Elementi di Diritto del Lavoro -...

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara Scuola di Medicina e Scienze della Salute Dipartimento di Scienze Sperimentali Cliniche Corso di Studio in Tecniche della Prevenzione nell'Ambiente e nei Luoghi di Lavoro Corso Integrato di Diritto e Psicologia Modulo di Diritto del lavoro Anno Accademico 2015/2016 ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO ANNO ACCADEMICO 2015/2016 PAGINA 1

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara

Scuola di Medicina e Scienze della Salute

Dipartimento di Scienze Sperimentali Cliniche

Corso di Studio in

Tecniche della Prevenzione nell'Ambiente e nei Luoghi di Lavoro

Corso Integrato di Diritto e Psicologia

Modulo di Diritto del lavoro

Anno Accademico 2015/2016

ELEMENTI DIDIRITTO

DEL LAVORO

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO PRIMO

NOZIONE E OBIETTIVI DEL DIRITTO DEL LAVORO.

LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO

SOMMARIO: 1. La nozione di Diritto del Lavoro. - 2. L’evoluzione del Diritto del Lavoro. - 3. Le modificazio-ni dei contesto economico-produttivo. - 4. La riforma del diritto del lavoro. - 5. L’articolazione delle tutele e la ridefini-zione dell’oggetto scientifico del diritto del lavoro. - 6. La Legge, 14-02-2003, nr19. 30, ed il D.Lgs, 10-09-2003, n.276, per la Riforma del Mercato del Lavoro. - 7. La Legge, 04-11-2010, n. 183 (il c.d. “Collegato Lavoro”). - 8. La Leg-ge, 28-06-2012, n. 92 (la c.d. “Riforma Fornero”). 9. La Legge, 09-08-2013, n. 99. - 10. La Legge, 16-05-2014, n. 78( il c.d. “Decreto Poletti”) 11. La Legge, 10-12-2014, n. 183 (il c.d. “Jobs Act”).

1. La nozione di Diritto del Lavoro.

I.1.A. La nozione. Il diritto del lavoro è il complesso di nonne che disciplinano il rapporto dilavoro e che tutelano oltre che l'interesse economico, anche la libertà, la dignità e la personalitàdel lavoratore. Esso è costituito da:

1. norme di diritto privato, che disciplinano il rapporto tra lavoratore e datore di lavorodalla sua costituzione alla sua estinzione;

2. norme di diritto pubblico (c.d. legislazione sociale), che impongono direttamente ob-blighi legali a carico delle parti del rapporto;

3. norme di diritto sindacale, che regolano la costituzione, la struttura e l’attività delle as-sociazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.

I.1.B. L’oggetto e le finalità. L’oggetto della materia è la disciplina della giuridica relazionetra il datore di lavoro ed il lavoratore, che trova in genere la sua fonte in un contratto.

Bisogna sottolineare che, mentre in un qualsiasi contratto di diritto di comune le parti (i con-traenti) sono in una posizione di parità, in quanto libere di stipulare o meno l’atto e di determinarneliberamente il contenuto, nel contratto di lavoro si realizza una particolare situazione in cui:

dal punto di vista giuridico, le parti operano sullo stesso piano di parità (entrambe, cioè,sono soggetti liberi ed eguali);

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dal punto di vista economico, invece, stante la diversa condizione dei soggetti contraenti,la figura del prestatore di lavoro viene a trovarsi in una posizione di inferiorità che fa diesso il contraente più debole.

La nostra Repubblica, alla quale non può disconoscersi la caratteristica (che oggi si tenta di ri-disegnare in senso involutivo) di Stato «sociale», per espresso dettato costituzionale (art. 3, comma2, Cost.), pone rimedio a tale situazione di disparità, introducendo dei correttivi, costituiti in parti-colare:

● dalle norme imperative (che, come tali, sono inderogabili dall'autonomia negozialesia individuale che collettiva) a favore del contraente più debole (c.d. eterotutela);

● dal riconoscimento dell'associazionismo sindacale (c.d. Autotutela).

Le norme del diritto del lavoro tendono, pertanto, a tutelare il lavoratore, in quanto contraentedebole, assicurando, nei rapporti contrattuali con il datore di lavoro, il rispetto e la promozione nonsolo delle condizioni economiche e quindi degli interessi patrimoniali, ma anche della libertà e dellapersonalità del lavoratore per la sua particolare condizione di dipendenza nei confronti del datore.

Il fine, quindi, del diritto del lavoro è quello di attenuare gli effetti più deleteri della subordi-nazione, specie quelli che minano la libertà, la dignità e la sicurezza del prestatore di lavoro.

Ne consegue che il carattere fondamentale del diritto del lavoro viene ad essere costituito dauna funzione di garanzia e ciò spiega la presenza rilevante di quelle norme inderogabili cui in prece-denza si è accennato.

Questa funzione di garanzia appare però ridimensionata, anche alla luce dei più recenti orien-tamenti giurisprudenziali e legislativi, caratterizzati da una interpretazione più flessibile degli istitutilegali e contrattuali con indubbio affievolimento della tutela del lavoratore occupato, motivato, inparte, dall’esigenza di garantire l'accesso al mondo del lavoro a coloro che ne sono fuori.

I.1.C. Le partizioni del diritto dei lavoro. La dottrina maggioritaria suole ripartire il dirittodel lavoro in:

diritto dei lavoro in senso stretto (o diritto privato del lavoro), comprendente la mate-ria oggetto dei contratto e del rapporto di lavoro;

diritto sindacale, concernente la disciplina delle associazioni professionali, i rapportisindacali, la contrattazione collettiva, l’autotutela sindacale (sciopero, serata etc.);

legislazione sociale (o diritto pubblico del lavoro), comprendente le norme che regolanoi rapporti tra lo Stato e i datori e prestatori di lavoro (c.d. disciplina amministrativa dellavoro) e le norme in materia di previdenza e assistenza sociale.

2. L’evoluzione del Diritto del Lavoro.

I.2.A. Dalla prima legislazione sociale alla fase della «costituzionalizzazione». Il rapportodi lavoro ha ricevuto regolamentazione giuridica solo a partire dalla fine del secolo scorso, in con-

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comitanza con l’emancipazione delle classi lavoratrici e come risposta alla «questione sociale» sor-ta con la rivoluzione industriale.

L’intervento iniziale dei legislatore si è sviluppato in modo episodico e con riguardo solo a talune condizionieconomiche e sociali del rapporto di lavoro particolarmente gravose per i lavoratori (tutela del riposo settimanale e fe-stivo - Legge, n. 489/1907 - e tutela delle c.d. “mezze-forze”: donne e minori – Legge, n. 3657/1886 e Legge, n.242/1902, integrate con la Legge, n. 818/1907), che hanno dato luogo ad «un insieme di norme speciali ed eccezionalirispetto al diritto privato comune», aventi una chiara finalità protettiva.

È questa la fase della cosiddetta prima Legislazione Sociale.

Il primo organico intervento legislativo è offerto dalla Legge sull’Impiego Privato (R.D.L., n.1825/24), con la quale viene predisposta la disciplina del rapporto di lavoro degli impiegati.

Con l’entrata in vigore del Codice civile del 1942 si ha una prima (e sin d'ora unica) sistema-zione organica della materia del lavoro dedicando ad essa una disciplina ben distinta da quella con-cernente i contratti in genere per ricomprenderla, unitamente a quella dell’impresa e delle società,nel Libro V, riservandole, in particolare, i primi quattro titoli (dall’art. 2060 c.c. all’art. 2246 c.c.). Èquesta la cosiddetta fase dell’incorporazione del Diritto del Lavoro nel Diritto Privato.

Un ulteriore momento di significativo sviluppo è coinciso con la Costituzione repubblicanadel 1947, che alla visione corporativistica dello stato fascista (cui è ispirato il Codice civile del1942) sostituisce quella democratica e sociale, fondando la Repubblica sul lavoro (art. 1 Cost.).

Inizia, così, una nuova stagione del Diritto del Lavoro meglio nota come la fase della costitu-zionalizzazione, contrassegnata dalla novità di «affiancare al tradizionale obiettivo della tutela dellaposizione contrattualmente debole quello della tutela della libertà e della dignità sociale del lavora-tore», nei confronti dei quali lo Stato sociale assume l'impegno non solo della protezione, ma anchee soprattutto di una loro effettiva promozione. La caratterizzazione maggiore di tale nuovo sviluppoè offerto dalla c.d. lettura costituzionale della materia del diritto del lavoro, effettuata cioè alla lucedei principi costituzionali che segnano i limiti e le direttive entro cui il conflitto tra gli opposti inte-ressi della produzione e dell’eguaglianza, libertà e dignità dei lavoratori devono trovare soluzione.

In quest’ottica, vanno riguardati significativi interventi legislativi quali quelli sui licenziamenti individuali (Leg-ge, n. 604/1966 e Legge, n. 108/1990), sulla parità uomo-donna (Legge, n. 903/1977 e Legge, n. 125/1991), lo Statutodei Lavoratori (Legge, n. 300/1970) e la riforma del processo del lavoro (Legge, n. 533/1973).

I.2.B. Il limitato valore dell’autonomia negoziale e del contratto individuale di lavoro. Ilmotivo ispiratore della tutela minimale, unilaterale e privilegiata degli interessi dei lavoratori hatratto nuovo impulso dai principi costituzionali: anche se la sua pratica attuazione è avvenuta con ri-tardo e attraverso interventi legislativi settoriali e non organici, essa si è tradotta in una disciplinainderogabile, fortemente limitativa dei poteri del datore di lavoro, sottoposto per l’esercizio deglistessi a rigide regole procedimentali.

Peraltro, tale disciplina viene incorporata nel contratto di lavoro subordinato a tempo pieno eindeterminato, con una duplice conseguenza:

a) la preminenza del contratto di lavoro subordinato rispetto ad altri tipi di rappor-to. Esso, infatti, dà veste giuridica alla forma prevalente di organizzazione dell'attivitàlavorativa umana, quella del lavoro subordinato. Inoltre, poiché nei contesti produttividel dopoguerra prevale il lavoro nella grande impresa industriale, il lavoro subordinatoa tempo pieno ed indeterminato, tipizzato nel codice civile, corrisponde alle effettive

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modalità di impiego dei prestatori di lavoro, assunti appunto con contratti a tempo in-determinato. Sicché le altre tipologie contrattuali (lavoro a tempo determinato, lavoroa domicilio, lavoro a tempo parziale, apprendistato etc.) si pongono come species osottotipi del tipo generale (o genus) rappresentato dal lavoro a tempo pieno e indeter-minato.

Solo di recente, la persistente diffusione di tali sottotipi, utilizzati come modalità siste-matica di assunzione della forza lavoro, la creazione di nuove species, in risposta alladomanda di flessibilità da parte delle imprese, nonché la crescita in termini sia quanti-tativi che qualitativi del lavoro autonomo, sembrano porre «in crisi» la supremazia delcontratto di lavoro subordinato;

b) la disciplina del lavoro subordinato (c.d. statuto protettivo del lavoratore), conl’insieme di garanzie e prerogative predisposte dal legislatore a protezione dei presta-tore quale contraente «debole», è indisponibile in quanto è inscindibile dal contrattodi lavoro subordinato. In tal senso alle parti, diversamente da quanto previsto dalla di-sciplina generale del contratto (art. 1322 ss. c.c.), non è dato prescegliere tale modellocontrattuale e al contempo stabilire un regolamento del rapporto che deroghi alle nor-me imperative di legge (ad es., l’obbligo retributivo o l'osservanza di un determinatoorario di lavoro). Pertanto, l’autonoma capacità delle parti di regolare il rapporto di la-voro si presenta sottordinata rispetto ad altre fonti regolatrici del rapporto, quali lenorme di legge e le disposizioni collettive.

Dalla natura subordinata del rapporto consegue automaticamente l’applicazione della disciplina inderogabile sta-bilita dalla legge. Solo il legislatore può derogare a tale disciplina mediante la creazione di species o sottotipi che, purrestando nell'ambito del rapporto subordinato, mostrano una deviazione dal modello generale ed a cui può non applicar-si, limitatamente ad alcuni aspetti, la disciplina generale.

Alle parti è consentito introdurre nel regolamento contrattuale deroghe alla disciplina di legge esclusivamente sequeste risultino di maggior favore per il prestatore. Un’eccezione a quanto detto è rappresentata dalla c.d. legislazionedella flessibilità che ha introdotto limiti alla possibilità di apportare miglioramenti alla disciplina legale del rapporto eche, soprattutto, ha consentito deroghe di carattere peggiorativo alla disciplina legale imperativa.

3. Le modificazioni del contesto economico-produttivo.

I.3. Mentre negli anni sessanta-settanta, superata a tradizionale impostazione protettiva del la-voratore-contraente debole, il problema maggiore consisteva nell’affermare l’effettività introazien-dale dei principi individuali e collettivi con conseguente limitazione dei poteri datoriali, successiva-mente l’introduzione e la progressiva espansione del lavoro terziario, in un contesto di forte innova-zione tecnologica e di competizione globale, ha posto nuove esigenze e nuovi problemi da risolvere.

La diffusione macroscopica di impianti robotizzati e computerizzati ha consentito di sostituirel'apparato produttivo, ammodernandone le strutture, ma ha anche ridimensionato categorie profes-sionali come quella degli operai e degli impiegati di bassa qualificazione, introducendo nuove figu-re di lavoratori in possesso di particolare professionalità (tipico esempio è la categoria dei quadri).

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Va, altresì, segnalato il consolidarsi della strategia dell’intervento statale, qualificato dal ruolodello Stato come mediatore tra le parti sindacali, e pertanto si parla, al riguardo, di un diritto del la-voro fortemente «triangolare».

Le trasformazioni economiche e tecnologiche di questi anni hanno determinato, inoltre, lacreazione di nuovi tipi di lavoro imponendo sempre più la necessità di una disciplina diversificatadel rapporto di lavoro. Così, accanto al tradizionale lavoro subordinato si delineano nuove forme dilavoro parasubordinato, di lavoro cooperativo, lavoro associato, nonché il c.d. telelavoro mobile.

Le più recenti tendenze, occasionate dalla diversificazione delle forme produttive e tecnologi-che e dalla conseguente flessibilità del lavoro, hanno messo in crisi la tecnica normativa tipica delconcorso tra norma di legge inderogabile e contrattazione sindacale. La nuova spinta è diretta a pro-muovere forme di deregolamentazione o di flessibilità controllata, caratterizzate dalla tecnica dirinviare alla contrattazione collettiva la determinazione di una disciplina non più rigida, ma flessi-bile, consentendosi deroghe ai precetti normativi (esempi di tal genere sono costituiti dalle normati-ve sul part-time, sui contratti di formazione e lavoro e di quelli di solidarietà, sulla c.d. privatizza-zione del Pubblico Impiego).

4. La riforma del Diritto del Lavoro.

I.4.A. La deregolamentazione e l’autonomia negoziale collettiva. Le più recenti tendenzedella disciplina giuslavoristica, occasionate dalla diversificazione delle forme produttive e tecnolo-giche e dalla conseguente esigenza di flessibilità del lavoro, hanno messo in crisi la tecnica normati-va tipica del concorso tra norma di legge inderogabile e contrattazione sindacale.

La nuova spinta è diretta a promuovere forme di deregolamentazione o di flessibilità control-lata, caratterizzate da un nuovo ruolo della autonomia negoziale collettiva nella determinazione diuna disciplina non più rigida.

Alla contrattazione collettiva è assegnata una «funzione regolamentare delegata», potendoessa disciplinare, nella cornice disegnata dal legislatore, aspetti da esso non regolati, ed una «fun-zione derogatoria della legge» in quanto è la legge stessa a consentire, attraverso l'intervento delsindacato, deroghe ai precetti normativi.

Un primo esempio, in tal senso, è costituito dall’art. 4, Legge, 23-07-1991, n. 223, che consente agli accordi sin-dacali relativi alle procedure di mobilità della forza-lavoro di derogare al divieto di adibire i lavoratori a mansioni infe-riori, sancito dall’art. 2103 c.c..

Ulteriori importanti interventi legislativi sono rappresentati dalla Legge, 12-06-1990, n. 146, di regolamentazio-ne dello sciopero nei servizi pubblici essenziali; la Legge, 19-07-1994, n. 451, sulla cassa integrazione guadagni, suicontratti di formazione e lavoro ed i contratti di solidarietà; la Legge, n. 28-11-1996, n. 608, in materia di contratti diriallineamento; la Legge, n. 24-06-1997, n. 196 sul lavoro temporaneo; il D.Lgs., 01-12-1997, n. 468 di riforma dei la-vori socialmente utili; il D.Lgs., 26-11-1999, n. 532, in materia di lavoro notturno; il D.Lgs., 09-04-2008, n. 81, per ilmiglioramento della sicurezza dei luoghi di lavoro.

I nuovi spazi operativi assegnati alla contrattazione collettiva, giustificati dall'esigenza di ren-dere più flessibile la disciplina lavoristica, accrescono indubbiamente il ruolo «partecipativo» delsindacato aprendo una nuova fase di concertazione tra Governo e parti sociali, in cui il sindacato ha

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il compito di contribuire alla realizzazione del bilanciamento tra esigenze di mercato e tutela dei la-voratori.

I.4.B. La flessibilità nella gestione della risorsa-lavoro. Nel corso degli anni Novanta del se-colo scorso, l’esigenza delle imprese di adattare alle oscillazioni del mercato e del processo produt-tivo la manodopera impiegata porta all'istituzionalizzazione di forme di utilizzo flessibile della forzalavoro:

a) sia attraverso nuovi strumenti contrattuali o il rilancio di quelli già esistenti e l’atte-nuazione dei vincolismi relativi all'instaurazione e alla risoluzione del rapporto di la-voro (c.d. flessibilità numerica o quantitativa);

b) sia attraverso una maggiore adattabilità ed elasticità delle regole relative allo svolgi-mento del rapporto di lavoro (c.d. flessibilità organizzativa).

Dal primo punto di vista, operano alcuni strumenti contrattuali quali il contratto a termine, ilcontratto di lavoro part-time, il contratto di formazione e lavoro, il telelavoro, l’apprendistato ed iljob-sharing.

Si tratta di rapporti che (ciascuno sotto divelsi aspetti) si distaccano dal tradizionale modello dei lavoro subordi-nato a tempo pieno e indeterminato: ad essi la normativa ti tale ultimo rapporto si applica solo in quanto non denegata inragione della specificità e della peculiarità del rapporto di lavoro; inoltre, nella disciplina dei rapporti di lavoro molto èlasciato alla funzione regolamentare integrativa della contrattazione collettiva.

I soggetti sindacali, attesa la persistente crisi occupazionale, non si oppongono alla diffusionedi tali tipologie che, sebbene prive dell'apparato di garanzie proprio del lavoro a tempo indetermina-to e certamente fautrici di una precarizzazione del lavoro, consentono comunque l’assorbimento an-che se temporaneo nel mercato del lavoro di inoccupati e disoccupati.

La riforma che ha interessato la maggior parte di tali rapporti di lavoro (c.d. speciali proprioperché la relativa disciplina è solo marginalmente contenuta nel codice civile) dimostra, peraltro, ilsuperamento dello sfavore legislativo verso tipologie contrattuali atipiche e del privilegio accordatonell'ordinamento giuslavoristico al rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

In specie, con la Legge, 24-06-1997, n. 196, è stato attenuato il rigore della disciplina sanzio-natoria del contratto a termine, ampliato il raggio d’azione dei rapporti di lavoro a contenuto forma-tivo e incentivata la diffusione del lavoro part-time (quest’ultimo poi riformato più volte negli ulti-mi anni).

La Legge, n. 196/1997 ha introdotto, inoltre, l’istituto che rappresenta la massima forma diflessibilità attuabile, il lavoro interinale, con cui le imprese possono impiegare prestatori di lavorocon la professionalità ricercata per un periodo di tempo limitato, concordato nel contratto.

Tra le tipologie contrattuali più innovative si segnala anche il telelavoro, attualmente discipli-nato dal legislatore solo in relazione al Pubblico Impiego, mentre nel settore privato la sua introdu-zione e disciplina è ancora rimessa alla contrattazione collettiva.

Entrambe le tipologie contrattuali accennate, interinale e telelavoro, presentano una macroscopica deviazione da-gli elementi che caratterizzano il modello generale del lavoro subordinato, così come prefigurato nel codice civile ed in-terpretato dalla giurisprudenza: in particolare, nel primo caso, la deviazione concerne l’elemento soggettivo in quanto ilsoggetto che assume formalmente la veste di datore di lavoro (impresa di fornitura) è, per tutta la durata della prestazio-ne lavorativa, un soggetto diverso da quello (impresa utilizzatrice) che si avvantaggia della prestazione lavorativa e cheesercita la maggior parte dei poteri afferenti la sfera datoriale; nel secondo caso si deroga al principio generale che vede

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nell’integrazione spazio-temporale dei lavoratore nell'azienda un elemento necessario per il riconoscimento della naturasubordinata del rapporto e per l’esercizio del potere di coordinamento e di direzione del datore.

Oltre che sulle tipologie contrattuali, il legislatore è intervenuto anche sul sistema che presie-de all’instaurazione del rapporto di lavoro, legittimando l’autonomo incontro tra la domanda el'offerta di lavoro (non più mediato obbligatoriamente e preventivamente dallo Stato per mezzo de-gli uffici di collocamento) e l’operatività di imprese private nel campo della mediazione dei rapportidi lavoro, superandosi così di fatto il monopolio pubblico del collocamento della manodopera.

Con la «deregolamentazione» del collocamento viene avviato un sistema integrato digestione del mercato del la-voro, offrendo più efficienti e moderni servizi per l’impiego in grado di orientare la domanda di lavoro e svilupparemeccanismi di sinergia tra istruzione, formazione professionale e opportunità occupazionali.

Il processo di riforma, iniziato con l’estensione del meccanismo di assunzione diretta alla generalità dei lavorato-ri (Legge, n. 608/96), è stato completato con il D.Lgs., 23-12-1997, n. 469, che ha trasferito a Regioni e enti locali lefunzioni e i compiti in materia di collocamento della manodopera, con il D.Lgs., 21-04-2000, n. 181, recante norme peragevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e con il D.P.R., 07-07-2000, nr 442,sulla semplificazione del pro-cedimento per il collocamento ordinario dei lavoratori.

Non ha, invece, ancora trovato riscontro legislativo, anche se è al centro di un acceso confron-to politico sindacale, la persistente tendenza alla c.d. flessibilità in uscita del rapporto di lavoro, allacui introduzione il maggior ostacolo è oggi rappresentato dalla disciplina limitativa del licenzia-mento individuale (Legge, n. 604/1966 ed art. 18, Legge, n. 300/1970).

L’importanza che conserva ciò che appare l’«ultimo baluardo» della disciplina protettiva e garantistica del lavo-ro subordinato, evidentemente sgretolatasi attraverso molteplici forme di flessibilità (basti considerare che i contratti cd.speciali che prevedono un termine alla durata del rapporto consentono pur sempre una flessibilità in uscita), si manifestanelle remore, anche daparte della dottrina più aperta e liberista, ad una totale liberalizzazione della facoltà di licenziare.Infatti la maggior parte dei sostenitori della deregolamentazione nella materia del licenziamento, propende perla sostitu-zione della disciplina vigente con diversi meccanismi (prevalentemente monetari) di «ristoro del danno» patito dal lavo-ratore licenziato senza un giustificato motivo, in alternativa all’attuale obbligo di reintegra.

Dal secondo punto di vista, ossia con riferimento allo svolgimento del rapporto di lavoro,l'innovazione di maggior rilievo è rappresentata dalla modifica della nozione legale dell’orario dilavoro che l’art. 13, Legge, n. 196/1997, ha fissato in 40 ore settimanali, consentendo alla contratta-zione collettiva di stabilire una durata minore e, soprattutto, criteri flessibili di computo della stessa.

Sempre in tema di rapporto di lavoro, è da segnalare, relativamente alla retribuzione spettante al lavoratore, daun lato il maggiore interesse verso forme di retribuzione variabile (cioè correlata ad indici economici dell'impresa) edall’altro l’esistenza di un’ampia gamma di meccanismi che consentono di derogare ai minimi salariali fissati nei con-tratti collettivi sia allo scopo di incentivare o conservare determinati assetti occupazionali territoriali o aziendali, sia alloscopo di regolarizzare omissioni contributive c/o retributive con un effetto positivo sull'emersione del lavoro sommerso(c.d. contratti di riallineamento).

5. L’articolazione delle tutele e la ridefinizione dell’oggetto scientifico delDiritto del Lavoro.

I.5.A. L’articolazione delle tutele. Le importanti innovazioni succedutesi in materia giuslavo-ristica costituiscono tasselli di un sistema normativo che, evolvendosi, sta producendo e produrrà, difatto, una totale riforma delle linee direttrici e del campo di azione del diritto del lavoro.

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In primo luogo, i modelli produttivi dell'attuale società post-industriale hanno dato vita a nuo-ve tipologie lavorative che, non essendo propriamente accepibili nella nozione canonica di lavorosubordinato, sono restate per lungo tempo ai margini della disciplina giuslavoristica per, poi, rien-trarvi a seguito di vari interventi legislativi: emblematico il caso dei rapporti di collaborazione fun-zionalmente integrati nell'attività del committente, assimilati al lavoro subordinato e inquadrati nel-la c.d. parasubordinazione. Nei confronti di tale categoria, dottrina e giurisprudenza hanno proce-duto, al loro interno, con opposti atteggiamenti, l'uno volto a circoscriverne quanto più possibile laportata, l’altro ad includervi la maggior parte dei rapporti di collaborazione caratterizzati dal preva-lente lavoro personale del prestatore (c.d. tendenza espansiva del Diritto del Lavoro).

Al contempo, nell’ambito del lavoro subordinato, il passaggio dall’organizzazione del lavoroe della produzione fondista alla cd. società post-industriale o post-fordista, caratterizzata dalla pe-netrante applicazione dell'informatica ai processi produttivi, ha prodotto un significativo cambia-mento nella natura della prestazione dovuta, i cui contenuti diventano «meno manipolativi e più co-gnitivi» con la conseguenza di una maggiore autonomia e cooperazione del prestatore, ma anche unampliamento della sfera delle sue responsabilità.

Per altri versi, accanto al modello tipico del lavoro a tempo pieno e indeterminato, si registrala diffusione di una molteplicità di rapporti di lavoro speciali, che ne hanno messo in discussione la«funzione ordinante e regolativa», e la progressiva erosione della normativa vincolistica ad essoapplicata.

L’incidenza nel diritto del lavoro del diffondersi di una molteplicità di attività lavorative atipi-che e la necessità, comunemente sentita, di «tenerne conto», trova tuttavia la dottrina divisa su di-versi possibili atteggiamenti, che vanno dalla configurabilità di una nuova fattispecie tipica (varia-mente denominata), alla assunzione di una fattispecie generalissima di «lavoro» in cui riportare levarie species di lavoro subordinato, autonomo, coordinato etc. od a quella opposta di ritenere validele classificazioni esistenti.

Nel complesso, la necessità di una aderenza del diritto all’evoluzione delle fattispecie regolateinduce parte della dottrina a ritenere prossima una revisione dell’oggetto scientifico del Diritto delLavoro, con il superamento o la ridefinzione dei modelli precostituiti (lavoro subordinato, lavoroautonomo, lavoro parasubordinato).

I.5.B. La ridefinizione dell’oggetto scientifico del diritto del lavoro. In tale mutato contestopolitico-economico è evidente e logico che il diritto del lavoro, ovvero la disciplina preposta a rego-lare un aspetto fondamentale del nostro ordinamento, che rappresenta al contempo un elemento por-tante della nostra economia e del tessuto sociale, sia chiamato a confrontarsi con nuove priorità edebba riadattare ad esse i propri presupposti.

Le nuove frontiere del Diritto del Lavoro non sono più, ovvero non più soltanto, la rigida tute-la del lavoratore e della stabilità dell’occupazione, ma ottenere che il tasso d’occupazione sia conte-nuto nella media europea, assicurare una crescita occupazionale complessiva conforme ai livelliconcordati in sede europea, colmare il gap tra formazione, qualificazione dei lavoratori e domandadi lavoro, rimodulare i tempi di lavoro conciliandoli con quelli della vita sociale e affettiva, genera-lizzare le condizioni di lavoro in sicurezza, estendendole anche alle realtà produttive di piccola emedia dimensione.

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Trasformazioni di tale portata si tradurranno certamente, come del resto si può dedurre dal Li-bro Bianco sul mercato del lavoro in Italia (Ottobre 2001) che preannuncia gli indirizzi dei Go-verno in materia, in un'opera di complessiva ridefinizione dell’impianto dell’ordinamento del lavoroin Italia.

In pratica, si opererà riscrivendo il regime protettivo del lavoro subordinato, tuttavia, nonsemplicemente estendendo le tutele a tutti coloro che, fuori dal campo della subordinazione, presta-no comunque in condizioni analoghe la propria attività a favore di terzi, fermo restando il livello ditutela oggi esistente per il lavoro subordinato. La riforma investirà, invece, anche quest’ultimo poi-ché, «partendo dalle regole fondamentali, applicabili a tutti i rapporti di lavoro a favore di terzi,quale che sia la qualificazione giuridica del rapporto, è poi possibile immaginare, per ulteriori istitu-ti del Diritto del Lavoro, campi di applicazione sempre più circoscritti e delimitati, operandoun’opportuna graduazione e diversificazione delle tutele in ragione delle materie di volta in voltaconsiderate e non (come nel vecchio ordinamento) a seconda delle tipologie contrattuali di volta involta considerate. Dunque non si tratta di sommare al nucleo esistente delle tutele previste per il la-voro dipendente un nuovo corpo normativo a tutela dei nuovi lavori (ivi comprese le collaborazionicoordinate e continuative)».

La rimodulazione delle tutele proprie del lavoro dipendente si accompagnerà inoltre a unmaggiore spazio all’autonomia collettiva e individuale, mediante l'individuazione di una «gammadi diritti inderogabili relativi», disponibili a livello collettivo o anche individuale.

La portata di questa riforma va valutata tenendo presente che il principio della inderogabilità,che contraddistingue la maggior parte dei diritti dei lavoratore, ha la sua ratio nel fatto che se fossepossibile disporne, facilmente il datore di lavoro potrebbe fare pressione sul lavoratore per addive-nire ad un contenuto negoziale per lui più vantaggioso. Infatti, parte della dottrina sottolinea cheuna modifica di tale principio sarebbe priva di effetti negativi per i lavoratori, e, pertanto, accettabi-le, solo nella misura in cui si ritenesse pari il potere negoziale tra datore e lavoratore, cosa che, stan-te la persistente disoccupazione che caratterizza il nostro mercato del lavoro e la precarietà dei rap-porti di lavoro, sembra lungi dal realizzarsi. Forse, ciò può valere solo per quelle figure professiona-li che registrano un domanda maggiore dell’offerta, ma non per la massa di qualifiche per le quali idatori di lavoro dispongano di manodopera occupabile in sostituzione di lavoratori poco «flessibi-li».

Le istanze volte a rivalutare il ruolo dell’autonomia individuale, circoscrivendo, invece, quel-lo dell’intervento pubblico, sono rientrate nel quadro di un più ampio disegno riformatore finalizza-to ad una generalizzata «apertura al mercato».

6. La Legge, 14-02-2003, n. 30 ed il D.Lgs., 10-09-2003, n. 276. La Riformadel Mercato del Lavoro.

I.6.A. Le fasi della Riforma. Nel mese di Novembre 2001 il Governo ha presentato al Parla-mento un disegno di legge di delegazione (D.d.l. n. 848), al fine di essere autorizzato ad emanaredecreti legislativi per la realizzazione di obiettivi di speciale importanza nell'ambito del disegno ri-formatore del mercato del lavoro contenuto nel Libro Bianco.

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Il disegno di legge ha acceso immediatamente sui temi della riforma un ampio dibattito, tra-ducendosi talvolta anche in un aperto scontro tra le parti sociali e dando vita ad una nuova stagionedi scioperi e di contestazioni.

Dopo lo stralcio, da parte del Senato, di alcune disposizioni dal testo originario del disegno dilegge (in particolare di quella relativa all’art. 18, Legge, n. 300/70, c.d. dello Statuto dei lavoratori),confluite in un nuovo e separato disegno di legge (D.d.l., n. 848 bis), è stata raggiunta una parzialeintesa con il Patto per l’Italia, firmato il 05-07-2002, tra Governo e parti sociali, con esclusione del-la C.G.I.L..

Infine, viene emanata la Legge, n. 14-02-2003, n. 30, recante «delega al Governo in materiadi occupazione e mercato del lavoro», con cui il Governo è stato delegato ad emanare decreti legi-slativi per apportare modifiche ed innovare la disciplina in materia di servizi pubblici e privati perl’impiego, contratti a contenuto formativo, lavoro a tempo parziale, vigilanza, nonché introdurrenuove tipologie occupazionali e un meccanismo di certificazione preventiva del rapporto di lavoro.

Come meglio si vedrà nel corso della trattazione, la riforma opera ad ampio raggio ed i suoieffetti, all'indomani della sua completa attuazione, avranno la portata di un vero e proprio «terremo-to» nel diritto del lavoro che sarà sempre meno «il diritto di chi offre lavoro» e sempre più «il dirit-to del mercato del lavoro», il cui scopo cessa di essere il riequilibro sul piano normativo di un rap-porto tra soggetti mediante la definizione di una disciplina inderogabile, o meglio derogabile in sedecollettiva solo in senso più favorevole ai lavoratori, e diviene quello di contenere quanto più possi-bile l'invadenza di una disciplina eteronoma, lasciando il campo alle dinamiche di mercato e, non daultimo, all'autonomia individuale.

Di seguito saranno illustrati gli aspetti portanti del provvedimento, salvo approfondirne i con-tenuti in relazione ai singoli argomenti. In tal modo si offre al lettore la possibilità di cogliere piùagevolmente i punti di novità della riforma rispetto alla normativa attualmente vigente perché - gio-va ricordarlo - resta applicabile fino all'emanazione dei decreti legislativi necessari per l'attuazionedi ciascuna delega.

I.6.B. Gli obiettivi della riforma. Gli obiettivi dichiarati della riforma, conformi alle indica-zioni delineate a livello comunitario, nell'ambito della cosiddetta «Strategia Europea per l'occupa-zione», riguardano:

● la creazione di un mercato del lavoro trasparente ed efficiente in grado di incrementa-re le occasioni di lavoro e garantire a tutti un equo accesso ad una occupazione regola-re e di qualità;

● la messa in atto di una strategia coordinata volta a contrastare la disoccupazione conspeciale attenzione all’inserimento al lavoro dei giovani nel mezzogiorno, nonché del-le donne e degli anziani in tutto il paese;

● l’introduzione di nuove tipologie contrattuali utili ad adattare l’organizzazione del la-voro ai mutamenti dell'economia e ad allargare la partecipazione al mercato del lavorodei soggetti a rischio di esclusione sociale;

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● l’introduzione di forme di flessibilità regolata, e contrattata con il sindacato, in mododa bilanciare le esigenze dell’impresa di competizione sui mercati internazionali conle irrinunciabili istanze di tutela e valorizzazione del lavoro.

I.6.C. Principali aspetti della riforma. Nel quadro degli obiettivi innanzi delineati, il legisla-tore si è adoperato per il reperimento degli strumenti operativi più idonei a soddisfare le esigenze diristrutturazione dell'attuale mercato, del lavoro.

È utile, pertanto, fornire un quadro illustrativo del contenuto della delega conferita al Gover-no, nel quale si possono individuare diverse aree di intervento normativo:

• la base di partenza della riforma del mercato dei lavoro è rappresentata dal potenziamento, sotto i profili

della trasparenza e dell'efficienza, dell’intero sistema dell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro(art. 1, Legge, n. 300/1970). Tale obiettivo deve esser conseguito, innanzitutto, attraverso la razionalizza-zione del collocamento pubblico, secondo la disciplina delineata dal D.Lgs., n. 297/2002: sono previsti, inparticolare, la semplificazione e lo snellimento delle procedure di collocamento, nonché la ridefinizionedei compiti affidati ai centri per l’impiego regionali, investiti di un ruolo reale ed effettivo nell'orientamen-to dell'offerta di lavoro e non più, o non solo, di mero disbrigo di pratiche burocratiche. Al fine di costitui-re una rete unitaria caratterizzata dalla cooperazione e l'integrazione tra servizi pubblici e privati, che con-senta un accesso agevolato al mercato del lavoro, il legislatore, inoltre, ha ritenuto utile prevedere forme diincentivazione delle agenzie private di collocamento e di fornitura di lavoro temporaneo; in tale prospetti-va, si collocano le disposizioni delega che si propongono di rimuovere i numerosi vincoli legislativiall'operatività delle agenzie di collocamento privato, tra le quali si segnala, in particolare, l’abrogazionedella norma che prescrive, quale requisito di legittimità dell'attività di collocamento privato, l’esclusivitàdell’oggetto sociale delle imprese;

• altro aspetto su cui verte la delega contenuta nell’art. 2, Legge, n. 30/2003, è la valorizzazione del ruolo

svolto dalla formazione professionale nel sistema degli incentivi all'inserimento nel mercato del lavoro. Atal fine, è attribuito al Governo il compito di delineare un quadro generale in materia di contratti di lavoroa contenuto formativo, nel cui ambito la contrattazione collettiva, rimosso ogni vincolo di legge esistenteal riguardo, sarà libera di determinare le modalità di attuazione dell'attività formativa in azienda;

• allo scopo di regolarizzare forme di lavoro sommerso e conferire, al contempo, stabilità, attraverso il tem-

po indeterminato, a molti rapporti di lavoro che attualmente si presentano come precari, la Legge, n.30/2003 disciplina di alcune tipologie contrattuali in modo da incentivare le imprese ad utilizzarle e soddi-sfare compiutamente l’esigenza di tutela dei lavoratori. In particolare la riforma mira ad incentivare l’uti-lizzo dei lavoro a tempo parziale (art. 3, Legge, n. 300/1970), quale formula contrattuale di notevole effi-cacia per sostenere l’integrazione occupazionale delle donne e di quanti hanno l'esigenza di coniugare iltempo di lavoro con quello da dedicare alla famiglia, all'apprendimento o ad altri scopi.

Nell’ottica di promuovere l’utilizzo di tale tipologia contrattuale, il legislatore della riforma ha inteso introdurreuna maggiore flessibilità nella regolamentazione della stessa, da conseguire attraverso il superamento dei vincoli legi-slativi che ostacolano l’inserimento di clausole flessibili in ordine alla collocazione temporale della prestazione lavorati-va, in favore di una maggiore autonomia delle parti sociali e dei soggetti del rapporto contrattuale.

Sono previste, inoltre, nuove tipologie contrattuali attraverso le quali il legislatore ha inteso dare riconoscimentogiuridico ad alcune prassi esistenti di lavoro non regolare ed ampliare, al contempo, le possibilità di entrare o restare nelmercato del lavoro.

La riforma introdotta dalla Legge, n. 30/2003, sostiene, altresì, la collaborazione tra le rappresentanze dei lavora-tori e degli imprenditori attraverso la creazione di enti bilaterali dalle stesse gestiti (art. 5, Legge, n. 30/2003). A talienti sono in particolare affidati vari compiti che rafforzano i servizi alle persone che cercano lavoro (collocamento), cheentrano o rientrano nel mercato del lavoro (formazione), che stipulano contratti di lavoro. Per quanto concerne, in parti-colare, tale ultima forma di assistenza, il legislatore ha previsto il sistema, del tutto innovativo, della certificazione dellavolontà delle parti; si tratta di un meccanismo predisposto per dare alle parti ausilio nella più precisa definizione del te-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

sto contrattuale, con l'intento, da un lato, di dare certezza in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro e,dall’altro, di «personalizzare» i contratti di lavoro in funzione delle concrete esigenze delle parti contraenti;

Infine, la riforma contempla il riassetto dell’apparato ispettivo, attualmente gestito dalle sedi territorialidell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, che saranno chiamate a svolgere non solo le tradizionali funzioni di tipo repres-sivo-sanzionatorio, ma anche vere e proprie funzioni preventive e di sostegno al regolare e corretto funzionamento deirapporti di lavoro (art. 8, Legge, n. 30/2003). A tal fine, la Legge, n. 30/2003, prevede una disciplina innovativa delleispezioni in materia di lavoro e previdenza sociale, nonché la definizione di un nuovo quadro regolatorio finalizzato allaprevenzione delle controversie individuali di lavoro in sede conciliativa, ispirato a criteri di equità ed efficienza.

I.6.D. Il D.Lgs., 10-09-2003, n. 276. Il D.Lgs., 10-09-2003, n. 276 è stato lo strumento nor-mativo con il quale il Governo ha attuato le deleghe postulate dalla Legge, n. 30/20.

In realtà, nel testo definitivo manca quella sul riordino dell’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Po-litiche Sociali demandata a separato provvedimento attuativo.

A seguito dell’emanazione del D.Lgs., n. 276/2003, cambia, profondamente, la struttura dibuona parte degli istituti sui quali si è costruito il diritto del lavoro degli ultimi anni. Molte leggiche hanno fatto la “storia” lavorativa del nostro paese vanno in soffitta.

Ci si riferisce non solo a quelle esplicitamente abrogate come la Legge, n. 1369/1960 sul divieto di appalto dimanodopera, ma anche ad altre disposizioni sull’apprendistato e sui contratti di formazione e lavoro, o sul monopoliopubblico del collocamento (già, peraltro, molto attenuato) che escono profondamente cambiate o cancellate.

Nuovi istituti si sono affacciati nel nostro variegato campo del lavoro, nuovi soggetti socialisono chiamati ad esprimersi, nuovi compiti sono destinati ad essere svolti da Enti (come le Univer-sità) che prima (ed anche adesso) sono deputati ad altre funzioni. Comunque sia, la riforma potrà es-sere valutata, a mio avviso, così come qualunque altro provvedimento, sulla base di alcuni elementiriconducibili alla capacità di interpretare le esigenze delle varie componenti del mercato (lavoratori,imprese) e del sistema economico inteso in senso lato, alla identificazione di un percorso migliorerispetto al precedente ed all’esame comparato con quanto avviene negli altri Paesi e, in particolarmodo, in quelli dell’Unione Europea.

Nell’articolato, per almeno una quarantina di volte, le parti sociali sono chiamate a disciplinare la materia attra-verso una serie di rinvii alla contrattazione ed, inoltre, molti altri provvedimenti sono il frutto di un ruolo centrale cheviene riconosciuto alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano. A ciò va aggiunta una forte attività didecretazione del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali (sono circa una trentina gli atti ipotizzati) alcune volted’iniziativa ed altre in surroga all’inerzia delle parti sociali.

Ciò, indubbiamente, sotto l’aspetto della produzione normativa è abbastanza faticoso, ma la materia del lavoro,oltre ad essere oggetto di legislazione concorrente, abbisogna, necessariamente, del coinvolgimento delle parti socialiche, da sempre, hanno disciplinato, con i loro accordi, importanti materie.

Ciò che appare chiaro (al di là delle considerazioni per nulla univoche espresse dalle organizzazioni sindacali), èche attraverso tale sistema, già definito nel Libro Bianco di “dialogo sociale”, il Governo cerca di superare il sistemadella concertazione. In sostanza, le parti sociali debbono raggiungere l’accordo su varie materie (ma la C.G.I.L. ha sot-tolineato il proprio disaccordo parlando di espropriazione sostanziale della contrattazione, rimasta, a suo dire, soltantoper aspetti marginali e non decisivi), riservandosi l’Esecutivo la possibilità di un intervento suppletivo attraverso l’ema-nazione di decreti attuativi, trascorso il termine assegnato per il raggiungimento dello stesso. È lo schema che è statoutilizzato per i contratti a termine con il D. Lgs., n. 368/2001, ed è lo schema che è stato utilizzato con il D.Lgs., n.66/03, sull’orario di lavoro. In tale ottica, assume una particolare importanza l’art. 86, comma 13, D.Lgs., n. 276/2003,attraverso il quale il titolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è tenuto a convocare le parti sociali entroi cinque giorni successivi all’entrata in vigore del provvedimento per verificare se ci sono gli spazi per affidare ad uno opiù accordi interconfederali la messa a regime della riforma.

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I.6.E. Il D.Lgs., 06-10-2004, n. 251, modificativo del D.Lgs., 10-09-2003, n. 276. L’art. 7,Legge, n. 30/2003, prevede, in capo al Governo, la facoltà, di adottare, entro due anni dall’emana-zione del D.Lgs., 10-09-2003, n. 276 , di adottare uno o più decreti modificativi. Il Legislatore dele-gato, in virtù di tale norma, ha, quindi, provveduto a modificare il D.Lgs., n. 276/2003, con l’ema-nazione del D.Lgs., 06-10-2004, n. 251, contenente diverse e significative modifiche correttive.

I.6.F. La Legge, 29-12-2006, n. 296 ed il D.L., 25-06-2008, n. 112, convertito nella Legge,06-08-2008, n. 133. La Legge, 23-12-2009, n. 191. La Legge, 29-12-2006, n. 296 aveva comporta-to importanti variazioni al D.Lgs., n. 276/2003, ma le sue più salienti novità sono state abrogate dalsuccessivo e più penetrante intervento riformatore operato tramite l’emanazione del D.L., 25-06-2008, n. 112, convertito nella Legge, 06-08-2008, n. 133. Infine, la Legge, 23-12-2009, n. 191 hareintrodotto molti degli istituti giuridici precedentemente abrogati dalla Legge, 29-12-2006, n. 296.

Pertanto, sarà oggetto d’esame il testo vigente del D.Lgs., n. 276/03, alla luce di quest’ultimarecente riforma.

7. La Legge, 04-11-2010, n. 183 (il c.d. “Collegato Lavoro”)

I.7.A. La Legge, 04-11-2010, n. 183 (il c.d. “Collegato Lavoro”). Di recente, è intervenutaun'ultima riforma del mercato del lavoro, la quale ha ulteriormente portato avanti l'attività riforma-trice iniziata con il D.Lgs., n. 276/03. Tale riforma è contenuta nella Legge, 04-11-2010, n. 183 (ilc.d. “Collegato Lavoro”).

La Legge, n. 183/2010 introduce diverse novità che toccano i diversi ambiti del lavoro, siaprivato, sia pubblico:

• ci sono norme che introducono nuove misure di lotta al lavoro “nero” e sommerso;

• vi è la riforma delle sanzioni sull'orario di lavoro;

• c'è una mini riforma delle ispezioni, l'introduzione di nuove norme per i dipendenti pubblici e le PubblicheAmministrazioni.

8. La Legge, 28-06-2012, n. 92 (la c.d. “Riforma Fornero”)

I.8.A. La Legge, 28-06-2012, n. 92 (la c.d. “Riforma Fornero”). A poco più di un annodall’entrata in vigore della Legge, 04-11-2010, n. 183 (il c.d. “Collegato Lavoro”), il legislatore na-zionale è nuovamente intervenuto con la Legge, 28-06-2012, n. 92 (la c.d. “Riforma Fornero”), laquale ha rappresentato, relativamente ad alcuni aspetit, una riforma significativa del diritto del lavo-ro italiano.

Innanzi tutto, essa è intervenuta, modificando l’art. 18, Legge, nr,. 300/1970 (c.d.“Statuto deiLavoratori”), rivedendo profondamente l’apparato sanzionatorio applicabile in presenza di licenzia-menti illegittimi, al fine di provare a creare maggiore flessibilità in “uscita” dai rapporti di lavoro.

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9. La Legge, 09-08-2013, n. 99.

I.9.A. La Legge, 09-08-2013, n. 99. Trascorso poco un anno dalla Legge, 28-06-2012, n. 92(la c.d. “Riforma Fornero”), con il D.L., 28-06-2013, n. 76, convertito in Legge, 09-08-2013, n. 99,il diritto del lavoro italiano è stato oggetto di una nuova profonda riscrittura, finalizzata a contrasta-re l’uso improprio di forme contrattuali flessibili di natura, sia subordinata, che autonoma e parasu-bordinata, valorizzando, al contempo, quelle tipologie di rapporto di lavoro, come la somministra-zione, che, non risultando, oggetto di alcuna modifica a carattere restrittivo, emergono rispetto allealtre come soluzione privilegiata di gestione della buona flessibilità.

10. La Legge, 16-05-2014, n. 78 (il c.d. “Decreto Poletti”).

I.10.A. Premessa. La Legge, 16-05-2014, n. 78 ha convertito con modificazioni D.L., 20-03-2014, n. 34 ed è, unitamente alla Legge delega 10-12-2014, n. 183, uno dei due pilastri del c.d.“Jobs Act”.

Tale norma ha introdotto alcuni significative novità che, in questa sede accenniamo solamen-te, per, poi, esaminarle con maggiore attenzione nei capitoli dedicati ai singoli argomenti.

I.10.B. I contratti a tempo determinato. Rispetto alla Legge n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero),viene esteso da uno a tre anni la durata del rapporto di lavoro a tempo determinato senza causale,ovvero senza ragione dell'assunzione (cfr., art. 1, comma 1, lett. a), primo periodo, Legge, n.78/2014). Il testo approvato dal Governo prevedeva un massimo di otto proroghe contrattuali in 36mesi, invece, in sede di Commissione Lavoro, il tetto è stato abbassato a cinque proroghe (cfr., art.1, comma 1, lett. b), Legge, n. 78/2014).

Inoltre, i lavoratori a tempo determinato non possono però essere, preso ciascun datore di la-voro, più del 20% degli lavoratori subordinati assunti a tempo indeterminato (nello specifico un la-voratore a tempo determinato per i datori di lavoro con fino a cinque dipendenti). Qualora tale limi-te venga superato, i contratti stipulati in eccesso devono essere considerati a tempo indeterminato(cfr., art. 1, comma 1, lett. a), secondo periodo, Legge, n. 78/2014).

I.10.C. Il diritto di precedenza per le donne in congedo di maternità. Il legislatore ha previ-sto che il congedo maternità può concorrere a determinare il periodo minimo di sei mesi di attività,affinché la lavoratrice acquisisca un diritto di precedenza per contratti successivi presso lo stessodatore di lavoro (cfr., art. 1, comma 3, lett. b- quinquies , Legge, n. 78/2014).

I.10.D. L'apprendistato. Viene previsto l'obbligo di un piano formativo individuale redatto informa scritta, inizialmente soppresso nella redazione originaria del D.L. n. 34/2014, anche se ha cal-

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mierato tale reintroduzione, prevedendo modalità semplificate di redazione sulla base di moduli eformulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali (cfr., art. 2, comma 1, lett. a),n. 1), Legge, n. 78/2014). Inoltre, è stato previsto l'obbligo in capo ai datori di lavoro con più ditrenta dipendenti di assumere il 20% degli apprendisti, in totale dissonanza con la formulazione ori-ginaria del D.L. n. 34/2014, il quale non contemplava questa previsione normativa (cfr., art. 2,comma 1, lett. a), n. 2), Legge, n. 78/2014).

I.10.E. La semplificazione del DURC. Come è noto, il DURC (documento unico di regolaritàcontributiva) attesta l'assolvimento, da parte di un datore di lavoro degli obblighi legislativi e con-trattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile. La legge di conversione prevede la smateria-lizzazione di tale documento, attraverso una semplificazione degli adempimenti burocratici (cfr. art.4, Legge, n. 78/2014).

I.10.F. I contratti di solidarietà. È prevista la possibilità di stabilire mediante apposito decretointerministeriale i criteri per individuare i datori di lavoro beneficiari della riduzione contributiva incaso di ricorso al contratto di solidarietà (cfr., art. 5, comma 1, Legge, n. 78/2014).

11. La Legge, 10-12-2014, n. 183 (il c.d. “Jobs Act”).

I.11.A. Premessa. Con la Legge delega, 10-12-2014, n. 183, il Governo ha approvato il se-condo pilastro su cui si basa l'intero impianto del c.d. “Jobs Act”. Si tratta di una importante leggeche ha delegato il Governo ad emanare una serie di Decreti Legislativi attuativi. L'intera opera legi-slativa delegata si è conclusa nel mese di settembre 2015. Stante la complessità della Legge n.183/2014, esamineremo il suo contenuto tenendo conto delle singole deleghe legislative da essa pre-viste.

I.11.B. Il contenuto delle deleghe. Esaminiamo nel dettaglio il contenuto delle deleghe confe-rite al Governo, evidenziando che esse interessano le seguenti cinque importanti aree tematiche:

● gli ammortizzatori sociali;

● i servizi per l'impiego e le politiche attive del lavoro;

● le procedure e gli adempimenti concernenti la costituzione e la gestione dei rapporti dilavoro;

● la disciplina dei rapporti di lavoro e l'attività ispettiva;

● la tutela e la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.

I.11.C. La delega in materia di ammortizzatori sociali. L'art. 1, comma 1, Legge, n.183/2014 contiene una specifica delega al Governo per la riforma degli di ammortizzatori sociali,tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi e senza produrre nuovi o maggiori oneria carico della finanza pubblica (cfr., art 1, comma 12, Legge, n. 183/2014).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Tale delega interviene nella materia della disoccupazione involontaria, prevedendo l'introdu-zione di tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, attraverso:

la razionalizzazione della normativa in materia di integrazione salariale;

il coinvolgimento attivo di quanti siano stati espulsi dal mercato del lavoro, ovvero sia-no beneficiari di ammortizzatori sociali;

la semplificazione delle procedure amministrative;

la riduzione degli oneri non salariali del lavoro.

L'art. 1, comma 2, Legge, n. 183/2014 contiene i principi ed i criteri direttivi per l'eserciziodella delega in esame.

In primo luogo, con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro, la legge delega preve-de:

l'impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione definitiva di attività aziendale odi un ramo di essa;

la semplificazione delle procedure burocratiche attraverso l’incentivazione di strumenti telematici e digita-li, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati a livello nazionale di conces-sione dei trattamenti prevedendo strumenti certi ed esigibili;

la necessità di regolare l’accesso alla CIG solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di ri -duzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integra-zione a favore dei contratti di solidarietà;

la revisione dei limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo diintervento della CIG ordinaria e della CIG straordinaria;

la previsione di una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici;

la riduzione degli oneri contributivi ordinari e la rimodulazione degli stessi tra i settori in funzionedell’utilizzo effettivo;

la revisione dell’ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria e dei

fondi di solidarietà ex art. 3 Legge n. 92/2012, fissando un termine certo per l’avvio dei fondi medesimi,anche attraverso l’introduzione di meccanismi standardizzati di concessione;

la revisione dell’ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti di solidarietà ex Leg-ge n. 863/1984.

Invece, per quanto concerne gli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria,la legge delega dispone:

la rimodulazione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), con omogeneizzazione della disciplinarelativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressastoria contributiva del lavoratore;

l'incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti;

l'universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di col -laborazione coordinata e continuativa, fino al suo superamento, e con l’esclusione degli amministratori esindaci, mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito, l’eventuale modifica dellemodalità di accreditamento dei contributi e l’automaticità delle prestazioni, e prevedendo, primadell’entrata a regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite;

l'introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;

l'eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASpI, di una prestazione, eventualmente priva di coperturafigurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell’indicato-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

re della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di at-tivazione proposte dai servizi competenti;

l'eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenzia-le.

Inoltre, i beneficiari degli ammortizzatori sociali dovranno essere destinatari di meccanismied interventi che incentivino la ricerca attiva di una nuova occupazione, ricorrendo a percorsi per-sonalizzati (di cui all'art. 1, comma 4, lett. v), Legge, n. 183/2014) d'istruzione, formazione profes-sionale e lavoro, anche mediante l’adozione di strumenti di segmentazione dell’utenza basatisull’osservazione statistica. Coerentemente, viene previsto l'adeguamento delle sanzioni e delle re-lative modalità di applicazione, nei confronti del lavoratore beneficiario di sostegno al reddito chenon si rende disponibile ad una nuova occupazione, o a programmi di formazione.

Tale delega è stata attuata attraverso l'emanazione dei seguenti decreti legislativi:

• il D.Lgs. 04-03-2015, n. 22, avente ad oggetto le disposizioni per il riordino della nor-mativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e diricollocazione dei lavoratori disoccupati;

• il D.Lgs. 14-09-2015, n. 148, recante le disposizioni per il riordino della normativa inmateria ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.

I.11.D. La delega in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro. L'art.1, comma 3, Legge, n. 183/2014 contiene la delega al Governo in materia di servizi per l'impiego edi politiche attive per il lavoro. L'attività riformatrice oggetto di siffatta delega legislativa intendegarantire un'effettiva fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva per il lavoro su tut-to il territorio nazionale, unitamente all’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative.

L'art. 1, comma 4, Legge, n. 183/2014 contiene i principi ed i criteri direttivi per l'eserciziodella delega cui il Governo deve attenersi. Essi sono:

la razionalizzazione degli incentivi all’assunzione esistenti;

la razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, anche nella formadell’acquisizione delle imprese in crisi da parte dei dipendenti;

l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di un’Agenzia Nazionale perl’Occupazione (qui, di seguito, denominata “Agenzia”), partecipata dallo Stato, dalle Regioni e dalle Pro-vince Autonome e vigilata dal Ministero del Lavoro, al cui funzionamento si provvede con le risorse uma-ne, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente;

il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali dell’azionedell’Agenzia;

l'attribuzione all’Agenzia di competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive eASpI;

la razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del Lavoro, mediante l’utilizzo dellerisorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente;

la razionalizzazione e la revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato

delle persone con disabilità ex Legge n. 68/1999;

l'individuazione del comparto contrattuale del personale dell’Agenzia con modalità tali da garantire l’inva-rianza di oneri per la finanza pubblica;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

la determinazione della dotazione organica di fatto dell’Agenzia attraverso la corrispondente riduzionedelle posizioni presenti nella pianta organica di fatto delle amministrazioni di provenienza del personalericollocato presso l’Agenzia medesima;

il rafforzamento delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche e dei servizi;

la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, nonché operatori del terzo settore, dell’istru-zione secondaria, professionale e universitaria, anche mediante la definizione dei criteri per l’accredita-mento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essen-ziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;

la valorizzazione della bilateralità attraverso il riordino della disciplina vigente in materia;

l'introduzione di principi di politica attiva del lavoro che prevedano la promozione di un collegamento tramisure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento neltessuto produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione che vedano come partele agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati, con obbligo di presa in carico, e la previsione di ade-guati strumenti e forme di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento, a fronte dell’effet-tivo inserimento almeno per un congruo periodo, a carico di fondi regionali a ciò destinati, senza nuovi omaggiori oneri a carico della finanza pubblica statale o regionale;

l'introduzione di modelli sperimentali, che prevedano l’utilizzo di strumenti per incentivare il collocamen-to dei soggetti in cerca di lavoro e che tengano anche conto delle buone pratiche realizzate a livello regio -nale;

la previsione di meccanismi di raccordo e di coordinamento delle funzioni tra l’Agenzia e l’INPS (sia a li -vello centrale, che territoriale), al fine di favorire una maggiore integrazione delle politiche attive e dellepolitiche di sostegno del reddito;

la previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e gli enti che (a livello centrale e territoriale) eserci-tano competenze in materia di incentivi all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità;

il mantenimento in capo alle Regioni ed alle Province Autonome delle competenze in materia di program-mazione di politiche attive del lavoro;

l'attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso dal mercato del lavoro o bene -ficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione, secon-do percorsi personalizzati di istruzione, formazione professionale e lavoro.

Tale delega legislativa ha trovato attuazione con l'emanazione del D.Lgs. 14-09-2015, n. 150,avente ad oggetto le disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro edi politiche attive.

I.11.E. La delega per la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure e degliadempimenti concernenti la costituzione e la gestione dei rapporti di lavoro. La delega legislativacontenuta nell'art. 1, comma 5, Legge, n. 183/2014 concerne il conseguimento di obiettivi di sem-plificazione e razionalizzazione delle procedure in materia di costituzione e gestione dei rapporti dilavoro, nonché in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

I principi ed i criteri direttivi da osservare durante l'esercizio della delega legislativa in esamesono contenuti nell'art. 1, comma 6, Legge, n. 183/2014. Essi sono:

la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti, anche mediante abrogazio-ne di norme, connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di ridurredrasticamente il numero di atti di gestione del medesimo rapporto, di carattere amministrativo;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

la semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, o abrogazione delle norme interessa-te da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi;

l'unificazione delle comunicazioni alle Pubbliche Amministrazioni per i medesimi eventi e obbligo dellestesse Amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti;

l'introduzione del divieto per le Pubbliche Amministrazioni di richiedere dati dei quali esse sono in posses-so;

il rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e abolizione della tenutadi documenti cartacei;

la revisione del regime delle sanzioni, tenendo conto dell’eventuale natura formale della violazione, inmodo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, nonché valorizzazione de-gli istituti di tipo premiale;

la previsione di modalità semplificate per garantire data certa, nonché l’autenticità della manifestazione divolontà della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale delrapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rappor-to nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore;

l'individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere esclusivamente in viatelematica tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e lacessazione del rapporto di lavoro;

la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, anche con riferimento al si -stema dell’apprendimento permanente;

la promozione del principio di legalità e priorità delle politiche volte a prevenire e scoraggiare il lavorosommerso in tutte le sue forme ai sensi delle risoluzioni del Parlamento europeo del 09-10-2008 sul raffor-zamento della lotta al lavoro sommerso (2008/2035(INI)) e del 14-01-2014 sulle ispezioni sul lavoro effi -caci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa (2013/2112(INI)).

Il contenuto della delega in questione è stato attuato attraverso l'emanazione del D.Lgs. 14-09-2015, n. 151, recante le disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e de-gli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoroe pari opportunità.

I.11.F. La delega per il riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie deirelativi contratti e per la razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva. Il comma 7 recauna delega al Governo per il riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie dei rela-tivi contratti, nonché per la razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva.

Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro chesono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggior-mente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più effi-ciente l’attività ispettiva, l'art. 1, comma 7, Legge, n. 183/2014 ha delegato il Governo è delegatoad adottare uno o più decreti legislativi. Uno di tali decreti legislativi deve contenere un testo orga-nico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro.

L'esercizio della delega legislativa avverrà nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: l'individuazione e l'analisi di tutte le forme contrattuali esistenti, in funzione dei predetti interventi di sem-

plificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali;

la promozione del contratto di lavoro a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro,rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti inrelazione all’anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegra-zione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente conl’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e aspecifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi perl’impugnazione del licenziamento;

il rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro;

la revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o con-versione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando gli interessi dei datori dilavori con gli interessi dei lavoratori, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento;

la revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo con-to dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa conla tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore;

l'introduzione (anche in via sperimentale) del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi adoggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai rapporti di collabora -zione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizza-zioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazio-nale;

la previsione, nel rispetto dell'art. 70 D.Lgs., n. 276/2003, della possibilità di estendere, il ricorso a presta-

zioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori produttivi;

l'abrogazione di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali, incompatibili con le di-sposizioni del testo organico semplificato, al fine di eliminare duplicazioni normative e difficoltà interpre-tative e applicative;

la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovveroattraverso l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse uma-ne, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia Unica per le Ispezioni delLavoro, tramite l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dell’INPSe dell’INAIL, prevedendo, altresì, strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle ASL edelle agenzie regionali per la protezione ambientale.

L'attuazione di questa corposa delega legislativa ha richiesto l'emanazione di diversi decretilegislativi. Essi sono:

• il D.Lgs. 04-03-2015, n. 23, avente ad oggetto le disposizioni in materia di contratto dilavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti;

• il D.Lgs. 15-06-2015, n. 81, recante la disciplina organica dei contratti di lavoro e revi-sione della normativa in tema di mansioni;

• il D.Lgs. 14-09-2015, n. 149, avente ad oggetto le disposizioni per la razionalizzazionee la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale.

I.11.G. La delega per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare le cureparentali, la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. L'art. 1, comma 8,Legge, n. 183/2014 prevede una specifica delega al Governo, finalizzata a garantire un adeguatosostegno alle cure parentali, attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici, non-ché a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei la -voratori. Tale delega sarà attuata entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge delega attraverso

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

l'emanazione di uno o più decreti legislativi finalizzati alla revisione e all’aggiornamento delle mi-sure volte a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

I principi ed i criteri direttivi di tale delega sono rinvenibili nell'art. 1, comma 9, Legge, n.183/2014. Essi sono:

la ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell’indennità di maternità, nella prospettiva diestendere tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici;

la garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale, anche in casodi mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro;

l'introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici (anche autono-me) con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia direddito individuale complessivo

l'armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico;

l'incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell’orario lavorativo e dell’impiego dipremi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio delle responsabilità genitoriali edell’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telela-voro;

l'eventuale riconoscimento (compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retri-buite) della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte deigiorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al CCNL in favore del lavoratore genitore di figlio minore chenecessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute;

l'integrazione dell’offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle imprese e dai fondi o enti bilateralinel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona in coordinamento con gli enti locali titolari delle fun -zioni amministrative;

la ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, ai fini dipoterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilità dei relativi congedi obbligatori e pa-rentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

l'introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di ge-nere debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza.

Quest'ultima delega legislativa è stata attuata con ii seguenti decreti delegati:

• il D.Lgs. 15-06-2015, n. 80, recante le misure per la conciliazione delle esigenze dicura, di vita e lavoro;

• il D.Lgs. 14-09-2015, n. 151, avente ad oggetto le disposizioni di razionalizzazione esemplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e al-tre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO SECONDO

LE FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO

SOMMARIO: 1. La classificazione delle fonti. – 2. Le fonti sopranazionali. – 3. Le fonti statuali e regionali. –4. Le fonti contrattuali e sindacali. – 5. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. – 6. L'Ispettorato Nazionale delLavoro. - 7. La consuetudine. – 8. La giurisprudenza costituzionale.

1. La classificazione delle fonti.

II.1.A. Va premesso che il rapporto di lavoro trova la sua regolamentazione in una molteplici-tà di fonti che si sono storicamente ampliate ed evolute.

In particolare, la tipica peculiarità dei sistema delle fonti del diritto del lavoro è costituito dalla rilevanza che inesso assume l’autonomia collettiva (i contratti collettivi di lavoro) produttiva non soltanto di effetti diretti sul pianodell’autonomia negoziale (e, cioè ,sui singoli contratti di lavoro), ma, altresì, di effetti indiretti rilevanti sul piano dellaformazione dell’ordinamento (e perciò della politica del diritto), nella misura in cui i contenuti della contrattazionecollettiva sono destinati ad influenzare la fonte di produzione legislativa.

Le fonti che concorrono alla formazione del diritto del lavoro possono essere suddivise in tregruppi che di seguito esamineremo in dettaglio:

1) fonti internazionali o sopranazionali;

2) fonti statuali (c.d. legislative) e regionali;

3) fonti contrattuali e/o sindacali.

2. Le fonti sovranazionali.

II.2.A. Il Diritto Internazionale. I trattati internazionali sono considerati fonti indirette inquanto devono essere ratificati con legge dello Stato per entrare a far parte dell'ordinamento giuridi-co italiano ed essere quindi efficaci e vincolanti.

Tra i più importanti ricordiamo la Carta internazionale del lavoro (Versailles 1919) aggiornatadalla Dichiarazione di Filadelfia del 1944.

A Torino, nel 1961, è stata sottoscritta la Carta sociale europea da parte dei paesi membri delConsiglio d'Europa i quali ne hanno ribadito i criteri minimi applicativi nel Codice europeo di sicu-rezza sociale (1964).

Non va dimenticato il Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali, ap-provato in data 16-11-1966 dall'Assemblea generale dell’O.N.U. e ratificato dall’Italia con la Leg-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

ge, n. 25-10-1977, n. 881. Esso si occupa, tra l’altro, di Diritto del Lavoro, assicurazioni ed altreforme di assistenza sociale, sindacati e diritto di sciopero.

Anche le convenzioni dell’O.I.L. (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sono fonti indi-rette in quanto non incidono direttamente sugli ordinamenti giuridici degli Stati membri ed hannobisogno di un intervento legislativo dello Stato che le abbia ratificate, perché le loro disposizionisiano rese effettive (art. 19, Carta Costitutiva dell’O.I.L.).

Va ricordato che l’O.I.L. ha emanato finora numerose convenzioni di cui circa settanta sonostate ratificate dall’Italia.

II.2.B. Il Diritto Comunitario. Le fonti del diritto comunitario sono costituite:

● dai trattati istitutivi delle tre Comunità, così come integrati dalla giurisprudenza dellaCorte di Giustizia e modificati da atti successivi;

● dagli atti emanati dalle istituzioni comunitarie costituenti il c.d. Diritto Comunitarioderivato;

● dagli accordi della Comunità con Stati terzi.

I Trattati Istitutivi (così come gli accordi con Stati terzi) rappresentano le fonti di primo gradodell’ordinamento giuridico comunitario: le norme in essi contenute non potranno, quindi, essere di-sattese dagli atti delle istituzioni comunitarie.

Il Trattato Istitutivo della C.E.E. è stato firmato a Roma in data 25-03-1957 ed è entrato in vi-gore in data 01-01-1958.

Oltre a tale Trattato, rivestono particolare importanza:

• l’Atto Unico Europeo, firmato il 28-02-1986 ed entrato in vigore in data 01-07-1987 (l’Italia l’ha ratifica-

to con la Legge, n. 23-12-1986, n. 909), il cui obiettivo principale è l’instaurazione progressiva del merca-to interno quale «spazio senza frontiere, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle per-sone, dei servizi e dei capitali»;

• il Trattato sull’Unione Europea de i Protocolli allegati, firmato a Maastricht in data 07-02-1992, ed en-

trato in vigore in data 01-11-1993 (ratificato dall’Italia con la Legge, n. 03-11-1992, n. 454) ed amplia isettori di competenza comunitaria;

• il Trattato di Amsterdam, firmato in data 02-10-1997 ed entrato in vigore in data 01-05-1999 (ratificato

dall’Italia con la Legge, n. 16-06-1998, n. 209) che ha ulteriormente modificato i trattati istitutivi innovan-do le procedure decisionali e comunitarizzando alcuni settori che, in precedenza, rientravano nell'abitodella cooperazione intergovemativa;

• il Trattato di Nizza, firmato in data 26-02-2001 ed entrato in vigore in data 01-02-2003 (ratificato dall’Ita-

lia con la Legge, n. 11-05-2002, n. 102). Il testo apporta soprattutto modifiche volte ad adeguare la struttu-ra delle istituzioni europee in vista del prossimo allargamento dell’Unione Europea ad altri 10 Stati mem-bri a far data dal 2004).

Le fonti del diritto comunitario derivato, frutto dell’attività legislativa della Comunità Euro-pea, possono essere distinte in due gruppi principali: le fonti vincolanti e le fonti non vincolanti.

Le fonti vincolanti sono:

● il regolamento, che è un provvedimento normativo di portata generale, ad efficaciavincolante per gli Stati membri e generatore di diritti soggettivi immediatamenteoperativi nella sfera giuridica dei singoli destinatari;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● la direttiva, che rappresenta un indirizzo comunitario vincolante per gli Stati mem-bri, i quali, però, sono liberi di scegliere in ordine alla finalità da realizzare il concre-to modo di attuazione conformemente ai sistemi giuridici esistenti nei singoli Paesi;la decisione che è un atto obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applica-bile per i destinatari da essa designati (persone fisiche o Stati membri);

Le fonti non vincolanti sono:

● la raccomandazione, emanata dal Consiglio o dalla Commissione e che rappresentauna indicazione per gli Stati membri di adeguare i loro sistemi normativi ad un mo-dello predisposto;

● il parere, analogo alla raccomandazione, e che si differenzia da quest’ultima solo peril minor dettaglio dell'argomento trattato.

3. Le fonti statuali e regionali.

II.3.A. Le fonti statuali. Le fonti statuali legislative sono, oggi, in ordine gerarchico:

● la Costituzione, la quale, oltre ai principi generali contenuti negli artt. 1, 3 e 4, dedica altema del «lavoro» buona parte dei Titolo III della Parte I.In particolare:

• l’art. 35 Cost.: riguarda la tutela del lavoro, la formazione e l’elevazione professionale dei lavo-

ratori, con particolare riguardo alle condizioni del mercato del lavoro, interno ed internazionale;

• l’art. 36 Cost.: definisce i criteri di determinazione della retribuzione. Lo stesso articolo contiene

una disposizione programmatica sulla durata massima della giornata lavorativa, nonché sull'inde-rogabilità precettiva del riposo settimanale e delle ferie annuali;

• l’art. 37 Cost.: garantisce alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse re-

tribuzioni che spettano al lavoratore. In realtà, ci sono voluti ben trent’anni perché questo princi-pio trovasse, con la Legge, 03-12-1977, n. 903, e, poi, nella Legge, 10-04-1991, n. 125, la suapiena applicazione normativa. Il principio della «parità» è stato, poi, riproposto, nell’ultimo com-ma, anche per il lavoro dei minori (Legge, 17-10-1967, n. 977);

• l’art. 38 Cost.: sancendo il diritto del lavoratore ad adeguate forme di previdenza ed assistenza

sociale (adombrando, secondo parte della dottrina, un futuro sistema di sicurezza sociale) ha inte-so garantire, nell'ambito del lavoro, il rispetto della persona umana mettendo al sicuro il lavorato-re stesso da quei rischi che possono incidere sulla sua capacità lavorativa e sui bisogni del suonucleo familiare (v. anche art. 2110 cod .civ.);

• gli artt. 39 e 40 Cost.: tutelano l'attività sindacale stabilendo, in particolare: il principio della li-

bertà dell’organizzazione sindacale (art. 39, comma 1, Cost.); il principio della capacità, dei sin-dacati registrati, di stipulare contratti collettivi di lavoro, vincolanti per tutti i lavoratori apparte-nenti alle categorie che essi rappresentano, anche se non iscritti (art. 39, comma 3, Cost.); il rico-noscimento del diritto di sciopero, anche se non illimitato, ma «nell’ambito delle leggi che lo re-golano» (art. 40 Cost.);

● la legge ordinaria e gli atti aventi forza di legge, quali i decreti legislativi ex art. 76Cost. ed i decreti legge di cui all’art. 77 Cost.;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● i regolamenti di attuazione o di esecuzione degli atti suddetti, emanati dal Governo amezzo decreto dei Presidente della Repubblica o dai Ministri con proprio decreto, ovve-ro da altre Autorità ove previsto. Essi, pur non essendo leggi in senso formale, né atticon forza di legge, contengono, tuttavia, norme giuridiche con l'efficacia propria degliatti amministrativi.

II.3.B. Fonti regionali dopo la riforma dell’art. 117 Cost.. Per quanto concerne le fonti re-gionali, la competenza legislativa delle Regioni ad autonomia ordinaria è stata fino a poco tempo faristretta all'istruzione professionale e all’assistenza sanitaria e ospedaliera (v. art. 117 Cost. eD.P.R., n. 616/1977) anche se la Legge, 23-12-1978, n. 823, istitutiva del Servizio Sanitario Nazio-nale, aveva già ampliato notevolmente l’importanza ed il peso delle Regioni nella legislazione pre-videnziale e nella sua attuazione. Successivamente, con l’entrata in vigore del D.Lgs., 23-12-1997,n. 469, le competenze regionali hanno abbracciato anche la materia del collocamento e delle politi-che del lavoro.

La lenta ma costante erosione delle funzioni attribuite allo Stato, con speculare ampliamentodi quelle conferite alle Regioni e agli enti territoriali, ha trovato da ultimo una sua compiuta defini-zione con la riforma della Costituzione operata dalla Legge Cost., 18-10-2001, n. 3, che ha com-portato una modifica integrale del titolo V della parte seconda della Costituzione, dedicato appuntoalle Regioni, Province e Comuni.

La suddivisione della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni è definita dall’art. 117 Cost.secondo una nuova impostazione; il nuovo testo, infatti, individua:

• i settori in cui lo Stato legifera in modo esclusivo, riservando a sé ben diciassette materie(dalla difesa alla giustizia, dalla politica monetaria e fiscale alla previdenza etc.);

• i settori in cui vi è una potestà legislativa concorrente, vale a dire in cui le Regioni sonotenute a legiferare nel rispetto dei principi fondamentali definiti dalla legislazione stata-le (c.d. legge cornice o legge quadro);

• i settori in cui esiste una potestà legislativa esclusiva delle Regioni, senza interferenzeda parte delle autorità statali. Si tratta di materie che devono essere ricavate per esclusio-ne e individuate tra quelle non esplicitamente incluse nei primi due elenchi (potestà legi-slativa esclusiva dello Stato e potestà legislativa regionale concorrente).

Restringendo l’analisi della riforma al riparto delle competenze relative al lavoro e alla previ-denza e assistenza, risulta che:

● attengono alla competenza esclusiva dello Stato, i seguenti ambiti:

◦ l'ordinamento civile;

◦ la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili esociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

◦ la previdenza sociale.

Rimane dunque di competenza statale la determinazione dei contributi, delle prestazioni pensionistiche,l'inquadramento tariffario dei datori di lavoro etc;

● attengono alla competenza concorrente delle Regioni, i seguenti ambiti:

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

◦ la tutela e sicurezza del lavoro;

◦ la tutela della salute;

◦ la previdenza complementare e integrativa.

L’esercizio di tale potestà normativa da parte delle Regioni è subordinato all’emanazione di apposite leggistatali-quadro, nonché in ogni caso all'osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e da-gli obblighi internazionali ed al rispetto dei principi fondamentali contenuti nella Costituzione (in specie:diritto all'assistenza, tutele assicurative, diritto al lavoro, sufficienza e proporzionalità della retribuzione,parità di trattamento, diritto di sciopero e libertà sindacale);

● attengono alla competenza esclusiva delle Regioni, il potere di dare attuazione ed esecu-zione agli atti dell’Unione Europea nell'osservanza delle procedure stabilite dalla leggedello Stato, oltre che ogni altra attribuzione non espressamente spettante allo Stato o allapotestà legislativa concorrente regionale.La nuova formulazione dell’art. 117 Cost. è apparsa da subito quantomeno oscura. Nel tentativo di dare si-gnificato concreto alle formule utilizzate dal legislatore, la dottrina si è divisa tra posizioni più stataliste,che tendono a circoscrivere e limitare le competenze regionali attribuendo la disciplina sostanziale del di-ritto del lavoro alla competenza esclusiva dello Stato, e posizioni più regionaliste che invece tendono a raf-forzare la portata in senso federalista della riforma, privilegiando l'ambito di competenza regionale. In ef-fetti, unico punto di incontro tra le due estreme posizioni sarebbe però la materia del cd. mercato del lavo-ro da attribuirsi alla competenza legislativa concorrente delle Regioni e che riguarderebbe tutti gli aspettirelativi alla tutela del lavoratore sul mercato, cioè istituti quali il collocamento, gli ammortizzatori sociali,la mobilità, le politiche attive del lavoro etc.; in tale ambito, secondo alcuni Autori, le Regioni sarebberodotate di un’ampia autonomia, potendo esercitare le proprie attribuzioni anche senza una legge statale diindividuazione dei «principi generali» in quanto essi potrebbero essere ben desunti dalla legislazione vi-gente, ed inoltre potrebbero determinare anche un organizzazione amministrativa degli istituti ad esse de-voluti (per tutti, si pensi al collocamento) diversa rispetto a quella prefigurata dal legislatore che non puòinvadere la sfera di competenza regionale sì da renderla priva di significato.

Al di fuori di questo ambito, peraltro già ampiamente devoluto a Regioni ed Enti Localiper effetto del decentramento amministrativo attuato con D.Lgs., n. 469/97, l’eserciziodella funzione legislativa da parte delle Regioni incontrerebbe il rilevante limite non solodell'ordinamento civile, proprio dello Stato e tale da comprendere gran parte del dirittodel rapporto di lavoro, ma anche quello della solidarietà e unità nazionale, tale da richie-dere la garanzia di un livello uniforme sul piano nazionale delle prestazioni concernenti idiritti civili e sociali, attuabile con l'intervento diretto dello Stato.

4. Le fonti contrattuali e sindacali.

II.4. Concorrono a determinate la concreta regolamentazione della disciplina del rapporto dilavoro anche:

● il contratto individuale di lavoro, nel quale l’accordo viene raggiunto direttamente tra ilsingolo datore di lavoro e il singolo prestatore di lavoro;

● la contrattazione collettiva, nella quale i lavoratori e i datori di lavoro sono rappresentatidalle rispettive associazioni di categoria. La contrattazione collettiva, quale maggiore

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

espressione dell'autonomia collettiva, rientra indubbiamente tra le fonti autonome (equindi extralegislative) del diritto del lavoro.

Il mondo dei lavoro tende a organizzarsi in un ordinamento per categorie (ordinamento sindacale) che, mediantepropri atti normativi, concorre a costituire il diritto del lavoro al pari dell'ordinamento aziendale e alla stessa streguadell’ordinamento internazionale innanzi esaminato.

I contratti collettivi (che, secondo taluni, avrebbero preso il posto delle norme corporative menzionate, quali fon-ti dei diritto, dall’art. 2, n. 3, disp. prel. c.c.) sarebbero, quindi, l’espressione di un processo normativo che si svolge aldi fuori dell'ordinamento dello Stato ed in esso viene recepito per il tramite dell'art. 39, comma 1, Cost..

Ne ritroviamo la conferma nell’art. 2113 c.c., laddove si dichiarano invalide le rinunce e la transazioni «che han-no per oggetto i diritti dei prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivio accordi collettivi».

Recentemente sull'argomento è intervenuto l'art. 51, D.Lgs., 15-06-2015, n. 81, il quale ha af-fermato che, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o azien-dali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ei contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rap-presentanza sindacale unitaria.

In conclusione, anche alla luce di quanti poc'anzi detto, si evidenzia che le forme di relazionefunzionale tra legge e contrattazione collettiva sono le seguenti:

● funzione ausiliaria, cioè applicativa o specificativa. della disciplina legislativa;

● funzione di disciplina della contrattazione per esplicita previsione legislativa;

● funzione derogatoria della disciplina legislativa, sempre in virtù di una specifica di-sposizione di legge.

5. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

II.5. Le norme giuridiche sono create da organi attivi quali: organi dello Stato, enti pubblicinonché talune associazioni di fatto (sindacati).

Gli organi attivi dello Stato possono avere competenza su tutto il territorio nazionale oppurelimitata e circoscritta ad una parte del territorio.

Tra i primi, di preminente importanza è il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali cheha sostituito il previgente Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.

Sono attribuite al Ministero dei Lavoro e delle Politiche Sociali, le funzioni e i compiti spet-tanti allo Stato in materia di politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e riduzio-ne delle condizioni di bisogno e disagio delle persone e delle famiglie, di politica del lavoro e svi-luppo dell’occupazione, di tutela del lavoro e dell'adeguatezza del sistema previdenziale.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

6. L'Ispettorato Nazionale del Lavoro.

II.6.A. Premessa. Il D.Lgs. 14.9.2015, n. 149 contiene specifiche disposizioni finalizzate allarazionalizzazione e alla semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazio-ne sociale. Esso è stato emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 1, co. 7, lett. l), L.10.12.2014, n. 183.

L'elemento più qualificante dell'intervento riformatore in esame consiste nell’integrazione inuna sola struttura dei servizi di vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,dell’INPS e dell’INAIL, unitamente alla previsione di strumenti e forme di coordinamento con iservizi ispettivi delle Aziende USL e delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale. Attra-verso tale riforma il legislatore delegato intende superare ogni forma di sovrapposizione o duplica-zione degli interventi ispettivi.

II.6.B. La struttura. Al fine di razionalizzare e semplificare l’attività di vigilanza in materiadi lavoro e legislazione sociale, nonché al fine di evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi,l’art. 1, co. 1, D.Lgs. 14.9.2015, n. 149 prevede l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a caricodella finanza pubblica, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il quale integra i servizi ispettivi delMinistero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’INPS e dell'INAIL.

Ai sensi dell'art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 149/2015, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro svolge leattività ispettive già esercitate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali , dall’INPS edall'INAIL. Al fine di assicurare omogeneità operative di tutto il personale che svolge vigilanza inmateria di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, nonché legislazione sociale, ai fun-zionari ispettivi dell’INPS e dell'INAIL sono attribuiti all’Ispettorato Nazionale del Lavoro i poterigià assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresala qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria secondo quanto previsto dall’art. 6, co. 2, D.Lgs.23.4.2004, n. 124.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotatodi autonomia organizzativa e contabile. Esso è posto sotto la vigilanza del Ministro del Lavoro edelle Politiche Sociali che ne monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta gestione delle risor-se finanziarie (cfr., art. 1, co. 3, D.Lgs. n. 149/2015).

È previsto che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro debba avere:

• una sede centrale in Roma, presso un immobile demaniale ovvero presso un immobiledel Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’INPS, dell’INAIL o di altri Istitu-ti previdenziali;

• un massimo di ottanta sedi territoriali (cfr., art. 1, co. 4, D.Lgs. n. 149/2015).

II.6.C. Le funzioni e le attribuzioni dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. L'art. 2, co. 1,D.Lgs. 14.9.2015, n. 149 prevede che, entro quarantacinque giorni dalla sua entrata in vigore, deveessere adottato il suo Statuto, mediante l'emanazione di un apposito Decreto del Presidente dellaRepubblica, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, lo Statuto dell’IspettoratoNazionale del Lavoro. Tale Statuto dovrà rispettare i principi e i criteri direttivi stabiliti dall’art. 8,

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

co. 4, D.Lgs. n. 300/1999, ivi compresa la definizione, tramite convenzione da stipularsi tra il Mini-stro del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, degliobiettivi specificamente attribuiti a quest’ultimo.

Ai sensi dell'art. 2, co. 2, D.Lgs. 14.9.2015, n. 149, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro eserci-ta, in particolare, le seguenti funzioni e attribuzioni:

• esercita e coordina su tutto il territorio nazionale, sulla base di direttive emanate dalMinistro del Lavoro e delle Politiche Sociali, la vigilanza in materia di:

◦ lavoro;

◦ contribuzione;

◦ assicurazione obbligatoria;

◦ legislazione sociale, ivi compresa la vigilanza in materia di tutela della salute e dellasicurezza nei luoghi di lavoro, nei limiti delle competenze già attribuite al personaleispettivo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;

◦ accertamenti in materia di riconoscimento del diritto a prestazioni per infortunisu lavoro e malattie professionali, della esposizione al rischio nelle malattie profes-sionali, delle caratteristiche dei vari cicli produttivi ai fini della applicazione della ta-riffa dei premi;

• emana circolari interpretative in materia ispettiva e sanzionatoria, previo parereconcorde del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché direttive operativerivolte al personale ispettivo;

• propone, sulla base di direttive del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, gliobiettivi quantitativi e qualitativi delle verifiche ed effettua il monitoraggio sulla lororealizzazione;

• cura la formazione e l’aggiornamento del personale ispettivo, ivi compreso il perso-nale ispettivo di INPS e INAIL;

• svolge le attività di prevenzione e promozione della legalità presso enti, datori di lavoroe associazioni finalizzate al contrasto del lavoro sommerso e irregolare ai sensi dell’art.8 D.Lgs. 23.4.2004, n. 124;

• esercita e coordina le attività di vigilanza sui rapporti di lavoro nel settore dei tra-sporti su strada, i controlli previsti dalle norme di recepimento delle direttive di prodot-to e cura la gestione delle vigilanze speciali effettuate sul territorio nazionale;

• svolge attività di studio e analisi relative ai fenomeni del lavoro sommerso e irrego-lare e alla mappatura dei rischi, al fine di orientare l’attività di vigilanza;

• gestisce le risorse assegnate ai sensi dell’art. 8 D.Lgs. n. 149/2015, anche al fine di ga-rantire l’uniformità dell’attività di vigilanza, delle competenze professionali e delle dota-zioni strumentali in uso al personale ispettivo;

• svolge ogni ulteriore attività ad esso demandata dal Ministro del Lavoro e delle Po-litiche Sociali;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• riferisce al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, all’INPS e all’INAIL ogniinformazione utile alla programmazione e allo svolgimento delle attività istituzionalidelle predette amministrazioni;

• ferme restando le rispettive competenze, si coordina con i servizi ispettivi delle Azien-de Sanitarie Locali e delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale, al fine diassicurare l’uniformità di comportamento ed una maggiore efficacia degli accertamentiispettivi, evitando la sovrapposizione degli interventi.

7. La consuetudine.

II.7. Secondo la previsione dell’art. 1 disp. prel. c.c., tra le fonti del diritto è da annoverareanche la consuetudine (od uso), cioè la ripetizione costante e uniforme di una determinata condot-ta, con la convinzione dell’obbligatorietà della condotta stessa (c.d. usi normativi).

Particolare connotazione assume la consuetudine nel diritto del lavoro, ove 1’art. 2078 c.c. di-spone: «in mancanza di disposizioni di legge o di contratto collettivo si applicano gli usi. Tuttavia,gli usi più favorevoli ai prestatori di lavoroprevalgono sulle norme dispositive di legge. Gli usi nonprevalgono sui contratti individuali di lavoro».

La particolarità di tale disposizione va individuata nel fatto che, contrariamente alla regola generale sancitanell’art. 8 disp. prel. c.c. («nelle materie regolate dalla legge o dai regolamenti, gli usi hanno efficacia solo se da essi ri-chiamati»), gli usi prevalgono sulle disposizioni di legge se più favorevoli al prestatore di lavoro.

Dagli usi normativi vanno tenuti distinti gli usi aziendali, cioè quelle prassi adottate nei confronti dei lavoratorinell'ambito di una singola azienda e rilevanti ai soli limitati effetti di cui all’art. 1362, comma 2 c.c. Essi, difettando deicarattere della generalità, non hanno alcun valore di fonte del diritto, potendo tutt’al più costituire uno strumento di in-terpretazione del contratto e di integrazione della volontà dei contributi (cfr. la recente, Cass., 09-06-1998, n. 5689).

8. La giurisprudenza costituzionale.

II.8. Per l’attuazione dei principi della Costituzione in materia di lavoro, un ruolo significati-vo è svolto dalla Corte Costituzionale, da sempre rivolta ad assicurare l'adeguamento delle norme dilegge ai principi costituzionali.

Si ha riguardo, in particolare ai criteri di interpretazione della disciplina del lavoro, capaci, indeterminate ipotesi, di orientare la decisione sul bilanciamento degli interessi. Non si è, quindi, inpresenza di fonti del diritto in senso formale, ma di criteri guida sussidiari. Le principali regole in-terpretative sono rappresentate dall’equità e dal principio del «favor prestatoris». Quest’ultimo in-forma l’intero ordinamento giuridico e si sostanzia nella particolare tutela che, nel contratto indivi-duale di lavoro, deve essere accordata al, contraente più debole, e cioè al prestatore, come conse-guenza della necessità di riequilibrare il diverso peso contrattuale delle parti.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO TERZO

IL LAVORO SUBORDINATO E GLI

ALTRI TIPI DI RAPPORTI LAVORATIVI

SOMMARIO: 1. Le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato. - 2. Le principali differenze con il lavoroautonomo. - 3. I criteri di identificazione dei lavoro subordinato nell’elaborazione giurisprudenziale. - 4. I lavori atipicie la parasubordinazione. - 5. Le collaborazioni dopo il D.Lgs. 15-06-2015, n. 81. – 6. Il lavoro accessorio. 7. Il lavoroassociato. - 8. Il lavoro gratuito, il volontariato e le prestazioni che esulano dal mercato del lavoro. – 9. Il lavoro inter-mittente. - 10. Il lavoro “a tutele crescenti”. - 11. Il contratto di ricollocazione.

1. Le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato.

III.1.A. Il codice civile non definisce il contratto di lavoro ma disciplina direttamente, agliartt. 2096 ss. c.c., il rapporto di lavoro, con l'avvertenza che tale dettagliata normativa, per espressavolontà del legislatore, trova applicazione unicamente nei confronti del rapporto di lavoro subordi-nato.

L’art. 2094 c.c. qualifica prestatore di lavoro subordinato, come colui che si obbliga me-diante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manualealle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

Pertanto, s’intende subordinato ogni lavoratore che si obbliga, mediante retribuzione, a colla-borare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la di-rezione dell'imprenditore e dei preposti e dirigenti da questi nominati (cfr., art. 2094 c.c.).

In virtù di tale definizione codicistica, ogni attività umana economicamente rilevante può essere indifferentemen-te oggetto sia di un rapporto di lavoro autonomo che subordinato (a seconda delle modalità del suo svolgimento) el'identificazione del lavoro dipendente può essere fatta solo in presenza dell'elemento della subordinazione (cfr., Cass.11-02-2004, n. 2622).

Alla luce di quanto riscontrato nel dettato dell’art. 2094 c.c., si sottolinea il fatto che il codicecivile abbia individuato nella collaborazione e nella subordinazione i caratteri costitutivi del rap-porto di lavoro subordinato.

III.1.B. La collaborazione. La collaborazione consiste nella partecipazione di un soggettoall’attività lavorativa di un altro e può attuarsi nei modi più vari a seconda dell'intensità del vincolo

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

che lega il collaboratore all'altro soggetto (ad es.: vincolo associativo, lavoro autonomo, lavoro c.d.parasubordinato, volontariato). Nel lavoro subordinato essa si concretizza principalmente nella:

● continuità ideale della disponibilità delle energie lavorative messe a servizio del datoredi lavoro;

● inserimento del prestatore di lavoro nell'organizzazione produttiva.

III.1.C. La subordinazione. La subordinazione, invece, consiste nella sottoposizione dei pre-statori di lavoro alle direttive del datore di lavoro, nonché, in sua vece, degli altri prestatori gerar-chicamente sovraordinati nell'organizzazione dell'impresa. Al datore di lavoro spetta di determinarele modalità di esplicazione dell'attività lavorativa, entro i limiti fissati dalla legge e dal contratto.

È proprio la subordinazione, intesa come eterodeterminazione della prestazione lavorativa (ilcui contenuto viene determinato da altro soggetto rispetto al prestatore e cioè dal datore di lavoro),l’elemento qualificatorio del rapporto di lavoro subordinato: difatti, l’esistenza del vincolo della su-bordinazione deve ritenersi essenziale, tant’è vero che, senza di esso, non è possibile configurare al-cuna ipotesi di lavoro dipendente (ad es., l’amministratore unico di una società non può essere an-che dipendente della stessa).

2. Le principali differenze con il lavoro autonomo.

III.2.A. Le caratteristiche del lavoro subordinato e quelle del lavoro autonomo. Le due figu-re tipiche in cui vengono tradizionalmente ripartiti i rapporti di lavoro sono:

● il rapporto di lavoro subordinato (c.d. locatio operarum), come sopra definito, discipli-nato nel Libro V del Codice Civile, segnatamente dagli artt. 2094-2134 c.c. (concernentiil lavoro nell'impresa) e dagli artt. 2239-2246 c.c. (che disciplinano il lavoro subordinatoin particolari rapporti);

● il rapporto di lavoro autonomo (c.d. locatio operis o contratto d’opera), in cui una per-sona (usualmente professionista o artigiano) si obbliga a compiere, verso corrispettivo,un’opera od un servizio, con lavoro proprio e senza subordinazione, nei confronti di uncommittente (art. 2222 c.c.). Questa tipologia di rapporto contrattuale non forma oggettodel diritto del lavoro, in quanto viene disciplinata dal diritto commerciale.

La distinzione fra questi due tipi di rapporto, anche se nella realtà non sempre netta, è fonda-mentale ai fini sia pratici che sistematici; basti pensare che solo al lavoro subordinato si applica ladisciplina particolarmente favorevole in materia, ad esempio, di previdenza e di assistenza, di reces-so del datore di lavoro, etc. Diremo, quindi, che elementi distintivi si rinvengono:

nella posizione del prestatore che, nel lavoro autonomo, è di autonomia nella gestione,avendo egli la piena discrezionalità in merito al tempo, al luogo e al modo di organizza-zione della propria attività (naturalmente nei limiti imposti dal contratto o dalla naturadell'opera), laddove, nel lavoro subordinato, essa è, appunto di subordinazione intesacome dipendenza nei confronti del datore di lavoro e collaborazione nell’impresa;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

nell’oggetto della prestazione che nel lavoro autonomo è costituito dal risultato finaledell’attività del prestatore (un opus, cioè un lavoro specifico), mentre nel lavoro subor-dinato è rappresentato dalle stesse energie lavorative (fisiche o intellettuali) esplicate se-condo le direttive dei datore di lavoro: possiamo parlare, nel primo caso, di obbligazionedi risultato, nel secondo, di obbligazione di mezzi;

nell’organizzazione d’impresa (studio professionale, bottega artigiana, macchinari);questo elemento difetta sempre nel lavoro subordinato e caratterizza, invece, il lavoroautonomo, anche se non sempre il lavoratore autonomo si avvale di una vera e propriaorganizzazione imprenditoriale (ad es., il piccolo idraulico, elettricista etc.);

nell’incidenza del rischio attinente l’esercizio dell'attività produttiva, rischio che ricadecompletamente sul lavoratore autonomo, salva l’ipotesi dell'impossibilità sopravvenutadell’esecuzione dell'opera per causa non imputabile ad alcuna delle parti (art. 2228 c.c.),mentre ne è del tutto esonerato il lavoratore subordinato;

nel corrispettivo che, nel lavoro autonomo (ove è variamente denominato: compenso,onorario etc.), è stabilito per il risultato finale a prescindere dal tempo che il prestatoreimpiega, mentre nel lavoro subordinato (ove è denominato retribuzione) esso è calcolatonormalmente, a tempo, senza alcuna correlazione col risultato finale.

III.2.B. I criteri distintivi tra lavoro subordinato e lavoro autonomo secondo la giurisprudenza. Il lavoro su-bordinato si distingue da quello autonomo per il fondamentale requisito della subordinazione, il quale, come detto, con-siste nel vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore (artt. 2104, 2015e 2106 c.c.; Cass. 10-03-2011, n. 5712; Cass. 23-01-2009, n. 1717; Cass. 19-04-210, n. 9251). Tale potere si estrinsecanell'emanazione di ordini specifici per lo svolgimento delle mansioni e nell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza econtrollo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative. La stessa Cassazione ha, però, precisato che il fornire direttive po -trebbe non risultare sufficiente a configurare un rapporto di lavoro subordinato, a meno che le direttive stesse non sianopregnanti, assidue e cogenti (Cass. n. 26986/2009). La volontà delle parti, ossia la definizione di autonomo o subordina-to da esse attribuita al contratto, va valutata dal giudice, nel quotidiano svolgersi del rapporto, alla luce dei criteri di cuisopra: essa non è quindi idonea, da sola, a orientare la decisione del giudice in caso di controversia (Cass. 07-12-2007,n. 25666). La subordinazione può essere presente anche in forme attenuate in ragione della particolare organizzazionedel lavoro e del tipo di prestazione (specie ove si tratti di prestazioni semplici, dello stesso genere e ripetitive) e può es-sere ravvisata, in tali specifiche ipotesi, nella messa a disposizione del datore di lavoro delle energie lavorative del lavo -ratore con continuità, fedeltà e diligenza, secondo le direttive impartite dalla controparte (Cass. 27-11-2002, n. 16805).Il giudice civile, al fine di stabilire se si tratti di rapporto di lavoro autonomo ovvero subordinato, non è vincolato nellasua autonoma valutazione, dall'esito del giudizio penale che abbia escluso la subordinazione e quindi abbia assolto il da-tore di lavoro imputato del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali (Cass. 16-02-2009, n. 3713; Cass.19-04-210, n. 9251).

3. I criteri d’identificazione del lavoro subordinato nell’elaborazione giuri-sprudenziale.

III.3. Il codice civile individua nella subordinazione la caratteristica che differenzia il lavorosubordinato dalle altre forme di collaborazione. In concreto, però, può essere difficile cogliere que-sta caratteristica all'interno di un rapporto di lavoro cosicché, per facilitare il compito dell’interpre-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

te, la giurisprudenza ha individuato nel corso degli anni una serie di indici, rivelatori della naturasubordinata del rapporto di lavoro, che possono così sintetizzarsi:

• l’osservanza di un orario di lavoro;

• l’assenza del rischio;

• la natura della prestazione;

• la continuità della prestazione;

• la predeterminazione della retribuzione;

• l’inserimento del lavoratore nell'organizzazione produttiva.

Questi indici, tuttavia, devono considerarsi come elementi sussidiari con un rilievo distintivo soltanto comple-mentare e secondario, indiziari rispetto all'unico elemento avente valore determinante rappresentato dalla dimostrazionedell’esistenza del vincolo di subordinazione, intesa come assoggettamento gerarchico del lavoratore al potere di dire-zione e dì controllo del datore di lavoro.

Per determinare la natura (autonoma o subordinata) del rapporto di lavoro è, comunque, irrilevante il nomen iu-ris attribuitogli dalle parti in quanto compete solo al giudice l’esatta qualificazione del rapporto esso può al più valutarsialla stregua di un elemento indicativo e ulteriore rispetto al concreto svolgimento del rapporto che prevale sulla c.d. vo-lontà cartolare dichiarata dalle parti.

4. I lavoratori atipici e la subordinazione.

III.4.A. La tipologia e le norme applicabili. A metà strada tra l’area del lavoro subordinato equella del lavoro autonomo, si collocano tutti quegli impieghi non rapportabili a casistiche precise(indicati correntemente come «lavori del terzo tipo» o «lavori coordinati» od anche «atipici») eche, secondo la dottrina, costituirebbero «la nuova frontiera dell'occupazione in un mercato semprepiù insofferente a vincoli giuridici e contrattuali».

La collaborazione nell'attività produttiva che si realizza attraverso forme di lavoro autonomocaratterizzate dalla natura prevalentemente personale della prestazione, dalla continuatività e dallacoordinazione: è stata tradizionalmente inquadrata dalla dottrina e dalla giurisprudenza nella c.d.parasubordinazione.

I lavoratori parasubordinati sono caratterizzati dal fatto di trovarsi, rispetto ai committenti, inuna condizione di inferiorità socio-economica e dall’analogia con i lavoratori subordinati: da ciòl’esigenza di estendere ai primi forme di tutela ed istituti propri del lavoro subordinato.

Recependo tale esigenza, il legislatore, con l’emanazione della Legge, 11-08-1973, n. 533,(riforma del Processo del Lavoro) ha esteso la disciplina delle controversie individuali di lavoro an-che ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e ad «altri rapporti di collaborazioneche si concretino in una prestazione d'opera continuativa e coordinata prevalentemente personalianche se non a carattere subordinato» (art. 409, n. 3, c p.c.).

I rapporti di agenzia e di rappresentanza hanno costituito la forma tipica del rapporto di lavoro parasubordinatoed una serie di interventi normativi hanno avvicinato la disciplina di tali rapporti a quella del lavoro subordinato:

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

con il D.Lgs., 10-09-1991, n. 303, il rapporto di agenzia è divenuto di regola a tempo indeterminato (art.

1750 c.c.) ed è stata introdotta un'indennità corrisposta all'atto del recesso, che deve essere preceduto daun preavviso;

con il D.Lgs., 19-03-1999, n. 65, le due condizioni (sviluppo degli affari da parte dell'agente e equità

dell’indennità) necessarie per il diritto all’indennità di cessazione del rapporto, antecedentemente previstecome alternative, sono ora complementari;

la Legge, n. 422/00, integrando l’art. 2751 bis c.c., introduce in favore dell’agente il diritto ad una apposita

indennità di natura non provvigionale, quale corrispettivo per l'accettazione da parte dell’agente stesso delpatto di non concorrenza.

Per definire i contorni della parasubordinazione si usa quindi fare riferimento proprio alle ca-ratteristiche dei rapporti indicati nell’art. 409, n. 3, c.p.c., nei quali il carattere prevalentementepersonale della prestazione, insieme a quell o della continuità e della coordinazione, è indice di unasostanziale dipendenza economica del lavoratore nei confronti del committente.

Ai rapporti di lavoro parasubordinato sono estesi, oltre al rito del lavoro di cui all’art. 410 c.p.c. ss., anche dueimportanti istituti di carattere sostanziale propri del rapporto subordinato: l’art. 2113 c.c., che stabilisce l’invalidità del-le rinunzie e delle transazioni, e l’art. 429 c.p.c., che per i crediti da lavoro prevede, in caso di condanna del datore dilavoro, il risarcimento del danno da svalutazione monetaria ed il pagamento degli interessi di mora.

La tendenza ad estendere istituti propri dei lavoro subordinato, in quanto posti a protezione del prestatore di la-voro dai cd. rischi sociali, ossia legati, non più al rischio d’impresa, bensì alla posizione di sottoprotezione del lavorato-re nella società, ha trovato un recente riscontro normativo nell’art. 5, D.Lgs., 23-02-2000, n. 38, che, nel riformarel’assicurazione generale obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (D.P.R., n. 1124/65), ne estendel’applicazione anche ai lavoratori parnsubordinati.

In materia previdenziale, è stata istituita presso l’I.N.P.S. una apposita Gestione separata, che provvede alle pre-stazioni d’invaldità, vecchiaia e superstiti, nonché alla corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare e dell’inden-nità di maternità, nei confronti dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

III.4.B. Inquadramento delle prestazioni di lavoro caratterizzate da collaborazione, conti-nuità e coordinazione in una nuova tipologia contrattuale (Legge, n. 30/03). L’esigenza di forni-re una tutela di carattere generale alle prestazioni di lavoro rientranti nel fenomeno della parasubor-dinazione si è tradotta, infine, nella previsione, da parte dell’art. 4, lett. c ), Legge, 14-02-2003, n.30, recante delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro, di una nuova tipolo-gia contrattuale in cui sarà possibile inquadrare le collaborazioni coordinate e continuative.

Con tale atto appaiono evidentemente rigettate le indicazioni provenienti da parte della dottrina, che nel corsodella passata legislatura avevano trovato un primo riscontro in alcune proposte di legge (per tutte: il disegno di leggeSmuraglia sui lavori atipici), circa la necessità di dare vita, conservando le fattispecie canoniche del lavoro autonomo edel lavoro subordinato, ad un tertium genus di lavoro in cui si sarebbero potute collocare le collaborazioni coordinate econtinuative ed a cui estendere in modo sistematico le tutele proprie dei lavoratori subordinati.

Invece, è evidente l’intento di conservare tali prestazioni nell'ambito del lavoro autonomo e privilegiare la volon-tà individuale e l’autonomia contrattuale come fonte regolatrice del rapporto di lavoro tra collaboratore e datore di la-voro-committente, seppur riconducendolo ad uno schema negoziale il cui contenuto fondamentale è prefigurato dal legi-slatore.

Con tale intervento, cui si è previsto il perseguimento di un duplice obiettivo:

● di evitare l'utilizzazione delle collaborazioni coordinate e continuative in funzione elusiva o frodatoria

della normativa a tutela del lavoro subordinato, potendosi fare ricorso a tale tipologia solo in determinatecircostanze oggettive determinate dal legislatore. In particolare, potrà farsi ricorso al «lavoro a progetto»,con cui inquadrare i rapporti in cui il lavoratore assume stabilmente, senza vincolo di subordinazione,l’incarico di eseguire, con lavoro prevalentemente proprio, un progetto o un programma di lavoro, concor-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

dando direttamente con il committente modalità di esecuzione, durata, criteri e tempi di corresponsione delcompenso;

● di stabilire alcune tutele fondamentali (maternità, malattia e infortunio, sicurezza del lavoro) a tutela della

dignità e della sicurezza dei collaboratori.

I requisiti dell’attività lavorativa dedotta in contratto, così come individuati dalla norma dele-gante, non si discostano di molto da quelli evidenziati dall’elaborazione giurisprudenziale sui rap-porti di lavoro di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c.: continuità e personalità dell’attività prestata, assenzadi subordinazione.

La continuità e la stabilità dei rapporto di lavoro cui si dà vita è essenziale poiché, altrimenti, si tratterebbe di la-voro occasionale o intermittente, ulteriore tipologia contrattuale prefigurata dalla legge delega e destinata ai rapporti di-scontinui e occasionali (rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso di un anno e d’importo in-feriore ad € 5.000).

In più vi è la previsione di una necessaria correlazione tra collaborazione coordinata e uno opiù progetti o programmi di lavoro o anche solo fasi degli stessi: in tal senso l’attività del collabora-tore non può essere genericamente individuata, ma sarà necessario che essa si rapporti ad un deter-minato risultato programmato nel tempo.

In tali ipotesi, il rapporto di lavoro deve essere stipulato con atto scritto da cui risulti:

● la durata della collaborazione, che deve essere determinata o determinabile;

● il progetto (od i progetti) o programmi di lavoro o le fasi di essi, per cui si fa ricorso allacollaborazione.La norma fa riferimento testualmente alla «riconducibilità» della prestazione del collaboratore a uno o piùprogetti o programmi. Secondo i primi commentatori, dovrebbe quindi negarsi liceità a quei rapporti incui un soggetto collabora genericamente nell'attività d'impresa senza che la sua attività professionale siarapportata ad uno scopo predeterminato, rapporti che in effetti sono largamente usati per dissimulare un la-voro subordinato;

● il corrispettivo, liberamente concordato tra le parti, che però deve essere proporzionatoalla qualità e quantità del lavoro prestato dal collaboratore.

Nell’intento di favorire meccanismi di preventivo accertamento della volontà delle parti equindi ridurre il contenzioso relativo alla qualificazione dei rapporto, l’art. 5, Legge, n. 30/03, pre-vede un sistema di certificazione del contratto stipulato dalle parti a cui potrebbero ricorrere anchecoloro che hanno stipulato un contratto di lavoro a progetto.

5. Le collaborazioni dopo il D.Lgs. 15-06-2015, n. 81.

III.5.A. L'abrogato lavoro a progetto. Prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 15-06-2015, n.81, la disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative ha trovato applicazione nell'istitutodel c.d. contratto a progetto di cui agli art. da 61 a 69-bis., D.Lgs., n. 276/2003.

III.5.B. Il superamento del contratto a progetto. Ai sensi dell'art. 52, comma 1, D.Lgs. n.81/2015, sono state abrogate le disposizioni di cui agli artt. da 61 a 69-bis D.Lgs. n. 276/2003, conl'avvertenza che queste ultime continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei con-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

tratti già in atto alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015 (cioè, il 25-06-2015). Resta sal-vo quanto disposto dal già esaminato art. 409 c.p.c. (cfr., art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

Il superamento del contratto a progetto prevede alcuni significativi cambiamenti che richiedo-no un attento esame delle disposizioni in materia contenute nel D.Lgs. n. 81/2015.

III.5.C. Le collaborazioni organizzate dal committente. Ai sensi dell'art. 2, comma 1,D.Lgs. n. 81/2015, a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavorosubordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusi-vamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committenteanche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

In altri termini, in presenza di collaborazioni che presentano le caratteristiche poc'anzi eviden-ziate, pur se qualificate da un progetto, non sussiste alcuna presunzione relativa da verificare, ma siapplica direttamente la normativa tipica del rapporto di lavoro subordinato, con tutti gli istituti nor-mativi, retributivi e contributivi che da essa discendono.

Ovviamente, l'elemento determinate contenuto nella norma in esame consiste nel fatto che lemodalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche per quel che concerne la tempisticaed il luogo di lavoro. Pertanto, assumono rilevanza, sia l'etero direzione, che l'etero organizzazione.

In estrema sintesi, il legislatore delegato ha voluto ricondurre nell’alveo della subordinazione tutte le previgenticollaborazioni, anche a progetto, che, per una serie di motivi, si erano sviluppate ai “confini della subordinazione” eche, con il passare del tempo, avevano attecchito, in virtù del loro minor costo complessivo, della loro maggiore flessi-bilità nella prestazione e della loro capacità di ridurre il potere contrattuale del prestatore.

Se è il datore di lavoro a determinare i tempi ed il luogo di lavoro, la tutela normativa non puòche essere quella del lavoro subordinato. Infatti, appare evidente come la norma in esame faccia sal-vo quanto già si è detto parlando dell’art. 409 c.p.c. e, quindi, laddove vi è una organizzazione dellavoro, anche minima, secondo una tempistica fissata dallo stesso committente, si applica la norma-tiva sul rapporto di lavoro subordinato. Ovviamente, sarà, sempre, necessario distinguere la eteroorganizzazione dai momenti di coordinamento in azienda.

La diretta conseguenza di questa previsione normativa consiste nel fatto che non possono es-sere più instaurati non solo i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a pro-getto, ma anche quelli che si caratterizzavano per la loro tenuità, brevità o particolarità (ad esem-pio, le collaborazioni fino a 30 giorni di durata con un importo fino a 5.000 euro, o quelle resenell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, per un massimo di 240 ore annue, o le col-laborazioni con i pensionati di vecchiaia).

Contestualmente vengono abrogati i requisiti specifici previsti dall'abrogato art. 69-bis,D.Lgs. n. 276/2003 per individuare la genuinità delle c.d. “partite IVA”.

Si ricorda che tali requisiti prevedevano:

• la collaborazione con lo stesso committente per 8 mesi per 2 anni consecutivi, corrispettivo derivante dallecollaborazioni, riconducibile allo stesso centro di imputazione di interessi, pur se in favore di soggetti di-versi, superiore all’80% nell’arco di due anni solari consecutivi;

• postazione fissa presso una delle sedi del committente fatte salve le ipotesi di conoscenze teorico-tecnichedi grado elevato o valore reddituale complessivo superiore ad una determinata soglia;

• prestazioni professionali per le quali viene richiesta l’iscrizione in albi o registri professionali, individuatidal D.M. 20 dicembre 2012.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

L'abrogazione degli artt. da 61 a 69-bis, D.Lgs. n. 276/2003 comporta la caducazione del rico-noscimento in sede normativa di tutta una serie di diritti “minimi” strettamente correlati alle colla-borazioni a progetto.

Ad esempio, per quanto concerne i titolari di partita IVA, essendo venuti meno i requisiti generali poc'anzi ac -cennati, la prestazione verrà ritenuta come subordinata in presenza delle prove tradizionali che concernono la mancanzadi autonomia, l’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare dell’imprenditore, l’uso dei mezzi di lavoro del datore,l’inserimento stabile all’interno di un processo produttivo, così come già avviene, nel settore edile, a seguito di precisichiarimenti del Ministero del Lavoro, finalizzati a combattere il fenomeno delle false partite IVA e dei falsi artigiani.

Invece, per quanto concerne i contratti di collaborazione a progetto ancora in corso al momento dell'entrata in vi-gore del D.Lgs. n. 81/2015 (cioè, il 25-06-2015) e visto il regime che si applica a partire dal 1° gennaio 2016, per quelliche non sono caratterizzati da etero direzione ed etero organizzazione, non sussiste alcun problema. Infatti essi possonosuperare la data fatidica e continuare fino alla realizzazione del progetto, qualora le parti non procedano ad una risolu-zione consensuale,. Per gli altri contratti, per i quali sussiste qualche dubbio legato alla sussistenza dei requisiti genuinidi collaborazione, il legislatore delegato offre la possibilità di una “sanatoria stabilizzante” abbastanza favorevole (fer -ma restando l’opportunità della instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato, con le agevolazioni previste dallalegge finanziaria, già nel corso del 2015).

Tale abrogazione di articoli è in parte compensata dall'espresso richiamo operato all'art. 409c.p.c. da parte dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015.

Ricordiamo che l'art. 409 c.p.c. è, prima di tutto, una norma di diritto processuale, in quantoindividua la competenza del giudice del lavoro per la cognizione di una serie di rapporti. Tale arti-colo prevede che, oltre ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale, rientrano nella giuri-sdizione di quest’ultimo “altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione diopera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordina-to”.

Inoltre, la nostra interpretazione sistematica non può non sottolineare la piena permanenzanell’ordinamento dell’art. 2222 c.c. sul lavoro autonomo.

In altri termini, il legislatore ha disposto la fine dei contratti di collaborazione a progetto e ciòche ad essi era strettamente correlato con le norme successive ai sensi dell’art. 61 D.Lgs. n.276/2003, restando, invece, ammissibili una pluralità di rapporti caratterizzati dal fatto che non esi-ste una aperta qualificazione degli stessi (Cass. n. 413/1999; Cass., n. 7625/1996; Cass., n.6194/1990), ma è rilevabile solo l’esistenza di alcuni requisiti che riconducono alla c.d. “parasubor-dinazione”.

Infatti, il termine “parasubordinazione” deve essere inteso come espressione non tipica, maeterogenea, in virtù dello svolgimento di una prestazione continuativa, coordinata e prevalentemen-te personale i cui benefici si riverberano su un imprenditore ma che, alla luce della previsione con-tenuta nell'art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, debbono essere caratterizzati da etero direzione edetero organizzazione.

Alla luce di quest'ultima considerazione, bisogna comprendere quando sussistano la continui-tà della prestazione, la coordinazione e la personalità della prestazione.

Per quanto concerne la continuità della prestazione, secondo la giurisprudenza, essa:

● essa non deve essere occasionale od istantanea (cfr., Cass. n. 9067/1990; Cass. n.6298/1988);

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● deve protrarsi in un arco temporale abbastanza lungo, implicante una reiterazione delleprestazioni ed un impegno costante a favore del committente (cfr., Cass., n. 5698/2002;Cass., 3485/2001);

● può risultare anche dalla ripetitività delle prestazioni, senza che essa debba, necessaria-mente, essere stabilita nel contratto. In altri termini, per non occasionalità deve intender-si un condotta lavorativa non limitata ad una opera specifica e determinata, bensì riferitaa prestazioni che si svolgono lungo un determinato periodo, pur non essendo intesa insenso meramente cronologico, cosa che comporta un certo numero di prestazioni profes-sionali in un determinato periodo di tempo (cfr., Cass., n. 5811/1984);

● può realizzarsi anche attraverso prestazioni istantanee funzionalmente correlate e desti-nate a soddisfare un interesse duraturo del committente (cfr., Cass., n. 2906/1976).

Anche relativamente alla definizione del concetto di coordinazione, è intervenuta la giuri-sprudenza. Infatti, la Corte di Cassazione ha dettato alcuni indirizzi. Essa ha chiarito che:

● l’attività deve essere strutturalmente e funzionalmente collegata alla organizzazione pro-duttiva del committente (cfr., Cass., n. 3698/2002; Cass., n. 3485/2001; Cass., n.9087/1990);

● le direttive imprenditoriali circa le prestazioni da svolgere vanno eseguite, pur essendo lestesse svolte sì in maniera coordinata, ma del tutto autonoma, con il potere del commit-tente che è limitato a chiedere la prestazione dovuta, dovendo mancare il potere di deter-minazione unilaterale delle modalità di esecuzione della stessa, con una differenza di or-dine qualitativo e non quantitativo tra il potere tipico del lavoro subordinato e quello dicoordinamento del committente.

Infine per quanto riguarda la personalità della prestazione, si può sostenere che essa:

● deve essere prevalente, sia rispetto agli altri fattori impiegati ai fini della realizzazionedell’obbligazione contrattuale, sia rispetto alla struttura della quale si avvale per raggiun-gere il risultato;

● si deve evincere (e, quindi, ricadere nell’ambito della parasubordinazione) anche in unamolteplicità di incarichi espletati con l’impiego prevalente di attività personale non su-bordinata (cfr., Cass., n. 12681/2003);

● non può essere esclusa nelle attività professionali che richiedono la collaborazione dipersonale dipendente (cfr., Cass., n. 1112/1987).

III.5.D. Le esclusioni. Le uniche fattispecie escluse dall'applicazione di tale regola sonoespressamente elencate dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015. Esse sono:

● le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipli-ne specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle partico-lari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

● le collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessa-ria l'iscrizione in appositi albi professionali;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● le attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di am-ministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

● le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportivedilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive asso-ciate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e di-sciplinati dall'art. 90, Legge, 27-12-2002, n. 289.

III.5.D. La certificazione delle collaborazioni. L'art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, preve-de che le parti possono richiedere alle Commissioni di cui all'art. 76 D.Lgs. 10-09-2003, n. 276 (dicui si dirà in seguito), la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui all'art. 2, comma 1, D.Lgs. n.81/2015. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderi-sce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

Il comma in esame offre alle parti una ulteriore strada per “uscire” dalla strettoia imposta dal dato normativo. In -fatti, esse possono chiedere ad una Commissione di Certificazione istituita ex art. 76 D.Lgs. n. 276/2003 una certifica-zione del rapporto dalla quale si evinca che non sussistano le condizioni impedienti previste all'art. 2, comma 1, D.Lgs.n. 81/2015. Nella attività di certificazione il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale, da un avvoca-to o da un consulente del lavoro.

Nello specifico, superflua, la norma richiama il principio generale contenuto nell’art. 75 D.Lgs. n. 276/2003, se-condo il quale “le parti possono ottenere la certificazione dei contratti (e, quindi anche della collaborazione che è una ti -pologia contrattuale) in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro”.

L’attività di certificazione si basa su un iter istruttorio che vede coinvolti, a vario titolo, una serie di organi pub -blici (sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate, etc.) i quali possonoesprimere le loro posizioni quandanche l’attività certificativa sia svolta da Università o dall’ordine provinciale dei con-sulenti del Lavoro. Ovviamente, la commissione trae le proprie convinzioni anche dalle dichiarazioni delle parti e giun -ge alla decisione (con l’atto di certificazione o con quello di reiezione) sulla base di un autonomo convincimento.

La certificazione è opponibile nei confronti di qualunque terzo ed è sottoposta, primadell’impugnativa giudiziale, al tentativo obbligatorio di conciliazione presso l’organismo che l’harilasciata. Inoltre, essa conserva i propri effetti fino alla emanazione di una sentenza di primo gradoche ne annulli gli effetti.

III.5.E. L'inapplicabilità della disciplina delle collaborazioni da parte delle Pubbliche Am-ministrazioni. Ai sensi dell'art. 2, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015, fino al completo riordino della di-sciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle Pubbliche Amministrazioni, ladisposizione di cui all'art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 non trova applicazione nei confronti dellemedesime. A far data dal 1° gennaio 2017, è comunque fatto divieto alle Pubbliche Amministrazio-ni di stipulare i contratti di collaborazione di cui all'art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.

6. Il lavoro accessorio.

III.6.A. Premessa. La disciplina del lavoro accessorio è contenuta negli artt. da 48 a 50,D.Lgs. n. 81/2015, con l'avvertenza che tali norme sostituiscono i previgenti artt. da 70 a 73, D.Lgs.n. 276/2003, che in precedenza hanno regolamentato tale tipologia contrattuale, fino alla loro

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

espressa abrogazione operata dall'art. 55, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 51/2015. Tuttavia, le modifi-che operate dalla novella legislativa alla disciplina previgente sono veramente minime.

III.6.B. La definizione ed il campo di applicazione del lavoro accessorio. Ai sensi dell'art.48, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono tute quelle attivi-tà lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superio-ri a € 7.000 nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indiceISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limitecomplessivo di € 7.000, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavo-rative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a €2.000 euro, rivalutati annualmente secondo le modalità poc'anzi indicate.

Le prestazioni di lavoro accessorio possono essere, altresì, rese, in tutti i settori produttivi,compresi gli enti locali, nel limite complessivo di € 3.000 di compenso per anno civile, rivalutatisulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e de-gli impiegati, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L'INPSprovvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario odi sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio (cfr.,art. 48, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

III.6.B. La definizione ed il campo di applicazione del lavoro accessorio. La definizione dilavoro accessorio è contenuta nell'art. 48, D.Lgs. n. 81/2015, il cui esame consente di analizzarenel dettaglio anche il campo di applicazione di tale istituto contrattuale. In particolare, la norma inquestione:

● chiarisce che, per prestazioni del lavoro accessorio, si intendendo tutte le attività lavorativesenza ulteriore specificazione, con la conseguenza che tali prestazioni possono essere di na-tura non solo dipendente, ma anche parasubordinata, o autonoma (cfr., art. 48, comma 1,D.Lgs. n. 81/2015);

● le prestazioni di lavoro accessorio non devono dar luogo, con riferimento alla totalità deicommittenti, a compensi superiori ad € 7.000, rivalutabili annualmente secondo gli indiciISTAT (cfr., art. 48, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015);

● gli € 7.000 dei compensi si riferiscono all’anno civile, che, lo si ricorda, va da gennaio a di-cembre, fermo restando che, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, leattività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per com-pensi non superiori ad € 2.000 euro, rivalutati annualmente secondo gli indici ISTAT (cfr.,art. 48, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015);

● sono ammissibili in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite massimo di €3.000 di corrispettivo per anno civile, le prestazioni di lavoro accessorio rese da percettoridi prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito (cfr., art. 48, comma 2, D.Lgs.n. 81/2015);

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● è consentito agli enti pubblici l'utilizzo di prestazioni di lavoro accessorio nel rispetto deivincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personalee, ove previsto, dal patto di stabilità interno (cfr., art. 48, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015);

● la disciplina del lavoro accessorio si applicano in agricoltura (cfr., art. 48, comma 3,D.Lgs. n. 81/2015):

◦ alle attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito delle attività agricole dicarattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque annidi età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasiordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periododell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università;

◦ alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all'art. 34, comma 6, D.P.R. 26-10-1972, n. 633. Costoro sono i produttori agricoli che nell'anno solare precedente hannorealizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari nonsuperiore ad € 7.000, costituito per almeno 2/3 da cessioni di prodotti agricoli e ittici chenon possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchianagrafici dei lavoratori agricoli;

● sussiste il il divieto del ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito della esecu-zione di appalti, fatte salve specifiche ipotesi individuate con apposito decreto del Ministerodel Lavoro e delle Politiche Sociali,sentite le parti sociali,da adottare entro sei mesidall’entrata in vigore del D.Lgs., n. 81/2015. Pertanto, di regola ed in attesa del citato decre-to ministeriale, le prestazioni di lavoro accessorio sono consentite soltanto se rese in favorediretto del committente (ad es., le prestazioni domestiche in favore della famiglia, le attivitàdi giardinaggio in favore del condominio: cfr., art. 48, comma 6, D.Lgs. n. 81/2015).

III.6.C. La disciplina del lavoro accessorio. L'art. 49, comma 1, D.Lgs., n. 81/2015 chiari-sce che i committenti imprenditori o professionisti, per ricorrere alle prestazioni di lavoro accesso-rio, devono acquistare attraverso modalità esclusivamente telematiche uno o più carnet di buoniorari, numerati progressivamente e datati, per prestazioni di lavoro accessorio. Invece, i commit-tenti non imprenditori o professionisti possono acquistare i buoni anche presso le rivendite auto-rizzate.

Per quanto concerne il valore nominale di ogni singolo buono, l'art. 49, comma 1, D.Lgs. n.81/2015 precisa che esso è fissato con apposito Decreto del Ministro del Lavoro, tenendo contodella media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttoriedel confronto con le parti sociali (cfr., art. 49, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Ai sensi dell'art. 49, comma 2, D.Lgs., n. 81/2015, nell'attesa dell'emanazione del predettoDecreto del Ministro del Lavoro, il valore nominale del buono orario è fissato in € 10 e nel settoreagricolo è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata indi-viduata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappre-sentative sul piano nazionale;

I committenti imprenditori o professionisti che ricorrono a prestazioni occasionali di tipo ac-cessorio sono tenuti, prima dell’inizio della prestazione, a comunicare alla sede territoriale com-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

petente dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, attraverso modalità telematiche, le generalità ed il co-dice fiscale del prestatore, indicando il luogo della prestazione, con riferimento ad un arco tempora-le non superiore ai trenta giorni successivi (cfr., art. 49, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

III.6.D. L'erogazione del compenso al prestatore di lavoro accessorio. Un appostio Decretodel Ministro del Lavoro deve individuare il concessionario del servizio che eroga il compenso alprestatore di lavoro accessorio e deve regolamentare i criteri e le modalità per il versamento deicontributi e delle relative coperture assicurative e previdenziali. In attesa del predetto Decreto Mini-steriale i concessionari del servizio sono individuati nell'INPS e nelle Agenzie per il Lavoro di cuiagli artt. 4, comma 1, lett. a) e c) e 6, commi 1, 2 e 3, D.Lgs. n. 276/2003 (cfr., art. 49, comma 7,D.Lgs. n. 81/2015).

Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso dal concessionario del ser-vizio, successivamente all'accreditamento dei buoni da parte del beneficiario della prestazione di la-voro accessorio. Il compenso è' esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato didisoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio (cfr., art. 49, comma 4, D.Lgs. n.81/2015).

Fatta salva l'ipotesi di cui all'art. 49, comma 6, D.Lgs. n. 81/2015, il concessionario provvede al pagamento dellespettanze alla persona che presenta i buoni, effettuando, altresì, il versamento per suo conto dei contributi previdenzialiall'INPS, alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della Legge 08-08-1995, n. 335, in misura pari al 13% delvalore nominale del buono, e, per fini assicurativi contro gli infortuni, all'INAIL, in misura pari al 7% cento del valorenominale del buono, e trattiene l'importo autorizzato dal citato decreto ministeriale di cui all'art. 49, comma 1, D.Lgs. n.81/2015, a titolo di rimborso spese. La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali può essere rideter-minata con decreto del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, in funzione de -gli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata dell'INPS (cfr., art. 49, comma 5, D.Lgs.n. 81/2015).

In considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allostato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è prevista unacontribuzione figurativa, utilizzati nell'ambito di progetti promossi da Pubbliche Amministrazioni, il Ministro del Lavo-ro, con apposito decreto, può stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari (cfr., art. 49, comma 6,D.Lgs. n. 81/2015).

7. Il lavoro associato.

III.7.A. Socio d’opera ed associazione in partecipazione. Nei rapporti associativi - sociod’opera, associazione in partecipazione, cooperativa di lavoro - pur se manca un obbligo retributi-vo e non c’è estraneità del lavoratore al rischio d'impresa, è rinvenibile una sottoposizione del pre-statore socio o associato alle altrui direttive.

II socio d’opera è colui che nella società di persone conferisce, anziché beni, la propria operalavorativa. Il socio d’opera, pur se obbligato a prestare lavoro in favore della società, lo fa in qualitàdi partecipe dello scopo societario stesso ed è titolare degli stessi poteri di amministrazione e deci-sione degli altri soci: siamo, in linea di massima, fuori dell'ambito del lavoro subordinato.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

L’associazione in partecipazione (artt. 2549-2554 c.c.) è il contratto col quale l’associante at-tribuisce all’associato la partecipazione agli utili dell'impresa o di singoli affari, come corrispettivodi un certo apporto che, per opinione comune, può consistere anche in una prestazione di lavoro.

Poiché il contratto di società è di tipo associativo (gli interessi delle parti sono rivolti ad unoscopo comune), il socio che conferisce la propria attività lavorativa sopporta - anche se associato adaltri - direttamente i rischi dell'attività economica esercitata. Trattasi, quindi, in linea di massima, dilavoro autonomo anche se esiste una tendenza ad applicare le norme sul lavoro subordinato (speciequelle poste a tutela della persona fisica) poiché, si dice, il soggetto, pur prestando lavoro ai fini co-muni, impegna la propria persona (c.d. presunzione di lavoro subordinato).

III.7.B. Soci lavoratori nelle cooperative di lavoro. La presunzione di lavoro subordinatonon opera, ed anzi viene adottata la presunzione contraria, nel caso di società cooperative costituiteallo scopo di svolgere un'attività economica organizzata in impresa, con l'utilizzazione del lavorodei soci, i quali sono istituzionalmente titolari del diritto alla partecipazione agli utili dell'impresa.Tuttavia, dottrina e giurisprudenza sono prevalentemente indirizzate ad assicurare ai soci delle coo-perative un trattamento equiparabile a quello dei lavoratori subordinati.

In tale orientamento, si pone anche la Legge, 03-04-2001, n. 142, recante norme per la «revi-sione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione delsocio lavoratore».

Le disposizioni della legge riguardano espressamente (art. 1) le cooperative nelle quali il rapporto mutualisticoabbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio, sulla base di previsioni di regolamento che de-finiscono l'organizzazione del lavoro dei soci.

Nel confermare la sussistenza in capo al socio lavoratore degli aspetti caratterizzanti lo status di socio, la leggeprecisa che questi ha poteri gestionali, mediante la partecipazione alla formazione degli organi sociali, alla definizionedella struttura di direzione e conduzione dell’impresa e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, deve contribuirealla formazione del capitale sociale, partecipando al rischio d'impresa, e mettere a disposizione le proprie capacità pro-fessionali anche in relazione al tipo e allo stato dell'attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro di-sponibili per la cooperativa stessa.

Su tale recente impianto normativo è intervenuta la Legge, 19-02-2003, n. 30 che, nel delegare il Governoall'emanazione di norme per realizzare importanti riforme alla disciplina del lavoro, ha modificato (art. 9) in più punti laLegge, n. 142/2001.

Ai sensi dell ’ art. 1, comma 3, Legge, n. 142/2001 (così come modificato dall’art. 9, Legge, n. 30/2003), il rap-porto di lavoro tra socio lavoratore e cooperativa viene concordato e formalizzato all’atto dell'adesione o successiva-mente e può assumere la forma della subordinazione, del lavoro autonomo o altra, ivi compresi i rapporti di collabora-zione coordinata non occasionale, e con cui il socio contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali.

La modifica apportata dalla novella della Legge, n. 30/2003, ha riguardato l’eliminazione dell’aggettivo «distin-to», presente nella precedente versione della norma con riferimento al rapporto di lavoro concordato dal socio. Di con-seguenza, unico sarebbe il rapporto tra questi e la cooperativa, anche se da esso scaturirebbero due vincoli giuridici,quello di tipo associativo e quello di lavoro.

Dall’esistenza del rapporto di lavoro con la cooperativa, derivano gli effetti previsti dalla Leg-ge, n. 142/2001, nonché da altre leggi o da qualsiasi altra fonte, in quanto, però, compatibili con laposizione del socio lavoratore; se il rapporto ha natura subordinata, si applicherà la disciplina del la-voro subordinato e la normativa in materia di sicurezza dei lavoro. S’applica anche lo Statuto deiLavoratori ma l’esercizio dei diritti sindacali (Titolo III, Statuto dei Lavoratori) deve avvenire conle modalità individuate in sede di appositi accordi collettivi (tra le associazioni nazionali del movi-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

mento cooperativo e le organizzazioni sindacali dei lavoratori) che tengano conto della peculiaritàdel rapporto tra socio lavoratore e cooperativa (art. 2, Legge, n. 142/01, così come modificato dallaLegge, n. 30/03).

Le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento econo-mico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferioreai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore odella categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza dicontratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso (art. 3 , Legge, n. 142/2001).

Ulteriori trattamenti economici possono essere deliberati dall'assemblea e possono essere erogati a titolo di mag-giorazione retributiva e/o in sede di approvazione dei bilancio di esercizio, a titolo di ristorno; con il D.Lgs. 6-11-2001,n. 423 sono state introdotte disposizioni per una graduale equiparazione della contribuzione previdenziale e assisten-ziale dei soci lavoratori di cooperativa con quella dei lavoratori dipendenti da impresa.

Quanto all’estinzione del rapporto di lavoro con il socio lavoratore, si possono verificare leseguenti ipotesi (artt. 2 e 5 Legge, n. 142/2001, così come modificati dalla Legge, n. 30/2003):

● si ha recesso o esclusione del socio dalla cooperativa, deliberati nel rispetto delle previ-sioni statutarie e degli artt. 2526 e 2527 c.c.. In tal caso, si estingue anche il rapportodi lavoro con il socio, dato lo stretto legame tra rapporto associativo e rapporto di lavo-ro e la prevalenza del primo sul secondo, senza che si applichi la disciplina in materiadi reintegrazione e legittimità del licenziamento di cui all’art. 18, Legge, n. 300/1970;

● s’estingue il rapporto di lavoro con il socio, ma non il rapporto associativo. In tal caso,all'eventuale atto di licenziamento da parte della cooperativa dovranno applicarsi legaranzie dell’art. 18, Legge, n. 300/1970; l’esclusione del socio dalla cooperativa nonconsegue automaticamente all'estinzione del rapporto di lavoro in quanto ben può per-sistere il normale rapporto di associazione con il socio anche dopo l'estinzione del rap-porto di lavoro.

Eventuali controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono dicompetenza del tribunale ordinario.

III.7.C. L’associazione in partecipazione. Il contratto di associazione in partecipazione è di-sciplinato dagli artt. da 2549 a 2554 c.c.. Tradizionalmente, si è trattato di un contratto attraversoil quale l'associante, cioè l'imprenditore, attribuisce all'associato, cioè ad un soggetto terzo, unapartecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un deter-minato apporto che di norma si sostanzia in capitale, in lavoro o in entrambe (c.d. apporto misto).

In particolare, l'apporto fornito dall'associato poteva consistere in una somma di denaro, nellacessione o nel godimento di un bene, o nella prestazione di un'opera o di un servizio (rectius lavo-ro).

A fronte di tale quadro normativo, l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro eragià stata vista con estremo sfavore dal Legislatore degli ultimi anni: basti pensare alle disposizionilimitatrici contenute nella legge n. 92/2012 a cui seguirono, peraltro, opportunità di riconduzione arapporto di lavoro subordinato particolarmente invitanti sotto l’aspetto dei costi (v. art. 7-bis dellalegge n. 99/2013) le quali, però, tranne un caso fortemente conosciuto a livello nazionale, non por-tarono a grossi risultati.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Adesso, le modifiche operate all'art. 2459 c.c. da parte dell'art. 53, D.Lgs. n. 81/2015 delinea-no un quadro decisamente chiaro. A partire dal 25-06-2015, data di entrata in vigore della riforma,non possono più essere stipulati contratti di associazione con apporto di lavoro o misto.

Infatti, il novellato art. 2549 c.c. prevede espressamente che “con il contratto di associazionein partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua im-presa o di uno o più affari verso un corrispettivo di un determinato apporto di capitale” e che “nelcaso in cui l’associato sia una persona fisica l’apporto non può consistere, nemmeno in parte, inuna prestazione di lavoro”.

I contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro stipulati in data antecedentel’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015 sono fatti salvi fino alla loro conclusione ma, in caso dicontrolli da parte degli organi di vigilanza, possono essere ricondotti nell’alveo della subordinazio-ne, qualora carenti degli elementi tipici previsti dal codice civile.

Invece, l’associazione in partecipazione tra imprese è fatta salva. Per fare un esempio, conti-nua ad essere perfettamente legittima quella, quella forma abbastanza diffusa di associazione inpartecipazione intercorrente tra una compagnia petrolifera ed una società che gestisce l’impianto dierogazione, essendo del tutto ininfluenti le tipologie contrattuali esistenti tra quest’ultima ed i propridipendenti.

8. Il lavoro gratuito, il volontariato e le prestazioni che esulano dal mercatodel lavoro.

III.8.A. Il lavoro gratuito. Il rapporto di lavoro subordinato è normalmente oneroso, dato chela retribuzione costituisce la naturale controprestazione del datore di lavoro, dovuta al lavoratoreper la sua attività (art. 36 Cost.). Sull'ammissibilità dei lavoro gratuito (cioè senza remunerazione) siregistrano diverse opinioni:

● da un lato si afferma la liceità del negozio in quanto idoneo a realizzare interessi di tipoideologico o benefico meritevoli di tutela giuridica;

● dall’altro lato, muovendo dalla necessaria onerosità del rapporto di lavoro, si deduce ol’illiceità del rapporto o la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato che si instau-rerebbe automaticamente e che sarebbe sempre azionabile dal lavoratore.

La giurisprudenza tende a presumere l’esistenza del lavoro subordinato tipico (e, quindi, del titolo oneroso) conl’applicabilità della relativa disciplina. Nel rapporto di lavoro subordinato il titolo gratuito è riconosciuto soltanto ecce-zionalmente, se ricorrano particolari giustificazioni oggettive e soggettive (modalità e quantità del lavoro, condizionieconomico-sociali delle parti, relazioni intercorrenti tra le stesse etc.) e sempre che non vi sia stato un accordo in talsenso nullo, in quanto elusivo dell’irrinunciabilità della retribuzione (cfr., Cass. 20-2-1990, n. 1236; Cass., 30-10-1991,n. 11559).

Quindi, il rapporto di lavoro è normalmente oneroso.

Nella maggior parte dei casi non sussiste un rapporto di lavoro gratuito, bensì mere prestazioni di attività svoltea titolo di cortesia: infatti, ragioni di ordine morale o sociale possono indurre ciascuno a prestare opera gratuita a favoredi altri, il che configurerebbe un contratto meritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c. (cfr., Cass. 16-02-1993, n.1595).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

III.8.B. Il volontariato. Il volontariato è un fenomeno completamente diverso dal lavoro gra-tuito. La Legge, 11-08-1991, n. 266, definisce l’attività di volontariato come quella «prestata inmodo personale, spontaneo e gratuito tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte senzascopo di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà» (cfr., art. 2, comma 1,Legge, n. 266/1991) e afferma che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo,salvo il rimborso delle spese effettivamente sostenute (cfr., art. 2, comma 2, Legge, n. 266/1991).

La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di lavoro subordinato, autonomo o con ogni altrorapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte (cfr., art. 2, comma 3, Legge, n. 266/1991), sal-vo l’obbligo, a carico dell’organizzazione, di assicurare gli aderenti che prestano attività di volontariato contro gli infor-tuni e le malattie e per la responsabilità civile verso i terzi (cfr., art. 4, Legge, n. 266/1991).

Anche la Legge, 07-12-2000, n. 383, di disciplina delle associazioni di promozione sociale prevede espressa-mente che esse operino prevalentemente per mezzo delle «attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita» dagliassociati per il perseguimento dei fini dell’associazione.

A tal fine, si riconosce ai lavoratori appartenenti ad associazioni iscritte nei registri nazionali, regionali e provin-ciali il diritto di usufruire delle forme di flessibilità dell’orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagliaccordi collettivi, compatibilmente con l’organizzazione aziendale (art. 18). In caso di particolare necessità, l'associa-zione può assumere lavoratori con contratto di lavoro subordinato o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo, anchecon i propri associati.

La Legge, n. 30/2003, nel quadro di una generale riforma del lavoro, prende in considerazio-ne anche tali attività, seppur solo per escluderle dal novero delle prestazioni subordinate o parasu-bordinate oggetto della delega.

Infatti l’art. 4, comma 1, lett. f ), Legge, n. 30/2003, qualifica espressamente le «prestazionisvolte in modo occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazionemorale senza corresponsione di compensi» come «prestazioni che esulano dal mercato del lavoro».

Di conseguenza non si applicano gli obblighi connessi, salvo che per «le spese di manteni-mento e di esecuzione dei lavori», limitatamente al settore dell'agricoltura.

La legge delega, con una norma che resterà di difficile interpretazione fino all’emanazionedelle disposizioni di attuazione, statuisce anche (all’art. 4, comma 1, lett. d ), Legge, n. 30/2003 pre-vede «l’ammissibilità di prestazioni di lavoro occasionale e accessorio, in generale e con particola-re riferimento a opportunità di assistenza sociale, rese a favore di famiglie e di enti senza fini di lu-cro, da disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque nonancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne».

Tali prestazioni, la cui natura-subordinata, autonoma o di collaborazione continuativa - non èspecificata, sarebbero regolarizzabili attraverso un meccanismo basato su «buoni corrispondenti aun certo ammontare di attività lavorativa».

III.8.C. Le prestazioni che esulano dal mercato del lavoro. L’art. 74, D.Lgs., n. 276/2003,riguarda le attività agricole.

Il riferimento alle attività agricole deve intendersi in senso lato, in modo tale da ricomprendere tutte quelle attivi-tà già, a suo tempo, individuate dal D.Lgs., n. 228/2001.

Tale norma afferma che non integrano, in ogni caso, un rapporto di lavoro autonomo o subor-dinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al terzo grado (non è detto di chi, ma si presume

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del titolare dell’impresa o del coltivatore diretto, qualora si tratti di una ditta individuale) in modomeramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazionemorale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavo-ri.

Qualcosa di analogo c’era già stato sia nella Legge, n. 388/2000, e nella Legge, n. 289/2002, (con il riferimentoalle novanta giornate nell’anno solare). Ora, non c’è più un limite temporale preciso ma si parla di “occasionalità” an-che ricorrente (quindi, più volte) e di breve periodo. È chiaro che ci si riferisce alle fasi dell’agricoltura legate, princi-palmente, alla raccolta dei prodotti della terra ed alla lavorazione dei campi, connotate dai concetti di aiuto, anche ri-cambiato, e di obbligazione morale.

9. Il lavoro intermittente.

III.9.A. Premessa. Gli artt. da 13 a 18, D.Lgs., n. 81/2015 hanno totalmente riformato l'isti-tuto del lavoro intermittente, sostituendo i previgenti artt. da 33 a 40, D.Lgs. n. 276/2003, che, inprecedenza, regolamentavano tale tipologia contrattuale.

Tuttavia, a fronte di tal espressa abrogazione, l'esame della novella legislativa evidenzia il fat-to che essa non abbia apportato nessuna novità rilevante nella regolamentazione del lavoro intermit-tente

III.9.B. La definizione di lavoro intermittente. Ai sensi dell'art. 13, comma 1, primo perio-do, D.Lgs. n. 81/2015, il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato,mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizza-re la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuatedai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodipredeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.

Si evidenzia che, malgrado che l’ammissibilità dell’ipotesi di contratto intermittente sia su-bordinata all'esistenza di una disciplina della contrattazione collettiva, l'art. 13, comma 1, secondoperido, D.Lgs. n. 81/2015 dispone che, in assenza di previsione nella contrattazione collettiva,provvede il Ministro del Lavoro con proprio decreto ad individuare i casi di utilizzo del lavoro inter-mittente.

Da quanto esposto, appare evidente che, mediante il contratto di lavoro intermittente, un la-voratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavora-tiva, secondo particolari modalità e nel rispetto di alcuni limiti.

Tale rapporto di lavoro si caratterizza per il fatto che associa alla subordinazione la disconti-nuità della prestazione lavorativa, che deve essere resa solo nei casi in cui sia richiesta dal datoredi lavoro.

Infine, può essere considerato di natura intermittente un rapporto di lavoro che presenta esiguiintervalli temporali tra una prestazione anche di rilevante durata e l'altra, ferma la necessaria presen-za delle causali di carattere oggettivo o soggettivo. Infatti, è la non esatta coincidenza tra la duratadella prestazione svolta e la durata del contratto che risulta fondamentale, al fine di individuare i

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presupposti della discontinuità o intermittenza (cfr., Lett. Circ. Min. Lav., 22-04-2013, prot. n.37/0007258).

III.9.B. Le tipologie di lavoro intermittente. Il contratto di lavoro intermittente può essere sti-pulato sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato (cfr., art. 13, comma 1, primo perio-do, D.Lgs. n. 81/2015).

III.9.C. I casi in cui è ammessa la stipulazione di contratto di lavoro intermittente. Innanzitutto il contratto di lavoro intermittente può essere utilizzato secondo le esigenze individuate daicontratti collettivi ed in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittentesono individuati con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali (cfr., art. 13, comma1, D.Lgs. n. 81/2015). A tal proposito, dovrà essere confermato dalle istituzioni competenti, se, inattesa del citato Decreto del Ministero del Lavoro, risulti ancora possibile ricorrere al lavoro inter-mittente sulla base del D.M. 23-10-2004, in relazione alle attività elencate nella tabella approvatacon il R.D. n. 2657/1923.

III.9.D. I limiti di età per la stipulazione di contratto di lavoro intermittente. Il contratto dilavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti di età superiore a 55 anni e consoggetti aventi meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venti-cinquesimo anno (cfr., art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

III.9.E. Il limite di durata massima d'impiego del lavoratore intermittente. Fermi restando ipresupposti di instaurazione del rapporto e con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici eser-cizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con ilmedesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento gior-nate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari, con l'avvertenza che, in caso di superamentodel predetto periodo, il rapporto si trasforma in rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato(cfr., art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

Relativamente alla possibilità di considerare di natura intermittente un rapporto di lavoro che presenti esigui in -tervalli temporali tra una prestazione, anche di rilevante durata, e l'altra, la Lett. Circ. Min. Lav., 22-04-2013, prot. n.37/0007258 ha precisato che è possibile stipulare un contratto di lavoro intermittente, in presenza delle causali di carat -tere oggettivo o soggettivo, anche laddove la prestazione sia resa per periodi di durata significativa; infatti è la non esat-ta coincidenza tra la durata della prestazione svolta e la durata del contratto che risulta fondamentale, al fine di indivi-duare i presupposti della discontinuità o intermittenza.

III.9.F. Il divieto speciale di ricorrere al lavoro intermittente da parte delle Pubbliche Am-ministrazioni. L' art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015) prevede che disposizioni inerenti il lavorointermittente non trovano applicazione in presenza di rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pub-bliche Amministrazioni.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

III.9.G. I divieti generali di ricorso al lavoro intermittente. L'art. 14, comma 1, D.Lgs. n.81/2015, confermando le previsioni contenute nel previgente art. 34, comma 3, D.Lgs., n. 276/2003,dispone che il ricorso al lavoro intermittente è vietato:

● per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

● presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a li-cenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24, Legge, 23-07-1991, n. 223, che abbianoriguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro in-termittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione deirapporti o una riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale,che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro inter-mittente;

● ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazionedella normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

III.9.H. La forma del contratto di lavoro intermittente. L'art. 15, comma 1, D.Lgs. n.81/2015 ha confermato la disciplina di cui al previgente art. 32, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 276/2003.Pertanto, il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta ai fini dellaprova, con l'indicazione dei seguenti elementi:

● durata ed ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall’articolo 13 che consentono la sti-pulazione del contratto;

● luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, nonche' delrelativo preavviso di chiamata del lavoratore che comunque non può essere inferiore aun giorno lavorativo;

● trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita erelativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti indicati dall'art. 36, D.Lgs. n.81/2015;

● indicazione di forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiederel’esecuzione della prestazione di lavoro,nonché modalità di rilevazione della prestazio-ne;

● tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;

● eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedottain contratto.

III.9.I. Le comunicazioni alle rappresentanze sindacali aziendali. Anche in materia di infor-mativa sindacale materia rimangono confermate le previsioni contenute nel previgente art. 35D.Lgs. n. 276/2003. Infatti, secondo l'art. 15, comma 2, D.Lgs. n. 81 720015, fatte salve previsionipiù favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è tenuto a informare con cadenza annualele rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, sull’andamento del ricorso al contratto dilavoro intermittente. Si tratta di un'incombenza datoriale per cui non risulta prevista corrisponden-te sanzione in caso di inosservanza, fatta eccezione per il ricorso ex art. 28, Legge, n. 300/1970.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

III.9.L. L'obbligo comunicazione inizio prestazione intermittente. In continuità con i previ-genti artt. 35 e 35-bis, D.Lgs. n. 276/2003, l'art. 15, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 dispone che, pri-ma dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non supe-riore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplifi-cate alla sede territoriale competente per territorio dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, median-te sms o posta elettronica (all’indirizzo intermitt e [email protected]: cfr., ComunicatoMin. Lav. del 16-06-2015).

La violazione degli obblighi di comunicazione comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da € 400ad € 2.400, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione , mentre non opera la procedura didiffida di cui all’art. 13, D.Lgs. n. 124/2004.

Con decreto di natura non regolamentare dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Mi-nistro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, possono essere individuate modalità applicative della di -sposizione di cui al precedente periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tec-nologie. Nelle more dell'emanazione di tale decreto permangono in vigore le modalità operative per effettuare la comu -nicazione in questione redatte durante la vigenza del D.Lgs., n. 276/2003, che sono contenute nel Decreto Interministe-riale del 27-03-2013, unitamente alle istruzioni operative risultano fornite dalla Circ. Min. Lav. n. 27/2013.

III.9.M. L'indennità di disponibilità. Ai sensi dell'art. 13, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015, neiperiodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente non matura alcuntrattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria di-sponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta un'indennità di disponibilità discipli-nata dall'art. 16, D.Lgs. n. 81/2015.

In continuità con quanto previsto dal previgente art. 36, D.Lgs. n. 276/2003, l'art. 16, comma1, D.Lgs. n. 81/2015 ha disposto che nel contratto di lavoro intermittente sia prevista un'indenni-tà mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi neiquali il lavoratore stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione ,secondo la misura stabilita dai contratti collettivi che comunque non può essere inferiore alla misuraprevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro del Lavoro, sentite le associa-zioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale

L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto col-lettivo (cfr., art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

In particolare, nei periodi in cui resta a disposizione del datore di lavoro senza essere chiamato, il lavoratore achiamata non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, né matura alcun trattamento economicoe normativo, ad eccezione dell'eventuale indennità di disponibilità. Tali periodi, a prescindere dal fatto che sia stataerogata o meno l'indennità di disponibilità, non devono essere conteggiati ai fini del calcolo del contributo di licenzia-mento (cfr., Messaggio INPS, 27-06-2013, n. 10358).

Sulla indennità di disponibilità i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare , anchein deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo (cfr., art. 16, comma 3,D.Lgs. n. 81/2015).

In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere allachiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la du-rata dell’impedimento, non maturando nel periodo di temporanea indisponibilità il diritto alla inden-nità di disponibilità. Ove non provveda all'adempimento di cui al periodo precedente, il lavoratore

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perde il diritto all'indennità per un periodo di quindici giorni, salvo diversa previsione del contrattoindividuale (cfr., art. 16, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015).

Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento ecomportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo alrifiuto (cfr., art. 16, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015).

Infine ,si segnala che con apposito decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, diconcerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, viene stabilita la misura della retribuzioneconvenzionale in riferimento alla quale i lavoratori assunti con prestazioni intermittenti possonoversare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore ri-spetto a quella convenzionale, ovvero abbiano usufruito della indennità di disponibilità fino a con-correnza della medesima misura (cfr., art. 16, comma 6, D.Lgs. n. 81/2015).

III.9.N. Il principio di non discriminazione. L'art. 17, comma 1, D.Lgs., n. 81/2015 prevedeche, fermi restando i divieti di discriminazione diretta e indiretta previsti dalla legislazione vigente,il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico enormativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità dimansioni svolte.

Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente è ripropor-zionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quantoriguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie edei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità, congedi paren-tali (cfr., art. 17, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

III.9.O. Il computo del lavoratore intermittente. Sull'argomento trova conferma la disposi-zione del previgente art. 39, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003. Infatti, ai fini della applicazione di qual-siasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti deldatore di lavoro, il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzio-ne all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre (cfr., art. 18, D.Lgs. n.81/2015).

10. Il contratto “a tutele crescenti”.

III.10.A. Premessa. A fronte di tutte queste forme di lavoro atipico, si è ingenerata la convin-zione nel legislatore di rafforzare la convenienza per i singoli datori di lavoro nell'assumere ricor-rendo al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Pertanto, il primo decreto legislativo attuativo della Legge delega n. 183/2014 (meglio notacome “Jobs Act”), il D.Lgs., 04-03-2015, n. 23, ha introdotto nell'ordinamento giuslavoristico il c.d.contratto di lavoro a tempo indeterminato “a tutele crescenti”.

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III.10.B. Il campo di applicazione. Ai sensi dell'art. 1, D.Lgs. n. 23/2015, A far data dallasua entrata, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo da esso dettato deve essere ap-plicato nei confronti di tutti i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, as -sunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avve-nute successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo in questione, integri il requisito oc-cupazionale di cui all’art. 18, commi 8 e 9, Legge n. 300/1970 (cioè, in caso di licenziamento di-chiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione), il licenziamento dei lavoratori, an-che se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del decreto legislativo inesame.

III.10.C. Il licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale. L'art. 2, D.Lgs.n. 23/2015 dispone che, qualora venga emanata una sentenza che dichiari la nullità del licenzia-mento, in quanto discriminatorio o riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previstidalla legge, il giudice deve ordinare al datore di lavoro (imprenditore o non imprenditore) di proce-dere alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formal-mente addotto. A seguito del predetto ordine giudiziale di reintegrazione, il rapporto di lavoros'intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del da-tore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'apposita indennità prevista dal decreto legislativoin esame. Tale regime si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace, in quanto intimato informa orale.

Con la predetta sentenza, il giudice condanna il datore di lavoro anche al risarcimento deldanno subito dal lavoratore a seguito del licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inef-ficacia. A tal fine, il giudice deve stabilire un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globaledi fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedottoquanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. Inogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribu-zione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versa-mento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Fermo restando tale diritto al risarcimento del danno, al lavoratore è data la facoltà di chie-dere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari aquindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzio-ne del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiestadell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pro-nuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunica-zione.

III.10.D. Il licenziamento per giustificato motivo e giusta causa. Secondo l'art. 3, D.Lgs. n.23/2015, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusti-ficato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estin-to il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento diun'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità

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dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non in-feriore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.

Soltanto in caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cuisia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore(rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento), il giudi-ce deve annullare il licenziamento e condannare il datore di lavoro alla reintegrazione del la-voratore nel posto di lavoro, nonché al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurataall'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva rein-tegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorati-ve, fatto salvo quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ex art. 4,comma 1, D.Lgs. n. 181/2000. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodoantecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ulti-ma retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contri-buti previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegra-zione. Anche in questo caso, al lavoratore è attribuita la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in so-stituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultimaretribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e chenon è assoggettata a contribuzione previdenziale.

Tale disciplina applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustifica-zione per motivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli artt.4, comma 4, e 10, comma 3, Legge, n. 68/1999.

Infine, si evidenzia che nei confronti del licenziamento dei lavoratori di cui all’art. 1 del de-creto legislativo in esame non trova applicazione l’art. 7, Legge n. 604/1966. Tale norma prevedeche, nelle imprese con più di 15 dipendenti (nel settore agricolo, con oltre i 5 dipendenti), il ricorsoad un tentativo obbligatorio di conciliazione presso la commissione provinciale istituita in ogni Di-rezione Territoriale del Lavoro.

Si tratta di una procedura attivabile attraverso una procedura che inizia con una comunicazione inviata a tale or -gano periferico del Ministero del Lavoro, nonché, per conoscenza, all’interessato, con la quale il datore di lavoro comu-nica la propria intenzione di procedere al recesso, indicando, sia le motivazioni, sia le eventuali misure di assistenza allaricollocazione.

III.10.E. I vizi formali e procedurali. L'art. 4, D.Lgs. n. 23/2015 prevede che, nell’ipotesi incui il licenziamento sia stato intimato violando il requisito di motivazione previsto dall’art. 2, com-ma 2, Legge n. 604/1966, ovvero non rispettando la procedura disciplinare ex art. 7, Legge n.300/1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna ildatore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale diimporto pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio ,in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudi-ce, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazionedelle poc'anzi esaminate tutele previste dagli artt. 2 e 3 del decreto legislativo in questione.

III.10.F. La revoca del licenziamento. In virtù di quanto disposto dall'art. 5, D.Lgs. n.23/2015, in caso di revoca del licenziamento effettuata entro il termine di quindici giorni dalla co-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

municazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro s'intende ri-pristinato senza soluzione di continuità, con conseguente diritto del lavoratore alla retribuzione ma-turata nel periodo precedente alla revoca. In tale ipotesi, non si applicano i regimi sanzionatori pre-visti dal decreto legislativo in esame.

III.10.G. L'offerta di conciliazione. L'art. 6, D.Lgs. n. 23/2015 afferma che, in caso di licen-ziamento dei lavoratori assunti con contratto “a tutelel crescenti”, al fine di evitare il giudizio e fer-ma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione previstadalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudi-ziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all’art. 2113 c.c. (che disciplina le rinunzie e le tran-sazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderoga-bili della legge), e all’art. 82, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003 (che disciplina le rinunce e transazioniin sede di certificazione dei contrati di lavoro), un importo che non costituisce reddito imponibile aifini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e che non è assoggettato a contribuzione previden-ziale. L'ammontare di tale importo è pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale difatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a di-ciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’asse-gno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamen-to e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già propo-sta.

III.10.H. Il computo e la misura delle indennità per frazioni di anno. Ai sensi dell'art. 8,D.Lgs. n. 23/2015, Per le frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità e l’importo da eroga-re in caso di licenziamento per giustificato motivo e giusta causa ex articolo 3, di vizi formali e pro-cedurali ex articolo 4, e di offerta di conciliazione ex articolo 6, devono essere riproporzionati e lefrazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si devono computare come mese intero.

III.12.I. Le piccole imprese e le organizzazioni di tendenza. L'art. 9, D.Lgs. n. 23/2015 haprecisato che, qualora il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’art. 18,commi 8 e 9, Legge n. 300/1970 (cioè, non occupi più di quindici dipendenti), non trova applicazio-ne la disciplina prevista in caso di licenziamento per giustificato motivo e giusta causa ex articolo 3e l'ammontare delle indennità e dell’importo da erogare in caso di licenziamento per giustificatomotivo e giusta causa ex articolo 3, di vizi formali e procedurali ex articolo 4 e di offerta di conci-liazione ex articolo 6 deve essere dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensili-tà.

Inoltre, la disciplina contenuta nel decreto legislativo in questione trova applicazione anchenei confronti dei datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natu-ra politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.

III.10.L. Il licenziamento collettivo. Ai sensi dell'art. 10, D.Lgs. n. 23/2015, in caso di licen-ziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24, Legge n. 223/1991 intimato senza l’osservanza dellaforma scritta, si deve applicare il regime sanzionatorio previsto dall’art. 2 del decreto legislativo in

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

esame. In caso di violazione delle procedure richiamate all’art. 4, comma 12, Legge n. 223/1991 odei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, Legge n. 233/1991, si deve applica il regime contenu-to nell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo in questione.

11. Il contratto di ricollocazione.

III.11.A. Il primo decreto legislativo attuativo della Legge delega n. 183/2014 (meglio notacome “Jobs Act”), il D.Lgs., 04-03-2015, n. 23, ha ulteriormente disciplinato il c.d. contratto di ri-collocazione”.

III.11.B. La previsione contenuta nella Legge di Stabilità 2014. Il contratto di ricollocazioneè un istituto giuridico, che, sinora, è stato molto poco utilizzato per l’implementazione delle politi-che attive per il lavoro. Esso è stato previsto dall’art. 1, comma 215, Legge, n. 147/2013 (c.d. Leg-ge di Stabilità 2014). Tale norma ha disposto che, al fine di favorire il reinserimento lavorativo deifruitori di ammortizzatori sociali anche in deroga e di lavoratori in stato di disoccupazione, presso ilMinistero del Lavoro, è istituito il c.d. fondo per le politiche attive del lavoro.

Con successivo decreto di natura non regolamentare del Ministero del Lavoro (che sarebbedovuto essere emanato entro il 01-04-2014), sentita la conferenza permanente tra lo Stato, le Regio-ni e le Province autonome di Trento e Bolzano, si sarebbero dovute stabilire le iniziative, anche spe-rimentali, tra le quali può essere compresa anche la sperimentazione regionale del contratto di ri-collocazione, sostenute da programmi formativi specifici.

III.11.C. La configurazione del contratto di ricollocazione. Per quanto concerne lo “schemacontrattuale” delineato dal legislatore, al lavoratore che abbia perso l’occupazione e fruisca, perquesto, di ammortizzatori sociali, viene chiesto d'individuare una Agenzia per il Lavoro con la qua-le stipulare un contratto, mediante il quale egli si obbliga a dedicarsi alla “ricerca attiva” di unaoccupazione e a non rifiutare eventuali offerte lavorative “congrue”, sia sotto il profilo delle man-sioni, che della retribuzione e della sede di lavoro. In caso di rifiuto ingiustificato, il lavoratore subi-rà la revoca delle prestazioni di sostegno al reddito in godimento.

In altri termini, si è di fronte ad un tentativo di “collegare” le politiche c.d. passive del lavoro,legate agli ammortizzatori sociali con le c.d. politiche attive del lavoro, mirate a garantire una effet-tiva ricollocazione sul mercato del lavoro.

Infatti, tale contratto supera il sistema dei Centri per l’Impiego, che opera passivamente sullabase delle richieste ricevute, per favorire nuovo modello organizzativo, capace di mettere a disposi-zione delle Regioni, nella loro qualità di principali attori delle politiche attive del lavoro, fondi fina-lizzati a migliorare la qualità della spesa dedicata.

Nello specifico, i fondi stanziati saranno attraverso voucher finalizzati alla copertura del costidel servizio di ricollocazione in favore delle Agenzie per il Lavoro coinvolte, una volta conseguito ilrisultato (ossia la ricollocazione lavorativa). Non sussiste alcun vincolo per il soggetto interessato,che può rivolgersi ad una qualsiasi delle Agenzie per il Lavoro accreditate nei vari sistemi regionali.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Appare, quindi, evidente l’imprescindibile ruolo delle Regioni. Il sistema organizzativo previsto dalla normativadovrebbe creare una sorta di “competizione positiva” tra le Agenzie per il Lavoro accreditate, finalizzata ad individuareil miglior punto di equilibrio tra le aspirazioni (possibilità e potenzialità) dei lavoratori ed il loro effettivo reinserimentosul mercato del lavoro.

D’altra parte, risulta alto il rischio che le Agenzie concentrino i propri sforzi e le proprie risorse economiche sul -le posizioni di più agevole gestibilità o di migliore prospettiva di reimpiego.

Evidentemente, a questo dovranno porre rimedio le Regioni, le quali dovranno attivare meccanismi di controllo edi verifica, nonché strumenti d'incentivo e di stimolo.

III.11.D. Le novità introdotte dal Jobs Act. L'istituto del contratto di ricollocazione è statooggetto di un intervento riformatore ad opera dell'art. 11, D.Lgs. n. 23/2015.

Infatti, viene istituito presso l’INPS, il Fondo per le Politiche Attive per la Ricollocazionedei Lavoratori in Stato di Disoccupazione Involontaria, al quale affluisce la dotazione finanzia-ria del poc'anzi esaminato Fondo istituito dall’art. 1, comma 215, Legge n. 147/2013, il quale, lo siricorda, era stato costituito per avviare alcune sperimentazioni in sede regionale del contratto di ri-collocazione, al fine di favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali an-che in regime di deroga e di lavoratori in stato di disoccupazione.

Adesso, con la novella operata dal Jobs Act, il lavoratore licenziato illegittimamente o pergiustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 Legge n.223/1991, ha il diritto di ricevere dal Centro per l’Impiego territorialmente competente un voucherrappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condizione che egli effettui la proceduradi definizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi di un ulteriore emanando decreto legi-slativo attuativo della delega contenuta nella Legge n. 183/2014, in materia di politiche attive perl’impiego.

Inoltre, presentando il voucher ad una Agenzia per il Lavoro accreditata secondo quanto pre-visto dal predetto emanando decreto legislativo in materia di politiche attive per l’impiego, il lavo-ratore interessato ha diritto a sottoscrivere con essa un contratto di ricollocazione che deve, a suavolta, prevedere:

• il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata,strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell’Agenzia per il Lavoro;

• il diritto del lavoratore alla realizzazione da parte dell’Agenzia per il Lavoro stessa di iniziative di ricerca,addestramento, formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamenteesistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del mercato del lavoro nel -la zona ove il lavoratore è stato preso in carico;

• il dovere del lavoratore di porsi a disposizione e di cooperare con l’Agenzia per il Lavoro nelle iniziativeda essa predisposte.

L’ammontare del voucher è proporzionato in relazione al predetto profilo personale di occu-pabilità e l’Agenzia per il Lavoro ha diritto ad incassarlo soltanto a risultato ottenuto secondo quan-to stabilito dall'emanando decreto legislativo in materia di politiche attive per l’impiego.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO QUARTO

LA COSTITUZIONE E LA RISOLUZIONE

DEL RAPPORTO DI LAVORO

SOMMARIO: Sezione I. Il contratto ed il rapporto. – 1. La contrattualità del rapporto. – 2. L’art. 2126 c.c. e leprestazioni di fatto. – Sezione II. La formazione del contratto di lavoro. – 3. La capacità dei soggetti contraenti. – 4. Irequisiti del contratto: la volontà. – 5. Segue: la forma, la causa e l’oggetto. La certificazione del rapporto di lavoro pre-vista dalla Legge, n. 30/2003. – Sezione III. Il D.Lgs., n. 276/2003. La certificazione dei rapporti lavoro. 6. Le finalità.– 7. Gli organi di certificazione. – 8. La competenza. – 9. Il procedimento di certificazione ed i codici di buone pratiche.– 10. L’efficacia giuridica della certificazione. 11. I rimedi esperibili nei confronti della certificazione. – 12. L’attività diconsulenza e d’assistenza alle parti. – Sezione IV. La prova ed il termine nel contratto di lavoro. – 13. Il patto di pro-va. – 14. Il contratto di lavoro a tempo determinato. – Sezione V. La risoluzione del rapporto di lavoro ed il terminenel contratto di lavoro. – 15. Le dimissioni. – 16. Le dimissioni per giusta causa. – 17. Il licenziamento individuale.

Sezione I

Il contratto ed il rapporto

1. La contrattualità del rapporto.

IV.1.A. Il codice civile, pur dettando una disciplina sistematica del rapporto di lavoro negliartt. 2096 ss. c.c., non dà alcuna indicazione circa l'origine dei rapporto ed in particolare sulla suanatura contrattuale o meno.

Se, infatti, l’art. 2094 c.c. offre la definizione di prestatore di lavoro subordinato, tace invecesul contratto di assunzione; ciò in antitesi a quanto previsto interna di lavoro autonomo, laddovel’art. 2222 c.c. fornisce una specifica definizione del contratto d’opera e dei suoi elementi essenzia-li.

Tali considerazioni hanno fatto sorgere dubbi in dottrina circa la fonte, contrattuale o meno, del rapporto di lavo-ro subordinato, dubbi alimentati sul piano sistematico dal fatto che la disciplina di tale rapporto non è contenuta nel li-bro del codice dedicato alle obbligazioni ed ai contratti, bensì nel Libro V sulla disciplina «Del lavoro».

La dottrina prevalente e la giurisprudenza sono, comunque, concordi nel sostenere la naturacontrattuale del rapporto di lavoro subordinato, ponendo in evidenza che tale natura va ricono-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

sciuta sul decisivo rilievo che il rapporto è pur sempre costituito dall’incontro di volontà tra il da-tore ed il prestatore di lavoro.

I limiti, imperativi derivanti dalla disciplina legale del rapporto incidono sul piano della liberadeterminazione del contenuto dei contratto e riguardano il diverso profilo del concorso tra fonte le-gale e regolamentazione contrattuale del rapporto.

Pertanto, la stipulazione del contratto è sempre necessaria, affinché abbia origine il rapportodi lavoro subordinato e trovi applicazione la relativa disciplina tipica: occorre, precisamente, che leparti si accordino per operare uno scambio tra remunerazione e lavoro.

In mancanza di siffatto accordo non si ha rapporto di lavoro subordinato tipico: casi emblematici sono, perl’appunto, il lavoro gratuito (ove difetta lo scambio) ed il lavoro «invito domino», svolto cioè spontaneamente (ove di-fetta l’accordo).

Comunque, bisogna ricordare che vi sono alcune ipotesi anomale riconducibili ai rapporti costituiti coattivamen-te (ad. es.: assunzioni obbligatorie di lavoro di determinate categorie, quali invalidi, minorati, orfani etc.). Tuttavia, insiffatti casi non può dirsi che manchi il titolo contrattuale, pur se la conclusione del contratto ed il suo contenuto sonoimposti dalla legge e non sono liberamente determinati dalla volontà dei contraenti nell'esercizio dell'autonomia nego-ziale. In realtà, si è in presenza del diverso profilo di un obbligo a stipulare un contratto con il prestatore di lavoro enon anche della sussistenza di un rapporto svincolato dall’accordo contrattuale.

2. L'art. 2126 c.c. e le prestazioni di fatto.

IV.2.A. L'art. 2126 c.c. dispone: «la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non pro-duce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall'illi-ceità dell’oggetto o della causa».

Da tale norma si è ricavata l'idea di un rapporto di lavoro che trae origine dalla materialità della prestazione difatto, svincolata cioè da una fonte contrattuale.

Si è ritenuto in sostanza, che, se, malgrado la nullità o l'annullamento del contratto, egualmente si producono inormali effetti del rapporto di lavoro subordinato, si deve riconoscere che fonte dei rapporti non è, in realtà, il contratto,bensì la prestazione lavorativa di fatto.

Tuttavia, si obietta da parte della prevalente dottrina che proprio da questa norma - volta principalmente a tutela-re il soggetto che, nonostante l’invalidità del titolo, abbia prestato la propria attività di lavoro al servizio dell'imprendi-tore, senza esservi obbligato - è possibile desumere come l'ordinamento ricolleghi la costituzione del rapporto indivi-duale di lavoro all’esistenza di un titolo contrattuale, ancorché nullo od annullabile.

In primo luogo, l'art. 2126 c.c., nella misura in cui riconosce effetti al contratto nullo o annullabile, implicita-mente conferisce rilevanza al contratto come fattispecie produttiva degli effetti stessi.

La norma, infatti, non prevede come conseguenza della invalidità del contratto e della conseguente prestazione difatto, la costituzione di un vero e proprio rapporto di lavoro, ma si limita a stabilire che il contratto invalido produce isuoi effetti per il periodo in cui il rapporto - quindi l’obbligazione di lavoro e l’obbligazione corrispettiva della retribu-zione - ha avuto attuazione.

Peraltro la giurisprudenza, di fronte ad una prestazione di fatto di attività lavorativa, presume il consenso del da-tore che abbia usufruito della prestazione e quindi la stipulazione del contratto. In tal caso, spetta al datore di lavoro for-nire la prova rigorosa che essa è stata effettuata contro la sua volontà o comunque a sua insaputa. Questa presunzione diconoscenza consente alla giurisprudenza di ricondurre al contratto la «prestazione di fatto» mediante lo schema dellamanifestazione di volontà per fatti concludenti. Il lavoratore che presta la sua attività manifesta con i fatti la volontà distipulare un contratto di lavoro e il datore di lavoro che non rifiuta la prestazione manifesta con i fatti l’accettazione del-la proposta.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Diversamente, non appare riconducibile allo schema del contratto stipulato per fatti concludenti, l’ipotesi dellavera e propria prestazione di fatto che si verifica nei casi in cui la prestazione venga eseguita invito domino od, addirit-tura, prohibente domino e cioè nel caso in cui la controparte possa non venire a conoscenza del fatto che il lavoratoreabbia prestato il proprio lavoro o avere manifestato la propria volontà contraria (si pensi alle occupazioni di fondi rusticio aziende industriali). In questi casi non sussiste alcun titolo costitutivo del rapporto, neanche invalido, perché è com-pletamente inesistente e la giurisprudenza riconosce al lavoratore unicamente l’azione d’ingiustificato arricchimento(art. 2041 c.c.).

Il regime eccezionale dell'art. 2126 c.c. non opera nel caso di illiceità dell'oggetto o della cau-sa del contratto.

In tal caso, il prestatore potrà invocare la disciplina di diritto comune sull'ingiustificato arric-chimento (art. 2041 c.c.).

Se, però, l'illiceità derivi dalla violazione di norme che tutelano il prestatore, questi avrà dirit-to ugualmente alla retribuzione concordata (art. 2126, comma 2, c.c.): ad esempio, il contratto colminore che, in violazione della legge, svolga un'attività pregiudizievole per la sua sicurezza o la suasalute.

La giurisprudenza interpreta ristrettivamente il concetto di oggetto o causa illecita: in particolare ritiene che nonbasti la violazione di una qualsiasi norma imperativa, ma che occorra la violazione di norme espressione di principi diordine pubblico in senso stretto, cioè norme che contengono i principi etici fondamentali dell’ordinamento.

In tal senso, si esclude l’illiceità della causa in tutti i casi in cui difetti nel lavoratore il requisito di una abilitazio-ne o di una speciale autorizzazione amministrativa (così, ad esempio, la mancata iscrizione all'albo dei giornalisti, nonesonera dal retribuire la prestazione eventualmente effettuata).

Sezione II

La formazione del contratto di lavoro

In difetto di una disciplina speciale, al contratto di lavoro s'applica la normativa codicisticasul contratto in generale (cfr., artt. 1321 ss. c.c.).

In questa sezione si analizzeranno alcuni profili, particolarmente significativi, attinenti la fasedella formazione del negozio.

3. La capacità dei soggetti contraenti.

IV.3.A. Premessa. Il contratto di lavoro è instaurato tra soggetti (lavoratore e datore di lavo-ro) i quali devono presentare i seguenti requisiti.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

IV.3.B. La capacità giuridica. La capacità giuridica, che consiste nell’attitudine giuridica-mente riconosciuta ad essere titolare di diritti ed obblighi, costituisce il necessario presupposto deicontratto, ai fini della valida costituzione del rapporto.

È opportuno distinguere tra la capacità giuridica del datore di lavoro e quella del prestatore.

Per il datore di lavoro valgono i comuni criteri stabiliti dal diritto privato, per cui essa si ac-quista con la nascita per le persone fisiche, e per le persone giuridiche con il riconoscimento dellapersonalità giuridica secondo la normativa vigente.

Per il prestatore di lavoro vige una particolare disciplina che fissa i requisiti di età per l'acces-so al lavoro in deroga al principio comune che stabilisce al momento della nascita l'acquisto dellacapacità giuridica (art. 1, comma 1, c.c.).

Si discorre al riguardo di capacità giuridica speciale che indica l’attitudine a prestare il pro-prio lavoro (art. 2, comma 2, c.c.) e che si acquista con l’età minima per l’ammissione al lavoro invia generale fssata a quindici anni d’età e subordinata all’espletamento dell’obbligo scolastico. Perlo svolgimento di attività particolarmente rischiose, singole leggi stabiliscono età minime superiori.

Il difetto della capacità giuridica speciale, cioè dell'età minima di ammissione al lavoro, integrando la mancanzadi un presupposto di validità del contratto di lavoro, determina la sua nullità. Va, peraltro, segnalato che tale difetto sitraduce nella illiceità dell’oggetto del contratto, in quanto il divieto, penalmente sanzionato, di accesso al lavoro primadell'età minima rappresenta un limite alla deducibilità dell’attività lavorativa in un rapporto di lavoro subordinato. Tut-tavia, non essendovi dubbi che il limite all'ammissione al lavoro sia previsto a tutela dello stesso prestatore di lavoro, siapplica l’art. 2126, comma 2, c.c., che prevede comunque il diritto dei lavoratore alla retribuzione.

IV.3.C. La capacità d’agire. È l’attitudine a compiere manifestazioni di volontà idonee amodificare la propria situazione giuridica (c.d. idoneità ad esplicare la propria autonomia negozia-le e processuale) e presuppone la capacità giuridica.

S’acquista al compimento del diciottesimo anno di età (maggiore età) e può essere sospesa(interdizione) o limitata (inabilitazione).

Nel diritto del lavoro la capacità di agire designa la capacità di stipulare il contratto di lavoroe di esercitare i diritti e le azioni che ne discendono.

Anche con riferimento a tale capacità occorre distinguere:

● per il datore di lavoro, non sussiste alcuna deroga ai principi civilistici. Si deve eviden-ziare che il fallito, ai sensi dell'art., 42, R.D., 160-3-1942 n. 267 (Legge Fallimentare)non può assumere la veste di datore di lavoro;

● per il prestatore di lavoro, l'art. 2, comma 2, c.c. fa salve le leggi speciali che stabilisco-no un’età inferiore ai diciotto anni per l’ammissione al lavoro (c.d. capacità giuridica la-vorativa); il minore è in tal caso abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che deriva-no dal contratto di lavoro.

La dottrina prevalente ritiene che vi sia coincidenza tra capacità giuridica e capacità di agire in anticipazione ri-spetto alla regola generale nel senso che l’acquisto della capacità a prestare il proprio lavoro (capacità giuridica) com-porti anche la capacità di agire e non necessiti di rappresentanza o assistenza per «l’esercizio dei diritti e delle azioniche dipendono dal contratto di lavoro».

Solo in qualche caso (ad esempio: l'iscrizione dei minorenni nella matricola della gente di mare) la legge richie-de una espressa ed autonoma autorizzazione al lavoro (revocabile unilateralmente salvo il limite dell'abuso) da partedell'esercente la potestà familiare o del tutore.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Altra dottrina ritiene, invece, che il minore di diciotto anni continui ad essere incapace di stipulare il contratto dilavoro, anche se può esercitare i relativi diritti ed azioni giacché l'art. 2, , comma 2, c.c. non menziona la capacità di sti-pulare il contratto e, al contempo, il richiamo alle leggi speciali riguarda la capacità giuridica speciale e non anche la ca-pacità d’agire.

Il difetto di capacità d'agire determina, secondo i principi generali, l’annullamento del con-tratto ex art. 1425 c.c.. Tuttavia, in tal caso, non sussistono ostacoli alla piena operatività della di-sciplina speciale di cui all'art. 2126 c.c., in quanto il difetto di capacità di agire non si riflette sullaliceità dell’oggetto del contratto.

IV.3.D. Capacità psico-fisica e idoneità tecnica. Alcuni autori considerano come requisito autonomola capacità psico-fisica, cioè l’attitudine al lavoro, in relazione a norme che, ad esempio, vietano la prestazione del la-voro alle donne in periodo di gravidanza e puerperio, o di certi lavori ai minori (lavori pesanti, insalubri, dannosiall'integrità fisica o morale).

L'idoneità tecnica (che attiene la capacità giuridica) è richiesta a pena di nullità del contratto, almeno nei casi incui debba risultare da diplomi, patenti, licenze, iscrizioni in albi o altre certificazioni della pubblica autorità. Ciò a tutelanon solo dei contraenti (lo stesso lavoratore, per le attività pericolose), ma pure dei terzi che dalla prestazione del lavoropossono ricevere un danno diretto.

4. I requisiti del contratto: la volontà.

IV.4.A. L'accordo delle parti. Requisiti essenziali del contratto di lavoro, così come in qual-siasi contratto (art. 1325 c.c.), sono la volontà, la forma, la causa e l’oggetto. Il difetto di ancheuno solo di detti elementi determina la nullità del contratto (art. 1418, comma 2, c.c.).

In particolare, il contratto di lavoro si costituisce mediante l’accordo delle volontà dei con-traenti (consenso). L’autonomia negoziale delle parti trova però, in materia di lavoro, molteplici li-miti per finalità di tutela dei contraente debole: sicché, ad esempio, la proposta del datore è (e deveessere) in linea di massima corrispondente alle clausole previste nei contratti collettivi di categoria.Altri vincoli, come vedremo, sono imposti dalla disciplina del collocamento.

IV.4.B. I vizi del consenso e la simulazione. Per quanto riguarda i vizi del consenso, pur nellaloro limitata rilevanza, in considerazione del ridotto ruolo dell’autonomia privata, la dottrina ha se-gnalato il possibile rilievo di:

● l'errore sulle qualità del lavoratore (art. 1429, n. 3, c.c.).

Trattasi di un’ipotesi limitata ai casi in cui non sia stato convenuto il periodo di prova che è lo strumentolegale tipico per la valutazione delle qualità soggettive del lavoratore. L’errore può assumere rilievo solose essenziale (e, cioè, quando le qualità personali e tecnico-professionali abbiano diretta attinenza con laprestazione lavorativa considerata nelle sue caratteristiche peculiari) e riconoscibile dall'altro contraente ecioè dal datore di lavoro;

● la violenza (art. 1434 c.c.).

Si ha quando l’assunzione del lavoratore è avvenuta coattivamente (ad es., le minacce rivolte al datore dilavoro);

● il dolo (art. 1439 c.c.).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Si ha quando il lavoratore dia causa all’errore, determinante del consenso, con affermazioni false (dolocommissivo) o reticenti (dolo omissivo);

● d) l'errore di diritto (art. 1429, n. 4, c.c.).

Ad esempio, nel caso del datore di lavoro che aveva proceduto all'assunzione senza il rispetto della gra-duatoria concorsuale, fidando nella clausola preferenziale della residenza contenuta nel bando di concorsoe poi dichiarata nulla.

Anche la divergenza tra il voluto e il dichiarato assume notevole importanza nell'ambito deldiritto del lavoro: si tratta del fenomeno conosciuto come simulazione, la cui disciplina non si di-scosta da quella di diritto comune.

Si distinguono due diverse ipotesi:

● la simulazione assoluta: si verifica quando viene simulato (es. per ragioni fiscali o pre-videnziali) un contratto di lavoro subordinato mentre le parti non vogliono alcun rappor-to e comunque senza che venga effettuata la prestazione Lavorativa. In tale ipotesi, trovadiretta applicazione l’art. 1414, comma 1, c.c., per cui «il contratto simulato non produ-ce effetto tra le parti»;

● la simulazione relativa: si verifica quando viene simulato un contratto diverso da quellovoluto (ad es. lavoro autonomo, ma le parti intendono dar vita e di fatto danno vita ad unrapporto di lavoro subordinato, o viceversa).

Il problema in tali casi è di concreta qualificazione del rapporto, nel senso che troverà applicazione la disciplinadel tipo di rapporto che le parti hanno effettivamente inteso. È da rilevare, tuttavia, che, con riguardo al rapporto di la-voro, siffatta prevalenza del contratto effettivo dissimulato su quello apparente simulato, può operare soltanto entro i li-miti posti dall'ordinamento all'autonomia privata relativamente all'interesse concreto perseguito dalle parti (art. 1322c.c.), nonché entro i limiti derivati dalla disciplina imperativa del rapporto di lavoro: in tal senso, troverà applicazione laregola della nullità del contratto in frode alla legge (art. 1344 c.c.) tutte le volte che un intento fraudolento sia rinvenibi-le all'origine del contratto dissimulato. Cosa che può verificarsi con maggior frequenza proprio nella materia del lavorosubordinato, la cui disciplina è caratterizzata dalla sussistenza di numerose nonne imperative.

5. Segue: la forma, la causa e l’oggetto. La certificazione del contratto di la-voro prevista dalla Legge, n. 30/2003 e dal D.Lgs., n. 276/2003.

IV.5.A. La forma. La forma del contratto di lavoro è generalmente libera, non essendo previ-ste particolari modalità di manifestazione del consenso.

Tuttavia, in determinate e tassative ipotesi (c.d. casi di forma vincolata) la legge espressa-mente prevede una forma particolare. In tali casi, l’omissione dell’onere formale costituisce causadi nullità del contratto stesso (c.d. forma ad substantiam).

È, infatti, richiesta per legge la forma scritta per particolari contratti di lavoro o per alcuneclausole modificatrici dei contenuto contrattuale, come ad esempio:

• il contratto di arruolamento del personale navigante (è prescritto l’atto pubblico innanzi l'autorità maritti-

ma: art. 328 cod. nav.);

• il contratto di lavoro subordinato sportivo (art. 4, Legge, 23-03-1981, n. 91);

• il contratto di lavoro per prestazioni di lavoro somministrato (art. 33, D.Lgs. , 15 -06-2015, n. 8 1);

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• la comunicazione al lavoratore delle notizie relative al contratto o rapporto di lavoro (D.Lgs., n.

152/1997);

• la determinazione del periodo di prova (art. 2096 c.c.);

• la fissazione di un termine finale del rapporto (art. 19, D. Lgs., 15 -06-2015, n. 81);

• il patto di non concorrenza per il tempo successivo alla cessazione del contratto (art. 2125 c.c.).

Per il rapporto a tempo parziale, la forma scritta è ora richiesta, a differenza di quanto prece-dentemente stabilito, soltanto ai fini probatori (D.Lgs., n. 6 1/2000).

Come si evince dalla citata elencazione, la legge, oltre che per determinati tipi di contratti, im-pone la forma scritta tutte le volte che gli elementi accidentali del contratto di lavoro costituisconoclausole negoziali sfavorevoli al lavoratore

Comunque, la forma scritta è largamente praticata, quanto meno con la lettera di assunzione,sottoscritta per accettazione dal lavoratore, nella quale vengono specificate le condizioni contrattua-li, le mansioni, la qualifica e la categoria, in ottemperanza al disposto dell’art. 61 disp. att. c.c..

IV.5.B. La causa. La causa è considerata come la funzione economico-sociale che il contrattoè diretto a realizzare; per la sua validità è necessario che essa sia lecita cioè non contraria alla legge,all'ordine pubblico e al buon costume.

Nel caso di specie, la causa del contratto di lavoro può identificarsi nello scambio tra lavoro ead essere un contratto: retribuzione. In relazione, a ciò il contratto di lavoro viene ad essere un con-tratto:

1. sinallagmatico ed oneroso, in quanto vi è un legame funzionale tra le due prestazioni(lavoro-retribuzione);

2. nominato (tipico), perché individuato e disciplinato dalla legge;

3. non associativo, in quanto entrambe le parti sono portatrici di un proprio interesse, nonnecessariamente rivolto ad uno scopo comune.

IV.5.C. L'oggetto. È costituito tanto dalla prestazione di lavoro (manuale od intellettuale),quanto dalla retribuzione (in tutte le sue possibili forme: danaro, natura etc.). Per quanto attiene par-ticolarmente la prestazione, essa deve essere:

● lecita, non contraria, cioè, a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume.È illecita, ad esempio, l'attività di lavoro pericolosa ed insalubre;

● possibile. L’impossibilità può essere di fatto o giuridica; se l’impossibilità è originaria,il contratto è nullo per difetto di un elemento essenziale, se è sopravvenuta, può dar luo-go a risoluzione del contratto (art. 1463 c.c.);

● determinata o determinabile. Di regola, il contenuto delle prestazioni è specificato nellalettera di assunzione, ove sono indicate in particolare le mansioni da svolgere da partedel prestatore. Le mansioni indicate all'atto dell'assunzione pongono dei limiti allo «iusvariandi» del datore.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

IV.5.D. La disciplina delle mansioni. In relazione alla questione dell'oggetto del contratto, as-sume particolare rilievo la disciplina delle mansioni contenuta nell'art. 2103 c.c., così come novel-lato dall'art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.

Secondo tale norma:

● il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quellecorrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovve-ro a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria di inquadramento delle ultime ef-fettivamente svolte (cfr., art. 2103, comma 1 c.c.).Pertanto, fermo restando il livello d’inquadramento contrattuale, il datore di lavoro può, al fine di soddisfareesigenze aziendali, disporre che il lavoratore sia passi dalle mansioni svolte ad altre, che il C.C.N.L. parimentiprevede per il livello d’inquadramento del lavoratore interessato.

● in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del la-voratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadra-mento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale (cfr., art. 2103, com-ma 2, c.c.).Viene, quindi, accordato al datore di lavoro – in presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazioneaziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi – la possibilità di poter modificare le mansioni diun lavoratore mediante una degradazione a mansioni inferiori di non più di un livello sottostante, senza modifi -che del suo trattamento economico (salvo il venir meno di trattamenti accessori legati alla specifica modalità disvolgimento del precedente lavoro).

In altri termini, la variazione degli assetti produttivi aziendali rientra tra i poteri organizzativi dell’imprenditoree la stessa incide direttamente sulla posizione lavorativa del soggetto interessato come, nel caso, ad esempio,della soppressione del posto di lavoro a seguito della introduzione di procedure di razionalizzazione o di ester -nalizzazione di parte dell’attività. Ne consegue, l'esistenza di un “ius variandi in peius”, vale a dire il potere diabbassare di un solo livello all’interno della categoria di inquadramento, senza alcuna possibilità, ad esempio,di retrocedere il lavoratore da una posizione impiegatizia ad una di operaio;

● il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbli-go formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’attodi assegnazione delle nuove mansioni (cfr., art. 2103, comma 3, c.c.).L'imprenditore deve svolgere la valutazione circa l'eventualità che il mutamento delle mansioni debba essereaccompagnato da un percorso di aggiornamento formativo che, ovviamente, deve essere strettamente correlatoalle nuove mansioni da svolgere. Tuttavia, la mancata formazione, ance se necessaria, non inficia la validitàdell’assegnazione;

● ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento infe-riore possono essere previste dai contratti collettivi (cfr., art. 2103, comma 4, c.c.).Si è in presa di ulteriori ipotesi di demansionamento che, per espressa volontà del legislatore possono esserestabilite dalla contrattazione collettiva. La norma in esame non specifica il livello di contrattazione da tenerecome riferimento, con la conseguenza che è possibile che gli accordi siano stipulati anche a livello aziendale,in virtù dell'art. 51, D.Lgs. n. 81/2015, secondo il quale, per contratti collettivi, si intendono i contratti colletti-vi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentativesul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ov-vero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

● nelle ipotesi di cui all'art. 2103, commi 2 e 4, c.c., il mutamento di mansioni è comunicatoper iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di in-quadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi re-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

tributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorati-va (cfr., art. 2103, comma 5, c.c.).Tale comma disciplina la conservazione da parte del lavoratore della retribuzione in caso di demansionamentodel livello di inquadramento, con l'unica eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalitàdi svolgimento della precedente prestazione lavorativa. Pertanto, al fine di evitare pretese risarcitorie, è oppor -tuno effettuare l'assegnazione alla nuova attività per mutamento di mansioni in forma scritta e motivata, anchese la norma nulla dice in merito. Anzi è consigliabile precisare che con il declassamento al livello inferiore illavoratore mantiene il livello di inquadramento ed il trattamento retributivo in godimento, con la sola perditadelle indennità e degli elementi retributivi strettamente correlati alle modalità di svolgimento della precedentemansione lavorativa, quali l’indennità di cassa o di rischio;

● nelle sedi di cui all’art. 2113, comma 4, c.c., o avanti alle commissioni di certificazione,possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni,della categoria edel livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratorealla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al mi-glioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentantedell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un con-sulente del lavoro (cfr., art. 2103, comma 6, c.c.).In tema di accordi di modifica delle mansioni, il comma in esame consente che, nelle sedi di cui agli artt. 185,410 e 411, 412-ter e 412-quater c.p.c. o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’art. 76, D.Lgs. n.276/2003, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramentoe della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore con riferimento:

• alla conservazione dell’occupazione: il lavoratore potrebbe essere destinatario di un provvedimento di

recesso. In alternativa, si potrebbe disporre un demansionamento anche per più di un livello, un cam-bio di categoria, di livello di inquadramento o della retribuzione facendo salvo il principio dell'art.36Cost.;

• all’acquisizione di una diversa professionalità, come, ad esempio, potrebbe riguardare il caso che inun determinato reparto si stia sviluppando un prodotto innovativo e si registri un interesse del lavora-tore, sulla base del proprio bagaglio formativo e professionale, a sviluppare una certa esperienza cam-biando anche categoria di inquadramento;

• al miglioramento delle condizioni di vita: si avrebbe nell’ipotesi di trasferimento in una unità produtti-va aziendale più vicina all’abitazione dell’interessato, così da eliminare fenomeni di “pendolarismo”,accettando un diverso inquadramento;

• al raggiungimento dell'accordo tra le parti in una “sede protetta”, individuata dal comma in esame(cioè, il Giudice del Lavoro, la Commissione Provinciale di Conciliazione, la sede sindacale di conci-liazione, la Commissione di Certificazione);

● nel caso di assegnazione a mansioni superiori, il lavoratore ha diritto al trattamentocorrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volon-tà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro la-voratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulatida associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, inmancanza, dopo sei mesi continuativi (cfr., art. 2103, comma 7, c.c.).In caso di assegnazione definitiva mansioni superiori, si sottolinea il potere riconosciuto alla contrattazionecollettiva, anche aziendale, di fissare un arco temporale di riferimento in misura superiore ai 6 mesi previsti daldettato legislativo;

● il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non percomprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Salvo che ricorrano le condizio-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

ni di cui all'art. 2103, commi 2 e 4, c.c. e fermo quanto disposto all'art. 2103, comma 6, c.c.,ogni patto contrario è nullo (cfr., art. 2103, comma 8, c.c.).Relativamente al divieto trasferimento, si evidenzia come, mentre è possibile che il datore di lavoro dispongaunilateralmente, sia il mutamento delle mansioni nell’ambito del livello di inquadramento, che il demansiona-mento, non risulta consentito che egli possa disporre il trasferimento del lavoratore, in assenza di comprovateragioni tecniche, organizzative e produttive aziendali.

IV.5.E. La certificazione del contratto di lavoro prevista dalla Legge, n. 30/2003 e dalD.Lgs., n. 276/2003. L’art. 5, Legge, 14-02-2003, n. 30, in materia d’occupazione e mercato del la-voro, ha delegato il Governo ad adottare, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigoredella stessa legge, «uno o più decreti legislativi recanti disposizioni in materia di certificazione delrelativo contratto stipulato tra le parti».

La normativa di attuazione dovrà specificare, tra l’altro, la procedura di certificazione e l’organo presso cui ef-fettuarla (enti bilaterali costituiti a iniziativa di associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro, strutture pubbliche ouniversità).

Il meccanismo di certificazione, introdotto allo scopo dichiarato di «ridurre il contenzioso in materia di qualifi-cazione dei rapporti di lavoro», potrà avere ad oggetto contratti di lavoro di qualsiasi tipologia (a tempo indeterminato,determinato, di formazione etc.) e quale che sia la sua natura (subordinato, autonomo o collaborazione), eccetto i rap-porti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche.

La certificazione non costituisce, però, un requisito sostanziale, né formale per la costituzione del rapporto, datoche si prevede il ricorso alla stessa su base volontaria.

Non è, però, priva di effetti in quanto la legge delega ha previsto che, a seguito della procedura di certificazione:

• il contratto di lavoro certificato ha «piena forza legale» tra le parti stipulanti;

• il ricorso in giudizio per controversie relative alla natura del rapporto sarà ammesso solo per errore di

qualifcazione da parte dell'organo certificante oppure per difformità tra il programma negoziale effettiva-mente realizzato dalle parti e quello da esse concordato in sede di certificazione;

• nei casi in cui è ammesso il ricorso giudiziario, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’art. 410

c.p.c. dovrà svolgersi presso l’organo preposto alla certificazione;

• in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, l'autorità giudiziaria competente dovrà tenere conto

anche del comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione;

• il ricorso non sospenderà gli effetti del contratto come concordato tra le parti in sede di certificazione fin-

ché non sia provata la diversa natura del contratto stesso.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Sezione III

Il D.Lgs., n. 276/2003

La certificazione dei contratti di lavoro

6. Le finalità.

IV.6.A. In attuazione della delega contenuta nella Legge, n. 30/2003, il D.Lgs., n. 276/2003,disciplina analiticamente tale nuovo istituto giuslavoristico.

L’art. 75, D.Lgs., n. 276/2003, così come sostituito dall’art. 30, comma 4, Legge 04-11-2010,n. 183 (c.d. “ Collegato Lavoro ” ), afferma che, al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro,le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indiretta-mente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria della “certificazione dei contrattidio lavoro”, ai sensi del Titolo VIII, D.Lgs., n. 276/2003.

In altri termini, qualsiasi rapporto di lavoro può essere oggetto della procedura di certifica-zione.

7. Gli Organi di certificazione.

IV.7.A. L’art. 76, D.Lgs., n. 276/2003, individua, in maniera estremamente puntuale, li orga-ni abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro.

In particolare, l'art. 76, comma 1, D.Lgs., n. 276/2003 parla di Commissioni di Certificazio-ne (senza, peraltro, stabilire “a priori” chi ne farà parte neanche a livello di individuazione degli or-ganismi individuati).

Le Commissioni di Certificazione sono istituite presso:

● gli Enti bilaterali.

Tali enti devono essere costituiti nell’ambito territoriale di riferimento, ovvero a livello nazionale quandola commissione di certificazione sia costituita nell’ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale.Qui, probabilmente, la commissione sarà costituita in via paritetica tra i sottoscrittori degli accordi;

● le sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro o i Centri per l'Impiego.

Secondo quanto stabilito dal Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali emanato in data 21-07-2004, il quale ne regolamenta la composizione delle commissioni di certificazione, la procedura e gliambiti di competenza;

● le Università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie.

Ai sensi dell'art. 76, comma 2, D.Lgs., n. 176/2003, esse devono essere registrate in un albo ministeriale,esclusivamente nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di ruolo di dirit-to del lavoro, ai sensi dell’art. 66, D.P.R., n. 382/1980. Tale norma disciplina i contratti di ricerca, di con-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

sulenza e convenzioni di ricerca per conto terzi in ambito universitario e definisce, anche , il sistema deicompensi correlato alla retribuzione complessiva. Si diceva che le Università e le Fondazioni debbono re-gistrarsi preventivamente in un albo: esso è stato istituito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Socia-li, con Decreto, emanato in data 14-06-2004, a seguito di “concertazione” con il Ministero dell’Istruzione.Il requisito per la registrazione ed il suo mantenimento è rappresentato dalla presentazione (all’attodell’iscrizione ed ogni sei mesi) di studi ed elaborati contenenti indici e criteri giurisprudenziali di qualifi-cazione dei contratti di lavoro con riferimento alle tipologie indicate dal Ministero del Lavoro e delle Poli-tiche Sociali. Appare abbastanza singolare la condizione che le Università dovranno rispettare per ottenereil mantenimento della registrazione: infatti, c’è il rischio che ogni sei mesi, soprattutto se saranno moltequelle accreditate, valanghe di documenti, anche ripetitivi (si tratta di commenti e sentenze attinenti lacontrattualistica del lavoro), si riversino sulle strutture ministeriali che dovranno, poi, elaborare la sintesidi tali orientamenti.

L’ultimo comma prevede che le commissioni possano concludere convenzioni finalizzate alla costituzionedi una commissione unitaria di certificazione: ciò, potrebbe rappresentare, sul territorio, una cosa utile, inquanto si frenerebbe la possibilità di indirizzi non univoci sul territorio di riferimento;

● il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Tale competenza sussiste esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoroin almeno due Province anche di regioni diverse, ovvero nelle ipotesi in cui i datori di lavoro con un'unicasede di lavoro risultino essere associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livellonazionale schemi di convenzione certificati dalla Commissione di Certificazione istituita presso il Ministe-ro del Lavoro e delle Politiche Sociali.

In tal caso, le Commissioni di certificazione istituite presso le Direzioni Territoriali del Lavoro e le provin-ce limitano la loro funzione alla ratifica di quanto certificato dalla Commissione di certificazione istituitapresso il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali (cfr., art. 76, comma 1- bis , D.Lgs., n. 276/03);

● i Consigli Provinciali dei Consulenti del Lavoro di cui alla Legge, 11-01-1979, n. 12.

Tale competenza sussiste esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di rife-rimento e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e, comunque, nell'ambito di intese definitetra il ministero del Lavoro e delle politiche Sociali ed il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro,con l'attribuzione a quest'ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi.

8. La competenza.

IV.8.A. L'art. 77, D.Lgs., n. 276/2003, individua, da un punto di vista territoriale, gli Ufficiove va indirizzata l’istanza di certificazione.

Se essa è rivolta alle sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, il criterio da seguire è quello ove insi-ste l’azienda o una sua dipendenza presso la quale sarà addetto il lavoratore. Nel caso, invece, in cui le parti si intenda-no rivolgere all’Ente bilaterale, occorrerà far riferimento a dove le commissioni di certificazione sono state istituite dal-le rispettive associazioni dei datori e dei datori di lavoro. Par di capire, quindi, che mentre per la prima ipotesi la struttu-ra provinciale è un fatto immediatamente percepibile (perché tali sono non le articolazioni periferiche dell'IspettoratoNazionale del Lavoro), per le seconde potrebbe non essere così e, quindi, sarà necessario fare riferimento a ciò che leparti sociali avranno deliberato (in alcune realtà potrebbe non essere istituita la commissione che potrebbe avere, adesempio, un ambito regionale di riferimento).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

9. Le procedure di certificazione ed i codici di buone pratiche.

IV.9.A. Premessa. L'art. 78, D.Lgs., n. 276/2003, afferma che la procedura di certificazione èvolontaria ed è successiva ad una istanza sottoscritta da entrambe le parti. Essa segue alcune regoleche vanno determinate al momento della costituzione (ad es., ordine cronologico di evasione) e sisvolgono nel rispetto dei c.d. “codici di buone pratiche” adottati con decreto del Ministro del Lavo-ro e delle Politiche Sociali, da emanare nei sei mesi successivi all'entrata in vigore del decreto legi-slativo.

IV.9.B. I Codici delle Buone Pratiche. In essi dovrebbero trovare riferimento (cfr., art. 78,comma 4, D.Lgs., n. 276/2003) le clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti, conriferimento ai diritti ed ai trattamenti economici e normativi. Questi codici recepiscono, ove esi-stenti, le eventuali indicazioni contenute in accordi interconfederali.

Lo stesso Ministro provvede, altresì, (cfr., art. 78, comma 5, D.Lgs., n. 276/2003), a definire un apposito modu-lario per la certificazione del contratto o del programma negoziale, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali preva-lenti sulla qualificazione del rapporto di lavoro autonomo o subordinato, in relazione alle diverse tipologie di lavoro.

IV.9.C. I principi dell'iter procedurale. Occorre sottolineare alcuni principi che, secondo il Legislatoredelegato, debbono essere presi in considerazione:

● l'inizio del procedimento (par di capire, anche quando non è rivolto direttamente alla stessa ma all’Ente bi-

laterale, o all’Università) va comunicato alla sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro che hail compito di notificare l’istanza a tutte le autorità pubbliche nei confronti delle quali l’atto certificativo èdestinato a produrre effetti. Queste ultime possono presentare osservazioni alle commissioni di certifica-zioni. Così come è scritta, la disposizione si presta a qualche osservazione e chiarimento. È indubbio chela sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro è stato individuata come il luogo dove è possibilerealizzare un raccordo di tutta l’attività certificativa. È indubbio che ciò comporterà la creazione di unanuova struttura di supporto a questa nuova attività, con prevedibili conseguenze sul piano operativo so-prattutto in quegli Uffici del nord con paurose carenze di organico. È indubbio che, con chiarimento am-ministrativo, dovrà essere specificato cosa si intenda per autorità pubbliche nei cui confronti la certifica-zione è destinata a produrre effetti e in che modo le loro osservazioni possono incidere sull’attività certifi-catoria, atteso che si tratta pur sempre di un’attività che riguarda la sfera privata di singoli cittadini i qualiintendono regolare in un certo modo i loro rapporti professionali. A mio avviso e ripeto, fatte salve leeventuali delucidazioni degli organi sopra ordinati, l’invio ad autorità pubbliche per le eventuali osserva-zioni può riguardare, senz’altro, quelle (identificate, a priori dalle stesse parti per la natura della prestazio-ne) sulle quali la qualificazione e la tipologia del rapporto può avere effetti, anche indiretti (si pensi, adesempio, ad un appalto pubblico), mentre non sono da escludere interpelli nei confronti dell’I.N.P.S.,dell'I.N.A.I.L. e dell’Agenzia delle Entrate, per i riflessi sui contributi previdenziali, sui premi assicurativie sulle imposizioni fiscali. La disposizione fissa in trenta giorni il termine massimo per la conclusionedell’iter procedimentale: ciò significa che la risposta degli Enti Pubblici interessati dovrà essere celere e,soprattutto, se non si vorrà svuotare la norma, non dovrà essere di mero adempimento ad un obbligo buro-cratico;

● il procedimento di certificazione si deve concludere entro trenta giorni dal ricevimento dell’istanza. La

previsione di tale termine postula, soprattutto in quelle realtà ove, presumibilmente molti rapporti sarannocertificati, un’attività continua e giornaliera delle commissioni di certificazione. Vale la pena di sottoli-neare come le conseguenze possibili in ordine allo “sforamento” del termine massimo siano diverse daquelle, ad esempio, previste per il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali delsettore privato (sessanta giorni) e pubblico (novanta giorni). Qui, infatti, la mera decorrenza temporale

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

abilita il soggetto ricorrente a proporre ricorso giudiziale e, in ultima analisi, è sempre il magistrato chedecide in ordine a quanto richiesto. Nel caso della certificazione, invece, potrebbe configurarsi una sortadi responsabilità, anche indiretta, in quanto le parti che, volontariamente, si sono rivolte alle commissioniintendono avere riscontri certi al loro operato;

● l'atto di certificazione deve essere motivato e deve contenere il termine e l’autorità cui è possibile ricorre-

re. Il testo non prevede un eventuale organo amministrativo destinatario del ricorso. Ciò significa che lostesso è da intendersi definitivo ed il riferimento all’autorità cui è possibile ricorrere va, a mio avviso, in-teso con la necessità di apporre in calce al provvedimento che è esperibile il ricorso al Tribunale Ammini-strativo Regionale (entro sessanta giorni) o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (entrocentoventi giorni). Ovviamente, potrebbe, altresì, essere specificato che in caso di erronea qualificazionedel rapporto o difformità del programma effettivo di lavoro rispetto a quello certificato, è esperibile ricor-so al Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro;

● l'atto deve contenere un riferimento esplicito agli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali ri-

spetto ai quali le parti hanno richiesto la certificazione.

I contratti di lavoro certificati con la relativa documentazione vanno conservati presso le sedi di certificazione(Enti bilaterali, sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, Università) per i cinque anni successivi alla loroscadenza. È questo un termine da tenere in particolare attenzione sia ai fini di un eventuale “svecchiamento” della docu-mentazione in archivio, che per la circostanza che copia del contratto può essere richiesta sia dai centri per l’impiego(per questioni correlate alla posizione lavorativa del soggetto in cerca di occupazione) che dalle altre autorità pubblichenei confronti delle quali l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti.

Un caso che potrebbe presentarsi è quello della mancata certificazione del contratto: ciò potrebbe configurare,soprattutto se il rapporto ha già avuto inizio, una sorta di “prova” a favore del lavoratore, nel caso in cui lo stesso inten-da ricorrere in giudizio.

Il D.M., 21-07-2004, regolamenta su tale linee guida la procedura di certificazione presso le sedi territorialidell'Ispettorato Nazionale del Lavoro e le Province.

10. L’efficacia giuridica della certificazione.

IV.10.A. L'art. 5, lett. e ), Legge, n. 30/2003, afferma che l’atto di certificazione ha “pienaforza di legge”. Ciò significa che esso dispiega i propri effetti sia nei confronti degli Enti previden-ziali che anche verso i terzi.

Su questa linea, si pone la disposizione contenuta nell'art. 79, comma 1, D.Lgs., n. 276/2003,la quale precisa che la sua efficacia rimane, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza dimerito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili, ad eccezione dei provvedimenti cautelari. Ciò si-gnifica che, fino a quando non risulta emessa una sentenza di merito di condanna, agli Istituti previ-denziali e fiscali può sempre essere opposta la certificazione a suo tempo sottoscritta.

In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all'articolo 409 c.p.c. e all'art 63, comma 1,D.Lgs., 30-03-2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapportodi lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusiva-mente, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento, all'accertamento del presupposto di legittimità e non può es-sere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavo-ro o al committente (cfr., art. 30, comma 1, Legge, n. 183/2010).

Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle relative clausole il giudice non può disco-starsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro di cui al Titolo VIII, D.Lgs.,

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

n. 276/03, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma ne-goziale certificato e la sua successiva attuazione (cfr., art. 30, comma 2, Legge, n. 183/2010).

Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta cau-sa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappre-sentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni dicertificazione di cui al Titolo VIII, D.Lgs., n. 276/03. Nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento aisensi dell'art. 8, Legge, 15-07-1966, n. 604, il giudice tiene egualmente conto di elementi e di parametri fissati dai pre-detti contratti e comunque considera le dimensioni e le condizioni dell'attività esercitata dal datore di lavoro, la situazio-ne del mercato del lavoro locale, l'anzianità e le condizioni del lavoratore, nonché il comportamento delle parti ancheprima del licenziamento (cfr., art. 30, comma 3, Legge, n. 183/2010).

11. I rimedi esperibili nei confronti della certificazione.

IV.11.A. Secondo l'art. 80, D.Lgs., n. 276/2003, le parti od i terzi nelle cui sfera giuridical’atto ha prodotto i suoi effetti, possono proporre avverso l’atto di certificazione al Tribunale, infunzione di giudice del lavoro, competente per territorio secondo i criteri individuati dall'art. 413,commi 2 e 3, c.p.c..

Secondo tale norma procedurale, la competenza per territorio si ricava dal luogo ove è sorto il rapporto o si troval’azienda o una sua dipendenza alla quale risulta addetto il lavoratore o dove prestava la propria opera al momento dellafine del rapporto).

IV.11.B. Le motivazione alla base del ricorso. Le motivazioni alla base del ricorso devono essere ri-conducibili alla erronea qualificazione del contratto o alla difformità tra il programma negoziale certificato e la sua suc-cessiva attuazione (ad esempio, non “contratto a progetto” ma rapporto di lavoro subordinato). L’autorità giudiziaria è,altresì, destinataria di eventuali impugnative dell’atto di certificazione per vizi del consenso (dolo, errore, violenza).

IV.11.C. Gli effetti della sentenza. Il successivo comma si occupa del momento in cui ha effetto la senten-za del giudice in ordine alle difformità riscontrate. Se si tratta di una erronea qualificazione l’accertamento giurisdizio-nale ha efficacia dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale, se, invece, ad essere accertata è la difformitàtra il programma concordato e la sua effettiva realizzazione, la sentenza ha effetto dal momento in cui è iniziata la dif-formità.

IV.11.D. Il comportamento tenuto dalle parti. Il comportamento tenuto dalle parti sia in sede di certifi-cazione che nel tentativo obbligatorio di conciliazione di cui si parlerà tra poco, può essere valutato dal giudice ai finidella liquidazione delle spese alla luce delle previsioni contenute negli art. 92 c.p.c. (condanna alle spese per singoli attie compensazione delle spese) e 96 c.p.c. (responsabilità aggravata).

La norma non è nuova nell’ordinamento lavoristico: basti pensare che essa può trovare applicazione anche relati-vamente ai verbali di mancata conciliazione previsti dall'art. 411 c.p.c. Infatti, il testo modificato, a suo tempo introdottodall’art. 38, comma 4, D.Lgs., n. 80/1998, recita che “delle risultanze del verbale di cui al primo comma il giudice tieneconto in sede di decisione sulle spese del successivo giudizio”.

IV.11.E. Il tentativo obbligatorio di conciliazione. Il ricorso giudiziale contro le certificazioni deve es-sere obbligatoriamente preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c. da espletarsi innanzi allacommissione di certificazione che ha emanato l’atto.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Alla luce di tale disposizione (a meno che la commissione di certificazione non coincida con la commissioneprovinciale di conciliazione per le controversie di lavoro, cosa che, al momento, sembra da escludersi) si evince chenuovi organi collegiali avranno la competenza ad effettuare, presso le sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del La-voro, gli Enti bilaterali e le Università, il tentativo obbligatorio di conciliazione i cui effetti (applicandosi la proceduraprevista dall'art. 410 c.p.c.), in caso di soluzione positiva, sono caratterizzati dalla inoppugnabilità. La competenza didetti organismi sarà, per così dire, esclusiva, essendo limitata all’accertamento dei fatti correlati all’atto di certificazio-ne.

IV.11.F. Il ricorso al T.A.R.. L’ultimo comma della norma in esame si preoccupa del ricorso giurisdiziona-le amministrativo avverso l’atto di certificazione: la competenza è del Tribunale Amministrativo Regionale nella cuigiurisdizione ha sede la commissione che ha certificato il contratto e l’atto può essere impugnato per violazione delleregole procedimentali e per eccesso di potere. La disposizione riguarda tutte te certificazioni, anche quelle rilasciate dal-le commissioni istituite presso gli Enti bilaterali che sono di origine privatistica: in questo caso, l’impugnazione ammi-nistrativa dell’atto si configura come quella di un provvedimento emanato da un “incaricato di pubblico servizio”.

Un problema non secondario si pone nel caso in cui il giudice di merito abbia accertato una errata qualificazionedel contratto. E’ chiaro che ogni situazione va esaminata facendo riferimento al caso concreto, tuttavia, si potrebbe ipo-tizzare anche una qual si voglia responsabilità della commissione di certificazione.

12. L'attività di consulenza e assistenza alle parti.

IV.12.A. L'art. 81, D.Lgs., n. 276/2003, affida alle sedi di certificazione poc'anzi evidenziatele funzioni di consulenza ed assistenza, sia in relazione alla stipula del contratto di lavoro, che delprogramma negoziale che delle modifiche al programma stesso, anche in relazione alla disponibilitàdei diritti ed alla esatta qualificazione del rapporto di lavoro.

Bisogna evidenziare che tale ultimo compito deve essere messo in stretta correlazione con il decreto del Ministrodel Lavoro e delle Politiche Sociali da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs., n. 276/03, nel quale sa-ranno individuate le clausole indisponibili in sede di certificazione, con specifico riferimento ai diritti ed ai trattamentieconomici e normativi (cfr., art. 78, comma 4, D.Lgs., n. 276/2003).

L’attività “consulenziale”, gratuita, a favore di entrambe le parti, se sarà svolta in maniera professionale, potràconfigurarsi come una nuova attività delle strutture periferiche dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, particolarmentestimolante e foriera di sviluppi positivi per l’utenza, anche alla luce dei compiti che dovranno essere delineati nella de-lega prevista dall’art. 8, Legge, n. 30/2003.

Sezione IV

La prova ed il termine nel contratto di lavoro

Gli elementi accidentali del contratto non sono necessari per la sua formazione e validità, mauna volta liberamente apposti dalla volontà dei contraenti, divengono parte integrante del suo conte-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

nuto. Nel contratto di lavoro, mentre la condizione (sospensiva o risolutiva) non assume particolarerilievo, una trattazione specifica impongono le clausole del termine e del patto di prova.

13. Il patto di prova.

IV.13.A. Tale patto (cfr., art. 2096 c.c.) designa la clausola apposta al contratto di lavoro, concui le parti subordinano l’assunzione definitiva all’esito positivo di un periodo di prova.

La sua funzione è quella di verificare, nel reciproco interesse, l’utilità della prosecuzione dellavoro (c.d. prova bilaterale), ed in particolare, per il datore verificare la capacità professionale dellavoratore e la sua complessiva personalità in relazione alle mansioni affidate ed al contesto azien-dale; per il lavoratore, invece, il periodo di prova consente di valutare la sua convenienza all’occu-pazione del posto di lavoro. Ciò comporta che le parti sono rispettivamente tenute (ex art. 2096 c.c.)a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova, escludendosi per tale viaogni rifiuto pregiudiziale.

In ordine alla forma, il patto di prova deve risultare da atto scritto, sottoscritto anche dal lavo-ratore, con indicazione della durata.

È opinione tradizionale e consolidata che la forma scritta sia richiesta ad substantiam, attesala sua funzione garantista, con la conseguenza che, se essa manca, l’assunzione si ritiene definitiva(cfr., Cass., 26-05-1995, n. 5811).

Il periodo di prova ha una durata massima non prorogabile, di regola stabilita nei contratticollettivi, normalmente in misura non superiore ai sei mesi.

La Cass., 24-10-1996, n. 9304, ha precisato che dal computo dei giorni di prova vanno escluse le ferie eventual-mente godute dal prestatore di lavoro.

Durante tale periodo il datore può, in ogni momento, recedere dal contratto senza obbligo dipreavviso (art. 2096 c.c.), salvo che non sia stabilita una durata minima del periodo di prova: si trat-ta di una libera ed insindacabile facoltà di recesso, riconosciuta alla discrezionale valutazione deldatore, la quale non richiede nemmeno motivazione (c.d. recesso ad nutum).

L’unico limite a tale facoltà di recesso è costituito dal motivo illecito, e cioè della sussistenza di un motivo noncollegato all'esito dell’esperimento: ad esempio, allorché risulti che nei fatti è mancato l'esperimento o si accerti la sus-sistenza di un motivo discriminatorio (cfr., Cass., 17-05-1998, n. 402).

In ogni caso di recesso, al termine o durante il periodo di prova, spettano al lavoratore il trat-tamento di fine rapporto e le ferie retribuite o la relativa indennità sostitutiva secondo quanto stabi-lito dalla Corte Cost., n. 189/1980, che ha dichiarato la parziale illegittimità degli artt. 2096 e 2109c.c. e dell’art. 10, Legge, n. 604/1966.

Compiuto il periodo di prova, ove nessuna delle due parti receda, il rapporto diventa definiti-vo e, come precisato dall’art. 2096, ultimo comma, c.c. «il servizio prestato si computa nell’anzia-nità del prestatore di lavoro».

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

14. Il contratto di lavoro a tempo determinato.

IV.14.A. Nozione. Negli ultimi anni, il contratto di lavoro a tempo determinato è stato oggettodi svariati interventi legislativi a cominciare dal D.Lgs., 06-09- 2001, n. 368, poi più volte modifi-cato modificato, prima con la Legge, 28-06-2012, n. 92, poi con il D.L., 28-06-2013, n. 76, conver-tito, con modificazione nella Legge, 09-08-2013, n. 99, in seguito dal D.L., 20-03-2014, n. 34, con-vertito, con modificazione nella Legge, 16-05-2014 n. 78. Infine, l'istituto è stato completamente ri-formato dagli artt. da 19 a 29 del D.Lgs. n. 81/2015, i quali sostanzialmente ricalcano la previgen-te disciplinata contenuta nel citato D.Lgs. n. 368/2001.

IV.14.B. L'apposizione del termine e la durata massima del lavoro a tempo determinato.L'art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 dispone che al contratto di lavoro subordinato può essereapposto un termine di durata non superiore a trentasei mesi.

Ai sensi dell'art. 19, comma 2, primo periodo, D.Lgs. n. 81/2015, fatte salve le diverse di-sposizioni dei contratti collettivi e fatta eccezione per le attività stagionali di cui all'art. 21, comma2, D.Lgs. n. 81/2015, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stessodatore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per losvolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di inter-ruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i trentasei mesi.

Inoltre, ai fini del computo di tale periodo si tiene, altresì, conto dei periodi di missione aven-ti ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambitodi somministrazioni di lavoro a tempo determinato. (cfr., art. 19, comma 2, secondo periodo,D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.C. La conseguenza del superamento del limite di durata massima del lavoro a tempodeterminato. L'art. 19, comma 2, terzo periodo, D.Lgs. n. 81/2015) evidenzia che, qualora il li-mite dei trentasei mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di con-tratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

IV.14.D. La facoltà di stipulare un ulteriore contratto di lavoro a tempo determinato dopoaver superato la durata massima. Fermo quanto disposto dall'art. 19, comma 2, terzo periodo,D.Lgs. n. 81/2015, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della duratamassima di dodici mesi, può essere stipulato presso la sede territoriale competente per territoriodell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. (cfr., art. 19, comma 3, primo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

Questo nuovo contratto a tempo determinato si considera a tempo indeterminato dalla datadella stipulazione se non risulta rispettata la procedura prevista, nonché in caso di superamentodella durata stabilita per il medesimo (cfr., art. 19, comma 3, secondo periodo, D.Lgs. n.81/2015)

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

IV.14.E. La forma scritta del contratto a tempo determinato. L'art. 19, comma 5, D.Lgs. n.81/2015 dispone che l'apposizione del termine al contratto a tempo determinato è priva di effettose non risulta, direttamente o indirettamente, da un atto scritto. Una copia del predetto atto scrittodeve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'iniziodella prestazione.

Pertanto, il termine non deve dipendere direttamente da un fatto negoziale espresso, ma puòessere rilevato, anche induttivamente, da clausole contrattuali sottoscritte dalle parti indicanti unadeterminata attività avente durata predeterminata. Di conseguenza, qualora la scrittura risulti man-cante, è ammissibile, in sede di giudizio, la prova testimoniale ex art. 2725 c.c., con le limitazioniindividuate dall’art. 2724, comma 3, c.c., il quale stabilisce che la prova per testimoni è ammessaunicamente nel caso in cui il contraente, senza sua colpa, abbia perduto il documento che gli fornivala prova.

Infine, si evidenzia che l'unica eccezione all'obbligo della forma scritta è prevista per l'apposi-zione del termine ai rapporti di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a dodici giorni.

IV.14.F. L'obbligo d'informazione ai lavoratori a tempo determinato sulla disponibilità diposti di lavoro a tempo indeterminato. A carico del datore di lavoro è posto anche l'obbligod'informare i lavoratori a tempo determinato, nonché le rappresentanze sindacali aziendali o larappresentanza sindacale unitaria, relativamente ai posti vacanti che si rendono disponibilinell’impresa, nel rispetto delle modalità definite dai contratti collettivi (cfr., art. 19, comma 5,D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.G. Il divieto di ricorrere al lavoro a tempo determinato. Ai sensi dell'art. 20, comma1, D.Lgs. n. 81/2015, il rapporto a tempo determinato è vietato nei seguenti casi:

a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali sisia proceduto, entro i sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4e 24, Legge n. 223/1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansionicui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto siaconcluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensidell’art. 8, comma 2, Legge n. 223/1991, ovvero abbia una durata iniziale non superiorea tre mesi;

c) da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in ap-plicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori contenutanel D.Lgs. n. 81/2008.

In caso di violazione di tali divieti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indetermina-to (cfr., art. 20, comma 2, D.Lgs n. 81/2015).

IV.14.H. Le proroghe dei contratti a tempo determinato. Il termine del contratto a tempo de-terminato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale delcontratto sia inferiore a trentasei mesi, e, comunque, per un massimo di cinque volte nell’arco di

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia supe-riore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza dellasesta proroga (cfr., art. 21, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Si evidenzia che la disposizione in questione non prevede, né che i rinnovi, indipendentemen-te dal loro numero, concorrono a determinare il limite dei trentasei mesi, né, tanto meno, che le pro-roghe si devono riferire alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tem-po determinato.

IV.14.I. La durata degli intervalli per i rinnovi. Ai sensi dell'art. 21, comma 2, primo perio-do, D.Lgs. n. 81/2015, in caso di rinnovi, tra la fine di un contratto di lavoro a tempo determinato ela stipulazione di uno nuovo, devono trascorrere:

• 10 giorni se la durata del contratto iniziale è inferiore a 6 mesi;

• 20 giorni se la durata del contratto iniziale è superiore a 6 mesi.

Qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato senza il rispetto dei predetti intervalli,il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato (cfr., art. 21, comma 2, primoperiodo, D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.L. La deroga alla durata degli intervalli per i rinnovi. Le disposizioni relative alla du-rata degli intervalli per i rinnovi del contratto a tempo determinato non trovano applicazione neiconfronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con apposito decreto del Mini-stero del Lavoro, nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi nazionali ed aziendali stipu-lati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.Fino all'adozione di tale decreto continuano a trovare applicazione le disposizioni del D.P.R. 07-10-1963, n. 1525 (cfr., art. 21, comma 2, secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.M. Le imprese start up innovative: esclusione dei limiti per le proroghe ed i rinnovi. Ilimiti previsti per proroghe e rinnovi non si applicano alle imprese start-up innovative di cuiall’art. 25, comma 2, D.L., 18-10-2012, n. 179 (convertito in Legge, 17-12-2012, n. 221), per ilperiodo di quattro anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo previstodal citato art. 25, comma 3, D.L. n. 179/2012 per le società già costituite (cfr., art. 21, comma 3,D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.N. Le conseguenze per la continuazione dei rapporti di lavoro a tempo determinatooltre il termine fissato. Fermi i poc'anzi esaminati limiti di durata massima ex art. 19, D.Lgs. n.81/2015, se il rapporto di lavoro a tempo determinato continua dopo la scadenza del termine ini-zialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavo-ratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto parial 20% fino al decimo giorno successivo e al 40% per ciascun giorno ulteriore (cfr., art. 22, com-ma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Qualora il rapporto di lavoro continui oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di du-rata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si tra-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

sforma in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini (cfr., art. 22, com-ma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.O. Il numero complessivo consentito dei contratti a tempo determinato. Salvo diversadisposizione dei contratti collettivi, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato inmisura superiore al 20% cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1°gennaio dell'anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all'unita' superiore qualoraesso sia eguale o superiore a 0,5 (cfr., art. 23, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Nel caso di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul nume-ro dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell'assunzione.

Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti, è sempre possibile stipulare uncontratto di lavoro a tempo determinato.

Ai sensi dell'art. 23, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015, in caso di violazione del predetto limite percentuale ex art.23, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeter-minato, per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa di importo pari:

• al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del

rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è supe-riore a uno;

• al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata delrapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore auno.

I contratti collettivi definiscono modalità e contenuti delle informazioni da rendere alle rap-presentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria dei lavoratori in meritoall'utilizzo del lavoro a tempo determinato (cfr., art. 23, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.P. L'esenzione dal limite del numero complessivo consentito dei contratti di lavoro atempo determinato. Ai sensi dell'art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, sono esenti dal predetto li-mite di cui all'art. 23, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, nonché da eventuali limitazioni quantitative pre-viste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi:

● nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche inmisura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;

● da imprese start-up innovative di cui all'art. 25, commi 2 e 3, D.L. n. 179/2012, conver-tito dalla Legge n. 221/2012, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della socie-tà, ovvero per il più limitato periodo previsto dal suddetto art. 25, comma 3, D.L. n.179/2012 per le società già costituite;

● per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all'art. 21, comma 2, D.Lgs. n.81/2015;

● per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;

● per sostituzione di lavoratori assenti;

● con lavoratori di età superiore a 50 anni.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Inoltre, l'art. 23, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 dispone che il predetto limite percentuale dicui all'art. 23, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 non si applica ai contratti di lavoro a tempo determi-nato stipulati tra:

• università private, incluse le filiazioni di università straniere;

• istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgereattività di:

◦ insegnamento;

◦ ricerca scientifica o tecnologica;

◦ assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, tra istitutidella cultura di appartenenza statale;

• enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici, vigilatidal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ad esclusione delle fonda-zioni di produzione musicale di cui al D.Lgs., 29-06-1996, n. 367, e lavoratori impiegatiper soddisfare esigenze temporanee legate alla realizzazione di:

◦ mostre;

◦ eventi;

◦ manifestazioni di interesse culturale.

I contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimentodi attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al qualesi riferiscono.

IV.14.Q. I diritti di precedenza. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavorato-re che, nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso lo stesso datore di lavo-ro, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nel-le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal medesimo datore di lavoro entro i successividodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a tempo determi-nato (cfr., art. 24, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Per le lavoratrici, il congedo di maternità di cui al Capo III del D.Lgs. n. 151/2001 usufruitonell'esecuzione di un contratto a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro , concorre adeterminare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza di cui all'art.24, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015. Alle medesime lavoratrici è, altresì, riconosciuto, alle stesse con-dizioni di cui all'art. 24, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, il diritto di precedenza nelle assunzioni atempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimentoalle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine (cfr., art. 24, comma 2,D.Lgs. n. 81/2015).

Il lavoratore assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ha dirittodi precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di la-voro per le medesime attività stagionali (cfr., art. 24, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

Il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nell'atto scritto di cui all'art.19, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015 e può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione delrapporto di lavoro nei casi di cui all'art. 24, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 81/2015 ed entro tre mesi nelcaso di cui all'art. 24, comma 3, D.Lgs n. 81/2015. Il diritto di precedenza si estingue una voltatrascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto (cfr., art. 24, comma 4, D.Lgs. n.81/2015).

IV.14.R. Il principio di non discriminazione. Al lavoratore a tempo determinato spetta iltrattamento economico e normativo in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo in-determinato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei cri-teri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativoprestato, sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo deter-minato (cfr., art. 25, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Nel caso di inosservanza degli obblighi di cui all'art. 27, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, il datore di lavoro è punitocon la sanzione amministrativa da € 25,82 a € 154,94. Se l'inosservanza si riferisce a più di cinque lavoratori, si ap-plica la sanzione amministrativa da € 154,94 a € 1.032,91 (cfr., art. 25, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.S. La formazione. I contratti collettivi possono prevedere modalità e strumenti direttiad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguata,per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale(cfr., art. 26, D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.T. I criteri di computo dei lavoratori a tempo determinato. Ai sensi dell'art. 27, D.Lgs.n. 81/2015, salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell'applicazione di qualsiasi disciplina difonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro,si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti,impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.

IV.14.U. Decadenza e tutele. L'impugnazione del contratto a tempo determinato deve avve-nire, con le modalità previste dall'art. 6, comma 1, Legge, 15-07-1966, n. 604, entro centoventigiorni dalla cessazione del singolo contratto. Nei successivi centottanta giorni, sempre a pena didecadenza, deve essere depositato il ricorso giudiziario. Trova, altresì, applicazione l'art. 6, comma2, Legge n. 604/1966 (cfr., art. 28, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indetermi-nato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore sta-bilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimodi 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rappor-to, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 8, Legge n. 604/1966. La predetta indennità ristora perintero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relati-ve al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinatola ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., art. 28, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

In presenza di contratti collettivi che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato,di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

massimo dell'indennità fissata dall'art. 28, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015 è ridotto alla metà (cfr.,art. 28, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

IV.14.V. Esclusioni e discipline specifiche. Ai sensi dell'art. 29, commi 1 e 2, D.Lgs. n.81/2015, sono esclusi dal campo di applicazione del rapporto di lavoro a tempo determinato, inquanto già disciplinati da specifiche normative:

● i rapporti instaurati ai sensi dell’art. 8, comma 2, Legge n. 223/1991;

● i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determi-nato, così come definiti dall’art. 12, comma 2, D.Lgs., 11-08-1993, n. 375;

● i richiami in servizio del personale volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuo-co;

● i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una du-rata superiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere ai sensi dell’art.2118 c.c. una volta trascorso un triennio;

● i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni , nelsettore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi sti-pulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazio-nale, fermo l’obbligo di comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro entro il gior-no antecedente;

● i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il confe-rimento delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio Sa-nitario Nazionale.

IV.14.Z. I limiti di utilizzo dei lavoratori a tempo determinato nelle Pubbliche Amministra-zioni. Ai sensi dell'art. 29, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015, continua a trovare applicazione quanto di-sposto dall’art. 9, comma 28, D.L., 31-05-2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla Legge,30-07-2010, n. 122, secondo il quale, a decorrere dall’anno 2011, le Amministrazioni dello Stato,anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie Fiscali di cui agli artt. 62, 63 e64, D.Lgs., 30-07-1999, n. 300, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca, le università egli enti pubblici di cui all’art. 70, comma 4, D.Lgs., 30-03-2001, n. 165, fermo quanto previsto da-gli artt. 7, comma 6, e 36, D.Lgs. 30-03-2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo de-terminato, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.

Tali disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanzapubblica ai quali si devono adeguare le Regioni, le Province Autonome, e gli enti del Servizio Sani-tario Nazionale. Per il comparto Scuola e per quello delle Istituzioni di alta formazione e specializ-zazione artistica musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Sezione V

La risoluzione del rapporto di lavoro

15. Le dimissioni.

IV.15.A. Nozione. Le dimissioni costituiscono l'atto unilaterale recettizio con cui il lavorato-re comunica al datore la propria volontà di recedere dal rapporto di lavoro subordinato. La loro effi-cacia è condizionata all'esperimento dell'apposita procedura di convalida, ovvero dell'inerzia dellavoratore protrattasi per oltre sette giorni dopo che questi abbia ricevuto l'invito rivoltogli dall'exdatore di lavoro a convalidarle (cfr., art. 4, comma 17, Legge, 28-06-2012, n. 92).

IV.15.B. Il preavviso. Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato il lavoratore deve rispet-tare il periodo di preavviso, normalmente fissato dal CCNL di riferimento. Durante questo arcotemporale il rapporto continua regolarmente. Di conseguenza. Il lavoratore è obbligato a osservaretutte le regole fissate dal datore di lavoro per lo svolgimento delle attività lavorative. Al contempo,il datore di lavoro deve garantire la sicurezza del lavoro, il pagamento della retribuzione spettanteetc. (cfr., art. 2118 c.c.).

IV.15.C. Il rifiuto del preavviso. Il lavoratore che, senza averne convenuto la dispensa con ildatore di lavoro, si rifiuti di lavorare durante il periodo di preavviso, deve risarcire il datore me-diante la corresponsione di un’indennità equivalente all'importo della retribuzione che gli sarebbespettata per il periodo di preavviso (c.d. mancato preavviso). Tale importo viene trattenuto dal da-tore di lavoro direttamente dalle competenze nette spettanti al lavoratore dimissionario (cfr., art.2118 c.c). Fatta eccezione per la stipulazione di un apposito accordo liberatorio, il datore di lavoroche impedisce al lavoratore di prestare il preavviso lavorato è tenuto a pagare tale indennità (c.d.indennità sostitutiva del preavviso).

IV.15.D. La morte del lavoratore. Pur se il decesso del lavoratore non è strettamente equipa-rabile alle dimissioni, la norma prevede che, in questo caso, il datore di lavoro è obbligato a erogarel’indennità sostitutiva del preavviso (cfr., art. 2118 c.c.).

IV.15.E. La forma delle dimissioni. La normativa vigente non prevede il requisito della for-ma scritta per le dimissioni.

Pertanto, stante l’assenza di regole specifiche sono valide anche le dimissioni presentate informa orale, anche se è meglio formalizzare il tutto mediante una breve lettera.

Tuttavia, il contratto collettivo o quello individuale prevedono obbligatoriamente la formascritta, le dimissioni non possono essere considerate valide per difetto della forma richiesta ad sub-stantiam.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

IV.15.F. L’efficacia e la procedura di convalida. Trattandosi di atto unilaterale recettizio, os-sia efficace nel momento in cui giunge a conoscenza della controparte, salvo quanto previsto in ma-teria di convalida da parte della Legge, 28-06-2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero), non occorre ilconsenso o l'accettazione da parte del datore di lavoro, il quale non potrà quindi trattenere il lavora-tore contro la sua volontà.

Salvo quanto espressamente previsto, a maggior tutela, nei casi di maternità e paternità, l'effi-cacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore è sospensivamente condizionata alla conva-lida effettuata in via alternativa con le seguenti modalità:

● presso la sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro od il Centro per l’Impie-go territorialmente competenti (cfr., art. 4, comma 17, Legge, n. 92/2012);

● presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazionisindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (cfr., art. 4, co. 17,Legge, n. 92/2012). A tale proposito si segnala che i principali Accordi Interconfederalihanno stabilito che:

• la convalida delle dimissioni può essere validamente effettuata in sede sindacale,ai sensi delle disposizioni dei codice di procedura civile;

• è fatta salva la possibilità dei contratti nazionali di individuare sedi ulteriori ri-spetto a quelle indicate appena sopra;

● tramite la sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore appo-sta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapportodi lavoro (cfr., art. 4, comma 18, Legge, n. 92/2012);

● ulteriori modalità semplificate per accertare la veridicità della data e la autenticità dellamanifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore individuate con apposito De-creto del Ministro del Lavoro (cfr., art. 4, comma 18, Legge, n. 92/2012).

Il datore di lavoro deve invitare la lavoratrice o il lavoratore a presentarsi presso la DirezioneTerritoriale del Lavoro od il Centro per l’Impiego territorialmente competenti, ovvero a sottoscrive-re apposita dichiarazione in calce alla comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro al fine diconvalidare le dimissioni. La comunicazione contenente l'invito, cui deve essere allegata copiadella ricevuta di trasmissione della comunicazione obbligatoria cessazione, è validamente effettua-ta quando:

● è recapitata al domicilio della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di la-voro;

● è recapitata ad altro domicilio formalmente comunicato dalla lavoratrice o dal lavora-tore al datore di lavoro;

● è consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.

Qualora, in mancanza della convalida o della sottoscrizione, il datore di lavoro non provvedaa trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l'invito entro il termine di30 giorni dalla data delle dimissioni, le dimissioni stesse si considerano definitivamente prive dieffetto (cfr., art. 4, commi 17-22, Legge, n. 92/2012).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Nel caso in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida presso la DirezioneTerritoriale del Lavoro od il Centro per l’Impiego territorialmente competenti o alla sottoscrizionedella comunicazione obbligatoria, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi dellacondizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore:

● non aderisca, entro 7 giorni dalla ricezione, all'invito a presentarsi presso la Di-rezione Territoriale del Lavoro od il Centro per l’Impiego territorialmente competen-ti;

● non aderisca, entro 7 giorni dalla ricezione, all'invito ad apporre la predetta sot-toscrizione, trasmesso dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta;

● non effettui la revoca delle dimissioni entro 7 giorni (cfr., art. 4, commi 17-22,Legge, n. 92/2012).

IV.15.G. La comunicazione al Centro per l’Impiego. Il Ministero del Lavoro ha precisato chei 5 giorni previsti per la comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro al Centro perl’Impiego, decorrono dal momento in cui il lavoratore intende far decorrere giuridicamente larisoluzione del rapporto. Qualora la comunicazione sia stata fatta in anticipo e in seguito si verifi-chi la revoca delle dimissioni, il datore di lavoro è tenuto a inviarne un’altra di revoca (cfr., Lett.Circ. Min. Lav., 12-10-2012, prot. n. 18273).

IV.15.H. La revoca delle dimissioni. Entro 7 giorni (che possono sovrapporsi con il periododi preavviso) da quello in cui ha ricevuto l'invito a convalidare le proprie dimissioni, il lavoratoreha facoltà di revocare le dimissioni. La revoca può essere comunicata anche in forma scritta.

Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna a avere corso normale dalgiorno successivo alla comunicazione della revoca. Per quanto concerne il periodo intercorso tra ilrecesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta, il lavoratore non maturaalcun diritto retributivo.

Alla revoca del recesso conseguono la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni adesso connesse, nonché l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente perce-pito in forza di esse (cfr., art. 4, commi 17-22, Legge, n. 92/2012).

IV.15.I. Le dimissioni in bianco. Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi del foglio fir-mato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni, è punito con la sanzione ammini-strativa da € 5.000 ad € 30.000. L'accertamento e l'irrogazione della sanzione sono di competenza delle sedi territorialidell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. Pertanto, per quanto compatibili, trovano applicazione le disposizioni contenutenella Legge, 24-11-1981, n. 689 (cfr., art. 4, comma 23, Legge, n. 92/2012).

IV.15.L. L'annullamento delle dimissioni. Anche una volta che le dimissioni siano state regolarmente presentatee conosciute, le parti possono concordarne l'annullamento. In tal caso, il rapporto prosegue normalmente.

Anche se non è obbligatorio, è consigliabile formalizzare tale accordo per iscritto. Infatti, in caso di contestazio -ni, il lavoratore dimissionario avrà l'obbligo di provare l'esistenza di un patto stipulato con il datore per l'annullamentodelle dimissioni.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

IV.15.M. Le dimissioni presentate durante la maternità e la paternità. Le dimissioni volontarie presentate du-rante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento comportano il diritto della lavoratrice alle indennità pre-viste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento (vale a dire all'indennità sostitutiva del preavvi-so). Tale indennità non è dovuta se il datore di lavoro provi che la lavoratrice/lavoratore abbia, senza intervallo di tem-po, iniziato un nuovo lavoro dopo le dimissioni e la medesima/o, a sua volta, non provi che il nuovo lavoro sia menovantaggioso sia sul piano patrimoniale che non patrimoniale. Tale norma vale anche per il lavoratore che ha fruito delcongedo di paternità. La tutela economica si applica anche nel caso di adozione e di affidamento, entro 1 annodall'ingresso del minore nel nucleo familiare. La lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso (cfr., art. 55,commi da 1 a 5, D.Lgs., n. 151/2001).

Deve essere convalidata dalla sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale Lavoro competente la richiesta di dimis-sioni presentata:

• dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza,

• dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino;

• dalla lavoratrice o dal lavoratore nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento,

• dalla lavoratrice o dal lavoratore , in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dal mo-mento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ovvero della comunicazio-ne dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.

Al rilascio di tale convalida, è sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro(cfr., art. 54, comma 4, D.Lgs., n. 151/2001; art. 4, co. 16, Legge, n. 92/2012).

IV.15.N. Il matrimonio. Salvo che la lavoratrice le confermi entro un mese dalla sede territoriale dell'IspettoratoNazionale Lavoro competente, sono nulle le dimissioni presentate nel periodo che va dal giorno della richiesta dellepubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione (cfr., art. 35, comma 4,D.Lgs., n. 198/2006).

Il predetto provvedimento che dichiara la nullità delle dimissioni non regolarizzate dispone la corresponsione, afavore della lavoratrice, della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione in servizio. Tali norme nonsi applicano alle lavoratrici addette ai servizi familiari e domestici.

IV.15.O. La minaccia di licenziamento. Le dimissioni rassegnate sotto minaccia di licenziamento per giustacausa possono essere annullate per violenza morale solo se venga accertata l'inesistenza del diritto del datore di lavorodi procedere al licenziamento per insussistenza dell'inadempimento addebitato al dipendente.

Infatti, in questo caso, con la minaccia del licenziamento, il datore persegue un effetto non raggiungibile con illegittimo esercizio del proprio diritto di recesso.

IV.15.P. La comunicazione. Il datore di lavoro deve comunicare la cessazione del rapporto dilavoro per dimissioni entro 5 giorni per via telematica mediante il modello Unificato Lav al Centroper l'impiego competente (cfr., art. 4- bis , comma 7, D.Lgs., n. 181/2000; D.M. (Min. Lav.) 30-10-2007; Nota Min. Lav., 21-12-2007).

IV.15.Q. Le dimissioni e l’indennità di disoccupazione. Le dimissioni volontarie non dannodiritto all'indennità di disoccupazione (cfr., art. 34, Legge, n. 448/1998), mentre quelle dovute pergiusta causa o forza maggiore consentono l'indennizzabilità dei periodi di disoccupazione.

Anche le dimissioni rese dalla lavoratrice durante il periodo di divieto di licenziamento dannodiritto all'indennità di disoccupazione.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

16. Le dimissioni per giusta causa.

IV.16.A. Nozione. Si ritiene giusta la causa che non consenta la prosecuzione, neppure prov-visoria, del rapporto di lavoro (cfr., art. 2119 c.c.).

La valutazione dell’effettività della gravità dell'inadempimento del datore di lavoro ai suoi ob-blighi contrattuali è rimessa al sindacato del giudice del merito, censurabile in sede di legittimitàsolo per vizi di motivazione.

La comunicazione del recesso per tale motivazione deve essere formulata in maniera chiara eunivoca da parte del lavoratore.

IV.16.B. Il recesso. Il lavoratore, per giusta causa, può recedere dal contratto prima della sca-denza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempoindeterminato.

Se il contratto è a tempo indeterminato, al lavoratore che recede per giusta causa spettal’indennità sostitutiva di preavviso.

Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la li-quidazione coatta amministrativa dell’impresa.

Il lavoratore può recedere per giusta causa in caso di:

• molestie sessuali da parte del datore di lavoro;

• richiesta di comportamenti illeciti da parte del datore di lavoro;

• comportamento ingiurioso da parte del datore di lavoro;

• comportamenti discriminatori dei colleghi avvallati dal datore di lavoro;

• esaurimento delle mansioni;

• ritardo nel pagamento delle retribuzioni.

IV.16.C. La procedura di convalida. L’efficacia delle dimissioni, incluse quelle per giustacausa, è condizionata all'esperimento dell'apposita procedura di convalida ovvero dell'inerzia dellavoratore protrattasi per oltre 7 giorni dopo che questi abbia ricevuto l'invito rivoltogli dall'ex da-tore di lavoro a convalidarle (cfr., art. 4, comma 17, Legge, n. 92/2012). La convalida deve effet-tuata, in via alternativa, con le seguenti modalità:

● presso la sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro o il Centro per l’Impiegoterritorialmente competenti (cfr., art. 4, comma 17, Legge, n. 92/2012);

● presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazionisindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (cfr., art. 4, comma17, Legge, n. 92/2012);

● tramite la sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore appo-sta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapportodi lavoro (cfr., art. 4, comma 18, Legge, n. 92/2012);

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● tramite ulteriori modalità semplificate per accertare la veridicità della data e la autenticitàdella manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore individuate con appositodecreto del Ministro del lavoro (cfr., art. 4, comma 18, Legge, n. 92/2012).

Il datore di lavoro deve invitare la lavoratrice o il lavoratore a presentarsi presso la sede terri-toriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro o il Centro per l’Impiego territorialmente competentiovvero a sottoscrivere apposita dichiarazione in calce alla comunicazione di cessazione del rapportodi lavoro al fine di convalidare le dimissioni. La comunicazione contenente l'invito, cui deve essereallegata copia della ricevuta di trasmissione della comunicazione obbligatoria di cessazione, è vali-damente effettuata quando:

● è recapitata al domicilio della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di lavoro;

● è recapitata ad altro domicilio formalmente comunicato dalla lavoratrice o dal lavoratoreal datore di lavoro;

● è consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.

Qualora, in mancanza della convalida o della sottoscrizione, il datore di lavoro non provvedaa trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l'invito entro il terminedi 30 giorni dalla data delle dimissioni, le dimissioni stesse si considerano definitivamente privedi effetto (cfr., art. 4, commi 17-22, Legge, n. 92/2012).

Nel caso in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida presso la sede territo-riale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro o il Centro per l’Impiego territorialmente competenti oalla sottoscrizione della comunicazione obbligatoria di cessazione, il rapporto di lavoro si intenderisolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore:

● non aderisca, entro 7 giorni dalla ricezione, all'invito a presentarsi presso la sede territo-riale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro o il Centro per l’Impiego territorialmente com-petenti;

● non aderisca, entro 7 giorni dalla ricezione, all'invito ad apporre la predetta sottoscri-zione, trasmesso dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta;

● non effettui la revoca delle dimissioni entro 7 giorni (cfr., art. 4, commi 17-22, Legge,n. 92/2012).

IV.16.D. La revoca delle dimissioni. Entro 7 giorni (che possono sovrapporsi con il periododi preavviso) da quello in cui ha ricevuto l'invito a convalidare le proprie dimissioni, il lavoratoreha facoltà di revocare le dimissioni.

La revoca può essere comunicata anche in forma scritta, pur permanendo la consueta libertànelle forme.

Qualora il contratto di lavoro sia stato interrotto per effetto del recesso, esso torna a avere cor-so normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca.

Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non siastata svolta, il lavoratore non matura alcun diritto retributivo.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

A seguito della revoca del recesso, intervengono la cessazione di ogni effetto delle eventualipattuizioni a esso connesse e l'obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmentepercepito in forza di esse (cfr., art. 4, commi 17-22, Legge, n. 92/2012).

IV.16.F. Le dimissioni in bianco e le relative sanzioni. Fatta salva l’ipotesi in cui la fattispecie costituisca reato,il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimis -sioni, è punito con la sanzione amministrativa da € 5.000 ad € 30.000. L'accertamento e l'irrogazione della sanzionesono di competenza delle sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. Si applicano, in quanto compatibili, ledisposizioni di cui alla Legge, 24-11-1981, n. 689 (cfr., art. 4, comma 23, Legge, n. 92/2012).

IV.16.G. La maternità e la paternità. Devono essere convalidate dal servizio ispettivo dell'Ispettorato Nazionaledel Lavoro competente per territorio le richieste di dimissioni presentate:

• dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza,

• dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino;

• dalla lavoratrice o dal lavoratore nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento,

• dalla lavoratrice o dal lavoratore , in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dal mo-mento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ovvero della comunicazionedell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.

Tale convalida sottopone a condizione sospensiva l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro (cfr., art. 54,comma 4, D.Lgs., n. 151/2001; art. 4, comma 16, Legge, n. 92/2012).

17. Il licenziamento individuale.

IV.17.A. Il Licenziamento individuale in caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato.In presenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il licenziamento del dipendente puòavvenire per:

● giustificato motivo, oggettivo o soggettivo (cfr., art. 1, Legge, 15-07-1966, n. 604);

● giusta causa (cfr., art. 2119 c.c.).

Se il recesso avviene per giustificato motivo, il datore deve dare il preavviso nella misura sta-bilita dal contratto collettivo (o dagli accordi intervenuti tra le parti). In mancanza di preavviso, ildatore deve corrispondere un’indennità equivalente alla retribuzione che sarebbe spettata per il pe-riodo di preavviso (cfr., art. 2118 c.c.).

In caso di giusta causa, il rapporto cessa immediatamente e non sussiste né l’obbligo di ri-spettare il periodo di preavviso, né l’obbligo di pagare la relativa indennità.

Non costituisce giusta causa il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta ammini-strativa dell’impresa (cfr., art. 2119 c.c.).

IV.17.B. L’indennità di disoccupazione. Nel caso in cui il datore di lavoro corrisponda l’indennità di mancatopreavviso, l’indennità di disoccupazione è corrisposta a partire dall’ottavo giorno successivo a quello della scadenza delperiodo corrispondente all’indennità per mancato preavviso.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Invece, qualora l’indennità non sia stata pagata, anche a seguito di rinuncia da parte del lavoratore, il dirittoall’indennità di disoccupazione e a quella di mobilità decorre dalla data di cessazione del rapporto e da quella di presen -tazione della relativa domanda.

IV.17.C. Il Licenziamento individuale in caso di contratto di lavoro a tempo determinato. Inpresenza di un contratto di lavoro a tempo determinato, il datore può recedere prima della sca-denza del termine solo per giusta causa (cfr., art. 2119 c.c.), ma non anche per giustificato mo-tivo.

IV.17.D. La valutazione del giudice. Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tieneconto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sin-dacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e laconsulenza delle commissioni di certificazione (cfr., art. 30, comma 3, Leggee, 04-11-2010, n. 183, c.d. “CollegatoLavoro”).

IV.17.E. La giusta causa. La giusta causa è la motivazione che, per la sua gravità, non con-sente la prosecuzione, neppure in via provvisoria, del rapporto.

La prova ricade sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare l'esistenza di un comporta-mento integrante grave negazione degli elementi essenziali del rapporto e, in particolare, di quellofiduciario, con riferimento agli aspetti concreti della condotta addebitata. L'intensità del vincolo fi-duciario è diversificata in base alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delleparti, all'oggetto delle mansioni e al grado di affidamento che queste richiedono. In linea di princi-pio, il datore di lavoro deve attenersi a quanto previsto dal contratto collettivo. Di conseguenza, se ilcontratto sanziona un determinata condotta con il licenziamento per giustificato motivo soggettivo,il datore non può recedere per giusta causa e il giudice, dal proprio canto, può (ove ritenga comun-que legittimo il recesso) convertirlo da giusta causa a giustificato motivo.

La contestazione disciplinare volta al licenziamento per giusta causa deve essere specifi-ca, ossia deve contenere tutte le indicazioni utili a individuare il fatto nella sua materialità, così daconsentire al lavoratore di difendersi al meglio.

Spetta al giudice di merito la valutazione sulla congruità della sanzione espulsiva non in basea una valutazione astratta del fatto contestato (e provato), ma tenendo conto anche di tutti gli aspetticoncreti della vicenda addebitata al lavoratore, valutando in concreto se la gravità dell'accaduto con-senta o meno la prosecuzione del rapporto di lavoro, comparando la situazione attuale anche alcomportamento tenuto dal datore di lavoro nei confronti di colleghi del lavoratore incorsi in prece-denza nelle medesime violazioni.

Pertanto, in tale ipotesi, il lavoratore può essere licenziato senza concedere il periodo di pre-avviso e senza diritto alla relativa indennità (cfr., art. 2119 c.c.).

Si tiene ad evidenziare che ogni licenziamento per giusta causa è, di per sé, un licenzia-mento disciplinare. Ne consegue che il recesso deve sempre essere assoggettato alle garanzie pro-cedimentali previste dall'art. 7, commi 2 e 3, Legge, n. 300/1970.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

IV.17.F. Il giustificato motivo soggettivo. Il licenziamento per giustificato motivi soggetti-vo (con preavviso) è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali delprestatore di lavoro.

Di conseguenza, esso ha natura squisitamente disciplinare e impone il rispetto di tutte le ga-ranzie procedurali in materia di pubblicità della normativa, contestazione preventiva dell'addebito edifesa del lavoratore.

Il giudizio di proporzionalità della sanzione è rimesso al giudice di merito, il quale deve valu-tare la gravità dell'inadempimento in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso.Ne consegue che l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente inpresenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali.

IV.17.G. Il giustificato motivo oggettivo. Il licenziamento per giustificato motivi oggettivoè determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il suo re-golare funzionamento (cfr., art. 3, Legge, n. 604/1966).

Il datore di lavoro deve dimostrare:

● la sussistenza delle ragioni addotte;

● il nesso di causalità con il recesso;

● l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse con riguardoall'organizzazione aziendale in essere al momento del recesso. In tal caso, il datore dilavoro deve anche fornire la prova di aver offerto al lavoratore un reimpiego, senza ot-tenerne il consenso, in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale.

IV.17.H. L’onere della prova. L’onere della prova della sussistenza della giusta causa o delgiustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro (cfr., art. 5, Legge, n. 604/1966).

Il lavoratore che agisce in giudizio contro il licenziamento illegittimo ha l’onere di provarel'esistenza del medesimo.

Invece, spetta al datore di lavoro l’obbligo di provare la giusta causa o il giustificato motivo.

Infine, la prova del fatto che il licenziamento è stato intimato solamente in forma orale è a ca-rico del lavoratore che chiede l'indennità di mancato preavviso.

IV.17.I. La forma scritta ed i motivi del licenziamento. Il datore di lavoro deve comunicareper iscritto il licenziamento al lavoratore.

Il lavoratore può chiedere, entro 15 giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determi-nato il recesso. In tal caso, il datore di lavoro deve, entro 7 giorni dalla richiesta, comunicarli periscritto. La mancata comunicazione per iscritto del recesso o dei motivi (ove il lavoratore li abbiarichiesti) ne comporta l'inefficacia (cfr., art. 2 Legge, n. 604/1966).

Il licenziamento che non rivesta la forma scritta è inidoneo a risolvere il rapporto di la-voro, che va considerato ancora giuridicamente in atto, con la conseguenza che persiste l'obbligo re-tributivo a carico del datore fino a quando non venga comunicato per iscritto il provvedimento di ri-soluzione del rapporto.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO QUINTO

IL PUBBLICO IMPIEGO

SOMMARIO. 1. La nozione e l’origine storica. - 2. L’evoluzione normativa: dalla Legge Quadro, 29-03-1983n. 93 al D.Lgs., 03-02-1993 n. 29. – 3. Dal D.Lgs. 30-03-2001, n. 165 (c.d. “Testo Unico in materia di Pubblico Impie-go”) al D.Lgs., 27-10-2009, n. 150 (c.d. “Riforma Brunetta”). – 4. La Legge, 07-08-2015, n. 124 (c.d. “Riforma Ma-dia”). - 5. L’accesso agli impieghi pubblici. – 6. La contrattazione collettiva. – 7. Il rapporto di lavoro. – 8. La mobilitàindividuale e collettiva.- 9. La riforma della dirigenza pubblica. – 10. La tutela processuale.

1. La nozione e l’origine storica.

V.1.A. Il rapporto di Pubblico Impiego rientra nel novero dei rapporti di lavoro speciali, trat-tandosi di una razione che intercorre tra lo Stato od un Ente Pubblico non Economico ed un sogget-to privato.

La specialità del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione è datadalla natura pubblica del soggetto che riveste il ruolo di datore di lavoro.

Essa trova la sua origine storica alla fine del diciannovesimo secolo, quando i lavoratori pub-blici erano essenzialmente i funzionari che avevano il compito di manifestare all’esterno le sceltedella Pubblica Amministrazione.

In pratica, nella figura dell’impiegato pubblico era ravvisato un duplice profilo: quello di fun-zionario e quello di lavoratore subordinato. Per il primo profilo, l’impiegato si immedesimava nellaPubblica Amministrazione sì che egli diveniva una parte legittimata ad esprimerne la volontà (c.d.rapporto organico). Per quanto attiene il secondo profilo, sul dipendente pubblico e sull'ammini-strazione gravavano diritti ed obblighi reciproci, non diversi da quelli dell’ordinario rapporto di la-voro subordinato (c.d. rapporto di servizio).

La prevalenza del rapporto organico su quello di servizio determinò però la sistemazionedell’impiego pubblico nell’ambito del diritto amministrativo, facendo sì che il carattere autoritariodel rapporto restasse pressoché invariato fino agli anni ‘60. Solo successivamente si apri una stagio-ne di riavvicinamento col rapporto di lavoro privato, stagione culminata nel D.Lgs., 03-02-1993, n.29, che ha radicalmente trasformato la materia e le cui norme si trovano ora trasposte nel D.Lgs.,30-03-2001, n. 165, che costituisce il Testo Unico delle disposizione sull’impiego alle dipendenzedelle pubbliche Amministrazioni.

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2. L’evoluzione normativa: dalla Legge Quadro, 29-03-1983 n. 93 al D.Lgs.,03-02-1993 n. 29.

V.2.A. Ordinamento originario. Le peculiarità del Pubblico Impiego si rinvengono già nellaCostituzione che dedica numerose norme a tale rapporto, tra cui, in particolare:

● l’art. 54 Cost., che stabilisce il dovere dei cittadini cui sono affidate pubbliche funzionidi adempierle con disciplina e onore;

● l’art. 97 Cost., che fissa la regola dell'accesso agli impieghi pubblici mediante concorsoe sancisce il principio del «buon andamento della pubblica amministrazione». Tale nor-ma, inoltre, stabilisce una riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffi-ci, materia che pertanto avrebbe potuto essere disciplinata esclusivamente da atti di natu-ra legislativa;

● l’art. 98 Cost., il quale sancisce che «i pubblici impiegati sono al servizio della nazio-ne», consacrando in tal modo la funzionalizzazione del rapporto di lavoro del pubblicoimpiegato alle esigenze e alle finalità dell’Amministrazione.

A seguito dell’emanazione del D.P.R., 30-06-1957, n. 3 - Testo Unico degli Impiegati Civilidello Stato - continua a prevalere sul rapporto di servizio il rapporto organico, con la conseguenteattrazione dei pubblico impiego nella sfera pubblicistica e la determinazione di notevoli differenzia-zioni rispetto all'impiego privato, quali:

● l'irrilevanza della fonte contrattuale collettiva nella disciplina del rapporto;

● la costituzione del rapporto con atto unilaterale della P.A. (decreto di nomina) e non sul-la base di un contratto;

● la competenza giurisdizionale del Giudice Amministrativo (T.A.R. e Consiglio di Stato)in luogo del pretore in funzione di Giudice del Lavoro (avente competenza, prima delD.Lgs., n. 51/98, per le controversie relative ai rapporti di lavoro previste).

V.2.B. La Legge Quadro, 29-03-1983, n. 93. Un primo segnale di novità è rappresentato dallaLegge, 29-03-1983, n. 93 (Legge quadro sul Pubblico Impiego), che introdusse alcuni importantiprincipi e finalità, poi, accolti ed implementati dal successivo D.Lgs., n. 29/1993:

● il principio dell’efficienza del settore pubblico;

● il principio della perequazione e della trasparenza del trattamento economico;

● il riassetto dei profili professionali.

Inoltre, la L egge, n. 93/1983 riconobbe il ruolo della contrattazione collettiva nella disciplinae negli aspetti del Pubblico Impiego, non soggetti a riserva di legge od agli atti unilaterali d’orga-nizzazione della Pubblica Amministrazione.

Ma questa fase è ancora caratterizzata dagli atti di supremazia della Pubblica Amministrazione. Infatti, la fontenegoziale, per spiegare i propri effetti, necessita di un apposito atto legislativo di recepimento (un decreto del presidentedella Repubblica) mediante una complessa procedura: in pratica, mentre nel lavoro privato il contratto collettivo stipula-to dalle organizzazioni sindacali costituisce fonte diretta di disciplina del rapporto di lavoro, nel pubblico impiego esso

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

era produttivo di effetti solo nella misura in cui fosse stato recepito da un provvedimento avente natura ed efficacia re-golamentare posto in essere unilateralmente dalla Pubblica Amministrazione.

V.2.C. Il D.Lgs., 03-02-1993, n. 29: la privatizzazione e la contrattualizzazione del lavoroalle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni. Una radicale riforma della materia, nota come laprivatizzazione del Pubblico Impiego, si è realizzata, all’esito di elaborato dibattito dottrinale, conl'emanazione della Legge Delega, 23-10-1992, n. 421 e del D.Lgs., 03-02-1993, n. 29 (attuativodella predetta legge ed, in seguito, ripetutamente integrato e parzialmente modificato). L’essenzadella riforma risiede soprattutto:

● nell’estensione delle norme del diritto privato al rapporto di Pubblico Impiego, spostan-do la relativa disciplina dall’ambito amministrativo a quello privatistico;

● nella diretta applicabilità della disciplina della contrattazione collettiva.

Successivamente l’art. 11, Legge, 15-03-1997, n. 59 (c.d. legge Bassanini) ha conferito al Governo la delega ademanare, entro il 31-12-1998, disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 29/1993: sono stati, pertanto, emanati ilD.Lgs., 04-11-1997, n. 396, in materia di contrattazione collettiva ed il D.Lgs., 31-03-1998, n. 80, in materia di orga-nizzazione, dei rapporti di lavoro e di giurisdizione nelle controversie di lavoro.

Il nuovo assetto normativo nella materia del Pubblico Impiego, a seguito delll'emanazionedelle disposizioni del D.Lgs., n. 29/1993, poi, trasfuse nel D.Lgs. n. 165/2001, si caratterizza per:

● la separazione tra materie riservate alla legge e agli atti unilaterali della Pubblica Am-ministrazione (linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuazione degli uf-fici di maggiore rilevanza e conferimento della titolarità dei medesimi, determinazionedelle dotazioni organiche complessive, procedure concorsuali) e materie assoggettatealla disciplina privatistica (disciplina del rapporto di lavoro: assunzione, svolgimento,potere disciplinare etc.).Tale separazione comporta come conseguenza la possibilità di qualificare, limitatamente a tale ultimoaspetto, la P.A. come datore di lavoro che, similmente a quello privato, ne esercita i relativi poteri gestori.Stabilisce, infatti, l’art. 4, D.Lgs., n. 29/1993 (ora trasfuso nell’art. 5, D.Lgs., n. 165/2001) che «le misureinerenti la gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità ei poteri del privato datore di lavoro»;

● la separazione tra compiti di indirizzo politico-amministrativo (art. 14, D.Lgs., n.29/1993, ora art. 14, D.Lgs., n. 165/2001), propri degli organi di governo, e compiti diorganizzazione gestionale degli uffici e dei rapporti di lavoro (art. 16, D.Lgs., n.29/1993, ora art. 16 D.Lgs., n. 165/2001), che spettano alla dirigenza;

● l'ampliamento della competenza e dei rilievo della contrattazione collettiva e semplifica-zione della relativa procedura, con la previsione di un apposito organo, l’A.R.A.N., de-putato a rappresentare la P.A. in sede negoziale, e la determinazione dei criteri di rappre-sentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva e della fruizione dei diritti pre-visti dal Titolo III dello Statuto dei lavoratori;

● la riforma della disciplina della dirigenza pubblica, con l'istituzione del Ruolo Unico, ar-ticolato in sole due fasce distinte in base alla tipologia delle funzioni svolte, e la previ-sione del principio della temporaneità dell'incarico;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● il riallineamento della disciplina del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti a quellaprivatistica, in particolare sotto il profilo della mobilità individuale e collettiva;

● la devoluzione del contenzioso al Giudice Ordinario (presso il Tribunale in composizio-ne monocratica) e applicazione del tentativo obbligatorio di conciliazione.

3. Dal D.Lgs. 30-03-2001, n. 165 (c.d. “Testo Unico in materia di PubblicoImpiego”) al D.Lgs., 27-10-2009, n. 150 (c.d. “Riforma Brunetta”).

V.3.A. Il D.Lgs., 30-03-2001, n. 165 (c.d. “Testo Unico in materia di Pubblico Impiego”). Lasuccessione di provvedimenti che, con finalità diverse, sono intervenuti sostituendo, integrando odabrogando norme del testo originario del D.Lgs., n. 29/1993, con il D.Lgs., 30-03-2001, n. 165, re-cante «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbli-che» e stata data attuazione alla delega contenuta nella Legge, 24-11-2000, n. 340.

Esso risponde all’esigenza espressa con la legge delega, di coordinare in un testo unico la plu-ralità di provvedimenti legislativi succedutisi nel tempo nella regolamentazione del pubblico impie-go apportando le modifiche normative all'uopo necessarie.

Invero, discostandosi parzialmente dai criteri direttivi contenuti nella legge delega, il Testo Unico realizzato hanatura sostanzialmente compilativa, nulla innovando rispetto al quadro legislativo preesistente costituito dal D.Lgs., n.29/93 e dalle sue successive modifiche. Esso ha, tuttavia, il pregio di offrire un assetto unitario e più chiaro della disci-plina del pubblico impiego presentando, nel suo corpo, norme di coordinamento testuale e sistematico, indicandoespressamente le norme abrogate o non più efficaci, eliminando le incongruenze e le lacune determinate dalla stratifica-zione legislativa.

Che si tratti di un processo riformatore ancora in itinere è dimostrato dall’esigenza di ulteriori modifiche al nuo-vo provvedimento, quali quelle in materia di contrattazione integrativa (art. 47, comma 3, modificato dalla Legge, n.448/01), di formazione del personale e mobilità (artt. 7 bis e 34 bis, introdotti dalla Legge, n. 3/03) e, soprattutto, di di-rigenza la cui disciplina è stata sostanzialmente riformulata dalla Legge, 15-07-2002, n. 145.

Un'altra importante riforma è stata, di recente introdotta dal D.Lgs., 27-10-2009, n. 150 (meglio noto come lac.d. “Riforma Brunetta”), il quale ha modificato sostanzialmente diversi ed importanti aspetti del D.Lgs., 30-03-2001,nr 165.

Esso costituisce oggi il testo normativo di riferimento per la disciplina dei pubblici uffici e deilavoro nelle Pubbliche Amministrazioni ed è, pertanto, utile fornire una sintesi della sua articolazio-ne:

• il Titolo I (artt. 1-9) è dedicato ai principi generali (managerialità, efficienza e produttività dell’ammini-

strazione), ispiratori della riforma e ordinatori delle restanti disposizioni del decreto;

• il Titolo II, in cui sono enunciate regole di trasparenza dell’azione amministrativa (artt. 10-12) ed è con-

tenuta la disciplina dei dirigenti dei quali, atteso il principio di separazione tra indirizzo politico e ammini-strazione concreta, vengono specificate le attribuzioni gestionali unitamente alle relative responsabilità(artt. 12-29). In tale titolo, hanno sede inoltre le norme che disciplinano la mobilità del dipendente pubbli-co, intesa sia come mobilità introaziendale (cioè nell'ambito sempre della P.A.) sia come mobilità colletti-va in caso di esuberi di personale (artt. 30-34), e le procedure concorsuali per l'accesso ai pubblici uffici(artt. 35-39);

• il Titolo III, in materia di contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale (artt. 40 – 50);

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• il Titolo IV, in cui vi sono le nome (artt. 51-57) che, unitamente alle disposizioni del codice civile e delle

leggi speciali, disciplinano il rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti (mansioni, incompatibilità e cu-mulo di impieghi, sanzioni disciplinari) soprattutto in relazione a quei profili che conservano alcuni ele-menti di specialità rispetto alla disciplina privatistica;

• il Titolo V, in materia di controllo e di razionalizzazione della spesa per il personale della Pubblica Am-

ministrazione, che deve essere contenuta (artt. 58-61) entro i vincoli di disponibilità stabiliti con la leggedi bilancio;

• il Titolo VI, che sancisce la definitiva competenza in materia giurisdizionale del Giudice Ordinario e for-

nisce le necessarie norme di raccordo (artt. 63-66) per l’applicazione del rito del lavoro di cui all’art. 410ss. c.p.c. al contenzioso del Pubblico Impiego;

• il Titolo VII (artt. 67-73), con cui termina il provvedimento e che, attraverso una serie di disposizioni

abrogative, provvedere a chiarire il quadro normativo vigente.

Tale disciplina s’applica, così come originariamente previsto dal D.Lgs., n. 29/93, a tutte lePubbliche Amministrazioni ovvero «le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti escuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato adordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi eassociazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commer-cio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici na-zionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionalel’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (A.R.A.N.) e le Agen-zie previste dal D.Lgs., 30-07-1999, n. 300» (art. 1, comma 2, D.Lgs., n. 165/2001, così come mo-dificato dall’art. 1, D.Lgs., n. 145/2002).

Sono esclusi, invece, dalla nuova normativa, continuando il loro rapporto ad essere regolatodalla specifica disciplina previgente (art. 3, D.Lgs., n. 165/2001):

• i magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

• gli avvocati e procuratori dello Stato;

• il personale militare e delle forze di polizia;

• il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia;

• dipendenti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dal D.Lgs.C.P.S., n. 691/47 (dipendenti

della Banca d’Italia), dalla Legge, n. 281/1985 (dipendenti della CONSOB) e dalla Legge, n. 287/90 (di-pendenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato);

• dipendenti dell’I.S.V.A.P. (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private di Interesse Collettivo). A

tali soggetti vanno aggiunti, per espressa previsione normativa, i dipendenti delle Autorità per i Servizi diPubblica Utilità (Legge, n. 481/95) e della Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Legge, n.249/97).

In attesa di una organica riforma, il rapporto di lavoro dei professori universitari e dei ricercatori resta disciplina-to dalle disposizioni vigenti.

V.3.B. Il D.Lgs., 27-10-2009, n. 150 (c.d. “Riforma Brunetta”). La disciplina del pubblicoimpiego è stata nuovamente oggetto di una ulteriore riforma operata in virtù della Legge, 04-03-2009, n. 15, la quale ha delegato il Governo ad emanare un decreto legislativo mirato ad ottimizzare

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

la produttiva del lavoro pubblico ed ad aumentare l'efficienza e la trasparenza delle Pubbliche Am-ministrazioni.

In attuazione alla predetta delega, è stato emanato il D.Lgs., 27-09-2009, n. 150 (c.d. “Rifor-ma Brunetta”), la quale ha riformato organicamente la disciplina del rapporto di lavoro dei dipen-denti delle pubbliche Amministrazione, intervenendo, in particolare sulla contrattazione collettiva ,sulla valutazione delle strutture e del personale, sulla valorizzazione del merito, sulla promozionedelle pari opportunità, sulla dirigenza pubblica e sulla responsabilità disciplinare.

Molte di queste innovazioni sono state apportate novellando il testo del D.Lgs., 30-03-2001,n. 165.

4. La Legge, 07-08-2015, n. 124 (c.d. “Riforma Madia”).

V.4.A. La Legge, 07-08-2015, n. 124 (c.d. “Riforma Madia”). In ultimo, è stata approvata laLegge, 07-08-2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle am-ministrazioni pubbliche” e meglio nota come “Riforma Madia” è una legge delega di riforma del-la Pubblica Amministrazione.

Il testo di legge in esame contiene prevalentemente deleghe legislative da esercitare in granparte nei dodici mesi successivi alla sua approvazione, volte a:

• riorganizzare l'Amministrazione Statale e la dirigenza pubblica;

• proseguire e migliorare l'opera di digitalizzazione della P.A.;

• riordinare gli strumenti di semplificazione dei procedimenti amministrativi;

• elaborare testi unici delle disposizioni in materie oggetto di stratificazioni normative.

In particolare, le deleghe legislative investono i seguenti ambiti:

• codice dell'amministrazione digitale;

• conferenza di servizi;

• segnalazione certificata di inizio attività;

• trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni;

• freedom of information act;

• diritto di accesso dei parlamentari ai dati delle P.A.;

• piani e responsabili anticorruzione;

• white list antimafia;

• intercettazioni;

• ruolo e funzioni della Presidenza del Consiglio, organizzazione dei Ministeri, agenziegovernative, enti pubblici non economici, uffici di diretta collaborazione dei Ministri;

• riorganizzazione delle funzioni e del personale delle Forze di Polizia, del Corpo Foresta-le dello Stato, dei Corpi di Polizia Provinciale, dei Vigili del Fuoco, del Corpo delle Ca-pitanerie di Porto e della Marina Militare;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• numero unico europeo 112;

• Pubblico registro automobilistico;

• Prefetture- UTG;

• ordinamento sportivo;

• autorità portuali;

• Camere di Commercio;

• dirigenza pubblica;

• segretari comunali e provinciali;

• dirigenti sanitari;

• enti pubblici di ricerca;

• lavoro pubblico;

• società partecipate da pubbliche amministrazioni;

• servizi pubblici locali.

Per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi attinenti alle attivitàproduttive è prevista, in luogo della delega, la delegificazione delle disposizioni di legge vigenti.

Invece, la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle Pubbliche Ammi-nistrazioni è affidata a misure organizzative da attuare da parte delle singole Amministrazioni sullabase di indirizzi indicati dal Presidente del Consiglio con propria direttiva.

La Legge n. 124/2015 reca, altresì, una delega per il riordino e la ridefinizione della discipli-na processuale delle diverse tipologie di contenzioso davanti alla Corte dei Conti.

Fatta questa premessa di carattere generale, passiamo all'esame degli articoli della Legge n.124/2015 che interessano direttamente il Pubblico Impiego.

V.4.B. L'art. 11, Legge, 07-08-2015, n. 124. La dirigenza pubblica. L'art. 11, Legge, n.124/2015 delinea una profonda riforma della dirigenza pubblica. L'obiettivo principale consistenell'intento di creare un nuovo mercato del lavoro della dirigenza di ruolo valorizzando:

• il sistema di valutazione;

• l'assegnazione degli incarichi sulla base di interpelli che tengano conto delle valutazio-ni ottenute dai dirigenti negli incarichi precedenti.

Tale obiettivo verrà realizzato attraverso:

• l'istituzione di ruoli unici per i dirigenti dello Stato, delle Regioni e degli enti locali;

• l'abolizione della figura (e non della funzione) dei segretari comunali che diventano di-rigenti degli enti locali;

• la facoltà per i comuni sopra i 100mila abitanti di nominare, in alternativa al dirigenteapicale, un direttore generale e affidamento, in tale ipotesi, delle funzioni di controllodella legalità dell’azione amministrativa a un dirigente di ruolo;

• la periodicità del concorso e del corso-concorso per il reclutamento dei dirigenti;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• la ridefinizione del ruolo della Scuola Nazionale dell’Amministrazione;

• la durata limitata degli incarichi: quattro anni, rinnovabili senza procedura selettivaper una sola volta, per due anni purché il dirigente abbia ottenuto una valutazione positi-va;

• la decadenza dal ruolo unico del dirigente che ha ottenuto una valutazione negativa epossibilità di collocazione in qualità di funzionario;

• la valorizzazione dei risultati della valutazione ai fini della carriera;

• la nuova disciplina per il conferimento degli incarichi della dirigenza sanitaria fondatasu trasparenza delle procedure e valutazione dei profili.

V.4.C. L'art. 14, Legge, 07-08-2015, n. 124. Conciliazione vita-lavoro. L'art. 11, Legge, n.124/2015 rafforza i meccanismi di flessibilità organizzativa per consentire una conciliazione tra vitae lavoro, non penalizzante sui percorsi di carriera.

In particolare, le Amministrazioni Pubbliche:

● adottano misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l'attuazione del tele-lavoro e per la sperimentazione di nuove modalità spazio‐temporali di svolgimentodella prestazione lavorativa, che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10% dei dipen-denti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità;

● procedono, al fine di conciliare i tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, a stipulareconvenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia ed a organizzare, anche attraverso ac-cordi con altre Amministrazioni Pubbliche, servizi di supporto alla genitorialità, apertidurante i periodi di chiusura scolastica;

● avviano percorsi di protezione e tutela delle dipendenti pubbliche vittime di violenza digenere.

V.4.D. L'art. 16, Legge, 07-08-2015, n. 124. I Testi Unici. Al fine di migliorare e semplificarela qualità della legislazione., l'art. 16, Legge n. 124/2015 prevede che, attraverso l'approvazione ap-positi decerti legislativi, vengano introdotti nel nostro ordinamento tre Testi Unici organici e di faci-le applicazione: lavoro pubblico; società partecipate dalle P.A. e servizi pubblici locali.

V.4.E. L'art. 17, Legge, 07-08-2015, n. 124. Il riordino della disciplina del lavoro pubblico.L'art. 17, Legge n. 124/2015 dispone l'approvazione di più decreti legislativi (in aggiunta a quelliprevisti dall'art. 16 Legge n. 124/2015) finalizzati al riordino della disciplina in materia di lavoroalle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrati-va.

Tali decreti legislativi dovranno rispettare i seguenti principi e criteri direttivi:

• il riconoscimento di punteggi ai concorsi per chi è stato precario nelle Pubblica Amini-strazione;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• l'accentramento dei concorsi e la riforma delle modalità di selezione;

• la soppressione del voto minimo di laurea per l’accesso ai concorsi della Pubblica Am-ministrazione;

• la necessità di conoscere la lingua inglese per poter accedere alla Pubblica Amministra-zione;

• la valorizzazione del titolo di dottorato di ricerca;

• il superamento del concetto di pianta organica e la programmazione delle assunzionisulla base dei reali fabbisogni professionali rilevati;

• l'attribuzione all’ARAN di maggiori compiti di supporto tecnico alle AmministrazioniPubbliche nell'ambito della contrattazione integrativa;

• la semplificazione delle procedure disciplinari con conseguente riduzione dei tempi;

• l'attribuzione all’INPS delle competenze di accertamento medico-legale sulle assenzeper malattia dei dipendenti;

• l'elaborazione di piani per favorire l’assunzione e l’integrazione delle persone con disa-bilità nelle Pubbliche Amministrazioni e l'istituzione di una consulta nazionale per favo-rirne l’inserimento nei luoghi di lavoro;

• la possibilità per le Amministrazioni Pubbliche di promuovere il ricambio generazionalemediante riduzione su base volontaria dell’orario di lavoro e della retribuzione del per-sonale ai fini dell’assunzione di nuove risorse;

• il riordino del sistema di valutazione;

• il rafforzamento del principio di separazione tra amministrazione e indirizzo politico eautonomia dei dirigenti nell’attività gestionale.

5. L’accesso agli impieghi pubblici.

V.5.A. L’assunzione. In conformità al dettato dell’art. 97 Cost., il D.Lgs. 165/2001, stabilisceche l’assunzione nelle Pubbliche Amministrazioni avviene:

● mediante procedure selettive, volte all’accertamento della professionalità richiesta e chegarantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno e si uniformino ad alcuni principi(pubblicità, imparzialità, economicità e celerità di espletamento, trasparenza, oggettività,pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori, decentramento delle procedure di recluta-mento, composizione trasparente e professionale delle commissioni esaminatrici);

● mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, per le qualifiche ed i pro-fili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo;

● mediante assunzione obbligatoria dei soggetti appartenenti a categorie protette, ai sen-si della legge sul diritto al lavoro dei disabili (Legge, n. 68/1999). Le Pubbliche Ammi-nistrazioni procedono all’assunzione delle quote d’obbligo con richiesta numerica inol-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

trata ai competenti centri per l'impiego, previa verifica della compatibilità con le mansio-ni da svolgere.

Allo scopo di conformare l’assunzione di personale alle effettive esigenze delle amministrazioni ed introdurre unfattore di contenimento del costo del lavoro, è previsto che in ciascuna amministrazione l’avvio delle procedure concor-suali sia subordinato alla programmazione triennale del fabbisogno di personale e, limitatamente alle amministrazionistatali, ad una preventiva deliberazione di autorizzazione del Consiglio dei Ministri.

Ulteriore novità in materia è la previsione che i concorsi per le assunzioni nelle amministrazioni statali e nelleaziende autonome debbano svolgersi di regola a livello regionale, e che a decorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi di con-corso debbano prevedere l’accertamento della conoscenza dei principali strumenti informatici e di almeno una linguastraniera. Inoltre, la Legge, n. 127/1997, ha soppresso, salvo particolari deroghe, il limite di età per la partecipazione aiconcorsi pubblici.

V.5.B. Le tipologie contrattuali. La riforma provvede a chiarire le dispute sorte in precedenzain merito alla possibilità di inquadrare il personale con tipologie contrattuali differenti dal rapportodi lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, modalità che appariva la più adatta al partico-lare status dell'impiegato pubblico, preposto alla cura degli interessi dello Stato.

Attualmente, il D.Lgs., n. 165/2001 riconosce alle pubbliche amministrazioni, la facoltà di av-valersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dalcodice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa (art. 36, D.Lgs., n.165/2001).

L’art. 36, D.Lgs. 165/2001, facente riferimento alle «forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego deipersonale», ha valore di norma aperta, contenente un rinvio generale alle tipologie contrattuali diverse dal lavoro atempo indeterminato già esistenti nell'ordinamento e a quelle che in futuro saranno introdotte dal legislatore, la cui ap-plicabilità al pubblico impiego sarà quindi diretta e immediata, salvo espresse deroghe.

A titolo esemplificativo, il D.Lgs., n. 165/2001 fa riferimento, demandando alla contrattazionecollettiva il compito di integrarne la disciplina adattandola alle specificità del lavoro pubblico, con-tratto a tempo determinato, al contratto di formazione e lavoro, all’apprendistato ed al lavoro tem-poraneo, cui vanno aggiunti il telelavoro ed il lavoro a tempo parziale.

Proprio quest’ultima tipologia contrattuale, introdotta nell'ambito del pubblico impiego sin dal 1988, aveva de-terminato notevoli difficoltà applicative, in specie per la definizione dei profili professionali cui potesse essere praticatoil part-time e delle attività che i dipendenti pubblici in regime di tempo parziale avrebbero potuto svolgere, stante la di-sciplina delle incompatibilità e del cumulo di impieghi. Attualmente, invece, allo svolgimento del rapporto di lavoro inregime di part-time nelle P.A. si applica, per espressa previsione del D.Lgs. 61/2000 che ha riformato la materia, la me-desima disciplina vigente per il lavoro privato, salvo determinate eccezioni. S’evidenzia che la disciplina del lavoro atempo determinato nel settore privato - che inizialmente era contenuta nel D.Lgs., n. 61/2000 - è stato pesantemente ri-formato ad opera, prima del D.Lgs., n. 276/2003 e, poi, dal D.Lgs. n. 81/2015. Tale nuovo testo emendato s’applica sol-tanto ai lavoratori privati, mentre il previgente testo del D.Lgs., n. 61/2000 rimane in vigore in capo ai pubblici dipen-denti, in quanto sia il D.Lgs., n. 276/2003, che il D.Lgs. n. 81/2015 hanno escluso, in capo alla P.A., l’applicabilità ditutta la rinnovata normativa.

I rapporti flessibili instaurati con la P.A. non possono essere mai convertiti automaticamentein rapporti a tempo indeterminato, neanche in caso di violazione di disposizioni imperative riguar-danti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle Pubbliche Amministrazioni. In tale ipote-si, tuttavia, il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazionedi lavoro in violazione di disposizioni imperative e le amministrazioni hanno l’obbligo di rivalsanei confronti dei dirigenti eventualmente responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o col-pa grave di questi.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

V.5.C. Il nuovo ordinamento professionale. I contratti collettivi di comparto hanno segnato l'introdu-zione di un nuovo inquadramento professionale del personale, improntato a criteri di flessibilità correlati alle esigenzeconnesse ai nuovi modelli organizzativi. Il nuovo modello si basa sostanzialmente sul superamento dell'ormai ineffica-ce sistema delle qualifiche funzionali, che sono ora raggruppate in un numero ristretto di macro-categorie o aree, con-traddistinte da una lettera dell'alfabeto e ordinate in senso crescente dal basso. All'interno delle aree sono previsti diver-si profili professionali, che vanno considerati come percorsi di progressione retributiva; all’interno di una categorial’unico tratto distintivo è costituito dal trattamento economico. L’aspetto più innovativo del nuovo impianto classifica-torio va infatti individuato nella previsione di un meccanismo di progressione in carriera, capace di incentivare, se ade-guatamente sfruttato, la produttività, attraverso la selezione e la gratificazione delle professionalità presenti all’internodell’Amministrazione.

V.5.D. Incompatibilità e cumulo d’impieghi. Il regime dell’incompatibilità delle attività, ul-teriori al rapporto in atto con la Pubblica Amministrazione, che i pubblici dipendenti possono svol-gere ha la sua ratio nell'originaria concezione dei pubblici dipendenti che l’art. 98 Cost. sancisce es-sere «al servizio esclusivo della nazione».

Questo principio di esclusività ha dato luogo ad un’ampia normativa, ancora vigente e richia-mata dall’art. 53, D.Lgs., n. 165/2001, in materia di incompatibilità e cumulo di impieghi.

Tuttavia, da una interpretazione rigida del canone di esclusività, cioè di inconciliabilità del la-voro pubblico con una qualsiasi altra attività prestata al di fuori dell'Amministrazione (D.P.R., n.3/1957 - Testo Unico degli Impiegati Civili dello Stato), si è passati ad un approccio più permissivo.

Infatti, le disposizioni in materia di incompatibilità non si applicano ai dipendenti pubblici in regime di tempoparziale che non sia superiore del 50% di quello a tempo pieno (Legge, n. 662/1996) ed è stata abrogato, limitatamenteai dipendenti in part-time, il divieto di iscrizione in albi e di svolgimento di attività libero professionali.

In materia di cumulo degli incarichi, attualmente il D.Lgs., n. 165/2001, riconosce, seppurcon notevoli vincoli operativi, la possibilità che al dipendente pubblico siano attributi incarichi re-tribuiti ulteriori rispetto a quelli rientranti nei relativi compiti e doveri di ufficio. In particolare, puraffermando in via generale il divieto in questione, si stabilisce:

• le Amministrazioni di appartenenza possono conferire incarichi aggiuntivi in presenza di una apposita

previsione legislativa o con espressa autorizzazione che tenga conto delle specifiche competenze e profes-sionalità del dipendente incaricato;

• le Pubbliche Amministrazioni possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni

solo con la preventiva autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza;

• i soggetti pubblici o privati che intendono conferire un incarico a un dipendente pubblico devono preventi-

vamente richiedere, anche per mezzo del dipendente interessato, l’autorizzazione all’amministrazione diappartenenza.

A presidio di tale disciplina vige un sistema sanzionatorio che comporta in ogni caso l'acqui-sizione da parte dell'amministrazione di appartenenza del compenso conferito al dipendente pubbli-co per incarichi illegittimamente svolti, ferma restando una eventuale responsabilità disciplinare deidipendente stesso. È, inoltre, prevista l’istituzione di una vera e propria anagrafe degli incarichi,mediante l’inoltro da parte di tutte le amministrazioni di comunicazioni sistematiche relative alleautorizzazioni e ai compensi concessi.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

6. La contrattazione collettiva.

V.6.A. Ruolo, struttura e oggetto della contrattazione collettiva. Il processo di ravvicinamen-to del pubblico impiego al rapporto di lavoro privato ha trovato la sua massima espressione e realiz-zazione nell'introduzione della disciplina della contrattazione collettiva nel Pubblico Impiego.

L’art. 40, comma 1, D.Lgs., n. 165/2001 (così come novellato dall'art. 54, D.Lgs., n.150/2009) stabilisce che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamentepertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali. Sono, in parti-colare, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici,quelle oggetto di partecipazione sindacale, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali, la materiadel conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all'art. 2, comma1, lett. c), Legge, 23-10-1992, n. 421. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazio-ne delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delleprogressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dallenorme di legge.

Ai sensi dell’art. 40, comma 2, D.Lgs., n. 165/2001, tramite appositi accordi tra l'A.R.A.N. ele Confederazioni rappresentative sono definiti fino a un massimo di quattro comparti di contrat-tazione collettiva nazionale, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza.Una apposita sezione contrattuale di un'area dirigenziale riguarda la dirigenza del ruolo sanitario delServizio sanitario nazionale. Nell'ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituiteapposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità.

L'art. 40, comma 3, D.Lgs., n. 165/2001 dispone che la contrattazione collettiva disciplina,in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la duratadei contratti collettivi nazionali e integrativi. La durata viene stabilita in modo che vi sia coinciden-za fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica.

L’art. 45, D.Lgs., n. 165/2001 stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni stipulano contratti collettivi integra-tivi nel rispetto delle materie e dei limiti prefissati dai contratti nazionali di comparto, che, quindi, si pongono comefonte normativa di grado superiore. Sicché alla contrattazione in sede nazionale vengono riservate la scelta delle materienegoziabili in sede integrativa, nonché la definizione delle procedure negoziali e dei soggetti tra i quali si svolgerà lacontrattazione integrativa, la quale, peraltro, potrà avere ambito territoriale e riguardare anche più amministrazioni. Icontratti integrativi non possono contenere clausole in contrasto con vincoli risultanti dai contratti nazionali. La sanzio-ne per l'eventuale difformità è costituita dalla nullità delle clausole in questione. Una particolare attenzione è stata rivol-ta al rispetto dei limiti delle disponibilità finanziarie (c.d. vincolo di bilancio), come dimostra la previsione di una appo-sita procedura per accertare la compatibilità economico-finanziaria, cui è subordinata la stipula dei contratti collettiviintegrativi (art. 39, comma 3 ter , Legge, n. 449/1997), e il sistema di verifiche sulle implicazioni finanziarie complessi-ve della contrattazione integrativa di comparto (art. 4 bis , D.Lgs., n. 165/2001, introdotto dall’art. 17, Legge, n.448/2001), svolte dai comitati di settore, congiuntamente con il Governo, e dagli organi di controllo interno di ciascunaamministrazione.

In passato la contrattazione collettiva si presentava fortemente strutturata in senso gerarchico: nella legge quadrodel 1983 esistevano tre diversi livelli di contrattazione, quello intercompartimentale, quello di comparto e quello decen-trato, cui corrispondevano altrettanti contratti collettivi, l'accordo quadro, il contratto collettivo nazionale di comparto eil contratto decentrato. Inoltre i comparti venivano stabiliti con apposito decreto del presidente del Consiglio dei Mini-stri.

Infine, va osservato che alla contrattazione collettiva è riservata la competenza esclusiva inmateria di trattamento economico dei pubblici dipendenti (art. 45, D.Lgs., n. 165/2001), alla cui

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

determinazione antecedente concorreva una pluralità di fonti, negoziali e legislative. Similmente aquanto avviene nel settore privato, le pubbliche amministrazioni devono garantire ai propri dipen-denti i minimi tabellari previsti dai contratti collettivi, osservando il principio di parità di trattamen-to.

I trattamenti economici accessori rientrano invece nel potere gestionale dei dirigenti, sempre comunquenell'osservanza di quanto stabilito dai contratti collettivi che devono indicare i criteri oggettivi per l’attribuzione deglistessi, quali la produttività del singolo dipendente, la produttività collettiva o l’effettivo svolgimento di attività disagiateo pericolose.

V.6.B. Gli aspetti negoziali: l’A.R.A.N. ed i sindacati maggiormente rappresentativi.L'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (A.R.A.N.) ha ilcompito di rappresentare le Pubbliche Amministrazioni in tutte le trattative sindacali a livello nazio-nale. Si tratta di un organismo dotato di personalità giuridica nonché di autonomia organizzativa econtabile nei limiti del proprio bilancio (cfr., art. 46, D.Lgs., n. 165/2001).

L’A.R.A.N., inoltre, se richiesta, può assistere le Pubbliche Amministrazioni anche ai fini della contrattazioneintegrativa. Nello svolgimento dei propri compiti l’Agenzia è tenuta aseguire gli indirizzi espressi dalle istanze associa-tive o rappresentative delle Pubbliche Amministrazioni, costituite, a tal fine, in appositi comitati di settore.

Dal lato dei lavoratori negoziano i delegati delle associazioni sindacali dotate di maggiorerappresentatività.

In questo caso però, a differenza che nel settore privato in cui la maggiore rappresentativitàdei sindacati corrisponde ad un attributo delle tre confederazioni C.G.I.L., C.I.S.L. e U.I.L., non sot-toposto a verifica, il legislatore della riforma (D.Lgs., n. 396/1997) ha inteso provvedere ad intro-durre del criteri oggettivi d’accertamento della rappresentatività sindacale, anche con un intentoselettivo della giungla di sigle sindacali esistenti nel settore pubblico, circostanza che in passatoaveva dilazionato e di fatto paralizzato la contrattazione.

Pertanto, ai fini dell'ammissione alle trattative negoziali per la stipulazione e/o il rinnovo deicontratti collettivi, opera il seguente meccanismo selettivo:

• le organizzazioni sindacali devono avere nel comparto considerato una rappresentatività non inferiore al

5%, considerando la media tra il dato associativo e quello elettorale;

• il dato elettorale è calcolato in riferimento ai risultati conseguiti da ciascuna associazione sindacale alle

elezioni per le rappresentanze unitarie del personale (numero di voti ottenuti sul totale dei voti espressialle elezioni);

• il dato associativo è calcolato rilevando il numero di lavoratori iscritti a quella determinata associazione

(deleghe per il pagamento dei contributi sindacali in favore dell'associazione sul totale delle deleghe rila-sciate da tutti i lavoratori del comparto). Tali dati sono rilevati da un apposito comitato paritetico istituitopresso l’A.R.A.N.;

• alla contrattazione collettiva di comparto possono partecipare anche le confederazioni sindacali purché ad

esse risultino affiliate organizzazioni sindacali già ammesse a negoziare in quanto in possesso dei requisitidi rappresentatività suddetti.

È stata risolta positivamente la questione di legittimità costituzionale posta con riguardo all'introduzione dei cri-teri di selezione delle associazioni sindacali ai fini della partecipazione alla contrattazione collettiva, i quali erano ap-parsi potenzialmente lesivi sia della libertà sindacale garantita dall’art. 39 Cost., sia dei principio di eguaglianza formalesancito dall’art. 3 Cost. L’introduzione di criteri oggettivi e accertabili di rappresentatività sindacale ha la sua rationell'esigenza di rendere efficiente il meccanismo di negoziazione. Essi non ledono la liberta sindacale, ma anzi la raffor-zano limitando la discrezionalità della controparte (A.R.A.N.) che, accertato il possesso dei requisiti in questione, deve

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riconoscere il sindacato rappresentativo come proprio interlocutore negoziale, né tanto meno configgono con il princi-pio dell'eguaglianza formale perché non sono attribuiti aprioristicamente a determinate sigle sindacali, ma si pongonocome parametri che possono essere posseduti da qualsivoglia sindacato.

V.6.C. Il procedimento di contrattualizzazione collettiva e l’efficacia del contratto collettivo.Con il D.Lgs., n. 387/1997 ed i successivi D.Lgs., n. 387/1998, e D.Lgs., n. 80/1998, il legislatore èintervenuto sul procedimento di contrattazione collettiva nel settore pubblico con l'intento di sem-plificarlo e renderlo più spedito.

Il procedimento di contrattazione è disciplinato dall’art. 47, D.Lgs., n. 165/2001, che recepi-sce le novità introdotte dai citati decreti legislativi. La procedura si svolge con le seguenti modalità:

● prima di ogni rinnovo contrattuale i comitati di settore deliberano gli indirizzi per l’A.R.A.N. che successi-

vamente dà avvio alle trattative. Se la contrattazione collettiva interessa le amministrazioni dello Stato èprevista una preventiva valutazione del Governo che deve essere resa entro 10 giorni;

● raggiunta l’ipotesi d’accordo, l’A.R.A.N. invia il testo contrattuale al comitato di settore (ovvero al presi-

dente del Consiglio dei Ministri per le amministrazioni statali) per acquisirne il parere che deve esserereso in cinque giorni;

● se il parere è negativo, si riaprono le trattative. Se il parere è favorevole,1’A.R.A.N. trasmette la quantifi-

cazione dei costi contrattuali alla Corte dei Conti al fini della certificazione della compatibilità del contrat-to con i vincoli di bilancio. Inoltre, si deve evidenziare che, ai sensi dell’art. 43 D.Lgs., n. 165/2001,l’A.R.A.N. deve verificare che le associazioni sindacali che hanno sottoscritto l'ipotesi di accordo rappre-sentino nel complesso almeno il 51% come media tra il dato associativo e il dato elettorale del comparto oalmeno il 60% del solo dato elettorale;

● la Corte dei Conti deve deliberare entro quindici giorni la compatibilità dei costi contrattuali;

● in caso di parere positivo, oppure se siano inutilmente trascorsi quindici giorni dalla richiesta di certifica-

zione, l’A.R.A.N. sottoscrive l’accordo. In caso di esito negativo, invece, devono essere assunte le inizia-tive necessarie a riportare gli oneri contrattuali nei vincoli di bilancio o, in caso di impossibilità, riavviatele procedure negoziali.

In merito all’efficacia del contratto collettivo, l’art. 40, comma 4, D.Lgs., n. 165/2001, di-spone che «le Pubbliche Amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivinazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelleforme previste dai rispettivi ordinamenti».

Al riguardo, la sentenza della Corte Costituzionale, 16-10-1997, n. 309, ha precisato (avendo come riferimento ilprevigente D.Lgs. n. 29/1993) che l'efficacia erga omnes del contratto collettivo pubblico risiede in specifiche disposi-zioni del D.Lgs., n. 165/2001, quali:

• l’art. 46, D.Lgs., n. 165/2001 che individua nell’A.R.A.N. il soggetto investito ex lege della rappresentan-

za negoziale delle Pubbliche Amministrazioni;

• l’art. 40, D.Lgs., n. 165/2001 citato che introduce un vincolo di osservanza in capo alle amministrazioni

pubbliche degli obblighi assunti con i contratti collettivi;

• l’art. 45, D.Lgs., n. 165/2001 che obbliga queste ultime a garantire parità di trattamenti contrattuali e co-

munque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.

La Corte Costituzionale non ha evidenziato alcun dubbio di costituzionalità in proposito, dal momento che il si-stema delineato non contrasta con l’art. 39 Cost., in quanto attribuisce ai contratti collettivi una efficacia generalizzatasoltanto in via indiretta, mediante l'intervento di un soggetto pubblico (l’A.R.A.N.) nel sistema delle relazioni sindacali.

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Sul versante dei lavoratori l’efficacia erga omnes dei contratti collettivi viene garantita per il tramite della clau-sola di rinvio necessariamente contenuta nel contratto individuale, sottoscritto al momento della costituzione del rap-porto di lavoro secondo le disposizioni dell'art. 2, comma 2, D.Lgs., n. 165/2001.

7. Il rapporto di lavoro.

V.7.A. Disciplina applicabile. Il rapporto di lavoro è oggi disciplinato dalle disposizioni del-le sezioni II e III, capo I, titolo Il, del libro V del Codice Civile (artt. 2094 – 2129 c.c.) e dalle leggisul rapporto di lavoro subordinato nell'impresa.

La Legge, 20-05-1970, n. 300 (c.d. Statuto dei Lavoratori si applica alle Pubbliche Ammini-strazioni a prescindere numero dei dipendenti (cfr., art. 51, D.Lgs., n. 165/2001).

Le eccezioni più evidenti che si riscontrano rispetto al modello normativo generale dei rap-porto di lavoro subordinato privato, sono relative all’assunzione, al cambiamento di mansioni edalla mobilità.

Il primo aspetto è già stato evidenziato: l’accesso al lavoro presso una P.A. avviene, di regola,a seguito di procedure concorsuali, la cui disciplina è sottratta alla privatizzazione.

Attualmente, dunque, il rapporto di lavoro si costituisce mediante contratto individuale e nonpiù a seguito del decreto di nomina, successivo all'espletamento del concorso.

V.7.B. Ius variandi (potere di variazione delle mansioni). Nel rapporto di lavoro privatol’art. 2103 c.c. fissa due principi fondamentali:

● l’applicazione a mansioni superiori comporta immediatamente il diritto all’erogazionedel trattamento economico proprio delle mansioni superiori e la definitività delle nuovemansioni quando siano trascorsi più di tre mesi dall'inizio dell'applicazione;

● il divieto categorico dell'applicazione a mansioni inferiori.

Tale disciplina civilistica è stata solo parzialmente recepita in materia di pubblico impiego alquale si applicano le disposizioni speciali contenute nell’art. 52, D.Lgs., n. 165/2001.

Secondo quanto dispone l'art. 52, comma 1, D.Lgs., n. 165/2001 (così come modificatodall'art. 62, D.Lgs., n. 150/2009), il prestatore di lavoro può essere adibito normalmente solo allemansioni:

• per le quali è stato assunto;

• ovvero alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento;

• ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente ac-quisito per effetto delle procedure selettive di cui all'art. 35, comma 1, lett. a ), D.Lgs., n.165/01.

L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha ef-fetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione.

L'art. 52, comma 1- bis , D.Lgs., n. 165/2001 (così come introdotto dall'art. 62, D.Lgs., n. 150/2009) dispone chei dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. Le progressioni all'interno della stessa area av-vengono secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell'attività svolta e dei risul-tati conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pub-blico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studiorichiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50% per cento di quelli messi a con-corso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della pro-gressione economica e dell'attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l'accesso all'area superiore.

L'art. 52, comma 1- ter , D.Lgs., n. 165/2001 (così come introdotto dall'art. 62, D.Lgs., n. 150/2009) prevede cheper l'accesso alle posizioni economiche apicali nell'ambito delle aree funzionali è definita una quota di accesso nel limi-te complessivo del 50% da riservare a concorso pubblico sulla base di un corso-concorso bandito dalla Scuola superioredella pubblica amministrazione.

Ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs., n. 165/2001, per obiettive esigenze di servizio, il pre-statore di lavoro può comunque essere adibito temporaneamente a mansioni proprie della qualifi-ca immediatamente superiore:

● nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a do-dici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti;

● nel caso di sostituzione di altro dipendente con diritto alla conservazione del posto dilavoro, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

In questi casi, solo per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamentoprevisto per la qualifica superiore.

Qualora non sussistano i presupposti in esame (ad esempio perché l’adibizione a mansioni su-periori avviene senza vacanza di posto in organico), è nulla tale assegnazione, ma al lavoratore ècorrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.

Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente dei maggior onere conseguente, se ha agitocon dolo o colpa grave.

La disciplina dello svolgimento di mansioni superiori così delineata si applica solo quando l'attribuzione deicompiti propri di dette mansioni sia prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, che devono sussi-stere contemporaneamente. Ciò significa che il lavoratore può legittimamente essere adibito a compiti di mansioni supe-riori che non siano prevalenti sotto nessuno dei tre profili, oppure di uno o di due di essi, senza che ciò comporti il dirit-to a differenze retributive.

V.7.C. Responsabilità disciplinare. Anche la regolamentazione della responsabilità discipli-nare del dipendente pubblico è stata assimilata a quella privatistica.

Dispone, infatti, l’art. 55, D.Lgs., n. 1 65/2001 che, ferma restando la disciplina attualmentevigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai dipendenti delleamministrazioni pubbliche con rapporto di lavoro privatizzato si applicano «l’articolo 2106 del co-dice civile e l’articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della Legge, 20 maggio 1970, n. 300».

Inoltre, con la riforma, la definizione della tipologia delle infrazioni e delle sanzioni discipli-nari è rimessa alla competenza esclusiva della contrattazione collettiva, cui vanno aggiunti i codicidi comportamento delle Pubbliche Amministrazioni.

L’art. 54, D.Lgs., n. 165/2001 stabilisce che il dipartimento della funzione pubblica predispone, sentite le confe-derazioni sindacali rappresentative, un codice di comportamento dei pubblici dipendenti, da pubblicarsi nella GazzettaUfficiale e consegnato a ciascun dipendente all'atto dell'assunzione. Il nuovo Codice Comportamento dei Dipendentidelle Pubbliche Amministrazioni è stato approvato con D.M. Funzione Pubblica del 28-11-2000.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Inoltre, è compito dell’A.R.A.N. fare in modo che i codici siano recepiti nei contratti collettivi e che le relativedisposizioni siano coordinate con quelle in materia di responsabilità disciplinare contenute nei C.C.N.L..

Secondo la prevalente dottrina non si tratta di norme aventi valore giuridico ma soltanto di c.d. norme manifesto,ovvero disposizioni aventi valore di indirizzo e orientamento.

Sotto l’aspetto procedurale, il D.Lgs., n. 165/2001 prevede l’istituzione in ciascuna amministrazione, di un uffi-cio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendentelavora, contesta l’addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quandole sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora può prov-vedere direttamente.

Resta quindi confermata la regola della preventiva contestazione scritta dell’addebito (eccetto che per il rimpro-vero verbale) e del diritto di difesa del dipendente, l’eventuale assistenza di un legale o di un rappresentante sindacale,che deve essere esercitato entro quindici giorni, condizioni già previste dallo Statuto dei lavoratori (Legge, n.300/1970).

Una peculiarità è rappresentata dall’istituto del patteggiamento, con cui si realizza una riduzione della sanzione,a condizione di un espresso consenso e lavoratore; in tal caso tuttavia la sanzione non è più suscettibile di impugnazio-ne.

Per quanto riguarda le procedure di impugnazione della sanzione, il dipendente può agire, entro venti giornidall’applicazione della sanzione, o in sede amministrativa, dinanzi al collegio arbitrale di disciplina dell’amministra-zione in cui lavora, oppure secondo le procedure di conciliazione e di arbitrato previste dai contratti collettivi.

8. La mobilità individuale e collettiva.

V.8.A. Le fattispecie. La mobilità dei pubblici dipendenti è stata riformata solo con i più re-centi provvedimenti del 1998 (D.Lgs., n. 80/98 e D.Lgs., n. 387/98) che hanno introdotto notevoliinnovazioni nel dettato originario del D.Lgs. 29/93. In merito attualmente dispongono gli artt. 30 -34- bis , D.Lgs., n. 165/2001, i quali individuano quattro ipotesi di mobilità:

● passaggio diretto di personale tra Amministrazioni diverse (art. 30, D.Lgs., n. 165/01);

● passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività (art. 31, D.Lgs., n.165/2001);

● scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all’estero (art.32, D.Lgs., n. 165/2001);

● mobilità collettiva per effetto di eccedenze di personale (artt. 33 – 34 bis , D.Lgs., n.165/2001).

V.8.B. Mobilità individuale e trasferimento di attività. Il trasferimento di personale ,attuato alivello individuale può avvenire:

● nell’ambito di un comparto diverso qualora sia necessario ricoprire posti vacanti in orga-nico, con il consenso dei tre soggetti interessati, cioè dell'amministrazione di appartenen-za, dell'amministrazione ricevente e del dipendente (art. 30, D.Lgs., n. 165/2001);

● il trasferimento può essere attivato solo se il dipendente interessato ne abbia fatto richie-sta e sempre che vi sia identità di qualifica tra quella posseduta dal dipendente e quellarelativa al posto vacante;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● con trasferimento del dipendente presso enti internazionali, organismi comunitari o Am-ministrazioni Pubbliche degli Stati membri dell’Unione Europea. Tale trasferimento, chegiuridicamente può configurarsi come distacco o missione o trasferta, si caratterizza perla temporaneità e per il permanere del rapporto di lavoro con la P.A. di appartenenza(art. 32, d.Lgs., n. 165/2001).

Un caso particolare di trasferimento è quello determinato dal rinvio a giudizio in sede penale per reati contro laPubbliche Amministrazioni, quali ad es. corruzione, concussione, peculato (art. 3, Legge, 27-03-2001, n. 97). In taleipotesi il dipendente deve essere trasferito ad altro ufficio, diverso da quello presso cui prestava servizio, senza alcunregresso di mansioni. Se in ragione dell'elevata qualifica non è possibile la mobilità, il dipendente viene posto in aspet-tativa o disponibilità. Se al rinvio a giudizio consegue la condanna (non definitiva), è obbligatoria la sospensione dalservizio; se interviene condanna definitiva ad una pena non inferiore a tre anni di reclusione, ne consegue l’estinzionedel rapporto di lavoro.

A tali ipotesi, va aggiunta quella del passaggio di dipendenti in caso di trasferimento d’attività (art. 31,D.Lgs., n. 165/2001), che si verifica, in particolare, quando, per effetto del processo di privatizzazione, attività e servizipubblici passano ad enti e società private. Al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano «l’art.2112 c.c. e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi da 1 a 4, Legge,29-12-1990, n. 428».

L’espresso riferimento a tali disposizioni conferma l’applicabilità anche al rapporto di impiego pubblico dellatutela dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda, con garanzia della continuità del rapporto con il nuovo datoredi lavoro, della conservazione dei diritti acquisiti, e della solvibilità dei crediti di lavoro cui restano obbligati solidal-mente il datore di lavoro alienante e quello acquirente (art. 2112 c.c.). Inoltre, trovano applicazione le procedure di in-formazione e consultazione sindacale previste dalla Legge, n. 428/1990.

V.8.C. Eccedenze di personale e mobilità collettiva. La mobilità collettiva è una procedurache si attiva nel momento in cui le Pubbliche Amministrazioni rilevino eccedenze di personale etrova applicazione quando l’esubero di personale riguarda almeno dieci dipendenti, numero che siintende raggiunto anche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nell’arco di un anno (artt. 33,34, D.Lgs., n. 165/2001).

Le Pubbliche Amministrazioni sono tenute ad informare preventivamente le rappresentanze unitarie del perso-nale e le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area.

Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, a richiesta delle organizzazioni sindacali si procedeall’esame delle cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utiliz-zazione del personale eccedente, o di una sua parte. L’esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un ac-cordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o nell'ambito della stessa amministrazione, anchemediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre am-ministrazioni comprese nell'ambito della provincia o in quello diverso determinato dai contratti collettivi.

La procedura si conclude, decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione, o conl'accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti.

Conclusa la procedura in esame, l’Amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile im-piegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre ammi-nistrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti,ne avrebbe consentito la ricollocazione.

Il collocamento in disponibilità può essere disposto direttamente, cioè senza attivare la procedura di mobilità col-lettiva, in caso di eccedenze di numero inferiore a 10 unità.

Il personale collocato in disponibilità è iscritto in appositi elenchi tenuti dai Centri perl’Impiego, e anche, limitatamente ai dipendenti delle amministrazioni statali, dal Dipartimento dellafunzione pubblica.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Il collocamento in disponibilità sospende tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro eil lavoratore ha diritto ad una indennità pari all’80% dello stipendio per la durata massima di venti-quattro mesi, al termine dei quali, in assenza di nuova collocazione, il rapporto di lavoro si intendedefinitivamente risolto.

Per agevolarne la ricollocazione, è data facoltà alla contrattazione collettiva di istituire appositi fondi per la ri-qualificazione professionale del personale collocato in disponibilità.

Inoltre, è stabilito che tutte le nuove assunzioni da effettuare, programmate in sede di verifica periodica del fab-bisogno di personale, siano subordinate alla impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto negli elen-chi.

Questa generica disposizione è stata definita sotto il profilo operativo solo con l’art.7, Legge, 16-01-2003, n. 3che ha introdotto l’art. 34 - bis , D.Lgs., n. 165/2001. La nuova norma stabilisce che le Amministrazioni Pubbliche primadi avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare alle competenti strutture regionali e pro-vinciali per l'impiego e al Dipartimento della Funzione Pubblica l’area, il livello e la sede di destinazione per i quali siintende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.

A seguito di detta comunicazione, entro quindici giorni, la Presidenza dei Consiglio dei Ministri - Dipartimentodella Funzione Pubblica, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e le strutture regionali e provincialiper l'impiego, provvedono ad assegnare il personale collocato in disponibilità dalle P.A. in base agli artt. 33 e 34,D.Lgs. n. 165/2001.

Se non risulti personale in mobilità idoneo alle posizioni di lavoro da ricoprire, le strutture regionali e provincialidevono comunicare tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica,le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal ricevimento della predetta comunicazio-ne, il Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad as-segnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale inserito nell’elenco da esso tenuto o collo-cato in disponibilità in forza di specifiche disposizioni normative.

La procedura di mobilità, vincolante stante la sanzione della nullità delle assunzioni effettuate in violazione dellastessa, deve concludersi entro due mesi. Infatti, l’art. 34- bis , D.Lgs., n. 165/2001, dispone che, decorsi due mesi dallacomunicazione relativa ai posti vacanti senza che sia intervenuta l'assegnazione di personale in mobilità, è possibileprocedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni non ricoperte.

9. La riforma della dirigenza pubblica.

V.9.A. Gli aspetti della riforma ex D.Lgs., n. 29/1993 e D.Lgs. n. 165/2001: privatizzazionee riorganizzazione dell'area dirigenziale. La riforma ex D.Lgs., n. 29/1993, ha investito, sebbene in tempi piùlunghi rispetto agli altri rapporti di pubblico impiego, anche l'area della dirigenza pubblica.

La riforma ha agito sull'area dirigenziale sotto due diversi profili: estendendo ad essa le regole della privatizza-zione. L’art. 19, D.Lgs., n. 165/2001 introduce il contratto individuale tra P.A. e dirigente quale fonte di regolamenta-zione del rapporto dirigenziale), e riorganizzando l'organico della dirigenza pubblica secondo nuove qualifiche ed allaluce del principio sancito dal D.Lgs., n. 165/2001, di una netta separazione tra organi di governo ed organi di direzioneburocratico-amministrativa.

Ai primi spettano le funzioni di indirizzo politico - amministrativo e la definizione degli obiettivi e dei program-mi da attuare, nonché la verifica della rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione degli indiriz-zi impartiti.

Ai dirigenti, invece, spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impe-gnano l'amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa mediante autonomipoteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

In particolare, l’art. 23, D.Lgs., n. 165/2001 prevede l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Mini-stri, di un Ruolo Unico dei Dirigenti Statali, articolato in due distinte fasce.

V.9.B. La Legge, n. 145/2002. La disciplina della dirigenza pubblica dettata dal D.Lgs., n. 29/1993 e suc-cessive modificazioni, trasfusa nel D.Lgs., n. 165/2001, è stata modificata in alcuni punti per effetto dell'entrata in vigo-re della Legge, 15-07-2002, n. 145, contenente disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire loscambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato.

Nell’ambito della riforma della dirigenza, si possono individuare due nuclei fondamentali:

• l’introduzione di meccanismi atti ad incentivare la mobilità tra pubblico e privato;

• la previsione di una disciplina innovativa in materia di incarichi dirigenziali.

Nell'attesa della riforma ex Legge, n. 124/2015 che introdurrà il ruolo unico della dirigenza, quest'ultima è arti-colata in fasce dei ruoli istituiti presso le singole amministrazioni rileva esclusivamente ai fini del trattamento economi-co e del tipo di incarichi dirigenziali attribuiti i quali possono essere incarichi apicali o incarichi di uffici dirigenzialigenerali o infine incarichi di uffici dirigenziali (di minor profilo rispetto ai primi due).

Infatti, esistono le seguenti quattro tipologie di incarichi (art. 19, D.Lgs., n. 165/2001):

• incarichi di alta direzione (segretario generale dei Ministeri, direzione di strutture articolate, come ad es.

i dipartimenti, le direzioni generali etc.), che possono essere conferiti solo ai dirigenti della prima fasciadei ruoli. Tali incarichi sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazionedel Consiglio di Ministri, su proposta del Ministro competente;

• incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale generale, che sono attribuiti di regola a dirigenti

della prima ascia dei ruoli, con facoltà di attribuirli, in misura non superiore ad 1/3 anche ai dirigenti di se-conda fascia. Tali incarichi sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Mini-stro competente;

• incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale, che possono essere conferiti sia ai dirigenti di pri-

ma che ai ingenti di seconda fascia. Tali incarichi sono conferiti dal dirigente dell’ufficio di livello dirigen-ziale generale ai dirigenti assegnati al suo ufficio;

• incarichi di funzioni ispettive, di consulenza di studio e ricerca od altri incarichi specifici, che sono

attribuiti ai dirigenti ai quali non venga affidata la titolarità di uffici dirigenziali.

Alla fine del ruolo unico si accompagna l’istituzione di un’area aggiuntiva: la vicedirigenza. In tale area sonoricompresi i dipendenti in possesso del diploma di laurea che, pur non rientrando nei ruoli dirigenziali della PubblicaAmministrazione di appartenenza, abbiano maturato un'anzianità di almeno cinque anni nelle posizioni più elevate degliuffici pubblici; ad essi i dirigenti possono delegare parte delle funzioni di propria competenza.

L'attuale assetto dell'area della dirigenza pubblica si connota per una maggiore flessibilità ed apertura versol’esterno, favorendo la mobilità tra qualsiasi amministrazione pubblica ed anche nei confronti della dirigenza privata e,quindi, la possibilità dell’affidamento di incarichi a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali delle Pubbliche Am-ministrazioni.

Nell’ottica di favorire la mobilità dei pubblici dirigenti e, quindi, in teoria, l’arricchimento della professionalità edelle esperienze dei singoli dirigenti, sono stati introdotti meccanismi innovativi quali il collocamento in aspettativa, lasemplificazione delle procedure di collocamento fuori ruolo, finalizzati all’assunzione d’incarichi, a tempo determinato,presso organismi internazionali o Stati esteri.

Inoltre, è espressamente stabilito (cfr., art. 3, comma 1, lett. a ), D.Lgs., n. 165/2001) che, in tema di conferimen-to e di passaggio di incarichi dirigenziali, non si applica il divieto ex art.. 2103 c.c. che impedirebbe di porre i dirigentidi prima fascia in posizioni di lavoro non corrispondenti alla propria qualifica.

Per quanto concerne modalità d’accesso, il meccanismo del corso-concorso si affianca a quello del concorsoper esami, previsto all’art. 28, D.Lgs., n. 165/2001.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

All’esito della procedura selettiva, il cui superamento costituisce il presupposto per l'acquisto della qualifica diri-genziale, segue il provvedimento di conferimento dell'incarico cui è demandato il compito di definire l’oggettodell’incarico e gli obiettivi da conseguire, nonché la durata dell’incarico da porre in correlazione agli obiettivi prefissati.

Al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un contratto individuale, con cui è definito il tratta-mento economico corrispondente alla specifica qualifica assegnata. Tutti gli incarichi dirigenziali possono essere confe-riti esclusivamente a tempo determinato con durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni, anche secon possibilità di riconferma.

Il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero l'inosservanza delle direttive che siano imputabili al dirigentecomportano, ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare, l’impossibilità del rinnovo dello stesso incarico diri-genziale. Inoltre, in relazione alla gravità dei casi, l’Amministrazione può revocare l’incarico collocando il dirigente adisposizione dei ruoli per il conferimento di diversi incarichi, ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le dispo-sizioni del contratto collettivo. Pertanto, viene, in tal modo, esasperato il c.d. spoils system, in quanto sminuisce il rilie-vo dei risultati della precedente gestione sia ai fini del rinnovo dell'incarico, sia ai fini della responsabilità dei pubblicidirigenti e della conseguente revoca dell'incarico.

Un regime speciale è previsto dall’art. 3, comma 1, lett. i ), Legge, n. 145/2002, per gli incarichi dirigenziali diprima fascia, i quali cessano decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia al Governo. La conseguente necessità di un atto diconferma segna, pertanto, un'inversione di tendenza rispetto alla previgente disciplina, ai sensi della quale gli incarichisi intendevano confermati, salvo eventuale atto di revoca.

10. La tutela processuale.

V.10.A. La riforma del Pubblico Impiego, ha inciso anche sulla tutela processuale: il D.Lgs.,n. 29/1993 (come modificato dal D.Lgs., n. 80/1998 e D.Lgs., n. 387/1998 e, poi, confermato dalD.Lgs. n. 165/2001) ha devoluto, a far data dal 30-06-1998, al Giudice Ordinario, in funzione diGiudice del Lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze della PubblicaAmministrazione.

A seguito, poi, del D.Lgs., n. 51/1998 (introduzione del Giudice Unico), Giudice del Lavoro in primo grado nonè più il Pretore, ma il Tribunale in composizione monocratica.

In secondo grado, si ricorre in Corte d’Appello presso la quale sono state istituite sezioni destinate esclusiva-mente alle controversie in tema di lavoro, di previdenza ed assistenza obbligatoria.

Il passaggio dalla giurisdizione del Giudice Amministrativo (T.A.R.) a quella del Giudice Or-dinario, con conseguente applicazione del rito del lavoro, di cui agli artt. 410 ss. c.p.c., interessatutti i rapporti di lavoro in regime di contrattualizzazione (con esclusione quindi di quelli non priva-tizzati) e tutti gli aspetti del rapporto di lavoro privatizzati.

In particolare, la competenza del Giudice Ordinario include le controversie concernenti l’assunzione al lavoro,eccetto le procedure, concorsuali), il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenzia-le, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano inquestione atti amministrativi presupposti.

Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice deve disapplicarli, se illegittimi.

L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo da parte del dipendente, allo scopo dievitare che esso possa essere nuovamente adottato dalla Pubblica Amministrazione, non è causa di sospensione del pro-cesso.

Sono, inoltre, ampliati i poteri del Giudice Ordinario, che può adottare, nei confronti delle P.A., tutti i provve-dimenti di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. In particolare, le sentenze

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

con le quali si riconosce il diritto all'assunzione o si accerta che l'assunzione è illegittima, hanno anche effetto rispetti-vamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.

Prima del completamento della riforma, il giudice ordinario, cui pure era rimessa la competenza giurisdizionaleper le controversie dei pubblici dipendenti, non poteva però in alcun caso adottare sentenze di annullamento degli attiamministrativi illegittimi o sentenze costitutive di posizioni attive, potere rimesso in via esclusiva al giudice ammini-strativo.

Rientrano, inoltre, nella competenza del Giudice Ordinario anche le controversie relative acomportamenti antisindacali delle Pubbliche Amministrazioni, con applicazione della procedu-ra prevista dall’art. 28, Legge, n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), e quelle in materia di contratta-zione collettiva.

Anche alle controversie relative ai rapporti di lavoro pubblico si applica l’obbligo, del tentativo preventivo diconciliazione, disciplinato dall’art. 410 c.p.c. e dall’art. 65, D.Lgs., n. 165/2001.

Una peculiarità del settore pubblico è rappresentata dalla previsione del ricorso per Cassazione, che può essereproposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO SESTO

L’INTERVENTO PUBBLICO

SUL MERCATO DEL LAVORO.

IL COLLOCAMENTO DELLA MANODOPERA

E LA PROMOZIONE DELL’OCCUPAZIONE

SOMMARIO: 1. L'evoluzione degli interventi. - 2. L’organizzazione del collocamento pubblico e l’attività pri-vata di mediazione (D.Lgs. n. 469/1997). - 3. La procedura per l’assunzione dei lavoratori: dal meccanismo di assunzio-ne diretta (Legge, n. 608/1996) alla semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti amministrativi (D.Lgs., n.297/2002). - 4. Misure per adeguare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. - 5. L'Agenzia Nazionale per le PoliticheAttive del Lavoro (A.N.P.A.L.). 6. Gli interventi per l’occupazione dei lavoratori disabili. - 7. La promozione dell’occu-pazione giovanile: tirocini formativi e di orientamento. - 8. L’apprendistato. Cenni generali. - 9. Segue. La formazionenell’apprendistato. - 10. Segue. L'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione se -condaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato qualificante). - 11. Segue.L'apprendistato professionalizzante. - 12. Segue. L'apprendistato di alta formazione e di ricerca (c.d. apprendistato dialta ricerca). - 13. Segue. Ulteriori disposizioni sull’apprendistato. - 14. I contratti di solidarietà.

1. L'evoluzione degli interventi.

VI.1. L’intervento dello Stato nel mercato del lavoro (postulato, invero, dall’art. 4, comma 1,Cost.), a partire dagli anni Settanta del secolo scorso particolarmente pregnante e significativo, puòessere periodizzato in tre fasi:

● legislazione garantistica-promozionale (fine anni Sessanta - prima metà anni Settantadel secolo scorso). Si tratta di una normativa nata sull'onda dei fatti sociali del 1968. Nelgiudizio della dottrina questa legislazione è ambiziosa e poco attenta alla realtà econo-mica del Paese.Fra le altre si ricordano: la L egge n. 83/1970 sul collocamento dei lavoratori dell'industria e dell'agricoltu-ra; la legge n. 300/ 70 (Statuto dei Lavoratori); la Legge n. 1115/1968, in tema di Cassa Integrazione Gua-dagni;

● diritto dell’emergenza (seconda metà anni Settanta - inizio anni Ottanta del secoloscorso). Si prova ad affrontare le questioni occupazionali più pressanti, specie nel Mez-zogiorno d’Italia, colpito nel 1980 da un devastante sisma.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Tra gli interventi vanno segnalati: la Legge, n. 285/1977 e la Legge, n. 675/1977 e successivi provvedi-menti in materia di incentivi a favore dell’occupazione giovanile e di grandi aziende in crisi; la Legge, n.140/1981, per l’occupazione e la ricostruzione in Campania e Basilicata.

In questa fase comincia a delinearsi il modello della c.d. delegificazione forte: lo Stato rinuncia a regolareper legge tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, demandando alla contrattazione collettiva o alle c.d. com-missioni trilaterali (Stato/Regione/parti sindacali) la possibilità di regolare una cospicua parte del rapportodi lavoro;

● diritto della crisi e della flessibilità (fase, sostanzialmente, in corso). Specie negli ulti-mi anni, sembra si sia imboccata la strada di una riforma a tutto campo in cui, venutomeno il primato della legge, si riconosce una maggiore flessibilità alla disciplina lavori-stica, consentendosi (sebbene in materie ben specifiche) deroghe alla normativa legaleda parte della contrattazione collettiva. Durante questa fase, può riscontrarsi una sorta di«liberalizzazione» del mercato, finalizzata a rilanciare l’economia e sostenere i livellioccupazionali, piuttosto che a salvaguardare la posizione del singolo prestatore.

Tra gli interventi più importanti vanno annoverate: la Legge, 28-02-1987, n. 56, sull’organizzazione del mercatodel lavoro; la Legge, 23-7-1991, n. 223, sulla Cassa Integrazione. L’istituto del collocamento si inserisce nell'ambitodegli interventi programmati dallo Stato a tutela e protezione del lavoratore, in attuazione dei principi guida sanciti dallaCostituzione (artt. 4, comma 1, e 35, comma 1). Con la disciplina dei collocamento lo Stato ha dato vita ad un sistemacomplesso, necessario per effettuare assunzioni in maniera legittima, finalizzato a favorire l'incontro tra la domanda el'offerta di lavoro al fine di proteggere i lavoratori dal rischio della disoccupazione e della violazione, da parte dei dato-ri, della disciplina legislativa e sindacale dei rapporto di lavoro.

Nei fatti, tuttavia, la gestione amministrativa del collocamento si è rivelata altamente burocratica ed inefficiente,divenendo presto obsoleta e anacronistica, dato che la maggior parte dei rapporti di lavori andava instaurandosi al difuori degli uffici di collocamento. Per questo motivo, anche sull'impulso fornito dalle istituzioni comunitarie, la discipli-na del collocamento, risalente alla Legge, 29-04-1949, n. 264, è stata progressivamente interessata da una profonda ri-forma che ha riguardato sia le competenze gestionali, sia i meccanismi di funzionamento dell'istituto e che non può dirsiancora conclusa stante la delega contenuta nell’art. l, Legge, n. 30/2003 relativa alla «revisione della disciplina dei ser-vizi pubblici e privati per l'impiego, nonché in materia di intermediazione e interposizione privata nella somministrazio-ne di lavoro».

Secondo una ricostruzione storica, nel nostro Paese, il collocamento della manodopera, comeunanimemente ha riconosciuto la dottrina, ha costituito, e costituisce, una funzione pubblica, eserci-tata direttamente dallo Stato fino alla data dell’08-01-1998 e dopo tale data, per effetto dei D.Lgs.,n. 469/1997, dalle Regioni.

Data la sua natura di pubblica funzione, il collocamento presenta i seguenti caratteri essen-ziali:

• è gratuito;

• è obbligatorio per effettuare assunzioni in maniera legittima;

• è disciplinato da norme imperative, come tali inderogabili;

• è gestito direttamente anche se non esclusivamente (si pensi, infatti, al lavoro interinalenonché all’attività di mediazione privata tra domanda e offerta di lavoro) dalle Regionie dagli altri enti locali.

Nella Legge, n. 264/1949, conformemente all’art. 2098 c.c., il collocamento si articolava inun regime rigorosamente pubblicistico in cui lo Stato tendeva a svolgere la funzione di controllore ecoordinatore degli interessi contrapposti delle categorie sociali, ponendo altresì obblighi sanzionatipenalmente.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Questo sistema è rimasto sostanzialmente inalterato a tutto il 1970, cioè sino all'introduzione del collocamentospeciale in agricoltura (Legge, 11-05-1970, n. 83) e alla nuova regolamentazione fissata dagli arti. 33 e 34 dello Statutodei lavoratori (Legge, n. 300/1970) in merito alle chiamate numeriche e nominative.

Fino alla Legge, n. 608/1996, la procedura per l'assunzione dei lavoratori era caratterizzata da un complesso diatti di natura privata e amministrativa che coinvolgevano diversi uffici e strutture. Gli uffici pubblici gestivano le listedi collocamento in cui dovevano iscriversi i lavoratori in cerca di occupazione, suddivisi in classi e inseriti, sulla basedella specifica situazione personale (titolo di studio. carichi familiari, anzianità di iscrizione etc.), in graduatorie di av-viamento.

Originariamente le imprese indirizzavano a tali uffici una formale richiesta di manodopera al fine di ottenere ilnulla-osta all’assunzione.

Inizialmente tale richiesta poteva essere esclusivamente numerica (il datore doveva limitarsi ad indicare il nume-ro di lavoratori di cui avesse bisogno per ogni qualifica), mentre successivamente all'entrata in vigore della Legge, n.223/91 si affermò il meccanismo della richiesta nominativa (il datore di lavoro poteva indicare nominativamente il lavo-ratore che intendeva assumere) che costituiva però solo una parziale semplificazione della procedura dato che i datoricontinuavano ad essere vincolati al nulla-osta preventivo degli uffici di collocamento in ordine alla formazione del rap-porto di lavoro.

Va notato che, anche a seguito dell'introduzione dei meccanismo della richiesta nominativa, permane in vigoreed è a tutt’oggi operativo il sistema della richiesta numerica nell’ambito del c.d. collocamento obbligatorio (salvo i casiprevisti dalla Legge, n. 68/99 in cui si applica il meccanismo della richiesta nominativa) e nell’ambito dei pubblico im-piego per l'avviamento numerico a selezione.

2. L’organizzazione del collocamento pubblico e l’attività privata di media-zione (D.Lgs., n. 469/1997).

VI.2. A distanza di quasi cinquant’anni dalla Legge, n. 264/1949, che aveva delineato un mo-dello monopolistico del collocamento pubblico, gestito dallo Stato mediante proprie strutture perife-riche, il vecchio assetto legislativo è stato letteralmente demolito nella prospettiva di un nuovo mo-dello di gestione dei servizi per l’impiego e delle politiche occupazionali.

Con il D.Lgs., 23-12-1997, n. 469, recante «Conferimento alle regioni e agli enti locali difunzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1, Legge, 15-03-1997, n.59», si è infatti provveduto, al decentramento delle funzioni in materia di politica attiva del lavoro edi collocamento, nonché a riconoscere e regolamentare l’operatività di agenzie private di colloca-mento.

In pratica, il D.Lgs., n. 469/1997, ha avuto due importanti effetti: quello di attribuire alle Regioni e agli enti loca-li la gestione diretta del collocamento e quello di dare legittimità alla mediazione privata che in passato era invece asso-lutamente vietata.

Quanto alla prima delle conseguenze anzi dette, va osservato che l’assetto territoriale dei servizi per l’impiegodeve essere oggi inquadrato alla luce della riforma dell’art. 117 Cost. operata con Legge Cost., n. 3/2001: con tale attosi è inteso accentuare il processo di regionalismo in atto nel nostro Paese, riconoscendo alle Regioni ampia autonomiaamministrativa, nonché potestà legislativa in ogni materia che non sia espressamente riservata alla competenza statale.Per la dottrina prevalente, l’endiadi «tutela e sicurezza del lavoro», con cui il legislatore ha apoditticamente individuatole materie rientranti nella competenza legislativa regionale (concorrente), riguarderebbe proprio il mercato del lavoro,cioè le disposizioni rientranti nell'ambito dell'intervento pubblico sul mercato del lavoro, per il funzionamento dei servi-zi all'impiego, per incentivare l’occupazione etc. Siffatte competenze - si fa notare - sono già state oggetto di trasferi-mento con il precedente decentramento amministrativo (nella specie, il D.Lgs., n. 469/1997) e, pertanto, alcun dubbio

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

dovrebbe sollevarsi dato che la recente riforma non potrebbe che accentuare le competenze regionali in materia, affian-cando all'autonomia amministrativa anche quella legislativa, salvo ovviamente i limiti relativi all'unità e alla solidarietànazionale previsti dalla stessa norma costituzionale. Certamente non si placherà il contenzioso tra Stato e Regioni chepotrebbero eccepire un eccesso di invadenza della legislazione statale nel proprio ambito di potestà. In tal senso, ancorprima della Legge Cost., n. 3/2001, non è passato al vaglio della Corte costituzionale lo stesso D.Lgs., n. 469/97, che èstato dichiarato illegittimo limitatamente all’art. 4, comma 1, lett. b ), c ), e d), recando tale norma «una disciplina cosìanalitica dell’organizzazione e delle modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti» conferiti alle Regioni da com-primerne, oltre il limite costituzionalmente consentito, l’autonomia organizzativa.

VI.2.A. Le Competenze riservate allo Stato. L’art. 1, comma 3, D.Lgs., n. 469/1997, precisache, in materia di collocamento e di politiche attive del lavoro, costituiscono funzioni e compiti del-lo Stato:

• la vigilanza in materia di lavoro, dei flussi di entrata dei lavoratori non appartenentiall'Unione europea, nonché procedimenti di autorizzazione per attività lavorativaall’estero;

• la conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime;

• la risoluzione delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale; la conduzione delSistema Informativo Lavoro (S.I.L.);

• il raccordo con gli organismi internazionali e il coordinamento dei rapporti con l'Unioneeuropea.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, D.Lgs., n. 469/1997, restano di competenza del Ministero delLavoro e delle Politiche Sociali anche le funzioni e i compiti già svolti in materia di eccedenze dipersonale temporanee e strutturali.

Al riguardo tuttavia è stabilito (art. 3, D.Lgs., n. 469/1997) che, nelle more di una più organica riforma degli am-mortizzatori sociali, l’esame congiunto previsto nella procedura di mobilità sia svolto presso le Regioni e che questeesprimano motivato parere nell'ambito delle procedure di competenza ministeriale (Circ. Min. Lav., 28-01-1998, n. 13).

Le funzioni sopra indicate sono ora svolte dalle ottanta sedi territoriali dell'Ispettorato Na-zionale del Lavoro, il quale è stato istituito dall'art. 1, co. 1, D.Lgs. 14.9.2015, n. 149 e raggruppain una sola struttura i servizi di vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,dell’INPS e dell’INAIL.

VI.2.B. Le funzioni ed i compiti conferiti alle Regioni. Sono state, invece, oggetto di passag-gio dalla competenza dello Stato a quella delle Regioni, le funzioni relative alle varie specie di col-locamento pubblico, nonché alcune funzioni in materia di politica attiva del lavoro (art. 2, D.Lgs.,n. 469/1997). In particolare, per le funzioni relative al collocamento:

• il collocamento ordinario, agricolo, dello spettacolo, obbligatorio, dei lavoratori nonappartenenti all’Unione Europea, dei lavoratori a domicilio e dei lavoratori domestici;

• l’avviamento a selezione negli Enti Pubblici e nella Pubblica Amministrazione, ad ecce-zione di quello riguardante le amministrazioni centrali dello Stato e gli uffici centrali de-gli enti pubblici;

• la preselezione tra domanda ed offerta di lavoro;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• le iniziative volte ad incrementare l’occupazione e ad incentivare l’incontro tra domandae offerta di lavoro anche con riferimento all’occupazione femminile.

Per quelli in materia di politica attiva del lavoro:

• la collaborazione alla elaborazione di progetti relativi all'occupazione di soggetti tossi-codipendenti ed ex detenuti;

• la programmazione e il coordinamento di iniziative volte a favorire l’occupazione;

• la programmazione per il reimpiego dei lavoratori posti in mobilità e la verifica dei tiro-cini formativi e di orientamento e borse di lavoro, dei lavori socialmente utili.

VI.2.C. L’organizzazione del sistema regionale e provinciale per l’impiego. L’organizzazio-ne amministrativa e le modalità d’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti alle Regioni deveavvenire mediante le strutture delineate dall’art. 4, D.Lgs., n. 469/1997, ed, in particolare, mediantei seguenti tre nuovi organismi regionali con funzioni consultive o operative:

● una commissione regionale permanente tripartita quale sede concertativa di progetta-zione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle linee programmatiche e alle politichedel lavoro di competenza regionale;

● un organismo istituzionale finalizzato a rendere effettiva, sul territorio, l'integrazionetra i servizi all'impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative, compostoda rappresentanti istituzionali della Regione, delle Province e degli altri enti locali;

● un’apposita struttura regionale dotata di personalità giuridica, con autonomia patrimo-niale e contabile avente il compito di collaborare al raggiungimento dell'integrazione traservizi all'impiego e politiche attive del lavoro, nel rispetto delle attribuzioni delle Pro-vince e della sopramenzionata commissione regionale permanente e garantire anche ilcollegamento con il S.I.L..

Le Province, fino all'attuazione delle Legge, n. 56/2014 (c.d. Legge “Delrio”), svolgono lefunzioni e i compiti relativi al collocamento, tramite strutture denominate Centri per l’Impiego di-stribuiti sulla base di bacini provinciali non superiori a 100.000 abitanti, fatte salve motivate esigen-ze socio geografiche.

Le Regioni hanno inoltre la facoltà di attribuire alle Province la gestione ed erogazione (tramite i Centri perl’Impiego) anche dei servizi di politica attiva del lavoro.

Ogni Provincia deve, poi, istituire un’unica commissione a livello provinciale per le politi-che del lavoro, quale organo tripartito permanente di concertazione e di consultazione delle partisociali in relazione alle attività e alle funzioni attribuite alla Provincia in materia di collocamento.

In attuazione di tali previsioni le Regioni hanno disciplinato con proprie leggi l’organizzazio-ne amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni ad esse attribuite, determinando la sosti-tuzione dei vecchi organismi di collocamento con nuove strutture amministrative.

VI.2.D. Il collocamento privato. Sotto altro aspetto, il D.Lgs., n. 469/97, ha ammesso l’eser-cizio, da parte di imprese, dell’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, disciplinando-ne l'operatività.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

L’apertura del legislatore verso questa svolta epocale - si ricorda, infatti, che l’attività suddetta è stata tradizio-nalmente gestita da strutture pubbliche in regime di esclusiva, con il divieto assoluto di esercizio per i privati - avvienesulla scorta di un ormai famosa sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea , 11-12-1997, causa 55/96, checondannava l’Italia per il regime di monopolio statale dei servizi di collocamento costituente abuso di posizione domi-nante.

Ai sensi dell’art. 10, D.Lgs., n. 469/1997, l’attività di mediazione tra domanda ed offerta dilavoro può essere svolta, previa autorizzazione del Ministero del Lavoro, da imprese o gruppi diimprese, anche società cooperative, nonché da enti non commerciali, con determinati limiti di ca-pitale e patrimonio.

Condizione essenziale è che i mediatori privati abbiano quale oggetto sociale esclusivo l’atti-vità di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro, l’attività di ricerca e selezione o di supportoalla ricollocazione professionale.

L'art. 10, commi 1- bis , 1- ter e 1- quater , D.Lgs., n. 469/1997 ha definito più esattamente l’ambito operativo deimediatori privati, fornendo le seguenti nozioni:

● per mediazione tra domanda ed offerta di lavoro s’intende l’attività, anche estesa all’inserimento lavo-

rativo dei disabili e delle fasce svantaggiate, di: raccolta di curricula dei potenziali lavoratori, preselezio-ne e costituzione di relativa banca dati; orientamento professionale dei lavoratori; ricerca e selezione deilavoratori; promozione e gestione dell'incontro tra domanda ed offerta di lavoro anche nella ricollocazio-ne professionale; effettuazione, su richiesta dell'azienda, di tutte le comunicazioni conseguenti alle assun-zioni avvenute a seguito dell'iniziativa della stessa società di mediazione; gestione di attività dei serviziall’impiego a seguito di convenzioni con le pubbliche istituzioni preposte, per il cui svolgimento il posses-so dell'autorizzazione alla mediazione costituisce criterio preferenziale;

● per ricerca e selezione del personale s’intende l’attività effettuata su specifico ed esclusivo incarico di

consulenza ottenuto dal datore di lavoro cliente, consistente nel ricercare, selezionare e valutare i candida-ti sulla base del profilo professionale e con le modalità concordate con il datore di lavoro cliente, appron-tando i mezzi ed i supporti idonei allo scopo;

● per supporto alla ricollocazione professionale s’intende l’attività effettuata su specifico ed esclusivo in-

carico del datore di lavoro cliente, ovvero in base ad accordi sindacali da soggetti surroganti il datore di la-voro, al fine di facilitare la rioccupazione nel mercato di prestatori di lavoro, singoli o collettivi, attraversola preparazione, l’accompagnamento della persona e l'affrancamento della stessa nell’inserimento dellanuova attività.

L’autorizzazione a svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro e l’accredi-tamento per le attività di ricerca e selezione e di supporto alla ricollocazione professionale, sono ri-lasciate dal Ministero del Lavoro, presso cui è istituito l’elenco dei mediatori privati esercenti le at-tività in questione (cfr., art. 10, comma 4, D.Lgs., n. 469/ 19 97 ed art. 7, D.M. 18-04-2001).

Nello svolgimento dell’attività (cfr., art. 10, commi 8, 10 e 11, D.Lgs., n. 469/1997) deve os-servarsi ,in particolare:

● il divieto di ogni pratica discriminatoria basata sul sesso, condizioni familiari, razza, cit-tadinanza, origine territoriale, opinione politica, religiosa o sindacale (cfr., Legge, n.300/1970, Legge, n. 903/1977 e Legge, n. 125/1991);

● nell’attività di raccolta, memorizzazione e diffusione delle informazioni, il diritto allariservatezza, sulla base dei principi contenuti nel D.Lgs., n. 196/2003;

● la gratuità dell’attività nei confronti dei prestatori di lavoro.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

La violazione degli obblighi suddetti e il non corretto svolgimento dell'attività comporta la re-voca dell’autorizzazione (cfr., art. 10, comma 12, D.Lgs., n. 469/1997).

VI.2.E. Il Sistema Informativo Lavoro (S.I.L.). Per conferire al sistema di collocamento pre-figurato dal D.Lgs., n. 469/1997 e caratterizzato dalla libera concorrenza tra soggetti pubblici e sog-getti privati, la necessaria integrazione è stato istituito, presso il Ministero del Lavoro, il Sistema In-formativo Lavoro (S.I.L.).

Esso consiste in una banca dati, a carattere unitario e nazionale, nella quale confluiscono tutte le informazionirelative alla domanda e offerta di lavoro provenienti dalle agenzie di collocamento pubbliche e private. Queste hannol’obbligo di connessione e di scambio dati con il S.I.L.; tuttavia, l’accesso alle banche dati da parte delle agenzie privateè subordinato alla stipula di un’apposita convenzione, a carattere oneroso, con il Ministero del Lavoro e delle PoliticheSociali. Le imprese di fornitura di lavoro temporaneo ed i soggetti autorizzati alla mediazione tra domanda e offerta dilavoro, hanno facoltà di accedere alle banche dati e di avvalersi dei servizi di rete offerti dal S.I.L. stipulando appositaconvenzione con il Ministero del Lavoro.

3. La procedura per l’assunzione dei lavoratori: dal meccanismo dell’assun-zione diretta (Legge, n. 608/1996) alla semplificazione ed alla razionalizzazionedegli adempimenti amministrativi (D.Lgs., n. 297/2002)

VI.3.A. Modalità di assunzione e obblighi informativi. L’art. 9- bis , Legge, 28-11-1996, n.608, ha introdotto la procedura di assunzione diretta, segnando il passaggio delle competenze pub-bliche da una funzione obbligatoria di mediazione preventiva nella costituzione dei rapporti di lavo-ro ad una funzione di controllo a posteriori circa l’osservanza delle disposizioni legislative vigentiin materia di lavoro.

Infatti, con tale meccanismo, esteso alla generalità dei lavoratori, i rapporti di lavoro possonolecitamente costituirsi senza l’intervento degli uffici pubblici, salvo l’obbligo di una successiva co-municazione da inoltrare agli stessi, cui, quindi, è rimesso essenzialmente il compito di registrare leassunzioni avvenute e verificare formalmente che esse non siano in violazione di norme inderogabi-li.

Si deve tenere presente che, nonostante l’intenso processo di semplificazione e riduzione deivincoli alla costituzione dei rapporti di lavoro, allo scopo di non imbrigliare con cavilli legali e am-ministrativi le dinamiche del mercato e quindi di agevolare la libera formazione della volontà delleparti, permangono comunque dei limiti all’autonomia negoziale di queste ultime. Da un punto di vi-sta formale, è necessario infatti osservare gli adempimenti di comunicazione di cui si dirà più am-piamente in seguito.

Da un punto di vista sostanziale, devono essere osservate le norme poste a tutela dei lavoratori (ad esempio il di-vieto di discriminazione, di cui all’art. 15, Legge, n. 300/1970 ed all’art. 1, Legge, n. 903/ 19 77), con particolare riguar-do ai minori e delle donne (età minima per l'ammissione al lavoro di cui all'art. 3, Legge, n. 977/1967; divieto di adibiregli adolescenti ai lavori potenzialmente pregiudizievoli per il pieno sviluppo fisico, di cui all’art. 6, Legge, n. 977/1967;divieto di adibire le donne in stato di gravidanza o puerperio a determinate lavorazioni rischiose per la loro salute o perquella del nascituro, di cui all’art. 7, D.Lgs., n. 151/2001).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

La modalità di assunzione prevista dalla Legge, n. 608/96, è stata recentemente riformulatadal D.Lgs., 19-12-2002, n. 297, nell’ambito di un intervento di più ampia portata volto a conferiremaggiore organicità e coerenza al sistema normativo relativo alla mediazione tra domanda e offertadi lavoro e ai servizi di promozione dell'occupazione.

Dispone, ora, l’art. 4 bis , D.Lgs., n. 181/2000 che «i datori di lavoro privati e gli enti pubblicieconomici, procedono all’assunzione diretta di tutti i lavoratori per qualsiasi tipologia di rapportodi lavoro, salvo l’obbligo di assunzione mediante concorso eventualmente previsto dagli statuti de-gli enti pubblici economici».

La modalità dell’assunzione diretta si estende, come lascia intendere chiaramente la norma, aqualsiasi tipologia occupazionale, anche diversa dal rapporto a tempo pieno e indeterminato, qualead esempio i contratti di formazione e lavoro, l’apprendistato o il contratto di lavoro a tempo deter-minato. Uniche esclusioni restano le assunzioni di lavoratori non comunitari, di lavoratori italiani daimpiegare o trasferire all'estero e di lavoratori disabili ai sensi della Legge, n. 68/1999.

L’art. 4- bis , comma 2, D.Lgs., n. 181/2000, stabilisce, poi, che all’atto dell’assunzione i da-tori di lavoro privati e gli enti pubblici economici sono tenuti a consegnare ai lavoratori una dichia-razione sottoscritta contenente i dati di registrazione effettuata nel libro matricola nonché la comu-nicazione relativa alle condizioni di lavoro applicate di cui al D.Lgs., n. 152/1997.

L'art. 1, D.Lgs., n. 152/1997 ha previsto l’obbligo per il datore di lavoro pubblico o privato di fornire al lavora-tore, le seguenti informazioni:

• l’identità delle parti;

• il luogo di lavoro; in mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, l’indicazione che il lavoratore

è occupato in luoghi diversi, nonché la sede o il domicilio del datore di lavoro;

• la data di inizio del rapporto di lavoro;

• la durata del rapporto di lavoro, precisando se si tratta di rapporto di lavoro a tempo determinato o indeter-

minato;

• la durata del periodo di prova, se previsto;

• l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore, oppure le caratteristiche o la descrizione

sommaria del lavoro;

• l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, con l'indicazione del periodo di paga-

mento;

• la durata delle ferie retribuite cui ha diritto il lavoratore o le modalità di determinazione e di fruizione del-

le ferie;

• l’orario di lavoro;

• i termini del preavviso in caso di recesso.

L’informazione circa il periodo di prova, la retribuzione, le ferie, l'orario di lavoro e il preavviso può essere ef-fettuata mediante il rinvio alle norme del contratto collettivo applicato al lavoratore.

Infatti, è il C.C.N.L. di categoria a determinare, integrando la disciplina legislativa, concretamente tali aspetti delrapporto di lavoro.

Nei casi in cui non sia applicato il C.C.N.L., la durata delle ferie, la periodicità della retribuzione, i termini delpreavviso e la durata normale giornaliera o settimanale di lavoro sono stabiliti, ferme restando le previsioni legali, subase consensuale dal datore di lavoro e dal lavoratore, e dovranno essere indicati nella dichiarazione relativa alla regi-strazione effettuata nel libro matricola in uso (cfr., art. 9- bis , comma 3, Legge, n. 608/1996).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VI.3.B. Dalle liste di collocamento e dal libretto di lavoro alla informatizzazione degliadempimenti. L’elenco anagrafico delle persone in cerca di lavoro e le schede professionali. LaLegge, n. 608/1996, e il successivo decentramento delle funzioni di collocamento di cui al D.Lgs.,n. 469/1997, pur innovando indubbiamente il precedente assetto dell'istituto.

Infatti, esse non avevano provveduto a riformare tutto l’apparato di adempimenti necessari per l’impiego dei la-voratori e la gestione del collocamento restava sottoposta ad una serie di norme che prevedevano:

• l’obbligo di iscrizione dei lavoratori nelle liste di collocamento, tenute prima dalle sezioni circoscrizionali

per l’impiego e poi dai centri per l'impiego previsti dal D.Lgs., n. 469/97;

• differenziazione delle liste per settore, per status o per tipologia di rapporto di lavoro per cui esistevanocollocamenti speciali e liste speciali;

• inquadramento degli iscritti nelle liste in classi; obbligo di presentazione del soggetto almeno una voltaall'anno agli uffici di collocamento per confermare lo stato di disoccupazione (in gergo: revisione).

Inoltre, era ancora applicabile la Legge, n. 112/35, relativa al libretto di lavoro, di cui tutti i lavoratori dovevanoessere in possesso, che veniva rilasciato dal Sindaco e che era obbligatorio per la regolarità dell’assunzione.

Infatti, all’atto dell'assunzione il datore di lavoro doveva farsi consegnare dal lavoratore il libretto e verificarnela regolarità formale; nel libretto dovevano essere indicate, a cura del datore, una serie di notizie concernenti il rapportocon il lavoratore (data di inizio, posizione di lavoro, data e causa di estinzione del rapporto etc.). AI termine dei rappor-to di lavoro il libretto veniva consegnato al lavoratore che avrebbe dovuto riportarlo ai competenti uffici di collocamen-to.

Prima della riforma potevano essere assunti direttamente, senza essere iscritti nelle liste, unicamente le seguenticategorie di lavoratori:

• il coniuge, i parenti e gli affini, entro il terzo grado, del datore stesso;

• i dirigenti;

• gli impiegati di concetto o specializzati assunti tramite pubblico concorso;

• i portieri, gli addetti a studi professionali e gli addetti ai servizi domestici;

• i lavoratori destinati a piccole imprese, con non più di tre dipendenti;

• i lavoratori esclusivamente a compartecipazione, compresi i mezzadri ed i coloni parziari.

Un primo momento di riforma si è avuto con l'emanazione del D.P.R., 07-07-2000, n. 442,che ha introdotto nuovi strumenti operativi più semplici e, anche grazie all'impiego delle nuove tec-nologie, più efficienti; in particolare:

● l’elenco anagrafico informatico, tenuto dai centri per l'impiego, in cui sono iscritte, a ri-chiesta dell’interessato, le persone inoccupate, disoccupate, oppure occupate ma in cerca dialtro lavoro, indipendentemente dal luogo della propria residenza. Nell’elenco possono es-sere iscritti anche i cittadini comunitari e quelli extracomunitari in possesso del permesso disoggiorno.L’elenco anagrafico contiene, per ciascun soggetto iscritto, le seguenti informazioni: dati anagrafici completi;residenza e eventuale domicilio; composizione dei nucleo familiare; titoli di studio; eventuale appartenenza acategorie protette; stato occupazionale.

L’iscrizione nell'elenco anagrafico vale per tutta la durata della vita lavorativa di un individuo, cioè fino alraggiungimento dell'età per la pensione di vecchiaia, salvo che venga richiesta dall'interessato la cancellazione.Viene meno, in tal modo, l’obbligo di presentarsi periodicamente agli uffici di collocamento per comunicare lapermanenza dello stato d’inoccupazione o disoccupazione, operazione che in precedenza veniva denominata

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

«revisione». Gli iscritti possono, poi, inviare delle comunicazioni per aggiornare la propria posizione nell'elen-co, ad esempio il conseguimento di un titolo di studio o il mutamento della propria condizione familiare;

● le schede professionali, che si sostituiscono al libretto di lavoro. Nella scheda, oltre ai daticontenuti nell’elenco anagrafico, sono inserite le informazioni relative alle esperienze for-mative e professionali ed alle disponibilità del lavoratore. Purtroppo, le innovazioni intro-dotte dal D.P.R., n. 442/2000 sono rimaste in gran parte inattuate.

La soppressione di tutto il vecchio impianto normativo è avvenuta infine con il D.Lgs., 19-12-2002, n. 297, che dà nuovo impulso al processo di semplificazione del collocamento operandoanche nel senso del coordinamento e della razionalizzazione delle relative disposizioni normative.

Il decreto legislativo abroga espressamente, tra l’altro:

• le disposizioni relative al libretto di lavoro (Legge, n. 112/35), ora sostituito dalle schede professionali;

• la precedente normativa relativa al collocamento (titolo I e Il della Legge, n. 264/49, ad eccezione di alcu-

ni marginali articoli; artt. 33 e 34, Legge, n. 300/70; Legge, n. 56/87, ad eccezione di alcuni articoli);

• l’obbligo di riservare il 12% delle assunzioni alle cd. fasce deboli (iscritti da più due anni nelle liste di col-

locamento, lavoratori in mobilità etc.) di cui all’art. 25, Legge, n. 223/91, sostituito dalla facoltà, da partedi ciascuna Regione, «di prevedere che una quota delle assunzioni effettuate dai datori di lavoro privati edagli enti pubblici economici sia riservata a particolari categorie di lavoratori a rischio di esclusione socia-le»;

• le disposizioni dell’art. 9-bis, Legge, n. 608/96, circa il meccanismo di assunzione diretta, ora disciplinato

dall'ari. 4-bis, D.Lgs., n. 181/00.

Infine, il decreto in esame una nuova definizione dei contenuti della scheda anagrafica e professionale dei lavo-ratori che, fino all'emanazione delle nuove disposizioni regolamentari, restano disciplinate dai modelli approvati condue decreti ministeriali del 30-05-2001 in attuazione del D.P.R., n. 442/00.

VI.3.C. L’obbligo di comunicazione dell'assunzione ed altri adempimenti informativi relati-vi al rapporto di lavoro. Nel nuovo sistema di assunzione diretta l'unica formalità che permane per idatori di lavoro è quella di effettuare una comunicazione agli uffici pubblici di collocamento.

Tale obbligo è disciplinato dall’art. 9- bis , comma 2, Legge, n. 608/1996, il quale stabilisceche:

● il datore di lavoro privato (o l’ente pubblico economico) comunichi al servizio compe-tente, nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, la data dell’assunzione, lascadenza del rapporto se esso non è a tempo indeterminato, i dati anagrafci del lavora-tore, la qualifica professionale, la tipologia contrattuale e il trattamento economico enormativo.Analogamente le imprese fornitrici di lavoro temporaneo sono tenute a comunicare, entro il giorno ventidel mese successivo alla data di assunzione, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata laloro sede operativa, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel corso delmese precedente;

● la comunicazione deve avvenire contestualmente all’assunzione (originariamente eraprevisto che essa avvenisse entro cinque giorni dall'assunzione).Nel caso in cui l’instaurazione del rapporto avvenga in giorno festivo, nelle ore serali o notturne, ovvero incaso di emergenza, la comunicazione è effettuata entro il primo giorno utile successivo;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● la comunicazione deve essere inoltrata anche in caso di instaurazione di rapporti diversida quello subordinato, quale il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa oun tirocinio formativo o altra ipotesi di stage aziendale, nonché nel caso in cui si tratti disocio lavoratore di cooperativa;

● devono essere, inoltre, comunicate ai competenti servizi per l’impiego le seguenti varia-zioni del rapporto di lavoro:

• la proroga del termine inizialmente fissato;

• la trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato;

• la trasformazione da tempo parziale a tempo pieno;

• la trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato;

• la trasformazione da contratto di formazione e lavoro a contratto a tempo indeterminato;

• la cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato o nel caso in cui essa sia avvenuta in data

diversa da quella comunicata originariamente. Tale ultima comunicazione deve essere effettuata entrocinque giorni dalla cessazione dei rapporto.

4. Le misure per adeguare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro.

VI.4. Il D.Lgs., 19-12-2002, n. 297, ha innovato in più punti le disposizioni del D.Lgs. 21-4-2000, n. 181. Con tale provvedimento il legislatore introduceva un insieme di norme aventi lo scopodi ridefinire i compiti dei servizi pubblici per l’impiego, la cui attività andava evolvendo, sulla scor-ta dei successivi interventi di semplificazione delle procedure di assunzione, sempre più verso for-me attive di politica del lavoro.

In tal senso, l’art. 1, D.Lgs., n. 181/00, definisce «i principi per l’individuazione dei soggettipotenziali destinatari di misure di promozione all'inserimento nel mercato del lavoro, definendonele condizioni di disoccupazione secondo gli indirizzi comunitari intesi a promuovere strategie pre-ventive della disoccupazione giovanile e della disoccupazione di lunga durata».

I Centri per l’Impiego devono adoperarsi al fine di favorire l’incontro tra la domanda el’offerta di lavoro e contrastare la disoccupazione di lunga durata, sottoponendo i soggetti sopra in-dividuati ad interviste periodiche e ad altre misure di politica attiva offrendo almeno i seguenti in-terventi:

• il colloquio di orientamento entro tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione ac-certato;

• la proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo o di formazione o di ri-qualificazione professionale od altra misura che favorisce l’integrazione professionale.

Tale intervento dovrà essere effettuato entro quattro mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione se si tratti diadolescenti, giovani o donne in cerca di reinserimento lavorativo, entro sei mesi nei confronti degli altri soggetti a ri-schio di disoccupazione di lunga durata.

Ai fini dell’applicabilità di tali misure devono intendersi per:

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• adolescenti, i minori di età compresa tra i quindici e diciotto anni, che non siano più soggetti all’obbligo

scolastico;

• giovani, i soggetti di età superiore a diciotto anni e fino a venticinque anni compiuti o, se in possesso di un

diploma di laurea, fino a ventinove anni compiuti;

• disoccupati di lunga durata, coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un’attività di lavoro

autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giova-ni;

• inoccupati di lunga durata, coloro che, senza aver precedentemente svolto un'attività lavorativa, siano alla

ricerca di un'occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani;

• donne in reinserimento lavorativo, quelle che, già precedentemente occupate, intendano rientrare nel mer-

cato dei lavoro dopo almeno due anni di inattività.

Coloro che sono interessati ad usufruire dei servizi pubblici devono fare accertare da dettiservizi il proprio stato di disoccupazione, che il decreto definisce come «la condizione del soggettoprivo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attivitàlavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti».

L’interessato è tenuto a presentarsi presso il centro per l’impiego territorialmente competente ed a rendere unaautocertificazione circa l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allosvolgimento di un'attività lavorativa (art. 2, comma 1, D.Lgs., n. 181/2000).

I Centri per l’Impiego verificano l'effettiva permanenza dello stato di disoccupazione sulla base delle comunica-zioni inoltrate dai datori di lavoro ai sensi dell'art. 4- bis , D.Lgs. 181/2000, delle altre informazioni fornite dagli organidi vigilanza e anche delle misure concordate con il disoccupato.

L’art. 4, D.Lgs., n. 181/2000 stabilisce le seguenti cause che determinano la perdita dellostato di disoccupazione:

● il rifiuto ingiustificato di partecipare al colloquio di orientamento o alle iniziative deicentri per l'impiego volte ad agevolare l'inserimento nel mercato del lavoro;

● il rifiuto ingiustificato di una congrua offerta di lavoro, sia esso a tempo indeterminato,determinato (purché di durata superiore ad otto mesi o quattro se si tratta di giovani) chesia localizzata entro limiti di distanza e tempi di trasporto pubblico stabiliti dalle singoleRegioni.

Lo stato di disoccupazione è, invece, conservato qualora il soggetto interessato svolga un'attività retribuita al disotto di una certa soglia di reddito annuale minimo, mentre è sospeso quando si accetta un’offerta di lavoro a tempo de-terminato o temporaneo di durata inferiore ad otto mesi (quattro per i giovani).

5. L'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (A.N.P.A.L.).

VI.5.A. L'istituzione dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (A.N.P.A.L.).L'art. 1, D.Lgs. 14.09.20155, n. 150 ha istituito una Rete Nazionale dei servizi per le politiche dellavoro, coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro(A.N.P.A.L.) e formata dalle strutture regionali per le Politiche Attive del Lavoro, dall’I.N.P.S.,dall’I.N.A.I.L., dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermedia-zione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall’I.S.F.O.L. (Istituto per lo sviluppo della for-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

mazione professionale dei lavoratori), nonché dal sistema delle Camere di commercio, industria, ar-tigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado.L’istituzione dell’ANPAL avverrà senza nuovi oneri a carico della finanza pubblica.

VI.5.A. L'Albo Nazionale dei Soggetti Accreditati a svolgere funzioni in materia di politicheattive del lavoro, il Sistema informativo delle politiche del lavoro e il fascicolo elettronico del la-voratore.. Sarà istituito un Albo Nazionale dei Soggetti Accreditati a svolgere funzioni in mate-ria di politiche attive del lavoro, unitamente ad un Sistema informativo delle politiche del lavo-ro e al fascicolo elettronico del lavoratore. All’istituzione dell’Albo provvederà l’A.N.P.A.L.

L’obiettivo è quello di valorizzare le sinergie tra soggetti pubblici e privati e di rafforzare lecapacità di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il Sistema informativo e il fascicolo elettronico del lavoratore mirano ad una migliore gestio-ne del mercato del lavoro e del monitoraggio delle prestazioni erogate.

Per semplificare gli adempimenti per i datori di lavoro, si prevede che le comunicazioni di as-sunzione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro (comprese quelle relative alla gente dimare), dovranno essere effettuate in via telematica.

Le informazioni del Sistema informativo rappresenteranno la base per la formazione del fasci-colo elettronico del lavoratore, liberamente accessibile da parte degli interessati.

Tutte le informazioni contenute nel Sistema informativo saranno messe a disposizione delleRegioni e delle Province.

Ci sarà anche un Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione profes-sionale.

6. Gli interventi per l’occupazione dei lavoratori disabili.

VI.6.A. La riforma operata dalla Legge, n. 68/1999. La disciplina delle assunzioni obbliga-torie dei soggetti disabili è disciplinata dalla Legge, 12-03-1999, n. 68 (e dal relativo regolamentodi attuazione emanato con D.P.R., 10-10-2000, n. 333). Di recente, la normativa in questione è statariformata dagli artt. da 1 a 13, D.Lgs. 14-09-2015, n. 151.

Compito delle competenti strutture pubbliche è il collocamento mirato dei disabili, cioè ge-stire la «serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le perso-ne con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi diposti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambien-ti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione».

Come detto poc'anzi, le funzioni e i compiti relative al collocamento obbligatorio sono stateconferite alle Regioni le quali, a loro volta, le hanno attribuite alle singole Province.

Nel sistema decentrato i competenti uffici provinciali provvedono alle iscrizioni, a favorirel'incontro tra domanda e offerta di lavoro e al collocamento dei lavoratori disabili.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Presso tali uffici è istituito un unico elenco pubblico in cui risulta la graduatoria regionale,anch’essa unica, dei disabili disoccupati.

Ai fini della definizione da parte delle Regioni, dell'attribuzione dei punteggi di valutazione degli elementi checoncorrono alla formazione delle graduatorie, si deve tenere conto, prioritariamente, dei seguenti criteri generali:

• anzianità di iscrizione negli elenchi dei collocamento obbligatorio;

• condizione economica;

• carico familiare;

• difficoltà di locomozione nel territorio.

I soggetti che possono usufruire del sistema delineato dalla legge sono (cfr., art. 1, Legge, n.68/1999):

• le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e i portatori di handicap

intellettivo, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle competenti com-missioni mediche;

• le persone invalide per cause di lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata

dall’I.N.A.I.L.;

• le persone non vedenti o sordomute;

• le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla

prima all’ottava categoria (secondo le tabelle annesse al Testo Unico delle norme in materia di pensioni diguerra).

La Legge, n. 68/1999 si rivolge in via principale alle persone disabili, escludendo, in linea di principio, dalproprio campo di applicazione:

• gli orfani e i coniugi superstiti dei deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio;

• nonché i coniugi e i figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro

e dei profughi italiani

• i familiari delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla Legge, n. 407/1998.

Tuttavia, in attesa di una disciplina organica predisposta appositamente per tali soggetti, essi possono egualmen-te iscriversi negli elenchi del collocamento obbligatorio (cfr., art. 18, Legge, n. 68/1999; Circ. Min. Lav., 24-11-1999,n. 77; Circ. Min. Lav., 17-01-2000, n. 4).

L’accertamento delle condizioni di disabilità, effettuato dalle Commissioni Mediche delle A.S.L. per la gene-ralità dei disabili, è finalizzato alla diagnosi funzionale della persona disabile, che, tenendo conto delle condizioni fisi-che, dell'autonomia, dei ruolo sociale e delle condizioni emotive e intellettive, consenta di individuarne la capacità glo-bale all'attività lavorativa (D.P.C.M. 13-01-2000).

VI.6.B. I soggetti obbligati all’assunzione. Sono obbligati ad assumere disabili, per una per-centuale che varia in base all’organico in forza, tutti i datori di lavoro pubblici e privati.

La Legge, n. 68/1999 prevede, nel novero dei soggetti obbligati, i datori che occupano da 15a 35 dipendenti.

Inoltre, fino al 31-12-2016, sono espressamente destinatari dell'obbligo di assunzione, sia purelimitatamente alla parte di organico che opera nell'area tecnico-esecutiva e svolge funzioni ammini-strative, i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni no profit. Invece, tale esen-zione e prevista senza alcun termine di applicazione, per la Polizia, la Protezione civile e la difesanazionale, sempre con riferimento esclusivo ai servizi amministrativi.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

L'art. 3, Legge, n. 68/1999 prevede specifiche quote di riserva (cioè le percentuali di lavora-tori da assumere) a carico dei datori di lavoro pubblici e privati, così suddivise:

• 7% dei lavoratori occupati, per i datori con più di 50 dipendenti;

• due lavoratori, per i datori che hanno tra i 36 e i 50 dipendenti;

• un lavoratore, per i datori che hanno tra i 15 e i 35 dipendenti.

In particolare, ai sensi dell'art. 4, comma 3-bis, Legge, n. 68/1999, i lavoratori, già disabiliprima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbli-gatorio, sono computati nella predetta quota di riserva, qualora abbiano una riduzione della capacitàlavorativa superiore al 60%, o minorazioni ascritte dalla prima alla sesta categoria di cui alle tabelleannesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R., 23-12-1978, n. 915, o con disabilità intellettiva e psichica, con riduzione della capacità lavorativa superio-re al 45%, accertata dagli organi competenti.

In virtù dell’art. 3 D.P.R., n. 333/2000, i lavoratori che siano divenuti inabili allo svolgimento delle proprie man-sioni, in conseguenza di infortunio o malattia occorsi durante lo svolgimento dell'attività lavorativa, sono computati aifini del calcolo della quota di riserva, purché abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al60% e non siano divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro delle norme in materia di igie-ne e sicurezza del lavoro.

Sono da escludere ai fini del computo della base aziendale: i lavoratori assunti ai sensi della stessa Legge, n.68/99, i lavoratori a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi, i dirigenti, i soci di cooperative di produ-zione e lavoro, i telelavoratori o i lavoratori a domicilio disabili occupati per l'orario normale di lavoro; per i lavoratoriin part-time vale il criterio di calcolarli per la quota di orario effettivamente svolto.

Devono parimenti escludersi, sempre ai soli fini della determinazione del numero di soggetti disabili da assume-re, i lavoratori con contratto di formazione e lavoro, gli apprendisti, i lavoratori assunti con contratto di reinserimento, ilavoratori temporanei (per l'impresa utilizzatrice), i lavoratori assunti per svolgere esclusivamente attività all’estero(cfr., art. 3, D.P.R., n. 333/2000). Infine, va ricordato che sono computabili nella quota di riserva i tirocini dei lavoratoriportatori di handicap impegnati in tirocini formativi e di orientamento oggetto di convenzioni tra le imprese e le compe-tenti commissioni per l'impiego e finalizzati alla creazione di occupazione stabile.

Un particolare regime di esonero parziale, di esclusione o di contributi esonerativi è previsto a favore di alcunidatori quali: le amministrazioni pubbliche o gli enti pubblici non economici i quali svolgono attività che non consentonol'occupazione di lavoratori disabili o la consentono in misura ridotta; i datori di lavoro pubblici e privati che operano nelsettore del trasporto pubblico aereo, marittimo e terrestre; i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, perle speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l'intera percentuale dei disabili D.M., 07-07-2000, n.357).

VI.6.C. Le procedure per l’assunzione. Circa le modalità di assunzione, l'art. 7, Legge, n.68/1999 ha stabilito che i datori di lavoro assumano i lavoratori facendone richiesta nominativa diavviamento agli uffici competenti.

Infatti, secondo l'art. 7, comma 1, Legge, n. 68/1999, i datori di lavoro privati e gli enti pub-blici economici assumono i lavoratori mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici com-petenti o mediante la stipula delle convenzioni ex art. 11, Legge n. 68/1999. La richiesta nominati-va può essere preceduta dalla richiesta agli uffici competenti di effettuare la preselezione delle per-sone con disabilità iscritte nell’elenco e che aderiscono alla specifica occasione di lavoro, sullabase delle qualifiche e secondo le modalità concordate dagli uffici con il datore di lavoro.

In caso di mancata assunzione secondo tali modalità, l'art. 7, comma 1- bis , Legge, n.68/1999 prevede che gli uffici competenti avviano i lavoratori secondo l’ordine di graduatoria per

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

la qualifica richiesta o altra specificamente concordata con il datore di lavoro sulla base dellequalifiche disponibili. Gli uffici possono procedere anche previa chiamata con avviso pubblico econ graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro.

Gli aventi diritto devono procedere all’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio, ai fini della quale ènecessario (cfr., art. 1 comma 1, D.P.R., n. 333/2000):

• che abbiano compiuto i 15 anni, età minima per l'accesso al lavoro, fatto salvo l'obbligo scolastico;

• che non abbiano raggiunto l'età pensionabile ai sensi delle norme vigenti.

I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro 60 giorni dal momentoin cui si verifica la circostanza dell'obbligo di assumere lavoratori disabili (cioè dal momento in cui si raggiunge la so-glia dimensionale prescritta) (cfr., art. 7, D.P.R., n. 333/2000).

Inoltre, essi debbono inviare periodicamente prospetti da cui risultino il numero complessivodei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori da computare nella quota di riservae i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili da assumere (cfr., D.P.R., 22-11-1999).

Qualora l’impresa rifiuti l’assunzione del lavoratore invalido, la sede territoriale dell'Ispetto-rato Nazionale del Lavoro redige un verbale che trasmette agli uffici competenti e all’Autorità Giu-diziaria.

Invece, se il rifiuto, senza giustificato motivo, proviene dal lavoratore disabile, la sede terri-toriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, sentiti gli uffici competenti, dispone la decadenza daldiritto all’indennità di disoccupazione ordinaria e la cancellazione dalle liste di collocamento per unperiodo di sei mesi.

Più precisamente, la sanzione è comminata al lavoratore che per due volte consecutive, senza giustificato moti-vo, non risponda alla convocazione ovvero rifiuti il posto di lavoro offerto corrispondente ai suoi requisiti professionalie alle disponibilità dichiarate all'atto della iscrizione o reiscrizione nelle liste.

VI.6.D. Permanenza dell’idoneità lavorativa. Nel caso di aggravamento delle condizioni disalute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che vengaaccertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesi-me ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabileper verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l’azien-da.

Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sia incompatibile con la prosecuzio-ne dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazionedell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto dilavoro fino a che l’incompatibilità persista. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui,anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, l’apposita CommissioneA.S.L. accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda.

In caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a dame comunicazione, nel termine didieci giorni, agli uffici competenti, al fine della sostituzione dei lavoratore con altro avente diritto all'avviamento obbli-gatorio.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

7. La promozione dell’occupazione giovanile: tirocini formativi e di orienta-mento.

VI.7.A. Premessa. L'art. 11, Legge, 14-09-2011, n. 148 (legge di conversione del DecretoLegge, n. 138/2011) ha modificato i tirocini formativi e di orientamento, così conosciutidall’articolo 18, Legge, n. 196/1997 (c.d. Pacchetto Treu) e dal D.M. n. 142/1998. Tale norme neha limitato l’uso, sia per quanto attiene ai soggetti, che ai tempi di utilizzo.

La modifica riguarda essenzialmente i “livelli di tutela essenziali per l'attivazione dei tirocini”che dovranno essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in quanto le competenze specifiche suitirocini formativi e di orientamento rimangono in capo alle Regioni, così come previsto dal Titolo Vdella Costituzione (modificato nel 2001) che ha attribuito esclusiva competenza regionale alla for-mazione.

La legge, infatti, precisa che i profili sostanziali e procedurali sono rimessi alla normativa sta-tale, comprensiva della Legge, n. 196/1997 e del suo regolamento di attuazione, il D.M., 12-05-1998, n. 142, esclusivamente in assenza di una specifica normativa regionale.

In altre parole, a partire dal 13-08-2011 (data di entrata in vigore della riforma in questione) lanormativa è profondamente cambiata. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promos-si unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti previsti, in via preventiva, dalla nor-mativa regionale, in carenza della quale trova applicazione l’art. 18, Legge, n. 196/1997 ed ilD.M., 12-05-1998, n. 142.

La riserva regionale è conseguenza del fatto che in materia di formazione la competenza è ditali organi (o delle Province autonome) come sottolineato dalla sentenza della Corte Cost., n.50/2005.

Dalla data di entrata in vigore di tale nuova norma, i tirocini formativi e di orientamento“non curriculari” debbono riguardare soltanto i giovani neo diplomati o neo laureati e debbonoessere promossi non oltre dodici mesi dal conseguimento del titolo di studio (ovviamente, ci si rife-risce al momento dell’attivazione) e non possono durare per un periodo superiore a 6 mesi, com-prensivo delle proroghe. Quindi, spazio per i soggetti con diploma della scuola dell’obbligo, con di-ploma di scuola superiore, con diploma professionale (titolo ben riconosciuto anche dal D.Lgs., n.167/2011 (c.d. Testo Unico dell’apprendistato), con laurea breve e con laurea normale.

La disposizione, tuttavia, non riguarda i tirocini promossi per i soggetti che sono “ai margi-ni” del mondo del lavoro:

• i disabili, gli invalidi fisici e quelli psichici e sensoriali, per i quali resta in vigore la di-sciplina specifica prevista dall’art. 11, comma 2, Legge, n. 68/1999;

• i tossicodipendenti;

• i soggetti in trattamento psichiatrico;

• i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione.

La disposizione esclude dal nuovo dettato normativo anche i tirocini formativi e di orienta-mento “curriculari”: si tratta di quelli inseriti in un programma di alternanza scuola – lavoro o nelle

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

scuole professionali, con apprendimento di natura professionale. Illustriamo le novità normative allaluce anche della recente Circolare esplicativa del Ministero del Lavoro, 12-09-2011, n. 24.

La novella legislativa ha lo scopo di rendere meno appetibile il tirocinio a fronte di altre tipo-logie lavorative più stabili e remunerative per i giovani (quale, ad esempio, l’apprendistato).

VI.7.B. Cosa sono e quanti sono i tirocini formativi. Prima di analizzare le modifiche legisla-tive facciamo un passo indietro e vediamo cosa sono e quanti sono i tirocini formativi previsti dallanormativa.

I tirocini nascono con l'art. 18, Legge, n. 196/1997 che introduce, per l’appunto, i tirocini for-mativi e di orientamento. Essi sono stati creati “al fine di realizzare momenti di alternanza tra stu-dio e lavoro e per agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo dellavoro”.

VI.6.C. Principi e criteri generali. I principi ed i criteri generali sui cui si basano i tirocini(detti anche stages), sono:

● promozione delle iniziative da parte di soggetti pubblici o a partecipazione pubblica e disoggetti privati non aventi scopo di lucro, in possesso degli specifici requisiti preventiva-mente determinati;

● attuazione delle iniziative nell'ambito di progetti di orientamento e di formazione, conpriorità per quelli definiti all'interno di programmi operativi quadro predisposti dalle Re-gioni, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello naziona-le;

● svolgimento dei tirocini sulla base di apposite convenzioni intervenute tra i soggetti dicui alla lettera a) e i datori di lavoro pubblici e privati;

● previsione della durata dei rapporti, non costituenti rapporti di lavoro, in misura nonsuperiore a dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di soggetti portatori di han-dicap, da modulare in funzione della specificità dei diversi tipi di utenti;

● obbligo da parte dei soggetti promotori di assicurare i tirocinanti mediante specificaconvenzione con l'I.N.A.I.L. per la responsabilità civile e di garantire la presenza di untutore come responsabile didattico-organizzativo delle attività;

● attribuzione del valore di crediti formativi alle attività svolte nel corso degli stages edelle iniziative di tirocinio pratico da utilizzare, ove debitamente certificati, per l'accen-sione di un rapporto di lavoro;

● possibilità di ammissione al rimborso totale o parziale degli oneri finanziari connessiall'attuazione di progetti di tirocinio a favore dei giovani del Mezzogiorno presso impre-se di regioni diverse da quelle operanti nella predetta area, ivi compresi, nel caso in cui iprogetti lo prevedano, gli oneri relativi alla spesa sostenuta dall'impresa per il vitto el'alloggio del tirocinante.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VI.7.D. Le tipologie di tirocini. I tirocini, così come previsti dalla Legge, n. 196/1997, si di-vidono in due categorie:

● tirocini “curriculari”: inseriti in programmi di alternanza scuola-lavoro o legati a istitutiprofessionali;

● tirocini “non curriculari”: realizzati al fine di agevolare le scelte professionali median-te:

• la conoscenza diretta del mondo del lavoro al fine di favorirne l’occupazione;

• la creazione di una opportunità per acquisire una specifica professionalità.

L’obiettivo principale del tirocinio è la realizzazione di una esperienza formativa - pressoaziende pubbliche o private - a tempo limitato.

La sua natura giuridica è atipica, in quanto, avendo finalità esclusivamente formative, non siconfigura come attività lavorativa subordinata. In considerazione di ciò, il soggetto ospitante nonè tenuto a pagare alcuna retribuzione né contribuzione al tirocinante. Può, eventualmente, decideredi erogargli un compenso, quale rimborso spese per gli oneri sostenuti (ad es., le spese di trasporto),che è assoggettato alla ritenuta d’acconto a fini I.R.P.E.F. del 20%.

VI.7.E. Gli elementi per l’attivazione e la definizione di un tirocinio. Gli elementi basilariper l’attivazione e la definizione di un tirocinio formativo sono:

• l'ente promotore (colui il quale promuove il tirocinio formativo);

• l'ente ospitante (l’azienda presso la quale avviene il tirocinio);

• il tirocinante (il giovane stagista);

• la convenzione (contratto Ente promotore – Ente ospitante);

• il progetto formativo.

VI.7.F. Gli enti promotori. Gli enti promotori sono:

• i Centri per l’Impiego;

• le Università e le istituzioni universitarie anche non statali;

• l'Ufficio Scolastico Regionale;

• le Istituzioni Scolastiche Statali e non statali parificate (che rilasciano titoli di studio convalore legale);

• gli enti di Formazione Professionale e/o orientamento accreditati;

• le comunità terapeutiche, gli enti ausiliari e le cooperative sociali (purché iscritti neglispecifici albi regionali, ove esistenti);

• i servizi di inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti pubblici delegati dalla Re-gione;

• le istituzioni formative private, non aventi scopo di lucro, appositamente autorizzate dal-la Regione;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• i Consulenti del Lavoro per i propri studi professionali e le aziende clienti, purché dele-gati dalla Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro (dal 1° gennaio 2010).

Recentemente il Ministero del Lavoro è intervenuto in materia di tirocini formativi e di orien-tamento, con la Risposta ad Interpello, 21-09-2011, chiarendo che possono essere promossi unica-mente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normativeregionali e in assenza dai criteri di selezione dei soggetti promotori individuati dall’art. 18, Legge,n. 196/1997 e dal relativo regolamento di attuazione. In particolare, a seguito di una richiesta avan-zata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro in merito alla corretta interpre-tazione della disposizione normativa di cui all’art. 11, Legge, n. 148/2011, concernente l’individua-zione dei soggetti legittimati a promuovere tirocini formativi e di orientamento, il Ministero del la-voro e delle politiche sociali ha precisato che l’art. 11, Legge, n. 148/2011 dispone che “i tirociniformativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli spe-cifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzieall’espletamento delle iniziative medesime e che in assenza di regolamentazioni regionali continua-no a trovare applicazione i criteri di selezione dei soggetti promotori individuati dall’art. 18 dellaL. n. 196/1997 e dal relativo regolamento di attuazione”.

In altri termini, l’intenzione del Legislatore consiste nel voler contrastare eventuali abusinell'attivazione dei tirocini che, in passato, sono stati promossi anche da soggetti privi dei requisitiminimi di affidabilità. I tirocini non possono essere promossi da semplici istituzioni formative pri-vate, salvo non si tratti di istituzioni senza fini di lucro e, comunque, esclusivamente sulla base diuna specifica autorizzazione della Regione (cfr., in tal senso, la Circ. Min. Lav., n. 24/2011).

Inoltre, accanto alle disposizioni specifiche in materia di tirocinio occorre in ogni caso richia-mare la normativa vigente in materia di organizzazione e disciplina del mercato del lavoro che co-stituisce la cornice di riferimento dell’intervento regionale sul mercato del lavoro. Al riguardo l’art.2, lett. b ), D.Lgs. n. 276/2003 definisce l’intermediazione come “l’attività di mediazione tra do-manda e offerta di lavoro, anche in relazione all'inserimento lavorativo dei disabili e dei gruppi dilavoratori svantaggiati, comprensiva tra l’altro: della raccolta dei curricula dei potenziali lavoratori;della preselezione e costituzione di relativa banca dati; della promozione e gestione dell’incontro tradomanda e offerta di lavoro; della effettuazione, su richiesta del committente, di tutte le comunica-zioni conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito della attività di intermediazione; dell’orienta-mento professionale; della progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate all’inseri-mento lavorativo”. Ne consegue che i soggetti abilitati alla attività di intermediazione possono per-tanto promuovere tutte le diverse tipologie di tirocini fatta eccezione per quelli curriculari e fermorestando il rispetto delle disposizioni di cui Legge, n. 148/2011.

VI.7.G. I soggetti ospitanti. I soggetti ospitanti sono i datori di lavoro pubblici e privati.Questi soggetti possono ospitare tirocinanti in relazione all’attività aziendale. Al fine della genuinitàdel tirocinio, i soggetti ospitanti hanno alcuni obblighi che possiamo così sintetizzare:

● favorire l’esperienza dei tirocinanti nell’ambiente di lavoro, mediante la conoscenza diret-ta delle tecnologie, dell’organizzazione aziendale, nonché la visualizzazione dei processiproduttivi e delle fasi di lavoro.

● designare il responsabile aziendale incaricato di seguire il tirocinante (c.d. Tutor tecnico).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VI.7.H. I limiti numerici. Esistono dei limiti numerici ai quali i datori di lavoro debbono at-tenersi. I datori di lavoro possono ospitare tirocinanti nei seguenti limiti, in relazione al numero deidipendenti assunti a tempo indeterminato:

• fino a 5 dipendenti – 1 tirocinante;

• da 6 a 20 dipendenti – 2 tirocinanti;

• oltre 20 dipendenti – un numero di tirocinanti che rappresenti massimo il 10% dei dipen-denti a tempo indeterminato.

VI.7.I. Calcolo dei limiti numerici. Per il calcolo dei limiti numerici, si tiene conto dell’unitàoperativa in cui si svolgerà l’attività formativa. Le piccole imprese, in cui siano occupati in via con-tinuativa soci e/o collaboratori familiari e che sono privi di dipendenti a tempo indeterminato, pos-sono avvalersi dei tirocini formativi a condizione che sia espressamente dichiarato nella convenzio-ne.

VI.7.L. La figura del tutor. Tra gli elementi essenziali per la realizzazione di un tirocinio c’èanche la figura dei tutor. Ne sono previsti due:

il Tutor didattico-organizzativo (designato dal soggetto promotore) svolge un ruolo di ga-rante della regolarità e qualità dell’iniziativa formativa prevedendo visite in azienda e con-tatti periodici con il tirocinante;

il Tutor tecnico (individuato dall’azienda ospitante) svolge un ruolo di supporto nella realiz-zazione del programma previsto nel progetto di tirocinio e per la formazione del ragazzo.Inoltre, accompagna il tirocinante durante tutto il percorso formativo all’interno dell’azien-da.

VI.7.M. Convenzione e progetto formativo. Parliamo ora brevemente della “Convenzione”.I tirocini sono svolti sulla base di convenzioni stipulate tra i soggetti promotori ed i datori di lavoropubblici e privati (soggetti ospitanti) sulla base di un apposito modello, allegato al D.M., n.142/1998. È possibile stipulare convenzioni “quadro” a livello territoriale tra i soggetti istituzionalicompetenti a promuovere i tirocini e le associazioni dei datori di lavoro interessate. Alla convenzio-ne deve essere allegato un progetto formativo individuale.

Il progetto formativo è una pianificazione, realizzata tra il soggetto promotore ed il soggettoospitante, sui contenuti del tirocinio. È individuale e deve essere redatto in base alla valutazionedelle esperienze e delle caratteristiche professionali del tirocinante, individuando le capacità e cono-scenze che lo stesso dovrà acquisire attraverso l’esperienza formativa e di orientamento. La Con-venzione accompagna il tirocinante ed il tutor per tutta la durata del tirocinio . È il punto di riferi-mento per le verifiche intermedie e le valutazioni finali.

Il progetto formativo, per essere valido, deve contenere alcuni elementi imprescindibili:

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● gli obiettivi e le modalità di svolgimento del tirocinio per gli studenti, la corrispondenzatra il tirocinio e lo studio effettuato, i nominativi del tutor didattico-organizzativo e deltutor tecnico;

● gli estremi identificativi delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro per la respon-sabilità civile verso terzi;

● la durata del tirocinio;

● i tempi di presenza giornalieri in azienda;

● il settore aziendale di inserimento.

Si evidenzia che è possibile svolgere il tirocinio in più settori operativi della medesima orga-nizzazione.

Elemento decisivo ai fini della identificazione concreta del tirocinio instaurato tra tirocinantee soggetto ospitante è la rispondenza tra progetto formativo e di orientamento ed attività effettiva-mente espletata dal tirocinante.

VI.7.N. Obbligo assicurativo. Ultima componente basilare, per rendere un tirocinio valido, èl’obbligo assicurativo.

I soggetti promotori devono assicurare i tirocinanti contro gli infortuni sul lavoro(all’I.N.A.I.L.) e la responsabilità civile contro i terzi (con altra idonea compagnia assicuratrice).

VI.7.O. I chiarimenti del Ministero del Lavoro – Circolare, 12-09-2011, n. 24. Con la Circ.Min. Lav., 12-09-2011, n. 24, il Ministero del Lavoro ha fornito alcuni importanti chiarimenti inmerito all’applicazione dei nuovi tirocini, elencando tutte le tipologie di tirocinio non rientrantinelle stringenti valutazioni della nuova normativa:

● i tirocini “curriculari”: sono inclusi nei piani di studio delle università e degli istituti sco-lastici, la cui finalità è quella di affinare il processo di apprendimento e di formazione. De-vono essere promossi da soggetti ed istituzioni formative (università o istituti di istruzionesecondaria abilitati ai rilasci di titoli accademici, da istituzioni scolastiche che rilascino ti-toli di studio con valore legale, da centri professionali operanti in regime di convenzionecon regioni o Province) a favore dei propri studenti e allievi frequentanti, per realizzaremomenti di alternanza tra studio e lavoro;

● i cosiddetti «tirocini di reinserimento o inserimento al lavoro»: sono quelli svolti a favo-re dei disoccupati, compresi i lavoratori in mobilità, e degli inoccupati. La disciplina diquesti rapporti resta integralmente affidata alle Regioni.

● i tirocini promossi a favore di particolari categorie disagiate (per i quali resta in vigore ladisciplina dettata dall’art. 11, comma 2, Legge n. 68/1999):

• i soggetti in trattamento psichiatrico;

• i tossicodipendenti;

• gli alcolisti;

• i condannati ammessi a misure alternative di detenzione.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● i tirocini promossi a favore degli immigrati nell’ambito dei decreti flussi (previstidall’art. 27, lett. f ), D.Lgs., n. 286/1998).

● i periodi di praticantato richiesti dagli ordini professionali, che restano disciplinati danormative di settore.

Altro importante chiarimento, fornito dalla nota ministeriale, attiene alla validità di quei tiro-cini formalmente approvati (ad esempio, con bandi o convenzioni) prima del 13-08-2011 (data dientrata in vigore del Legge, n. 148/2011). Infatti, precisa che a questi tirocini dovrà essere applica-ta la vecchia normativa.

Stessa risposta è stata data anche per quei tirocini “non curriculari” avviati e che sono ancorain essere dopo il 13 agosto 2011. Questi potranno proseguire fino alla scadenza con le disposizionidella vecchia normativa. Unica modifica riguarda le eventuali proroghe che saranno, comunque,soggette ai nuovi limiti di durata.

VI.7.P. Raccomandazioni al personale ispettivo. Come la legge, così anche la circolare mini-steriale, termina con una raccomandazione al proprio personale ispettivo, ed indirettamente ai sog-getti utilizzatori (datori di lavoro pubblici e privati), sul rispetto delle regole.

Il personale ispettivo, al fine di stroncare gli abusi ed un utilizzo distorto di questo strumentoformativo, è tenuto a verificare l’effettiva tipologia del tirocinio ed a valutare la legittimità del tiro-cinio anche alla luce della normativa regionale vigente. Nell’eventuale mancata conformità allanuova disciplina ed alla relativa regolamentazione regionale di riferimento, il personale ispettivodovrà procedere con la riqualificazione del rapporto come di natura subordinata, con la relativa ap-plicazione delle sanzioni amministrative applicabili in tale ipotesi (come ad esempio in tema di Li-bro unico del lavoro, prospetto paga e dichiarazione di assunzione), disponendo il recupero dei con-tributi previdenziali e dei premi assicurativi omessi.

Il mancato rispetto delle regole in materia di tirocini dovrà, inoltre, portare al recupero delcredito retributivo maturato dal tirocinante/lavoratore attraverso la procedura di diffida accertativaoperata sempre dal personale ispettivo del Ministero del Lavoro.

8. L’apprendistato. Cenni generali.

VI.8.A. Premessa. Negli ultimi anni, l'apprendistato è stato oggetto di diversi interventi legi-slativi, Attualmente l'istituto in esame è disciplinato dagli artt. da 41 a 48, D.Lgs. 15-06-2015, n.81.

Da una prima lettura, della nuova normativa si rileva l'intento del legislatore di rafforzare il ruolo dellacontrattazione collettiva nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia.

In particolare, già con riguardo alla disciplina generale del contratto di apprendistato tratteggiata nell’art.42, D.Lgs. n. 81/2015, si osserva un forte richiamo agli accordi interconfederali ovvero alla contrattazione collet-tiva nazionale, territoriale e aziendale come fonte di regolazione degli aspetti fondamentali dell’istituto, nel rispet-to dei principi ivi individuati.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Inoltre, anche con riferimento alle singole fattispecie del contratto (apprendistato per la qualifica profes-sionale, apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, apprendistato di alta formazione e ricerca), si ri-scontra il medesimo rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva, ad esempio con riguardo alla tipologiadi cui all’art. 44, D.Lgs. n. 81/2015 (apprendistato professionalizzante), in cui si delinea un rimando ai profiliprofessionali stabiliti nei sistemi di classificazione e di inquadramento del personale vigenti. Peraltro, il ruolo del -la contrattazione risulta potenziato anche nella disposizione di cui all’art. 46, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, lad-dove si rimanda ai contratti collettivi nazionali di categoria per l’individuazione degli standard professionali di ri-ferimento nell’apprendistato professionalizzante e in quello di ricerca.

Con riferimento all’individuazione di standard nazionali di qualità della formazione in materia diprofili professionali e percorsi formativi e certificazione delle competenze , si richiama il disposto dell’art. 46,D.Lgs. n. 81/2015, laddove si affronta il tema degli standard formativi e degli standard professionali. In particola-re, da un lato, si rinvia ad apposito decreto interministeriale (art. 46, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015), da emanareprevia intesa con le Regioni, per quanto concerne la definizione degli standard formativi per l’apprendistato per laqualifica professionale e per quello di alta formazione, e dall’altro (art. 46, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015) si ri-manda ad un costituendo organismo tecnico la predisposizione di un repertorio delle professioni al fine di armo -nizzare le diverse qualifiche professionali acquisite nelle diverse tipologie di apprendistato e consentire una corre -lazione tra standard formativi e standard professionali. Occorrerà riflettere sulla coerenza di tale impianto con lenorme regionali in materia già operative sui territori. Peraltro, con riguardo al tema dell’individuazione di requi-siti minimi per l’erogazione della formazione formale, presente nella medesima lettera della delega, si richia-ma l’art. 44, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, che prevede per l’apprendistato professionalizzante una formazioneinterna o esterna all’azienda per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio edisciplinata dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, sentite le parti sociali e tenuto contodel titolo di studio e delle competenze dell'apprendista.

Per quanto concerne l'apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, merita attenzione l’indivi-duazione dei meccanismi in grado di garantire la determinazione dei LEP e l’attuazione uniforme della di-sciplina sul territorio nazionale. In questo senso, occorre sottolineare il rischio che il significativo rimando aicontratti collettivi, attualmente numerosi e fortemente differenziati, possa non conciliarsi con tale principio di uni-formità. Nello specifico, la necessità di adottare misure volte ad assicurare il corretto utilizzo dei contratti diapprendistato, trova un primo riscontro nelle disposizioni finali contenute nell’art. 47, D.Lgs. n. 81/2015, laddo-ve si stabiliscono la sanzioni per i casi di inadempimento da parte dei datori di lavoro dell’erogazione della forma-zione, nonché per le violazioni delle disposizioni contrattuali. Peraltro, il medesimo articolo fa riferimento allapossibilità di assumere con contratto di apprendistato i lavoratori in mobilità, ai fini della loro qualificazione o ri-qualificazione professionale.

VI.8.B. La nuova definizione di apprendistato. Secondo l’art. 41, comma 1, D.Lgs. n.81 /2015, l’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla forma-zione e alla occupazione dei giovani.

L’art. 41, comma 2 , D.Lgs. n. 81/2015 distingue il contratto di apprendistato secondo le se-guenti tipologie:

● apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secon-daria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistatoqualificante);

● apprendistato professionalizzante (c.d. apprendistato professionalizzante);

● apprendistato di alta formazione e ricerca (c.d. apprendistato di alta ricerca).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

inoltre, l'art. 41, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 ha precisato che che le tre tipologiedell’apprendistato mirano ad integrare organicamente, in un sistema duale, formazione e lavoroper l’occupazione dei giovani con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazio-ni professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’art. 8, D.Lgs., 16-01-2013, n. 13,nell’ambito del Quadro Europeo delle Qualificazioni.

VI.8.C. La forma del contratto di apprendistato. Le tre tipologie di apprendistato richiedonola forma scritta del contratto ai fini della prova (cfr., art. 42, comma 1, primo periodo, D.Lgs.n. 81/2015). Inoltre, è previsto che il contratto di apprendistato deve contenere, in forma sintetica, ilpiano formativo individuale definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contratta-zione collettiva o dagli enti bilaterali (cfr., art. 42, comma 1, secondo periodo, D.Lgs. n.81/2015). L’art. 42, comma 1, terzo e quarto periodo, D.Lgs. n. 81/2015 dispone, altresì, che:

● nell’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale enell’apprendistato di alta formazione e ricerca, il piano formativo individuale è predispo-sto dalla istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimentodell’impresa;

● al piano formativo individuale, per la quota a carico dell’istituzione formativa, si provve-de nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vi-gente.

VI.8.D. La durata minima del contratto di apprendistato. Ai sensi dell'art. 42, comma 2,D.Lgs. n. 81/2015, il contratto di apprendistato ha una durata minima non inferiore a sei mesi,fatto salvo quanto previsto per i contratti di apprendistato a tempo determinato volti a favorirel'alternanza scuola-lavoro ex art. 43, comma 8, D.Lgs. n. 81/2015 e per i contratti di apprendistatonelle attività stagionali ex art. 44, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015.

VI.8.E. Le tutele per il licenziamento illegittimo dell'apprendista. Durante l’apprendistato,trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegitti-mo. Nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzio-ne secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, costituisce giustificatomotivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall'isti-tuzione formativa di provenienza (cfr., art. 42, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

VI.8.F. Il recesso al termine del periodo di apprendistato. Il legislatore delegato ha ancheprevisto che, al termine del periodo di apprendistato, le parti possono recedere dal contratto, aisensi di quanto disposto dall’art. 2118 c.c., con un preavviso decorrente dal termine del periododi formazione. Durante il periodo di preavviso, continua a trovare applicazione la disciplina delcontratto di apprendistato. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periododi formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeter-minato (cfr., art. 42, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VI.8.G. I principi generali in materia di apprendistato che devono essere tenuti in conside-razione dalla contrattazione collettiva. Secondo l’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015, la disci-plina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai con-tratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavorocomparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto dei seguenti principi:

● il divieto di retribuzione a cottimo (cfr., art. 42, comma 5, lett. a), D.Lgs. n. 81/2015);

● la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoriaspettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addettia mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al consegui-mento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzio-ne dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio(cfr., art. 42, comma 5, lett. b), D.Lgs. n. 81/2015);

● la presenza di un tutore o referente aziendale (cfr., art. 42, comma 5, lett. c), D.Lgs. n.81/2015);

● la possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramitedei fondi paritetici interprofessionali di cui all’art. 118, Legge, 23-12-2000, n. 388 eall’art. 12, D.Lgs., 10-09-2003, n. 276 e successive modificazioni anche attraverso accordicon le Regioni (cfr., art. 42, comma 5, lett. d), D.Lgs. n. 81/2015);

● la possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percor-so di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini con-trattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei per-corsi di istruzione degli adulti (cfr., art. 42, comma 5, lett. e), D.Lgs. n. 81/2015);

● la registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrat-tuali eventualmente acquisita nel libretto formativo del cittadino di cui all’art. 2, comma1, lett. i ), D.Lgs., 10-09-2003, n. 276 (cfr., art. 42, comma 5, lett. f), D.Lgs. n. 81/2015);

● la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio oaltra causa di sospensione involontaria del rapporto,superiore a trenta giorni, secondoquanto previsto dai contratti collettivi (cfr., art. 42, comma 5, lett. g), D.Lgs. n. 81/2015);

● la possibilità di forme e modalità per la conferma in servizio, senza nuovi o maggiorioneri per la finanza pubblica, al termine del percorso formativo, al fine di ulteriori assun-zioni in apprendistato (cfr., art. 42, comma 5, lett. h), D.Lgs. n. 81/2015).

VI.8.H. Le disposizioni previdenziali ed assistenziali. In tema di previdenza e assistenza so-ciale obbligatoria degli apprendisti, l’art. 42, comma 6, D.Lgs. n. 81/2015 stabilisce che per gliapprendisti l’applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria si estendealle seguenti forme:

• l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

• l'assicurazione contro le malattie;

• l'assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• la maternità;

• l'assegno familiare;

• l'assicurazione sociale per l'impiego.

In relazione a tale ultima assicurazione, in aggiunta a quanto previsto in relazione al regime contributi-vo per le precedenti assicurazioni, ai sensi dell'art. 1, comma 773, Legge, 27-12-2006, n. 296 con effet-to sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2013 è dovuta dai datori di lavoro per gliapprendisti artigiani e non artigiani una contribuzione pari all'1,31% della retribuzione imponibile aifini previdenziali, con riferimento alla quale non opera l'art. 22, comma 1, Legge 12-11-2011, n. 183.

VI.8.I. Il computo degli apprendisti. Ai sensi dell'art. 42, comma 7, D.Lgs. n. 81/2015, ilnumero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di appren-distato, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoronon può superare, in linea generale, il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate equalificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro.

In particolare, tale rapporto non può superare il 100% per i datori di lavoro che occupano unnumero di lavoratori inferiore a dieci unità.

In ogni caso, è esclusa la possibilità di utilizzare apprendisti con contratto di somministra-zione a tempo determinato.

Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati,o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non supe-riore a tre.

Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle imprese artigiane per le qualitrovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 4, Legge, 08-08-1985, n. 443.

In particolare, l’art. 4, Legge, 08-08-1985, n. 443 stabilisce che:

• per l’impresa che non lavora in serie: un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numeronon superiore a 9; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 22 a condizione che le unitàaggiuntive siano apprendisti;

• per l’impresa che lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata: un massimo di 9 di-pendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5; il numero massimo dei dipendenti può es -sere elevato fino a 12 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti;

• per l’impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbi -gliamento su misura: un massimo di 32 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 16;il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 40 a condizione che le unità aggiuntive sianoapprendisti. I settori delle lavorazioni artistiche e tradizionali e dell’abbigliamento su misura;

• per l’impresa di trasporto: un massimo di 8 dipendenti;

• per le imprese di costruzioni edili: un massimo di 10 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero nonsuperiore a 5; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 14 a condizione che le unità ag-giuntive siano apprendisti.

Ai fini del calcolo di detti limiti, l’art. 4, Legge, 08-08-1985, n. 443 stabilisce che:

• non sono computati per un periodo di due anni gli apprendisti passati in qualifica ai sensi della Legge, 19-01-1955, n. 25 (abrogata dal D.Lgs., 14-09-2011, n. 167, e mantenuti in servizio dalla stessa impresa arti-giana;

• non sono computati i lavoratori a domicilio di cui alla Legge, 18-12-1973, n. 877, sempre che non superi-no un terzo dei dipendenti non apprendisti occupati presso l’impresa artigiana;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• sono computati i familiari dell’imprenditore, ancorché partecipanti all’impresa familiare di cui all’art. 230-bis c.c., che svolgano la loro attività di lavoro prevalentemente e professionalmente nell’ambitodell’impresa artigiana;

• sono computati, tranne uno, i soci che svolgono il prevalente lavoro personale nell’impresa artigiana;

• non sono computati i portatori di handicap, fisici, psichici o sensoriali;

• sono computati i dipendenti qualunque sia la mansione svolta.

VI.8.L. La trasformazione dei precedenti rapporti per l'assunzione nuovi apprendisti. L'art.42, comma 8, D.Lgs. n. 81/2015 ha specificato che:

● ferma restando la possibilità per i contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati da as-sociazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di indivi-duare limiti diversi da quelli previsti da quelli previsti dalla norma in esame, soltantoper i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti, l’assunzione di nuovi ap-prendisti con contratto di apprendistato professionalizzante è subordinata alla prose-cuzione, a tempo indeterminato, del rapporto di lavoro al termine del periodo di ap-prendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20% degliapprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro;

● restano esclusi dal computo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova,per dimissioni o per licenziamento per giusta causa;

● qualora non sia rispettata la predetta percentuale è in ogni caso consentita l’assunzionedi un apprendista con contratto professionalizzante;

● gli apprendisti assunti in violazione dei limiti sono considerati ordinari lavoratori su-bordinati a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione del rapporto.

9. Segue. La formazione nell’apprendistato.

VI.9.A. Standard professionali, standard formativi e certificazione delle competenze. L'art.46 D.Lgs. n. 81/2015 prevede specifiche disposizioni in tema di standard professionali, standardformativi e certificazione delle competenze.

In particolare, l'art. 46, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 dispone che con Decreto del Ministrodel Lavoro e delle politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e del-la Ricerca e del Ministro dell'Economia e delle Finanze, previa intesa in sede di Conferenza Perma-nente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, sono defi-niti gli standard formativi dell'apprendistato, che costituiscono livelli essenziali delle prestazioniai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. n. 226/2005.

VI.9.B. Le registrazioni nel libretto formativo del cittadino. La materia è disciplinatadall'art. 46, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, il quale prevede che la registrazione nel libretto forma-tivo del cittadino ex D.Lgs. n. 13/2013, è di competenza:

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● del datore di lavoro, nel contratto di apprendistato professionalizzante, per quanto riguardala formazione effettuata per il conseguimento della qualificazione professionale ai fini con-trattuali;

● dell’istituzione formativa o ente di ricerca di appartenenza dello studente, nel contrattodi apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secon-daria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e nel contratto di ap-prendistato di alta formazione e ricerca.

VI.9.C. Il repertorio delle professioni. Secondo l'art. 46, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, alfine armonizzare le diverse qualifiche e qualificazioni professionali acquisite in apprendistato e con-sentire una correlazione tra standard formativi e standard professionali è istituito presso il Ministe-ro del Lavoro e delle Politiche Sociali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubbli-ca, il repertorio delle professioni predisposto sulla base dei sistemi di classificazione del perso-nale previsti nei contratti collettivi di lavoro e in coerenza con quanto previsto nelle premessedalla intesa tra Governo, Regioni, Province Autonome e parti sociali del 17.02.2010, da un appositoorganismo tecnico di cui fanno parte il Ministero dell’Istruzione, della Università e della Ricerca, leassociazioni dei datori e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e irappresentanti della Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Au-tonome di Trento e Bolzano.

VI.10.B. La mancata formazione. Ai sensi dell'art. 47, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, in casodi inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile ildatore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui agli artt. 43, 44 e45, D.Lgs. n. 81/2015, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione ver-sata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale che sarebbe statoraggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento,con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione. Qualora a seguito di attività divigilanza sul contratto di apprendistato in corso di esecuzione emerga un inadempimento nella ero-gazione della formazione prevista nel piano formativo individuale, il personale ispettivo dell'Ispet-torato Nazionale del Lavoro adotta un provvedimento di disposizione, ai sensi dell'art. 14, D.Lgs.,23-04-2004, n. 124, assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere.

10. Segue. L'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il di-ploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecni-ca superiore (c.d. apprendistato qualificante).

VI.10.A. La nozione. L’art. 43 D.Lgs. n. 81/2015 introduce le disposizioni specifiche riguar-danti il contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istru-zione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendi-stato qualificante).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Tale tipologia di apprendistato è strutturata in modo da coniugare la formazione effettuata inazienda con l'istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative che operanonell'ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione sulla base dei livelli essenziali delle pre-stazioni di cui al D.Lgs., 17-10-2005, n. 226, e di quelli di cui all'art. 46, D.Lgs. n. 81/2015 (cfr.,art. 43, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

VI.10.B. I soggetti che possono essere assunti. Secondo l’art. 43, comma 2, D.Lgs. n.81/2015, possono essere assunti con contratto di apprendistato per la qualifica o per il diploma pro-fessionale, in tutti i settori di attività, anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, i soggettiche abbiano compiuto quindici anni e fino al compimento del venticinquesimo anno di età.

VI.10.C. La durata. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica odel diploma da conseguire e non può in ogni caso essere superiore, per la sua componente formati-va, a tre anni ovvero quattro nel caso di diploma quadriennale regionale.

La facoltà di prorogare la durata dell'apprendistato è disciplinata dall'art. 43, comma 4,D.Lgs. n. 81/2015, il quale stabilisce che, in relazione alle qualificazioni contenute nel repertorionazionale ex art. 8, comma 3, D.Lgs., 16-01-2013, n. 13, i datori di lavoro hanno la facoltà diprorogare fino ad un anno:

● il contratto di apprendistato dei giovani qualificati e diplomati, che hanno concluso po-sitivamente i percorsi della tipologia di apprendistato in esame, per il consolidamento el’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche, utili ancheai fini dell’acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore o del diplo-ma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo di cui all’art. 15,comma 6, D.Lgs. n. 226/2005;

● qualora, al termine dei percorsi dell’apprendistato in questione, l’apprendista non ab-bia conseguito la qualifica, il diploma, il certificato di specializzazione tecnica superio-re o il diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo.

VI.10.D. La regolamentazione dei profili formativi. L'art. 43, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015dispone che la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per la qualifica e il diplo-ma professionale è rimessa alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano, previo ac-cordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome diTrento e di Bolzano. In assenza di tale regolamentazione regionale, l'attivazione dell'apprendistatoper la qualifica e il diploma professionale e del certificato di specializzazione tecnica superiore è ri-messa al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ne disciplina l'esercizio con propri de-creti.

VI.10.E. La stipulazione dell'apprendistato qualificante ai giovani studenti. Il legislatoredelegato ha previsto la possibilità di stipulare contratti apprendistato destinati a giovani studen-ti all'art. 43, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015, secondo il quale possono essere stipulati:

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● i contratti di apprendistato, di durata non superiore a quattro anni, rivolti ai giovaniiscritti a partire dal secondo anno dei percorsi di istruzione secondaria superiore, perl’acquisizione, oltre che del diploma di istruzione secondaria superiore, di ulteriori com-petenze tecnico-professionali rispetto a quelle già previste dai vigenti regolamenti scola-stici, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica su-periore;

● i contratti di apprendistato, di durata non superiore a due anni, per i giovani che fre-quentano il corso annuale integrativo che si conclude con l’esame di Stato, di cui all’art.6, comma 5, D.P.R., 15-03-2010, n. 87.

VI.10.F. Gli adempimenti che i datori lavoro devono effettuare per stipulare i contratti ap-prendistato qualificante. Ai sensi dell'art. 43, comma 6, primo periodo, D.Lgs. n. 81/2015, il da-tore di lavoro che intende stipulare il contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma profes-sionale, il diploma di istruzione secondaria superiore ed il certificato di specializzazione tecnica su-periore deve sottoscrivere un protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto,che stabilisce il contenuto e la durata degli obblighi formativi del datore di lavoro, secondo loschema definito con il Decreto ministeriale di cui all’art. 46, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.

Si evidenzia che tale Decreto ministeriale definisce anche:

• i criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato;

• i requisiti delle imprese nelle quali si svolge e il monte orario massimo del percorso scolastico che può es-sere svolto in apprendistato;

• il numero di ore da effettuare in azienda, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e dellecompetenze delle Regioni e delle Provincie autonome.

VI.10.G. Lo svolgimento dell'apprendistato qualificante nel sistema di istruzione e forma-zione professionale regionale. L’art. 43, comma 6, secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2015 stabilisceche, nell’apprendistato realizzato nell’ambito del sistema di istruzione e formazione professionaleregionale, la formazione esterna all’impresa si svolge, nell’ambito delle risorse umane, finanzia-rie e strumentali disponibili nel rispetto della legislazione vigente, nell’istituzione formativa a cuilo studente è iscritto e non può essere superiore:

● al 60% dell’orario ordinamentale per il secondo anno;

● al 50% per il terzo e quarto anno, nonché per l’anno successivo finalizzato al conse-guimento del certificato di specializzazione tecnica.

VI.10.H. L'obbligo retributivo in capo al datore di lavoro relativamente alle ore di forma-zione. Per quanto concerne l'eventuale retribuibilità delle ore di formazione, l'art. 43, comma 7,D.Lgs. n. 81/2015 statuisce che:

● per le ore di formazione svolte nella istituzione formativa, il datore di lavoro è esone-rato da ogni obbligo retributivo;

● per le ore di formazione a carico del datore di lavoro, è riconosciuta al lavoratore unaretribuzione pari al 10 % di quella che gli sarebbe dovuta;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● sono fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi.

VI.10.I. L'apprendistato qualificante a tempo determinato per attività stagionali. L'art. 43,comma 8, D.Lgs. n. 81/2015 ha previsto che per le Regioni e le Province Autonome di Trento eBolzano che abbiano definito un sistema di alternanza scuola-lavoro, i contratti collettivi stipulatidalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono pre-vedere specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato,per lo svolgimento di attività stagionali.

VI.10.L. La possibilità di trasformare l'apprendistato qualificante in apprendistato profes-sionalizzante. L'art. 43, comma 9, D.Lgs. n. 81/2015 prevede la possibilità di trasformarel'apprendistato qualificante in apprendistato professionalizzante.

Nello specifico, successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma professiona-le ex D.Lgs. 17-10-2005, n. 226, nonché del diploma di istruzione secondaria superiore, allo scopodi conseguire la qualificazione professionale ai fini contrattuali, è possibile la trasformazione delcontratto in apprendistato professionalizzante.

In tal caso, la durata massima complessiva dei due periodi di apprendistato non può eccede-re quella individuata dalla contrattazione collettiva di cui all’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015.

11. Segue. L'apprendistato professionalizzante.

VI.11.A. La nozione. L’art. 44, D.Lgs. n. 81/2015 prevede disposizioni specifiche riguardantiil contratto di a pprendistato professionalizzante.

VI.11.B. I soggetti che possono essere assunti. Secondo l’art. 44, comma 1, primo periodo,D.Lgs. n. 81/2015 possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contrattodi apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualifica professionale a fini con-trattuali i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. Per i soggetti in possessodi una qualifica professionale, conseguita ai sensi del D.Lgs., 17-10-2005, n. 226, il contratto diapprendistato professionalizzante o di mestiere può essere stipulato a partire dal diciassettesimoanno di età.

VI.11.C. La determinazione qualificazione professionale. La qualificazione professionale,al cui conseguimento è finalizzato il contratto di apprendistato in esame, è determinata dalle partidel contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferi-mento dai sistemi di inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associa-zioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (cfr., art. 44, comma 1,secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VI.11.D. La durata e le modalità di erogazione della formazione. L’art. 44, comma 2,D.Lgs. n. 81/2015 dispone che gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ra-gione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, la durata e lemodalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professiona-li e specialistiche in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inqua-dramento del personale, nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componenteformativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per le figure professio-nali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento.

VI.11.E. L'integrazione della formazione professionalizzante. Ai sensi dell’art. 44, comma3, D.Lgs. n. 81/2015, la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la respon-sabilità della azienda, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta for-mativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di basee trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio edisciplinata dalle Regioni sentite le parti sociali e tenuto conto dell’età, del titolo di studio e dellecompetenze dell’apprendista.

Ogni singola Regione deve provvedere a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacin-que giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimentodell’offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previ-ste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibi-li, ai sensi delle Linee Guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Re-gioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano in data 20-02-2014. La comunicazionedell'instaurazione del rapporto di lavoro si intende effettuata dal datore di lavoro ai sensi dell'art. 9-bis , Legge, n. 608/1996.

VI.11.F. La qualifica di maestro artigiano o di mestiere. Le Regioni e le associazioni di cate-goria dei datori di lavoro possono definire, anche nell’ambito della bilateralità, le modalità per il ri -conoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere (cfr., art. 44, comma 4, D.Lgs. n.81/2015).

VI.11.G. I contratti apprendistato a tempo determinato per le attività stagionali. L’art. 44,comma 5, D.Lgs. n. 81/2015 stabilisce che, per i datori di lavoro che svolgono la propria attivitàin cicli stagionali, i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei da-tori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono preve-dere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

12. Segue. L'apprendistato di alta formazione e di ricerca (c.d. apprendista-to di alta ricerca).

VI.12.A. La nozione. L'art. 45 D.Lgs. n. 81/2015 contiene specifiche disposizioni riguardantiil contratto di a pprendistato di alta formazione e di ricerca (c.d. apprendistato di alta ricerca).

In particolare, l'art. 45, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 dispone che possono le assunzioni pertale tipologia di apprendistato sono possibili in tutti i settori di attività, pubblici o privati, per ilconseguimento di:

● titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca;

● diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cui all'art. 7, D.P.C.M., 25-01-2008, per attività di ricerca;

● praticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche.

VI.12.B. I soggetti che possono stipulare il contratto. Secondo l'art. 45, comma 1, D.Lgs. n.81/2015, possono essere assunti i soggetti di età compresa tra i diciotto ed i ventinove anni inpossesso di:

● diploma di istruzione secondaria superiore;

● diploma professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionaleintegrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore;

● diploma di maturità professionale all'esito del corso annuale integrativo.

VI.12.C. Le modalità per costituire il contratto di apprendistato di alta ricerca. Il datore dilavoro che intende stipulare un contratto di apprendistato di alta formazione deve sottoscrivere unprotocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto o con l’ente di ricerca.

Tale protocollo stabilisce la durata e le modalità, anche temporali, della formazione a cari-co del datore di lavoro, secondo lo schema definito con apposito decreto del Ministro dell’Istru-zione, dell’Università e della Ricerca e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, previa intesa insede di Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province Autonome diTrento e Bolzano (cfr. art. 45, comma 2, primo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

Il suddetto protocollo stabilisce, altresì, il numero dei crediti formativi riconoscibili a ciascuno studente perla formazione a carico del datore di lavoro entro il massimo di 60, anche in deroga al limite di cui all’art. 2, comma147, D.L., 03-10-2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla Legge, 24-11-2006, n. 286. I principi e le modalitàdi attribuzione dei crediti formativi sono definiti con il decreto ministeriale poc'anzi citato (cfr. art. 45, comma 2, se-condo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

VI.12.D. La formazione esterna nel contratto apprendistato alta formazione. La formazioneesterna all'azienda è svolta nell'istituzione formativa a cui lo studente è iscritto e nei percorsi diistruzione tecnica superiore e non può, di norma, essere superiore al 60% dell'orario ordinamenta-le (art. 45, comma 2, terzo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VI.12.E. L'obbligo retributivo datore di lavoro. Per le ore di formazione svolte nella istitu-zione formativa, il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo. Per le ore di forma-zione a carico del datore di lavoro, è riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10% odi quella che gli sarebbe dovuta. Sono fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi (art.45, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

VI.12.F. La regolamentazione e durata del periodo di apprendistato per attività di ricercaper percorsi di alta formazione. L'art. 45, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015 rimette alle Regioni e alleProvince Autonome di Trento e Bolzano, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordocon le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresen-tative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative odi ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o re-gionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della forma-zione, della innovazione e del trasferimento tecnologico.

In assenza delle predette regolamentazioni regionali, l’attivazione dell’apprendistato di altaformazione e di ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro odalle loro associazioni con le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative odi ricerca di cui sopra, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

13. Segue. Ulteriori disposizioni sull’apprendistato.

VI.13.A. La contestazione delle sanzioni amministrative. Alla contestazione delle sanzioniamministrative di cui all'art. 47, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 provvedono gli organi di vigilanzache effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza nei modi e nelle forme di cui all'art.13, D.Lgs. 23.4.2004, n. 124, come sostituito dall'art. 33, Legge, 04-11-2010, n. 183. Autoritàcompetente a ricevere il rapporto ai sensi dell'art. 17, Legge, 24-11-1981, n. 689, è la sede territo-rialmente dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro.

VI.13.B. Assenza dal computo della forza lavoro degli apprendisti. Fatte salve specificheprevisioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sonoesclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione diparticolari normative e istituti (cfr., art. 47, comma 3, D.Lgs. n. 81/20157).

VI.13.C. L'apprendistato per i lavoratori in mobilità. Ai fini della loro qualificazione o ri-qualificazione professionale, per l' art. 47, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015 è possibile assumere inapprendistato professionalizzante, senza limiti di età i lavoratori beneficiari di indennità dimobilita' o di un trattamento di disoccupazione.

Per essi trovano applicazione, in deroga alle previsioni di cui all'art. 42, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015:

• le disposizioni in materia di licenziamenti individuali, per tutti i lavoratori;

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

• il regime contributivo agevolato ex art. 25, comma 9, Legge n. 223/1991 e l'incentivo ex art. 8, comma 4,Legge n. 223/1991, per i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità.

VI.13.D. Il mantenimento benefici contributivi in materia di previdenza e assistenza socialeper un anno. I benefici contributivi in materia di previdenza e assistenza sociale permangono perun anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato , conesclusione dei lavoratori beneficiari di mobilita e trattamento di disoccupazione che siano assunticon rapporto di apprendistato (cfr., art. 47, comma 7, D.Lgs. n. 81/2015).

VI.13.E. I datori di lavoro con sedi in più Regioni o Province Autonome. I datori di lavoro chehanno sedi in più Regioni o Province Autonome possono fare riferimento al percorso formativo della Regione dove èubicata la sede legale e possono, altresì, accentrare le comunicazioni di cui all’art. 9-bis Legge n. 608/1996 nel servizioinformatico dove è ubicata la sede legale (cfr., art. 47, comma 8, D.Lgs. n. 81/2015).

VI.13.F. la permanenza delle competenze delle Regioni e Statuto Speciale e delle ProvinceAutonome. Restano in ogni caso ferme le competenze delle Regioni a Statuto Speciale e delle Province Autonome diTrento e di Bolzano, ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione (cfr., art. 47, comma 9, D.Lgs.n. 81/2015).

VI.13.G. La definizione successiva incentivi per assunzioni con rapporto apprendistato. Consuccessivo decreto, ai sensi dell’art. 1, comma 4, lett. a), Legge, 10-12-2014, n. 183, sono definiti gli incentivi per i da-tori di lavoro che assumono con l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione se -condaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e con l’apprendistato di alta formazione e ricerca(cfr., art. 47, comma 10, D.Lgs. n. 81/2015).

14. I contratti di solidarietà.

VI.14. Sono disciplinati dalla Legge, 19-12-1984, n. 863, così come modificata ed integrata dalla Legge, 19-07-1994, n. 451. La finalità dei contratti di solidarietà è quella di evitare la diminuzione dei livelli occupazionali attraversouna generalizzata diminuzione dell'orario di lavoro dei lavoratori occupati nell'impresa, attuata in modo giornaliero, set-timanale, mensile od annuale. I contratti di solidarietà sono di due tipi:

• di carattere difensivo (o congiunturali o interni): con essi la diminuzione dell'orario di lavoro, a frontedella diminuzione delle esigenze produttive, consente di evitare licenziamenti collettivi per esuberanza dipersonale;

• di carattere espansivo (o strutturali o esterni): con essi la diminuzione dell’orario di lavoro consentel’assunzione di nuovo personale per incrementare l’occupazione aziendale.

Ai sensi degli artt. 1 e 2, Legge, n. 863/84 i contratti di solidarietà possono essere conclusi esclusivamente attra-verso la stipula di un contratto collettivo aziendale da parte delle rappresentanze aziendali aderenti alle confederazionimaggiormente rappresentative sul piano nazionale e devono essere autorizzati dal Ministro del Lavoro con proprio de-creto. A stipularli, inoltre, possono essere solo le imprese rientranti nell'ambito di applicabilità della Cassa integrazioneguadagni straordinaria.

Quanto al campo di applicazione dell'istituto, esso varia in ragione dei benefici che vi sono connessi, diversifica-ti a seconda che si tratti di contratto espansivo o di contratto difensivo: nel primo caso i contratti possono essere attuati

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

da qualsiasi tipo di impresa, mentre nel secondo caso essi possono essere attuati solo dalle imprese rientranti nel campodi applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria.

I lavoratori cui possono applicarsi i contratti di solidarietà sono i quadri, gli impiegati, gli operai, i soci dellecooperative di produzione e lavoro, assunti con qualsiasi tipo di rapporto ad eccezione del contratto di formazione e la-voro.

La durata dei contratti è, di regola, pari a 24 mesi.

Valgono, inoltre, le seguenti disposizioni:

• per i lavoratori che vedono diminuire l’orario di lavoro, a seguito di contratto difensivo, la diminuzionecorrispondente della retribuzione viene in parte recuperata attraverso un trattamento d’integrazione sa-lariale che è pari al 60% della retribuzione persa dal lavoratore, per i contratti stipulati successivamen-te alla data del 14-6-1995 (art. 6 comma 3, Legge, n. 608/96);

• per i datori di lavoro il beneficio consiste soprattutto in sgravi contributivi che sono graduati in rapportoal tipo di contratto concluso, alla data di conclusione dell’accordo sindacale, alla ubicazione dell'impresa(centro, nord o sud) e all’entità della riduzione dell’orario.

Infine, si ricorda che, recentemente, l'art. 5, comma 1, Legge, n. 78/2014 ha previsto la possibilità di stabiliremediante apposito decreto interministeriale i criteri per individuare i datori di lavoro beneficiari della riduzione contri -butiva in caso di ricorso al contratto di solidarietà.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO SETTIMO

L’INTERMEDIAZIONE.

LE AGENZIE PER IL LAVORO.

LA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

SOMMARIO: 1. Cenni esplicativi. – 2. Le Agenzie per il Lavoro. – 3. I regimi particolari d’autorizzazione. – 4.Il contratto di somministrazione.

1. Cenni storici.

VII. Fino all’entrata in vigore del D.Lgs., n. 469/1997 l’attività di mediazione tra domanda edofferta di lavoro veniva svolta esclusivamente dallo Stato, attraverso il collocamento della manodo-pera, e ciò per il pericolo di speculazioni e discriminazioni che avrebbero potuto realizzarsi se taleattività di mediazione fosse stata affidata ai privati. Era, pertanto, vietata l’attività di quei soggetti iquali, sostituendosi agli organi pubblici, si interessano (eventualmente previo corrispettivo) per re-clutare ed avviare al lavoro i prestatori subordinati.

Accanto al divieto, oggi abolito, di mediazione privata nel collocamento della manodopera, apresidio della tutela degli interessi della parte debole dei rapporto di lavoro (il prestatore) il nostroordinamento prevede anche il divieto di intermediazione nel rapporto di lavoro. Tale divieto è statodisciplinato, per lungo tempo, dall’art. 2127 c.c. e dalla Legge, 23-10-1960, n. 1369, la quale ultimalegge disciplinava il divieto d’intermediazione e d’interposizione nelle prestazioni di lavoro, in capoa soggetti privati.

Con l’emanazione della Legge, 24-06-1997, n. 196, è stata superata l’ostilità mostrata, per de-cenni dal nostro ordinamento, verso la «mediazione privata» in materia di collocamento della ma-nodopera.

La Legge, n. 196/1997, ha, infatti, previsto e disciplinato il contratto di fornitura di presta-zioni di lavoro temporaneo che viene definito il contratto mediante il quale un’impresa di fornituradi lavoro temporaneo (c.d. impresa fornitrice) pone uno o più lavoratori (c.d. prestatori di lavorotemporaneo), da essa assunti con il contratto in questione, a disposizione di un’impresa che ne uti-lizzi la prestazione lavorativa (c.d. impresa utilizzatrice) per il soddisfacimento di esigenze di carat-tere temporaneo individuate dalla legge stessa.

Tale quadro normativo è totalmente mutato a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs., n.276/03, Infatti, l’art. 85, comma 1, lett. c ), D.Lgs., n. 276/2003, ha abrogato la Legge, 23-10-1960,

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

n. 1369, e l’art. 85, comma 1, lett. f ), D.Lgs., n. 276/2003, ha abrogato gli artt. 1-11, Legge, 24-06-1997, n. 196.

Con il D.Lgs., n. 276/2003, viene introdotto nel nostro ordinamento l'istituto giuridico dellasomministrazione di lavoro, gestito dalle nascenti Agenzie per il Lavoro. In ultimo, gli artt. da 30a 40, D.Lgs. n. 81/2015 hanno riformato la somministrazione di lavoro.

2. Le Agenzie per il Lavoro.

VII.2.A. Il D.Lgs., 10-09-2003, n. 276 demanda ad operatori privati la fornitura dei servizidi collocamento, ricerca mediazione, selezione, orientamento, formazione e somministrazione di la-voro, che potranno affiancare quelli pubblici, cioè, i Centri per l’Impiego, onde favorire l’incontrotra domanda ed offerta di lavoro.

L’intervento dei privati nel mercato del lavoro è sottoposto ad autorizzazioni graduate in baseal tipo d’attività svolte, mentre il nuovo sistema del collocamento pubblico, anch’esso riformato aseguito dell’emanazione del D.Lgs., n. 297/2002, costituirà la spina dorsale di un mercato del lavo-ro accessibile a tutti in condizioni di pari opportunità.

La semplificazione delle procedure di collocamento e l’entrata degli operatori privati consentiranno la prevenzio-ne della disoccupazione e la massima efficacia dei servizi, attraverso un modello che contempla la cooperazione e lacompetizione tra operatori pubblici e privati o convenzionati, accreditati dalla Regioni.

Sarà possibile, in tal modo, contrastare le varie forme d’abusivismo, in quanto la competività degli operatori pri-vati aiuterà a migliorare l’efficienza dei servizi pubblici per l’impiego, cooperando a vantaggio dei soggetti in cercad’occupazione e dei lavoratori svantaggiati e dei disabili.

Fino ad oggi, infatti, gli unici operatori privati aventi funzioni d’intermediazione di manodopera sono state le so-cietà fornitrici di lavoro in interinale. Secondo le disposizioni contenute nel D.Lgs., n. 276/2003, invece, viene a cadereil vincolo dell’esclusività dell’oggetto delle agenzie di lavoro interinale, volto alla sola fornitura di lavoro temporaneo.Infatti, esse diverranno una sorta di collocamento non essendo più obbligate a svolgere, la sola attività di fornitura di la-voro interinale.

È stato istituito un apposito Albo per le Agenzie di Lavoro, articolato in cinque sezioni, presso il quale le stessedevono essere iscritte, previa autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

VII.2.B. Albo delle Agenzie per il Lavoro. L’art. 4, comma 1, D.Lgs., n. 276/2003 forniscela definizione operativa e, per certi versi, burocratica del c.d “albo” cui debbono essere necessaria-mente iscritti tutti quei soggetti che hanno intenzione di operare sul mercato del lavoro.

Tale albo è stato istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (probabil-mente, presso la Divisione I della Direzione Generale per l’Impiego ove, in passato, hanno già fattoriferimento sia le società di lavoro temporaneo che i soggetti privati autorizzati alla mediazione exD.Lgs., n. 469/1997) ed è articolato in cinque sezioni, cosa che comporta la possibilità di chiederedi operare soltanto in un particolare segmento:

● le agenzie di somministrazione di lavoro abilitate a svolgere tutte le attività indivi-duate dall’art. 20, D.Lgs, n. 276/2003.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

● le agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato abilitate a svolgereesclusivamente una delle seguenti attività specifiche.Tali attività sono le seguenti: facchinaggio e pulizia, servizi di vigilanza e custodia, consulenza ed assi-stenza nel settore informatico, progettazione e manutenzione di reti intranet ed extranet, sistemi informati-ci , caricamento dati, software applicativo, assistenza e cura delle persone, ristorazione e portineria, tra-sporto di persone, macchinari e merci, gestione di biblioteche, archivi, magazzini ed economato, consulen-za direzionale, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione, ricerca eselezione del personale, marketing, analisi di mercato, organizzazione della rete commerciale, gestione dicall – center, costruzioni edili all’interno degli stabilimenti, montaggio e smontaggio di impianti e macchi-nari, attività connesse alla fase di avvio degli impianti di nuove attività nelle c.d. “aree Obiettivo 1” previ-ste dal Regolamento CE n. 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999, attività produttive riferite all’edili-zia ed alla cantieristica navale che richiedano più fasi successive di lavorazione e l’impiego di manodope-ra diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell’impresa;

● le agenzie di intermediazione;

● le agenzie di ricerca e selezione di personale;

● le agenzie di supporto alla ricollocazione professionale.

3. I regimi particolari di autorizzazione.

VII.3.A. Soggetti che operano senza finalità di lucro. L’ art. 6, D.Lgs., nr, 276/2003 (cosìcome modificato dall'art. 48, Legge, n. 183/10) traccia, l’iter che debbono seguire altri soggetti (chesi potrebbero definire con un brutto termine “para – pubblici”) ai quali la Legge, n. 30/03, consentedi attivarsi. Possono svolgere attività di intermediazione:

• gli Enti Locali;

• le Università, pubbliche e private;

• gli Istituti di Scuola Secondaria di secondo grado pubblici e privati;

• le Camere di Commercio.

La condizione è che operino senza fine di lucro, che abbiano strutture e professionalità ido-nee, che garantiscano l’interconnessione alla borsa continua nazionale e che inviino ogni informa-zione relativa al funzionamento del mercato del lavoro, così come previsto dall’art. 17, D.Lgs., n.276/2003.

Per quel che riguarda le Fondazioni universitarie il Legislatore delegato ha fatto riferimento all’alta formazionecome oggetto e con una attenzione specifica alle problematiche del mercato del lavoro.

Par di capire, dalla dizione adoperata che è l’assenza del lucro che li esonera dalle procedure di autorizzazione(per cui, se si ipotizzasse un guadagno potrebbero operare soltanto dopo l’iscrizione all’albo).

VII.3.B. Associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori ed enti bilaterali. Lo svolgimentodell’attività di intermediazione a favore dei propri associati è prevista anche per le associazioni deidatori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative e che siano firmatarie dicontratti nazionali di lavoro, per le associazioni in possesso del riconoscimento istituzionale di rile-

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vanza nazionale con oggetto sociale riferito alla tutela ed all’assistenza di attività imprenditoriali,del lavoro e della disabilità e per gli Enti bilaterali.

VII.3.C. Consulenti del lavoro. Per quanto concerne i consulenti del lavoro, l’ordine naziona-le può chiedere l’iscrizione all’albo delle Agenzie per il Lavoro di una Fondazione o di altro sogget-to giuridico dotato di propria personalità, costituito nell’ambito del Consiglio nazionale dei consu-lenti del lavoro per lo svolgimento a livello nazionale di attività di intermediazione.

Non sono richieste garanzie di natura economica ma personali e professionali (disponibilità di locali idonei, ade-guate competenze professionali, assenza di precedenti penali di un certo tipo a carico dei responsabili o degli ammini-stratori, contabilità operativa distinta se il soggetto giuridico costituito svolge più attività, interconnessione con la bancacontinua del lavoro, rispetto della “privacy” dei lavoratori).

4. Il contratto di somministrazione.

VII.4.A. La nozione. L’art. 30 , D.Lgs., n. 81 /2015 definisce il contratto di lavoro sommini-strato come quel contratto con cui un somministratore (cioè, un'agenzia di somministrazione au-torizzata ai sensi del D.Lgs. n. 276/2003), mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavo-ratori suoi dipendenti, che, nel corso della missione, svolgono la propria attività nell’interessenonché sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.

Come appare evidente, la disciplina del rapporto di somministrazione si caratterizza per la suastruttura “trilaterale”. Infatti, per tutta la durata della somministrazione i lavoratori svolgono lapropria attività nell’interesse e sotto il potere direttivo e di controllo dell’utilizzatore.

Se l’assunzione dei prestatori da parte della impresa di somministrazione avviene a tempo indeterminato, glistessi restano a disposizione della stessa nei periodi in cui non svolgono attività ed il rapporto stesso può essere risoltosoltanto per giusta causa o giustificato motivo.

VII.4.B. Il numero massimo di lavoratori somministrati utilizzabili. Innanzi tutto, si eviden-zia che l’art. 31 , commi 1 e 2, D.Lgs., n. 81 /2015 ha confermato la previgente distinzione tra som-ministrazione a tempo indeterminato e determinato, per cui si specifica quanto segue.

Relativamente ai somministrati a tempo indeterminato, l’art. 31 , comma 1, D.Lgs., n.81 /2015 stabilisce che:

● salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, il numero deglistessi in forza presso costui non può eccedere il 20 % del numero dei lavoratori con rap-porto subordinato a tempo indeterminato in forza allo stesso al 1° gennaio dell’anno distipulazione del contratto in somministrazione;

● si applica un arrotondamento del decimale all’unità superiore, qualora esso sia egualeo superiore a 0,5;

● qualora l’attività aziendale abbia inizio nel corso dell’anno, il limite percentuale del20% si computa sul numero dei lavoratori con rapporto subordinato a tempo indetermi-

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nato in forza al momento della stipula del contratto di somministrazione di lavoro atempo indeterminato;

● all’utilizzatore possono essere ceduti a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratoriassunti dal somministratore a tempo indeterminato.

Invece, per quanto riguarda i somministrati a tempo determinato, l’art. 31 , comma 2,D.Lgs., n. 81 /2015 prevede che:

● compete ai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore stabilire i limiti quantitativi diutilizzazione della somministrazione di lavoro a tempo determinato;

● non si contano agli effetti dei limiti quantitativi per la somministrazione a tempo deter-minato i seguenti soggetti:

• i lavoratori di cui all’art. 8, comma 2, Legge n. 223/1991;

• i disoccupati che godono,da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione nonagricola o di ammortizzatori sociali;

• i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dell’art. 2, nn. 4) e 99), delReg. (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17-06-2014, come individuati con ilD.M. (Min. Lavoro) 20-03- 2013.

VII.4.C. L'informazione ai lavoratori somministrati. I lavoratori somministrati sono infor-mati dall'utilizzatore dei posti vacanti presso quest'ultimo, anche mediante un avviso generaleaffisso all'interno dei locali della struttura aziendale dell'utilizzatore medesimo (cfr., art. 31, com-ma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

VII.4.D. La disciplina somministrazione tempo indeterminato presso le Pubbliche Ammini-strazioni. Innanzi tutto, si ricorda che, ai sensi dell'art. 36, D.Lgs. n. 165/2001:

● per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale, lePubbliche Amministrazioni possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di as-sunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti dilavoro subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti;

● ferma restando la competenza delle Pubbliche Amministrazioni in ordine alla individua-zione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposi-zioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia deicontratti di lavoro a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altrirapporti formativi e della somministrazione di lavoro;

● non è consentito ricorrere alla somministrazione di lavoro per l’esercizio di funzioni di-rettive e dirigenziali.

Alla luce di tale quadro normativo, l'art. 31, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015 vieta espressa-mente l’applicazione della disciplina della somministrazione a tempo indeterminato nei con-fronti delle Pubbliche Amministrazioni.

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VII.4.E. Il divieto ricorso somministrazione. Ai sensi dell'art. 32, D.Lgs. n. 81/2015, il ri-corso alla somministrazione di lavoro è vietata nei seguenti casi:

● per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

● presso unità produttive nelle quali, entro i sei mesi precedenti, si è proceduto a licenzia-menti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24, Legge n. 223/1991, riguardanti lavoratori adibi-ti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro, a menoche il contratto venga concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti ov-vero per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, ovvero abbia una durata ini-ziale non superiore a tre mesi;

● presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzio-ne dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, interessanti lavoratoriadibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro;

● da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in appli-cazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (cfr., ades., gli artt. 28 ss., D.Lgs. n. 81/2008).

VII.4.F. La forma del contratto di somministrazione. L'art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015dispone che il contratto di somministrazione deve essere redatto in forma scritta e deve contenere:

• gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore;

• il numero dei lavoratori da somministrare;

• l'indicazione circa eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misuredi prevenzione adottate;

• la data di inizio e la durata prevista della somministrazione di lavoro;

• le mansioni cui saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento;

• il luogo e l'orario di lavoro, nonché il trattamento economico e normativo dei lavorato-ri.

Inoltre, l' art. 33, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015 precisa che l’utilizzatore, con il contratto disomministrazione di lavoro, assume l’obbligo di:

• comunicare al somministratore il trattamento economico e normativo applicabile ai la-voratori suoi dipendenti che svolgono le medesime mansioni dei lavoratori da sommini-strare;

• rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo effettiva-mente sostenuti in favore dei lavoratori.

Infine, l'art. 33, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 prevede che compete al somministratore,all’atto della stipulazione del contratto di lavoro, ovvero all’atto dell’invio presso l’utilizzatore,comunicare per iscritto:

• le informazioni contenute nell'art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015;

• la data di inizio e la durata prevedibile della missione.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VII.4.G. La somministrazione a tempo indeterminato. Rispetto alla disciplina previgente, ilD.Lgs. n. 81/2015 ha esteso la facoltà di ricorso al lavoro somministrato a tempo indeterminato atutte le attività.

Coerentemente, con tle impostazione, l'art. 34, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 ha previsto che,in caso di assunzione con un contratto di somministrazione a tempo indeterminato, il rapporto dilavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina prevista per il rapporto dilavoro a tempo indeterminato.

Nel contratto di lavoro, è determinata l'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quoteorarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali egli rimane in attesa diessere inviato in missione, nella misura prevista dal contratto collettivo applicabile al somministra-tore e comunque non inferiore all'importo fissato con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politi -che Sociali. L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contrattocollettivo.

VII.4.H. La somministrazione a tempo determinato. L'art. 34, comma 2, primo periodo,D.Lgs. n. 81/2015 prevede che, in caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavorotra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina sul lavoro subordinato a tempo de-terminato di cui al Capo III del D.Lgs. n. 81/2015 per quanto compatibile, con esclusione delledisposizioni di cui agli artt. 19, commi 1, 2 e 3, 21, 23 e 24, D.Lgs. n. 81/2015.

Nello specifico, le predette norme escluse dispongono:

• art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, che dichiara essere consentita l’apposizione di un termine alla dura-

ta del contratto di lavoro subordinato;

• art. 19 comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, secondo il quale, ferma restando la diversa previsione dei contratticollettivi, la durata di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato non può superare 36 mesi,cui concorrono sia i rapporti di lavoro subordinato a termine, sia le missioni del lavoro in somministrazio -ne tra le medesime parti con o senza interruzioni, purché per lo svolgimento di mansioni equivalenti;

• art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, per il quale un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessisoggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la sede territorialmente compe-tente dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro;

• art. 21, D.Lgs. n. 81/2015, riguardante le proroghe ed i rinnovi dei rapporti di lavoro subordinato a termi-ne;

• art. 23, D.Lgs. n. 81/2015, concernente il numero complessivo dei rapporti lavoro subordinato a tempodeterminato;

• art. 24, D.Lgs. n. 81/2015, inerente il diritto di precedenza dei lavoratori subordinati a tempo determinato.

Si evidenzia che tali esclusioni sono state ampiamente giustificate dalla Circ. Min. Lav. n. 18/2014, la quale haricordato come la sentenza della Corte di Giustizia UE 11.04.2013 abbia evidenziato la necessità di tenere distinti ilcontratto a tempo determinato dalla somministrazione a tempo determinato, in modo tale che i limiti al primo istitutonon coinvolgano anche il secondo, attesa la distinzione delle relative fonti comunitarie.

In ogni caso, il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può essere prorogato,con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto col-lettivo applicato dal somministratore (cfr., art. 34, comma 2, secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VII.4.I. Il computo dei lavoratori somministrati. I lavoratori somministrati non sono com-putato nell'organico dell'utilizzatore ai fini dell'applicazione di normative di legge o di con-tratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla tutela della salute e della sicurezza sul lavo-ro (cfr., art. 34, comma 3, primo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

In caso di somministrazione di lavoratori disabili per missioni di durata non inferiore a do-dici mesi, i lavoratori somministrati sono computati nella quota di riserva di cui all'art. 3, Legge,12-03-1999, n. 68 (cfr., art. 34, comma 3, secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2015).

VII.4.L. L'inapplicabilità delle disposizioni in materia di procedure di mobilità. Le disposizioni di cui all'art.4, Legge n. 223/1991 – riguardante le procedure di mobilità - non trovano applicazione nel caso di cessazione di unrapporto di lavoro di somministrazione a tempo indeterminato, il quale si applica, invece, l'art. 3, Legge n. 604/1966,concernente il licenziamento per giustificato motivo con preavviso determinato da un notevole inadempimento degliobblighi contrattuali del prestatore di lavoro, ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del la-voro e al regolare funzionamento di essa (cfr., art. 34, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015).

VII.4.M. La tutela del lavoratore, l'esercizio del potere disciplinare ed il regime della soli-darietà. L'art. 35, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 precisa che, per tutta la durata della missione, pres-so l'utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, acondizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti dipari livello dell'utilizzatore.

L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori itrattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsaverso il somministratore (cfr., art. 35, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

I contratti collettivi applicati dall'utilizzatore stabiliscono modalità e criteri per la deter-minazione e corresponsione delle erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nellarealizzazione di programmi concordati tra le parti o collegati all'andamento economico dell'impresa.I lavoratori somministrati hanno, altresì, diritto a fruire dei servizi sociali e assistenziali di cuigodono i dipendenti dell'utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, esclusi quelli il cui go-dimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento diuna determinata anzianità di servizio (cfr., art. 35, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

Ai sensi dell'art. 35, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015, il somministratore informa i lavoratorisui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive e li forma e addestra all'usodelle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell'attività lavorativa per la quale essi ven-gono assunti, in conformità al D.Lgs., 09-04-2008, n. 81. Il contratto di somministrazione può pre-vedere che tale obbligo sia adempiuto dall'utilizzatore. L'utilizzatore osserva nei confronti dei lavo-ratori somministrati gli obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto, per legge e contratto col-lettivo, nei confronti dei propri dipendenti.

Nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni di livello superiore o inferiore a quelle dedot-te in contratto, l'utilizzatore deve darne immediata comunicazione scritta al somministratoreconsegnandone copia al lavoratore medesimo. Ove non abbia adempiuto all'obbligo di informa-zione, l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al lavoratore oc-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

cupato in mansioni superiori e per l'eventuale risarcimento del danno derivante dall'assegnazione amansioni inferiori (cfr., art. 35, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015).

Ai fini dell'esercizio del potere disciplinare, che è riservato al somministratore, l'utilizzatorecomunica al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione ai sensidell'art. 7, Legge n. 300/1970 (cfr., art. 35, comma 6, D.Lgs. n. 81/2015).

L'utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal lavoratore nel-lo svolgimento delle sue mansioni (cfr., art. 35, comma 7, D.Lgs. n. 81/2015).

Infine, ai sensi dell'art. 35, comma 8, D.Lgs. n. 81/2015, è nulla ogni clausola diretta a li-mitare, anche indirettamente, la facoltà dell'utilizzatore di assumere il lavoratore al terminedella sua missione, fatta salva l'ipotesi in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata indennità,secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile al somministratore.

VII.4.N. I diritti sindacali e le garanzie collettive. L'art. 36, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015prevede espressamente che ai lavoratori delle agenzie di somministrazione si applicano i dirittisindacali previsti dalla Legge n. 300/1970, e successive modificazioni.

Il lavoratore somministrato ha diritto a esercitare presso l'utilizzatore, per tutta la durata dellamissione, i diritti di libertà e di attività sindacale, nonché a partecipare alle assemblee del per-sonale dipendente delle imprese utilizzatrici (cfr., art. 36, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

Ogni dodici mesi l'utilizzatore, anche per il tramite della associazione dei datori di lavoroalla quale aderisce o conferisce mandato, comunica alle rappresentanze sindacali aziendali ovveroalla rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delleassociazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero deicontratti di somministrazione di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualificadei lavoratori interessati (cfr., art. 36, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

VII.4.O. Norme previdenziali. Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali, previsti dallevigenti disposizioni legislative, sono a carico del somministratore che, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 49, Legge,09-03-1989, n. 88, è inquadrato nel settore terziario. L'indennità di disponibilità è assoggettata a contribuzioneprevidenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo (cfr., art. 37,comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Il somministratore non è tenuto al versamento della aliquota contributiva di cui all'art. 25, comma 4, Legge,21-12-1978, n. 845 (cfr., art. 37, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

Gli obblighi dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali previsti dal D.P.R., 30-06-1965,n. 1124 sono determinati in relazione al tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I premi e i contributi sono determi-nati in relazione al tasso medio o medio ponderato, stabilito per l'attività svolta dall'impresa utilizzatrice, nella qualesono inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratori somministrati, ovvero in base al tasso medio o medio ponderatodella voce di tariffa corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavoratore somministrato, ove pressol'impresa utilizzatrice la stessa non sia già assicurata (cfr., art. 37, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).

Nel settore agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori domestici, trovano applicazione i criteri di ero-gazione e gli oneri previdenziali e assistenziali previsti dai relativi settori (cfr., art. 37, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VII.4.P. La somministrazione irregolare. L'art. 38 D.Lgs. n. 81/2015 definisce l a sommini-strazione irregolare come quella forma di somministrazione erogata in violazione di alcune specifi-che norme che la regolamentano.

In primo luogo, l'art. 38, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 statuisce che, in mancanza di formascritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i lavoratori sono considerati a tuttigli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore.

Poi, secondo l'art. 38, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, quando la somministrazione di lavoroavvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui ai poc'anzi esaminati artt. 31, commi 1 e 2,32 e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d), D.Lgs. n. 81/2015, il lavoratore può chiedere, anche sol-tanto nei confronti dell'utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze diquest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione. In tale ipotesi, ai sensi dell'art. 38,comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributi-vo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente uti-lizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamen-te pagata. Tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestionedel rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono comecompiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione. Si evidenzia chequest'ultima previsione non trova applicazione nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni (cfr.,art. 38, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015).

VII.4.Q. La decadenza e le tutele. Nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavorocon l'utilizzatore, ai sensi del citato art. 38, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, trovano applicazione le disposizioni dell'art.6, Legge n. 604/1966 e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratoreha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore (cfr., art. 39, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Nel caso in cui il giudice accolga la domanda di cui all'art. 39, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, condanna il datoredi lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misuracompresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo deltrattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 8, Legge n. 604/1966. La predetta indennità risto-ra per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodocompreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore e la pronuncia conla quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro (cfr., art. 39, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

CAPITOLO OTTAVO

IL LAVORO MINORILE.

LE PARITÀ E LE PARI OPPORTUNITÀ.

LA TUTELA DELLA GENITORIALITÀ

SOMMARIO: 1. Il lavoro minorile. – 2. I principi di parità e di pari opportunità.- 3. La tutela della genitorialità.

1. Il lavoro minorile.

VIII.1.A. La tutela del lavoro minorile nel D.Lgs., n. 345/2000 e l’età minima per l’accessoal lavoro. Da sempre, e non solo in Italia, il lavoro dei minori e delle donne è stato oggetto di unanormativa protettiva speciale, per lo più derogatoria di quella ordinaria, in ragione delle peculiariesigenze di tutela accordata a tali categorie di lavoratori.

L'art. 37 Cost. ha affermato che: «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di la-voro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentirel’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino unaspeciale adeguata protezione.

La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità dilavoro, il diritto alla parità di retribuzione».

In applicazione del dettato costituzionale, è stata emanata la Legge, 17-10-1967, n. 977, sulla«tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti».

Tale normativa è stata profondamente modificata per effetto del D.Lgs. 04-08-1999, n. 345(da ultimo integrato e modificato dal D.Lgs., 18-08-2000, n. 262) che, in conformità alla delegacontenuta nella Legge, 24-04-1998, n. 128, ha dato attuazione alla Direttiva, 94/33/CE relativa allaprotezione dei giovani sul lavoro.

La normativa protettiva contenuta nelle Legge, n. 977/1967, come riformata dal D.Lgs., n.345/1999, si applica ai minori di 18 anni, che hanno un contratto di lavoro, anche speciale.

Essa non trova invece applicazione nei confronti degli adolescenti addetti a lavori occasionali o di breve durataconcernenti servizi domestici prestati in ambito familiare o, comunque, prestazioni non nocive e non pericolose rese inimprese a conduzione familiare.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Ai sensi dell'art. 1, Legge, n. 977/1967, come sostituito dall'art. 3, D.Lgs., nr 345/1999, si di-stingue tra:

● bambini, cioè i minori di ambo i sessi, che non hanno compiuto i 15 anni o che sonoancora soggetti all'obbligo scolastico;

● adolescenti, cioè i minori di ambo i sessi, di età compresa tra i 15 e i 18 anni compiuti,non più soggetti all’obbligo scolastico.

Attualmente, l'art. 3, Legge, n. 977/1967 (così, come sostituito dall'art. 5, D.Lgs., n.345/1999), fissa, invece, l'età minima per l'ammissione al lavoro al momento in cui il minoreha concluso il periodo di istruzione obbligatoria, stabilendo che essa, comunque, non può essereinferiore ai 15 anni compiuti.

Pertanto, come espressamente disposto dal successivo art. 4, Legge, n. 977/1967, è vietatoadibire al lavoro bambini, cioè soggetti di età inferiore a 15 anni che non hanno ancora ultimato lascuola dell'obbligo.

In pratica, con il D.Lgs., n. 345/1999, è stato introdotto nell'ordinamento il principio per cui l'età minima perl’accesso al lavoro non può collocarsi al di sotto di quella in cui cessa l’obbligo scolastico. Quindi, per determinare illimite di età per la legittima instaurazione di un rapporto di lavoro con un minore, bisogna accertare due requisiti distintie cioè: che il soggetto abbia compiuto i 15 anni di età e che abbia assolto l'obbligo scolastico (cfr., Circ. Min. Lav., n.1/2000).

Tale previsione si è poi intrecciata alla normativa emanata in materia di istruzione (cfr., Legge, 10-02-2000, n.30 e Legge, 20-01-1999, n. 9) e di formazione professionale, che, in sostanza, prevedeva l'elevazione a 10 annidell’obbligo scolastico e l’obbligo di seguire attività formative fino al diciottesimo anno di età (cfr., art. 68 Legge, n.144/1999 e D.P.R. 12-07-2000, n. 257), con un particolare meccanismo che avrebbe dovuto garantire il passaggio dal si-stema dell'istruzione a quello della formazione professionale. Sicché tali disposizioni sono state espressamente abrogatedalla recente Legge, 28-03-2003, n. 53, recante «Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istru-zione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale», ed è quindi subordi-nata alla concreta operatività della nuova riforma anche la previsione del D.Lgs., n. 345/1999, circa il requisitodell’assolvimento dell'obbligo scolastico che resta, per il momento, di durata novennale.

Si evidenzia che, per quanto concerne l'assolvimento dell’obbligo scolastico mediante la conclusione del periodod'istruzione obbligatoria, il nuovo sistema educativo, delineato all'art. 2, Legge, n. 53/2003, prevede il diritto all’istru-zione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesi-mo anno di età, da attuarsi nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale. II sistema edu-cativo di istruzione e di formazione sarà articolato:

• nella scuola dell'infanzia, di durata triennale;

• in un primo ciclo, suddiviso nella scuola primaria, della durata di cinque anni, e nella scuola secondaria di

primo grado, della durata di tre anni;

• in un secondo ciclo, articolato nel sistema dei licei, di durata quinquennale, e nel sistema dell'istruzione e

della formazione professionale.

Al riguardo, si prevede che «dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possonoconseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato». Inoltre, dovrà essere assicurata la possibilità «dipassare dal sistema dei licei al sistema dell'istruzione e della formazione professionale, e viceversa», potendosi svolgerel'intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso «l'alternanza di periodi di studio e di lavoro».

VIII.1.B. Le lavorazioni vietate e la tutela dell’integrità psico- fisica del lavoratore minore.L'art. 6, Legge, n. 977/1967 stabilisce il divieto di adibire gli adolescenti alle lavorazioni e ai la-vori potenzialmente pregiudizievoli per il pieno sviluppo fisico del minore.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Per i bambini, il divieto d'adibizione a lavorazioni nocive discende dal più generale divieto diessere adibiti a qualsiasi tipo di attività lavorativa (salvo rare eccezioni).

Le attività vietate dalla legge sono indicate nell'Allegato I della Legge, n. 977/1967, introdotto dal D.Lgs., n.345/99 e successivamente modificato dal D.Lgs., n. 262/00.

Tuttavia, in deroga al divieto è previsto che le lavorazioni, i processi e i lavori indicati nell'allegato I possono es-sere svolti dagli adolescenti (almeno 15 anni compiuti) per indispensabili motivi didattici o di formazione professionalee per il tempo necessario alla formazione stessa svolta in aula o in laboratorio, oppure svolte in ambienti di lavoro di di-retta pertinenza del datore di lavoro dell'apprendista purché siano svolti sotto la sorveglianza di formatori competentianche in materia di prevenzione e di protezione dei rischi per la salute umana e nel rispetto di tutte le condizioni di sicu-rezza e di salute previste dalla legislazione vigente (cfr., art. 6, Legge, n. 977/1967, così come sostituito dall'art. 7, com-ma 1, D.Lgs., n. 345/1999, così come sostituito, a sua volta, dall'art. 1 comma 1, D . Lgs., n. 262/2000).

Fatta eccezione per gli istituti di istruzione e formazione professionale, l'attività di cui sopra deve essere preven-tivamente autorizzata dalla Direzione Provinciale del Lavoro, previo parere dell'A.S.L. in ordine al rispetto, da parte deldatore di lavoro richiedente, della normativa in materia d'igiene e di sicurezza sul lavoro.

È stabilito che la generale valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza del lavoratori, cui è obbligato il da-tore di lavoro ai sensi del D.Lgs., n. 81/2008, deve essere effettuata considerando gli specifici rischi per i lavoratori mi-nori, ove essi siano presenti.

È, inoltre, previsto l'obbligo di valutare l’idoneità alla mansione del minore attraverso visitemediche preassuntive e periodiche (cfr., art. 8, Legge, n. 977/1967, così come sostituito dall’art. 9,comma 1, D.Lgs., n. 345/1999, a sua volta sostituito dall'art. 2, D.Lgs., n. 262/2000).

I bambini, nei casi in cui siano eccezionalmente autorizzati a prestare attività lavorativa, e gliadolescenti, possono essere ammessi al lavoro purché siano riconosciuti idonei all'attività lavorativacui saranno adibiti, a seguito di apposite visite mediche. L'idoneità all'attività lavorativa dei minorideve permanere per tutta la durata del rapporto, per cui essi dovranno sottoporsi a visite periodichead intervalli non superiori a un anno.

Lo svolgimento del rapporto di lavoro del minore, giudicato idoneo alla specifica attività la-vorativa, avviene secondo la disciplina normativa del lavoro vigente per la generalità dei lavorato-ri, salvo deroghe ed eccezioni più favorevoli disposte dalla legge o dalla contrattazione collettivavolte a tutelare o garantire le peculiari esigenze di questa particolare tipologia di lavoratori.

In specie, in base al dettato dell’art. 36 Cost., ai minori lavoratori deve essere assicurata laparità di trattamento retributivo a parità di lavoro, non essendo ammessi trattamenti differen-ziati in base all'età, come invece in passato accadeva.

In materia di orario di lavoro, restano immodificati i limiti già previsti dall'art. 18, Legge, n.977/1967, secondo il quale per i bambini, nei casi eccezionali in cui siano autorizzati a prestare atti-vità lavorativa, l'orario di lavoro non può superare le 7 ore giornaliere e le 35 ore settimanali, men-tre per gli adolescenti non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 ore settimanali.

Ai minori deve, altresì, essere riconosciuto un periodo di riposo settimanale di almeno 2 gior-ni, possibilmente consecutivi e comprendenti la domenica.

È vietato poi adibire (salvo casi eccezionali) i minori al lavoro notturno, laddove con il termi-ne notte si intende «il periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l'intervallo tra le ore 22 ele ore 6, o tra le 23 e le ore 7», salvo particolari eccezioni per i minori che siano parte di un contrat-to di apprendistato.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

2. I principi di parità e di pari opportunità.

VIII.2. Come è stato già precedentemente sottolineato, soltanto con l’entrata in vigoredell'art. 37 Cost., la parità normativa e retributiva (quest’ultima a parità di lavoro) fra lavoratori elavoratrici; alla donna lavoratrice, inoltre, devono essere assicurate condizioni di lavoro che le con-sentano «l’adempimento della sua essenziale funzione familiare» ed assicurino una speciale adegua-ta protezione alla madre ed al bambino. Tali principi hanno trovato applicazione, in sede di legisla-zione ordinaria, con l'emanazione del D.Lgs., 11-04-2006, n. 198, meglio noto come il “Codice del-le pari opportunità tra uomo e donna”.

A conferma dell’attualità di tale orientamento, si pone anche il recente intervento di modifica dei Titolo V dellaCostituzione: l'art. 117, comma 7, Cost. (così come sostituito dalla Legge Cost., n. 3/2001) prevede che «le leggi regio-nali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale edeconomica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive».

L'innovazione costituzionale è rappresentata dal fatto che la specialità della tutela riguardaesclusivamente la lavoratrice madre, mentre viene affermato il principio fondamentale di ugua-glianza fra i lavoratori dei due sessi.

Senonché, a lungo, nonostante la scelta costituzionale, la disciplina protettiva della precedente Legge, 26-04-1934, n. 653, con la quale vennero emanate «disposizioni relative alle condizioni di lavoro delle donne e dei fanciulli»che equiparavano, in sostanza, la condizione di «debolezza» di tali categorie di lavoratori, è rimasta sostanzialmente im-mutata. Solo con la Legge, 26-08-1950, n. 860, sono state emanate le nuove disposizioni per la «tutela fisica ed econo-mica delle lavoratrici madri», normativa successivamente ampliata con la Legge, 30-12-1971, n. 1204 e con ilD.Lgs., 25-11-1996, n. 645.

Tutta la materia della tutela della lavoratrice madre è stata riformata, dapprima con la Legge,08-03-2000, n. 53 e successivamente con l'emanazione del D.Lgs., 26-03-2001, n. 151 (Testo Unicodelle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità), cheha coordinato e integrato in un unico testo legislativo le disposizioni in materia di: tutela della salu-te della lavoratrice, congedo di maternità e paternità, congedo parentale, riposi e permessi, conge-di per la malattia del figlio, lavoro notturno, divieto di licenziamento etc..

Le disposizioni che precedentemente disciplinavano le suddette materie sono state abrogate (in particolare, laLegge, n. 1204/1971, la Legge, n. 546/1987, il D.Lgs., n. 645/1996 e diverse disposizioni della Legge, n. 903/1977 edella Legge, n. 53/2000) e sostituite con quelle contenute nel Testo Unico.

VIII.2.A. La parità uomo-donna. Tutte le norme in materia di tutela della donna lavoratricehanno assunto, comunque, come dato fondamentale, che la cura dei figli e le connesse attività fami-liari sono compiti prevalenti o esclusivi della donna, e su questo presupposto prevedono una seriedi rimedi assistenziali economici e normativi per evitare che l'assolvimento di tali compiti pregiudi-chi oltre un certo punto i livelli di reddito della donna occupata e la sua possibilità di continuare illavoro, dopo il periodo iniziale di vita del bambino.

Una parziale inversione di tendenza è stata attuata dal legislatore con la Legge, 09-12-1977,n. 903, sulla «parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro», pur avvertendosi an-cora profonda l'esigenza che, in attuazione dei principi costituzionali (in particolare, l’art. 3, com-ma 2, legge, n. 903/1977), con interventi più vasti a livello di politica economica e sociale, si creinoi presupposti per una maggiore autonomia della donna sul piano personale, professionale ed econo-mico.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Le fondamentali caratteristiche e innovazioni della Legge, n. 903/1977, alcune delle qualisono riprodotte nel D.Lgs., n. 151/2001 (c.d. “Testo Unico delle disposizioni in materia di tuteladella maternità e paternità”) si concretano nel:

• divieto di qualsiasi discriminazione (cfr., artt. 1 e 3, D.Lgs. n. 151/2001);

• diritto alla stessa retribuzione dell'uomo a parità di lavoro (cfr., art. 2, D.Lgs. n. 151/2001);

• diritto di rinunciare all'anticipazione del pensionamento e di optare per il proseguimento del lavoro fino

agli stessi limiti di età previsti per gli uomini (cfr., art. 4, D.Lgs. n. 151/2001);

• mantenimento del divieto di lavoro notturno. Tuttavia, a seguito del D.Lgs., n. 532/1999, attualmente non

è più operante un divieto generale di lavoro notturno per le lavoratrici, essendo esso vietato soltanto nelperiodo della gravidanza fino ad un anno di età del bambino (cfr., art. 53, D.Lgs., n. 151/2001);

• corresponsione degli assegni familiari, aggiunte di famiglia e maggiorazioni per familiari a carico, in alter-

nativa, alla donna lavoratrice (cfr., art. 9, D.Lgs. n. 151/2001).

VIII.2.B. Le pari opportunità. Un ulteriore passo in avanti per la realizzazione della parità trauomo e donna nel lavoro è stato compiuto dal legislatore con l'emanazione della Legge, 10-04-1991, n. 125 (Azioni positive per la parità uomo-donna nel lavoro). Tale normativa si caratterizzaper il dichiarato scopo di rimuovere gli ostacoli che, di fatto, impediscono la realizzazione della pa-rità, formalmente affermata ma concretamente non esistente.

Per realizzare tale finalità, l'art. 1, Legge, n. 125/1991 prevede l'adozione di «azioni positiveper le donne» con lo scopo di:

• eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressionein carriera etc.;

• favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne, anche nel campo del lavoro autonomo edimprenditoriale;

• superare condizioni di organizzazione e distribuzione del lavoro di fatto pregiudizievoli per l'avanzamentoprofessionale, di carriera ed economico della donna;

• promuovere l'inserimento della donna in attività professionali ove è sotto rappresentata;

• favorire, anche mediante diversa organizzazione delle condizioni e tempo del lavoro, l’equilibrio e la mi-gliore ripartizione tra responsabilità familiari e professionali dei due sessi.

La legge prevede che le predette azioni positive siano stimolate ed attivate dalle imprese, daloro consorzi, dalle associazioni sindacali, dai Centri di formazione professionale, nonché dal Co-mitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportuni-tà tra uomo e donna.

Inoltre, la normativa vivifica e potenzia la figura del consigliere di parità (ex D.Lgs., n.198/2006) che, nella qualità di pubblico funzionario, ha il compito di agire per favorire l’occupa-zione femminile, rimuovere gli ostacoli alla realizzazione della piena eguaglianza tra i sessi nei luo-ghi di lavoro, accertare la distribuzione occupazionale allo stato delle assunzioni e, dunque in so-stanza, attuare le finalità della Legge, n. 125/1991.

In attuazione della delega contenuta nell’art. 47, Legge, n. 144/1999, il D.Lgs., 23-05-2000, n. 196, ha innovatola disciplina delle attività delle consigliere e dei consiglieri di parità che devono essere nominati a livello nazionale, re-gionale o territoriale, stabilendone compiti e funzioni ed istituendo la Rete nazionale dei consiglieri e delle consiglieredi parità.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VIII.2.C. La tutela processuale contro le discriminazioni di genere. Al consigliere di paritàè, peraltro, riconosciuta la legittimazione ad agire in giudizio, dinanzi al Giudice del Lavoro, su de-lega della lavoratrice, nei giudizi promossi contro le discriminazioni di genere sul lavoro.

In tal modo, la Legge, n. 125/1991, ha inteso offrire anche sul piano processuale una tutelarafforzata rispetto alla tutela antidiscriminatoria prevista dalla Legge, n. 903/1977.

Infatti, l'art. 15, Legge, n. 903 /1977 , che, in caso di azioni in giudizio contro comportamentiantidiscriminatori promosse su ricorso del lavoratore o per sua delega delle organizzazioni sindaca-li, il giudice, ritenendo sussistente la violazione, possa ordinare la cessazione del comportamento il-legittimo e la rimozione degli effetti.

Invece, l'art. 4, Legge, n. 125/1991 (integralmente sostituito dall'art. 8, D.Lgs., n. 196/2000),come detto, accorda una tutela che si presenta rafforzata per la previsione sia dell'inversionedell'onere di prova (è il datore convenuto in giudizio che deve provare l’insussistenza della discri-minazione) sia per la possibilità dell'intervento del consigliere di parità.

Ai sensi dell'art. 4, Legge, n. 125/1991, la discriminazione di genere si sostanzia in «qual-siasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche invia indiretta le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso».

Sul piano processuale è stabilito:

• il tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c. o ex art. 69 bis , D.Lgs., n. 165/2001 può essere esperito, in

luogo delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, anche tramite il consigliere o laconsigliera di parità provinciale o regionale territorialmente competente;

• i consiglieri hanno la facoltà di ricorrere innanzi al giudice del lavoro (od al T.A.R. per i rapporti rimasti

nella relativa competenza) territorialmente competente, su delega della persona che vi ha interesse, ovve-ro di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima.

Inoltre, al consigliere è attribuito un autonomo potere d’azione ove venga rilevata l'esistenza di atti o comporta-menti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato ediretto le lavoratrici e i lavoratori lesi. È possibile, in particolare, distinguere tre diversi procedimenti:

• prima di agire in giudizio, possono chiedere all'autore della discriminazione un piano di rimozione delle

discriminazioni accertate entro un termine non superiore a 120 giorni, sentite le R.S.A. o le associazionilocali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Se il pianoè considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la consigliera o il consigliere di parità promuo-ve il tentativo obbligatorio di conciliazione il cui verbale, acquista forza di titolo esecutivo con decreto delTribunale;

• qualora, invece, le consigliere o i consiglieri di parità non intendano avvalersi della suddetta procedura di

conciliazione oppure, in caso di esito negativo della stessa, possono proporre ricorso davanti al Tribunalein funzione di Giudice del Lavoro. II Giudice, nella sentenza che accerta la discriminazione, ordinaall'autore di definire un piano di rimozione della stessa, sentite le R.S.A. ovvero, in loro assenza, gli orga-nismi locali aderenti alle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative sul piano na-zionale, nonché la consigliera o il consigliere di parità regionale competente per territorio o il consigliere ola consigliera nazionale;

• il consigliere o la consigliera di parità, inoltre, in via d'urgenza, possono proporre ricorso davanti al Tri-

bunale in funzione di giudice del lavoro o al T.A.R. territorialmente competente. In tal caso, il Giudice, neidue giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, ove ritenga sussistente la di-scriminazione, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, ordina all'autore la cessazione delcomportamento pregiudizievole ed adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle di-scriminazioni accertate. Contro tale decreto, entro 15 giorni dalla comunicazione alle parti, è ammessa op-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

posizione avanti alla medesima autorità giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenzaimmediatamente esecutiva.

3. La tutela della genitorialità.

VIII.3.A. Il dato normativo. Il nostro ordinamento ha da sempre tutelato l’assolvimento deicompiti di maternità e cura dei figli ritenendo essenziale la funzione familiare svolta dalla donna.Per siffatta ragione, il legislatore ha inteso evitare, attraverso una normativa protezionistica specia-le, che dallo svolgimento di tali attività possano derivare per la madre lavoratrice conseguenze di-scriminatorie e penalizzanti.

Le disposizioni in materia di tutela del ruolo socio-familiare della lavoratrice, contenute so-prattutto nella Legge, 30-12-1971, n. 1204 sulla «tutela delle lavoratrici madri» e nella Legge, 08-03-2000, n. 53 (c.d. legge sui congedi parentali) recante «Disposizioni per il sostegno della mater-nità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi del-le città», sono state innovate e parzialmente trasfuse nel Testo Unico per la tutela ed il sostegnodella maternità e della paternità emanato con il D.Lgs., 26-03-2001, n. 151, che ha abrogato laprecedente normativa ed improntato la tutela al principio di un’effettiva parità di ruoli all'internodella famiglia.

In seguito, una seconda riorganizzazione della disciplina è stata operata dal D.Lgs. n.119/2011, attuativo della delega contenuta nella L. n. 183/2010 (il c.d. “Collegato Lavoro”), con ilquale sono stati modificati diversi articoli del D.Lgs. n. 151/2001, riordinando e razionalizzando ladisciplina dei congedi, delle aspettative e dei permessi.

Il D.Lgs., n. 151/2001 ha, poi, subito ulteriori modifiche ad opera della Legge n. 92/2012 (lac.d. “Riforma Fornero”), la cui ratio è stata quella di favorire l’inclusione e la permanenza femmini-le nel mercato del lavoro e di incedere sul riequilibrio di genere nei carichi di cura.

In ultimo, il D.Lgs. n. 151/2001 è stato nuovamente riformato dal D.Lgs., 15-06-2015, n. 80,il quale ha disposto l'introduzione si alcune misure sperimentali volte a tutelare la maternità delle la-voratrici, confermando lo spostamento di baricentro, con questo riferimento netto alla maternità enon anche alla paternità o alla genitorialità più in generale e a favorire le opportunità di conciliazio-ne dei tempi di vita e di lavoro. Si tratta di una scelta legislativa operata in controtendenza rispettoallo spirito originario del D.Lgs., n. 151/2001, il quale aveva in precedenza sempre riconosciuto an-che al padre lavoratore la possibilità di fruire delle forme di tutela previste dalla legge a favore dellelavoratrici madri.

Il D.Lgs., n. 151/2001, contiene anche una serie di norme che disciplinano l'estensione (per gli aspetti previden-ziali) della tutela, originariamente applicata solo nei confronti delle lavoratrici subordinate, anche alle lavoratrici auto-nome e alle imprenditrici agricole, alle libere professioniste ed alle titolari di rapporti atipici o discontinui.

Al riguardo, va fatto notare il rilevante ruolo della giurisprudenza che ha contribuito a rafforzare nel tempo la tu-tela accordata alle lavoratrici in stato di gravidanza. Tra le pronunce più significative si ricorda che la sentenza CorteCost. 12-09-1995, n. 423 ha disposto che ai fini dei calcolo per l'anzianità lavorativa utile al conseguimento dell'inden-nità di mobilità siano da includere anche i periodi di gravidanza e puerperio. In seguito, la sentenza Corte Cost. n.270/1999 ha statuito che l'indennità spetta per il periodo complessivo di cinque mesi anche nel caso di parto prematuro.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

VIII.3.B. Il congedo di maternità e di paternità. La normativa prevede un periodo di asten-sione obbligatoria, c.d. congedo di maternità, in cui è fatto divieto assoluto di adibire al lavoro ledonne e che, normalmente, si estende ai due mesi precedenti la data presunta del parto e durante itre mesi dopo il parto.

Si evidenzia che il congedo di maternità opera anche in caso d’adozione od affidamento(cfr., art. 26, D.Lgs. n. 151/2001).

In particolare, ai sensi dell'art. 26, D.Lgs. n. 151/2001:

• il congedo di maternità spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano

adottato un minore;

• in caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi

all'effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice;

• in caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, du-

rante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativialla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro icinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia;

• la lavoratrice che, per il periodo di permanenza all'estero , non richieda o richieda solo in parte il congedo

di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità;

• l'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del perio-

do di permanenza all'estero della lavoratrice;

• nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesi dall'affidamento, per un

periodo massimo di tre mesi;

• il rinvio o la sospensione del congedo di maternità ex art. 16-bis, D.Lgs. n. 151/2001 trova applicazione

anche al congedo di maternità disciplinato dalla norma in esame.

Il divieto di adibire le donne al lavoro vige, ai sensi dell'art. 16, D.Lgs., n. 151/2001:

● durante i due mesi precedenti la data presunta del parto , fatta salva la flessibilità delcongedo di maternità ex art. 20, D.Lgs. n. 151/2001 (cfr., art. 16 , comma 1, lett. a),D.Lgs., n. 151/2001);

● ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presuntae la data effettiva del parto (cfr., art. 16 , comma 1, lett. b), D.Lgs., n. 151/2001);

● durante i tre mesi dopo il parto, fatta salva la flessibilità del congedo di maternità exart. 20, D.Lgs. n. 151/2001 (cfr., art. 16 , comma 1, lett. c), D.Lgs., n. 151/2001);

● durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anti-cipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo dimaternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui all'art. 16, comma 1,le lett. a) e c), D.Lgs. n. 151/2001 superi il limite complessivo di cinque mesi (cfr., art.16 , comma 1, lett. e), D.Lgs., n. 151/2001).

È possibile rinviare o sospendere il congedo di maternità, in caso di ricovero del neonatoin una struttura pubblica o privata. Infatti, in tal caso, la madre ha diritto di chiedere la sospensionedel congedo di maternità per il periodo di cui all'art. 16, comma 1, lettere c) e d), D.Lgs. n.151/2001 e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino (cfr., art.16-bis , comma 1, D.Lgs., n. 151/2001). Tale diritto può essere esercitato una sola volta per ognifiglio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello sta-

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

to di salute della donna con la ripresa dell'attività lavorativa (cfr., art. 16-bis , comma 2, D.Lgs., n.151/2001).

Il divieto può ance essere è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando lelavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da rite-nersi gravosi o pregiudizievoli; una anticipazione anche superiore del congedo può essere prescrittaquando vi siano gravi complicanze della gravidanza o l'impossibilità di adibire la lavoratrice a man-sioni non pregiudizievoli per la salute della lavoratrice e del bambino (cfr., art. 17, D.Lgs., n.151/2001).

Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltàdi godere di una astensione flessibile, posticipando il congedo al mese precedente la data pre-sunta dei parto e proseguendo nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che non vi sia-no controindicazioni per la salute della gestante e del nascituro (cfr., art. 20, D.Lgs., n. 151/2001).

Al padre lavoratore è riconosciuto il congedo di paternità, ovvero il diritto ad astenersi dallavoro per tutta la durata del congedo di maternità, o per la parte residua che sarebbe spettata alla la-voratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, ovvero di abbandono o affidamen-to esclusivo del bambino al padre (cfr., art. 28, comma 1, D.Lgs., n. 151/2001).

Per tutto il periodo del congedo di maternità e di paternità spetta alle lavoratrici e/o ai lavora-tori un’indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione. Inoltre, tali periodi sono computatinell'anzianità di servizi a tutti gli effetti (T.F.R., ferie etc.).

VIII.3.C. I congedi parentali. L'art. 32, D.Lgs., n. 151/2001, ha riformulato, in aderenza conquanto già previsto dalla Legge, n. 53/2000, in materia di congedi parentali, le previgenti disposi-zioni relative alla cd. astensione facoltativa (art. 1, Legge, n. 1204/1971). Attualmente, è previsto uncongedo della durata massima cumulativa di 10 mesi, fruibile in alternativa dal padre o dalla ma-dre, nei primi dodici anni di vita del bambino.

La lavoratrice madre od, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità accer-tata, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del congedo parentale a condizione che il bambino non sia ricoveratoa tempo pieno presso istituti specializzati.

Il congedo parentale spetta anche per le adozioni e gli affidamenti. Infatti, in tali ipotesi il congedo parentale puòessere fruito nei primi tre anni dall'ingresso dei minore nel nucleo familiare. Inoltre, il limite di età dei bambino per ildiritto all'indennità dei 30% è elevato a sei anni.

In particolare, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

● alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo obbligatorio di maternità, per unperiodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi (cfr., art. 32 , comma 1, lett.a), D.Lgs., n. 151/2001);

● al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionatonon superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso in cui il padre lavoratore eserciti ildiritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tremesi (per cui il congedo complessivo sale a undici mesi) (cfr., art. 32 , comma 1, lett.b), D.Lgs., n. 151/2001);

● qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiorea dieci mesi (cfr., art. 32 , comma 1, lett. c), D.Lgs., n. 151/2001).

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

Per i periodi di congedo parentale alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno divita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivotra i genitori di sei mesi. Invece, per i periodi successivi a sei mesi, l'indennità spetta soltanto se ilreddito dell'interessato sia inferiore ad un certo valore.

VIII.3.D. I congedi per la malattia del figlio. L'art. 47, D.Lgs., n. 151/2001, prevede la pos-sibilità per entrambi i genitori, ma alternativamente, di astenersi dal lavoro:

● per figli di età inferiore a tre anni, per periodi corrispondenti alle malattie di cia-scun figlio;

● per figli di età superiore a tre anni e fino a otto anni, nel limite di 5 giorni lavorativiall'anno per ciascun genitore, alternativamente, e per ogni figlio.

Inoltre, la legge stabilisce che la malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richie-sta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di fruizione dei congedo per malattia.

I suddetti congedi sono computati nell'anzianità di servizio, con esclusione degli effetti relativi alle ferie e allatredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.

VIII.3.E. I riposi e i permessi. Durante il primo anno di vita del bambino, i lavoratori posso-no fruire di due periodi di riposo retribuiti, anche cumulabili durante la giornata (il riposo è unosolo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore), della durata di un’ora ciascuno, con-siderati a tutti gli effetti ore lavorative (cfr., art. 39, D.Lgs., n. 151/2001). Durante tali periodi la la-voratrice può uscire dall'azienda (cd. permessi per allattamento).

I periodi di riposo sono riconosciuti al padre lavoratore (cfr., art. 40, D.Lgs., n. 151/2001):

• nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;

• in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;

• nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;

• in caso di morte o di grave infermità della madre.

In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle ordinarie posso-no essere utilizzate anche dal padre.

VIII.3.F. Il divieto di licenziamento, le dimissioni e il diritto al rientro. Gli artt. 54 e 56,D.Lgs., n. 151/2001, coordinano le previgenti disposizioni (artt. 2 e 31, Legge, n. 1204/1971, art. 6-bis , Legge, n. 903/1977, art. 2, D.Lgs., n. 566/1994 ed art. 18, Legge, n. 53/2000) in materia di di-vieto di licenziamento e di controllo sulle dimissioni della lavoratrice in gravidanza e puerperio.

In particolare, è confermato il divieto assoluto di licenziamento, nonché di sospensione dallavoro e di collocazione in mobilità, delle lavoratrici dall’inizio del periodo di gravidanza fino altermine del periodo di congedo obbligatorio, nonché fino al compimento di un anno di età dei bam-bino.

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ELEMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO

In caso di fruizione del congedo di paternità, il divieto di licenziamento si applica anche alpadre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di etàdel bambino (cfr., art. 54, comma 7 D.Lgs., n. 151/2001). È, altresì, vietato il licenziamento causa-to dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte del-la lavoratrice o del lavoratore (cfr., art. 54, comma 6, D.Lgs., n. 151/2001).

La tutela contro il licenziamento illegittimo, prevista dall'art. 54, D.Lgs., n. 151/2001, s'applica anche in caso diadozione e di affidamento. In tali ipotesi, il divieto di licenziamento opera fino a un anno dall'ingresso del minore nelnucleo familiare, in caso di fruizione del congedo di maternità e di paternità (cfr., art. 54, comma 9, D.Lgs., n.151/2001).

Il licenziamento intimato in violazione di tali divieti è nullo (cfr., art. 54, comma 5, D.Lgs.,n. 151/2001).

Il divieto di licenziamento non si applica nel caso (cfr., art. 54, comma 2, D.Lgs., n. 151/2001).:

• di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa di licenziamento;

• di cessazione dell'attività dell'azienda cui è addetta;

• di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione dei rapporto di

lavoro per la scadenza del termine;

• di esito negativo della prova.

Inoltre, a garanzia della effettività di eventuali dimissioni della lavoratrice o del lavoratore(che potrebbero essere stati coartati dal datore), l'art. 55, D.Lgs., n. 151/2001, dispone che

• la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla la-voratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i pri-mi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottatoo in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dallecomunicazioni di cui all’art. 54, comma 9, D.Lgs. n. 151/2001 devono essere convalidatedal sede territorialmente competente dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. L'efficaciadella risoluzione del rapporto di lavoro è sospensivamente condizionata a tale convalida(cfr., art. 55, comma 4, D.Lgs., n. 151/2001);

• in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a normadell'art. 54, D.Lgs. n. 151/2001, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle in-dennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. Lalavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso(cfr., art. 55, comma 1, D.Lgs., n. 151/2001).

Infine, l'art. 56, comma 1, D.Lgs., n. 151/2001, prevede che, al termine dei periodo di con-gedo obbligatorio di maternità, del congedo di paternità e degli altri congedi e permessi previstidallo stesso D.Lgs., n. 151/2001, le lavoratrici e i lavoratori hanno diritto:

● di conservare il posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrarenella stessa unità produttiva ove erano occupateli all’inizio del periodo di gravidanza edi permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino;

● di essere adibite/i alle mansioni da ultimo svolte od a mansioni equivalenti.

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