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ELEMENTI DI STORIA DELLA PIEVE Proviamo a ricostruire la storia di questa chiesa che appare ora in stato di semiabbandono, ma che sicuramente ha origini molto antiche e ha rivestito nei secoli un ruolo centrale per questa zona importante nelle vicinanze di Verona. Era abitudine antichissima quella di costruire luoghi di culto nelle vicinanze delle sorgenti di acqua. Molti studi storici e documenti ci danno oggi la certezza che i romani costruirono un acquedotto di cui vi sono molte tracce, che dalla sorgente del Fiumicello portava le acque fino a Verona; possiamo anche supporre che dove ora si trova la pieve vi fosse già un luogo di culto romano: tutte le chiese della valpantena, dalla chiesa di s.Maria in stelle costruita sopra il famoso Ninfeo alla chiesetta di s.Zeno a Vendri che si dice costruito sopra un tempietto dedicato a Venere, hanno questa caratteristica in comune. Ovviamente non vi sono certezze, ma resta il fatto che comunque la chiesa ha un forte legame con le sorgenti del Fibio e del Fiumicello, le cui acque sembra sgorgassero anche all’interno della chiesa. La collina che divide le due vallate Valpantena e Valsquaranto è dominata da quel che resta dell’antichissimo castello, che sembra esistesse fin dall’epoca romana ( ritrovamenti archeologici di resti di necropoli), fu poi distrutto e ricostruito prima dell’anno mille ( documenti parlano di “castrum montis aurei”, quindi l’ 11 novembre 995 quando l’imperatore Ottone III dona al monastero di S. Zeno e al vescovo di Verona il Castello di Montorio ed il suo distretto. Fu distrutto da un terribile terremoto nel 1117. Deve essere stato ricostruito subito dopo, dal momento che lo storico archeologo veronese Ludovico Moscardo afferma esservi stata consacrata all’interno una chiesetta nel 1119 Di questa memoria della chiesetta all’interno del Castello è rimasta traccia in alcune iscrizioni che datano la fabbrica nel XII secolo dimensionandola in 23 piedi veronesi ( pari a circa m.6,6) e di larghezza 21 ( circa m.6). Rifortificato un secolo dopo, assai caro a Cangrande, servì di dimora agli Scaligeri. Nell’anno 1314 i padovani, in guerra coi veronesi, arrecarono nuovi danni all’edificio, che venne restaurato passando in seguito ai Visconti, ai Carraresi, ai Veneti, ma conservando fino al principio del secolo scorso le sue sette torri merlate. Nel 1820 gli austriaci demolirono quattro delle sette torri, parte della cinta muraria e la chiesetta medievale, lasciando il resto del castello in stato di abbandono. L’importanza nei secoli di Montorio e della val Squaranto, le dimensioni della pieve e il bellissimo contesto in cui si trova ci fanno pensare che il recupero della chiesa possa portare anche nuove scoperte. Anche se la datazione è incerta, la chiesa di s.Maria Assunta o s.Giuseppe viene edificata accanto allo Squarà o addirittura, sopra le risorgive. I Ballerini nella loro edizione “Sancti Zenonis episcopi veronensis sermones” (1739), basandosi su di una iscrizione un tempo esistente all’interno dell’edificio, sostengono che la chiesa sia stata consacrata il 17 agosto 1060 e dedicata alla Santa Croce e a s.Michele dal Vescovo Teobaldo. Altresì nel libro “Stato personale del clero della diocesi di Verona per l’anno 1876” viene riportata la consacrazione a s.Maria dal Vescovo Bernardo nel 1120, ricordando che prima il culto era situato all’interno del Castello e che Montorio era la ventisettesima vicaria della provincia ecclesiastica. Analoga considerazione fa il Simeoni nella sua “Guida di Verona” del 1909.

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ELEMENTI DI STORIA DELLA PIEVE

Proviamo a ricostruire la storia di questa chiesa che appare ora in stato di semiabbandono, ma che sicuramente ha origini molto antiche e ha rivestito nei secoli un ruolo centrale per questa zona importante nelle vicinanze di Verona. Era abitudine antichissima quella di costruire luoghi di culto nelle vicinanze delle sorgenti di acqua. Molti studi storici e documenti ci danno oggi la certezza che i romani costruirono un acquedotto di cui vi sono molte tracce, che dalla sorgente del Fiumicello portava le acque fino a Verona; possiamo anche supporre che dove ora si trova la pieve vi fosse già un luogo di culto romano: tutte le chiese della valpantena, dalla chiesa di s.Maria in stelle costruita sopra il famoso Ninfeo alla chiesetta di s.Zeno a Vendri che si dice costruito sopra un tempietto dedicato a Venere, hanno questa caratteristica in comune. Ovviamente non vi sono certezze, ma resta il fatto che comunque la chiesa ha un forte legame con le sorgenti del Fibio e del Fiumicello, le cui acque sembra sgorgassero anche all’interno della chiesa. La collina che divide le due vallate Valpantena e Valsquaranto è dominata da quel che resta dell’antichissimo castello, che sembra esistesse fin dall’epoca romana ( ritrovamenti archeologici di resti di necropoli), fu poi distrutto e ricostruito prima dell’anno mille ( documenti parlano di “castrum montis aurei”, quindi l’ 11 novembre 995 quando l’imperatore Ottone III dona al monastero di S. Zeno e al vescovo di Verona il Castello di Montorio ed il suo distretto. Fu distrutto da un terribile terremoto nel 1117. Deve essere stato ricostruito subito dopo, dal momento che lo storico archeologo veronese Ludovico Moscardo afferma esservi stata consacrata all’interno una chiesetta nel 1119 Di questa memoria della chiesetta all’interno del Castello è rimasta traccia in alcune iscrizioni che datano la fabbrica nel XII secolo dimensionandola in 23 piedi veronesi ( pari a circa m.6,6) e di larghezza 21 ( circa m.6). Rifortificato un secolo dopo, assai caro a Cangrande, servì di dimora agli Scaligeri. Nell’anno 1314 i padovani, in guerra coi veronesi, arrecarono nuovi danni all’edificio, che venne restaurato passando in seguito ai Visconti, ai Carraresi, ai Veneti, ma conservando fino al principio del secolo scorso le sue sette torri merlate. Nel 1820 gli austriaci demolirono quattro delle sette torri, parte della cinta muraria e la chiesetta medievale, lasciando il resto del castello in stato di abbandono. L’importanza nei secoli di Montorio e della val Squaranto, le dimensioni della pieve e il bellissimo contesto in cui si trova ci fanno pensare che il recupero della chiesa possa portare anche nuove scoperte. Anche se la datazione è incerta, la chiesa di s.Maria Assunta o s.Giuseppe viene edificata accanto allo Squarà o addirittura, sopra le risorgive. I Ballerini nella loro edizione “Sancti Zenonis episcopi veronensis sermones” (1739), basandosi su di una iscrizione un tempo esistente all’interno dell’edificio, sostengono che la chiesa sia stata consacrata il 17 agosto 1060 e dedicata alla Santa Croce e a s.Michele dal Vescovo Teobaldo. Altresì nel libro “Stato personale del clero della diocesi di Verona per l’anno 1876” viene riportata la consacrazione a s.Maria dal Vescovo Bernardo nel 1120, ricordando che prima il culto era situato all’interno del Castello e che Montorio era la ventisettesima vicaria della provincia ecclesiastica. Analoga considerazione fa il Simeoni nella sua “Guida di Verona” del 1909.

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Comunque sull’importanza della pieve accanto allo Squarà vi è una cessione della fine del XII secolo della famiglia dei Nogarole per la somma di lire 1300 per diritti di decima che vantava sui villaggi di Montorio, Pigozzo e Mizzole alla Pieve di s.Maria di montorio, il cui intermediario fu il Vescovo di allora. Il Biancolini ne “Le chiese di Verona” ci fornisce per il 1213 due testimonianze: la prima che l’arciprete della pieve, D.Adamo insieme ai suoi preti e chierici (con residenza nel castello) investiva certo Aleardo, figlio di Gerardo da Illasi, chierico della cappella di s.Fidenzio in Monte, comunità in uso al tempo di frati e suore; ed inoltre che nel documento di rogito del notaio Libertino per ben sei volte veniva denominato Montorio “Monsaurens”. La rilevanza storica ed economica della pieve è riscontrabile anche dalla traccia di lacerti affreschivi sovrapposti incastonati nella parete nord del presbiterio.**** Sintomatica la testimonianza pittorica soprattutto per la sua posizione avanzata ed in senso curvilineo quasi a testimoniare la presenza di una precedente abside.Tale ipotesi è suffragata anche dalla presenza sulla parte retrostante di un arco occluso ma ben visibile, d inoltre dalla sconnessione verticale sulla parete esterna del campanile che si trova proprio sull’asse e sul piano dei precedenti.***** Anche all’interno del campanile, a piano terreno, si scoprono tracce di pitture che

si possono similmente datare attorno al secolo XIII. Queste due zone per caratteristiche architettoniche e analoghi caratteri costruttivi e decorativi sono probabilmente le parti più antiche della fabbrica che durante i secoli è stata spesso rimaneggiata, se non altro per la vicina presenza dell’acqua.

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La prima mappa della presenza della pieve è disegnata da un certo Sorte

Cristoforo ed è datata 1563 (Archivio di Stato di Venezia): Insieme a quella del 1577, descrivono la pieve come una fabbrica unica, avente un accesso principale ad ovest ed uno laterale a sud, ed inoltre vi si legge la presenza dell’abside principale e di altri due laterali . Anche se solo indicativi, i disegni recanti le proprietà, i corsi d’acqua e gli svariati palazzi e molini, restituiscono una relazione precisa tra la pieve, lo squarà e il muro di cinta antistante la chiesa che racchiude una fossa che potrebbe essere stato un cimitero. Con gli stessi caratteri ci appare la pieve nella mappa di Alberti Matteo del 1687. Poco attendibile è la sua localizzazione del campanile a nord, dal momento che non si trovano tracce di demolizioni in quest’area. L’Alberti descrive la pieve già con tre navate, un bel romanico con due ingressi,e vi aggiunge un rosone. Di tale rosone non vi è ovviamente traccia sulla facciata esterna con i rifacimenti del sec XIX, ma all’interno, dietro alla struttura lignea dell’organo si scorgono indizi che fanno suppore esatta la mappa del 1687, come pure il muro di cinta e i tre ponti sullo Squarà. In occasione della visita del Vescovo Ermolao Barbaro (1460) abbiamo la prima descrizione dell’inteno del tempio: era stato da poco ristrutturato, aveva un bel fonte battesimale, cinque altari, era senza campanile e la campana si trovava in chiesa. Con l'estendersi del triste fenomeno degli arcipreti commendatari, cioè non residenti, seguirono anni di abbandono, tanto che nel 1527 la chiesa era quasi priva del tetto, il cantiere era fermo da anni, il cimitero antistante era privo del muro di cinta e la canonica minacciava il crollo.

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Quando il campanile sia stato costruito non si sa: nel 1541 il vescovo Gian Matteo Giberti ordina di costruire un arco di rinforzo nella parte bassa del campanile (costruito non con base propria ma poggiante su colonne all’interno della chiesa) e di munirlo di solai. In questa visita il vescovo Giberti raccomanda anche di sistemare l’altare sotto il campanile. In seguito alla terribile alluvione del progno avvenuta nel 1573, ricordata da un’iscrizione posta vicino all’ingresso dell’attuale sacrestia, la canonica fu ricostruita in posizione defilata dietro l’abside di destra. Nel 1624 l’arciprete Cesare

Nuvolosi fede fare la bella scala in tufo a spirale, alla quale si accede dalla sinistra dl portone di ingresso, che porta alla cantoria e all’organo. Costruita su terreno sorgentizio, la chiesa presentava sempre problemi e già dopo la metà del secolo XVII si presentava in condizioni precarie. Fu la generosità del marchese Gasparo Gherardini che consentì di ricostruire tutti gli altari e di iniziare grossi lavori di risistemazione sia del tempio che della canonica, la quale fu riedificata nella posizione attuale. I lavori, iniziati nel 1670 con l’arciprete don Antonio Cissorio, terminarono alla fine del ‘600 con don G.Bovini. L’arciprete don A.Costanzi, dopo aver trovato la prova della consacrazione di questa chiesa pievana, nel 1709 fece murare la lapide sopra menzionata. Passarono molti anni, finì il lungo dominio veneto, la breve parentesi dell’impero napoleonico, poi nel 1814 arrivò quello austriaco. L’immagine del catasto austriaco del 1844 restituisce circa l’immagine attuale a parte l’esistenza all’interno di un altare laterale a nord e non a sud della chiesa. In effetti l’attuale sporgenza sulla parete sud è un rifacimento recente, forse eseguita durante i lavori del Giuliari al quale si deve l’attuale facciata neoclassica e forma interna, all’inizio del secolo XIX.

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La chiesa era in forte degrado e pure gli avvenimenti bellici di quel tempo

lasciarono i loro segni. Il governo austriaco, che nel frattempo demoliva la chiesetta medievale all’interno del castello, fu però prodigo di aiuti alle

parrocchie e così l’allora Arciprete don M.Caravana affidò al grande architetto Bartolomeo Giuliari il compito di rinnovare la chiesa. Alla biblioteca centrale di Verona sono custoditi alcuni disegni in una cartella recante la dicitura “piante e prospetti della chiesa parrocchiale” eseguiti dal Gottardi, che oltre a farne un rilievo, ne ipotizza l’ampliamento verso ovest di ben due arcate, ridefinendo l’intera facciata con gusto toscano, ma alla fine i lavori furono affidati ad un architetto che già molte facciate aveva ridisegnato in verona e provincia. I lavori iniziarono intorno al 1824, la facciata fu completata nel 1828 e qualche anno dopo il campanile fu portato a termine vicino allo squarà. Il posto non era dei migliori poiché il tereno sorgentizio non dava garanzie di stabilità; quindi le sorgenti venneo canalizzate, il terreno rialzato e chiuso da un potente muo, il campanile fu realizzato a base larga e si inglobò come rinforzo parte del muro maestro della chiesa. Furono rialzate le navate laterali, chiusi il rosone e la grande porta laterale, furono aperte due grandi finestre e cinque semilunari in alto nella navata centrale sul lato

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sud, l'abside fu allungata, il campanile fu ricostruito sulla destra e l'area presbiteriale, delimitata dalle balaustre marmoree, rialzata di tre gradini. Nel 1965 la chiesa fu definitivamente chiusa al culto per l'apertura della nuova parrocchiale dedicata a S. Giuseppe. I quadri Francesco Torbido: - "Cristo morto sorretto da angeli" Agostino Ugolini: - "Assunzione" - "Adorazione dei Magi"

- "Madonna del Rosario con San Domenico" - "Gesù al Tempio con i dottori" Padre Massimo da Verona: - "Madonna con bambino, Sant'Agata e Sant'Apollonia" Vincenzo Ligozzi: - "Crocifissione con la Vergine, San Giovanni, San Rocco e Sant'Antonio Abate"

e gli arredi più pregevoli, furono portati nella chiesa nuova, ma molto andò distrutto, perduto e saccheggiato negli anni seguenti. Iniziò quindi per l'antica chiesa un altro periodo di decadenza a causa della totale incuria, culminato con il crollo parziale del tetto e la conseguente distruzione di alcune volte a crociera nelle navate laterali. Nel 1990 si è costituita l'associazione "Chiesavecchia Vive" con il preciso intento di salvare la chiesa da sicura rovina. Dal 1993 alcuni volontari della citata associazione, tra mille difficoltà ma con tanto entusiasmo, iniziarono una serie di lavori

per fermare il degrado del tempio e renderla nuovamente agibile.