EDUCAZIONE INCLUSIVA - unipd.it INCLUSIVA... · Spesso il concetto di inclusione viene sovrapposto...
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Università degli Studi di Padova
Anno Accademico: 2016/2017
Corso: General Course - Diritti umani e inclusione
EDUCAZIONEINCLUSIVA
Riflessioni per una scuola e una società
di tutti, per tutti, con tutti.
Elaborato da:
ANGELICA BONIN (1122464);
NADIA BRAGAGNOLO (1124235);
BARBARA DOLO (1121759);
FEDERICA PASSARINI (1127637).
INDICEINTRODUZIONE..............................................................................................................................3
Definizioni....................................................................................................................................4
INCLUSIONE SOCIALE...................................................................................................................5
EDUCAZIONE INCLUSIVA NEI CONTESTI SCOLASTICI..............................................................6
IL MODELLO ICF .......................................................................................................................8
Progetto ICF elaborato dal Ministero dell'Istruzione..............................................................10
Applicazione pratica del progetto ICF presso la Provincia di Prato .......................................14
UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE: L'INDEX..................................................................17
PERCORSO STORICO: L'INCLUSIONE ATTRAVERSO ALCUNI AUTORI NELLA STORIA.......22
JEAN MARC GASPARD ITARD (1774-1838) e ÉDOUARD SÉGUIN(1812-1880)....................22
MARIA MONTESSORI (1870-1952):.........................................................................................25
JOHN DEWEY (1859-1952):.....................................................................................................27
Progetto di ricerca dell'Istituto Comprensivo di Cervaro sul metodo didattico di John Dewey
.............................................................................................................................................. 29
LEDA RAFANELLI (1880-1971):................................................................................................32
BOGDAN SUCHODOLSKI (1903-1992):...................................................................................33
EDGAR MORIN (1921):.............................................................................................................34
Diritti Umani in educazione.............................................................................................................38
Breve percorso legislativo..........................................................................................................39
PROSPETTIVE FUTURE PER L'INCLUSIONE A SCUOLA..........................................................44
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CONCLUSIONI..............................................................................................................................49
BIBLIOGRAFIA:.............................................................................................................................51
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INTRODUZIONEInclusione è una parola polifonica, che racchiude in sé tanti significati ed è al tempo stesso
una sfida aperta che ci troviamo a vivere in un tempo, questo della globalizzazione, dove
teoricamente le barriere, i confini, i limiti dovrebbero essere crollati e che, invece,
sembrano imporsi con maggiore forza e determinazione. Prendere coscienza che il
paradigma inclusivo sta cambiando, ci porta a riflettere e a ripensare a un nuovo
linguaggio e, come in ogni momento storico dove si è vissuta una crisi, anche questo
tempo contemporaneo si rivela un momento nuovamente fruttuoso per l'umanità. Si tratta
di destabilizzare, di disinnamorarsi delle nostre credenze, delle nostre idee e di rimetterne
in gioco di altre, di nuovi pensieri, di armarsi di creatività, di fantasia, di bellezza, di
speranza... Dobbiamo abitarci di nuovi linguaggi, dare intenzionalità, costruire reciprocità,
valorizzare il dono di sé, lo scambio della nostra esistenza, il senso del nostro coesistere.
Interagire e comunicare è qualcosa di più di scambiare e trasmettere un'informazione, è
collocarsi in uno spazio comune, dove c'è intersoggettività, dove ognuno di noi è chiamato
a far partecipe l'altro riconoscendone il valore morale.
Definizioni
“Inclusione” è, dunque, una parola che racchiude in sé molti significati. Tuttavia, nei
dizionari, possiamo trovare la seguente definizione di “inclusione” : dal latino “inclusio-
onis”: l'atto, il fatto di includere, di inserire, di comprendere in una serie, in un tutto (spesso
contrapposto a “esclusione”)
Inclusione si differenzia da integrazione, termine usato per lo più in passato, che indicava
l'inserire in un determinato contesto le persone, ma senza che esse partecipassero alle
attività. Queste infatti, svolgevano attività differenti dal resto del gruppo. L'inclusione
invece è il concetto a cui si mira più di recente. Riguarda il fare le cose assieme e dare a
tutti la possibilità di partecipare alle attività di quel contesto.
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Spesso il concetto di inclusione viene sovrapposto a quello di integrazione, utilizzato come
sinonimo, ma l'inclusione non è assimilazione e nemmeno integrazione. Jürgen Habermas
( storico, filosofo e sociologo tedesco) sostiene questa posizione affermando: "Inclusione
non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione
dell'altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche, e
soprattutto, a coloro che sono reciprocamente estranei o che estranei vogliono rimanere".
(“Sotto il segno dell'inclusione”, 2011, Gasperi P.)
Negli ultimi decenni, i servizi all'interno della società hanno preso come punto di
riferimento la normalizzazione e l'integrazione, che pongono in risalto la necessità di
operare per eliminare le differenze, assimilare e avvicinare il più possibile le persone con
qualche carenza a una condizione di normalità. La disabilità, ad esempio, è considerata
come un elemento negativo da rimuovere e si ritiene diverso colui che deve cambiare e
adattarsi alla cultura e alla società in cui vive.
I concetti di inclusione e integrazione, differiscono anche per quanto riguarda la loro natura
profonda: il concetto integrativo è una specie di valore aggiunto rispetto al lavoro svolto da
un servizio all'interno di quella società; mentre l'inclusività consiste in un diritto
fondamentale a prescindere dalle condizioni e dalle capacità individuali.
INCLUSIONE SOCIALEQuando parliamo di inclusione sociale, ci si riferisce alla società stessa e alle attività
inclusive che realizza. La finalità dell'inclusione sociale è quello garantire l'inserimento di
ciascun individuo all'interno della società senza contare la presenza di elementi limitanti
quali possono essere ad esempio, la disabilità, la nazionalità o la povertà.
L'inclusione quindi:
• Si riferisce a tutti gli individui;
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• Riguarda tutte le differenze senza pensarle in modo deficitario, ma pensate come modi
personali di porsi nelle diverse relazioni e interazioni che si sviluppano all'interno della
società;
• Porta al cambiamento del sistema culturale e sociale per favorire la partecipazione attiva e
completa di tutti gli individui;
• Mira all' eliminazione di ogni tipo di discriminazione;
• Tende alla costruzione di contesti inclusivi capaci di includere le differenze di tutti;
• Si pone a distanza rispetto alla concezione di “abilismo” (discriminazione nei confronti di
persone diversamente abili e, più in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano
un corpo abile) e di "normativa" (disposizioni e principi che regolano un ambito)
L'inclusione sociale considera la disabilità non come una caratteristica interna all'individuo
che crea il non funzionamento, ma come un deficit che si pone "all'interno dei processi
disabilitanti prodotti da contesti, saperi disciplinari, organizzazioni e politiche incapaci di
fornire una risposta adeguata alle differenze delle persone". (“Inclusione sociale e
disabilità”, 2013,Medeghini R.) Per questo è necessario osservare, proporre e cambiare i
contesti sociali per poter realizzare l'inclusione sociale ovunque.
EDUCAZIONE INCLUSIVA NEI CONTESTI SCOLASTICIL'educazione inclusiva all'interno dei contesti scolastici, tende a rendere più ampie le
finalità della scuola e la sua modificazione per poter essere utile alle esigenze di ciascun
scolaro. Questo tipo di educazione porta ad un continuo miglioramento della scuola
attraverso l'utilizzo in particolar modo delle risorse umane, al fine di poter sostenere la
partecipazione all'istruzione di tutti gli allievi all'interno del contesto educativo.
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L'educazione inclusiva ha come scopo l'adattamento della scuola stessa alle esigenze
educative di ciascun bambino, quindi non solo il bambino deve adattarsi alla scuola.(“Una
scuola a misura di alunno”, 2008, Baldacci).
Riteniamo che per cominciare a rendere possibile o incrementare l'inclusione già presente
sia bene partire dalla base. Ognuno di noi, infatti, è così in quanto è stato educato in un
determinato modo e per questo, se si educa all'inclusione fin dall'infanzia, si svilupperanno
persone in grado di includere e di sentirsi incluse.
L’educazione inclusiva è intesa come il processo volto a garantire il diritto all’educazione
per tutti a prescindere dalle diversità di ciascuno che possono derivare da condizioni di
disabilità e/o svantaggio psico-fisico, socio-economico e culturale. Essa supera i confini
della scuola e si proietta in ogni contesto, extrascolastico, informale, non formale,
racchiudendo in sé tutti gli ambienti educativi.
La disciplina che studia i processi dell'educazione e della formazione umana è la
pedagogia. La branca della pedagogia che tratta l’inclusione in educazione, in particolare
nei confronti della disabilità è la pedagogia speciale, assieme alla didattica speciale.
La pedagogia speciale si occupa di disabilità intesa nella sua accezione più ampia. Gli
scopi sono: favorire la formazione globale della personalità dei soggetti con necessità
educative particolari e distinguere nel soggetto le componenti legate al deficit, ricercando
le condizioni utili a ridurre lo svantaggio, così che anche la persona disabile possa
prendere parte attiva alla costruzione del proprio progetto di vita ed essere presente
nell'ambiente educativo alla pari di ogni singolo alunno.
Nonostante ci siano discipline che si occupano specificatamente di alcuni tipi di inclusione,
la pedagogia e la didattica in generale, discipline che si occupano di educazione,
racchiudono intrinsecamente nelle loro finalità l'inclusione nel suo significato più ampio. Si
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dà importanza al valore degli individui intesi come esseri differenti l'uno dall'altro, ma uniti
da stessi diritti , pari equità e dignità.
L’inclusione pedagogica è un approccio complessivo che:
Guarda alla globalità delle sfere: educativa, sociale e politica;
Prende in considerazione tutti gli alunni;
Considera la diversità come un punto di forza (diversità non intesa soltanto come
disabilità, ma nella sua accezione generale, poiché ognuno ha bisogni educativi
specifici → personalizzazione);
Interviene prima sui contesti e poi sull’individuo(ambito della didattica);
Trasforma la risposta specialistica in una risposta ordinaria e per farlo usa il
costrutto di empowerment, il quale mette al centro di tutti i processi decisionali
l'individuo stesso e i suoi familiari.
L’inclusione in pedagogia si lega alla didattica inclusiva. La didattica inclusiva si basa
sull’apprendimento cooperativo meta-cognitivo ed è caratterizzata da una modalità di
gestione democratica della classe, centrata sulla cooperazione, sulla riflessione, sui
comportamenti agiti, sull’interdipendenza positiva dei ruoli e sull’uguaglianza delle
opportunità di successo formativo per tutti. Fondamentale è la funzione dell'insegnante: la
didattica inclusiva offre al docente le competenze necessarie per trasformare un'aula non
solo in un luogo di istruzione per tutti, ma in un contesto di inclusione per ciascuno.
Questo vuol dire che propone delle metodologie e tecniche specifiche di azione
specializzata con progettazione di piani che mirano all'individualizzazione e alla
personalizzazione e proferisce una cultura inclusiva.
Oltre a garantire il diritto all'apprendimento di tutti, la scuola dovrebbe offrire opportunità
formative per lo sviluppo delle competenze di base di ogni studente, in modo da facilitare il
processo di inclusione nel proprio contesto di appartenenza . Gli interventi, dovrebbero
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essere focalizzati sia sul progetto di vita di ogni singolo studente, sia sul gruppo che si
sviluppa a scuola e nell'ambiente sociale di appartenenza di ognuno.
Il diritto all'educazione inclusiva e il diritto all'inclusione sociale sono quindi strettamente
legati fra loro. Una scuola che opera l'inclusione fa in modo che anche la società stessa
diventi inclusiva.
La realizzazione dell'inclusione nel tempo ha necessitato della formulazione di alcuni
strumenti e documenti che hanno facilitato questo processo. Un documento fondamentale
per quanto riguarda l'inclusione è:
IL MODELLO ICF
É l'International Classification of Functioning( Classificazione Internazionale del
Funzionamento, della disabilità e della salute), ovvero la classificazione completa e
articolata del funzionamento umano, della disabilità e della salute. E' stato prodotto
dall'OMS nel 2001.
Riguarda tutti indistintamente perchè la salute è un aspetto che concerne chiunque, ma al
tempo stesso riguarda ognuno in maniera differente perchè ci sono diversi fattori e
condizioni entro cui il funzionamento umano si manifesta e/o viene compromesso.
L'ICF ha l'obiettivo di valorizzare la differenza e ritenerla una risorsa per l'arricchimento
dell'educazione e della cultura. Non è una “classificazione delle conseguenze delle
malattie, ma la rassegna delle componenti della salute”. L'ICF riguarda TUTTI e si può
applicare universalmente.
Le quattro dimensioni fondamentali che spiegano il funzionamento dell'individuo
comprendono:
– la dimensione del corpo intesa come funzioni corporee fisiologiche o psicologiche
che riguardano il funzionamento del cervello e del sistema nervoso centrale, e le
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strutture corporee che si riferiscono all'adeguatezza, completezza delle parti
anatomiche del corpo.
– La dimensione delle attività semplici e complesse che si riferisce ai
comportamenti che le persone mettono in atto al fine di svolger compiti, mansioni o
azioni.
– La dimensione della partecipazione che si riferisce al livello di coinvolgimento di
una persona nelle situazioni di vita in relazione alla sua salute, alle condizioni e alle
funzioni corporee, alle attività che è in grado di svolgere e ai fattori contestuali che
le sono proprie.
– I fattori contestuali si riferiscono alle caratteristiche dell'ambiente fisico e sociale,
agli atteggiamenti e ai valori propri della persona e del contesto di appartenenza.
Quindi, la disabilità in questo documento viene vista come condizione di salute in un
ambiente sfavorevole. La scala ICF può essere applicata a tutti poiché ha un uso e un
valore universali e non esclusivamente per persone con menomazioni, disabilità,
handicap.
Termini introdotti, quali “compito”, “coinvolgimento” hanno implicazioni rilevanti, in quanto
l'agire viene connesso sia ad una dimensione sociale (il prendere parte, l'essere inclusi o
impegnarsi in un'area di vita all'interno della società) che una dimensione intenzionale e
soggettiva (che necessita l'accesso alle risorse necessarie per svolgere un determinato
compito/azione).
Grazie alle analisi effettuate con l'ICF è possibile definire il bisogno riabilitativo del
soggetto, valutare il grado di inserimento sociale, informare gli operatori delle strutture di
assistenza sociale, della scuola e lavorative.
Nell'ambito dell'istruzione un passo avanti riguardo all'ICF è stato fatto con la
pubblicazione nel 2007 dell’adattamento per i bambini: la ICF-CY (versione bambini e
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adolescenti). Questa classificazione è stata sviluppata per essere adattata ai cambiamenti
legati alla crescita e allo sviluppo del bambino, in relazione al contesto di vita a cui
appartiene. Per quanto riguarda l'educazione a scuola l'ICF è, dunque, stato adottato
come strumento per l'integrazione e per l'inclusione scolastica in modo tale da poter
migliorare la qualità dell'educazione personalizzata.
L'ICF è una prospettiva multidimensionale in cui ogni fattore interagisce con gli altri e
fattori ambientali e personali sono importanti quanto quelli organici. La disabilità è vista in
senso dinamico, perchè non dipende solo da stati patologici cronici, ma anche da fattori
psichici e sociali. L'ICF riguarda dunque ognuno di noi indistintamente.
Progetto ICF elaborato dal Ministero dell'Istruzione
Numerosi sono gli studi di ricerca che hanno utilizzato l'ICF come strumento
fondamentale. Tra questi ce n'è anche uno realizzato da:
Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per quanto riguarda il
Dipartimento per l'Istruzione ha elaborato un progetto che poi è iniziato nel gennaio del
2011 e si è concluso con la valutazione della sperimentazione (a.s. 2011-2012). Questo
progetto si chiama: PROGETTO ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per
l’inclusione.
La finalità del Progetto ICF consisteva nell’individuare le modalità di applicazione della
cultura del modello ICF nella scuola, legandosi ai fattori contestuali e all’area dell’attività e
della partecipazione nella comunità scolastica, in modo tale da offrire un prodotto
generalizzabile in vari contesti per il miglioramento dell’inclusione a scuola.
Questo progetto realizzava la sua finalità attraverso la sperimentazione, in un campione di
istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e distribuite a livello nazionale,
dell’applicazione del modello ICF, dando peso agli aspetti contestuali e alla partecipazione
per proporre poi alla fine, un documento utile alla realizzazione del PEI (piano educativo
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individualizzato) e al miglioramento della qualità dell’inclusione, che le istituzioni
scolastiche potevano autonomamente adottare.
Il prodotto finale del progetto era un documento di sintesi, riguardante l’individuazione e
analisi dei fattori contestuali, degli aspetti della partecipazione nella comunità scolastica e
dei facilitatori e delle barriere che influenzano l'inclusione.
I destinatari degli esiti erano le scuole di ogni ordine e grado che potevano decidere di
adottare ciò che è emerso dal Documento conclusivo del progetto per il miglioramento
dell’inclusione.
Gli enti attuatori della sperimentazione erano le istituzioni scolastiche scelte a seguito del
bando.
Venne costituito anche un Gruppo Tecnico Nazionale, presso la Direzione per lo Studente,
l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, per specificare le modalità di
sperimentazione nelle scuole e le modalità per il controllo e la validazione di quest'ultima.
Ha selezionato anche le istituzioni scolastiche partecipanti e ha redatto la documentazione
finale prevista.
Questo progetto è stato realizzato in un preciso contesto, ovvero quello italiano.
Nel contesto italiano, l'integrazione scolastica ha una storia trentennale, che vanta
numerosi successi di integrazione e socializzazione nei gruppi sociali e nelle comunità
scolastiche. Questa è una caratteristica tipica del sistema formativo italiano. Il modello
inclusivo ha comportato lo sviluppo di competenze specifiche degli insegnanti, ma anche
l’acquisizione di strumenti interpretativi della realtà scolastica che siano in grado di
comprendere la complessità del contesto. Il modello ICF si è rivelato importante per
l'individuazione analitica degli elementi contestuali che condizionano l’alunno e qualificano
il suo grado di partecipazione sociale. Come è espresso nell’ICF, la disabilità non è
intrinseca all'alunno, ma proviene dal contesto di vita. Per questo il progetto mirava ad
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utilizzare l’ICF come strumento culturale e concettuale per permettere delle pratiche
adeguate di inclusione e di partecipazione sociale di tutti gli alunni.
Il modo in cui il contesto incide nella costruzione dei livelli di partecipazione sociale è ciò
che conta. Il percorso di vita è condizionato dal contesto che si incontra vivendo. Per
questo, l’attenzione del modello ICF verso il contesto diventa importante. L'ICF include
nell’analisi anche i contesti, che nel livello di funzionamento e di partecipazione possono
determinare in maniera positiva o negativa. La realtà è interpretata come attività e
partecipazione sociale. L’ICF diventa un modello capace di dare risposte più precise e
coerenti ai bisogni delle persone, esprimendo un modo diverso di concepire l’essere
umano. L'innovazione risiede nell’approccio globale alla persona che non si limita agli
aspetti funzionali, ma dovrà tener presente anche di aspetti contestuali.
Importanti per la descrizione della relazione fra persona e ambiente( in questo caso fra
alunno e scuola) sono i concetti di facilitatori e di barriere. L'ICF diventa uno strumento
capace di agire per individuare gli elementi che migliorano le prestazioni scolastiche,
relazionali e individuali, sulla base della predisposizione di facilitatori e della rimozione di
barriere.
L’obiettivo del progetto è quello di individuare le modalità di applicazione dell'ICF nelle
scuole, considerando l’analisi del contesto, gli elementi che determinano la partecipazione,
i facilitatori e le barriere che determinano le performance.
Il progetto è stato suddiviso in varie parti:
Si è partiti dall'ANALISI ESPERIENZE PREGRESSE E CRITERI PER LA
SPERIMENTAZIONE.
Presso la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la
Comunicazione del MIUR si è costituito un Gruppo Tecnico Nazionale che aveva compiti
di indirizzo e di valutazione relativi allo svolgersi della sperimentazione.
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L’impiego del modello ICF per l’integrazione scolastica è stato affrontato in molti modi e
occasioni. Alcune regioni ad esempio, hanno avviato importanti sperimentazioni in questo
senso.
La sperimentazione aveva come finalità l'elaborazione di una documentazione finale da
presentare alle scuole, determinata e validata sulla base dello svolgimento dei progetti.
Per rendere quanto più possibile significativi i dati sperimentali, il Gruppo tecnico ha
definito i requisiti (ad esempio alcuni criteri che potranno orientare nella scelta delle
scuole).
La seconda fase è quella della SELEZIONE DELLE SCUOLE PER LA
SPERIMENTAZIONE.
Prima si è resa nota la pubblicazione del bando per la partecipazione.
Il progetto consisteva nelle attività da sottoporre a sperimentazione per l’applicazione
dell'ICF nella scuola, dando importanza ai fattori ambientali coinvolti nella formazione e
inclusione dell’alunno.
La terza parte del progetto riguardava i DOCUMENTI CONCLUSIVI e la loro stesura.
Le istituzioni scolastiche coinvolte hanno presentato una documentazione finale
sull’esperienza di sperimentazione condotta che sono di importanza fondamentale per le
pratiche e le riflessioni presenti.
Il Documento conclusivo raccoglie l’esito delle sperimentazioni, in ordine ai fattori
contestuali.
Le linee guida hanno l'obiettivo di spiegare, facilitare e indirizzare le scuole del territorio
nazionale per realizzare le attività di integrazione scolastica sulla base delle
sperimentazioni realizzatesi.
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Per verificare la validità del percorso sperimentale svolto dalle scuole il Gruppo tecnico
nazionale ha attuato il monitoraggio del progetto.
Il bando esplicita gli aspetti presenti nel progetto:
I progetti mirano all'applicazione generalizzata del modello ICF nel processo di inclusione
scolastica, tenendo conto che le esperienze sono state fatte in via sperimentale solo in
alcuni territori. Il bando si rivolge sia alle scuole che hanno già avviato ricerche in
quest'ambito, sia a quelle che intendono organizzare le proprie attività inclusive basandosi
sull'ICF. Le scuole dovranno presentare il modo con cui adattare, applicare o utilizzare il
modello nella pratica dell’inclusione.
La Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la
Comunicazione ha nominato un Gruppo Tecnico Nazionale che valuta e seleziona i
progetti da finanziare. Può richiedere alle scuole di apportare le modifiche nel progetto e
nelle modalità di sperimentazione e controllare e valutare l’esito. (Progetto “PROGETTO
ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per l’inclusione” realizzato dalla
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione,
con la partecipazione di Pasquale Pardi e Giovanni Simoneschi, 2010)
Applicazione pratica del progetto ICF presso la Provincia di Prato
Dal progetto ICF del Miur si passa all'applicazione pratica di questo modello secondo
quando detto dal ministero. Una scuola che ha aderito al progetto si trova in provincia di
Prato ( progetto bando MIUR 2011-2012 negli istituti della provincia di Prato, relazione del
docente referente Stefania Vannucchi).
Gli obiettivi generali del corso che era stato fatto all'inizio erano mirati a:
-estendere la conoscenza dell’ICF e l’utilizzo della modulistica PIS (Piano Inclusione
Scolastica) che ha sostituito il PEI (Piano Educativo Individualizzato), a gruppi classe di
tutti gli istituti.
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-formare gli insegnanti specializzati e curriculari ad individuare, attraverso metodi oggettivi,
barriere e facilitatori e formulare poi il piano di intervento educativo.
-produrre delle linee guida per realizzare un piano di inclusione dell'allievo, dalla diagnosi
e del profilo funzionale, formulare un piano di inclusione scolastica e realizzare interventi
specifici.
Ciò che è stato fatto attraversa varie fasi:
A.S. 2008-2009: si avvia la sperimentazione della nuova modulistica PEI in base all’ICF.
Novembre 2009: viene presentata la prima revisione dei documenti.
A.S. 2009-10: emergono le criticità, come la difficoltà di applicazione nelle scuole di I e II
grado.
Marzo 2010: viene affidato all’Istituto Walden di Roma il monitoraggio e la revisione
della nuova modulistica denominata PIS, Piano Inclusione Scolastica, che sostituisce il
PEI.
-A.S. 2010-2011: si avvia un programma di formazione sul PIS secondo l’ICF.
-Marzo 2011: viene presentata la seconda revisione dei documenti PIS.
Dal cammino che è stato effettuato sono emersi due importanti bisogni formativi:
1. Bisogno di estendere la conoscenza dell'ICF e degli strumenti messi a punto
perché diventino pratica quotidiana per tutte le figure attorno all'allievo, in modo che
vi possa essere omogeneità nell'approccio alla sua crescita.
2. Bisogno di formulare piani di intervento coerenti con gli obiettivi di sviluppo
individuati nel PIS per eliminare le barriere ed introdurvi dei facilitatori per migliorare
le performance.
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1 Fase: 7 novembre 2011. Introduzione all’ICF: Cos'è, com'è strutturato, come si può
consultare. Illustrazione del percorso che ha portato all’uso dell’ICF e alla formulazione
della modulistica PIS.
2 Fase: Dalla diagnosi alla realizzazione del Piano di Inclusione Scolastica secondo l'ICF.
Consultazione pratica dell’ICF, conoscenza della modulistica PIS realizzata secondo la
logica ICF.
3 Fase: Dalla Formazione degli obiettivi all’intervento. Lavoro pratico di gruppo per
consultazione ICF e ricerca di obiettivi, sotto obiettivi, azioni, barriere e facilitatori.
Il progetto ha visto la partecipazione di circa 150 insegnanti di ogni ordine e grado di
scuola di tutti gli istituti della provincia di Prato e alcune scuole paritarie.
3 Fase: La terza fase è stata dedicata alla stesura di un manuale volto a diffondere e a
fornire esempi concreti per la realizzazione dei piani di inclusione scolastica secondo l'ICF
all'interno del territorio. I destinatari del manuale sono il personale scolastico, il personale
dell'ASL per fornire a tutti gli attori un quadro unitario e omogeneo del percorso dalla
diagnosi all'intervento secondo la logica ICF. I contenuti principali del manuale saranno:
linee guida per la formulazione del PIS
esempi di buone prassi estrapolate dai materiali concreti realizzati dai gruppi classe
partecipanti.
Al termine, per quanto riguarda questo progetto sono state incontrate varie criticità:
– Il lavoro si è protratto troppo a lungo.
– Hanno partecipato per la maggior parte degli insegnanti specializzati.
– Gli insegnanti curricolari spesso erano assenti dal progetto.
– Gli insegnanti hanno bisogno di essere supportati nel corso del percorso.
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Ma i risultati hanno evidenziato anche punti di forza:
– L’ICF è uno strumento utile per la stesura della programmazione individualizzata.
– L’ICF aiuta a focalizzare i punti di partenza del progetto.
– L’ICF aiuta a definire gli obiettivi ed i sotto obiettivi.
– Ha permesso di uniformare il linguaggio, le richieste e le azioni da fare.
– Ha fatto capire cosa sono le barriere e cosa sono i facilitatori.
– Ha permesso di sperimentare l'apprendimento cooperativo e la divisione dei ruoli.
– La maggior conoscenza del sistema ICF ha orientato la costruzione del modello
PIS.
Il punto focale della descrizione del funzionamento e della disabilità, basata su ICF, è la
descrizione di fattori esterni al soggetto, cioè dei fattori ambientali.
In ogni caso, questo strumento, risulta oggi ancora troppo poco evoluto poiché, ancora
una volta, si parte sempre da una specifica categoria. Esso si concentra, infatti, sulla
disabilità e per questo dovrebbe essere sviluppato in una prospettiva più ampia che
comprenda tutti indistintamente, ovvero ogni singola persona che per le sue caratteristiche
si differenzia necessariamente da un'altra.
Per quanto riguarda l'ambiente educativo, l'inclusione sociale si serve principalmente di
uno strumento:
UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE: L'INDEX
L'Index è un documento completo a sostegno dello sviluppo inclusivo delle scuole. In esso
“l'inclusione si riferisce all'educazione di tutti i bambini, ragazzi con BES e con
apprendimento normale”. Secondo gli autori, «tutte le forme di inclusione ed esclusione
sono sociali e derivano dall'interazione tra le persone e il contesto».
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Pubblicato per la prima volta nel 2000, il testo di Tony Booth e Mel Ainscow è stato
tradotto in 37 lingue e diffuso in tutto il mondo e riguarda lo sviluppo della progettazione
inclusiva nelle scuole.
• L'index nasce in seguito ad una serie di avvenimenti:
Fino agli anni '80 il sistema scolastico del Regno Unito è stato caratterizzato da una
netta separazione tra le scuole ordinarie e quelle speciali, destinate ad accogliere
gli alunni che per le loro particolari condizioni venivano ritenuti non adatti alla
frequenza degli istituti normali. Nel 1988 c'è l'introduzione del National Curriculum
che ha portato la necessità di una ricalibrazione delle scuole rispetto agli alunni con
BES. Diversamente dalla Gran Bretagna, in Italia con la legge 517 del 1977 e
l'introduzione della figura dell'insegnante di sostegno, si ha l'abolizione delle scuole
speciali. Dopo trent'anni la scuola italiana è caratterizzata da una «integrazione a
metà», poiché si registra tuttavia il permanere di numerose difficoltà riguardo a
diversi aspetti dell'attività integrativa e inclusiva delle scuole. La situazione del
nostro paese è molto diversa da quella Britannica dal punto di vista normativo, ma
anche organizzativo.
E' uno strumento di analisi e valutazione dei contesti scolastici. Esso si compone di
quattro parti:
concetti chiave per sviluppare un linguaggio per dire e fare l'inclusione;
quadro di riferimento per organizzare l'approccio di valutazione dell'esistente e di
sviluppo del possibile;
materiale di analisi: indicatori e domande;
progettazione e realizzazione di interventi inclusivi.
L'inclusione nell'educazione (“Index for inclusion” pag. 110 Booth- Ainscow) mira a:
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• valorizzare in modo equo tutti gli alunni e il gruppo docente;
• accrescere la partecipazione degli alunni e ridurre la loro esclusione rispetto alle
culture, ai curricoli e alle comunità sul territorio;
• riformare le culture, le politiche educative e le pratiche nella scuola affinché
corrispondano alle diversità degli alunni;
• ridurre gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni, non solo
delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali;
• apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all’accesso e alla
partecipazione di particolari alunni, attuando cambiamenti che portino beneficio a
tutti gli alunni; vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno
all’apprendimento, piuttosto che come problemi da superare;
• riconoscere il diritto degli alunni ad essere educati nella propria comunità;
• migliorare la scuola sia in funzione del gruppo docente che degli alunni;
• enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere valori, oltre
che nel migliorare i risultati educativi;
• riconoscere che l’inclusione nella scuola è un aspetto dell’inclusione nella società
più in generale.
Il metodo di lavoro proposto dall'index analizza tre dimensioni fondamentali per il
cambiamento inclusivo nella scuola: le culture, le politiche e le pratiche.
Obiettivi dell'Index sono quindi : creare culture inclusive, creare politiche inclusive e
sviluppare pratiche inclusive.
Per ognuna di queste dimensioni vengono individuate due sezioni e a sua volta, ogni
sezione viene declinata in diversi indicatori ai quali vengono formulate una serie di
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domande che rappresentano degli esempi da cui la scuola può partire per arrivare alla
definizione di questioni aderenti alla propria realtà e alle proprie esigenze.
Si compone inoltre di schede e questionari per avviare il lavoro progettuale.
Le dimensioni proposte sono: (“ Index per l'inclusione”, Booth- Ainscow, pag. 117-118)
A. Creare culture inclusive
Questa dimensione crea una comunità sicura, accogliente, cooperativa e stimolante, in cui
la valorizzazione di ciascuno diviene il punto di partenza per ottimizzare i risultati di tutti,
diffondendo valori inclusivi condivisi e trasmessi a tutto il gruppo insegnate, agli alunni, ai
membri del Consiglio di istituto, ai dirigenti e alle famiglie. I principi e i valori, nelle culture
inclusive della scuola, orientano le decisioni sulle politiche educative e gestionali e sulle
pratiche quotidiane nella classe, in modo che lo sviluppo della scuola divenga un processo
continuo.
B. Produrre politiche inclusive
Questa dimensione assicura che i valori inclusivi permeino tutta la progettazione
scolastica. Le politiche inclusive incoraggiano la partecipazione degli alunni e del gruppo
insegnante fin dal primo ingresso nella scuola, forniscono aiuto a tutti gli alunni della
comunità locale e riducono le spinte all’esclusione. Ogni decisione implica chiare strategie
per il cambiamento.
C. Sviluppare pratiche inclusive
Questa dimensione promuove pratiche scolastiche che riflettono le culture e le politiche
della scuola. Le attività formative vengono progettate in modo da rispondere alla diversità
degli alunni, e gli alunni sono incoraggiati a essere attivamente coinvolti in ogni aspetto
della loro educazione, valorizzando anche le loro conoscenze ed esperienze al di fuori
della scuola. Il personale individua nella collaborazione con i colleghi, gli alunni, le
famiglie, la comunità locale le risorse materiali e umane per il sostegno all’apprendimento
e alla partecipazione.
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L'Index lavora sia su parametri qualitativi che quantitativi.
Si cerca di abbandonare il concetto di BES a favore di una lettura per l'inclusione più
orientata ad un'analisi sul piano delle differenze e dell'equità. Anche le ricerche dell' OECD
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico 2000-2001) sono su
questa linea. A questa organizzazione, inoltre, si aggiunge anche l'UNESCO, che ha
prodotto pubblicazioni importanti sempre sul tema dell'inclusione. Punto di riferimento
dell'elaborazione dell'Unesco è il concetto di educazione di base quale strumento per:
“affrontare il difficile compito di trasformare la diversità in un fattore in grado di contribuire
costruttivamente alla comprensione reciproca fra individui e gruppi. Ogni politica educativa
deve essere in grado di affrontare le sfide del pluralismo e consentire a ognuno di trovare
il proprio posto nella comunità primaria di appartenenza, dando allo stesso tempo gli
strumenti per aprirsi alle altre comunità.” (UNESCO, 2003, p. 5)
L'aspetto più interessante dell’Index è l’ampliamento di visuale consentito dalla
ricollocazione dei bisogni del singolo nel quadro più ampio della pluralità delle differenze
nel contesto scolastico. La classe non è più un insieme di alunni «normali» in cui sono
presenti degli alunni «speciali» (certificati o meno). Al contrario, gli alunni con delle
particolarità— perché stranieri, disabili, in condizioni socioeconomiche svantaggiate,
dislessici, con problemi attentivi, con disagi emotivi, socialmente isolati, fragili da un punto
di vista psichico, derisi per la loro identità di genere o sessuale e così via — sono la
maggioranza. (“L'index per l'inclusione.Promuovere l’apprendimento e la partecipazione
nella scuola ”,2000, di Tony Booth e Mel Ainscow)
L'Index sollecita a: definire un quadro di valori condivisi; sviluppare in modo sistemico
strategie di comunità; assumere il tema della globalizzazione come un dato di realtà;
affrontare il tema delle differenze. Questo strumento punta ad includere tutti in uno stesso
ambiente, ovvero quello educativo, senza evidenziare le differenze ed isolare chi è ritenuto
diverso rispetto agli altri, anche perchè ogni singolo alunno presenta differenze rispetto ad
un altro.
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L'inclusione in educazione ha avuto un suo sviluppo storico attraverso vari autori di
fondamentale importanza per la storia della pedagogia. Inizialmente si è partiti dalla
considerazione riservata solo ad una specifica differenza, ovvero la disabilità. Con il
passare del tempo l'inclusione è arrivata ad occuparsi di ogni singolo bambino: disabile,
straniero, di sesso femminile, con un certo livello economico e, in generale, qualsiasi
particolarità che normalmente caratterizza ogni bambino. Dunque, l'inclusione in
pedagogia ha tentato di divenire realmente inclusiva, anche se molteplici possono essere
gli ulteriori sviluppi che potranno caratterizzarla.
PERCORSO STORICO: L'INCLUSIONE ATTRAVERSO ALCUNI AUTORI NELLA STORIAI primi autori che si occupano di inclusione, anche se in maniera poco estesa, sono il
medico pedagogista ed educatore Jean Marc G. Itard, ritenuto anche il padre della
pedagogia speciale, e il medico Edouard Séguin. Essi furono i primi che cercarono di
includere i bambini “disabili” all'interno della società.
JEAN MARC GASPARD ITARD (1774-1838) e ÉDOUARD SÉGUIN(1812-1880)
Itard è stato un medico, pedagogista ed educatore francese. Egli è da molti considerato il
padre-fondatore della pedagogia speciale. Il suo lavoro è ritenuto inclusivo, anche se non
lo è totalmente, poiché si è specializzato nel lavoro con i ragazzi sordomuti.
Itard è famoso per aver seguito Victor, il “ragazzo selvaggio” e aver cercato di includerlo
nuovamente( o meglio, per la prima volta) nella società.
Il suo migliore allievo diventerà Séguin.
Édouard Séguin è stato un medico francese ricordato per il suo lavoro (in Francia e negli
Stati Uniti) con i bambini che presentano deficit cognitivi .Egli propone un metodo diverso:
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il metodo fisiologico (nell'opera "Idiocy: and its Treatment by the Physiological
Method",1866, Édouard Séguin) . Distingue le nozioni (termine adottato da Itard) che
procedono dai sensi e guardano l’identità e le proprietà fisiche delle cose, dalle idee che
rivelano invece i rapporti, le correlazioni reali e possibili tra le cose.
Le nozioni si sviluppano mediante l’esperienza sensoriale e sono operazioni passive o di
percezione; le idee sono operazioni attive e procedono dal ragionamento. Questa
distinzione è essenziale perché, secondo Séguin, la mente umana non va dalle nozioni
alle idee. Inoltre, mentre l’acquisizione delle prime si può imporre, non è così per le
seconde.(Séguin É., 1846, “Traitement moral, hygiène et éducation des idiots et des
autres enfantes arrieres”)
Séguin è convinto che l’educazione abbia una funzione di elevamento culturale e morale e
che sia soprattutto grazie ad essa che ogni bambino possa svilupparsi compiutamente
come essere umano. Intuisce che i principi applicati al “trattamento morale” dei bambini
“anormali” possano essere posti a fondamento di un metodo globale di educazione,
efficace per tutti, che preveda un ordine di apprendimento specifico: si passa dalle
nozioni, che vengono apprese mediante l’esperienza, alle idee.
I principi educativi di Seguin che permettono l'inclusione sono:
• Il maestro come facilitatore di questo processo.
• Lo sviluppo delle funzioni sensoriali e intellettuali, ma anche sviluppo della volontà e
della socievolezza.
• Lo sviluppo di nozioni su cose e persone che avviene attraverso i sensi. Per
induzione e deduzione si fa pervenire il ragazzo al ragionamento. La nozione
dipende dalla percezione, e può essere indotta dal maestro. Le idee invece
dipendono dall’intelletto, e il maestro può solo suscitare circostanze facilitanti.
• L’educazione ha senso solo nel concreto e importante è per questo il ruolo della
natura.
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• Si procede dal conosciuto all’ignoto, dal semplice al complesso, dal concreto
all’astratto.
Secondo Séguin il bambino con ritardo mentale non è differente dai bambini normali.
Egli individua gli aspetti potenziali ed evolutivi della personalità del bambino raccogliendo
informazioni su ogni aspetto della sua vita, evidenziando sensibilità per gli aspetti emotivi
e umanità anche riguardo ai genitori. In particolare, Séguin prende in considerazione sia le
caratteristiche individuali del bambino sia i fattori contestuali, riflettendo sull’influenza di
come le condizioni socio economiche esercitano sul suo sviluppo educativo.
Egli ritiene fondamentale che il bambino abbia consapevolezza di se stesso. Considera
infatti, le situazioni di vita quotidiana come contesti significativi per sviluppare
apprendimenti.
E’ indispensabile per lo studioso avvalersi di uno specifico materiale educativo, in gran
parte da lui stesso elaborato.
Egli fonda una scuola per l’educazione integrale degli “idioti”. I bambini “idioti” con i metodi
tradizionali non riescono a comprendere il meccanismo e lo spirito della lettura ad
esempio. Occorre presentare tutti gli oggetti o le persone significativi per il bambino
associati al loro nome. Nel momento in cui un bambino comincia a leggere delle sillabe e a
procedere nella lettura, egli dovrà posizionare il nome scritto sul rispettivo oggetto. E in
seguito, dato un oggetto, dovrà trovarne il corrispondente nome scritto tra i cartoncini. Ciò
che conta è che il bambino legga la parola comprendendola.
La sua educazione fisiologica è fondata, dunque, sul collegamento tra le funzioni motorie,
sensoriali e intellettive e sull’indicazione di procedere dal conosciuto all’ignoto, dal
semplice al complesso, dal concreto all’astratto, tutto questo seguendo il principio “dei tre
tempi”. I 3 tempi, secondo Séguin, sono:
Primo tempo. La fissazione: ripetizione variata, per prove ed errori
➢ attenzione e concentrazione dell’allievo
Secondo tempo. Il riconoscimento: - memoria a breve e lungo termine, giudizio,
discriminazione
Terzo tempo. L’evocazione: - ragionamento, intelletto
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Séguin ha fornito un importante contributo innovatore non solo nel campo dell’educazione
dei bambini “idioti”, il suo metodo verrà poi ripreso e utilizzato per l'educazione di tutti i
bambini in un processo di inclusione.
Il contributo di Séguin verrà universalmente conosciuto grazie all’opera e alla
rielaborazione di Maria Montessori che riprenderà il suo metodo pedagogico. Questa
autrice ha dato un enorme contributo alla pedagogia. Sin da subito, infatti, ha iniziato a
lavorare recuperando bambini con problemi psichici, al tempo definiti anormali, anche se
spesso non lo erano. Ma la sua teoria è riuscita comunque ad ampliarsi in una dimensione
più inclusiva, questo attraverso il concetto di normalizzazione. Secondo lei nessuno può
essere definito normale perchè ognuno di noi possiede particolarità che lo rendono diverso
dall'altro e allo stesso tempo ci rendono unici.
MARIA MONTESSORI (1870-1952):
É stata un'educatrice, pedagogista, filosofa, medico infantile e scienziata italiana, nota
soprattutto per il suo metodo che prende il suo nome.
I principi della sua pedagogia sono:
• Porre al centro la libertà e la creatività del bambino
• Far acquisire al bambino alti livelli di autonomia
• Valorizzare l’ambiente di apprendimento e i materiali didattici
• Ruolo dell’insegnamento è quello di organizzare l’ambiente affinchè i bambini
possano svolgere il loro compito e osservare le loro attività.
Nella sua pedagogia, la Montessori si occupa di inclusione attraverso il concetto di
normalizzazione. (“Deviazione e normalizzazione: la mano che guarisce”, 1934, Maria
Montessori)
Quest'ultima è lo sviluppo di ogni aspetto della personalità. Niente e nessuno è
considerato normale secondo Montessori poiché la vera e propria normalità non esiste.
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Ognuno di noi ha qualche caratteristica che ci differenzia dagli altri e ci rende diversi e
unici (non solo i disabili).
Il concetto di normalizzazione sta ad indicare una riscoperta spontanea della curiosità,
dell’inventività e della creatività. Educare per la Montessori corrisponde ad aiutare il
bambino a sviluppare le potenzialità auto-educative. Gli interventi educativi avvengono con
materiali montessoriani- sensoriali-scientifici adeguati e autocorrettivi, poiché aiutano il
soggetto a comprendere e correggere l’errore da solo.
Maria Montessori ha precisato che la normalizzazione non è una azione correttiva ed
emendativa dell’adulto, ma il ‘ritorno’ spontaneo del bambino all'espressione e
sperimentazione delle sue forze positive e costruttive. É un processo di
autonormalizzazione, di liberazione dei poteri sani da stati di coscienza e di
comportamento che ne impediscono l’adattamento attivo.
La normalizzazione è la rinascita della normalità bio-psichica attraverso la quale il
bambino riprende interesse, desiderio di lavoro, sforzo e soddisfazione nell’attività. La
libera scelta e il lavoro appropriato canalizzano lo spirito del bambino nella scoperta della
sua più profonda natura: il fare e il saper fare, non imposti e giudicati dall’adulto, ma
sperimentati nell’attività in un ambiente sociale non violento, non competitivo, né selettivo,
né emarginante.
La normalizzazione per Maria Montessori è la rivelazione del carattere naturale del
bambino, attraverso un ambiente pensato e predisposto per lui, che ne consente l’attività
libera e intelligente.
E’ una liberazione dagli ostacoli che il mondo adulto pone allo sviluppo delle sue
potenzialità. É un'auto-guarigione da ciò che non è stato completamente rispettato e
favorito in lui. L’energia del bambino ha bisogno di trasformarsi in attività di movimento, in
esperienze concrete legate alla realtà e alla vita quotidiana che devono essere favorite
dall’adulto. Se l’ambiente non si presta o ostacola il naturale manifestarsi delle energie del
bambino, il suo sviluppo devia, ovvero si sposta dalla posizione naturale. I bambini deviati
sono frutto di uno sviluppo deviato dalla naturale evoluzione a causa degli adulti. Sono
degli adulti che impongono ai piccoli limiti fisici e psichici. Maria Montessori raccomanda
prudenza nelle relazioni con il bambino. L’intervento sul bambino di qualcuno che ha
potere su di lui, è pericoloso. I suoi difetti di carattere sono dovuti a un trattamento
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sbagliato del bambino nei primi anni di vita.
Concentrandosi nelle attività proposte dalla scuola, i bambini riescono a guarire dai loro
difetti, che provengono spesso dalla mancanza di alimento della vita psichica.
Se il bambino è posto in un ambiente adatto, si rivela “il Vero Bambino”.
Un bambino che trova motivi di attività, da lui scelti, rispondenti alle sue domande interne,
si normalizza, trova uno sbocco naturale alle sue enormi potenzialità.
La Montessori dice che il metodo non si vede: si vede solo il bambino, ovvero la sua
anima che, liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura. Prima di procedere
allo svolgimento educativo è necessario porre le condizioni ambientali che favoriscono
l’affioramento dei caratteri normali nascosti. Basta allontanare gli ostacoli e questo deve
essere il primo passo e il fondamento dell’educazione. Si tratta di scoprire prima la natura
e dopo aiutare lo svolgimento della normalità. C’è una natura nascosta e sconosciuta
nell’uomo che è la natura vera data dalla creazione: la salute.
E’ con l’esperimento svolto nelle “Case dei Bambini” (l'ambiente fatto su misura per il
bambino) che la normalizzazione comincia ad indicare il processo di guarigione del
bambino dalle deviazioni prodotte dalle repressioni degli adulti, attraverso la libera attività
in un ambiente studiato per lui.
Ne “La Scoperta del bambino ”,opera del 1909, la normalizzazione è indicata come il
momento propedeutico al lavoro con i materiali di sviluppo.
Lo scolaro dovrà essere liberato dal peso delle repressioni che ha subito. Perché questo
avvenga, è necessario far emergere un interesse per l’ambiente, inizialmente attraverso
esercizi di vita pratica e poi sarà il lavoro con i materiali scientifici a realizzare la
normalizzazione, punto di partenza dell’azione educativa.
E’ necessario che il bambino prima si normalizzi e poi progredirà nella sua educazione.
Successivamente, nella storia della pedagogia incontriamo John Dewey, un filosofo che si
concentrerà sull'importanza della democrazia e della libertà. Egli parlerà di differenze
27
individuali, ma porterà avanti la causa della necessità di fornire a tutti l'educazione in
maniera equa.
JOHN DEWEY (1859-1952):
É un filosofo americano empirista e strumentalista, o meglio pragmatista.
Per lui l'educazione diventa il mezzo per raggiungere una società libera e democratica.
La società democratica è l'unica, secondo lui, che si è dimostrata rispettosa dell'individuo,
delle sue capacità e della possibilità di promuoverle e di valorizzarle. Essa è l'unica forma
di organizzazione sociale in grado di liberare le energie individuali da ostacoli e barriere
della razza, della classe, della nazionalità e di tutte le particolarità di ognuno. Esige
confronto, cooperazione, collaborazione in vista del perseguimento del bene comune.
L'educazione deve essere in grado di promuovere le capacità dell'individuo, di integrarlo in
modo non conformistico nella società, come protagonista delle sue scelte personali e
comunitarie.
Mira ad una società democratica che richiede la partecipazione di tutti finalizzata al bene
comune e alla verifica dei valori a fondamento delle norme della vita associata e, d'altra
parte, richiede l'impegno di offrire a ciascuno adeguate opportunità per la migliore crescita
possibile.
Dunque, la democrazia e l'educazione sono legate strettamente e mirano a creare una
società ed una scuola inclusive. (“Percorsi della pedagogia contemporanea”, Giuseppe
Zago, 2013)
L'educazione è un processo di sviluppo continuo. Questo processo educativo si lega alle
diversità individuali.
Dewey ritiene infatti che l'educazione debba essere democratica e quindi basata
sull'uguaglianza. Ma quest'uguaglianza non deve essere intesa come individui tutti uguali
fra loro con le stesse caratteristiche. Egli parla della diversità delle capacità e dei bisogni
che esistono nei diversi esseri umani. La scuola tradizionale non prendeva in
considerazione proprio questo aspetto e presumeva che ogni individuo fosse uguale e
identico all'altro proponendo un programma di studi uniforme. Inoltre, questa scuola non
riconosceva che l'iniziativa dello sviluppo proviene dai bisogni e dalle capacità dell'alunno.
(“L'educazione di oggi”, 1940, J. Dewey)
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Le inclinazioni e le capacità devono invece essere trattate come possibilità, come punti di
partenza necessari per qualsiasi sano sviluppo.
Il fine dell'educazione in Dewey è la continuità dello sviluppo( continua riorganizzazione e
ricostruzione dell'esperienza). E, le possibilità di una continua crescita umana e
intellettuale deve essere garantita a tutti i membri per mantenere equità ed equilibrio nella
società. Si tratta dunque di un'educazione che include ogni singolo individuo ed esalta e
prende in considerazione le sue differenze individuali come risorsa e come motivo per
realizzare l'individualizzazione (sviluppo delle capacità personali) considerando anche
l'allargamento degli interessi comuni. Attraverso questa pedagogia, Dewey coniuga
psicologia e sociologia. (“Democrazia e educazione”,1916, J. Dewey)
Il metodo utilizzato è l'adeguamento dell'insegnamento ai bisogni e alle potenzialità
dell'educando.
Il metodo è legato alle caratteristiche dello sviluppo naturale dell'educando. L'esperienza
del bambino è il vero metodo didattico. (“Il mio credo pedagogico”, 1897, J. Dewey)
Progetto di ricerca dell'Istituto Comprensivo di Cervaro sul metodo didattico di John Dewey
Per quanto riguarda questo autore, anche recentemente, sono molti gli studi di ricerca e i
progetti scolastici impostati sulla sua teoria. Un esempio può essere quello realizzato da:
L’Istituto Comprensivo di Cervaro (PROGETTO “Diversità e inclusione”, anno scolastico
2015-2016, Istituto comprensivo di Cervaro, Lazio)
L’Istituto Comprensivo di Cervaro si è proposto di realizzare questo progetto per garantire
il successo formativo di ciascun alunno, poiché considera questo obiettivo come prioritario
per ogni ordine di Scuola. Questa Istituzione Scolastica intendeva avviare un percorso
volto alla valorizzazione delle differenze, all’inclusione, all’integrazione, alla
socializzazione, all’acquisizione delle competenze sia per la vita quotidiana che per la
formazione di una personalità, in grado di raggiungere possibili e auspicati gradi massimi
di autonomia, che possono essere ottenuti da ogni soggetto.
Nei tre gradi di scuola erano presenti tra tutti gli alunni, 28 alunni disabili, 12 alunni DSA e
97 alunni stranieri.
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OBIETTIVI:
La scuola ha garantito per ogni alunno forme di didattica individualizzata che vanno da
semplici interventi di recupero-sostegno-integrazione degli apprendimenti, alla costruzione
di un piano educativo che trovi momenti di condivisione tra le abilità possedute dall’alunno
e gli obiettivi propri della disciplina.
Gli obiettivi didattici ed educativi hanno fatto in modo di:
– Promuovere l’educazione all’altruismo, al rispetto, al dialogo, alla comprensione,
alla solidarietà, alla cooperazione, all’amicizia, all’uguaglianza, alla pace verso tutte
le persone e tutte le culture.
– Sviluppare la consapevolezza della diversità come un valore che deve essere
vissuto e condiviso.
– Promuovere la formazione di ogni persona rispettando la propria individualità.
– Promuovere lo sviluppo di abilità sociali che permettono l’interazione con l’altro.
– Promuovere l’inclusione sociale e scolastica degli alunni diversamente abili, degli
alunni stranieri...
– Migliorare il livello di autonomia di ogni individuo.
– Migliorare la motivazione all’apprendimento.
– Riprendere e consolidare le abilità di comunicazione
METODI E STRATEGIE :
La progettualità didattica, orientata in particolar modo all’inclusione, ha comportato il
superamento della visione della didattica di tipo tradizionale che prevedeva la
realizzazione di un processo di insegnamento-apprendimento uguale per tutti gli alunni, in
cui si insegnava a tutti con lo stesso metodo e si assegnava a tutti lo stesso tempo.
Hanno deciso così di attuare nuovi principi pedagogici per valorizzare l’individualizzazione
e la personalizzazione dei percorsi didattici, adottando strategie e metodologie appropriate
come ad esempio:
-attività di affiancamento all’interno della classe
-attività svolte in un piccolo gruppo collaborativo
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-attività di laboratorio senza la divisione per classi
-momenti di insegnamento individualizzati
-utilizzo di materiali di apprendimento adattabili che possono essere scelti
-utilizzo di strumenti multimediali e uso di internet
Questo perchè, come sostiene Dewey, si devono evidenziare le diversità individuali che
sono presenti in ciascuno di noi e devono essere valorizzate in modo tale che ciascun
individuo possa realizzarsi pienamente. Solo così è possibile un'educazione inclusiva di
ogni individuo senza la negazione delle sue caratteristiche personali (“diversità
individuali”).
STRUMENTI E MATERIALI:
Gli strumenti e i materiali che sono stati usati sono: i libri di testo, del materiale di facile
consumo, l'aula informatica in generale, la LIM (queste lavagne multimediali derivano da
quelle attive proproste da Dewey), le fotocopiatrici e i videoproiettori.
SOGGETTI COINVOLTI:
Questo progetto ha coinvolto tutte le componenti dell’Istituto Comprensivo, in
un’assunzione collegiale di responsabilità. Tutti i soggetti erano portati ad adottare forme
di comunicazione accoglienti ed inclusive ed alla costruzione di un clima che avesse
relazioni positive.
VERIFICA E VALUTAZIONE:
Per quanto riguarda gli interventi educativi didattici, hanno previsto dei traguardi intermedi,
delle metodologie diversificate e il superamento della scansione annuale rigida delle
attività didattiche. Questo aveva garantito così , tempi più aperti, con delle maggiori
opportunità di successo formativo ed esperienze che hanno dato più motivazione e
gratificazione. In itinere e al temine dell’anno scolastico si sono valutati i percorsi
individuali di apprendimento, i livelli di autonomia ed inserimento.
Avevano anche previsto:
-Programmazioni e verifiche con gli insegnanti del gruppo pedagogico e con i docenti del
consiglio di classe , interclasse e intersezione,
-Incontri tra i docenti di sostegno,
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-Contatti con degli Enti esterni (logopedisti,terapisti, ecc.),
-Momenti di incontro con le famiglie in modo da poter valutare la condivisione delle
strategie e delle metodologie che venivano adottate.
In conclusione, in generale, è emerso un quadro con esiti tendenzialmente positivi
soprattutto sul piano formale, ma anche problematici e con alcune criticità sul piano
sostanziale.
In generale è stata raggiunta la finalità principale di favorire la formazione di personalità
più coerenti ed equilibrate,e allo stesso tempo dinamiche ed aperte a nuove esperienze.
Queste esperienze sono risultate libere dal giudizio. Gli alunni hanno imparato a
collaborare con gli altri in maniera abbastanza estesa e sono diventati consapevoli della
loro funzione sociale, ovvero quella valorizzata da Dewey per la democrazia.
Tra le varie protagoniste femminili importanti per il loro contributo scientifico-
pedagogico,oltre alla già citata Maria Montessori, vogliamo proporre la figura originale di
Leda Rafanelli. Queste donne sono importanti anche per il fatto di aver dato valore alla
figura femminile in un'epoca in cui la donna era ancora esclusa dalla società. Loro,
invece, sono riuscite a sovvertire le regole, e hanno dato un enorme contributo alla
società, soprattutto in ambito pedagogico. Leda Rafanelli rispecchia perfettamente
l'inclusione per quanto riguarda il suo amore per tutti gli esseri umani che ritiene debbano
essere trattati tutti allo stesso modo. Per lei l'incontro con l'altro, con il “diverso” è fonte di
arricchimento e non di penalizzazione.
LEDA RAFANELLI (1880-1971):
Una grande donna, “irregolare”, “inassimilabile”, come amava definirsi, Leda Rafanelli
rappresenta un personaggio assolutamente fuori dagli schemi, soprattutto se
consideriamo il periodo della sua esistenza che si colloca tra il 1880 data della sua
nascita, fino al 1971 quando morì a Genova.
Una donna che tramite la sua produzione letteraria ha contribuito fortemente a riflettere sui
diritti umani, sull'uguaglianza di ogni essere umano, sull'amore incondizionato per l'uomo
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nella sua accezione più ampia. Durante un soggiorno in Egitto, rimane affascinata dalla
cultura orientale e utilizzerà la dimensione del viaggio come espressione di sé, come
metafora della vita. L'incontro con l'altro, con il “diverso”, sempre considerato in senso
positivo, e la continua ricerca dell'altro, fanno di Leda una donna all'avanguardia nel
concetto di inclusione. In epoca fascista riuscirà a scrivere nel “Corriere dei Piccoli”, rivista
sottoposta al controllo e alla censura fascista, proponendo personaggi dissonanti rispetto
alla politica filo-coloniale e fascista, che proponeva piccoli balilla disciplinati e sempre
dentro agli schemi. I protagonisti dei suoi racconti sono eroi popolari, piccoli indigeni,
bambini africani liberi e inassimilabili alla cultura occidentale, sono persone curiose, dotate
di spirito diverso, con capacità diverse, non subordinati ma liberi, che guidano l'avventura,
si orientano nella realtà pensando e agendo in maniera diversa rispetto alle impostazioni e
imposizioni dell'epoca. Anche le bambine che popolano i suoi racconti sono personaggi
inquieti, curiosi, divergenti, in loro fa emergere la sua visione di emancipazione femminile,
dimostrandosi già avanti nel pensiero. Un grande rispetto quindi per ogni essere umano,
nella sua totalità, a qualsiasi etnia, religione, cultura appartengano.
Una donna che ha saputo insinuare dubbi nelle coscienze, che ha invitato ad andare oltre
le apparenze, ad incontrare ciò che è diverso da noi per leggerlo sempre in prospettiva di
arricchimento e crescita reciproca. Al giorno d'oggi sarebbe sicuramente una paladina dei
diritti umani e una parte di questa grande riflessione ce l'ha anticipatamente proposta
proprio affinchè ognuno di noi possa contribuire a concretizzare l'inclusione in tutte le sue
forme. (“Percorsi di pedagogia al femminile. Dall'unità d'Italia al secondo dopoguerra”,
2014, Tiziana Pironi)
Grande rilevanza ha anche Bogdan Suchodolski, un autore che valorizza i diritti umani
nella sua prospettiva pedagogica che mira alla trasformazione e al miglioramento
dell'avvenire attraverso l'educazione dei bambini. Questa sua nuova prospettiva dovrà
essere inclusiva.
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BOGDAN SUCHODOLSKI (1903-1992):
Nato nel 1907 in Polonia, iniziò la sua formazione a Cracovia. Divenne titolare della
cattedra di pedagogia generale all'Università di Varsavia. Ricoprì numerose cariche
prestigiose in istituzioni culturali nazionali ed internazionali e collaborò anche con
l'Unesco.
E' interessato ad una pedagogia che possa mantenere la pace, e cerca una conciliazione
tra quella che viene chiamata “pedagogia dell'essenza” cioè riferita all'idea di uomo, allo
scopo della vita e pertanto dell'educazione, e la “pedagogia dell'esistenza”, che considera
l'uomo nella sua concreta situazione esistenziale, caratterizzata da determinate condizioni
storiche, psicologiche, sociologiche, empiriche. (“Pedagogia dell'essenza e pedagogia
dell'esistenza” – 1960- B. Suchodolski)
La sua interessante proposta è quella di trasformare entrambe le posizioni in una
prospettiva per il futuro, una concezione dell'educazione verso l'avvenire.(“Trattato di
pedagogia generale. Educazione per il tempo futuro” – 1947- B. Suchodolski). Il presente
infatti non è l'unico criterio di valutazione, la realtà non è mai la migliore possibile.
Suchodolski invita ad un ritorno alle dimensioni dell'essere, dando valore ad esempio
all'amore, all'amicizia, al contatto con la natura, alla meditazione,alle esperienze estetiche.
Propone una pedagogia del coraggio e della speranza, parla di utopia pedagogica, utopia
come ideale regolativo che può essere anche molto lontano, ma si può realizzare.( “La
pedagogia del coraggio e della speranza”, in “Analisi del discorso pedagogico”, a cura di
Flores d'Arcais, 1985). Pensiamo alle brillanti intuizioni avute da Comenio, da Maria
Montessori, da Don Milani... tutte persone che hanno creduto fortemente negli ideali di
promozione e rispetto per l'essere umano, che hanno lottato per l'uguaglianza, per formare
persone in grado di costruirsi un pensiero critico.
Bisogna servirsi dei valori universali e duraturi, quali la pace, la giustizia, il bene, e, sulla
base di questi valori, progettare le nostre scelte. Suchodolski afferma che oltre allo
sviluppo delle capacità pratiche e razionali, c'è necessità di sviluppare quelle interiori e
interpersonali, dell'immaginazione e della sensibilità, egli amava dire che la pratica deve
essere messa al servizio della poesia, in quanto questa ci insegna a superare i limiti già
raggiunti.
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L'educatore deve valorizzare tutte le dimensioni umane assicurando a tutti una cura
pedagogica, avendo atteggiamenti e mezzi educativi diversi a seconda della persona con
la quale interagisce.
Insomma, una pedagogia della speranza e del coraggio quale progetto efficace nella
costruzione di un nuovo ordine sociale, più giusto e più umano.
Di fronte a tante situazioni ben poco inclusive che si sono succedute nella storia della
pedagogia, troviamo la proposta di questo autore, profondamente rispettoso dei diritti
umani, sicuramente attuale e in una prospettiva inclusiva, di cui tutti dobbiamo farci
promotori.
Un autore più recente e ancora in vita è Edgar Morin. Egli si concentrerà sui problemi della
società contemporanea, dando molto peso al fenomeno della globalizzazione. Proprio per
questo sarà il primo a proporre un'educazione per l'uomo planetario. Quest'ultimo è un
uomo che dovrà far fronte a molteplici diversità come la razza, la disabilità, gli squilibri
economici... tutti aspetti che si mescolano in questa società innovativa nella quale viviamo
sempre più interconnessi e dove è necessario imparare a vivere senza penalizzare
nessuno, includendo tutti in questa nuova “società-mondo”.
EDGAR MORIN (1921):
Morin è un sociologo e intellettuale poliedrico francese e di origine ebraica.
Si occupa di inclusione per quanto riguarda la globalizzazione e il superamento di barriere
di razza, ma anche il superamento delle diversità che ognuno di noi ha.
Ritiene che attraverso l'educazione si possano apportare cambiamenti. Si occupa
inizialmente dell'uomo e poi si interesserà al nuovo problema della globalizzazione. Il
mondo che si sta formando è, infatti, caratterizzato da una nuova complessità e proprio
per questo propone l'educazione alla complessità. Questo perchè in questa nuova epoca,
l'“era planetaria”, il tutto è interdipendente, dove le singole parti dipendono dal tutto e il
tutto risente delle alterazioni delle singole parti. I processi di mondializzazione hanno reso
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interdipendenti le vite e i destini di tutti gli esseri umani e li hanno resi partecipi di questa
realtà (una società-mondo, come la chiama l'autore stesso).
La globalizzazione porta a maggiore unità ed eguaglianza degli esseri umani, ma allo
stesso tempo porta a pericoli e possibili conflitti. Per questo è necessaria l'educazione per
rendere possibile la vita di tutti insieme, in un mondo che include ogni singolo individuo.
Morin afferma che bisogna: “Riconoscere l’unità in seno alla diversità, la diversità in seno
all’unità (…) Riconoscere l’unità umana attraverso le diversità culturali, le diversità
individuali e culturali attraverso l’unità umana”. (“La testa ben fatta” di E. Morin)
Il suo obiettivo è riformare l'insegnamento verso la formazione di una testa “ben fatta”
piuttosto di una testa “ben piena” ( dall'opera: “La testa ben fatta. Riforma
dell’insegnamento e riforma del pensiero”, 2000, E. Morin) che consentirebbe di
rispondere alle sfide quotidiane di globalizzazione e di complessità. Ritiene che il compito
dell'educatore sia di fondamentale importanza, tanto da essere ritenuto come una
missione dove è necessario supporre tempo, arte, fede e amore. Questa educazione è
rivolta a tutti in questo modo, perchè ognuno di noi vive in questa era planetaria
caratterizzata dalla globalizzazione.
Uno dei principali compiti dell'insegnamento è proprio il formare alla comprensione (mezzo
e fine per la comunicazione umana), alla pace e alla tolleranza. Per quanto riguarda il
piano linguistico-culturale-concettuale, bisogna anche rivedere criticamente i concetti di
razza, guerra, pace, sviluppo, uguaglianza, integrazione, inclusione... Inoltre, è necessario
promuovere un'etica dell'intero genere umano (l'etica fonda i concetti di responsabilità e di
solidarietà) che porti ad un contesto democratico.
Per questo è bene insegnare una cittadinanza che sia terrestre, ovvero un'umanità
caratterizzata da unità antropologica e anche da diversità individuali e culturali. Essa può
essere definita come “comunità di destino” dell'era planetaria, dove tutti gli esseri umani si
confrontano con gli stessi problemi vitali e mortali e quindi dove tutti sono messi sullo
stesso piano e hanno gli stessi diritti e doveri. ll fine dell'educazione per Morin è la
formazione dell'uomo planetario, ovvero un uomo destinato a vivere in una realtà
globalizzata, una realtà ed una società che comprende tutto il mondo. Morin vuole formare
l' “identità terrestre” che è capace di radicarsi nella propria specifica cultura, ma anche
capace di allargare la comprensione e la partecipazione fino ad includere l'intera umanità.
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Nell'attuale contesto sociale o, per usare un termine di Morin, nella “società mondo” che
caratterizza il nostro tempo, ci ritroviamo a vivere dimensioni di complessità che ci
spingono ad una sempre nuova riflessione sulla modalità di rinnovare il pensiero, la
conoscenza e l'insegnamento.
Il concetto di inclusione era già presente in Comenio che, nella sua Didattica Magna, ha
tentato di formulare il concetto del “tutto a tutti”. Ricordiamo però che “ inclusione” è
implicita anche nell'articolo 3 della nostra Costituzione : “è compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
paese”, così come nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo del 1948.
Crediamo che sia importante, viste le molteplici dimensioni che possono essere associate
a nazionalità, etnia, lingua, religione, immigrazione, varie motivazioni, considerare la
necessità della mediazione, come attributo cardine dell'inclusione, che aiuti nella
relazione. Siamo consapevoli che, al fine di apportare i cambiamenti desiderati che
possano veicolare all'interno delle scuole la condivisione, la cooperazione, la
collaborazione, siano necessari tempi lunghi e, soprattutto una metamorfosi culturale
profonda. Per questo, si sente la necessità di dover lavorare anche per favorire
un'apertura alla comunicazione autentica, in grado di permettere alle persone di essere e
sentirsi comprese. Spesso incomprensioni e disagi nascono proprio dalla modalità di
comunicazione non corretta, che ricorre al classico modello standard “mittente-
destinatario”, e cioè interazione scarsa o nulla. Bisogna invece che si crei uno spazio
comune, in cui ognuno possa essere riconosciuto affinchè la comunicazione sia
accogliente, non giudicante, ma sostenitiva di eventuali difficoltà, creatrice di vincoli di
solidarietà che permettano di riconoscere e riconoscersi attraverso la dialogicità.
Come ogni norma, che trova la necessità di essere scritta e denota quindi un bisogno che
appare palese e che è necessario specificare affinchè si traduca in rispetto, anche per la
comunicazione è stato stilato un “Manifesto della comunicazione non ostile”,(elenco di 10
principi, ciascuno dei quali seguito da un'indicazione di comportamento . Per
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approfondimenti: sito paroleostili.it) proprio per sottolineare l'importanza di questo
strumento fondamentale all'inclusione. Se le parole sono un ponte, è necessario sceglierle
bene al fine di farsi comprendere e avvicinare all'altro, così come attraverso la
comunicazione non verbale, devo riuscire a trasmettere accoglienza e reciprocità.
L'ambiente scolastico è terreno fertile per sperimentare forme di inclusione che
permettano a tutti di poter partecipare, senza dover evidenziare o etichettare, ma
riuscendo a costruire un nuovo modo di pensare. Scuola, quindi, come vera comunità di
pratica, dove poter dar luogo a nuove modalità originali di apprendimento, sfidare ciò che
viene imposto come standard, prendendo in esame la possibilità di percorrere e scrivere
nuove strategie per contribuire alla consapevolezza di ognuno. Ciò che all'interno dei
contesti scolastici si dovrebbe vivere è la valorizzazione di ogni singola persona, il
sostegno reciproco, un sentir accrescere costantemente la motivazione intrinseca alla
partecipazione attiva per la costruzione di una società inclusiva.
Attualmente ci si può avvalere anche delle indicazioni fornite dall'Universal Design for
Lerning, ovvero un approccio teorico che mira alla progettazione di programmi studio e
materiali al fine di soddisfare le esigenze di tutti gli studenti fin dall'inizio del processo di
apprendimento. Si basa su diversi ambiti disciplinari: scienze dell'educazione, psicologia
dello sviluppo e neuroscienze.
L'Universal Design (UD) si basa su sette principi generali applicati in architettura, ma che
possono essere estesi in ambito di apprendimento. L'UD sfida la capacità standard per
cercare di soddisfare il più possibile tutti gli studenti. I sette principi si sposano benissimo
con il concetto di inclusione, in quanto ne prevedono un uso equo, utilizzabile per persone
differenti; un uso flessibile, ampio e globale usufruibile per ogni abilità individuale; un uso
semplice e intuitivo; la percettibilità delle informazioni, fruibile quindi da tutti i sensi
(ricordiamo l'acronimo “agata”: ascolta, guarda, assaggia, tocca, annusa.); la tolleranza
dell'errore: si può sbagliare!; il contenimento dello sforzo fisico; le misure e gli spazi per
l'avvicinamento e l'uso.
La tendenza negli ultimi anni è quella di applicare modelli di apprendimento efficaci che si
basino sulle prospettive socio-costruttiviste e culturaliste.
Parole chiave per la costruzione di un ambiente educativo-costruttivista-sociale sono:
costruzione, contesto, collaborazione, attività, partecipazione, discorso, prospettiva.
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Negli ambienti didattici “comunità di pensiero e di apprendimento”, considerando il ruolo
attivo di tutti gli attori che lo animano, l'attività inclusiva-integrativa è realmente possibile.
Favorendo la partecipazione e l'interazione di tutti, attivando le zone di sviluppo
prossimale, incoraggiando il mutuo tutoraggio tra pari, lo scambio di abilità e competenze,
il confronto intersoggettivo con gli altri, ricercando e costruendo assieme significati, oltre
ad acquisire abilità superiori di metacognizione, si valorizza l'alterità e l'eterogeneità,
presupposti in linea con quanto espressamente approfondito in questo corso nel quale
protagonisti sono appunto i “diritti umani e l'inclusione”.
Diritti Umani in educazionePer quanto riguarda proprio l'inclusione in educazione nell'ambito dei diritti umani, sono
state emanate varie leggi per dare maggiore spessore e formalità a questo ambito e per
permetterne la sua espansione.
Ricordiamo che i diritti umani sono: “ i diritti che tutelano la dignità della persona e di cui
tutti gli esseri umani sono titolari in ragione della loro condizione umana”. La Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo del 10 dicembre 1948 ci ricorda che ogni individuo e ogni
organo della società deve sforzarsi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il
rispetto di tali diritti e libertà e di garantirne l'universale ed effettivo riconoscimento. Anche
se purtroppo dobbiamo constatare che i 30 articoli presenti nella Dichiarazione ad oggi
siano tutt'altro che scontati, in certi casi addirittura sconosciuti, c'è comunque una costante
volontà da parte di tante persone di continuare a tenere alta l'attenzione e la
partecipazione alla realizzazione degli stessi.
E' importante, ad esempio, l'istituzione di questo corso trasversale promosso
dall'Università di Padova, che ha permesso di diffondere ad ampio raggio questo
messaggio di inclusione, stimolandoci tutti a riflettere su come ogni ambito della nostra vita
possa e debba essere vissuto pienamente, senza limiti e barriere intesi sia in senso fisico
che psicologico. Ogni incontro ci ha aperto a nuove prospettive e ci ha sollecitato
all'incontro-confronto con realtà e possibilità rispetto alle nostre attuali conoscenze.
Spaziare dall'ambiente naturale che ci impegna alla gestione condivisa delle risorse
naturali e alla riflessione sul conflitti socio-ambientali; all'ambito tecnologico con le sue
molteplici possibilità offerte grazie alle numerose scoperte e invenzioni che permettono di
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diminuire sempre più l'inaccessibiltà ad ambienti e contenuti; dalla consapevolezza nel
settore economico di come può avvenire l'integrazione/inclusione di ogni persona, anche
in riferimento all'emergere dell'attuale e importante presenza di cittadinanza immigrata;
all'attenzione al ruolo dello sport e all'arte come strumenti di crescita, rispetto,
condivisione; all'ambito didattico che ci sta particolarmente a cuore.
Per molto tempo l'argomento “inclusione” a scuola è stato discusso e dibattuto e diverse
sono le norme che nel tempo sono state approvate. I dibattiti hanno riguardato in particolar
modo l'inclusione di alunni con disabilità e, anche se sappiamo bene che non è soltanto
questa condizione che “compromette” il concetto di “una scuola inclusiva per tutti” ,
sono state comunque fondamentali per favorire nuove impostazioni e direttive per tutelare
il rispetto delle libertà individuali e lo sviluppo dei diritti delle persone, incluso ovviamente il
diritto alla cultura e all'istruzione. Dobbiamo essere consapevoli che , purtroppo, la
violazione dei diritti umani nei confronti delle persone con disabilità si è verificata e si
verifica frequentemente.
Breve percorso legislativo
Ripercorrendo brevemente il percorso legislativo sull'integrazione facciamo riferimento
innanzitutto alla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità che introduce
una visione concettuale, etica e normativa della condizione di disabilità e della persona
con disabilità. (Il primo documento delle Nazioni Unite sulla disabilità è del 1971). Entrata
in vigore il 3 Maggio 2008 questa Convenzione ha posto l'accento sulla consapevolezza
che la disabilità è una condizione ordinaria che ogni essere umano vivrà nel corso della
propria esistenza e impone quindi alla società di tenerne conto in tutte le decisioni legate
allo sviluppo e all'organizzazione sociale.
La scrittura dell'art. 24 sull'Educazione è frutto anche dell'iniziativa italiana, che valorizza il
modello scolastico inclusivo del nostro Paese; obiettivo è garantire “un sistema di
istruzione inclusivo a tutti i livelli”. Significativi sono anche gli obiettivi dell'educazione: “ (a)
al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell'autostima ed al
rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità
umana” - “(b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità,
dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro
massime potenzialità” - “(c) porre le persone con disabilità in condizione di partecipare
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effettivamente ad una società libera”. Riprendendo il motto “ Niente su di noi senza di noi”,
dobbiamo considerare che i processi di inclusione sociale sono efficaci ed effettivi solo con
la diretta partecipazione delle persone escluse e discriminate poiché anch'esse fanno
parte della società.
Di fondamentale importanza per lo stato italiano e l'inclusione, risulta l'articolo 34 della
Costituzione che afferma che la scuola è aperta a tutti. Quest'ultimo si lega ad un altro
articolo cardine per lo Stato italiano, ovvero l'ART. 3. Esso afferma al meglio la necessità
di sviluppare eguaglianza e inclusione a dispetto di tutte le differenze presenti. Assicura,
infatti, pari dignità sociale e uguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
La legge quadro approvata il 5 febbraio del 1992 nota come Legge 104/92, prevede fra le
proprie finalità, quelle di “garantire il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e
di autonomia della persona con disabilità e di promuoverne la piena integrazione in
famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società” ; “di prevenire e rimuovere le condizioni
che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima
autonomia possibile e la partecipazione alla vita della collettività, nonché la realizzazione
dei diritti civili, politici e patrimoniali; di perseguire il recupero funzionale e sociale della
persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali, assicurando i servizi e le
prestazioni per la prevenzione,la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela
giuridica ed economica; di predisporre interventi volti a superare stati di emarginazione e
di esclusione sociale” (art. 1 lett. a),b),c) e d).
Questa legge che accoglie le proposte dell'OMS del 1980, per la prima volta pone sul
piano legislativo la persona nella sua globalità, indipendentemente dallo stato e dal tipo di
handicap in cui si trova, con un approccio innovativo che considera la persona con
disabilità nel suo sviluppo unitario dalla nascita, nella presenza in famiglia, nella scuola,
nel lavoro e nel tempo libero. E' veramente inclusiva, perchè non esclude nessuno dal
campo di applicazione e si attiene perfettamente alla Costituzione, in merito alla centralità
della persona.
Gli articoli riguardanti la scuola vanno dall'art. 12 all'art. 16, con l'aggiunta dell'art. 43.
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Riassumendo, i principi garantiti dalla legge 104/92 sono:
• “ il diritto all’educazione e all’istruzione negli asili nido, nelle classi comuni delle
scuole di ogni ordine e grado e nella università”;
• “si precisa che la finalità dell’integrazione tende alla crescita della personalità
dell’alunno in situazione di handicap e dei suoi compagni sotto il profilo degli
apprendimenti, della comunicazione, della socializzazione e degli scambi
relazionali”;
• “nessuna menomazione o disabilità può essere causa di esclusione dalla frequenza
scolastica”;
• “la programmazione dell‘integrazione si snoda attraverso le seguenti fasi:
individuazione dell‘alunno in situazione di handicap, la diagnosi funzionale (D.F.)
poi il profilo dinamico funzionale (P.D.F.) e infine il piano educativo individualizzato
(P.E.I.)”.
Questi orientamenti sono stati, in seguito, specificati nelle seguenti normative:
• D.P.R.24/2/94. Reca gli schemi della DF, e del PDF ;
• D.L.9/7/92. Reca i criteri per la stipula degli accordi di programma;
• D.M.4/3/93. Indica i protocolli per la concessione dell’idoneità alla pratica sportiva
delle persone con handicap;
• D.P.R.24/2/94. Compiti delle USL in materia di alunni portatori di handicap;
• D.L.30/11/94. Convenzioni per attività inserimento lavorativo di persone con
handicap;
• D.L.112/98. Ridisegna le competenze della regioni e degli enti locali nei confronti
degli istituti scolastici per la realizzazione dell‘integrazione scolastica.
Dall’entrata in vigore della104/92 si è assistito alla lenta, ma significativa crescita degli
alunni con disabilità nella scuola di tutti.
L'inclusione educativa deve essere globale e non deve considerare solo gli alunni con
disabilità. Le leggi e le normative che sono state fatte si sono concentrate anche su altri
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aspetti dell'inclusione, come l'inclusione degli alunni stranieri. La globalizzazione e,
dunque, ”l'era planetaria” come la definisce Morin, ha portato alla necessità di ripensare
l'educazione in senso più ampio, un'educazione che deve comprendere anche persone di
diversa nazionalità, un'educazione che comprenda il mondo nella sua totalità.
Normative sull'inclusione di alunni stranieri:
Nelle norme più significative, (C.M. 205/26.7.90; C.M. 73/2.3.94; pronuncia C.N.P.I.
trasmessa con C.M. 122/1992; pronuncia C.N.P.I. trasmessa con C.M. 138/1993), emerge
il ruolo di ordinarietà educativa dell'Educazione Interculturale che, fondata sui valori della
Costituzione italiana e delle Carte internazionali (Dichiarazione dei diritti dell'uomo, O.N.U.
1948 Convenzione Internazionale dei diritti dell'infanzia, O.N.U. 1989) diventa la trama di
tutti i saperi ed è intesa come trasversale a tutte le discipline.
L'Educazione Interculturale non è un'educazione ulteriore che si aggiunge ai già ampi
curriculum scolastici, ma essa viene attuata "anche in assenza di alunni stranieri" (C.M.
205/1990), deve essere rivolta a tutti come un'educazione ad un nuovo modello civico.
La scuola deve quindi permettere la formazione di cittadini del mondo responsabili,
autonomi, creativi e critici che condividano i valori universali dell'uguaglianza, della
solidarietà, della cooperazione e della pace.
La normativa scolastica diventa fondamentale, accoglie e ratifica le direttive comunitarie
ed internazionali. Essa enuncia una molteplicità di valori, coordinate e riferimenti su cui
fondare l'azione educativa in prospettiva interculturale, accogliendo e rispettando le
diversità che devono essere considerate come "valori ed opportunità di crescita
democratica" (C.M. 73/2.3.94). Tutte le persone che operano nella scuola trovano in
questa legislazione degli orientamenti pedagogici, oltre che organizzativi, per affrontare la
quotidianità.
La normativa per l'inclusione scolastica degli alunni stranieri si è arricchita ed evoluta
seguendo anche l'intensificarsi dei flussi d'immigrazione. Ultimamente si è data una
risposta anche al problema dell'inserimento degli alunni “irregolari”, cioè che appartengono
a famiglie non in regola con il permesso di soggiorno. Per quanto riguarda questo aspetto
hanno considerato il "diritto del minore all'istruzione", preso dall'ultima legge nazionale
sull'immigrazione (L. 40/1998) inteso addirittura come "obbligo scolastico", cioè che
vincola tutti i minori presenti in Italia, sia regolari che non regolari.
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Accanto a questo diritto riconosciuto se ne trovano altri che spesso non sempre sono del
tutto accolti, quali l'inserimento dell'alunno in una classe adeguata alla scolarità
precedente ed alla sua età cronologica (C.M. 205/26.7.90).
Spesso, in presenza di alunni che non conoscono la lingua italiana e parlano un'altra
lingua diversa da quella del paese in cui sono venuti a vivere, si procede al loro
inserimento in classi inferiori anche di due o tre anni nella speranza che questo renda
possibile l'alfabetizzazione linguistica. La maggior parte delle volte un procedimento di
questo tipo provoca agli alunni ulteriori disagi, che sono dovuti alla differenza di età
rispetto ai compagni di classe: la distanza cronologica si aggiunge alle distanze culturali, e
questo porta anche ad un distanziamento di tipo psicologico.
Non è ancora molto praticata, ma esiste anche la "valorizzazione della lingua e cultura di
origine", auspicata dalla C.M. 205/26.7.90 e ribadita dalla L. 40 del 6 marzo 1998.
Si può ricorrere anche a nuove figure professionali quali il "mediatore culturale" e il
"mediatore linguistico" (C.M. 205/90 - L. 40/98) come figure-ponte per facilitare il dialogo
fra la cultura di origine e la cultura di accoglienza.
La normativa suggerisce la costituzione presso le Scuole di apposite Commissioni di
lavoro per promuovere attività di informazione, sensibilizzazione e formazione che
facilitino l'interazione culturale, la formazione dei docenti, la progettazione di percorsi
formativi interculturali. Oggi però tale "Gruppo di lavoro" permanente non è ancora
costituito e sono ancora poche le istituzioni scolastiche che si sono dotate di tale
organismo interno (C.M. 73/2.3.1994).
La Scuola dovrebbe farsi protagonista attiva del cambiamento sociale in atto.
L'intensificarsi del fenomeno dell'immigrazione dovrà portare gli operatori della scuola ad
applicare e a tradurre in pratica quotidiana le indicazioni di legge.
Questa normativa vigente in materia di obbligo scolastico (art. 68 della legge 17 maggio
1999, n. 144 e dall’art. 2 della legge n. 53/2003 e art. 1 del Decreto Legislativo 15 aprile
2005 Testo Unico sull’Immigrazione, n, 76), infatti, detta norme in merito al diritto-dovere
all’istruzione e alla formazione per tutti i minori presenti sul territorio nazionale,
indipendentemente dalla loro condizione di straniero e dalla regolarità della loro posizione
(art. 38 del D.L.vo 25 luglio 1998, n, 286; art. 45 del D.P.R.n.394/99;
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Rilevante è anche il Testo Unico sull’Immigrazione (Decreto Legislativo 15 aprile 2005),
all'art. 38 commi 3,4 che poi è stato aggiornato molteplici volte negli anni successivi.
Contiene disposizioni che concernono la disciplina dell'immigrazione e le norme sulla
condizione dello straniero.
Nel 2006 sono state emanate delle linee guida da parte del MIUR, poi nel 2014 sono state
fatte anche le nuove “Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri”.
Queste nuove linee sono il risultato di un lavoro molto lungo di raccolta ed elaborazione
dei dati e di esperienza che sono stati fatti dall’ufficio 'Immigrazione, orientamento e lotta
all’abbandono scolastico' della Direzione generale per lo Studente del MIUR. Rispetto alla
prima stesura, questo è un nuovo documento che guarda agli alunni con cittadinanza non
italiana tenendo conto di uno scenario profondamente mutato per l'aumento della
globalizzazione.
Le linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri elaborate nel marzo
2006 dal Ministero dell’Istruzione sottolineano come sia necessario promuovere
l’educazione interculturale come sfondo da cui prende avvio la specificità di percorsi
formativi rivolti ad alunni stranieri, nel contesto di attività che devono caratterizzare
l’azione educativa nei confronti di tutti. Poi, da queste linee si sono elaborate quelle del
2014.
Le leggi in merito all'inclusione scolastica hanno cercato, dunque, di rendere possibile
l'educazione di tutti considerando sempre la rilevanza delle differenze individuali non come
aspetto negativo, ma come possibilità di arricchimento. Grazie anche alle leggi è stato
possibile normalizzare l'inclusione e renderla un aspetto costitutivo di ogni stato, che in
questo modo si impegnerà per portare avanti la sua realizzazione.
PROSPETTIVE FUTURE PER L'INCLUSIONE A SCUOLADate le trasformazioni sociali, economiche e politiche, la scuola deve cercare di
promuovere democrazia, pace, inclusione, conoscenze di qualità.
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La scuola deve educare alla cittadinanza e lavorare per un futuro possibile per tutti poiché
tutti facciamo parte della stessa società e dello stesso mondo.
Per questo, bisogna far maturare la consapevolezza del fatto che ognuno è portatore di
diritti e doveri e la consapevolezza della relazione che è presente tra democrazia,
cittadinanza e inclusione.
Ad esempio, se si pensa alla globalizzazione, si punta a far riflettere sul concetto di
cittadinanza attiva. Se ogni individuo è cittadino e si sente protagonista della vita e società
che lo circonda, sviluppa una democrazia contro la considerazione negativa della
diversità, contro l'etichettatura e l'emarginazione. Poi, è necessario passare a mostrare la
rilevanza di temi come l'inclusione e la cooperazione.
Il dialogo può risultare un metodo efficace per vivere insieme in comunità, poiché esso
permette la condivisione e di conseguenza la soluzione delle possibili difficoltà che
possono presentarsi a scuola. Inoltre, bisogna trasmettere valori di solidarietà, di
cooperazione, di rispetto, della valorizzazione delle diversità dato che ognuno di noi è
diverso dall'altro. Sviluppando anche principi di tolleranza, partecipazione e pluralismo.
Per permettere l'inclusione e lo sviluppo del percorso di adattamento bisogna considerare
vari fattori, tra questi c'è il temperamento del singolo, la sua individualità, la presenza di
eventuali deficit fisici, psichici e/o sociali e dare importanza al contesto culturale in cui ci si
trova (come evidenzia anche l'ICF).
E' necessario inoltre che anche i rapporti interpersonali siano efficienti, sia nei confronti
degli insegnanti, sia nei confronti degli altri alunni e, in generale, con tutti gli attori
normalmente presenti in un ambiente scolastico.
Una figura fondamentale per l'educazione è infatti l'insegnante, colui che può facilitare
enormemente il processo di inclusione a scuola e realizzare queste prospettive future. Ciò
che conta però non è saper insegnare, ma saper essere un “educatore” ed essere aperto
all'inclusione e alla realizzazione della personalizzazione. L'educatore deve fungere da
facilitatore per la classe cercando di permettere la condivisione delle emozioni, delle
esperienze, della sensibilità per poter creare empatia nell'ambiente scolastico. In questo
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modo ogni alunno sarà in grado di comprendere l'altro e considerare maggiormente i
sentimenti e le emozioni rispetto al mettere in evidenza le diversità individuali come
qualcosa di negativo. L'educatore dovrà essere la persona che incoraggerà, valorizzerà,
svilupperà i talenti personali e sarà in grado di trasmettere il piacere della diversità come
un dono che rende unico ognuno di noi. Per questo l'educatore deve sviluppare flessibilità,
apertura, capacità di ascolto e comprensione, per poter realizzare un programma in grado
di raggiungere tutti allo stesso modo e allo stesso tempo ognuno in modo diverso secondo
le proprie particolarità.
Nell'ambiente educativo possono essere adottate varie prospettive e obiettivi futuri per
poter realizzare un'educazione che sia realmente inclusiva:
• Mettere a punto un modello organizzativo che dia a tutti la possibilità di apprendere,
di partecipare, di svolgere i compiti assegnati per casa e a scuola.
• Si possono aumentare e rendere migliori i livelli di comunicazione (sia verbale che
non verbale).
• É possibile migliorare gli elementi di struttura relativi agli ambienti, alle dotazioni (in
particolar modo le tecnologie), agli strumenti (come, ad esempio, quelli utilizzati da
Maria Montessori), ai finanziamenti.
• Gli strumenti informatici e multimediali (in particolare in laboratorio multimediale
dove, ad esempio, si possono realizzare attività come il gioco relazionale) e le
nuove tecnologie in generale, possono permettere la scomparsa di metodi di
apprendimento basati solo sulla manualità e la ripetizione.
• Importante è cercare di sviluppare dei temi legati alla mancanza di inclusione come
il pregiudizio verso l'altro, per dare consapevolezza e poter permettere la libertà di
espressione ed azione in collaborazione con tutti i membri dell'ambiente scolastico
in cui si trova l'alunno senza discriminare.
• Fare in modo che gli alunni comprendano di essere tutti diversi l'uno dall'altro e tutti
delle risorse importanti per la crescita dell'intera classe e della scuola stessa.
• Incrementare la pratica dello sport, in particolare lo sport di squadra, che può
migliorare la cooperazione e, dunque, l'inclusione scolastica.
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• Sviluppare l'autonomia della persona per renderla completa e darle la possibilità di
relazionarsi con gli altri senza mediazioni (la relazione è il miglior modo per creare
inclusione).
• Promuovere anche interventi individualizzati con insegnanti specializzati per
permettere l'inclusione di alunni disabili, stranieri, con bassi livelli socio-economici,
con qualsiasi tipo di difficoltà …
• Migliorare le modalità di valutazione in modo tale che siano adatte ad ogni alunno e
alla sua personalità (principio della personalizzazione).
Questi obiettivi sono solo alcune delle possibilità che possono permettere la realizzazione
di un progetto inclusivo a scuola. Infatti, come l'inclusione stessa presenta la caratteristica
dell'apertura, anche le soluzioni che possono favorirla possono essere molteplici, come
molteplici sono stati i modelli pedagogici elaborati dai vari autori nella storia della
pedagogia.
Per rendere sempre più possibile l'inclusione nell'ambiente scolastico, si può anche
prendere spunto da alcuni modelli e opere che sono state fatte di recente.
Per una didattica che sia realmente inclusiva, Erickson (Centro Studi Erickson) ha
elaborato 7 punti chiave, ovvero delle azioni didattiche che possono aumentare
l'inclusione all'interno della classe. L'obiettivo della didattica inclusiva è proprio quello di
permettere il raggiungimento del massimo grado possibile di apprendimento e
partecipazione sociale da parte di tutti gli alunni. Questo, sempre dando valore alle
differenze presenti nel gruppo classe tra uno studente e l'altro. (“BES a scuola. I 7 punti
chiave per una didattica inclusiva”, 2015, Erickson).
I sette punti chiave sono:
1) LA RISORSA COMPAGNI DI CLASSE= per attivare i processi inclusivi migliori, i
compagni di classe sono fondamentali. Proprio per questo motivo è necessario
lavorare sulla collaborazione (lavorare in gruppo è di grande aiuto), la cooperazione
e il clima presente in classe. Tutto questo perchè l'apprendimento vero e proprio
non è mai possibile come processo solitario, ma è sempre soggetto alle relazioni
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che si sviluppano nel contesto, alle emozioni che si provano con gli altri e agli
stimoli in generale che si ricevono in un contesto sociale.
2) L'ADATTAMENTO COME STRATEGIA INCLUSIVA= per poter valorizzare le
differenze individuali è necessario adattare i propri stili comunicativi, le diverse
forme di lezione e gli spazi in cui si deve svolgere l'apprendimento. L'adattamento
consiste, inoltre, nella variazione de materiali utilizzati in base ai diversi stili cognitivi
e alle diverse abilità che presentano gli alunni.
3) STRATEGIE LOGICO-VISIVE, MAPPE, SCHEMI E AIUTI VISIVI= per realizzare
una migliore inclusione è utile dare maggior peso alle strategie logico-visive (ad
esempio mappe mentali e mappe concettuali). Organizzare la conoscenza in
precedenza e presentarla in maniera schematizzata per molti alunni è di grande
aiuto nel processo di apprendimento.
4) PROCESSI COGNITIVI E STILI DI APPRENDIMENTO= I processi cognitivi e
funzioni come la memorizzazione, l'attenzione, il problem solving e la
pianificazione, danno la possibilità di sviluppare abilità operative, psicologiche e
comportamentali che sono di grande importanza per l'apprendimento. Per poter
essere una didattica effettivamente inclusiva si devono considerare e valorizzare i
diversi stili cognitivi all'interno di una stessa classe, oltre a diversi tipi di intelligenza.
Ognuno di noi è diverso e quindi apprende necessariamente in modo diverso
rispetto all'altro.
5) METACOGNIZIONE E METODO DI STUDIO= ogni attività didattica dovrebbe
sviluppare in ciascuno la consapevolezza rispetto ai propri processi cognitivi.
L'insegnante deve agire sui quattro livelli di azione metacognitiva ( conoscenze sul
funzionamento cognitivo in generale; autoconsapevolezza del proprio
funzionamento cognitivo; uso generalizzato di strategie di autoregolazione
cognitiva; variabili psicologiche) per poter permettere lo sviluppo di strategie
sull'autoregolazione e la mediazione emotiva e cognitiva, per poter poi strutturare
un metodo che risulti personalizzato.
6) EMOZIONI E VARIABILI PSICOLOGICHE NELL'APPRENDIMENTO= le emozioni
sono di grande rilevanza per quanto riguarda l'apprendimento e la partecipazione e,
dunque, per l'inclusione. Per prima cosa bisogna sviluppare in tutti gli alunni alti
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livelli di autostima ed autoefficacia. Questo perchè la motivazione ad apprendere è
legata a questi fattori, oltre ad essere strettamente collegata alle emozioni che si
riferiscono all'appartenenza di gruppo di pari e al proprio gruppo classe. Per poter
essere consapevoli del proprio sé è fondamentale l'educazione al riconoscimento e
gestione delle proprie emozioni e della propria sfera affettiva.
7) VALUTAZIONE, VERIFICA E FEEDBACK= per una didattica inclusiva, la
valutazione deve sempre essere formativa, cioè che porta al miglioramento dei
processi di apprendimento e di insegnamento. Poi, bisogna personalizzare le forme
di verifica nella formulazione delle richieste e nelle forme di elaborazione degli
alunni. La valutazione serve a sviluppare processi metacognitivi in ogni alunno e
proprio per questo il feedback deve essere continuo, deve essere motivante e
formativo.
Questi sette aspetti della didattica inclusiva di Erickson potrebbero essere un ottimo punto
di partenza per poter realizzare un'educazione inclusiva poiché analizzano tutti i vari
aspetti dell'educazione, dall'ambiente, alle emozioni, alla valutazione.
La valutazione è fondamentale per individuare le eventuali criticità e prevedere possibili
miglioramenti da mettere in atto. L'inclusione, infatti, si costruisce giorno dopo giorno con
la collaborazione di tutto il personale, sia scolastico che extrascolastico. E' un processo
che è ricorsivo per natura, perchè c'è sempre il bisogno di definire e ridefinire, per
orientarsi, riorientarsi e nuovamente, progettare.
CONCLUSIONIIncontrarsi per costruire questo lavoro, prendendo spunto dalle indicazioni offerte dal
corso, è stato un modo per contribuire ad espandere le nostre conoscenze in merito e,
soprattutto, ci ha permesso di estendere questo argomento di estrema attualità ed
importanza anche nell'ambito delle nostre sfere personali, sia nel contesto del nostro
corso di studi di Scienze della Formazione e dell'Educazione, confrontandoci con i nostri
compagni e diffondendo quanto appreso negli incontri, che nell'ambito familiare e sociale
delle nostre conoscenze e amicizie. Crediamo infatti che “inclusione” sia anche questo,
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condividere e diffondere l'importante messaggio intrinseco della parola. Noi ci abbiamo
provato, e, possiamo dire che l'argomento suscita un grande interesse e appassiona le
discussioni.
Riteniamo, infatti, che la diffusione di questo messaggio inclusivo possa avvenire proprio
in educazione, come questo corso, che si è sviluppato in un ambiente educativo, ovvero
l'università. Attraverso l'educazione si possono sviluppare persone in grado di pensare in
modo inclusivo, persone che parleranno, agiranno e vivranno seguendo questo valore.
Come in passato sono stati molteplici gli autori che hanno riflettuto sull'importanza di
questo tema avanzando metodi diversi per poterlo realizzare, così ora esso si sta
evolvendo e sta cercando di diventare realmente ciò che è. La strada per l'inclusione è
ancora lunga, ma con il contributo di tutti è possibile migliorare passo dopo passo,
includendo man mano una persona dopo l'altra.
Riflettendo sugli scenari attuali che sempre più spesso abitano i contesti scolastici,
attraverso la presenza di ragazzi di varie nazionalità, con varie disabilità, e in generale,
con varie differenze individuali, pensiamo a quanto queste presenze possano essere utili
ad interrogarci sul come proporre un'educazione che sia davvero inclusiva. Un'educazione
inclusiva che possa poi estendersi a raggio anche nelle famiglie di questi ragazzi e far da
tramite ad un'inclusione sociale che tante volte fatica ad attuarsi. Crediamo che dare
spazio alle narrazioni, ai racconti autobiografici così come all'attenzione e al rispetto,
nonché al desiderio di conoscere mondi e culture differenti, possa aprire le porte ad una
pluralità di saperi e di vissuti che possono contribuire ad un arricchimento di tutti e di
ciascuno, proprio grazie all'eterogeneità di ogni componente della nostra globale società.
Ci piace pensare a sfide creative per l'inclusione, dove pagine nuove si devono ancora
scrivere, dove in gioco c'è la nostra apertura e la nostra capacità di metterci in ascolto, di
“sintonizzarci” con l'altro. Un esempio ci è offerto anche dalla musica jazz, musica
inclusiva per eccellenza, dove il dialogo costante, rispettoso e arricchito da fantasia e
creatività è possibile proprio grazie all'ascolto attento e attivo di chi sta comunicando,
preceduto da un grande lavoro personale di metariflessione. Ciò che sembra legato al
caso e all'improvvisazione, è in realtà frutto di un immenso e costante studio e lavoro che
facilita il realizzarsi della parola che all'inizio del nostro lavoro abbiamo definito come
polifonia di significati: inclusione!
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