORZACon questi giochi i bambini possono testare e rivalorizzare la loro forza e le loro competenze accrescendo così l’immagine che hanno di loro stessi anche agli occhi degli altri. Nella sfida, inoltre, il bambino ritrova il gruppo, compagni con cui creare alleanze e vissuti che verranno ricordati anche al di fuori della sala.

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LA CATTURA DI ELISA

I bambini traevano molta soddisfazione nel legare Elisa e nel “renderla inoffensiva”. In questo gioco potevano emergere sia i tipici desideri di rivalsa dei bambini verso un mondo adulto che a volte è ingombrante e opprimente, sia impulsi aggressivi legati alla sfera del possesso e del dominio o controllo della realtà circostante che a volte li spaventa perché troppo caotica o ansiogena. In questo senso, il gioco del legare permetteva ai bambini di incanalare in attività costruttive, e non distruttive, la propria carica pulsionale aggressiva che aumentava al diminuire

del potere di azione dell’adulto. La funzione di Elisa all’interno della sala, quindi, era quella, allo stesso tempo, di “strumento” a servizio dei bambini e di adulto che che aveva il

compito di contenere le emozioni regolando il comportamento.

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APPENDERE I PANNI E CREARE SPAZI NUOVI

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LA DEFINIZONE DI CONFINI CHIARI E VISIBILI CHE MI AIUTERANNO A ….

giochi e potessero contenere i vissuti e le azioni di bambini che avevano difficoltà di contenimento. Il messaggio, in particolare, che è stato passato da Elisa ai bambini all’interno della sala è che il rispetto dei confini e, quindi dei giochi altrui, è alla base del divertimento. E questo sembra essere stato colto dai bambini poiché spesso manifestavano l’apprezzamento per la terza regola della sala o ripetevano le regole ai compagni quando non le rispettavano. Se il bambino rispetta un confine, sta rispettando una esigenza della persona che lo ha posto. Questa complicità di intenti permette al bambino non solo di rispettare gli altri, ma anche di escogitare nuove soluzioni per ottenere ciò che vuole (crescita cognitiva) e di sviluppare le sue capacità di autocontrollo utili a sostenere la cognizione in momenti di futura difficoltà emotiva.

Elisa ha spesso ribadito ai bambini l’importanza di definire, all’interno della sala, un proprio spazio di azione aiutandosi con gli oggetti presenti di volta in volta. Ciò permetteva ai bambini di creare contesti ludici più chiari che potessero sostenere o aiutare lo sviluppo e l’articolazione dei propri

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…REALIZZARE GIOCHI DI RUOLO CON GLI ALTRI…

“Ho disegnato Alessandro che in mano

ha un cannone che sparava ai mostri.

Io davo una mano ad Ale per sparare”

Abbiamo giocato con i cerchi e poi Emma si è ferita ma per finta e poi le coprivo la ferita. Abbiamo costruito una casa, ci siamo andati tutti dentro”

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LE TORRI Gioco di equilibrio e di rafforzamento del Sé. Più la torre è alta e costruita in modo complesso, più il bambino sperimenta piacere a buttarla giù perché tutte le volte scopre di “esserne stato all’altezza”.

“Ho fatto Manuel, Andrea, me e l’Annalaura. Abbiamo fatto il fantasma e lanciavamo tutte le palline e poi abbiamo buttato giù tutti gli scatoloni”

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COSTRUIRE E DISTRUGGERE PER POI RICOSTRUIRE IN MODO SEMPRE PIU’ COMPLESSO

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IL GIOCO DEI CAGNOLINI

I bambini chiedevano ad Elisa o ai compagni di essere legati con un “guinzaglio” e di essere portati a spasso come cagnolini. Questo gioco permetteva ai bambini di sperimentare un ruolo molto difficile da tollerare in un’età dove la sfida all’adulto per il potere è all’ordine del giorno: il ruolo del “dominato”.

“Abbiamo fatto i cavalli e poi ci siamo messi nel cerchio in due con Emma a cavallare. Poi Elisa ci tirava tutte le corde con i tubi e poi galoppavamo con i cerchi”

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IL RIPOSO E IL RIORDINOL’avvicinarsi della chiusura dell’incontro veniva sempre annunciato da Elisa in modo esplicito e ripetitivo, con una frase rituale (“Ultimi giochi, ultimi giochi” e dopo un po’ il conteggio da 10 a 0). Ciò favoriva una progressiva preparazione al distacco da parte dei bambini dall’investimento emotivo messo in campo, sullo spazio, sugli oggetti e nelle relazioni. I bambini erano invitati, successivamente, a trovarsi un posto tranquillo dove rilassarsi con un cuscino e una stoffa. Questo momento del riposo, a volte però, era difficile da accettare da parte di alcuni. C’è chi continuava a girare per la sezione, giocherellava con il compagno accanto o parlava ad alta voce. In quella situazione, Elisa ribadiva ai bambini che sapeva quanto fosse difficile per loro finire i giochi, ma che era necessario per il loro benessere. Dopo aver aspettato un po’ che si calmassero da soli, se non riuscivano a fermarsi, li accompagnava lei stessa in un posto tranquillo e li faceva accomodare dicendogli che quello era luogo adatto per loro. Se era necessario, si sedeva a fianco o li allontanava dagli altri bambini per non disturbarli. Tutto ciò, però, non era avvertito come una punizione perché Elisa era ferma e decisa, non alzava la voce e sottolineava il fatto che era lei che avrebbe avuto l’ultima parola sulla modalità del riposo scelta dai bambini perché era l’adulto in sala. Il momento del riposo diveniva, così, un atto intenzionale di presa di distanza che i bambini hanno appreso molto gradualmente, ma che serviva loro per passare ad altre attività in modo sereno e ragionato. Coltivare questi momenti di distacco diventa molto importante per l’adulto per poter gestire in modo produttivo il rapporto tra gioco e lavoro del bambino, tra il suo desiderio di essere per sempre piccolo ed imparare a crescere, tra la dipendenza dall’adulto e una progressiva assunzione di responsabilità personale. Dopo la fase del riposo arrivava sempre quella del riordino dove i bambini erano invitati a scegliere un oggetto da salutare e riporre al suo posto. Anche in questo momento era importante ricordare loro con costanza che i giochi erano proprio finiti e questo era un momento di lavoro, in cui venivano messe alla prova nuove abilità: di coordinazione, di accordo, di forza, di velocità. Elementi fondamentali di questa attività, quindi, sono stati: l’esempio di bambini già in grado di mettere in gioco la loro capacità di autoregolazione, l’organizzazione e l’aiuto costante dell’adulto supervisore, la motivazione ad essere pari ai compagni più responsabili e capaci di mettere il proprio impegno a disposizione degli altri.

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5. IL RIPOSO

“Eravamo sdraiati, avevamo le coperte e i cuscini … ci sdraiavamo per riposarci un po’ “ Nicole”

“Abbiamo usato i cuscini e abbiamo dormito”

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6. IL RIORDINO

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7. SALUTIAMO LA “STANZA MAGICA”…

I bambini, salutando la stanza prima di uscire, prendevano ulteriore distanza dai giochi e vissuti dell’incontro rimandandoli alla volta successiva.

Salutare lo spazio significava anche tornare all’insegnante che li aveva osservati per tutto il

tempo e che adesso poteva condividere con loro i giochi fatti attraverso la verbalizzazione del

disegno. Questa funzione di rispecchiamento e di rinforzo offerta ai bambini, dava anche la

possibilità a noi insegnanti di riappropriarci del nostro ruolo di guida attraverso l’espressione

delle proprie emozioni.

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8. IL DISEGNO DEI GIOCHI FATTI IN SALA

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Una volta fatto il disegno, i bambini erano invitati a verbalizzarlo, cioè a riconoscerne gli elementi e a ricomporli in una narrazione di storie vissute individualmente o insieme agli altri compagni. In questo senso disegnare significava decentrarsi, ovvero “tirare fuori” da sé i ricordi e i vissuti emotivi delle esperienze fatte in sala per osservarli dall’esterno, rielaborarli e riappropriarsene.

“Ho disegnato il muro e poi noi abbiamo lanciato le palline agli altri bimbi che erano in un’altra casa fatta con le stoffe”

“Abbiamo fatto una casa che poi è diventata un negozio per comprare tanti giochi, spade e tante palline. Poi la tata Elisa ha aggiustato la nostra casa quando si rompeva” “Abbiamo fatto i cani; io facevo il gatto e la Sophie

faceva il cane. Poi io ero il cane di Annalaura e poi Annalaura ha fatto la cagnolina e io ero la padrona e ci siamo legate con il guinzaglio

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I BAMBINI E LE BAMBINEMattia ManuelSali MelissaAlessandro AndreaGiuseppe AyaRebecca AnnalauraSophia Tommaso Nicole ChristineAlessio HooriaRichard SufiyanEmma LiuNicolò LorenzoSabrine Maria StefaniaGioele Ykai

“Vivere” i bambini da un diverso punto di vista.