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A cura di Marina Barbiroli e Doriana Guiducci Dicembre / Gennaio 2014 Elettromagnetismo: coscienza collettiva regole e necessità Italia 225 volte più prudente Supplemento al numero 297 di Dedichiamo questo speciale di Media Duemila ad un argomento che necessita di informazioni trasparenti, autorevolezza, divulgazione oggettivamente corretta. Il quadro normativo locale, quello dell’Europa che impone agli Stati di recepire le nuove direttive entro il 2016, l’attenzione che i media dedicano all’argomento sono alla base di questa scelta che punta all’analisi di un contesto che coinvolge anche la salute, ma è strettamente collegato allo sviluppo economico, sociale e culturale di un Paese, dove potenziamento e modernizzazione della rete sono deter- minanti per la crescita. Rossella Lehnus, ricercatrice Fondazione Ugo Bordoni, nel suo articolo propone una visione necessaria alla vita moderna, dove gli eccessi sono banditi. “Oggettiva- mente essere 225 volte più prudenti di tutto il resto del mondo è un’esagerazione – spiega Rossella Lehnus (pagina 32) – che non trova spiegazione scientifica ma che ha condizionato negativamente anche le modalità di deployment delle nuove reti LTE con conseguenti realiz- zazioni più costose con un maggior numero di nuovi impianti e siti. Ed ecco quindi un ulteriore elemento che contribuisce al circolo vizioso: alti costi di infrastrutturazione, scarsa domanda, scarsa qualità del servizio offerto”. Come sempre attraverso gli interventi pubblicati offriamo uno strumento di conoscenza utile a comprendere l’ambiente che circonda l’uomo del terzo millennio. False paure, emozioni col- lettive troppo spesso si diffondono, anche senza un vero motivo ed attraverso i social media promuovono ondate di passioni che nascono e muoiono. Nel 2006 in due settimane sono stati pubblicati 480 articoli sull’elettromagnetismo; nel 2012 solo 72 in dieci mesi. Le cifre indica- no precisamente quanto anticipato: esplosione mediatica e poi calo senza motivi scatenanti, nell’uno o nell’altro caso. Questa volta nessuna divisione fra Nord e Sud, il nostro Paese dedica attenzione uguale in ogni parte dello stivale all’argomento “inquinamento elettromagnetico”. Alessandro Luciano, presidente della Fondazione Ugo Bordoni, nell’articolo che parla dello speciale entra subito nel vivo delle peculiarità italiana rispetto al resto dell’Europa ed anche dei Paesi extraeuropei e spiega: “Spiccano due elementi di fondamentale importanza, che porta- no a considerare con maggior riguardo ed attenzione la tematica dei campi elettromagnetici: da un lato la maggiore sensibilità da parte della popolazione riguardo ai potenziali effetti sulla salute associati all’esposizione; dall’altro, il fatto che le reti radiomobili abbiano da sempre conosciuto maggior diffusione ed utilizzo rispetto ad altri Paesi”.

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A cura di Marina Barbiroli e Doriana Guiducci

Dicembre / Gennaio 2014

Elettromagnetismo:coscienza collettiva regole e necessità

Italia 225 volte più prudente

Supplemento al numero 297 di

Dedichiamo questo speciale di Media Duemila ad un argomento che necessita di informazioni

trasparenti, autorevolezza, divulgazione oggettivamente corretta. Il quadro normativo locale,

quello dell’Europa che impone agli Stati di recepire le nuove direttive entro il 2016, l’attenzione

che i media dedicano all’argomento sono alla base di questa scelta che punta all’analisi di un

contesto che coinvolge anche la salute, ma è strettamente collegato allo sviluppo economico,

sociale e culturale di un Paese, dove potenziamento e modernizzazione della rete sono deter-

minanti per la crescita. Rossella Lehnus, ricercatrice Fondazione Ugo Bordoni, nel suo articolo

propone una visione necessaria alla vita moderna, dove gli eccessi sono banditi. “Oggettiva-

mente essere 225 volte più prudenti di tutto il resto del mondo è un’esagerazione – spiega

Rossella Lehnus (pagina 32) – che non trova spiegazione scientifica ma che ha condizionato

negativamente anche le modalità di deployment delle nuove reti LTE con conseguenti realiz-

zazioni più costose con un maggior numero di nuovi impianti e siti. Ed ecco quindi un ulteriore

elemento che contribuisce al circolo vizioso: alti costi di infrastrutturazione, scarsa domanda,

scarsa qualità del servizio offerto”.

Come sempre attraverso gli interventi pubblicati offriamo uno strumento di conoscenza utile

a comprendere l’ambiente che circonda l’uomo del terzo millennio. False paure, emozioni col-

lettive troppo spesso si diffondono, anche senza un vero motivo ed attraverso i social media

promuovono ondate di passioni che nascono e muoiono. Nel 2006 in due settimane sono stati

pubblicati 480 articoli sull’elettromagnetismo; nel 2012 solo 72 in dieci mesi. Le cifre indica-

no precisamente quanto anticipato: esplosione mediatica e poi calo senza motivi scatenanti,

nell’uno o nell’altro caso. Questa volta nessuna divisione fra Nord e Sud, il nostro Paese dedica

attenzione uguale in ogni parte dello stivale all’argomento “inquinamento elettromagnetico”.

Alessandro Luciano, presidente della Fondazione Ugo Bordoni, nell’articolo che parla dello

speciale entra subito nel vivo delle peculiarità italiana rispetto al resto dell’Europa ed anche dei

Paesi extraeuropei e spiega: “Spiccano due elementi di fondamentale importanza, che porta-

no a considerare con maggior riguardo ed attenzione la tematica dei campi elettromagnetici:

da un lato la maggiore sensibilità da parte della popolazione riguardo ai potenziali effetti sulla

salute associati all’esposizione; dall’altro, il fatto che le reti radiomobili abbiano da sempre

conosciuto maggior diffusione ed utilizzo rispetto ad altri Paesi”.

Approfittando dell’occasione che si è creata con il seminario organizzato a dicembre dal Consor-

zio Elettra 2000 riguardante lo stato delle conoscenze scientifiche sui campi elettromagnetici e, di

riflesso, di questo speciale numero di Media Duemila dedicato alla tematica, la Fondazione Ugo

Bordoni vuole ribadire il suo impegno nel sostegno dell’attività di Elettra 2000, costantemente

impegnata nell’osservazione e nell’aggiornamento del tema del bioelettromagnetismo.

Alla luce della crescente diffusione delle reti mobili di quarta generazione e dei sistemi wireless

in genere, la valutazione dell’impatto dei campi elettromagnetici a livello ambientale e sanitario

torna infatti ad essere un tema di stringente attualità, intorno al quale vi è una grande attenzione

da parte delle istituzioni e dei cittadini.

In Italia, rispetto al resto dell’Europa ed anche dei Paesi extraeuropei, spiccano due elementi

di fondamentale importanza, che portano a considerare con maggior riguardo ed attenzione la

tematica dei campi elettromagnetici: da un lato la maggiore sensibilità da parte della popolazio-

ne riguardo ai potenziali effetti sulla salute associati all’esposizione; dall’altro, il fatto che le reti

radiomobili abbiano da sempre conosciuto maggior diffusione ed utilizzo rispetto ad altri Paesi.

Questa ultima tendenza viene confermata anche dai dati statistici riguardanti l’accesso ad Internet

attraverso reti wireless e rappresenta una conseguenza del minore sviluppo delle infrastrutture di

accesso basate su tecnologie in fibra e cavo in Italia rispetto al resto d’Europa.

In passato, il tema dell’esposizione ai campi elettromagnetici è stato spesso affrontato a livello

mediatico con un atteggiamento allarmista, assecondando le preoccupazioni dei cittadini e con-

tribuendo a generare uno stato di ansia. Spesso questo atteggiamento, piuttosto che all’ogget-

tiva esistenza di un reale rischio per la salute, è dovuto all’assenza di informazioni trasparenti,

precise ed univoche o di opinioni scientifiche autorevoli. È stato inoltre la causa dei limiti molto

restrittivi che sono stati imposti dalla legislazione, motivo per il quale si va verso un progressivo

irrigidimento delle regole, nel momento in cui invece servirebbe flessibilità per dare agli operatori

un margine di azione più ampio.

La corretta diffusione delle conoscenze scientifiche rappresenta quindi uno strumento indispen-

sabile per condurre il dialogo nei giusti termini, attenuare le tensioni e le incongruenze percepite

dal pubblico e prevenire situazioni di potenziale conflitto tra Amministrazioni e cittadini e tra

popolazione e mondo scientifico.

Il tema dei campi elettromagnetici necessita quindi di un presidio costante e di un monitoraggio

strutturato ed organico, da cui possano scaturire ulteriori valutazioni e continui aggiornamenti in

grado di coniugare tutela della salute e sviluppo di nuove reti.

Avv. Alessandro Luciano | Presidente della Fondazione Ugo Bordoni

Dicembre / Gennaio 2014Dicembre / Gennaio 2014

Campi elettromagnetici: conoscere per evitare conflittiPresidio costante per tutelare salute e sviluppo

Supplemento al numero 297 diSupplemento al numero 297 di

La Fondazione Ugo Bordoni opera da tempo sul tema dell’esposizione ai campi elettromagnetici

e ha coordinato per diversi anni un progetto nazionale di monitoraggio continuo dei campi elet-

tromagnetici a radiofrequenza. A sostegno della rete di monitoraggio è stata avviata una estesa

attività di comunicazione e divulgazione in materia di bioelettromagnetismo che prosegue tutt’og-

gi grazie all’attività del Consorzio Elettra 2000, di cui la Fondazione Ugo Bordoni si avvale e di

cui è partner assieme alla Fondazione Guglielmo Marconi ed all’Università degli Studi di Bologna.

Il Consorzio Elettra 2000, nato proprio con lo scopo di fornire un costante aggiornamento in

materia di valutazione dell’impatto sanitario, ambientale e sociale dei campi elettromagnetici,

rappresenta una garanzia di autorevolezza ed indipendenza, che porta avanti attività informativa

e divulgativa sui temi legati all’elettromagnetismo attraverso l’organizzazione di studi scienti-

fici, convegni, seminari ed eventi pubblici. La sua attività si svolge all’interno di Villa Griffone,

sede della Fondazione Ugo Bordoni da diversi decenni, che costituisce un luogo in cui grup-

pi di ricercatori dell’Università di Bologna e della stessa Fondazione Bordoni svolgono studi

congiunti sull’impatto dei campi elettromagnetici a vari livelli e su progettazione e sviluppo di

nuove tecnologie.

Elettra 2000 costituisce quindi da diverso tempo un osservatorio permanente su questo tema, i

campi elettromagnetici, analizzandolo dal punto di vista scientifico, sanitario, normativo e sociale

e rappresentando un autorevole punto di riferimento nel panorama italiano.

Il trasferimento e la divulgazione delle conoscenze scientifiche, finalizzati all’approfondimento del

tema della percezione del rischio dovuto all’esposizione ai campi elettromagnetici, rappresentano

l’attività primaria e di spicco che il Consorzio ha portato avanti nel corso degli anni e che continua

a svolgere tutt’ora. Parallelamente, Elettra 2000 si occupa anche di supportare le Amministra-

zioni locali nel contatto con i cittadini e le imprese, conduce attività di monitoraggio dei livelli di

campo elettromagnetici che vengono messe a disposizione sia di soggetti istituzionali che privati

allo scopo di favorire il miglioramento degli standard di tutela e salvaguardia della popolazione

e dell’ambiente e porta avanti attività di ricerca sull’impatto sanitario ed ambientale dei CEM.

Continuando a svolgere attività di analisi critica della letteratura scientifica e mantenendo aggior-

nati il monitoraggio e la valutazione dell’impatto del tema a livello mediatico, il Consorzio Elettra

2000 si pone come obiettivo di continuare a rappresentare, anche in un prossimo futuro, un sog-

getto autorevole dal punto di vista tecnico e scientifico nel dibattito tra le varie Amministrazioni

pubbliche, i cittadini e il mondo scientifico, per garantire un costante e corretto aggiornamento

delle informazioni fornite.

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

wirelessNei numeri precedenti

IL QUADERNO DI TELÈMA È STATO REALIZZATO DALLA FONDAZIONE UGO BORDONI

Presidente: Alessandro Luciano | Direttore delle Ricerche: Mario Frullone Curatore del Quaderno: Marina Barbiroli e Doriana Guiducci

Quanto è larga la banda? Oggi l’utente può misurarla Dicembre / Gennaio 2011

Come misurarsi la banda, contestare gli Operatori e vivere felici Febbraio 2011

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Qualità e Internet mobile. Le verità nascoste? | 2 Aprile / Maggio 2011

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Registro Pubblico delle Opposizioni: un’opportunità per i cittadini e le imprese Luglio / Agosto / Settembre 2011

L’opt-out nel telemarketing è sempre più realtà: dal telefono alla posta, con uno sguardo verso Internet Ottobre 2011

PANDORA: l’ICT per il Crisis Management Dicembre / Gennaio 2012

Una nuova generazione di sportelli automatici accessibili e usabili da tutti Febbraio 2012

Campi Elettromagnetici | 1 Marzo 2012

Campi Elettromagnetici | 2 Aprile / Maggio 2012

misurainternet.it Qualità dell’accesso ad Internet da postazione fissa Giugno 2012

Qualità del servizio dati in mobilità: alla partenza la prima esperienza regolamentare

Luglio / Agosto / Settembre 2012

Loudness: questa pubblicità è “troppo forte!” Ottobre 2012

Open Government Data: una roadmap tecnica Dicembre / Gennaio 2013

Un social network a misura della terzà età Marzo / Aprile 2013

TV, un futuro già presente | 1 Maggio 2013

TV, un futuro già presente | 2 Luglio 2013

Smart Community: l’evoluzione sociale della Smart City Settembre 2013

Verso una gestione unitaria dell’identità digitale Ottore 2013

di Susanna Lagorio | Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute | Istituto Superiore di Sanità

Campi elettromagnetici a RF: epidemiologia e significato della classificazione della IARC

Introduzione L’identificazione di eventuali effetti nocivi dell’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza

(RF), a livelli inferiori alle linee-guida sull’esposizione [1, 2], è stata oggetto negli ultimi decenni di un’in-

tensa attività di ricerca, epidemiologica e sperimentale.

L’OMS ha svolto il ruolo di catalizzatore di questa attività, lanciando nel 1996 il Progetto Internazionale

Campi Elettromagnetici (http://www.who.int/peh-emf/en/) finalizzato ad individuare le lacune cono-

scitive, stimolare l’ottimizzazione di procedure e metodi d’indagine, promuovere studi multicentrici

per evitare la dispersione di risorse umane ed economiche, aggiornare la valutazione dei rischi per la

salute derivanti dall’esposizione a campi elettrici, magnetici e elettromagnetici nelle principali bande

di frequenza, verificare l’eventuale necessità di revisione delle linee-guida sui limiti di esposizione e

sviluppare il dialogo tra comunità scientifica e società [3].

In questo contesto, nel 1998 la IARC - l’agenzia dell’OMS specializzata nella ricerca sul cancro - ha

inserito le radiazioni non-ionizzanti tra gli agenti candidati alla valutazione di cancerogenicità, dedicando

loro due volumi della sua collana di Monografie [4, 5]: il primo, sui campi statici ed i campi elettrici e

magnetici a bassissima frequenza (ELF), è stato pubblicato nel 2002; il secondo, sui campi elettroma-

gnetici a RF, è stato pubblicato nell’Aprile 2013 [6].

L’OMS ha pubblicato nel 2006-2007 i risultati di revisioni esaustive delle evidenze scientifiche sui rischi

sanitari (inclusi eventuali effetti cancerogeni) dell’esposizione a campi statici e a campi ELF in due

volumi della serie Environmental Health Criteria [7, 8].

Il processo di valutazione dei rischi eventualmente associati all’esposizione ai campi a RF è stato av-

viato e verrà verosimilmente completato entro i prossimi due anni. Analogamente ai due volumi della

collana EHC precedentemente citati, quello dedicato ai campi a RF conterrà un capitolo conclusivo

sulle implicazioni di politica sanitaria delle evidenze scientifiche disponibili.

La ricerca epidemiologica sugli effetti dell’esposizione a campi elettromagnetici a RFIn accordo con l’obiettivo del Progetto Internazionale Campi Elettromagnetici dell’OMS di promuovere

la più ampia diffusione possibile dell’evidenza scientifica, il Research Center for Bioelectromagnetic

Interaction (Femu) presso l’Università di Aachen ha realizzato “EMF-Portal”, una piattaforma Web di

consultazione della letteratura scientifica sugli effetti sanitari dell’esposizione a campi elettromagnetici

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

emf portalrfche conta attualmente 18591 pubblicazioni (aggiornato al 13-12-2013) [9]. Questo sito Internet ad

accesso libero consente dunque a tecnici e non-esperti di ottenere informazioni aggiornate sullo stato

delle conoscenze sull’argomento.

L’interrogazione della banca dati, attraverso la selezione della banda di frequenza desiderata e del tipo

di studi d’interesse, identifica 361 articoli epidemiologici sui campi elettromagnetici a RF, pubblicati

tra il 1958 e la metà di luglio 2012 (Tabella 1). Si tratta di studi che hanno valutato la relazione tra

esposizioni professionali, amatoriali o ambientali a diverse sorgenti di RF (radar, riscaldatori industria-

li, apparecchiature per diatermia, ripetitori radio-televisivi, telefoni cellulari, stazioni radio-base) ed il

verificarsi di patologie diverse (danni oculari, effetti riproduttivi negativi, effetti neurocognitivi, sintomi,

malattie o alterazioni cardio-vascolari, tumori).

Due terzi di questi lavori (232) sono stati pubblicati negli ultimi 15 anni e sono in gran parte focalizzati

sui rischi da esposizione ai segnali RF utilizzati nella telefonia mobile (800-2200 MHz; 154 articoli),

soprattutto sul rapporto tra uso del cellulare e tumori (82 pubblicazioni, spesso relative all’analisi del

rischio per più di un tipo di neoplasia).

Particolare attenzione è stata dedicata ai tumori intracranici, in quanto queste neoplasie hanno origine

da cellule e tessuti a livello dei quali viene assorbita la maggior parte dell’energia a RF emessa dai

telefoni mobili durante le conversazioni vocali.

Tabella 1 illustra il processo di estrazione delle pubblicazioni relative agli studi su uso del telefono cellulare

e tumori intracranici dall’insieme degli articoli di cui alla Tabella 1 - Combinazione di parole-chiave 2.

In attesa della conclusione dei lavori dell’OMS, valutazioni ad interim del peso delle evidenze sono

state condotte da numerosi gruppi di esperti nazionali ed internazionali. Le più recenti di tali valutazioni

sono quella condotta nell’ambito del progetto EFHRAN (European Health Risk Assessment Network

on Electromagnetic Fields Exposure) [9] e quella realizzata dall’AGNIR (Independent Advisory Group

on Non-Ionizing Radiation) per l’Health Protection Agency (HPA) inglese [10]. Quest’ultima è una cor-

posa rassegna (circa 300 pagine) di tutti gli studi epidemiologici e sperimentali pubblicati dal 2003 su

esposizione a RF e occorrenza di tumori, effetti neurocognitivi, sintomi, effetti sul sistema riproduttivo

ed effetti sulla funzionalità cardiovascolare.

Per quanto riguarda la relazione tra esposizione a campi elettromagnetici a RF ed effetti non-neopla-

stici verranno qui sintetizzate le conclusioni di tali valutazioni [10, 11], mentre i risultati della ricerca

sull’eventuale cancerogenicità dei campi a RF saranno esaminati in maggior dettaglio.

Evidenze relative ad effetti non neoplastici dell’esposizione umana a campi a RFGli effetti neurocognitivi dell’esposizione a campi elettromagnetici a RF, prevalentemente nelle bande

di frequenza utilizzate per la telefonia mobile, sono stati studiati mediante indagini di neurofisiologia

cerebrale, di funzionalità uditiva e vestibolare e di esiti neuro-comportamentali.

Gli studi di neurofisiologia cerebrale, basati su elettroencefalografia o rilevazione dei potenziali evocati

e realizzati in condizioni di esposizione controllata, hanno prodotto risultati incoerenti. L’effetto più

frequentemente osservato è un lieve incremento di potenza della banda alfa dell’EEG, ma tale osser-

vazione non è sempre stata replicata in studi dal disegno analogo, nelle stesse aree cerebrali o nelle

diverse classi di età; non è chiaro, inoltre, il suo significato sanitario [11].

Gli studi sulla funzionalità uditiva e vestibolare non hanno fornito evidenze di effetti acuti delle RF

sull’orecchio interno [11].

Gli studi sulle funzioni cognitive e la performance, in particolare i più recenti (più grandi e meglio dise-

gnati dei precedenti), non suggeriscono effetti acuti dei campi a RF emessi da telefoni cellulari e stazioni

radio-base negli adulti [11]. Gli studi su effetti cognitivi e neurofisiologici nei bambini non supportano

l’ipotesi di una maggiore suscettibilità rispetto agli adulti; va tuttavia rilevato che questi studi sono poco

numerosi e di piccole dimensioni [11].

I numerosi studi di provocazione su insorgenza di sintomi (25 indagini) o percezione del segnale (14

studi) in relazione all’esposizione controllata e in doppio cieco a campi elettromagnetici a RF, sug-

geriscono che l’esposizione di breve durata a livelli inferiori alle linee-guida non abbia effetti rilevabili

neppure nelle persone che ritengono di essere ipersensibili ai campi elettromagnetici [11] e non hanno

prodotto evidenze replicabili riguardo alla capacità di riconoscere la presenza di segnali a RF, indipen-

dentemente dal livello di sensibilità che si ritiene di avere [10, 11].

Numerosi studi hanno esaminato, direttamente o indirettamente, la relazione tra esposizione a RF e

funzionalità cardiovascolare senza dimostrare alcun effetto avverso [11].

Tabella 1. Studi epidemiologici sui campi elettromagnetici a radio-frequenza in totale e nelle bande di frequenza utilizzate per la tele-fonia mobile (esito della interrogazione di EMF-Portal, 30-6-2012)

1. Classificazione degli articoli per disegno (coorte, caso-controllo, caso-caso, case-report, ecologico, trend temporale, meta-analisi) e per esposizione (uso di telefoni mobili, stazioni radio-base, ripetitori radio-Tv, stazioni DECT, sorgenti professionali);2. Selezione degli articoli relativi a studi analitici (coorte e caso-controllo) con uso del tele-fono cellulare come esposizione d’interesse;3. Creazione di categorie omogenee di pubblicazioni in base all’oggetto e analisi della distri-buzione degli articoli per studio primario.

Figura 1. Descrizione delle fasi iniziali di una revisione sistematica delle evidenze epidemiologiche su incidenza di tumori intracranici e uso del telefono cellulare

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

ricercasviluppo

Evidenze-chiave alla base della classificazione IARC della cancerogenicità dei campi a RFI campi a RF sono stati classificati dalla IARC nel gruppo 2B (agents possibly carcinogenic to humans)

in base a limitate evidenze di cancerogenicità nell’uomo e negli animali da esperimento [11].

Il giudizio di evidenza limitata nell’uomo derivava dalle associazioni positive tra uso di telefoni cellulari

e rischio di glioma osservate in alcuni studi, mentre l’evidenza epidemiologica proveniente dagli studi

che avevano valutato il rischio di tumori in relazione ad esposizioni professionali o ambientali a sorgenti

di RF diverse dai telefoni cellulari veniva considerata inadeguata a formulare una valutazione [12].

Per quanto riguarda il rischio di glioma in relazione all’uso di telefoni mobili, il gruppo di esperti convo-

cato dalla IARC focalizzava l’attenzione sui due studi epidemiologici considerati più informativi: lo studio

multicentrico internazionale Interphone [13, 14] e l’analisi combinata della serie di studi caso-controllo

condotti da un gruppo di ricercatori svedesi dell’Università di Örebro [15].

Il gruppo di lavoro della IARC riconosceva che sia lo studio Interphone, sia gli studi del gruppo di

ricerca di Örebro, erano suscettibili a distorsioni dovute a errori nella ricostruzione dell’esposizione e

a selezione nella partecipazione, ma era dell’opinione che i risultati non potessero essere trascurati

attribuendoli esclusivamente a bias e che fosse possibile un’interpretazione causale dell’associazione

tra esposizione ai campi elettromagnetici a RF generati dai telefoni cellulari e glioma.

Per quanto riguarda il neurinoma del nervo acustico, considerati i risultati di Interphone [16], dell’analisi

combinata degli studi di Örebro [17] e di uno studio caso-caso condotto in Giappone [18], il gruppo

di lavoro della IARC giungeva ad una conclusione simile a quella relativa al glioma, ancorché basata

su un numero di casi sostanzialmente inferiore.

L’articolo di sintesi del processo di valutazione della IARC, tuttavia, contiene un dissenting statement

formulato da alcuni componenti del gruppo di lavoro. Questi esperti ritenevano più appropriato consi-

derare inadeguata l’attuale evidenza sul rischio cancerogeno da uso del telefono cellulare, in quanto

i risultati dello studio Interphone e degli studi svedesi erano eterogenei, in Interphone non era stata

evidenziata alcuna relazione dose-risposta, nello studio di coorte danese non erano stati osservati

incrementi del rischio di glioma e di neurinoma del nervo acustico e l’andamento temporale dei tassi

d’incidenza del glioma, al momento, non mostrava nessuna analogia con il profilo di diffusione dell’uso

dei telefoni mobili [10]. Questa opinione, in linea con una precedente valutazione [8], avrebbe implicato

una classificazione dei campi elettromagnetici a RF nel gruppo 3 della IARC (agenti non classificabili

riguardo alla cancerogenicità per l’uomo).

Il sistema di classificazione della IARCLe Monografie della IARC, avviate nel 1972 dall’allora direttore dell’agenzia Prof. Lorenzo Tomatis,

sono valutazioni qualitative della potenziale cancerogenicità (hazard) di agenti fisici, chimici o biologici,

effettuate da gruppi di esperti e basate sulla revisione della letteratura scientifica pertinente pubblicata

su riviste sottoposte a peer-review. Non si tratta di un risk assessment in quanto non vengono prodotte

stime quantitative del rischio cancerogeno.

Il processo di valutazione delle evidenze scientifiche disponibili segue criteri standard descritti nel

Preambolo alle Monografie disponibile sul sito dell’agenzia (http://monographs.iarc.fr/).

Il panel di esperti viene suddiviso in tre gruppi che esaminano separatamente gli studi sull’uomo, gli

studi sugli animali da laboratorio e le evidenze sperimentali relative ai meccanismi d’azione. Ciascuno

dei tre gruppi esprime un giudizio sul peso dell’evidenza a supporto di un potenziale effetto cancero-

geno dell’esposizione.

L’evidenza sull’uomo può essere classificata in una delle categorie sottostanti, in base ai criteri indicati:

n Sufficiente = Il panel ritiene che sia stabilita una relazione causale tra esposizione all’agente

d’interesse ed il cancro nell’uomo. È stata osservata, cioè, una relazione positiva tra esposizione e

tumori in diversi studi nei quali il ruolo del caso, di distorsioni e di confondimento possono essere

esclusi con ragionevole certezza.

n Limitata = È stata osservata una relazione positiva tra esposizione e tumori per la quale una in-

terpretazione causale viene ritenuta credibile, ma caso, distorsioni e confondimento non possono

essere esclusi con ragionevole certezza.

n Inadeguata = Gli studi disponibili sono di insufficiente qualità, coerenza (consistency) o potenza

statistica per permettere una conclusione in merito alla presenza o all’assenza di una relazione cau-

sale tra esposizione e cancro, oppure non sono disponibili dati sui tumori nell’uomo.

n Suggestiva di assenza di cancerogenicità = Ci sono numerosi studi, che coprono l’intero inter-

vallo di livelli di esposizione che può interessare gli esseri umani, mutuamente coerenti nel non os-

servare un’associazione tra agente e neoplasia a nessun livello di esposizione. Una tale conclusione

è inevitabilmente limitata agli specifici tumori, condizioni e livelli di esposizione considerati negli studi

disponibili. Inoltre, la possibilità di un rischio molto piccolo ai livelli di esposizione studiati non può mai

essere escluso.

Analogamente, l’evidenza nell’animale viene classificata in una delle categorie seguenti, in base a

specifici criteri.

n Sufficiente = Il panel ritiene che sia stata stabilita una relazione causale tra esposizione all’agente

d’interesse ed un’aumentata incidenza di tumori maligni o di un’appropriata combinazione di tumori

maligni e benigni in (a) due o più specie di animali, oppure (b) in due o più studi indipendenti su

una singola specie realizzati in tempi diversi o in diversi laboratori o con diversi protocolli. Ecce-

zionalmente, si può ritenere che un singolo studio in una sola specie fornisca evidenza sufficiente

di cancerogenicità, quando le neoplasie maligne si verificano ad un livello inusuale relativamente

all’incidenza, alla sede, al tipo di tumore o all’età all’occorrenza.

n Limitata = I dati suggeriscono un effetto cancerogeno ma sono limitati ai fini di una valutazione

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

studi sperimentali

effettidefinitiva perché: (a) l’evidenza di cancerogenicità è ristretta ad un solo esperimento; (b) ci sono

problemi irrisolti riguardo all’adeguatezza del disegno, della realizzazione o dell’interpretazione dello

studio; (c) l’agente aumenta solo l’incidenza di tumori benigni, o di lesioni d’incerto potenziale neo-

plastico, o di specifici tumori che si verificano spontaneamente con elevata frequenza in alcuni ceppi.

n Inadeguata = Gli studi disponibili non possono essere interpretati come a supporto o a sfavore di

effetti cancerogeni a causa di rilevanti limiti qualitativi o quantitativi, oppure non sono disponibili dati

sui tumori in animali da esperimento.

n Suggestiva di assenza di cancerogenicità = Sono disponibili studi adeguati in almeno due spe-

cie che mostrano che, nei limiti dei test utilizzati, l’agente non è cancerogeno. Una conclusione di

evidenza suggestiva di non cancerogenicità è inevitabilmente limitata alle specie, sedi tumorali e

livelli di esposizione studiati.

In seduta plenaria, il panel procede alla valutazione complessiva e l’agente viene classificato in una

delle seguenti 5 categorie (Tabella 2).

n Cancerogeno certo (Gruppo 1) = Questa categoria viene utilizzata in caso di sufficiente evidenza

di cancerogenicità nell’uomo. Eccezionalmente, un agente può essere classificato in questo gruppo

quando l’evidenza nell’uomo è meno che sufficiente ma c’è sufficiente evidenza negli animali e forte

evidenza che il meccanismo d’azione dell’agente nell’animale è rilevante per la cancerogenicità negli

esseri umani.

n Probabile cancerogeno (Gruppo 2A) = Questa categoria viene utilizzata quando c’è limitata evi-

denza di cancerogenicità nell’uomo e sufficiente evidenza nell’animale da esperimento. In alcuni casi,

un agente può essere classificato in questa categoria quando c’è inadeguata evidenza nell’uomo,

sufficiente evidenza nell’animale da esperimento e forte evidenza che il meccanismo di cancerogenesi

osservato negli animali vale anche per l’uomo. Eccezionalmente, un agente può essere classificato in

questa categoria anche solo sulla base di limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo.

n Forse (possibly) cancerogeno (Gruppo 2B) = Questa categoria viene utilizzata per agenti per i quali

c’è limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo ed evidenza di cancerogenicità negli animali da

esperimento meno che sufficiente. Può anche essere usata quando c’è inadeguata evidenza di cance-

rogenicità nell’uomo in presenza di sufficiente evidenza di cancerogenicità negli animali da esperimento.

In alcuni casi, può essere collocato in questo gruppo un agente per il quale c’è inadeguata evidenza

di cancerogenicità nell’uomo ma limitata evidenza di cancerogenicità nell’animale da esperimento con

il supporto di altri dati rilevanti.

n Non classificabile (Gruppo 3) = In questa categoria rientrano di solito gli agenti per cui sia ha evi-

denza di cancerogenicità inadeguata nell’uomo e inadeguata o limitata nell’animale da esperimento.

Eccezionalmente, possono essere collocati in questo gruppo agenti per i quali l’evidenza nell’uomo

è inadeguata ma l’evidenza nell’animale è sufficiente e, tuttavia, vi è forte evidenza che i meccanismi

di cancerogenicità nell’animale non siano operativi nell’uomo. Vengono anche classificati in questo

gruppo gli agenti che non ricadono in nessun’altra categoria.

n Probabilmente non cancerogeno (Gruppo 4) = Questa categoria si applica ad agenti per i quali

c’è evidenza suggestiva di assenza di cancerogenicità sia nell’uomo, sia nell’animale da esperimento.

In alcuni casi possono rientrare in questa categoria agenti per i quali c’è inadeguata evidenza di

cancerogenicità nell’uomo ma evidenza suggestiva di assenza di cancerogenicità nell’animale da

esperimento coerentemente e fortemente supportata da un ampio ventaglio di altri dati rilevanti.

La Figura 2 illustra la distribuzione per gruppo dei 952 agenti valutati dalla IARC nelle 105 monografie

pubblicate dal 1972 alla metà del 2012.

Per spiegare al pubblico il significato della classifica-

zione IARC dei campi elettromagnetici a RF è stata

utilizzata la metafora del semaforo (La Repubblica,

1-6-2011): il gruppo 1 sarebbe assimilabile alla luce

rossa, il gruppo 2A alla luce gialla lampeggiante, ed

il gruppo 2B alla luce gialla fissa di messa in guardia.

Chiunque conosca un semaforo sarebbe portato a

credere che anche per la IARC esista la luce verde. In

realtà, abbiamo visto che non è così: il gruppo 3 non

corrisponde ad un verdetto di innocuità ed il gruppo

4 si riferisce agli agenti probabilmente non cancerogeni. Quest’ultimo gruppo, d’altra parte, è pra-

ticamente ignorato dall’Agenzia: include un solo composto chimico, il caprolattame (un monomero

utilizzato nella produzione del nylon 6), classificato come probabile non cancerogeno in base ad una

suggestiva evidenza di mancanza di cancerogenicità negli animali da laboratorio, in assenza di studi

epidemiologici e nonostante vi fossero state osservate aberrazioni cromosomiche e aneuploidia in

studi su linfociti umani in vitro.

Tabella 2. Combinazioni “standard” di categorie di evidenza umana e sperimentale relative ai cinque gruppi di cancerogenicità nel sistema di classificazione della IARC

Figura 2. Distribuzione per gruppo dei 952 agenti la cui potenziale cancerogenicità è stata valutata dalla IARC nel suo programma di Monografie dal 1972 alla metà del 2012 (volumi 1-105)

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

cefalo evidenze

scientificheSi tratta di un’indicazione dell’influenza della soggettività e delle dinamiche di gruppo nelle valutazioni da

parte di esperti, difficilmente controllabile per quanto si cerchi di standardizzare i criteri di classificazione.

Un quadro aggiornato delle evidenze scientifiche sulla cancerogenicità dei campi a RFL’opinione di minoranza nell’ambito del gruppo di lavoro IARC trova supporto nei risultati di una recente

meta-analisi degli studi epidemiologici sull’incidenza di tumori intracranici in relazione all’uso di telefoni

mobili [19]. Viene, infatti, evidenziata un’elevata eterogeneità statistica tra le stime di rischio prodotte

nell’ambito dello studio Interphone, della serie di studi realizzati dal gruppo di ricerca svedese dell’U-

niversità di Örebro e degli altri studi disponibili. Nell’analisi combinata di tutti questi studi, inoltre, non

si osservano incrementi del rischio di glioma né di altri tumori della testa, neppure tra gli utilizzatori a

lungo termine (≥10 anni dall’inizio d’uso) [19].

I dati probabilmente più suggestivi di un progressivo mutamento nel quadro delle evidenze provengono

da due studi di simulazione, condotti sui dati dei Registri Tumori dei Paesi Nordici [21] e degli Stati

Uniti [22]. Entrambi questi studi dimostrano che gli incrementi di rischio evidenziati nella serie di studi

svedesi di Hardell e collaboratori, come pure i decrementi di rischio osservati nello studio Interphone,

non sono compatibili con i tassi d’incidenza del glioma nella popolazione di età compresa tra 40 e

59 anni negli ultimi 20-30 anni, ipotizzando periodi d’induzione fino a 10 anni di durata. I due studi

concordano nel concludere che, al momento, non si può escludere un modesto incremento del rischio

di glioma tra i forti utilizzatori di telefoni cellulari qualora il periodo di latenza esposizione-diagnosi sia

superiore ad un anno [21, 22].

Le ultime pubblicazioni da menzionare, in quanto non considerate dal gruppo di lavoro della IARC,

sono relative allo studio caso-controllo internazionale CEFALO [23-25], la prima indagine sul rischio

di tumori cerebrali in relazione all’uso del cellulare tra bambini e adolescenti (7-19 anni). Si tratta di

uno studio multicentrico internazionale (realizzato in Danimarca, Norvegia, Svezia e Svizzera) che ha

incluso 352 casi diagnosticati nel periodo 2004–2008 e 646 controlli appaiati per sesso, età e area

geografica. Non si osservavano incrementi di rischio tra gli utilizzatori regolari di telefoni cellulari ri-

spetto ai non utilizzatori, né tra i ragazzi con durate d’uso ≥5 anni. L’assenza di associazione tra uso

di telefoni mobili e tumori cerebrali valeva per tutte le localizzazioni della neoplasia, incluse le aree

cerebrali che risultano maggiormente interessate dall’energia a RF emessa dalla sorgente durante le

comunicazioni vocali [23].

In un’indagine collaterale su circa un terzo dei soggetti in studio (196 casi e 360 controlli), gli autori di

CEFALO hanno confrontato l’intensità d’uso del telefono mobile riferita all’intervista con i dati di traffico

registrati dagli operatori di rete [24]. Nell’articolo relativo alla valutazione della relazione tra incidenza di

tumori cerebrali e uso del telefono cellulare [23] vengono descritti anche i risultati delle analisi ristrette a

questo sottogruppo di ragazzi ed effettuate utilizzando i dati di traffico; in queste analisi si osserva una

relazione tra il rischio di tumore cerebrale ed il tempo trascorso dalla stipula del contratto di utenza,

ma nessuna relazione con il tempo totale d’uso. L’interpretazione di queste osservazioni è complicata.

Lo studio di validazione dell’esposizione auto-riferita suggeriva l’assenza di un recall bias degno di

nota [24]. Inoltre, gli autori giudicano discutibile la validità sia della data di inizio del contratto come

indicatore della data d’inizio d’uso del telefono cellulare da parte del bambino o del ragazzo (che può

aver “ereditato” un telefono precedentemente utilizzato dai genitori), sia del tempo cumulativo d’uso

(a causa del frequente scambio di telefoni tra i ragazzi ed i loro amici o tra i ragazzi ed i loro familiari).

Viene inoltre sottolineata l’incoerenza tra l’incremento di rischio in relazione al tempo dall’inizio d’uso

osservato in queste analisi e l’assenza d’incremento dei tassi d’incidenza dei tumori cerebrali infantili

nei Paesi Nordici negli ultimi 20 anni (1985-2006) [20, 25].

Un secondo studio caso-controllo internazionale sull’incidenza di tumori cerebrali in età pediatrica e

adolescenziale in relazione all’uso del telefono cellulare (MOBI-KIDS) è attualmente in corso (http://

www.mbkds.net/).

Studi sperimentali di cancerogenicità dei campi a RFL’evidenza di cancerogenicità dei campi elettromagnetici a RF proveniente dagli studi sperimentali è

stata considerata limitata da parte del gruppo di lavoro della IARC [12].

Successive revisioni sistematiche degli studi pertinenti non concordano con tale giudizio e ritengono

che i risultati degli studi sulla cancerogenicità dei campi elettromagnetici a RF nelle bande di frequenza

utilizzate per la telefonia mobile, con particolare riferimento alle indagini condotte completamente in

cieco e con sistemi ottimali di esposizione e dosimetria, non indichino alcun effetto cancerogeno a

livelli di esposizione rilevanti per l’uomo [11, 19, 26].

Ambiti di ricerca da svilupparePer quanto riguarda gli sviluppi nella ricerca sul rischio di tumori in relazione all’esposizione a campi

elettromagnetici a RF (incluse le bande utilizzate nella telefonia mobile), considerati i limiti metodologici

delle indagini sinora condotte e le conseguenti difficoltà interpretative dei loro risultati, non è racco-

mandabile avviare nuovi studi epidemiologici di disegno analogo ai precedenti; viene invece suggerito

di continuare a monitorare l’andamento dei tassi d’incidenza dei tumori cerebrali, distinti in base alla

loro tipologia, per genere e classi d’età (età pediatrica inclusa) [11, 27] e di effettuare studi sull’inci-

denza di tumori tra i lavoratori esposti a campi a RF purché si riescano ad ottenere stime affidabili

dell’esposizione individuale [11].

Data la numerosità degli studi di cancerogenesi sperimentale dei campi a RF, l’OMS non li considera

tra le priorità di ricerca [27].

Per quanto attiene alla dosimetria, vengono considerate prioritarie le indagini di valutazione delle

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

umtsairm

caratteristiche delle emissioni del segnale, degli scenari e dei livelli di esposizione associati all’introdu-

zione di nuove tecnologie per la telefonia wireless (quali UMTS e LTE) [27].

Infine, l’OMS annette considerevole importanza all’attività di ricerca sul rapporto tra evidenze scien-

tifiche ed evidenze sociali sui rischi per la salute da esposizione ai campi elettromagnetici a RF e

suggerisce di sviluppare ed approfondire i seguenti argomenti [27]:

n Determinanti e dinamiche delle preoccupazioni e della percezione dei rischi da campi a RF;

n Efficacia di diversi metodi e tecniche di comunicazione dell’evidenza scientifica e di informazione

sui rischi da campi a RF;

n Valutazione dell’impatto della percezione dei rischi da campi a RF sul benessere delle persone;

n Documentazione e confronto dei metodi di gestione delle tecnologie basate sull’impiego di campi

a RF in un più ampio contesto sociale.

ConclusioniUn brano tratto dall’executive summary del recente rapporto dell’AGNIR-HPA sembra particolarmente

appropriato a concludere questo aggiornamento delle evidenze scientifiche sull’eventuale canceroge-

nicità dei campi elettromagnetici a RF: “L’evidenza che si sta accumulando sui rischi di neoplasia, in

particolare in relazione all’uso dei telefoni mobili, non è definitiva ma, nel suo insieme, va sempre più

nella direzione di nessun significativo effetto dell’esposizione. Ci sono ancora pochi dati, tuttavia, sui

rischi oltre 15 anni dall’inizio dell’esposizione” [11].

Per quanto riguarda le implicazioni di politica sanitaria delle evidenze scientifiche qui descritte, al mo-

mento l’OMS non ritiene necessaria una revisione degli attuali standard di esposizione, né suggerisce

l’adozione di misure prudenziali nell’uso dei telefoni cellulari [28].

Gli inviti alla prudenza e il suggerimento di altre misure precauzionali non si sono dimostrati efficaci

né per contenere il tasso di penetrazione dei telefoni mobili, né per ridurne frequenza e durata d’uso,

né per alleviare le preoccupazioni per eventuali rischi. Al contrario, in Inghilterra è stato documentato

che hanno provocato un incremento del livello e della diffusione tra la popolazione del pericolo per-

cepito [29, 30].

D’altra parte, è importante informare il pubblico sui mezzi efficaci per limitare il proprio livello di espo-

sizione (ridurre l’uso, telefonare quando c’è un buon livello di segnale, utilizzare auricolari o dispositivi

viva-voce) [28] e chiarire che alcuni dispositivi in commercio sono inefficaci o addirittura peggiorativi;

le custodie schermanti, ad esempio, aumentano l’energia irradiata dal telefono cellulare perché osta-

colano lo scambio di segnali con la stazione radio‐base [31].

BIBLIOGRAFIA

Si ringrazia l’Associazione Italiana di Radioprotezione Medica (AIRM) per averci consentito di riprodurre un ampio stralcio di un articolo originale pubblicato su Aggiornamenti in radioprotezione (2012;43:4-14).

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

italia, europa

reti, salute

Il Consorzio Elettra 2000, che da anni si occupa delle tematiche riguardanti il bioelettromagnetismo anche

dal punto di vista delle regolamentazioni e della giurisprudenza, ha voluto fare un’analisi delle procedure

autorizzative riguardanti le installazioni di antenne per telefonia mobile e stazioni radio base adottate dai

singoli Comuni italiani. L’installazione di stazioni radio base e degli impianti radiotelevisivi è disciplinata

dalla normativa nazionale, ma i Comuni hanno facoltà di introdurre modifiche alle procedure autorizzati-

ve, introducendo quindi nei fatti una disuniformità procedurale sul territorio. Questa analisi vuole quindi

verificare in che modo e in che misura i Comuni si sono dotati di un proprio regolamento comunale.

Prendendo in considerazione i capoluoghi di Regione e di Provincia, è possibile notare che alcuni

Comuni, considerando come punto di partenza la normativa nazionale, hanno redatto un proprio

regolamento comunale o comunque si sono dotati di appositi uffici e di uno specifico iter autorizzativo

che disciplina la richiesta di autorizzazioni per l’installazione di impianti di telefonia mobile, mostrando

una particolare attenzione all’impatto ambientale, sanitario e urbanistico che comportano le installazioni

di tali impianti.

Il Comune di Trento, ad esempio, ha diffuso delle direttive per un corretto inserimento urbanistico e ter-

ritoriale degli impianti di telecomunicazione e ha reso obbligatoria, per i gestori che intendono installare

gli impianti, la presentazione di un piano annuale delle antenne. Inoltre ha disposto che ogni richiesta

debba contenere corografie, planimetrie, progetti, relazioni tecniche, studi dell’impatto ambientale,

descrizioni delle caratteristiche degli impianti, simulazioni radioelettriche e valutazioni strumentali, in

un’ottica di riduzione dell’impatto ambientale, sanitario e urbanistico. Ogni richiesta, così presentata,

deve subire una valutazione d’ufficio ed essere approvata dalla Giunta comunale; entro 60 giorni dalla

messa in funzione dell’impianto devono essere poi inviati al Comune i risultati delle misurazioni del

campo elettrico.

Nella maggioranza dei casi ad occuparsi delle pratiche per il rilascio delle autorizzazioni è lo Sportello

Unico per le Attività Produttive, come è indicato nel regolamento comunale che disciplina l’installazione

degli impianti per la telefonia del Comune di Venezia. Lo stesso Sportello si occupa di verificare la

conformità dell’impianto al Regolamento edilizio comunale e al Piano Regolatore comunale, mostrando

l’attenzione del Comune all’impatto urbanistico senza però tralasciare quello sanitario e ambientale:

l’attivazione dell’impianto, infatti, è subordinata alla presentazione di un’opportuna certificazione che

attesti il rispetto dei limiti prescritti dalla legge sui campi elettromagnetici, successivamente monitorati

a campione dal Comune con la collaborazione dell’ARPA Veneto.

Anche il Comune di Genova possiede uno Sportello Unico per le Imprese che si occupa delle richieste

autorizzative, rifacendosi non solo alla legge nazionale, ma anche ad un Protocollo d’Intesa stipulato

tra il Comune di Genova, l’ARPA Liguria, il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e il Dipartimento di In-

gegneria Biofisica ed Elettronica dell’Università degli Studi di Genova e i soggetti titolari di concessione

del servizio di telefonia cellulare, che ha lo scopo di garantire una corretta informazione, una corretta

attività di controllo, il monitoraggio e il risanamento degli impianti di telefonia mobile. Questo per con-

tribuire alla tutela dell’ambiente e alla salute della popolazione circostante, alla quale il Comune mostra

particolare attenzione: il piano annuale delle antenne presentato dai gestori deve essere approvato

dal Comune a dall’ARPA (la quale si occupa anche di effettuare i controlli) e deve contenere anche

una valutazione tecnica sulle emissioni elettromagnetiche; inoltre i gestori sono tenuti a partecipare

alla fase istruttoria attivata dalle Circoscrizioni prima di poter presentare le richieste di autorizzazione.

Per quanto riguarda le zone sottoposte a vincolo ambientale-paesaggistico non basta la forma di

silenzio-assenso in quanto il rilascio delle autorizzazioni è subordinato alla Sovrintendenza, mentre

per le antenne da installare sui tetti delle abitazioni è necessaria una delibera condominiale. Anche i

capoluoghi della Liguria confermano l’attenzione mostrata da Genova: La Spezia, ad esempio, dispone

che le misurazioni effettuate dall’ARPA siano a carico dei gestori, dotandosi anche di un Catasto delle

antenne di telefonia e di un Piano delle Antenne che prevede una Valutazione Ambientale Strategica,

la quale ha permesso la delocalizzazione di numerosi impianti radiotelevisivi.

Anche il regolamento comunale dell’Aquila prevede che lo SUAP sia preposto a ricevere le richieste

di autorizzazioni, provvedendo anche ad acquisire tutti i pareri necessari da parte di ARPA e ASL, per

questo il gestore è tenuto ad effettuare un primo controllo di emissioni dei campi elettromagnetici tra-

mite l’ARPA regionale. L’attenzione all’impatto urbanistico e ambientale è evidente anche dall’obbligo

di un’autorizzazione paesaggistica per la modifica degli impianti (che comunque non deve comportare

un aumento delle emissioni elettromagnetiche) e il divieto all’installazione, anche provvisoria, di impianti

su aree di interesse paesaggistico-ambientale, storico-architettonico, monumentale-archeologico. In

Abruzzo anche Pescara possiede un “Regolamento per l’insediamento urbanistico e territoriale di

impianti radio base”; a Teramo un Piano Antenne è in corso di redazione, mentre a Chieti ne è stato

redatto uno da tempo, ma mai approvato dal Consiglio Comunale.

I capoluoghi di Potenza e Matera non sono dotati di un proprio regolamento, ma si rifanno alla Legge

Regionale 5 Aprile 2000, n° 30 (Normativa regionale in materia di prevenzione dell’inquinamento da

campi elettromagnetici), la quale mostra una particolare attenzione sia all’impatto sanitario e am-

bientale, sia all’impatto urbanistico-architettonico. Ogni Comune ha il compito di individuare i siti che

ritiene più idonei per l’installazione degli impianti di telecomunicazione, selezionati tenendo conto dei

parametri di tutela sanitaria, ambientale, paesaggistica e urbanistica.

di Simona Valbonesi e Martina Menghi | Consorzio Elettra 2000

Normative per l’installazione di stazioni radio base: uno sguardo sul territorio

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

conflittivetiesposizione

sensibilitàIl Comune di Bari, ha redatto un Piano di installazione dei sistemi di telecomunicazione che recepisce

la normativa nazionale in maniera particolarmente accurata, e prevede l’esecuzione di misure da parte

del Comune e dell’ARPA. Ad eccezione di Foggia e Lecce, i capoluoghi della Puglia possiedono rego-

lamenti comunali che regolano l’insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e la minimizzazione

dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

In possesso di uno specifico regolamento comunale è anche il Comune di Bologna, che dispone

di un “Procedimento per l’autorizzazione all’installazione di impianti di telefonia mobile secondo la

legge regionale n. 30 del 2000 e la disciplina comunale di attuazione” e di “Disposizioni delle norme

di attuazione del piano regolatore generale sulle localizzazioni degli impianti per la telefonia mobile”,

mostrandosi particolarmente attento all’impatto ambientale e sanitario. L’Emilia Romagna appare una

Regione attenta sia all’impatto sanitario che ambientale e tutti i capoluoghi, ad eccezione di Piacenza,

posseggono un regolamento comunale che disciplina l’installazione degli impianti di telecomunicazione.

Lo stesso si può dire per il Comune di Campobasso, il cui regolamento prevede un Piano annuale

delle Antenne per lo sviluppo e la modifica degli impianti, con l’esplicito obiettivo di minimizzare le

esposizioni, e tutelare l’ambiente ed il paesaggio.

Il Comune di Aosta fa riferimento alla Legge Regionale n.25/2005 (Disciplina per l’installazione, la

localizzazione e l’esercizio di stazioni radioelettriche e di strutture di radio telecomunicazioni) la quale

prescrive l’obbligo di presentare la domanda allo SUAP, corredata di parere tecnico dell’ARPA. Il Comu-

ne di Torino è tra i più attenti in materia e possiede un regolamento che si rifà alla Legge Regionale

n.19/2004, la quale indica lo SUAP e l’ARPA (che esprime anche il parere tecnico) quali enti preposti

all’accoglimento delle richieste autorizzative e indica il Codice delle Comunicazioni Elettroniche (Dlgs.

N. 259/2003 e s.m.i.) come riferimento per l’iter che il Comune deve seguire. Ai gestori è assegnato

il compito di certificare la conformità degli impianti ai requisiti di sicurezza previsti per legge riguardo

le emissioni di campi elettromagnetici. In Piemonte tutti i capoluoghi di Provincia si sono dotati di un

proprio regolamento comunale, ad eccezione del Comune di Cuneo, che ha inserito gli articoli che

disciplinano la materia all’interno del Piano Regolatore Generale e del Regolamento Edilizio.

Al Codice delle Comunicazioni Elettroniche fa riferimento anche il Comune di Milano: indica lo SUAP

quale ufficio al quale inoltrare le domande, prescrivendo che esse debbano contenere i dati sugli

impianti, sulla disponibilità dell’area, il progetto architettonico nonché un’analisi dell’impatto elettro-

magnetico e la certificazione del non superamento dei limiti, facendo di Milano un Comune attento sia

all’impatto paesaggistico che ambientale e sanitario. In Lombardia vi sono cinque capoluoghi che si

sono dotati di uno specifico regolamento (Lodi, Cremona, Mantova, Brescia, Bergamo) mentre gli altri

cinque non lo hanno fatto, limitandosi a fare riferimento ai regolamenti edilizi comunali.

Anche il Comune di Firenze, rifacendosi al Codice delle Comunicazioni Elettroniche, delega alla

Direzione Ambiente l’accoglimento delle richieste di autorizzazione, all’ARPA Toscana il rilascio dei

pareri in materia di problematiche ambientali e alla Direzione Urbanistica (o dove necessario alla So-

vrintendenza) le problematiche inerenti l’impatto urbanistico e paesaggistico. Anche per la Toscana,

in linea generale, è possibile affermare che i Comuni posseggono uno specifico regolamento co-

munale (ad eccezione di Pistoia, Livorno e Siena), nel quale si trovano espliciti riferimenti all’impatto

sulla salute della popolazione che deve essere monitorata dall’autorità sanitaria.

Nelle Marche, Ancona, Pesaro e Ascoli Piceno non hanno una propria normativa, mentre a Urbino la

richiesta per l’installazione o la modifica delle antenne deve essere corredata anche di una dichiarazione

di compatibilità paesaggistica e ambientale.

Esplicito riferimento ai regolamenti edilizi comunali viene fatto dai capoluoghi del Friuli Venezia Giulia,

Trieste, nonostante non abbia uno specifico regolamento che disciplini la materia, si basa direttamente

sulla Legge Regionale n.11/2005 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli Ve-

nezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee) e ha redatto un proprio Piano

di settore per la localizzazione degli impianti di telefonia, oggetto del Rapporto Ambientale e approvato

dalla Giunta Comunale. Il piano prescrive i parametri da rispettare per poter procedere all’installazione

delle antenne, tenendo soprattutto conto dell’impatto ambientale, ma anche sanitario e paesaggistico.

Il Comune di Roma, in assenza di uno specifico regolamento comunale, ha istituito un Servizio Stazioni

Radio Base Telefonia Mobile presso il Dipartimento Programmazione e Urbanistica al quale inviare le

domande di autorizzazione e un Ufficio Prevenzione Inquinamento Elettromagnetico, attestandosi tra i

Comuni che riservano particolare attenzione sia all’impatto urbanistico che ambientale. Nel Lazio ogni

capoluogo provinciale si è dotato di un regolamento per l’installazione di infrastrutture per gli impianti

di telefonia mobile, delegando ai settori Urbanistica e Ambiente le richieste autorizzative in base alle

diverse competenze (come specificato dal regolamento del Comune di Frosinone): richieste che vanno

poi a formare il catasto nazionale sorgenti elettromagnetiche di origine industriale (come specificato

dal regolamento del Comune di Viterbo).

Lo stesso vale per Palermo, che si è dotato di un ufficio per il rilascio delle autorizzazioni per le sta-

zioni radio base, la cui localizzazione deve rispettare i requisiti di decoro urbano. Quattro capoluoghi

siciliani (Trapani, Catania, Siracusa, Ragusa) sono dotati di una propria normativa e altri quattro no

(Messina, Agrigento, Caltanissetta, Enna). È possibile notare che i Comuni che si sono dotati di un

proprio regolamento specificano l’importanza, oltre della protezione sanitaria, di un corretto inserimen-

to urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia mobile, e del rispetto delle normative in materia

edilizia, urbanistica, sismica e paesaggistica.

In Sardegna il Comune di Cagliari ha inserito la disciplina delle installazioni delle antenne all’interno

del Regolamento Edilizio comunale, il quale fa esplicito riferimento alla legge nazionale e prescrive che

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

opinione

uele richieste al Servizio Pianificazione del Territorio, contengano il piano generale di rete, la descrizione

dei luoghi ed eventuali vincoli paesaggistici, la verifica dei valori delle emissioni prodotte e le indicazioni

per ridurre eventuali impatti negativi sul paesaggio e l’ambiente. Nel resto della Regione solo i Comuni

di Sassari e Carbonia hanno una specifica normativa.

Nessun capoluogo della Calabria possiede un regolamento o una modulistica specifica che si occupi

delle richieste di autorizzazione delle antenne, delegando la questione ora all’Ufficio Urbanistica, ora

allo Sportello Unico per l’Edilizia.

Perugia e Terni non possiedono regolamenti comunali, ma è di prossima approvazione una nuova

disciplina regionale.

La Campania, tranne Benevento, dimostra un’attenzione particolare sia agli aspetti radioprotezionistici

che urbanistici derivanti dalle installazioni degli impianti.

È possibile avere accesso all’elenco dei regolamenti relativi a tutti i capoluoghi regionali e provinciali

nella sezione regolamentazioni del sito www.elettra2000.it (link diretto http://www.elettra2000.it/it/

raccolta-normative/188-comuni/248-regolamenti-srb.html)

La valutazione dei Comuni più virtuosi nell’attenzione verso i cittadini sul tema dei campi elettromagnetici può essere

effettuata basandosi su alcuni parametri, tra cui:

n Esistenza di un regolamento per l’installazione delle stazioni radiobase;

n Attenzione all’impatto urbanistico;

n Attenzione all’impatto paesaggistico;

n Esistenza di monitoraggi in continuo;

n Attenzione al dialogo con i cittadini: predisposizione di tavoli tecnici di concertazione con la presenza dei

cittadini, di esperti di bioelettromagnetismo, di ARPA e degli operatori, possibilità da parte del cittadino di

segnalare criticità e di richiedere un intervento tecnico per la misura dei livelli di campo elettromagnetico,

incontri periodici con la popolazione.

Tali parametri possono essere opportunamente pesati e sommati per ottenere indicazioni sull’attenzione complessiva

al tema dei campi elettromagnetici, anche se occorre sottolineare che tradurre in pratica le prescrizioni dei regola-

menti non è sempre scontato, principalmente per ragioni di risorse. Ad esempio l’effettiva realizzazione di campagne

di monitoraggio in continuo si scontra con la contrazione delle risorse che i Comuni hanno ripetutamente conosciuto

negli ultimi anni.

COME VALUTARE I COMUNI PIÙ VIRTUOSI NEL RAPPORTO CON I CITTADINI

1. Una svolta incontrastataSfido a trovare un’altra iniziativa capace di trovare il pieno appoggio degli Stati, dei mercati e della

cittadinanza come l’Agenda Digitale. È una rivoluzione anche per questo. Certo non mancano i no-

stalgici del mondo cartaceo, ma l’Agenda Digitale Europea (DAE) ha saputo coinvolgere anche loro,

trovando la giusta misura.

Metabolizzato il fallimento della net-economy, l’Agenda digitale è un testo maturo, equilibrato e inno-

vativo. Senza eccedere negli entusiasmi nuovisti si presenta come la ricetta anticrisi, caricandosi di

importanti responsabilità per la salvezza, anzi la sostenibilità, dell’economia mondiale. Tanto che negli

uffici del Commissario Kroes non si parla più di “agenda” bensì di “economia digitale”, perché le 101

actions della Strategia non siano solo una to do list, bensì un programma capace di guidare lo sviluppo

economico degli Stati membri.

Anche la precedente Strategia di Lisbona annoverava tra i suoi targets lo sviluppo del digitale, obiettivi

che passarono piuttosto inosservati, come del resto molti altri. Infatti, ci si chiede con quanta con-

sapevolezza sotto-scrivemmo nel 2010 l’Agenda Digitale Europea: certamente non ci si aspettava

una tale pressione da parte della stampa, del mondo accademico, economico e soprattutto dalla

cittadinanza. L’iniziativa faro europea era percepita infatti di competenza prettamente del settore delle

“comunicazioni”: una delle sette iniziative della più ampia strategia EU2020 che dettava gli obiettivi

per un mercato TLC più forte. Probabilmente non era (e forse nemmeno oggi lo è per tutti) così chiaro

che le leve che la rivoluzione digitale è in grado di mettere in moto sono pervasive e sfiorano ogni

cittadino, trattandosi talvolta di un vero scossone capace di scardinare le vecchie abitudini, le vecchie

economie, migliorando la qualità della vita, del lavoro, della sanità, dell’istruzione, ecc. È questo che

rende l’agenda digitale un obiettivo inattaccabile anche da coloro che si definiscono analfabeti digitali

o nostalgici del mondo analogico.

Riconoscerne i benefici non significa però renderli una priorità: per quello ci vuole una rivoluzione cultu-

rale capace di tradurli in una politica economica condivisa e in misure concrete adottate da tutti. Questa

rivoluzione – come piace dire a molti – parte dal basso e quindi non è sufficiente che sia adottata dai

vertici, dalle grandi aziende, dalle grandi organizzazioni: deve essere adottata da tutti. Quindi, viceversa,

ognuno è responsabile della riuscita di questa trasformazione. Il fatto che sia una politica condivisa in

linea di principio, ripeto, non si traduce in misure politiche concrete e tantomeno in pratiche sociali di

appropriazione ed utilizzo effettivo delle tecnologie. Le tecnologie – per quanto queste possano essere

sofisticate e capaci di superare alcuni vincoli fisici – non sono in sé un fattore in grado di modificare i

Banda ultralarga, sicura e senza confini Lo sviluppo economico italiano passa per una connettività trasparente

di Rossella Lehnus | Ricercatrice Fondazione Ugo Bordoni

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

comportamenti delle persone e di avere profonde e durature conseguenze socio-culturali. Questo di-

scorso non si applica ai nativi digitali che sono nati, per l’appunto, in un mondo diverso in cui la gestione

delle opportunità, dei confini, della lingua ha modificato positivamente alcune aree celebrali migliorando-

ne le relative prestazioni in termini di organizzazione di informazione complessa, integrazione tra pensieri

e sensazioni e memoria a breve termine (Mullen 2012). In correlazione con il consolidarsi delle abitudini

digitali delle nuove generazioni si può riscontrare, infatti, un aumento dei livelli di QI.

In Italia però, sono in grande minoranza i nativi digitali e su ognuno di loro pesano troppi nostalgici

analogici.

2. Infrastrutture pervasive Gli esseri umani hanno sempre comunicato avvalendosi dei media: mezzi di comunicazioni rudimentali

che hanno subìto processi di miglioramento fino a quelli attuali capaci di scardinare il concetto del

tempo e dello spazio. Media che sono entrati nella quotidianità e la loro adozione, inevitabilmente, ha

influenzato le dinamiche socioculturali. Nell’era dell’informazione questo concetto viene esasperato, co-

me spiega Bell “the new information age is found not on a mechanical technology but on an intellectual

technology and that the new concepitions of time and space transcend the boundaries of geography

(is there any portion of the world that is now exempt from some searching voice or image?) and take

place in ‘real time’, making the phrase ‘virtual reality’ seems like a truism rather than a trendy slogan”.

La new information age di Bell si realizza quando, come scrive Castells, si ha “una società la cui strut-

tura e le cui pratiche sociali sono organizzate intorno a un network di informazione e comunicazione

abilitati da dispositivi microelettronici”. Castells definendo la network society ambisce a una riorganiz-

zazione politica, culturale, sociale ed economica che sfrutti la rivoluzione digitale per crescere in modo

intelligente, inclusivo e sostenibile.

Per sviluppare la network society i Governi devono, quindi, accrescere negli utenti la loro abilità di

gestire la loro presenza in rete: un obiettivo che – seguendo la logica di Castells – si ottiene se questi

“hanno accesso a una efficiente infrastruttura tecnologica, […] a costi sostenibili”.

Digitalizzare un Paese significa permettere ad ogni uomo di accedere al sapere ovunque lui sia, ovvero

modificare in modo radicale le modalità di fare business, capovolgendo le tradizionali logiche di merca-

to: ci troviamo solo all’inizio della rivoluzione digitale, dove infrastrutture di rete e infrastrutture operative

devono evolvere insieme per aprire infinite opportunità, determinando l’estensione dell’accesso degli

individui ai depositi di sapere che sono sparsi nel mondo.

Il tentativo quindi di racchiudere con il cappello “innovazione” o “agenda digitale” questa trasformazione

appare decisamente naif. La transmedialità, il networking, il multitasking sono abilità che fino ad oggi

sono state esperite solo in modo rudimentale, ma la loro pervasività non può essere circoscritta in nes-

sun sottoinsieme, forse nemmeno l’espressione “economia digitale” è esaustiva. Per essere più chiari

pensiamo ad un aspetto della nostra vita che non sia toccato dal processo di digitalizzazione. A me

non viene in mente nulla: “il profumo dei fiori?” No, anche quello può essere sintetizzato e trasmesso

in banda ultralarga dall’altra parte del mondo. “Il puzzle con il quale giocavamo da piccoli?” No, anche

quello viene già stampato in 3D… “Beh, l’amore!” No, l’amore soprattutto si dispiega passando dal

mondo online a quello offline senza soluzione di continuità…

Il digitale è una chiave con cui dovremmo leggere e guidare lo sviluppo economico del Paese, la cui

pervasività è senza precedenti e non può essere gestita come una cosa a sé; ma in Italia mancano i

presupposti fondamentali di cui parla Castells per la sua attuazione. Siamo fra gli ultimi Paesi europei

per presenza e velocità di reti a banda ultralarga perché gli operatori non investono data la scarsa

domanda da parte dei cittadini. Un cane che si morde la coda che condannerebbe il nostro Paese

all’emarginazione senza un intervento pubblico che, nelle aree a fallimento di mercato, incentivi lo

sviluppo capillare di reti di qualità sufficiente a supportare servizi evoluti che permettano l’always on,

senza intoppi, senza guasti o rallentamenti. Il Piano strategico banda ultralarga: un intervento pubblico

massiccio che l’Europa ci ha autorizzato a cui hanno aderito anche le Regioni italiane facendone un

Piano nazionale rivoluzionario.

Ma quanto sono gli investimenti totali? Un’infrastruttura – fissa e mobile che sia – in grado di offrirci

un’esperienza articolata, comprensiva di tutti i servizi digitali della PA, ha un costo elevatissimo, che

la Commissione europea ha stimato in 270 miliardi di euro. 270 miliardi di euro per attuare l’Agenda

digitale in Europa. La sola rete infrastrutturale italiana può richiedere investimenti da 4 miliardi di euro

a 24 miliardi di euro a seconda della tecnologia utilizzata e quindi delle prestazioni offerte.

Figura 1. Italia ultima in classifica per penetrazione ultrabroadband.

Source: Commission services based on COCOM. Total number of subscriptions by households and enterprises

High speed broadband penetration

High-speed (at least 30 Mbps) broadband penetration

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

agenda

digitaleOgni cosa – dalle più banali alle più geniali invenzioni – deve trovare una sua profittabilità per essere

portata avanti rispondendo a bisogni non soddisfatti, finanche generando nuove necessità. Soprattutto

se si tratta di una novità che richiede 270 miliardi di euro per essere abilitata. In questo caso però le

ricadute sono talmente pervasive che la difficoltà è calcolarle tutte. Eppure, sebbene nessuno neghi i

benefici, manca la concretezza e il coraggio di investirvi per rilanciare l’economia. Dobbiamo affrontare

una trasformazione che interessa in modo trasversale la nostra vita quotidiana, le nostre imprese e la

nostra pubblica amministrazione. E già, riguarda tutti: certamente la classe dirigente, sia politica sia

i manager delle aziende, hanno maggiori responsabilità, ma per una rivoluzione che parte dal basso,

come questa, ogni cittadino è responsabile della digitalizzazione del proprio Paese. Se siamo gli ultimi

in classifica EU27 per abbonamenti a Internet ultraveloce (fig.1) e tra gli ultimi posti per utilizzo regolare

di Internet (fig.2), la colpa va ricercata in un difetto culturale di base che, quindi, per essere superato

ha bisogno di complesse riforme strutturali. Belgio, Paesi Bassi, Lituania sono invece sul podio per

reti ultraveloci: certamente aiutate dalla presenza capillare della televisione via cavo che ha reso molto

più semplice l’upgrading della banda. Il Belgio, in modo particolare, ha registrato nel solo 2013 un

grande salto di qualità quasi raddoppiando le sottoscrizioni dei propri cittadini a servizi di connettività

ultraveloce.

Figura 1. Italia tra gli ultimi posti per utilizzo di Internet.

Molti studi di settore analizzano l’impatto atteso dell’Agenda Digitale al 2020, partendo in particolar

modo dai benefici derivanti da un’adeguata infrastrutturazione del territorio. Per esempio, una recente

ricerca di Cisco dimostra che se un Paese sviluppato si dota di una capillare rete infrastrutturale a

banda ultralarga può aumentare il PIL di 1,1% per la realizzazione dell’opera e di 3,5% per la capacità

dell’economia di promuovere innovazione, offrire nuovi servizi e attivare lo sviluppo economico. Un tale

investimento è quindi capace di incrementare dell’1,1% l’occupazione e del 14% il welfare pubblico

(misurato in Human Development Index - HDI). Il Giappone ha stimato che, a fronte di investimenti di

circa 50 miliardi di dollari per la realizzazione di una rete capillare a 100 Mbps, l’incremento del prodotto

interno lordo sarà pari a circa 1.500 miliardi di dollari.

Le infrastrutture devono essere intese come un mezzo decisivo per sbloccare i servizi che vi navighe-

ranno sopra e che sono decisamente più redditizi. È difficile misurare l’impatto economico derivante

dalla digitalizzazione dei servizi, tuttavia molti analisti si sono cimentati in questa analisi articolata e

complessa e i risultati possono essere diversi a seconda dei servizi presi in considerazione ma sono

sempre sorprendentemente positivi. Non ci stupisce, infatti, che nel rapporto doing business Italia

2013 della Banca Mondiale compaia la parola “digitale” per ben 33 volte – sinonimo di efficienza,

rapidità e semplicità.

Stiamo parlando di un processo di digitalizzazione estremamente complesso perché riguarda un

numero infinito di interazioni difficilmente elencabili, quindi ancor più arduo e approssimativo sarà il

relativo calcolo dell’impatto economico derivante anche dal risparmio di tempo. L’Osservatorio Costi

del Non Fare 2012 di AGCI, per esempio, rileva che l’implementazione di un’infrastruttura di rete a

banda ultralarga che soddisfi i requisiti di velocità e copertura indicati dall’Agenda Digitale Europea

(dai 30 Mbps ai 100 Mbps) genera nel periodo 2012-2030 benefici sociali per almeno 840 miliardi di

euro equivalenti a 2,8% del PIL italiano, derivanti dallo sviluppo di un paniere di servizi come il cloud

computing, l’e-commerce, il telelavoro, la telepresenza, l‘assistenza sanitaria remota per malati cronici,

il fascicolo Sanitario Elettronico, la formazione universitaria a distanza.

Mckinsey analizza, invece, la penetrazione della banda larga, ovvero che ad un aumento del 10% del

tasso di penetrazione, quindi di utilizzo effettivo misurato in termini di abbonamenti sottoscritti al ser-

vizio a banda larga nelle famiglie, corrispondono incrementi del prodotto interno lordo di una nazione

compresi tra 0,1 e 1,4 punti percentuali.

Arthur D. Little insieme a Ericsson ha osservato che esiste una connessione diretta, lineare ed espo-

nenziale tra la velocità della connessione Internet e lo sviluppo di un Paese, analizzando il trend in 33

Paesi Ocse. Ad un raddoppio della velocità della connessione Internet corrisponde sempre un aumento

dello 0,3 per cento del Pil. Un dato fondamentale che sottolinea la stretta correlazione tra la diffusione

Source: Eurostat, Community survey on ICT usage in households and by individuals; persons aged 16-74 using the Internet at least once a week or never; the rest is classifield as occasional users; horizontal lines represent.

analisi economia

Regular internet use in 2012 (% of individuals)

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

Nel 1998 la Commissione internazionale per la protezione delle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) ha

definito delle linee guida internazionali per la limitazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici da

100 KHz a 300 GHz e il 10 settembre dello stesso anno il Ministero dell’ambiente ha emanato un

decreto, il 381, che per l’appunto stabiliva i tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana.

L’anno successivo il Consiglio europeo ha emanato anche una raccomandazione, la 1999/512/CE,

sul tema, ma occorre attendere sino al 2001 per avere in Italia una prima legge quadro che tutelasse

la salute, l’ambiente e il paesaggio: la n. 36 del 22 febbraio. Una legge che, in coerenza con la norma-

tiva comunitaria e con l’articolo 32 della Costituzione Italiana, definisce i valori di immissione che non

devono essere superati in qualsiasi condizione di esposizione con particolare attenzione per quegli

ambienti adibiti a permanenza prolungata come i luoghi abitativi, scolastici, ecc. Ma per i decreti at-

tuativi bisogna attendere il D.P.C.M. dell’8 Luglio 2003 pubblicato sulla G.U. n. 199 e n. 200 che fissa

i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione

dalle esposizioni ai campi elettromagnetici.

Ogni Paese possiede caratteristiche proprie che possono alterare la comparazione, tuttavia è evidente

che i limiti imposti dall’Italia siano decisamente prudenziali se comparati a quelli definiti nel resto del

mondo. Se confrontiamo i limiti di esposizione applicati nei vari Paesi europei ed extraeuropei per

quanto concerne i campi alle frequenze caratteristiche della telefonia cellulare (900 - 1800 - 2100 MHz),

vediamo che Australia, Austria, Brasile, Cipro, Estonia, Finlandia, Lussemburgo, Malta, Nuova Zelanda,

Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Spagna, Sud Africa, Svezia, Turchia,

Ungheria, hanno adottato un limite di esposizione a 900 MHz (V/m) di 41, un limite di esposizione a

1800 MHz (V/m) di 58 e un limite di esposizione a 2100 MHz (V/m) di 61.

inclusiva sostenibile

delle ICT e lo sviluppo economico dei territori, considerando che il 60% del Pil mondiale è prodotto

nelle 600 città più grandi e che entro il 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà in una metropoli.

Se l’ipotesi che sta alla base di questo studio fosse realistica nei prossimi anni assisteremo ad una

crescita intelligente, inclusiva e sostenibile di Stoccolma, Singapore e Seul, ovvero le tre città dell’area

OCSE che fanno la migliore leva sull’ICT per il proprio sviluppo. Al contempo, però, lo sviluppo capillare

di infrastrutture digitali ultraveloci – stravolgendo il concetto di spazio e di tempo – permetterebbe una

simultanea riappropriazione degli spazi rurali, remoti ma iperconnessi e dunque abitati dalla network

society. Una rinascita di quei luoghi, di cui l’Italia è piena: pensiamo alla maremma toscana, ai rifugi

delle alpi, ai dammusi di Pantelleria che potrebbero diventare occasionalmente gli uffici del futuro se

forniti di una connessione di rete tale da supportare una videoconferenza di qualità, lavorando in cloud

computing e, magari riproducendo il necessario con una stampante 3D. L’Italia vedrebbe prolungare il

periodo turistico per 12 mesi all’anno, sia da italiani sia da stranieri che potrebbero concedersi qualche

viaggio in più nel Belpaese se fosse garantito loro continuità lavorativa attraverso l’ICT.

3. Per una crescita sostenibile È questo il futuro? Sicuramente anche questo: una qualità della vita sempre più elevata, accompagnata

da uno sviluppo sostenibile, quindi a basso impatto ambientale. Geniale una pubblicità della Toyota

hybrid: ambientata nel futuro, descrive una società altamente tecnologica, con case e uffici futuristici

in cui l’augmented reality è ubiquitous. La telecamera poi si sposta fuori dagli edifici avveniristici inqua-

drando strade trafficate da inquinanti automobili di inizio ‘900, avvolte da nebbie di smog. Il contrasto

è così forte da essere insopportabile. Lo slogan dello spot gioca infatti su questo: “nessun mondo sarà

davvero evoluto se la tecnologia dell’auto sarà quella di una volta”. Il futuro è ibrido, perché ecologi-

co e lo sviluppo non può che essere sostenibile. È così, il futuro non può contemplare soluzioni che

deturpino l’ambiente circostante, poiché come scrive la Strategia europea Horizon 2020 la crescita

deve essere intelligente, inclusiva e sostenibile e qualsiasi innovazione che inquini l’ambiente non può

essere considerata smart.

Le ICT tendenzialmente sono amiche dell’ambiente: pensiamo al calo drastico dell’uso della carta, dei

trasporti (quindi dell’emissione di CO2) e alla riduzione dei consumi energetici grazie alle soluzioni di

smart grid, etc. Tuttavia, l’inquinamento elettromagnetico, ovvero l’alterazione del campo elettroma-

gnetico naturale, è una realtà causata anche dalle tecnologie di trasmissione dei segnali radiotelevisivi.

Stiamo parlando in particolare delle stazione radio-base per la telefonia cellulare, nonché dei cellulari

stessi, dei quali sebbene non sia ancora stata accertata la nocività all’esposizione, pare evidente che

un loro utilizzo prolungato non sia salutare.

Intervallo di frequenza

3 – 3 GHz

Aree esterne

Intensità di campo H (A/m)

0,05

Intensità di campo E (V/m)

20

Densità di potenzaonda piana equivalente

(W/m2)

1

Aree con permanenze

superiore a 4h

0.0166 0.1

Tabella 1. limiti di esposizione in Italia

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

mach ine to machinelteLa Cina, invece sta ancora definendo i limiti per le stazioni radio base ma dovrebbero fare riferimento

completamente alle Linee Guida ICNIRP, come anche la Russia che sta armonizzando progressiva-

mente i limiti a quelli ICNIRP Gli Stati Unit, invece, fissano i limiti in densità di potenza: a 900 MHz 6W/

m2 (corrispondono a 48V/m) a 1800 e 2100 MHz 10W/m. Decisamente più bassi i limiti di Bulgaria,

Polonia – rispettivamente 6 V/m e 7 V/m per tutte le fre-quenze – ma con un’architettura degli impianti

difficilmente comparabile a quella degli altri Paesi.

L’Italia ha adottato un unico criterio di 20 V/m per l’intero intervallo di frequenze che corrisponde, in

densità di potenza, a 1 W/m2 pari alla metà del limite inferiore definito dalla Commissione internazionale

per la protezione delle radiazioni non ionizzanti, che abbinato a un valore di attenzione e obiettivo di

qualità di 6 V/m, corrisponde a 0,1 W/m2. Senza addentrarci eccessivamente nei numeri, possiamo

dire che la ICNIRP ha assunto un fattore di riduzione cautelativo pari a 50 rispetto ad valore di densità

di potenza elettromagnetica che potrebbe causare danni ai tessuti, l’Italia è stata dunque 225 volte

più prudente del resto del mondo. Oggettivamente essere 225 volte più prudenti di tutto il resto del

mondo è un’esagerazione che non trova spiegazione scientifica ma che ha condizionato negativamente

anche le modalità di deployment delle nuove reti LTE con conseguenti realizzazioni più costose con

un maggior numero di nuovi impianti e siti. Ed ecco quindi un ulteriore elemento che contribuisce al

circolo vizioso: alti costi di infrastrutturazione, scarsa domanda, scarsa qualità del servizio offerto.

La naturale razionalizzazione della potenza del segnale delle tecnologie di comunicazione mobile

dovrebbe al contrario favorire la diffusione di stazioni radio base, le quali, infatti, trasmettono potenza

solo quando i clienti richiedono il servizio, voce o dati che sia; pertanto se il device si trova vicino a una

stazione radiobase la potenza trasmessa da quest’ultima sarà limitata, se invece, il terminale utente

si trova lontano a una stazione radiobase lo sforzo dei due apparati sarà più significativo e, quindi

maggiore sarà l’inquinamento elettromagnetico prodotto. Questo spiega il perché quando il nostro

cellulare ha poco segnale o quando siamo in movimento sarebbe meglio evitare le chiamate visto che le

radiazioni emesse sono maggiori. In ogni caso, ricordo che è sempre meglio non appoggiare il cellulare

al nostro orecchio, ma utilizza-re auricolari con filo, vivavoce o almeno alternare le due orecchie, se

proprio non possiamo farne a meno. È inoltre importante tenerlo lontano dalla testa quando avviamo

nuove chiamate in attesa che i cellulari si connettano e il nostro interlocutore risponda.

L’allarme sulla nocività del cellulare scatta soprattutto per i più piccoli, ai quali però è ormai impossibile

togliere o ridurre il cellulare dalla loro dieta mediale. I ragazzi fanno tutto con il cellulare, che possiedono

dai quattro anni in su: non solo chiamate e chat, ma foto, musica, video, e soprattutto sono always on

e geolocalizzati. Vietarlo è culturalmente inaccettabile, poiché negherebbe quando abbiamo affermato

all’inizio di questo articolo, ma per limitare i danni si potrebbero però proporre delle piccole accortezze

che sensibilizzino i giovani al problema dell’inquinamento elettromagnetico senza però intraprendere

battaglie fallimentari. Per esempio si potrebbe cominciare con il comprare cellulari che emettano meno

radiazioni, ovvero quelli che hanno un tasso di assorbimento minore (SAR) ed evitare che il cellulare

diventi una vera protesi del nostro corpo, portandolo in una borsa invece che nei taschini di pantaloni,

gonne e camicie. Inoltre, occorre insegnare che il cellulare non deve essere scambiato con l’orsac-

chiotto, quindi non ci si può dormire assieme condividendo il cuscino o scaldandolo sotto le coperte,

ma di notte va tenuto spento meglio se in un’altra stanza.

Qualcuno potrebbe obiettare che lo scenario descritto in queste pagine, tratteggiando un confine

sempre più impalpabile tra il mondo offline e quello on line, mal si concilia con un utilizzo misurato ai

devices connessi a Internet. La tecnologie di rete in futuro saranno sempre più trasparenti, come oggi

è l’energia elettrica: non sappiamo dove siano nascosti i cavi, quale sia l’ingegneria che ci permette

di spingere un pulsante e illuminare la stanza. La corrente elettrica c’è e basta, ci accorgiamo della

sua esistenza solo quando qualcosa non funziona. Allo stesso modo quando ogni oggetto avrà una

SIM connessa alla rete – o qualcosa di analogo – che ci permetterà di realizzare l’Internet of things,

probabilmente l’inquinamento elettromagnetico aumenterà. Di fronte a un futuro pervaso dal machine

to machine ci dobbiamo chiedere “esponiamo noi stessi e i nostri figli ai danni irreversibili dell’inqui-

namento elettromagnetico o ci neghiamo il futuro?” Fortunatamente c’è sempre una terza via che

prevede, accanto allo sviluppo tecnologico, una maggiore diffusione della consapevolezza dei rischi e

delle relative potenzialità che guidi gli utenti a scegliere, quando possibile, la tecnologia più salutare. In

questo quadro va dunque preferita una maggiore estensione della banda ultralarga fissa, piuttosto che

una capillare rete mobile per lo scambio di dati. La rete fissa, infatti, abbinata a una maggiore diffusione

di hotspot wifi, garantisce mobilità agli utenti all’interno di spazi circoscritti: in casa, al lavoro, a scuola,

nelle sale d’aspetto nei locali pubblici, ecc. Sono già numerose le applicazione voci e dati che sfrut-

tano direttamente l’Internet protocol: viber, tango, skype, facetime, ecc che con una buona qualità di

rete sono assolutamente delle valide alternative per chiacchierate sicure al telefono. Il wifi, infatti, non

provoca inquinamento elettromagnetico ed è assolutamente innocuo sotto ogni profilo contrariamente

a quanto sostenevano i vari comitati di genitori che si opponevano alla diffusione del wifi nelle scuole

del Piano scuola digitale del Ministero dell’istruzione, università e della ricerca.

Certamente i modelli di business degli operatori telefonici dovranno cambiare, puntando per esem-

pio su tipologie di abbonamento orizzontale, ovvero che prevedano la migrazione per i propri clienti

dalla rete mobile alla rete fissa (wifi) qualora disponibile. Questo permetterebbe non solo di ridurre

notevolmente l’inquinamento elettromagnetico in tutte le aree raggiunte dalla rete fissa, ma anche

di alleggerire il traffico sulla rete mobile che è saturo poiché in perenne e insostenibile crescita, a

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scapito del traffico su rete fissa. Purtroppo però le politiche di marketing degli operatori TLC sono

talmente aggressive da diventare insostenibili e soprattutto incompatibili con nuovi investimenti infra-

strutturali. La relazione 2013 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni rileva una contrazione

dei prezzi dei servizi di TLC a beneficio dei consumatori ma a scapito degli investimenti su rete fissa,

confermando il trend di contrazione dei ricavi complessivi già rilevato da alcuni anni e che nel 2012

ha registrato 2,6 miliardi di euro in meno rispetto all’anno precedente. Una contrazione concentrata

sui servizi di rete mobile che hanno ridotto i loro ricavi proprio a causa di quelle politiche di marke-

ting. Nel primo trimestre del 2013 i prezzi dei servizi di telecomunicazioni sono diminuiti mediamente

del 5,2% e in particolare quelli mobili segnano una flessione superiore all’8%. Si tratta di politiche

aziendali che non permettono al nostro Paese di attuare gli obiettivi dell’agenda digitale europea e,

senza offerta, non si svilupperà mai la domanda necessaria per digitalizzare l’economia italiana. È

sempre drammaticamente più elevato il tasso delle ADSL non OK, ovvero delle richieste disattese

di fornitura del servizio di connettività a banda larga, che di fatto costituiscono un’altra tipologia di

digital divide: quello in cui l’area è coperta dal servizio a banda larga ma questo non è disponibile

perché richiederebbe un ulteriore investimento da parte dell’operatore per incrementare la potenza

di banda necessaria a soddisfare tutte le richieste. Ancora una volta gli investimenti in infrastrutture

sono necessari ma non convenienti e condannano il nostro Paese all’esclusione digitale, ovvero

all’emarginazione economica e sociale.

ConclusioniSostenere lo sviluppo della rete fissa, dunque è fondamentale per la crescita economica del nostro

Paese che non potrà affidarsi esclusivamente alla banda larga mobile, sebbene questa rappresenti

certamente un’infrastruttura fondamentale che assicura l’accesso a Internet in mobilità anche in aree

vaste. La combinazione rete fissa ed hotspot wifi pare quindi la soluzione migliore almeno sotto il profilo

dell’inquinamento elettromagnetico, soprattutto visto che la guerra tra i devices portatili non si gioca

più solo contando i pollici, la risoluzione, finanche la flessibilità della schermo, ma l’attenzione dei pio-

nieri si sta spostando sempre più verso le tecnologie da indossare. Una nuova modalità di interagire,

fruire e manipolare le informazioni capace di spodestare i devices portatili: dall’Iwatch di Apple che

permette voice e video call con facetime, comandi vocali con Siri, sms e Imessage, ai chiacchieratis-

simi GG di Larry Page – i google glass capaci di creare quell’effetto curiosità / wow che nemmeno la

Apple è forse riuscita a suscitare. Non si tratta quindi più di cellulari e smartphone che ognuno di noi

tiene mediamente a massimo un metro e mezzo di distanza, o meglio, non si tratta solo, ma anche di

quelli e di qualsiasi dispositivo che aggiungeremo al nostro equipaggiamento quotidiano e che sarà

always-on (line).

crescitaIn linea con gli obiettivi che il Consorzio Elettra 2000 si pone, tra cui avviare un dialogo tra mondo

scientifico, politica, industria e cittadinanza, è stata effettuata un’analisi della rassegna stampa, per

identificare il livello di attenzione da parte dei media alla tematica dei campi elettromagnetici. Questo tipo

di analisi era già stata condotta nel 2006 e a 7 anni di distanza si vuole valutare se e come sia cambiato

l’interesse dei media per questo argomento.

L’analisi del 2006 è stata condotta durante un arco temporale di due settimane, mentre quella del 2012

di dieci mesi: il dato che salta subito all’occhio è il numero di articoli che sono stati pubblicati: 480 in

due settimane, 72 in dieci mesi. Appare quindi evidente che l’attenzione per l’argomento ha subito una

sorta di esplosione, con conseguente attenzione mediatica, per poi calare e stabilizzarsi nel tempo, in

quanto argomento che saltuariamente viene affrontato dai mass media, con punte di attenzione legate

ad eventi particolari (come, ad esempio, le proteste per il MUOS di Niscemi). Il tono degli articoli, ora

come sette anni fa, continua ad essere conflittuale nella maggior parte dei casi, mentre ad essersi diffe-

renziati sono gli argomenti trattati: se prima si parlava per il 70% di antenne, ora ci si divide tra antenne,

monitoraggi, iniziative locali e piani di localizzazione. Lo stesso si può dire del tipo di testate, che prima

erano quasi esclusivamente appartenenti alla stampa di tipo tradizionale, nazionale e locale, mentre ad

essa si sono aggiunti i servizi televisivi, i blog e i quotidiani online.

Da un punto di vista geografico, invece, lo studio del 2006 conferma il trend odierno di divisione equa

tra le varie zone d’Italia, in linea con l’attenzione che tutto il nostro Paese riserva all’argomento dell’in-

quinamento elettromagnetico.

Scopo di questo monitoraggio è anche seguire e analizzare il punto di vista dei cittadini, ovvero di coloro

i quali si trovano quotidianamente, in un modo o nell’altro, ad affrontare la questione del cosiddetto

inquinamento elettromagnetico che comporta implicazioni sanitarie, ambientali e paesaggistiche. Per

fare questo, Elettra 2000 cura quotidianamente una rassegna stampa che raccoglie costantemente gli

articoli che vengono pubblicati sull’argomento elettrosmog, ma anche sulle proteste dei cittadini che,

nella maggior parte dei casi, si oppongono all’installazione di antenne per la telefonia mobile.

Sul sito Internet del Consorzio è possibile consultare questa sezione, denominata appunto Punto di vista

del cittadino, e scorrere tutti gli articoli raccolti, utilizzati poi per condurre questa analisi della stampa

nazionale, condotta considerando una serie di parametri e applicata ad un preciso arco temporale, pren-

dendo come presupposto che i media possano rispecchiare abbastanza fedelmente l’opinione pubblica.

Scopo dello studio è seguire e osservare il punto di vista dei cittadini, ovvero di coloro i quali si trovano

quotidianamente, ad affrontare la questione del cosiddetto inquinamento elettromagnetico. Per fare

questo, Elettra 2000 cura quotidianamente una rassegna stampa che raccoglie tutti gli articoli che

vengono pubblicati sull’argomento bioelettromagnetismo e campi elettromagnetici, ma anche quelli

relativi a proteste dei cittadini, nella maggior parte dei casi, relative all’installazione di antenne per la

Media e campi elettromagnetici:analisi della stampa

di Laura Giordani e Martina Menghi | Consorzio Elettra 2000

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

opinione pubblica di essi, invece, può definirsi scientifico, questo è

probabilmente dovuto alla tendenza della stampa

destinata ad un pubblico di larga scala e quindi

non di settore, che deve rendere comprensibile un

argomento fortemente complesso da un punto di

vista scientifico.

5. Per quanto riguarda la parte coinvolta che

viene menzionata negli articoli, possiamo notare

che le parti coinvolte sono per la maggior parte

le istituzioni pubbliche (Comuni, Regioni, Provin-

ce) e le Amministrazioni locali (Sindaco, Assessori

all’Ambiente e simili), subito dopo vengono i singoli

cittadini e i gestori di telefonia mobile (coinvolti in

quanto richiedenti le autorizzazioni per l’installazio-

ne di nuove antenne).

6. Strettamente collegata alla precedente è l’analisi

della parte attiva, che, come è facilmente imma-

ginabile, è rappresentata in maniera maggioritaria

da associazioni locali (solitamente di quartiere) e

Amministrazioni (in quanto interlocutori tra le isti-

tuzioni, gli operatori e i cittadini).

7. Un altro parametro che è stato analizzato è l’ar-

gomento dei servizi considerati, evidenziando che

i principali temi affrontati, strettamente collegati tra

loro, sono le antenne e il monitoraggio dei livelli

di campo elettromagnetico, argomento partico-

larmente caro a cittadini e Amministrazioni, come

abbiamo visto, per motivi principalmente sanitari.

8. L’ultimo parametro riguarda la suddivisione della

Penisola in macro-aree geografiche che mostra

come le testate che trattano la questione dell’e-

lettrosmog si dividano quasi equamente tra Nord,

Centro e Sud, confermando come l’attenzione per

il tema sia diffusa in maniera abbastanza omoge-

nea in tutta Italia.

Figura 1. Figura 5.

Figura 3. Figura 7.

Figura 2. Figura 6.

Figura 4. Figura 8.

Caratteristiche testata Parte coinvolta

Parte attiva

Argomento articolo

Macroaree

Tono dell’articolo

Tipologia richiamo

Caratteristiche articolo

giornalitelefonia mobile. Sul sito Internet del Consorzio è

possibile consultare questa sezione, denominata

Punto di vista del cittadino, e scorrere tutti gli arti-

coli raccolti, che sono stati utilizzati per condurre

l’analisi della stampa nazionale.

Ciò che è emerso da questa analisi appare eviden-

te guardando i diversi grafici elaborati.

1. Anzitutto, la maggior parte delle testate che

hanno affrontato la questione elettrosmog sono

giornali online: questo non solo per la grandissima

diffusione del mezzo Internet come nuovo canale

di informazione, ma anche per il fatto che quasi

ogni quotidiano cartaceo presenta anche una sua

versione online (di più facile consultazione), la qua-

le a sua volta è suddivisa in sezioni locali (non solo

regionali e cittadine, ma spesso anche di quartiere,

come avviene nel caso di Roma).

2. Il secondo parametro che è stato utilizzato è

quello che prende in considerazione il tono degli

articoli, mostrando come la maggioranza di essi

si attestino su un tono conflittuale. Appaiono cioè

chiaramente orientati in “difesa” delle proteste dei

cittadini, dei quali riportano preoccupazioni e ri-

chieste in maniera molto accurata, non riportando

quasi mai le risposte o le spiegazioni di Ammini-

strazioni locali o degli operatori telefonici.

3. Altro elemento considerato per lo studio è la

tipologia di richiamo degli articoli. In questo ca-

so i servizi si dividono abbastanza equamente tra

l’allarmismo, la mobilitazione e la semplice descri-

zione, mentre appaiono in minoranza quelli di de-

nuncia, di difesa o neutrali.

4. Più della metà degli articoli sono semplice-

mente descrittivi, mentre i restanti si dividono

tra non scientifici, tecnici e giuridici. Solo il 3%

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arpa

campi

elettromagnetici

Nell’avvicinarsi al dibattito sull’evoluzione degli impieghi delle radiofrequenze tutti siamo immediatamente

disponibili a riconoscere di essere di fronte ad uno degli elementi centrali dell’evoluzione globale. Siamo

altrettanto decisi nell’ammettere che il settore è stato oggetto di studi ed approfondimenti, relativamen-

te ai rischi, probabilmente imparagonabili, per estensione ed intensità, a qualsiasi altro settore della

prevenzione, e che le conclusioni ricavate dal complesso degli studi sono, per livelli ambientali tipici,

incontrovertibilmente rassicuranti.

Nonostante ciò, nell’affrontare il tema, si tratti della pratica quotidiana o della evoluzione strategica della

normativa nazionale di settore, ci sentiamo legati ad un atteggiamento di cautela al quale contribuiscono

molte componenti: attenzione alle preoccupazioni dei cittadini, forza degli interessi in gioco, tradizionale

sensazione di contraddizione tra sviluppo e principi di protezione della salute e dell’ambiente, segnali

dal mondo scientifico di difficile o non univoca interpretazione, difficoltà di immaginare un diverso ruolo

o una diversa azione della Pubblica Amministrazione.

Le criticità di fronte agli occhi di tutti nello sviluppo della normativa di settore sono un eccellente sin-

tomo della situazione. L’azione legislativa risulta essenzialmente “reattiva”, di fronte a nuove esigenze

del mercato: non casualmente le più recenti norme di settore sono contenute in provvedimenti sullo

sviluppo economico.

Ma provvedimenti di tipo “reattivo” possono essere orientati, al più, ad ottimizzare il quadro tecnico

ed amministrativo del settore: si limano le incongruenze più evidenti, si “semplifica” l’insieme degli

adempimenti. L’evoluzione delle conoscenze scientifiche e sul rischio è rimasta ai margini del dibattito,

è divenuta o comunque è stata avvertita come un elemento di giustificazione a posteriori.

Occorre allora riflettere su quanto effettivamente di nuovo sappiamo, e su come ciò si leghi alle nostre

conoscenze scelte e precedenti. Ciò che di nuovo la scienza ci mette a disposizione ci permetterà

di sapere dove dobbiamo andare; le scelte fatte in passato rappresentano il punto di partenza, il cui

valore, dal punto di vista etico, va conservato, ad esempio salvaguardando un approccio adeguata-

mente cautelativo, seppur in una proporzione e con modalità coerenti, appunto, con i nuovi livelli di

conoscenza disponibili.

Un dibattito su questi temi ci permetterà di condividere il senso delle acquisizioni scientifiche e ci renderà

più chiaro quali nuovi quesiti possiamo porre alla scienza.

Alcune riflessioni ci possono aiutare a incamminarci lungo questo percorso.

A quali conclusioni portano i più recenti studi sul rischio?Numerosi studi ed approfondimenti, essenzialmente di tipo epidemiologico, si sono susseguiti negli anni.

Tra le più autorevoli sintesi circa l’insieme degli studi condotti si ricordano le pubblicazioni SSK 20111,

AGNIR 20122, HCNL 20133 e il Volume 102 delle monografie della IARC4.

Quale base delle riflessioni che seguono si è deciso di prendere a riferimento, essenzialmente, quest’ulti-

mo testo, centrato sulla valutazione dei rischi cancerogenetici per l’uomo: “NON-IONIZING RADIATION,

PART 2: RADIOFREQUENCY ELECTROMAGNETIC FIELDS”; esso è basato sul complesso degli studi

accreditati disponibili, sia in ambito biologico che epidemiologico, e rappresenta, allo stato attuale, il più

rilevante punto di riferimento sovranazionale. Le conclusioni contenute nella pubblicazione risultano, tra

l’altro, sensibilmente più cautelative rispetto ai contenuti degli altri tre lavori prima citati.

I risultati della revisione dello IARC sono sintetizzati in una affermazione:

“An IARC Monographs Working Group reviewed epidemiological evidence,

cancer bioassays, and mechanistic and other relevant data to reach con-

clusions as to the carcinogenic hazard to humans from exposure to these

electromagnetic fields. With ”limited evidence” for carcinogenicity in hu-

mans based on an increased risk of glioma – a malignant brain tumour –

among heavy users of mobile telephones, radiofrequency electromagnetic

fields were classified as “possibly carcinogenic to humans (Group 2B)”.5

Occorre considerare le parti più significative di tale sintesi:

1: “…electromagnetic fields were classified as “possibly carcinogenic to humans” (Group 2B)”.

Per la prima volta lo IARC prende una posizione sul tema, classificando secondo i propri parametri il

rischio di cancerogeneticità dell’agente “radiazioni non ionizzanti a radiofrequenza”; il rischio non viene

disconosciuto, si ritiene che gli studi effettuati non possano escluderne l’esistenza;

2: “With ”limited evidence” for carcinogenicity in humans based on an increased risk of glioma

among heavy users of mobile telephones”.

Viene data una dimensione all’evidenza e si perimetra il campo del rischio, associandolo alle esposizioni

più intense (per valore di campo e durata), quali quelle subite dalla testa a causa dell’uso frequente del

telefono personale.

1 Strahlenschutzkommission (SSK) DE: “Comparative assessment of the evidence of cancer risk from electromagnetic fields and radiation. Statement of the German Commission on Radiological Protection”. Adottata nel corso del 248° meeting, 14/15 aprile 20112 Advisory Group on Non-ionising Radiation (AGNIR) UK: Health Effects from Radiofrequency Electromagnetic Fields (RCE-20). April 2012 - ISBN: 978-0-85951-714-0 3 Health Council of the Netherlands (HCNL): “Mobile phones and cancer - Part 1: Epidemiology of tumours in the head”, 3 giugnio 2013 - ISBN: 978-90-5549-960-14 IARC (International Commission for Research on Cancer) – WHO (World Healt Organization): “NON-IONIZING RADIATION, PART 2: RADIOFREQUENCY ELECTROMAGNETIC FIELDS”. 2013 - ISBN 978 92 832 1325 35 Traduzione dell’autore: “Un Gruppo di Lavoro per le Monografie della IARC ha effettuato una revisione delle evidenze epidemiologiche, ai test di cancerogeneticità, agli studi sui meccanismi di causa-effetto ed altre informazioni significative per arrivare conclusioni circa la cancerogeniticità potenziale per l’uomo derivante dall’esposizione a questo tipo di campi elettromagnetici. Con “evidenza limitata” di cancerogeneticità sull’uomo, basata su un incremento di rischio per il glioma (un tumore maligno del cervello), tra i pesanti utilizzatori di telefoni mobili, i campi elettromagnetici a radiofrequenza sono stati classificati come “possibili cancerogeni per l’uomo” (Gruppo 2B)”.

Campi elettromagnetici e gestione del rischio: evoluzioni, tendenze, obiettivi

di Giuseppe Sgorbati | Direttore Direzione Tecnico-Scientifica ARPA Lombardia

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

amministrazioneradiofrequenze

pubblica Vale la pena di notare che nel caso del D.P.C.M. 8 luglio 2003 il pericolo di cancro “è possibile” e degno

di essere contenuto, seppur senza la conoscenza del rapporto tra esposizione e rischio.

Nel caso della raccomandazione 519/99/CE il pericolo non è negato: semplicemente “non è considerato

accertato”, è “eventuale”.

Singolarmente, il concetto di base applicato nei due corpi normativi è lo stesso: il pericolo di cance-

rogenesi non è dimostrato, ma in entrambi i casi non è nemmeno negato. Entrambe le scelte sono

“infondate”, sono prive di una base oggettiva, ma in tutti e due i casi si arriva comunque alla definizione

di un, seppur molto diverso, limite di esposizione a tutela contro il cancro. Nel caso della legislazione

italiana il limite è individuato in modo esplicito attraverso il sistema dei cosiddetti “valori di attenzione”

e “obiettivi di qualità”, mentre nel caso della raccomandazione europea, in pratica, il limite adottato,

“implicitamente” a tutela contro gli effetti a lungo termine, coincide con quello per gli effetti acuti.

È evidente che, in queste condizioni, il differente risultato normativo non dipende tanto dal riconosci-

mento dell’esistenza del pericolo, ma dal livello del rischio attribuito e conseguentemente dalla sua ac-

cettabilità: per la norma nazionale, essendo la dimensione del rischio sconosciuta nel 1998, si sceglie di

porlo su di un livello elevato, mentre per la raccomandazione europea, essendo la dimensione del rischio

non definibile, nel 1999, viene posta su un livello ritenuto gestibile attraverso il sistema dei limiti esistenti.

La situazione, oggi, è radicalmente cambiata.

Le conclusioni della Monografia dello IARC n. 102 descrivono un quadro del rischio chiaro nel quale,

pur continuando a non escludersi la possibilità dell’azione cancerogena delle radiazioni non ionizzanti

a radiofrequenza, il rischio attribuibile per le esposizioni di livello ambientale7 è di dimensioni tali da non

essere osservabile, nonostante lo sforzo di indagine condotto.

Le conclusioni di SSK 2011, AGNIR 2012, HCNL 2013, già ricordate, vedono ancora più debole la

possibilità di attribuire alle esposizioni derivanti dall’uso del telefono mobile un effettivo rischio. Più recenti

valutazioni basate su metanalisi, come quelle di Lagorio e Röösli8 portano il rischio tumorale intracranico

nel campo delle probabilità residuali.

In questo quadro, possono essere riviste le decisioni circa il livello dei limiti assunte arbitrariamente alla

fine degli anni ’90, giustificate dalla mancanza di informazioni sufficienti?

La risposta al quesito contiene componenti di natura non tecnica, ma indiscutibilmente una nuova

posizione della comunità scientifica, espressa attraverso nuove linee guida, o comunque una rilettura

o una precisazione delle linee guida internazionali che contempli esplicitamente i risultati dei più recenti

studi epidemiologici può fornire un contributo molto utile ad una nuova discussione.

6 In questo testo vengono utilizzate le definizioni di pericolo e di rischio con i significati utilizzati correntemente nel campo della prevenzione: viene definito come “pericolo” un fattore o una circostanza che, al momento della sua concretizzazione, arreca un danno; viene definito rischio una condizione che espone probabilisticamente a subire un danno per la possibilità che un pericolo sviluppi i suoi effetti.7 Per esposizione di livello a ambientale in questo testo ci si riferisce alle esposizioni diverse da quelle subite, in qualsiasi comparto corporeo, a causa dell’uso del telefono personale.8 Susanna Lagorio e Martin Röösli “Mobile phone use and risk of intracranial tumors: A consistency analysis” Article first published online: 6 NOV 2013. DOI: 10.1002/bem.21829 - © 2013 Wiley Periodicals, Inc.

RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIOdel 12 luglio 1999 (1999/519/CE)

Per proporre le limitazioni dell’esposizione ci si

è basati soltanto su effetti accertati. L’insorgere

del cancro per gli effetti dell’esposizione ai campi

elettromagnetici di lungo periodo non è conside-

rato accertato. Tuttavia, poiché esistono fattori di

sicurezza di circa 50 tra i valori limite per gli effetti

acuti e i limiti di base la presente raccomanda-

zione implicitamente contempla gli eventuali effetti

a lungo termine nell’intero intervallo di frequenza.

quadro

normativo

Ciò che non è esplicitamente riportato nella sintesi, eminentemente mirata a mettere in luce i rischi

possibili, può essere estrapolato logicamente dalle affermazioni riportate: per comparti diversi dalla testa

e per minori livelli di esposizione non esistono evidenze, la patologia tumorale possibile, seppur con

“evidenza limitata” è il solo glioma. La lettura puntuale della Monografia conferma tale visione.

Tali osservazioni, perimetrando il rischio per dimensione e tipologia, portano ad estendere la discussione

al livello della sua accettabilità, introducendo ulteriori elementi.

Infatti, l’accettabilità del rischio, in particolare, non è da considerare una semplice funzione della sua

dimensione, ma è da considerare come il frutto di un complesso processo al quale partecipano nu-

merose componenti, tra le quali esperienze personali, sociali, i concetti di utilità reale ed avvertita e

numerose altre ancora.

Intensità del rischio e sua percezione sono le componenti principali che guidano le azioni di gestione

del rischio.

La gestione del rischio nel quadro normativo nazionale ed internazionaleIl quadro regolamentare relativo alla protezione della popolazione vede in vigore, tutt’oggi, due diversi

corpi normativi: una raccomandazione europea e una legge nazionale, essenzialmente sincronizzati

temporalmente ma molto dissimili dal punto di vista della gestione del rischio. Si confrontano tra di loro

il Decreto Ministeriale 8 luglio 2003, che rappresenta nella sua essenza la ripresa del D.M. 381/98, e

la raccomandazione del consiglio del 12 luglio 1999 (1999/519/CE).

In particolare, il D.M. 8 luglio 2003 rappresenta necessariamente il punto di partenza per ogni riflessione

ed innovazione normativa nel settore.

Può essere utile una elementare comparazione di parti focali dei due testi di riferimento ricordati più

sopra, per percepire la centralità del tema della gestione del rischio6 e, in particolare, dell’incidenza del

livello di sua accettabilità sul costrutto finale della norma.

Decreto Ministeriale 8 luglio 2003(D.M. 381/98)

Le disposizioni del presente decreto fissano i limiti

di esposizione e i valori di attenzione per la pre-

venzione degli effetti a breve termine e dei pos-

sibili effetti a lungo termine nella popolazione

dovuti alla esposizione ai campi elettromagnetici

generati da sorgenti fisse con frequenza compre-

sa tra 100 kHz e 300 GHz.

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ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ

sar

modelli

dosimetriciprove

scientificheVale comunque la pena di rilevare che, contemporaneamente, l’Unione Europea, attraverso la recentis-

sima Direttiva 2013/35/UE, sulla protezione dei lavoratori esposti ai campi elettromagnetici9 ha espresso

di nuovo una posizione sul tema:

“La presente direttiva non affronta le ipotesi di effetti a lungo termine derivanti

dall’esposizione a campi elettromagnetici, dal momento che non si dispone attual-

mente di prove scientifiche accertate dell’esistenza di una relazione causale”.

La posizione della UE in questo caso sembra essere molto più definita rispetto quella espressa nella racco-

mandazione del 1999, pur relativa ad un altro contesto che, invece, “implicitamente contempla gli eventuali

effetti a lungo termine”. La Commissione dichiara comunque di tenere alto il livello di guardia sul tema,

attraverso l’osservazione dei risultati degli studi e del crescere delle conoscenze scientifiche sul tema.

Legislazione nazionale, le misure di cautela e i modelli dosimetriciLa legislazione nazionale10 si differenzia considerevolmente rispetto al quadro regolamentare europeo,

prima ancora che per la dimensione dei vincoli adottati, per la sua architettura.

La legislazione nazionale è priva, essenzialmente, del concetto di “limite di base”11 e si esprime esclu-

sivamente su valori massimi di esposizione relativi ai campi a livello ambientale12. Tale impostazione

semplifica certamente il quadro generale della norma, intesa essenzialmente come strumento operativo,

ma ha generato però dubbi concettuali che si sono trasformati rapidamente in seri problemi di gestione

della norma stessa.

Molti aspetti e limiti dell’attuale normativa nazionale sono oggi in discussione e vale di conseguenza la

pena di introdurre alcuni elementi di riflessione che possono contribuire a creare una base di confronto

produttiva.

Se la scelta del legislatore sarà quella di mantenere un apposito e specifico presidio di cautela contro il

possibile rischio tumorale, è necessario che tale presidio sia definito attraverso un percorso concettuale

coerente con il tipo di rischio che si intende mettere sotto controllo e con la sua intensità, con un proprio

specifico modello dosimetrico.

Non essendo disponibile una correlazione quantitativa tra esposizione e incremento di rischio tumorale,

la scalatura al 10% della densità di potenza fissata come limite adottata nella normativa italiana13 per

individuare “valori di attenzione” e gli “obiettivi di qualità” è da considerare del tutto arbitraria, e non frutto

di un processo che, almeno sulla base di ipotesi, fissi un livello di riferimento in funzione di un valore di

rischio individuale e collettivo ritenuto accettabile.

Ma l’arbitrarietà della scelta non consiste solo nel valore limite individuato, ma nel “tipo” di valore limite

individuato: l’intensità massima di esposizione, sia essa espressa come un valore di campo elettrico,

magnetico o densità di potenza, derivato dal modello utile invece a porre sotto controllo gli effetti termici

già presidiati in altre parti della legge.

Lo schema dosimetrico assunto generalmente per la tutela contro gli agenti cancerogeni prende a

riferimento il concetto di “dose integrata”, specie a dosi subacute, piuttosto che di intensità, su scale

temporali dell’ordine dei giorni o anche molto più lunghe (l’anno, il quinquennio, la vita dell’individuo); ad

esempio la presenza di cancerogeni nell’ambiente viene spesso gestita attraverso i limiti operativi che,

per motivi di praticità, sono espressi in termini di “dose giornaliera” o “concentrazione media ponderata

nell’unità di tempo”, su un passo non inferiore alla giornata.

Era stato più volte rilevato che l’intervallo di integrazione di 6 minuti14, definito con specifiche finalità

di limitazione degli effetti di tipo termico, non ha alcuna omogeneità concettuale rispetto alla gestione

del rischio tumorale. La decisione di introdurre intervalli di integrazione di 24 ore per la valutazione del

rispetto delle misure di cautela previste dal Decreto Ministeriale 8 luglio 2003 rende più congruente il

metodo di valutazione dell’esposizione rispetto al tipo di rischio che si intende porre sotto controllo,

sebbene il suo inserimento15 sia stato probabilmente percepito, per metodo e per contesto, come un

intervento episodico ed inadeguato rispetto allo spessore ed alle criticità del tema, motivato solo da

ragioni pragmatiche ed era da attendersi che, come tale, provocasse le note reazioni e strascichi, poco

somiglianti ad una discussione scientifica.

Un ulteriore aspetto da considerare nella applicazione di misure di cautela contro i possibili rischi tumo-

rali consiste nell’andamento, in funzione della frequenza, del “limite derivato” più tradizionale: il campo

incidente sul bersaglio.

La scelta nazionale è consistita nel mantenere costante il “valore di attenzione” e l’“obiettivo di qualità”

del campo incidente nell’intero intervallo delle frequenze considerato (6 V/m e 0,016 A/m tra 0,1 Mhz

<f ≤ 300 Ghz, 0,1 W/m2 tra 3 Mhz <f ≤ 300 Ghz)16.

Non è chiaro quale sia il razionale scientifico alla base di tale scelta.

Il valore del campo incidente dovrebbe essere considerato, anche in questo caso, come un livello di

riferimento operativo definito in funzione del fattore fisico che si intende contenere.

Si osserva che, in tutte le valutazioni di rischio più recenti17, il SAR nelle sue varie espressioni (wbSAR, 9 DIRETTIVA 2013/35/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE10 Decreto Ministeriale 8 luglio 2003 e decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221, art. 14.11 I “limiti di base” sono espressi in termini di SAR nella Raccomandazione 1999/519/CE che concettualmente e metrologicamente corripondono ai Valori Limite di Esposizione (VLE) per gli effetti termici nella gamma di frequenza compresa tra 100 Khz e 300 Ghz della Direttiva 2013/35/UE12 La Raccomandazione 1999/519/CE utilizza a tale fine il concetto di “livelli di riferimento”, mentre la Direttiva 2013/35/UE individua, quale strumento della radioprotezione operativa, i “livelli di azione”, metrologicamente omogenee.13 Vedi Allegato B, tabb. 1, 2, 3 Decreto Ministeriale 8 luglio 2003.

14 Decreto Ministeriale 8 luglio 2003, artt. 3 e 4: il vincolo deve essere rispettato in “qualsiasi intervallo di sei minuti”; 15 Vedi art. 14 (“Interventi per la diffusione delle tecnologie digitali”) del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 22116 Vedi ancora: Vedi Allegato B, tabb. 1, 2, 3 Decreto Ministeriale 8 luglio 200317 Ad es.: Monografia IARC Volume n. 102, par. 1.3.2: “At frequencies greater than 100 kHz, SAR is the main measure of exposure used”.

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sSar, psSAR), è impiegato quale termine dosimetrico principale per le valutazioni del rischio, anche per

gli aspetti “non termici”. il SAR è da considerare infatti come un descrittore dell’energia depositata ed

è un “proxi” del valore del campo elettrico interno al corpo, considerato che: SAR = informazioni per la

gestione della tematica: dalle comunicazioni relative agli adempimenti amministrativi alle informazioni

indispensabili per compilazione di basi di dati omogenee e dei catasti.

È indispensabile una ridefinizione delle modalità di scambio di informazioni fra Pubblica Amministrazio-

ne e Gestori che assicuri la disponibilità tempestiva di tutte le informazioni necessarie per alimentare i

sistemi di conoscenza necessari per le valutazioni preventive e per il controllo. È indispensabile inoltre

una revisione dei catasti che li rendano reali strumenti operativi, a supporto dello studio dello stato

dell’ambiente e delle valutazioni preventive.

ConclusioniQuesiti posti dallo sviluppo tecnologico, interpretazione delle più recenti acquisizioni scientifiche, razio-

nalizzazione del quadro normativo, nuova sensibilità del pubblico, evoluzione generale del quadro dei

controlli: sono molti gli argomenti in agenda ed il percorso per sviluppare le tematiche proposte appare

molto complesso. Alcune tendenze ed esempi di riferimento sono già presenti nel nostro Paese, ma

sono rilevabili, soprattutto, a livello di Unione Europea.

Il processo di modernizzazione delle attività di protezione ambientale nel campo delle radiazioni non

ionizzanti richiede comunque partecipazione e condivisione tra tutti i soggetti coinvolti; il dialogo sem-

bra però farsi più intenso solo in coincidenza con le fasi di più forte sviluppo dei sistemi delle TLC.

La discussione finisce per essere essenzialmente indirizzata a trovare soluzioni tampone, soprattutto

tattiche, alle contraddizioni tra quadro normativo e nuove esigenze della tecnologia e del mercato. Le

acquisizioni scientifiche e le modalità di controllo ambientale più recenti, da cui dovrebbero essere

ricavate indicazioni strategiche, sono lasciate al margine della discussione.

La continua evoluzione dei sistemi wireless fa facilmente prevedere che le criticità sin qui affrontate si

riproporranno periodicamente, a meno che non si intraprenda con decisione un percorso di crescita

culturale generale e senza un adeguamento di molteplici aspetti del quadro normativo.

Tanto l’aumento della cultura generale quanto la revisione delle leggi richiedono però continuità nel dialogo

e nella diffusione del sapere scientifico. Questo è un obiettivo al quale siamo tutti chiamati a collaborare.

Le esperienze internazionali, specie a livello dell’Unione Europea, non possono essere trascurate, sep-

pur rivalutate e riviste alla luce del contesto italiano. Ciò è fondamentale, per un settore simbolico e

visibile a livello internazionale come quello delle telecomunicazioni: può offrire la cifra della capacità di

partecipazione del nostro Paese ai processi globali in atto. n

ELETTROMAGNETISMO: COSCIENZA COLLETTIVA REGOLE E NECESSITÀ