Educazione per tutti: una responsabilità condivisa · Si devono promuovere nelle persone la ......

Educazione per tutti:una responsabilità condivisa

Trento, 9 maggio 2014

Christian Elevati, Responsabile Educazione alla Cittadinanza Mondiale

Dipartimento Advocacy – Area ECM

Education First!Il mondo deve affrontare sfide globali, che richiedono soluzioni globali. Queste sfide globali interconnesse richiedono profondi cambiamenti nel modo in cui pensiamo e agiamo per la dignità di altri esseri umani. Non è sufficiente che l'educazione formi individui che sanno leggere, scrivere e contare. L'istruzione deve essere trasformativa e portare alla vita valori condivisi. Si deve coltivare l’impegno per il mondo e per coloro con i quali lo condividiamo. L'istruzione deve aiutare a rispondere alle grandi domande di oggi. Soluzioni tecnologiche, regolamentazione politica o strumenti finanziari da soli non possono raggiungere uno sviluppo sostenibile. È necessario trasformare il modo di pensare e di agire. L'educazione deve assumere pienamente il suo ruolo centrale nell'aiutare le persone a creare una società più giusta, pacifica, tollerante e inclusiva. Si devono promuovere nelle persone la comprensione, le competenze e i valori di cui hanno bisogno per cooperare nella risoluzione delle sfide globali del XXI secolo.

Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite



È CAMBIATO IL CONTESTO

Negli ultimi vent’anni dei mutamenti cruciali hanno caratterizzato lo scenario mondiale:• La crescita esponenziale dell’interdipendenza globale • La crisi economica strutturale in un contesto di

scarsità di risorse sempre maggiore Anche il modo di fare cooperazione internazionale è cambiato: dagli aiuti al “terzo mondo” si è arrivati a parlare di co-sviluppo e di partnership globale.La crisi economica mondiale ha infine rotto definitivamente le distinzioni fra “primo” e “secondo” o “terzo” mondo, fra “Nord” e “Sud. Il paradigma tradizionale di “sviluppo” è venuto meno .


L’INTERDIPENDENZA GLOBALE

A causa della natura interconnessa e interdipendente del nostro mondo, il “globale” non è là fuori, ma è parte della nostra vita quotidiana :• socialmente e culturalmente , attraverso i

media e le telecomunicazioni, i viaggi e le migrazioni

• economicamente , attraverso il commercio• ecologicamente , perché condividiamo un unico

e solo pianeta• politicamente , a causa delle relazioni

internazionali e dei sistemi di regolamentazione e governance.


LE SFIDE EDUCATIVE

Un mondo globalizzato in rapida evoluzione offre grandi opportunità all’educazione .

Ma pone anche grandi sfide.

Ogni bambino e adolescente sta già cercando di trovare la propria strada in un mondo segnato da divisioni, conflitti, cambiamenti climatici, povertà estrema e ineguaglianze.

Tutti hanno diritto a un’educazione che li renda capaci di affrontare queste sfide .


CHI FA COOPERAZIONE…

… si misura su quattro ambiti di azione interconnessi:

1. Quello che i “ricchi” possono fare per i “poveri” aiutandoli direttamente nei loro Paesi.2. Quello che i “poveri” possono fare per sé, in modo autonomo.3. Quello che i “ricchi” possono fare per i “poveri” agendo nel proprio Paese “ricco”.4. Quello che i “poveri” possono fare difendendo i propri diritti presso i “ricchi”.


SFIDE DELLA COOPERAZIONE 1

Put Every Child in School

1. Unaffordable costs2. A shortage of classrooms.3. Humanitarian emergencies, especially conflict.4. Gender discrimination5. Child labour



Improve the Quality of Learning

1. Shortage of qualified teachers2. Lack of learning materials3. Weak foundation for early learning4. Challenging family environments5. Mismatch of skills and today’s livelihoods6. Language barriers7. Hunger and poor nutrition8. Ineffective systems to evaluate the performance of students



Foster Global Citizenship

1. Legacy of the current education system2. Outmoded curricula and learning materials3. Lack of teacher capacity4. Inadequate focus on values5. Lack of leadership on Global Citizenship


MODELLI DI INTERVENTO

Due approcci fondamentali, spesso confusi o integrati:

1.Il business approach (GESTIONE DIRETTA)

2.Il mission approach (VALORIZZAZIONE PARTNERSHIP)


MODELLO DOMINANTE

Nella maggior parte delle partnership di sviluppo internazionale , le procedure e i sistemi di gestione delle ONG sono stati progettati per assicurare solo il controllo organizzativo interno e l’accountability verso il sistema dei donatori (pubblici o privati che siano).

I progetti fanno poco per soddisfare le esigenze di autonomia gestionale e a lungo termine dei partner locali.


BUSINESS APPROACH

L’ONG come implementing agency.

Nel ciclo del progetto, la fase di analisi dei bisogni, lo studio di fattibilità e la realizzazione sono direttamente gestiti dall’ONG del «Nord».


BUSINESS APPROACH

Se necessario, alcune azioni (parti di attività) possono anche essere realizzate da una ONG locale (che spesso prende il nome di partner, ma con una relazione di partenariato discutibile) specializzata in quel determinato settore.


VANTAGGI GESTIONE DIRETTA

Maggiore controllo sulla realizzazione delle attività, gestione corretta dei fondi ecc .

Ad esempio: se un capo progetto, benché da me selezionato, si dimostra incapace, lo posso sempre cambiare perché dipende direttamente da Intervita; viceversa, con un partner sono costretto sempre a negoziare le soluzioni. Inoltre, cambiare il partner è un operazione complessa e non sempre fattibile.



Acquisizione nel tempo di expertise tecniche specifiche .

Dovendo occuparsi direttamente di analizzare i bisogni per lo studio di fattibilità, l’ONG si deve anche attrezzare per poter avere una preparazione tecnica in grado di produrre le analisi e le progettazioni desiderate. Non è necessario che tali risorse siano interne all’organizzazione, basta un pool di consulenti tecnici. Questo facilita anche la specializzazione dell’organizzazione e la sua riconoscibilità.



Maggiore possibilità di partecipare ai bandi pubblici dei grandi donatori in qualità di beneficiario (ex: Commissione Europea).

L’expertise tecnica viene richiesta non solo per la progettazione inerente lo specifico bando, ma anche come curriculum dell’organizzazione.



Possibilità di intervenire sempre

Anche quando la ricerca di un partner locale affidabile dia risultati negativi ma, per ragioni geopolitiche (o altri generi di opportunità), sia necessario o interessante comunque realizzare quel particolare progetto.


IL CASO DI INTERVITA

La differenza, rispetto alle ONG classiche, è che, mentre normalmente il progetto individuato viene sottoposto al vaglio di un donatore esterno (pubblico o privato) per l’approvazione ed il finanziamento, nel caso di Intervita è la Fondazione stessa che approva e finanzia i progetti da essa stessa individuati. Salvo eccezioni importanti.


IL MISSION APPROACH

Nei principi di Istanbul (settembre 2010), ripresi recentemente a Busan, in Corea del Sud, nel IV Forum di alto Livello sull’efficacia degli aiuti, due principi su otto fanno riferimento proprio alla valorizzazione di una partnership fra pari e alle condizioni per un intervento sostenibile .


PRINCIPI DI ISTANBUL

6. Pursue equitable partnerships and solidarity …commit to transparent relationships with CSOs and other development actors, freely and as equals, based on shared development goals and values, mutual respect, trust, organizational autonomy, long‐term accompaniment, solidarity and global citizenship.8. Commit to realizing positive sustainable change…collaborate to realize sustainable outcomes and impacts of their development actions, focusing on results and conditions for lasting change for people, with special emphasis on poor and marginalized populations, ensuring an enduring legacy for present and future generations.


VANTAGGI MISSION APPROACH

Le ONG in loco sono molto meglio posizionate per poter portare avanti processi di sviluppo sostenibile e a lungo termine. Sono anche molto più in grado di identificare ed interpretare i bisogni di sviluppo delle comunità e di mantenere relazioni collaborative con esse e con i governi locali . In alcuni casi le ONG in loco sono anche più in grado di portare avanti progetti che richiedono expertise tecniche di tipo specialistico.


LA PARTECIPAZIONE COMUNITARIA

Senza il valore aggiunto della partecipazione comunitaria , dall’analisi dei bisogni alla valutazione, difficilmente si riuscirà ad ottenere il valore irrinunciabile della ownership dei progetti da parte dei beneficiari e, di conseguenza, non sarà mai possibile ottenere la loro sostenibilità. La partecipazione comunitaria è un processo e quasi sempre questo processo è più complesso ed importante del risultato stesso del progetto, soprattutto laddove non esistono, o sono estremamente deboli, organizzazioni che rappresentino la comunità e che possano essere un interlocutore (partner) per la realizzazione dei programmi e progetti di sviluppo.


VERSO IL MISSION APPROACH

I leader delle ONG e dei donatori che si sono impegnati a migliorare le partnership di sviluppo devono essere preparati a realizzare cambiamenti strutturali all'interno delle proprie organizzazioni. Il processo di cambiamento dei sistemi organizzativi e delle strategie è un operazione complessa e il personale abituato ai sistemi esistenti può resistere a tali processi di cambiamento .



1. Accountability reciproca negli accordi formaliOvviamente le ONG del Nord devono sviluppare sistemi e procedure che garantiscano l’accountability nei confronti dei propri donatori. Purtroppo, questi obblighi vengono trasmessi ai loro partner del Sud con poche possibilità per questi ultimi di negoziare.Un migliore apprezzamento per le risorse investite dai partner del Sud nonché l’esercizio di una pressione nei loro confronti per essere responsabili verso i propri stakeholder possono portare le ONG del Nord e i loro donatori a essere più aperti alla negoziazione.



2. Partnership dinamicheLa condizione sine qua non per una gestione efficace dei rapporti di partnership è che il controllo deve essere condiviso. Attualmente, nella maggior parte delle relazioni ONG Nord/Sud sono le ONG del Sud che si assumono l’onere di adattarsi alle procedure delle ONG del Nord.I cambiamenti strutturali che le ONG del Nord dovrebbero affrontare sono dunque:• educare il proprio personale verso una gestione

comprensiva e sensibile (dinamica) delle partnership;• istituire meccanismi per monitorare e regolare

efficacemente il rapporto di partnership.



3. Pianificazione condivisa per la SostenibilitàLe aspettative e le procedure connesse con la fine degli accordi di finanziamento (exit strategy) devono essere esplicite e tenere conto degli effetti reciproci.Una pianificazione condivisa per la sostenibilità del progetto e dell’organizzazione accrescerà le performance e le capacità di gestione delle ONG del Sud. Le ONG del Nord potrebbero rivedere la propria contrattualistica per:• inserire meccanismi di pianificazione congiunta per la

sostenibilità fin dall’inizio dell’accordo di partnership;• documentare e descrivere le condizioni di contesto che

interferiscono con la sostenibilità;• supportare le ONG partner nell’applicazione di misure

che aumentino la loro sostenibilità.



4. Strategie delle ONG del Nord per il reperimento di risorse e programmiUn approcciò strategico efficace (visione comune di sviluppo + ruoli e responsabilità complementari) crea una solida base per lo sviluppo di partnership. Le ONG del nord dovrebbero:• rivedere i propri programmi strategici così che il loro

ruolo primario diventi il supporto dei partner del Sud attraverso fondi, informazioni ed altre risorse disponibili;

• complementare le strategie e gli interventi operativi con un approccio di partenariato e sviluppare una cultura e una capacità interna all’organizzazione volta a operare come partner piuttosto che come “contractor”.


TERTIUM NON DATUR?

È su questi temi che ogni ONG si deve confrontare e poi fare delle scelte tenendo conto che non ci si trova in realtà di fronte a un bivio (la realtà è molto più complessa) ed è sempre possibile cercare di individuare e tentare di percorrere una “terza via”.

Una via meno certa, dove è meno facile trovare riferimenti ad esperienze di altre organizzazioni, ma questo non deve impedire di elaborare una nostra posizione originale, contestualizzata e flessibile.


FONDAZIONE INTERVITA

Fondazione Intervita sta faticosamente cercando la sua «terza via», sforzandosi di strutturarsi meglio internamente, senza perdere la flessibilità e l’apertura tipiche del mission approach.

Nel concreto, ecco alcuni esempi di progetti di promozione del diritto all’istruzione, inseriti nella complessità già ricordata.



BRASILE 1. Bambini e donne costruiscono un semiarido cearense più giusto e sostenibile .In partnership con ESPLAR, ONG che lavora da 40 anni nello Stato del Ceará nei settori di Parità di Genere, Educazione, Sicurezza Alimentare e Sviluppo Economico. Il progetto prevede di lavorare nelle scuole direttamente con bambini e insegnanti e di aumentare l’empowermentdelle mamme di questi bambini e delle donne presenti in tre municipi dell’area semiarida chiamata anche Sertão dos Crateus.L’aumento dell’empowerment delle donne avverrà attraverso il supporto alla partecipazione politica, con l’avvio di processi di auto-organizzazione.



BRASILE 1. Bambini e donne costruiscono un semiarido cearense più giusto e sostenibile .L’area del Sertão è caratterizzata da un clima semi-arido che rende difficile le attività agricole (fonte principale di reddito della popolazione locale). La disparità di genere è fortemente accentuata, ulteriormente aggravata dai seguenti fattori:• le donne lavorano per la maggior parte in settori

informali, con bassi livelli di professionalità, produttività e di reddito, condizioni di lavoro insoddisfacenti e tutela sociale scarsa o addirittura inesistente;

• le donne sono emarginate dal processo decisionale;• i lavori domestici imposti quotidianamente alle donne

accrescono la disparità nell’accesso all’istruzione.



BRASILE 2. Sviluppare pratiche di cultura della pace nelle famiglie e nelle scuole .Il progetto è il frutto di ormai 5 anni di partnership con Pastoral do Menor, nello Stato del Ceará. L’obiettivo centrale del progetto è quello di prevenire ed affrontare la violenza nelle scuole pubbliche municipali, la violenza domestica e l’abuso e sfruttamento sessuale. Attraverso le attività previste si vuole qualificare l’attuazione educativa nell’area di mediazione dei conflitti e lotta ai maltrattamenti contro bambini e adolescenti di 130 professori in 8 scuole di educazione primaria della rete municipale e di 80 educatori della Pastoral do Menor distribuiti in 9 centri comunitari, incidendo sull’esercizio della cittadinanza di 265 donne, 75 adolescenti e 90 bambini.



BRASILE 2. Sviluppare pratiche di cultura della pace nelle famiglie e nelle scuole .La strategia per raggiungere i risultati e gli obiettivi posti dal progetto, consiste nella divisione dei beneficiari in cinque gruppi: professori, educatori, donne (famiglie), adolescenti e bambini, che parteciperanno ad attività che affrontano le tematiche dei conflitti che si vivono nelle scuole, situazioni di violenza contro bambini e adolescenti che si verificano nelle famiglie, e lotta all’ abuso e allo sfruttamento sessuale.



ITALIA -KENYA. Scuola Felice.

Una metodologia e uno strumento di cooperazione orizzontale, volto a promuovere lo scambio formativo tra scuole e comunità educative formali e non formali (famiglia, territorio… ), al fine di sostenere la sperimentazione didattica e arricchire i curricoli di percorsi di educazione interculturale innovativi, ma anche per sostenere processi di empowerment e di coesione sociali.


PERCHÉ LAVORARE ANCHEIN ITALIA

• Perché molte delle cause della povertà alla base del mancato accesso all’istruzione nel mondo risiedono qui da noi (giustizia)

• Perché anche in Italia l’accesso a un’istruzione di qualità per tutti è sempre meno garantito (necessità)

• Perché persone con problemi analoghi possano trovare soluzioni analoghe (cooperazione)

• Perché nessuno si senta solo o escluso (partecipazione)


PERCHÉ LAVORARE IN ITALIA

Sono passati 5 anni dall’ultima Conferenza nazionale sull’infanzia e l’adolescenza tenutasi a Napoli. In questi anni la crisi economica ha causato il deteriorarsi delle condizioni di vita di gran parte della popolazione italiana.

Parliamo della condizione di povertà assoluta in cui vivono più di 1 milione di bambini e bambine, del fallimento del nostro sistema educativo che abbandona un ragazzo su cinque, della fuga dalle università (e dall’Italia…), della mancanza di lavoro, di opportunità e di prospettive.

In Italia la media dei giovani disoccupati è al 42,4%. Il livello nazionale dei giovani che non studiano e non lavorano è salito a 140 mila nel 2012, nel 2008 era a quota 91 mila (+54%).


PERCHÉ LAVORARE IN ITALIA

Ultimi dati Istat: dal 2007 al 2012 i minori in povertà assoluta sono più che raddoppiati. Solo nel 2012 il loro numero è cresciuto del 30%.Anche il “welfare familiare” – al quale troppo spesso si è delegato – ha ormai esaurito le proprie risorse.

Allo stesso modo sembra essere allo stremo anche il nostro sistema educativo, che per decenni ha rappresentato il luogo d’inclusione e promozione sociale per eccellenza, e che oggi invece relega gli studenti italiani nelle ultime posizioni delle classifiche OCSE. Un fallimento formativo che genera povertà d’istruzione, alimentando ulteriormente il circolo vizioso delle povertà: educative, economiche e geografiche.


RETI ECM IN ITALIA

• AOI e la Piattaforma Italiana ECM

• CONCORD ITALIA e il gruppo di lavoro DARE (Development, Awareness Raising and Education)

• GRUPPO ECM COLOMBA


L’ECM IN EUROPA

Alcuni documenti di riferimento

- GLOBAL EDUCATION GUIDELINES, North-South Centre - European Centre for Global Interdependence and Solidarity- Maastricht Declaration (2002)- Global Education in Europe to 2015: Strategy, policies and perspectives –Outcomes and Papers of the Europe-wide Global Education Congress, Maastricht 2002- European Consensus on Development: the contribution of Development Education & Awareness Raising (2007)- Development needs Citizens – Concord/DEEEP- Recommendation CM/Rec (2011)4 on education for global interdependence and solidarity (2011)- Recommendation CM/Rec (2010)7 on the Council of Europe Charter on education for democratic citizenship and human rights education (2010)- European Development Education Monitoring Report “DE Watch” – written on behalf of the European Multi-stakeholder steering Group for Development Education- Study on the Experience and Actions of the Main European Actors in the field of Development Education and Awareness Raising “DEAR Study” – written in 2010 by Agens Rajacic, Alessio Surian, Harm-Jan Fricke, Pete Davis and Johannes Krause on behalf of the European Commission- DEAR matters - Development Education in Times of Economic Crisis – Concord/DEEEP- Citizenship education in Europe – Eurydice


L’ECM IN ITALIA

Alcuni documenti di riferimento

- “Cultura, Scuola, Persona”, Ministero Pubblica Istruzione (2007). - “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”, Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, Ministero Pubblica Istruzione (2007). - Accordo interministeriale fra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e MIUR sull’Educazione allo sviluppo sostenibile (2008).- Documento di indirizzo “Cittadinanza e Costituzione”, MIUR (2009).- Carta dei principi dell’educazione alla cittadinanza mondiale, Piattaforma Italiana ECM – AOI (2010)- Indicazioni nazionali per il curriculum della scuola dell’Infanzia e del primo ciclo d’istruzione, MIUR (settembre 2012)- Il Sistema delle Regioni Italiane - L’Educazione allo Sviluppo e le Forme di Comunicazione delle Attività di Cooperazione Decentrata - Osservatorio Interregionale Cooperazione Sviluppo (OICS)

Fondazione Intervitavia Serio 6 - 20139 Milano

www.intervita.it

GRAZIE

Christian Elevati

Global Citizenship Education SpecialistAdvocacy DeptEmail: [email protected]: christian.elevatiTel. 02.36.21.53.27 - Fax 02 70058926


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