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Enrico Borghi ELETTROMAGNETISMO MAXWELLIANO E FENOMENI LUMINOSI Seconda Parte

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Enrico Borghi

ELETTROMAGNETISMO MAXWELLIANO

E

FENOMENI LUMINOSI

Seconda Parte

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RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO MAXWELLIANO

Equazioni dei potenziali elettromagnetici ϕ e A associati rispettivamente a una distribu-zione di cariche aventi densita ρ e di correnti aventi densita ı:

∇2ϕ− 1

c2∂2ϕ

∂t2= −4πρ (1)

∇2A − 1

c2∂2A

∂t2= −4πı ; ∇ ·A = −1

c

∂ϕ

∂t(2)

Equazioni dei campi E e B:

∇2E − 1

c2∂2E

∂t2= 4π∇ρ+

c

∂ı

∂t

∇2B − 1

c2∂2B

∂t2= −4π∇× ı

* * *

Le seguenti relazioni di calcolo vettoriale di cui in questo studio si fa uso

∇ · (aϕ) = a · (∇ϕ) + ϕ(∇ · a)∇× (aϕ) = ϕ(∇× a) + (∇ϕ)× a

(ab) · ∇ = a(∇ · b) + b · (∇a)∇ · (δ a · b) = ∇(a · b)∇×∇× a = −∇2a + ∇∇ · a∇(a · b) = a · (∇b) + b · (∇a) + a × (∇× b) + b× (∇× a)

sono dimostrate nella Appendice A dello studio “Reinterpretare l’elettromagnetismo ma-xwelliano per spiegare la Meccanica quantistica”.

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A) Diffrazione delle onde elettromagnetiche

Gia noto ai tempi di Leonardo da Vinci e di Francesco Maria Grimaldi (1665),il fenomeno della diffrazione, cioe della apparizione di frange costituite da bande chiarealternate a bande scure nei contorni delle ombre dei corpi investiti da un fascio luminoso,fu studiato in modo sistematico per la prima volta da Augustine Fresnel nel 1818.In quell’anno egli pubblico una memoria nella quale mostrava che la diffrazione puo esserespiegata ricorrendo al Principio di Huyghens (Traite de la lumiere, 1690), cioe ricorrendoall’ipotesi che il fronte d’onda di una perturbazione luminosa in un certo istante si puoconsiderare costituito dall’inviluppo di “onde sferiche elementari” originate in tutti i puntidel fronte d’onda considerato in un istante precedente.Nel 1882 Gustav Kirchhoff mostro che la diffrazione puo essere descritta sulla basedell’integrale dell’eq. (B1) dell’Appendice B che qui riscriviamo:

∇2ϕ (R, t) − 1

c2∂2ϕ (R, t)

∂t2= −4πρ (R, t)

Il dispositivo sperimentale preso in considerazione da Kirchhoff e uno schermo opaco pianodotato di una piccola apertura attraverso la quale la luce emessa da una sorgente puntiformemonocromatica posta in R0 (v. fig. 1A) passa formando una figura di diffrazione che puoessere raccolta su una pellicola posta a valle dello schermo.

fig. 1A

Una soluzione ad onda monocromatica della (B1), una volta che ϕ (R, t) e ρ (R, t) sianostati sviluppati in integrale di Fourier rispetto a t, e espressa dalla (B8) che ora riscriveremoconsiderandola estesa a un volume privo di cariche elettriche, cosicche, omettendo persemplicita l’indice ω, cambiando il segno di n (che ora rivolgiamo per comodita verso

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l’interno di σ) e tenendo conto della notazione (B15) otteniamo:

ϕ(R) =1

σ

(

ϕ∂

∂n

eikr

r− eikr

r

∂ϕ

∂n

)

dσ ; k =ω

c=

λ; r = |R − ξ| (3)

dove ξ e il vettore posizione di un punto di σ, che e costituita dalle porzioni σ1, σ2, σ3

illustrate in fig. 1A.Notiamo che, poiche ρ = 0, ϕ soddisfa l’equazione

∇2ϕ− 1

c2∂2ϕ

∂t2= 0

che, essendo anche ı = 0, puo essere assunta non solo come l’equazione d’onda del potenzialescalare ma anche come l’equazione di una componente qualunque del potenziale vettore Ao dei campi elettrico E o magnetico B (v. i “Richiami di Elettromagnetismo maxwelliano”all’inizio di questo studio). La trattazione di Kirchhoff e detta corrispondentemente “Teoriascalare della diffrazione”.

Teniamo presente che una trattazione rigorosa di questo fenomeno dovrebbe essere svi-luppata sulla base di una equazione d’onda vettoriale per entrambi i campi elettrico emagnetico (e questi a loro volta legati dalle equazioni di Maxwell) e che prenda in consi-derazione anche la polarizzazione (Teoria vettoriale della diffrazione).Tuttavia cio che usualmente si osserva e l’intensita luminosa dei punti della figura didiffrazione, e la conoscenza di una componente del campo elettrico a valle dello schermo(e l’assunzione che le altre componenti siano uguali) puo essere considerata sufficiente perdeterminare l’intensita luminosa, dal che segue la utilita della non rigorosa ma praticamenteaffrontabile teoria scalare della diffrazione.Per calcolare la (3) occorre definire i valori di ϕ e ∂ϕ/∂n sulla superficie σ (ometteremo persemplicita in tutta questa sezione A di introdurre la dipendenza di ϕ dal tempo, cosiccherisultera sempre ϕ = ϕ(R)). Kirchhoff assunse

• su σ1 : ϕ = Aeikr0

r0;∂ϕ

∂n= A

∂n

eikr0

r0= A

( ∂

∂r0

eikr0

r0

)∂r0∂n

= A( ∂

∂r0

eikr0

r0

)

n · ∇r0

essendo r0 la distanza della sorgente luminosa da un generico punto ξ di σ1 ed essendo

n · ∇r0 = n · ∇|ξ −R0| ; ξ ≡ ξ1, ξ2, ξ3 ; R0 ≡ x01, x02, x03

= nk

∂ξk

(ξl − x0l)(ξl − x0

l) ; (somma sugli indici ripetuti)

= nk

∂∂ξk (ξl − x0l)(ξ

l − x0l)

2√

(ξl − x0l)(ξl − x0l)

= nk

ξk − x0k

r0= n · ξ −R0

r0= n · r0

r0= cosα

percio

∂ϕ

∂n= A

( ∂

∂r0

eikr0

r0

)

cosα = A(

ikeikr01

r0+ eikr0(− 1

r20))

cosα = Aeikr0

r0

(

ik − 1

r0

)

cosα

e, con ragionamenti simili,

∂n

eikr

r=eikr

r

(

ik − 1

r

)

cosβ

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• su σ2 : ϕ = 0 ;∂ϕ

∂n= 0

• su σ3 : ϕ = 0 ;∂ϕ

∂n= 0 per ρ abbastanza grande (ρ = raggio di σ3, v. fig. 1A)

Cio significa avere assunto che l’ampiezza nei punti di σ1 dell’onda generata in R0 sia lastessa che si avrebbe se non ci fosse lo schermo, e che immediatamente dietro questo (cioesu σ2) l’ampiezza sia nulla.Si tratta ovviamente di approssimazioni (basti pensare che l’ampiezza di un’onda non puosubire una discontinuita sul bordo dell’apertura σ1) che si introducono perche la trattazioneesatta e assai ardua e del resto le soluzioni esatte di molti problemi in cui l’apertura hauna geometria regolare indicano che queste approssimazioni sono accettabili.Sostituendo nella (3) si ottiene

ϕ(R) =A

σ1

eikr0

r0

eikr

r(ik − 1

r) cosβ − eikr

r

eikr0

r0(ik − 1

r0) cosα

Trascurando nell’integrando i termini in 1/r e 1/r0 rispetto a k = 2π/λ perche λ r eλ r0 si ottiene infine

ϕ(R) =iA

σ1

eik(r0+r)

r0r(cos β − cosα)dσ (4)

Questa equazione e detta Formula di Fresnel-Kirchhoff.Ora osserviamo che, al variare della posizione di dσ su σ1, la quantita r+ r0 varia di moltelunghezze d’onda, percio eik(r0+r)/r0r oscillera molto rapidamente; al contrario il terminecosβ − cosα si mantiene pressocche costante e quindi puo essere portato fuori dal segnodi integrale. Infine, assumendo che r e r0 non varino sensibilmente, il prodotto rr0 simantiene pressocche costante e puo anch’esso essere portato fuori dal segno di integrale.Rimane cosı

ϕ(R) =iA

cosβ − cosα

r0r

σ1

eik(r0+r)dσ (5)

Ora fissiamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale avente l’origine in un puntodi σ1, gli assi x e y nel piano di σ1 e l’asse z diretto verso il semispazio che contiene ilpunto R (v. fig. 2A).

fig. 2A

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Indichiamo inoltre con ξ ed η le coordinate di un generico punto R1 dell’apertura σ1

cosicche si puo scrivere (R ≡ x, y, z;R0 ≡ x0, y0, z0):

r0 = |R0 −R1| =√

(x0 − ξ)2 + (y0 − η)2 + z20

r = |R −R1| =√

(x− ξ)2 + (y − η)2 + z2

Poiche si assume che le dimensioni lineari dell’apertura siano piccole in confronto con ledistanze dei punti R0 e R dall’origine, si puo sviluppare r0 e r in serie nell’intorno diR1 = 0 fermandosi ai termini quadratici e si ottiene cosı:

r0 ≈ R0 −x0ξ + y0η

R0+ξ2 + η2

2R0− (x0ξ + y0η)

2

2R30

; R0 = |R0| (6)

r ≈ R− xξ + yη

R +ξ2 + η2

2R − (xξ + yη)2

2R3; R = |R| (7)

Sostituendo le (6) e (7) nella (5) e trascurando costanti inessenziali si ottiene:

ϕ(R) =1

λ

cosβ − cosα

r0reik(R+R0)

∫∫

σ1

eikf(ξ,η)dξdη (8)

essendo

f(ξ, η) = −x0ξ + y0η

R0− xξ + yη

R +ξ2 + η2

2R0+ξ2 + η2

2R − (x0ξ + y0η)2

2R30

− (xξ + yη)2

2R3(9)

L’ampiezza della perturbazione luminosa in R si valuta calcolando l’integrale (8) con f(ξ, η)espresso dalla (9).Si considerano a questo scopo due casi: se nello sviluppo (9) sono trascurabili tutti i terminiad eccezione di quelli lineari si ha la diffrazione di Fraunhofer (diffrazione lontana); se itermini quadratici non possono essere trascurati si ha la diffrazione di Fresnel (diffrazionevicina).Esaminiamoli separatamente.

A1) Diffrazione di Fraunhofer

La f(ξ, η) diviene:

f(ξ, η) = −x0ξ + y0η

R0− xξ + yη

RConviene assumere come sorgente un’onda piana con piano coincidente col piano delloschermo cosicche la (8) diviene:

ϕ(R) =1

λ

cosβ − cosα

r0reik(R+R0)

∫∫

σ1

e−ikxξ+yη

R dξdη = K

∫∫

σ1

e−ikxξ+yη

R dξdη (10)

avendo posto

K =1

λ

cosβ − cosα

r0reik(R+R0) (11)

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fig. 3A

Effettuiamo il calcolo dell’integrale della (10) per una apertura rettangolare con lati a e bdisposti come gli assi ξ e η (v. fig. 3A).Si ha:

∫∫

σ1

e−ik xξ+yηR dξdη =

+ a2

−a2

e−ik xξR dξ

+ b2

−b2

e−ik yηR dη

=

(

− 1

ik xR

[

e−ikxξ

R

]+a2

−a2

)(

− 1

ik yR

[

e−ikyη

R

]+ b2

−b2

)

=

(

e−ik xR

a2 − eik x

R

a2

ik xR

)

(

e−iky

R

b2 − eik

y

R

b2

ik yR

)

= 4a

2

b

2

sink xR

a2

k xR

a2

sin k yR

b2

k yR

b2

= absin k x

R

a2

k xR

a2

sin k yR

b2

k yR

b2

L’intensita luminosa I sul supporto che raccoglie la figura di diffrazione e, come sappiamodalla sezione B della Prima Parte, proporzionale al quadrato di ϕ e risulta essere espressa,a meno di K2, da

I = a2b2(

sin pa2

pa2

)2(

sin qb2

qb2

)2

dovep = k

x

R ; q = ky

RSi vede cosı che la I e nulla lungo due insiemi di linee parallele ai lati dell’apertura, quelleper cui e

pa

2= ±kaπ ;

qb

2= ±kbπ

essendo ka, kb = 1, 2, 3, . . . . La figura di diffrazione e costituita da strisce concentrichedi forma rettangolare alternativamente chiare e luminose. Il massimo entro il rettangolocentrale e assai piu marcato di quelli che lo circondano.

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La (10) puo essere calcolata anche per una apertura circolare. La figura di diffrazione chene risulta e costituita di anelli concentrici alternativamente scuri e luminosi che circondanouna zona luminosa centrale avente intensita molto marcata.Le figure di diffrazione ottenibili sperimentalmente per entrambe le aperture sono in buonaccordo con le previsioni teoriche.

A2) Diffrazione di Fresnel

La f(ξ, η) ha l’espressione (9) che qui riscriviamo (R0 = |R0| ; R = |R|):

f(ξ, η) = − x0

R0ξ +

y0R0

η− x

Rξ +y

Rη+ξ2 + η2

2R0+ξ2 + η2

2R −(

x0

R0ξ + y0

R0η)2

2R0−(

xRξ + y

Rη)2

2RLa f(ξ, η) puo essere semplificata ponendo l’origine delle coordinate in un punto del se-gmento congiungente il punto R0 col punto R cosicche le direzioni di R0 e R coincidonoe si ha x0

R0= − x

Re y0

R0= − y

R.

Risulta allora che spariscono i termini lineari della f(ξ, η) che diventa

f(ξ, η) =ξ2 + η2

2R0+ξ2 + η2

2R −(

− xRξ − y

Rη)2

2R0−(

xRξ + y

Rη)2

2R

=R + R0

2RR0

(

ξ2 + η2 −( x

Rξ +y

Rη)2)

Scegliendo la direzione dell’asse x coincidente con la proiezione sul piano xy del segmentocongiungente il punto R0 col punto R e detto ψ l’angolo fra la direzione di tale segmentoe l’asse z, si ha y

R= 0 e x

R= sinψ percio

kf(ξ, η) =π

λ

R + R0

RR0(ξ2 + η2 − ξ2 sin2 ψ) ; k =

λ; [kf(η, ξ)] = adimensionale

λ

R + R0

RR0(ξ2(1 − sin2 ψ) + η2)

λ

R + R0

RR0(ξ2 cos2 ψ + η2)

Ora poniamoπ

λ

R + R0

RR0ξ2 cos2 ψ =

π

2v2 ;

π

λ

R + R0

RR0η2 =

π

2u2

cosicchekf(ξ, η) =

π

2(u2 + v2) (12)

Si ha anche√

π

λ

R + R0

RR0ξ cosψ =

π

2v ;

π

λ

R + R0

RR0η =

π

2u

da cui, differenziando, si ottiene√

π

λ

R +R0

RR0cosψdξ =

π

2dv ;

π

λ

R + R0

RR0dη =

π

2du

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cosicche

dξ =

λ

2

RR0

R + R0

1

cosψdv ; dη =

λ

2

RR0

R + R0du

percio

dξdη =λ

2

RR0

R + R0

1

cosψdudv (13)

Ora osserviamo che la (8), tenendo conto della (11), diviene:

ϕ(R) = K

∫∫

σ1

eikf(ξ,η)dξdη = K

∫∫

σ1

cos(

kf(ξ, η))

dξdη + iK

∫∫

σ1

sin(

kf(ξ, η))

dξdη

Sostituendo l’espressione (12) di kf(η, ξ) e l’espressione (13) di dξdη e ponendo

K ′ = Kλ

2

RRo

R + R0

1

cosψ

si ottiene

ϕ(R) = K ′

∫∫

cosπ

2(u2 + v2)dudv + iK ′

∫∫

sinπ

2(u2 + v2)dudv

= K ′(C + iS)

avendo posto

C =

∫∫

cosπ

2(u2 + v2)dudv ; S =

∫∫

sinπ

2(u2 + v2)dudv

Segue ancora, tenendo conto di note formule trigonometriche:

C =

cosπ

2u2du

cosπ

2v2dv −

sinπ

2u2du

sinπ

2v2dv

S =

sinπ

2u2du

cosπ

2v2dv +

cosπ

2u2du

sinπ

2v2dv

Il calcolo di ϕ si riconduce cosı a quello delle quantita X(w), Y (w), w = u, v, dette Integrali

di Fresnel, espresse da

X(w) =

∫ w

0

cosπ

2γ2dγ ; Y (w) =

∫ w

0

sinπ

2γ2dγ (14)

dove γ e la variabile di integrazione.Il comportamento degli integrali di Fresnel e stato studiato approfonditamente e di essiviene data anche una rappresentazione geometrica (Spirale di Cornu) e una tabella di valoriche ne facilita l’uso pratico.Una volta noti C e S il problema della determinazione di ϕ e risolto ed e quindi calcolabilel’intensita della radiazione diffratta.

* * *

Le applicazioni a casi reali mostrano che, anche nella approssimazione della Teoria sca-lare, il fenomeno della diffrazione e soddisfacentemente descritto dall’elettromagnetismomaxwelliano che, nel caso della diffrazione vicina (diffrazione di Fresnel), tiene conto del-l’interferenza delle ondine elementari (Principio di Huyghens) generatrici di fronti d’ondacurvi (fase f(ξ, η) non lineare), mentre nel caso della diffrazione lontana (diffrazione diFraunhofer) descrive fronti d’onda pressocche piani (fase f(ξ, η) lineare), conseguenza del-la diminuzione della curvatura causata dall’aumentare della distanza fra lo schermo dotatodi apertura e lo schermo di osservazione.

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B) Equazione dell’iconale

Le leggi dell’ottica geometrica che abbiamo ottenuto dalla teoria elettromagnetica di Ma-xwell nella sezione F della Prima Parte dello studio “Elettromagnetismo maxwelliano efenomeni luminosi” sono state ricavate con riferimento a un’onda piana che si propaga daun mezzo omogeneo caratterizzato da un indice di rifrazione nI a un altro mezzo omogeneocaratterizzato da un indice di rifrazione nII separato dal primo da una superficie piana.Un raggio e una retta normale alla superficie d’onda (detta anche fronte d’onda = luogo deipunti in cui, per ogni fissato istante t, la fase dell’onda ha il medesimo valore); la superficied’onda e piana e si spezza in corrispondenza della superficie di separazione dei due mezzi.Una naturale generalizzazione di questo caso particolare consiste nel considerare un mezzoin cui l’indice di rifrazione varia da punto a punto.Le leggi dell’ottica geometrica si basano in questo caso sul Principio di Fermat (Pierre

de Fermat, 1657) che permette di stabilire quale e il percorso che un raggio segue perandare da un punto R0 a un punto R1 di un mezzo caratterizzato da un indice di rifrazionen = n(R). Il principio di Fermat prende in considerazione un insieme di percorsi aventitutti punto di partenza coincidente con R0 e punto di arrivo coincidente con R1 (v. fig. 1B).

fig. 1B

In corrispondenza di ciascuna traiettoria l’integrale

R1

R0

n

cds ; dt =

dscn

(15)

che rappresenta il tempo di transito del raggio da R0 a R1 lungo una traiettoria i cui puntisono individuati dal parametro s, assume un valore che dipende evidentemente dai valoriassunti da n = n(R) lungo la traiettoria.

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Ebbene, il Principio di Fermat afferma che esso acquista in corrispondenza della traiettoriaeffettivamente percorsa un valore minimo, piu precisamente un valore stazionario.La traiettoria del raggio si ottiene risolvendo il problema variazionale che costituiscel’espressione quantitativa del Principio:

δ

∫ R1

R0

n

cds = 0 (16)

Basandosi sul Principio di Fermat e possibile derivare tutte le leggi dell’ottica geometrica;come caso particolare si trovano le leggi 1), 2), 3) della sezione F citata. Il caso piu semplicee ovviamente quello di un mezzo in cui n e costante: la traiettoria effettivamente percorsarisulta essere una retta.Vediamo come si puo usare il Principio di Fermat per ricavarne la legge della rifrazione(legge di Snell, v. la sezione F citata).Riferiamoci alla fig. 2B. Un raggio luminoso uscente da A raggiunge la superficie di sepa-razione di due mezzi caratterizzati da velocita cI e cII (con cI > cII) e si rifrange in Oproseguendo fino a raggiungere il punto B. Calcoliamo il tempo impiegato dal raggio adandare da A a B esprimendolo in funzione di x, cioe della distanza da O del piede dellaperpendicolare calata da A sulla superficie di separazione:

tAB(x) =AO

cI+OB

cII=

√a2 + x2

cI+

b2 + (d − x)2

cII(17)

fig. 2B

Ad ogni possibile tragitto del raggio corrisponde un tempo di percorrenza. Il tragittorealmente percorso deve, secondo il Principio di Fermat, essere quello che rende t minimo.Il valore di x che rende t minimo si ottiene azzerando la derivata di tAB rispetto a x:

dtAB

dx=

x

cI√a2 + x2

− d− x

cII√

b2 + (d− x)2= 0 (18)

Ora osserviamo che√a2 + x2 cos(π

2 − θi) = x e√

b2 + (d − x)2 cos(π2 − θt) = d− x percio

x√a2 + x2

= cos(π2 − θi) = sin θi ;

d− x√

b2 + (d − x)2= cos(π

2 − θt) = sin θt

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e quindi la (18) divienesin θi

cI− sin θt

cII= 0

che e la legge di Snell.Non sempre la traiettoria effettivamente percorsa corrisponde a un tempo di percorso mi-nimo. Talvolta il tempo della traiettoria percorsa effettivamente e massimo, e in alcuni casipuo anche succedere che vi sia piu di una traiettoria cui corrisponde un tempo estremo.Conviene percio enunciare il Principio nella formulazione in uso nel calcolo variazionale:la traiettoria effettivamente percorsa da un raggio luminoso che incontra una superficie didiscontinuita del dielettrico che sta attraversando e tale da rendere, in prima approssima-zione, il tempo di percorso stazionario per piccole variazioni del percorso.

* * *

Ci proponiamo ora di stabilire un nesso fra l’elettromagnetismo maxwelliano e l’otticageometrica nella sua espressione piu generale, quella basata sul Principio di Fermat.Si tratta quindi di ricavare dalle equazioni dell’elettromagnetismo quella medesima equa-zione differenziale della traiettoria di un raggio luminoso in attraversamento di un mezzocaratterizzato da un indice di rifrazione n = n(R) che ci viene fornita dal Principio diFermat.A questo fine possiamo prendere in considerazione o le equazioni di propagazione dei campielettrico e magnetico o le equazioni di Maxwell: per maggior completezza e chiarezzaseguiremo entrambe queste strade.Iniziamo dalle equazioni di propagazione dei campi.Queste, nel caso di n variabile, sono espresse dalle

∇2E +∇µµ

× (∇× E) + ∇(∇εε

· E)

− εµ

c2∂2E

∂t2= 0 (19)

e

∇2H +∇εε

× (∇×H) + ∇(∇µµ

·H)

− εµ

c2∂2H

∂t2= 0 (20)

o, nel caso di indice di rifrazione non troppo rapidamente variabile, dalle

∇2E − n2(R)

c2∂2E

∂t2= 0

∇2H − n2(R)

c2∂2H

∂t2= 0

; n(R) =

ε(R)µ(R) (21)

Prendiamo in considerazione quest’ultimo caso, cosicche una generica componente di E oH soddisfa la

∇2f − n2(R)

c2∂2f

∂t2= 0 (22)

Ora se n fosse costante (chiamiamolo n0) una possibile soluzione della (22) sarebbe l’ondamonocromatica piana

f (R, t) = A0eik0(n·R−

cn0

t) (23)

propagantesi nella direzione del versore n con velocita c/n0 (il versore n non deve ovvia-mente essere confuso con l’indice di rifrazione).

12

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

L’ampiezza A0 e indipendente da R e il numero d’onde k0 e cosı definito

k0 =n0ω0

c(24)

La superficie d’onda della f in un certo istante t∗ e un piano avente equazione

k0

(

n · R − c

n0t∗)

= cost. (25)

Se n e variabile la soluzione della (22) non puo essere a superficie d’onda piana.Infatti la superficie d’onda avanza, al crescere di t, distorcendosi e incurvandosi in dipen-denza delle variazioni di n, percio non puo piu essere rappresentata da un piano.Tuttavia la (23) puo essere presa come base di riferimento per una generalizzazione, tenendoconto del fatto che, essendo n lentamente variabile, l’incurvamento della superficie d’ondadeve essere moderato. Introduciamo dunque al posto del piano espresso dalla (25) unasuperficie del tipo

k0

[

L(R) − ct∗]

= cost. (26)

e al posto dell’ampiezza costante A0 una f0(R).Si ottiene cosı l’onda monocromatica non piana

f (R, t) = f0(R)eik0

[

L(R)−ct]

(27)

Ora si tratta di determinare f0 e L in modo da soddisfare la (22). Per fare cio osserviamoche

∇2f = ∇2[

f0(R)eik0

[

L(R)−ct

]

]

Tenendo presente che

∇(ψϕ) = (∇ψ)ϕ+ ψ(∇ϕ)

e anche

∇2(ψϕ) = ∇ · ∇(ψϕ)

= ∇ ·(

(∇ψ)ϕ + ψ(∇ϕ))

= (∇ϕ) · (∇ψ) + (∇ · ∇ψ)ϕ+ (∇ψ) · (∇ϕ) + ψ(∇ · ∇ϕ)

= ϕ(∇2ψ) + 2(∇ψ) · (∇ϕ) + ψ(∇2ϕ) (28)

e ponendo

ϕ = eik0

[

L(R)−ct]

; ψ = f0

si ottiene

∇2f = eik0

[

L(R)−ct]

∇2f0 + 2∇f0 · ∇eik0

[

L(R)−ct]

+ f0∇2eik0

[

L(R)−ct]

L’ultimo termine a membro destro puo essere riscritto cosı

f0∇ ·[

∇eik0

[

L(R)−ct]

]

= f0∇ ·[

ik0(∇L)eik0

[

L(R)−ct]

]

= ik0f0∇ ·[

(∇L)eik0

[

L(R)−ct]

]

13

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e questo puo essere rielaborato tenendo presente che ∇·(aϕ) = a·(∇ϕ)+ϕ(∇·a) e ponendo

a = ∇L e ϕ = eik0

[

L(R)−ct

]

, cosicche in definitiva si ha

∇2f = ∇2f0 + 2ik0∇f0 · ∇L− k20f0(∇L)2 + ik0f0∇2Leik0

[

L(R)−ct

]

(29)

Inoltre∂f

∂t= −f0ik0ce

ik0

[

L(R)−ct]

;∂2f

∂t2= −f0k2

0c2eik0

[

L(R)−ct]

Sostituendo nella (22) si ottiene

∇2f0 + 2ik0∇f0 · ∇L− k20f0(∇L)2 + ik0f0∇2L+

n2(R)

c2k20c

2f0 = 0 (30)

Uguagliando a zero le parti reale e immaginaria e dividendo per k20f0 si ottiene

(∇L)2 − 1

k20f0

∇2f0 − n2(R) = 0

1

2∇2L+

∇f0f0

· ∇L = 0

(31)

Il sistema (31) di due equazioni differenziali non lineari rappresenta le condizioni cui devonosoddisfare f0 e L affinche la (27) sia soluzione della (22). Risolvendolo si ottengono leespressioni f0 = f0(R) e L = L(R) in funzione delle quantita note n = n(R) e k0.Sostituendo f0 e L nella (27) e considerando di questa la parte reale si ottiene la espres-sione dell’onda elettromagnetica monocromatica in propagazione nel mezzo isolante nonomogeneo caratterizzato dall’indice di rifrazione n (lentamente variabile).Osserviamo che la seconda equazione del sistema (31) puo essere riscritta in un altro modo.Infatti moltiplichiamola per 2f2

0 :

f20∇2L+ 2f0∇f0 · ∇L = 0

Segue ancoraf0∇f0 · ∇L+ f0

(

∇f0 · ∇L+ f0∇2L)

= 0

Ricordando la∇ · (ϕa) = (∇ϕ) · a + ϕ(∇ · a) (32)

si puo scriveref0∇f0 · ∇L+ f0∇ · (f0∇L) = 0

Applicando nuovamente la relazione (32) si ha

∇ ·(

f0(f0∇L))

= 0

e quindi la seconda equazione del sistema (31) puo essere scritta cosı

∇ · (f20∇L) = 0

Questa relazione esprime il fatto che il vettore f20∇L avente direzione normale alla superficie

cofasale ha divergenza nulla.

* * *

14

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Veniamo ora all’ottica geometrica.Supponiamo che nella prima delle (31) sia

1

k20f0

∇2f0 (∇L)2 (33)

Questa condizione, come si puo dimostrare, e verificata se si prendono in considerazionevalori di k0 abbastanza grandi, ovvero lunghezze d’onda λ0 = 2π/k0 abbastanza piccole inconfronto alla distanza minima fra due punti fra cui si ha variazione apprezzabile di n.In altre parole, se vi e una regione in cui n varia sensibilmente fra due punti posti a distanzaminore di λ0, allora la (33) non e verificata in quella regione. Ad esempio, nell’intorno diuna superficie di discontinuita di n la (33) non e verificata.Se vale la (33) il sistema (31) diviene

(∇L)2 = n2(R) (34)

1

2∇2L+

∇f0f0

· ∇L = 0 (35)

La (34) e detta equazione dell’iconale.Ottenuta la sua soluzione L = L(R) e fissato un istante t0, i valori di R per cui

L(R) − ct0 = cost. (36)

appartengono alla superficie cofasale della f che risulta incurvata e deformata in accordocon la legge n = n(R). Al variare del tempo la superficie cofasale si sposta nello spaziomodificandosi in modo da adattarsi a n. La direzione di avanzamento di ogni suo punto edata dal vettore ∇L; la velocita e data da c/n = c/|∇L|.Dall’equazione dell’iconale si puo ricavare la curva inviluppo dei vettori che si corrispondononella famiglia delle superfici definite dalla (36) al variare di t0Infatti osserviamo innanzitutto che, essendo |∇L| = n, la quantita ∇L/n e un versore.Cio posto indichiamo con ds un incremento infinitesimo in direzione normale alla superficiedefinita dalla (36), cioe in direzione ∇L/n. Si ha allora per definizione

dR =∇Lnds

ovvero

ndRds

= ∇L (37)

Deriviamo entrambi i membri della (37) rispetto a s

d

ds

(

ndRds

)

=d

ds∇L (38)

Mad

ds∇L = ∇dL

ds= ∇

(

∇L · dRds

)

= ∇(

ndRds

· dRds

)

15

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

dove si e tenuta presente la (37) dalla quale si deduce anche∣

dRds

∣= 1 cosicche

d

ds∇L = ∇

(

ndRds

· dRds

)

= ∇n (39)

Sostituendo la (39) nella (38) si ottiene

d

ds

(

ndRds

)

= ∇n (40)

Nella (40) la quantita nota e n(R), mentre R = R(s), che esprime parametricamentel’equazione della curva inviluppo che ci eravamo proposti di ottenere, e l’incognita.Tale curva, come si potrebbe verificare, possiede tutte le proprieta geometriche di un raggioluminoso in propagazione attraverso un mezzo dotato di indice di rifrazione n(R). La (40)e, in altre parole, la forma piu generale della legge di Snell, che e gia stata ricavata nelcaso particolare di mezzi caratterizzati da discontinuita di n.Possiamo fare una verifica assai semplice nel caso in cui e n = cost. La (40) diviene allora

nd2Rds2

= 0

ovveroR = sA1 + A2 (41)

dove A1 e A2 sono vettori costanti. La (41) esprime correttamente il fatto che l’equazionedi un raggio luminoso in un mezzo omogeneo e una retta.Risulta cosı dimostrata la derivabilita dell’ottica geometrica dalle equazioni dell’elettroma-gnetismo maxwelliano: i raggi luminosi sono le traiettorie ortogonali alle superfici cofasaliespresse dalla (36).

* * *

Puo essere interessante ricavare l’equazione dell’iconale partendo dalle equazioni di Maxwellinvece che dalla equazione di propagazione del campo elettromagnetico come si e fattofinora.Consideriamo i campi

E (R, t) = E0(R)eik0

[

L(R)−ct]

H (R, t) = H0(R)eik0

[

M(R)−ct

]

(42)

Tenendo presente la relazione ∇× (aϕ) = ϕ(∇× a) + (∇ϕ) × a si ottiene

∇× E = eik0

[

L(R)−ct]

∇× E0 + ∇eik0

[

L(R)−ct]

× E0

= eik0

[

L(R)−ct]

∇× E0 + ik0(∇L)eik0

[

L(R)−ct]

× E0

e analogamente

∇×H = eik0

[

M(R)−ct

]

∇×H0 + ik0(∇M)eik0

[

M(R)−ct

]

×H0

16

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Dalle equazioni di Maxwell nei rotori (∇ × H − 1c

∂εE∂t

= 0 ; ∇ × E + 1c

∂µH∂t

= 0) siricava:

eik0

[

M(R)−ct]

∇×H0 + ik0(∇M)eik0

[

M(R)−ct]

×H0 +ε

cE0ik0ce

ik0

[

L(R)−ct]

= 0

e anche

eik0

[

L(R)−ct]

∇×E0 + ik0(∇L)eik0

[

L(R)−ct]

− µ

cH0ik0ce

ik0

[

M(R)−ct]

= 0

Dividiamo per k0

(∇×H0

k0+ i∇M ×H0

)

eik0

[

M(R)−ct

]

+ iεE0eik0

[

L(R)−ct

]

= 0

(∇×E0

k0+ i∇L× E0

)

eik0

[

L(R)−ct

]

− iµH0eik0

[

M(R)−ct

]

= 0

(43)

Le altre due equazioni di Maxwell (∇ · (εE) = 0 ; ∇ · (µH) = 0), ricordando che∇ · (ϕa) = a · (∇ϕ) + ϕ(∇ · a), forniscono

∇ · (εE) = E · ∇ε+ ε(∇ · E) = 0

da cui

E0eik0

[

L(R)−ct

]

· ∇ε+ ε∇ · (E0eik0

[

L(R)−ct

]

) = 0

E0eik0

[

L(R)−ct]

· ∇ε+ ε(

E0 · ∇eik0

[

L(R)−ct]

+ eik0

[

L(R)−ct]

∇ · E0

)

= 0

E0eik0

[

L(R)−ct]

· ∇εε

+ E0 · ik0(∇L)eik0

[

L(R)−ct]

+ eik0

[

L(R)−ct]

∇ · E0 = 0

E0 ·∇εε

+ E0 · ik0(∇L) + ∇ · E0 = 0

e infine

E0 · ∇L = − 1

ik0

(

E0 · ∇ log ε+ ∇ · E0

)

(44)

e, con ragionamenti analoghi,

H0 · ∇M = − 1

ik0

(

H0 · ∇ logµ+ ∇ ·H0

)

(45)

Se k0 e abbastanza grande le (43) diventano

∇M ×H0eik0

[

M(R)−ct]

+ εE0eik0

[

L(R)−ct]

= 0

∇L× E0eik0

[

L(R)−ct

]

− µH0eik0

[

M(R)−ct

]

= 0

(46)

mentre le (44) e (45)E0 · ∇L = 0 ; H0 · ∇M = 0

17

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In ciascuna delle (46) le fasi devono necessariamente essere uguali, percio

L(R) = M(R)

Le equazioni di Maxwell diventano allora

∇L×H0 + εE0 = 0

∇L×E0 − µH0 = 0

E0 · ∇L = 0

H0 · ∇L = 0

(47)

Ricaviamo H0 dalla seconda delle (47) e sostituiamolo nella prima tenendo presente che

a× (b × c) = (bc− cb) · a = b(c · a) − c(b · a) (48)

e ponendoa = b = ∇L ; c = E0/µ

cosicche1

µ

∇L(

E0 · ∇L)

− E0

(

∇L)2

+ εE0 = 0

Tenendo presente la terza delle (47) rimane

1

µE0(∇L)2 − εE0 = 0

ovveroE0

(∇L)2 − εµ

= 0

Poiche E0 non puo annullarsi ovunque segue

(∇L)2 = εµ = n2

Abbiamo cosı ritrovato l’equazione dell’iconale.

Determiniamo ora il vettore di Poynting:

Se =c

4πE ×H (49)

ovvero

Se =c

(

−∇L×H0

ε× ∇L× E0

µ

)

cos2 [k0(L− ct)]

=c

4πE0 ×

∇L× E0

µcos2 [k0(L − ct)]

Ricordando la (48) si ottiene

Se =c

1

µE2

0∇L cos2 [k0(L− ct)]

18

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Il valor medio nel tempo del modulo di Se, cioe l’intensita luminosa I su una superficieunitaria normale a ∇L (v. sezione B della Prima Parte) e espresso da:

I = 〈|Se|〉 =c

8πE2

0 |∇L| (50)

dove si e assunto µ ≈ 1.

* * *

Terminano qui le considerazioni che ci hanno permesso di mostrare che le leggi dell’otticageometrica sono derivabili dalle equazioni di Maxwell.Ecco, per maggior chiarezza, una sintesi degli argomenti usati a sostegno della dimostra-zione:• Equazioni di Maxwell nel vuoto;• modello classico della struttura della materia (v. sezione 2.7 della Prima Parte dellostudio “Reinterpretare l’elettromagnetismo maxwelliano per spiegare la Meccanica quan-tistica”, pag. 98 e seguenti);• modifica delle equazioni di Maxwell nel vuoto per renderle valide in un mezzo materiale(v. sezione 2.7.3 dello studio citato, pag. 104);• dimostrazione che da queste ultime sono ricavabili le leggi della riflessione, della rifrazionee la legge di Snell, oltre che le formule di Fresnel (v. sezioni E e F della Prima Parte dellostudio “Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi”);• dimostrazione che anche l’equazione dell’iconale e derivabile dalle equazioni dell’elettro-magnetismo maxwelliano e quindi lo e anche l’ottica geometrica (v. questa sezione B).

19

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Appendice A

Teorema di Green

Consideriamo due funzioni scalari ϕ e ψ limitate e regolari insieme con le loro derivateprime entro un volume τ circondato da una superficie σ sulla quale la normale n sia rivoltaverso l’esterno.Applichiamo il teorema di Gauss al vettore definito da

ϕ(∇ψ) (A1)

Si ha∫

τ

∇ · (ϕ∇ψ)dτ =

σ

ϕ∇ψ · ndσ (A2)

Tenendo presente che ∇ · (fa) = f(∇ · a) + (∇f) · a si puo trasformare la (A2) nel modoseguente

τ

(ϕ∇2ψ + ∇ϕ · ∇ψ)dτ =

σ

ϕ∇ψ · ndσ (A3)

Ora riscriviamo la (A3) scambiando ϕ con ψ. Si ottiene

τ

(ψ∇2ϕ+ ∇ψ · ∇ϕ)dτ =

σ

ψ∇ϕ · ndσ (A4)

Sottraendo la (A4) dalla (A3) si ottiene

τ

(ϕ∇2ψ − ψ∇2ϕ)dτ =

σ

(ϕ∇ψ − ψ∇ϕ) · ndσ (A5)

La (A5) e l’espressione del Teorema di Green o Identita di Green.Si usa talvolta introdurre la notazione

n · ∇ =∂

∂n(A6)

cosicche si ottiene∫

τ

(ϕ∇2ψ − ψ∇2ϕ)dτ =

σ

(

ϕ∂ψ

∂n− ψ

∂ϕ

∂n

)

dσ (A7)

Il teorema di Green espresso dalla (A5) o dalla (A7) e una relazione matematica utile nellasoluzione di molti problemi.Ad esempio esso ci permette di determinare il valore di un campo scalare ϕ in un arbitrario(ma prefissato) punto R interno o esterno o sulla superficie σ di un volume τ se sono noti:

1) ∇2ϕ in tutti i punti entro τ2) ϕ e ∇ϕ sulla superficie σ

Infatti scriviamo la (A5) nel modo seguente:

τ

ϕ(ξ)∇2ψ(ξ)dτ =

τ

ψ(ξ)∇2ϕ(ξ)dτ +

σ

(

ϕ(ξ)∇ψ(ξ) − ψ(ξ)∇ϕ(ξ))

· ndσ (A8)

20

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dove ξ e il vettore posizione di un punto generico che assume la denominazione R nel puntoin cui si desidera calcolare la ϕ (v. fig. 1).

fig. 1

• Iniziamo dal caso in cui R e interno a τ .Osserviamo che se assumiamo

ψ =1

r=

1

|R − ξ|

il membro sinistro della (A8) diviene

τ

ϕ(ξ)∇2 1

|R − ξ|dτ

Ma uno dei possibili modi di rappresentare la “funzione” δ di Dirac e

δ(R− ξ) = − 1

4π∇2 1

|R − ξ|

e quindi la proprieta fondamentale della δ, cioe

τ

ϕ(ξ)δ(R− ξ)dτ = ϕ(R) ; R interno a τ

diviene

− 1

τ

ϕ(ξ)∇2 1

|R − ξ|dτ = ϕ(R)

percio il membro sinistro della (A8) assume l’espressione seguente

τ

ϕ(ξ)∇2 1

|R − ξ|dτ = −4πϕ(R)

La (A8) puo allora essere riscritta cosı:

−4πϕ(R) =

τ

∇2ϕ(ξ)

rdτ +

σ

ϕ(ξ)∇ξ

(1

r

)

− 1

r∇ϕ(ξ)

· ndσ

21

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ovvero

ϕ(R) = − 1

τ

∇2ϕ(ξ)

rdτ − 1

σ

ϕ(ξ)∇ξ

(1

r

)

− 1

r∇ϕ(ξ)

· ndσ (A9)

Vediamo quindi che a membro sinistro vi e la quantita che cercavamo, mentre a membrodestro vi sono, in virtu delle ipotesi 1) e 2), solo quantita note.Il problema dell’integrazione dell’equazione di Poisson

∇2ϕ = κρ ; κ = costante (A10)

e cosı immediatamente risolto:

ϕ(R) = − κ

τ

ρ(ξ)

rdτ − 1

σ

ϕ(ξ)∇ξ

(1

r

)

− 1

r∇ϕ(ξ)

· ndσ (A11)

• Esaminiamo poi il caso in cui R e esterno a τ . La δ di Dirac opera allora cosı:

τ

ϕ(ξ)δ(R− ξ)dτ = 0 ; R esterno a τ

e quindi

− 1

τ

ϕ(ξ)∇2 1

|R − ξ|dτ = 0

cosicche nella (A8) il membro sinistro si annulla. Rimane

τ

∇2ϕ(ξ)

rdτ +

σ

ϕ(ξ)∇ξ

(1

r

)

− 1

r∇ξϕ(ξ)

· ndσ = 0 (A12)

• Infine nel caso in cui R e un punto della superficie σ si ha:

− 1

τ

ϕ(ξ)∇2 1

|R − ξ|dτ = ϕ(R)

cosicche

ϕ(R) = − 1

τ

∇2ϕ(ξ)

rdτ − 1

σ

ϕ(ξ)∇ξ

(1

r

)

− 1

r∇ϕ(ξ)

· ndσ (A13)

22

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Appendice B

Integrazione dell’equazione d’onda non omogenea per il potenziale scalare

Prendiamo in esame il problema della integrazione dell’equazione (1) che qui riscriviamo:

∇2ϕ− 1

c2∂2ϕ

∂t2= −4πρ (B1)

La (B1) definisce una relazione fra la densita di carica in un punto e in un istante e lederivate seconde spaziali e temporali del potenziale scalare ϕ in quel medesimo punto eistante. Osserviamo che se eliminiamo la dipendenza dal tempo otteniamo l’equazione diPoisson

∇2ϕ = −4πρ

Il problema della integrazione di questa equazione entro un volume τ sulla cui superficie σsiano note ϕ e ∇ϕ e gia stato risolto nell’Appendice A.Il suo integrale e espresso dalla (A11) per i punti interni a σ, dalla (A12) per i punti esternia σ e dalla (A13) per i punti appartenenti a σ.Nel caso attuale ci atterremo al medesimo schema risolutivo, che, ricordiamo, e basato sulTeorema di Green aggirando, nel modo che ora mostreremo, il problema della dipendenzadella (B1) dal tempo.Partiamo dall’ipotesi che ϕ e ρ, funzioni del punto e del tempo t, siano sviluppabili inintegrale di Fourier rispetto a t (si omette, per semplicita di scrittura, di esplicitare ladipendenza di ϕ e ρ dal punto):

ϕ(t) =

+∞∫

−∞

ϕωe−iωtdω (B2)

con

ϕω =1

+∞∫

−∞

ϕ(t)eiωtdt (B3)

e

ρ(t) =

+∞∫

−∞

ρωe−iωtdω (B4)

con

ρω =1

+∞∫

−∞

ρ(t)eiωtdt (B5)

23

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

Ora sostituiamo le (B2) e (B4) nella (B1) ottenendo cosı

∇2ϕω + k2ϕω = −4πρω ; k = ω/c (B6)

La (B6) esprime una relazione fra le ampiezze ρω e ϕω delle componenti dello sviluppo diFourier della densita ρ e del potenziale ϕ in un punto dello spazio.

Ci proponiamo di integrare la (B6) facendo uso del Teorema di Green (v. Appendice A)supponendo noti

a) ρω in tutti i punti di τ

b) ϕω e ∇ϕω sulla superficie σ di τ

A questo scopo riscriviamo la (A8) nel modo seguente:

τ

ϕω∇2ψ dτ =

τ

ψ∇2ϕω dτ +

σ

(ϕω∇ψ − ψ∇ϕω) · ndσ

e, per ragioni che appariranno chiare fra poco, aggiungiamo ad entrambi i membri laquantita

τ

k2ϕωψ dτ

Si ottiene cosı

τ

ϕω(∇2ψ + k2ψ)dτ =

τ

ψ(∇2ϕω + k2ϕω)dτ +

σ

(ϕω∇ψ − ψ∇ϕω) · ndσ (B7)

Osserviamo poi che, se assumiamo

ψ =1

reikr ; k = ω/c

dove r = |R− ξ|, essendo R un punto arbitrario (ma prefissato) interno a τ in cui si vuolecalcolare ϕω e ξ un punto qualunque di τ (v. fig. 1),

fig. 1

24

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

allora l’integrando a membro sinistro della (B7) contiene il fattore ∇2ψ+k2ψ che e uguale,a meno di − 1

4π, a uno dei modi in cui puo essere rappresentata la δ di Dirac:

δ(r) = − 1

(

∇2 eikr

r+ k2 e

ikr

r

)

(Notiamo che per k = 0 si ha il modo considerato nell’Appendice A).Si puo quindi scrivere:

−4π

τ

ϕω(ξ)δ(r)dτ =

τ

eikr

r(∇2

ξϕω + k2ϕω)dτ +

σ

(ϕω∇ξ

eikr

r− eikr

r∇ξϕω) · ndσ

ovvero

τ

ϕω(ξ)δ(r)dτ = − 1

τ

eikr

r(∇2

ξϕω + k2ϕω)dτ − 1

σ

(ϕω∇ξ

eikr

r− eikr

r∇ξϕω) · ndσ

da cui, tenendo presente la proprieta fondamentale della δ di Dirac e la (B6):

ϕω(R) =

τ

ρω(ξ)eikr

rdτ − 1

σ

(

ϕω∇ξeikr

r− eikr

r∇ξϕω

)

· ndσ (B8)

Potra essere utile notare che fino all’equazione (B7) (compresa) si e fatto riferimento aun solo tipo di punti di τ , che non sono stati neppure identificati specificamente, mentrecon l’introduzione di r entrano in gioco due tipi di punti di τ , cioe R e ξ, detti talvoltapunto-campo (R) e punto-sorgente (ξ).Il procedimento seguito per ottenere la (B8) (in particolare la scelta di ψω) ci ha permessodi determinare nel punto R il valore del campo in funzione delle sorgenti nei punti ξ e delvalore del campo e del suo gradiente sulla superficie σ di τ .Ora occorre introdurre nella (B8) il tempo.A questo fine moltiplichiamo entrambi i suoi membri per e−iωt e integriamo in −∞ < ω <+∞:

+∞∫

−∞

ϕω(R)e−iωtdω =

+∞∫

−∞

τ

ρω(ξ)eikre−iωt

rdτdω+

− 1

+∞∫

−∞

σ

ϕω∇ξ

eikr

re−iωt − eikre−iωt

r∇ξϕω

· ndσdω (B9)

ovvero, essendo k = ω/c,

+∞∫

−∞

ϕω(R)e−iωtdω =

+∞∫

−∞

τ

ρω(ξ)e−iω(t− r

c)

rdτdω+

− 1

+∞∫

−∞

σ

ϕω∇ξe−iω(t− r

c)

r− e−iω(t− r

c)

r∇ξϕω

· ndσdω

25

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

Ma per definizione di sviluppo in integrale di Fourier (v. eq. (B2)) si puo scrivere:

ϕ (R, t) =

τ

ρ(

ξ, t− rc

)

rdτ − 1

+∞∫

−∞

σ

ϕω∇ξ

e−iω(t− rc)

r− e−iω(t− r

c)

r∇ξϕω

· ndσdω

(B10)L’integrale di superficie si puo scrivere anche cosı:

σ

+∞∫

−∞

ϕω∇ξ

e−iω(t− rc)

rdω −

+∞∫

−∞

e−iω(t− rc)

r∇ξϕωdω

· ndσ (B11)

Ora osserviamo che:

∇ξ

e−iω(t− rc)

r= ∇ξ

(1

r

)

e−iω(t− rc) +

1

r∇ξe

−iω(t− rc)

= ∇ξ

(1

r

)

e−iω(t− rc) +

1

r

∂re−iω(t− r

c)∇ξr

= ∇ξ

(1

r

)

e−iω(t− rc) +

rce−iω(t− r

c)∇ξr

percio l’integrale di superficie diviene:

σ

+∞∫

−∞

(

∇ξ

(1

r

)

ϕωe−iω(t− r

c) − −iω

rcϕωe

−iω(t− rc)∇ξr

)

dω − 1

r

+∞∫

−∞

e−iω(t− rc)∇ξϕωdω

· ndσ

(B12)Ma si ha

+∞∫

−∞

−iωrc

ϕωe−iω(t− r

c)∇ξrdω =

1

rc

+∞∫

−∞

(−iω)ϕωe−iω(t− r

c)dω∇ξr =

1

rc

+∞∫

−∞

∂ϕωe−iω(t− r

c)

∂tdω∇ξr

cosicche esplicitando la dipendenza di ϕω dal punto e tenendo presente la (B2) si puoscrivere la (B12) nel modo seguente

σ

∇ξ

(1

r

)

ϕ(

ξ, t− r

c

)

− 1

rc

∂ϕ(ξ, t)

∂t

t− rc

∇ξr −1

r∇ξϕ(ξ, t)

t− rc

· ndσ (B13)

La (B10) diviene quindi:

ϕ (R, t) =

τ

ρ(

ξ, t− rc

)

rdτ+

− 1

σ

∇ξ

(1

r

)

ϕ(

ξ, t− r

c

)

− 1

rc

∂ϕ(ξ, t)

∂t

t− rc

∇ξr −1

r∇ξϕ(ξ, t)

t− rc

· ndσ (B14)

Si puo anche introdurre la scrittura:

n · ∇ξ ≡ nk∂

∂ξk=

∂n(B15)

26

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

cosicche

ϕ (R, t) =

τ

ρ(

ξ, t− rc

)

rdτ+

− 1

σ

∂1

r∂n

ϕ(

ξ, t− r

c

)

− 1

rc

∂ϕ(ξ, t)

∂t

t− rc

∂r

∂n− 1

r

∂ϕ(ξ, t)

∂n

t− rc

dσ (B16)

o anche

ϕ (R, t) =

τ

ρ(

ξ, t− rc

)

rdτ+

+1

σ

(

ϕ(

ξ, t− rc

)

r2+

1

rc

∂ϕ(ξ, t)

∂t

t− rc

)

∂r

∂n+

1

r

∂ϕ(ξ, t)

∂n

t− rc

dσ (B17)

La (B16) (o l’espressione equivalente (B14), o (B17)) e un’equazione di grande importanza.Cominciamo ad analizzarla partendo dall’integrale di volume.Esso mostra che al potenziale in un punto R e in un istante t contribuiscono cariche

ρ(

ξ, t − rc

)

rdτ (B18)

collocate nei punti ξ diversi da R e considerate negli istanti t− r/c. Poiche r/c e il tempoche una perturbazione elettromagnetica impiega ad andare da ξ a R, l’integrale di volumemostra che i contributi espressi dalla (B18) devono lasciare i punti ξ negli istanti t−r/c perraggiungere il punto R nell’istante t. Oppure si puo anche pensare che una perturbazioneoriginatasi in ξ in un certo istante raggiunga con ritardo r/c il punto R.Per questo motivo la (B16) e stata denominata espressione del potenziale ritardato, e siusa scriverla piu sinteticamente nel modo seguente:

ϕ (R, t) =

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ− 1

σ

∂ 1r

∂n

[

ϕ(ξ)]

− 1

rc

[

∂ϕ(ξ)

∂t

]

∂r

∂n− 1

r

∂[

ϕ(ξ)]

∂n

dσ (B19)

dove cio che e entro parentesi quadra deve essere calcolato all’istante t− r/c; notiamo chese c → ∞ il potenziale in R segue istantaneamente, cioe senza ritardo, le variazioni diρ(ξ, t).Se la densita di carica ρ non dipende dal tempo, si ottiene la soluzione dell’equazione diPoisson (v. eq. (A11) dell’Appendice A con κ = −4π):

ϕ(R) =

τ

ρ(ξ)

rdτ − 1

σ

∂ 1r

∂nϕ(ξ) − 1

r

∂ϕ(ξ)

∂n

dσ (B20)

Se confrontiamo la (B20) con la (B19) vediamo che si puo passare dal potenziale elettro-statico ϕ(R) al potenziale elettrico dipendente dal tempo ϕ(R, t) effettuando nella (B20)le sostituzioni

[

ρ(ξ)]

→ ρ(ξ) (B21)

[

ϕ(ξ)]

→ ϕ(ξ) (B22)

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

→ ∂ϕ(ξ)

∂n(B23)

27

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

cosicche la (B20) diviene:

ϕ (R, t) =

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ − 1

σ

∂ 1r

∂n

[

ϕ(ξ)]

− 1

r

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

dσ (B24)

che coincide con la (B19) perche

∂[ϕ(ξ)]

∂n=∂ϕ(

ξ, t− rc

)

∂n=∂ϕ(ξ, t)

∂ξk

t− rc

∂ξk∂n

+∂ϕ(ξ, t− r

c)

∂(t− rc)

∂(t − rc)

∂n

=∂ϕ(ξ, t)

∂ξk

t− rc

∂ξk∂n

+∂ϕ(ξ, t− r

c)

∂(t− rc)

∂(− rc)

∂n

=∂ϕ(ξ, t)

∂n

t− rc

− 1

c

∂ϕ(ξ, t)

∂t

t− rc

∂r

∂n

=

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

− 1

c

[

∂ϕ(ξ)

∂t

]

∂r

∂n

ovvero[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

=1

c

[

∂ϕ(ξ)

∂t

]

∂r

∂n+∂[

ϕ(ξ)]

∂n(B25)

da cui l’equivalenza fra la (B19) e la (B24).

Esaminiamo ora l’integrale di superficie che riscriviamo cosı:

σ

1

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

r− ∂ 1

r

∂n

[

ϕ(ξ)

]

dσ (B26)

Il primo termine dell’integrando puo essere interpretato come il contributo dato a ϕ (R, t)da cariche (fittizie) distribuite su σ e aventi densita superficiale

1

∂ϕ

∂n

mentre il secondo puo interpretato come il contributo di dipoli (fittizi) distribuiti su σ,diretti normalmente alla superficie e aventi densita di momento

ϕ

Cariche e dipoli fittizi rappresentano il contributo dato a ϕ (R, t) dalla distribuzione dicariche (vere) esterne a σ. Il loro irraggiamento si combina in modo da dare origine a uncampo scalare che e nullo fuori da σ e che ha entro σ caratteristiche del tipo di quelle dicui si parla nella Teoria delle onde elementari di Huyghens (v. la Prima Parte dello studio“Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi”), che trova cosı una soddisfacenteconferma fisico-matematica.

28

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

Abbiamo finora considerato il caso in cui il punto R nel quale viene calcolato il potenzialee interno a τ . Vogliamo ora assumere che R sia esterno. Allora, ricordando quanto si edetto nell’Appendice A si ottiene:

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ − 1

σ

∂ 1r

∂n

[

ϕ(ξ)]

− 1

cr

[

∂ϕ(ξ)

∂t

]

∂r

∂n− 1

r

∂[

ϕ(ξ)]

∂n

dσ = 0 (B27)

Se invece R e sulla superficie σ di τ si ha:

ϕ(R, t) = − 1

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ+

− 1

σ

∂ 1r

∂n

[

ϕ(ξ)]

− 1

rc

[

∂ϕ(ξ)

∂t

]

∂r

∂n− 1

r

∂[

ϕ(ξ)]

∂n

dσ (B28)

Consideriamo ora il caso in cui il volume τ venga esteso fino ad interessare tutto lo spaziotridimensionale. Per ottenere l’espressione corrispondente del potenziale supponiamo cheσ sia la superficie di una sfera centrata in R e avente raggio Rσ che faremo poi tendereall’infinito e riferiamoci alla (B24) tenendo presente che su σ si ha r = Rσ:

ϕ (R, t) =

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ − 1

σ

∂1

∂n

[

ϕ(ξ)]

− 1

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

Poiche

∂1

∂n=∂

1

∂Rσ

∂Rσ

∂n= − 1

R2σ

∂Rσ

∂n= − 1

R2σ

n · ∇ξRσ = − 1

R2σ

n · Rσ

= − 1

R2σ

n · (−n)

(perche Rσ ha verso uguale a quello di r e opposto a quello di n, cioe orientato dai puntidella superficie a R), segue

∂1

∂n=

1

R2σ

percio

ϕ (R, t) =

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ − 1

∫ 4π

0

1

R2σ

[

ϕ(ξ)]

− 1

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

R2σdΩ

=

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ − 1

[

ϕ(ξ)]

∫ 4π

0

dΩ +1

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

∫ 4π

0

dove dΩ e l’angolo solido sotto cui da R si vede dσ e dove le quantita sopralineate indicanoi valori medi sulla superficie della sfera. Segue

ϕ (R, t) =

τ

[

ρ(ξ)]

rdτ −

[

ϕ(ξ)]

+Rσ

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

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E. Borghi - Elettromagnetismo maxwelliano e fenomeni luminosi

Se al tendere di Rσ all’infinito valgono le relazioni

limRσ→∞

[

ϕ(ξ)]

= 0 ; limRσ→∞

[

∂ϕ(ξ)

∂n

]

= 0 (B29)

dette condizioni asintotiche di Sommerfeld, allora

ϕ (R, t) =

τ∞

[

ρ(ξ)]

rdτ (B30)

* * *

Riprendiamo in esame l’integrazione della (B1).Uno dei passi della procedura che ci ha permesso di ottenere la (B14) (o equivalenti) estata la introduzione della ψ = e+ikr/r.Un passo altrettanto valido consiste nell’introdurre una ψ = e−ikr/r. In questo caso siottiene un integrale di volume funzione delle cariche

ρ(ξ, t+ r/c)

rdτ (B31)

il che mostra che i contributi espressi dalla (B31) devono lasciare i punti ξ negli istantit + r/c per raggiungere il punto R nell’istante t. E come se tali contributi si muovesseroa ritroso nel tempo, nel senso che una perturbazione elettromagnetica originata in ξ in uncerto istante raggiunge R in un istante precedente a quello in cui e partita.Per questo motivo l’integrale della (B1) basato sulla (B31), cosı come sulla ϕ(ξ, t + r/c)che compare nell’integrale di superficie, e stato denominato potenziale avanzato.I potenziali avanzato e ritardato sono entrambi soluzioni lecite della (B1). La ragioneper cui l’elettrodinamica classica tradizionale ignora la soluzione a potenziale avanzato eda ricercarsi nel fatto che questa viola la relazione causa-effetto (dato che l’effetto in Rprecede la causa in ξ), o, equivalentemente, introduce un senso di scorrimento del tempoopposto a quello che ci sembra di percepire.

* * *

Riprendiamo nuovamente in considerazione il problema della integrazione della (B1) (odella (B31), per la quale valgono ragionamenti simili a quelli che ora faremo). La suasoluzione piu generale e la somma di un integrale particolare, che e quello espresso dalla(14), e dell’integrale dell’equazione omogenea associata

∇2ϕ− 1

c2∂2ϕ

∂t2= 0 (B32)

Nell’elettrodinamica classica tradizionale si assume che la soluzione della (B32) sia ϕ = 0in accordo col fatto che non ci aspettiamo che vi sia un potenziale, e quindi un campoelettromagnetico, quando non ci sono cariche.Tuttavia una qualunque altra soluzione diversa da zero e lecita.

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