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    Educazione e meditazioneAntonio Vigilante

    L'aula gentilmente invasa da una luce calda, immersa in un gradevole tepore. E'

    primavera, ormai. Ancora un mese, e la scuola sar finita. L'insegnante sta spiegando. Adue passi da lui lo studente del primo banco guarda fisso davanti a s, con lo sguardo di chista sognando ad occhi aperti. L'insegnante lo richiama ironicamente: Vuoi tornare tra dinoi?. In effetti, lo studente in quel momento assente. Probabilmente sta rievocandoqualcosa di piacevole accaduto nel passato, o forse anticipa con la fantasia qualche eventofuturo. Se osservasse meglio la classe, l'insegnante si accorgerebbe che gli studentieffettivamente presenti sono pochi. Altri studenti sembrano preso da un loro rimuginare,con l'espressione tesa di chi ostaggio di sentimenti negativi. Anche loro stanno vivendonel passato o nel futuro, ma in questo caso si tratta di ricordi spiacevoli o di timoririguardanti ci che potrebbe accadere. Vi sono poi quelli che hanno un'espressione nfelice n turbata: semplicemente, sono intenti a pensare ad altro, a riflettere su qualcosache interessa loro pi della lezione.

    In questo momento preciso, dunque, vi sono nell'aula un certo numero di corpi, ma soloalcune delle persone sono effettivamente presenti. Nell'aula sono compresenti le tredimensioni temporali, il passato, il presente e il futuro. Tutti i corpi sono nel presente;quanto alle menti, alcune sono nel presente, altre nel passato, altre nel futuro.

    Quello che sta succedendo nell'aula scolastica non eccezionale. E' una cosa che accadecostantemente. Per una parte considerevole del nostro tempo siamo presi dafantasticherie, da ricordi, da timori per il futuro, da riflessioni che ci allontanano da ci chesta accadendo qui ed ora. Siamo distratti. Questa nostra distrazione costante diventa unproblema solo in alcuni casi. Se andiamo ad un convegno e non riusciamo a concentrarcisulle parole dell'oratore, la nostra partecipazione inutile, e faremmo bene ad andarcene.Se una persona ci sta parlando, e noi pensiamo ad altro, probabile che quella persona sene accorga, ne sia ferita e smetta di parlarci. Queste sono conseguenze evidentementespiacevoli della nostra distrazione. Ma immaginiamo un atto semplice come quello di bereil caff o il t. Per molti ci rappresenta una pausa piacevole in una giornata spesso pienadi impegni anche sgradevoli. Eppure quel momento di pausa, quel momento per s, non immune dalla distrazione. Bere un semplice caff pu essere un'impresa difficile. Non berefisicamente, ovviamente, ma farlo essendo pienamente presenti nell'azione. Anche in quelmomento, che abbiamo deciso di dedicare a noi stessi, siamo presi da altro. E cos non

    beviamo il caff, ma il nostro passato o il nostro futuro, i nostri ricordi e le nostre paure.Richiamandolo bonariamente affinch torni ad essere presente, l'insegnante presume

    che lo studente sia in grado di uscire dalle sue fantasticherie e restare attento per il restodella lezione. In realt, le cose non sono cos semplici. Fare attenzione, essere presenti una cosa difficile, un'arte che bisogna imparare. La scuola non spende molte energie persviluppare negli studenti la capacit di essere presenti. Gran parte del lavoro scolasticoriguarda la memorizzazione di dati e di conoscenze, ha a che fare con quello che JidduKrishnamurti chiamava il conosciuto. La dimensione della memoria il passato. Ilpresente scolastico un presente ripiegato sul passato, dal quale si vuole che scaturisca unfuturo diverso. Si studiano gli errori commessi dagli uomini nel corso della storia, con laconvinzione che ci sia sufficiente per non ripeterli. Sapere che alcuni uomini hannochiuso altri uomini nei campi di sterminio, e che ci male, dovrebbe impedire il ritorno diquella violenza, di quell'assurdo. Ma non bastano le nozioni a salvare dalla violenza. La

    violenza nasce dal malessere psicologico, dalla confusione mentale, dalla paura, dalla

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    rabbia. Se sono preda di questi sentimenti negativi, la conoscenza perfetta della storia nonmi sar di nessun aiuto. Per evitare che torni quella violenza occorre toccare unadimensione molto pi profonda di quella sfiorata dalla conoscenza e dalle nozioni,giungere alla radice della paura e della rabbia, a quella dimensione emozionale che, con

    buona pace dei razionalisti, guida le azioni umane pi del pensiero.Non sono, questi, tempi di quiete. A tutti i livelli della vita sociale domina la logica della

    competizione, e nemmeno la scuola ne immune. La vita sentimentale, nella quale si cercadisperatamente quella serenit che ci negata dal mondo del lavoro, diventa anch'essa unproblema. I ruoli, che una volta erano fissi, vanno ora rinegoziati, e questa rinegoziazionenon senza conflitti, mentre la disperata ricerca della felicit nella dimensionesentimentale carica i rapporti di aspettative eccessive, che spesso finiscono con il mandarliin crisi. Crescono l'ansia, le malattie psicosomatiche, la depressione, indici del diffusomalessere degli appartenenti a quella che pure si definisce societ del benessere.

    Nel 1979 un medico americano ebbe una intuizione: quella di applicare le antichetecniche della meditazione buddhista alla cura dello stress. Quel medico si chiama JonKabat-Zinn, e da quella intuizione nata la Stress Reduction Clinic, presso il Medical

    Center dell'Universit del Massachussets. L'esperienza di Kabat-Zinn1

    ha dato inizio ad unaserie di studi e di pratiche per affrontare la sofferenza psicologica attraverso lamindfulness, la presenza mentale propria della meditazione. Questo metodo si rivelatoprezioso anche per scongiurare la ricadute in pazienti che siano gi stati curati perproblemi di depressione. La capacit di concentrarsi sul presente pone un argine a quelrimuginare sugli eventi dolorosi, che fattore determinante per il ripresentarsi delladepressione.2

    Un simile approccio pu sembrare segnato da un difetto di fondo: quello di far derivareuna terapia, che dev'essere scientifica, da una concezione religiosa. Kabat-Zinn rispondeosservando che la mindufulness guardare profondamente dentro di s in uno spirito diautoindagine e di autocomprensione, e per questo essa pu essere appresa e praticata,

    come facciamo nella clinica dello stress, senza fare riferimento alle tradizioni orientali.3Sembra una risposta sbrigativa, ma non lo . Chi conosce il buddhismo, sa che unareligione che ha molto in comune con una terapia. Il Buddha ha elaborato una diagnosisulla condizione umana, trovandola affetta da dukkha,4 vale a dire disagio e sofferenza; hacercato la causa di questa sofferenza, individuandola nel desiderio (tanha); ha mostratouna via per guarire dalla sofferenza, di cui la meditazione un aspetto centrale.Naturalmente il fine dell'insegnamento del Buddha non (solo) quello di curare lo stress ela sofferenza psicologica, poich mira al superamento stesso della condizione fenomenica,cerca di attingere la dimensione del nibbana, che al di l della nascita e della morte. Lopsicoterapeuta non pu seguire fin qui il percorso del Buddha, perch una tale liberazione un fine religioso, non terapeutico. Pu tuttavia seguire parzialmente il percorso e

    valorizzare la meditazione come uno strumento efficace per ridurre la sofferenzapsicologica.

    E l'insegnante? E l'educatore? La psicoterapia si accorta della importanza dellameditazione. Non giunto il momento che se ne accorga anche la pedagogia?

    1 Di Kabat-Zinn in italiano si veda: Il genitore consapevole, Tea, Milano 2002 (con Myla Kabat-Zinn);Vivere momento per momento, Corbaccio, Milano 2005 (titolo originale: Full Catastrophe Living);Dovunque tu vada, ci sei gi. Una guida alla meditazione, Tea, Milano 2006;Riprendere i sensi. Guarirese stessi e il mondo attraverso la consapevolezza, Tea, Milano 2008;

    2 Si veda Z. V. Segal S. M. G. Williams J. D. Teasdale, Mindfulness. Al di l del pensiero, attraverso ilpensiero, tr. it., Bollati Boringhieri, Milano 2002.

    3 J. Kabat-Zinn, Vivere momento per momento, cit., pp. 19-20.4 Non essendo questo un saggio filologico, adotto un trascrizione semplificata dei termini pali.

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    La parola meditazione non traduce esattamente il corrispondente termine sanscrito epali, bhavana. Il latino meditari, da cui l'italiano meditare, indica l'azione di riflettere, dipensare, ma anche quella di prepararsi, esercitarsi per qualcosa. La meditatio mortis diSeneca non solo una riflessione sulla morte, ma anche la preparazione ad essa. L'attivitmentale si unisce qui ad una certa tensione verso il futuro. In occidente colui che medita il pensatore di Rodin, con la schiena curva, il mento appoggiato sul braccio destro, il viso

    corrucciato, la muscolatura massiccia che serve a chi deve cimentarsi con un nemicopoderoso. Bhavana deriva dalla radice bhu, che indica il venire all'esistenza. Bhavanapertanto vuol dire far venire all'esistenza, sviluppare, produrre o coltivare.5 Per quantofrequente, la caratterizzazione della bhavana come coltivazione o sviluppo della mente misembra foriera di equivoci. La meditazione non cerca di sviluppare le capacit mentali pergiungere ad una mente pi efficace, ad una intelligenza pi pronta. Essa coltiva la menteaffinch si liberi dalla schiavit dei desideri, dal disordine dei ricordi, dal fluireincontrollato delle impressioni, dalla distrazione. Coltivare la mente in questo modo vuoldire qualcosa di radicalmente diverso dal coltivare una sola facolt: vuol dire coltivarel'intera persona. Per questo aspetto dinamico, mi pare che il termine bhavana siapprossimi, pi che a meditazione, al campo semantico dalla parola educazione. Le due

    parole esprimono lo stesso dinamismo, un passaggio da una condizione ad un'altramigliore, la crescita ed il divenire migliori.

    Nel buddhismo theravada6 si distinguono due forme di bhavana: samatha bhavana evipassana bhavana. Samatha in pali vuol dire calma; la meditazione samatha consistenel realizzare stati di coscienza caratterizzati da una sempre pi profonda quiete,attraverso la concentrazione su supporti meditativi esterni, detti kasina. Tradizionalmente,questi supporti meditativi sono dieci: i quattro elementi, i quattro colori, la luce e lo spaziolimitato (ad esempio una fessura). Vipassana una parola che deriva dal verbo vipassati,che vuol dire vedere profondamente, chiaramente, in modo intuitivo. In inglesevipassana bhavana generalmente tradotto con insight meditation, in italiano si usal'espressione meditazione di visione profonda o, pi raramente, meditazione di visione

    penetrativa. Il testo fondamentale del Canone Pali in cui esposta la meditazione vipassana il Grande discorso sui fondamenti della presenza mentale(Mahasatipatthanasuttanta),7 uno dei sutra pi importanti e solenni del Canone. IlBuddha spiega ai monaci che il primo passo per la purificazione e la distruzionedell'angoscia trovare un posto silenzioso, sedere ai piedi di un albero e concentrarsi sulrespiro, essendo consapevole di ogni inspirazione e di ogni espirazione. Questo primopasso della vipassana, chiamato anapanasati(consapevolezza del respiro) non va confusocon gli esercizi di pranayama yoga, poich in questo caso non si cerca di disciplinare larespirazione, ma semplicemente di concentrarsi su di essa. Le fasi successive consistononell'essere consapevoli delle posizioni e delle azioni del corpo. Queste fasi investonol'intera giornata: in qualsiasi momento possibile fare attenzione alla posizione del

    proprio corpo ed alle proprie azioni. E' cos possibile meditare mentre si cammina, mentre

    5 Cfr. Henepola Gunaratana,Mindfulness in Plain English, Wisdom Publications, Somerville 2002, p. 32.6 La scuola theravada (via degli antichi) la tradizione buddhista pi antica, ed diffusa oggi in

    Thailandia, Myanmar ed altri paesi del Sud-Est asiatico. In Italia esiste un monastero di tradizionetheravada, il Santacittarama, in provincia di Rieti, che appartiene al lignaggio del monaco thailandeseAjahn Chah.

    7 Digha Nikaya, Mahavagga, 372-405. Edizione italiana a cura di Claudio Cicuzza, in La rivelazione delBuddha. I testi antichi, a cura di R. Gnoli, Meridiani Mondadori, Milano 2001, pp. 335-373. Una buonaintroduzione alla meditazione buddhista il libro di A. Sol-Leris, La meditazione buddhista, tr. it.,Mondadori, Milano 1988. Per una esposizione della meditazione buddhista nel contesto pi ampio dellameditazione orientale, si veda C. Lamparelli, Tecniche della meditazione orientale, Mondadori, Milano1985 (dello stesso autore apprezzabile anche il Manuale di meditazione, Mondadori, Milano 1995).

    Molto bello Il miracolo della presenza mentale di Thich Nhat Hanh (tr. it., Ubaldini, Roma 1992), unodei pi grandi maestri buddhisti viventi.

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    si sta facendo sport, mentre si mangia. Qualsiasi azione che venga fatta in stato di presenzamentale, con consapevolezza e non in modo automatico, meditazione. Un passo ulteriore quello che gli psicologi chiamano body scan, che consiste nel passare in rassegna ilproprio corpo, esaminandone attentamente ogni parte. Ai fini del nostro discorso,possiamo fermarci qui. Queste tre esperienze la consapevolezza del respiro, delleposizioni e delle azioni del corpo, delle parti del corpo costituiscono l'inizio di un

    percorso che intende condurre al nibbana, la liberazione dal dolore e dal mondofenomenico, ma possono anche essere prese in s, come esperienze utili per sviluppare laconoscenza di s e raggiungere serenit ed equilibrio.

    Anche nei paesi di religione buddhista, la meditazione poco praticata nelle scuole. InThailandia i monasteri buddhisti sono stati per secoli i luoghi della educazione primariadella popolazione, che comprendeva non solo l'alfabetizzazione, ma anche la formazionespirituale. Nel Novecento questo sistema, che aveva indubbiamente i suoi limiti (eranoescluse le bambine, ad esempio), viene superato con la creazione di scuole impostate sulmodello occidentale. Solo recentemente sono nate scuole private che armonizzano laformazione moderna con il tradizionale insegnamento spirituale. E' il caso della Thawsi

    School di Bangkok, ispirata al pensiero pedagogico del venerabile Phra Brahmagunabhorne pi in generale agli insegnamenti del maestro Ajahn Chah.8

    In occidente si registra da qualche anno un certo interesse per la sperimentazione dipratiche meditative nelle scuole. Nel '93 negli Stati Uniti Gina Levete comincia a testare lepossibilit della meditazione per affrontare il problema della solitudine adolescenziale,incontrando l'interesse degli educatori e dei genitori.9Nel 2005 il noto regista David Lynchha creato una fondazione, la David Lynch Foundation for Consciousness - Based

    Education and World Peace, per diffondere nelle scuole la Meditazione Trascendentale,una tecnica di meditazione slegata da ogni religione creata negli anni Cinquanta del secoloscorso da Maharishi Mahesh Yogi e che attualmente tra le tecniche di meditazione pidiffuse in occidente, pur suscitando non poche critiche per i costi dei diversi programmi di

    formazione necessari per impadronirsi delle tecniche pi avanzate. In Italia negli anniOttanta Valentino Giacomin e Luigina de Biasi sperimentano l'introduzione di pratichemeditative nelle scuole elementari del trevigiano, ispirandosi agli insegnamenti di duelama tibetani, Lama Zopa e Lama Yeshe. Dal 1994 i due educatori danno vita in India alProgetto Alice, due scuole sperimentali (una a Sarnath e l'altra a qualche chilometro daBodhgaya) che offrono un percorso formativo che va dalla scuola dell'infanziaall'Universit, nel quale la formazione intellettuale e culturale completata dalla praticadella meditazione e dalla crescita spirituale.10

    Ho citato solo le esperienze pi note e meglio documentate. Una mappatura dellesperimentazioni che vanno in questa direzione non facile. Anche quando sono valide,sorrette da una adeguata riflessione pedagogica, le esperienze restano isolate, in assenza di

    occasioni di confronto pubblico. C' anche il sospetto che alcune di esse non venganopubblicizzate nel timore di incontrare la disapprovazione di una opinione pubblica non

    8 Ringrazio Ajahn Chandapalo, abate del citato monastero Santacittarama, per avermi segnalato questascuola.

    9 G. Levete,Introduction, in Aa. Vv., Meditation in Schools. Calmer Classrooms, edited by Clive and JaneErricker, Continuum, London-New York 2001, p. 3. La stessa autrice riferisce (ivi, p. 14) di uno studiorisalente al 1973, condotto da William Linden, del Bureau of Children Guidance di Broooklyn, New York,in una scuola frequentata da bambini provenienti da ambienti economicamente svantaggiati, alcuni deiquali furono addestrati nelle tecniche di meditazione per osservare le conseguenze sulla indipendenza dalcampo, l'ansia e la capacit di lettura. I risultati furono incoraggianti. Si veda W. Linden, Practising ofMeditation by School Children and Theirs Levels of Field Indipendence, Test Anxiety, and Reading

    Achievement, inJournal of Consulting and Clinical Psychology, 41 (1), 1973, pp. 139-143.10 Si veda V. Giacomin,Il maestro di Alice, Publiprint, Trento 1988.

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    ancora pronta a riconoscere l'importanza di pratiche che nell'immaginario collettivo sonolegate a culti religiosi esotici, o peggio al mare magnum della spiritualit New Age, anchese l'emergenza del fenomeno del bullismo e la necessit delle scuole di farvi fronte inqualche modo possono far apparire meno spericolare certe sperimentazioni.11

    Vi sono tre ragioni che suggeriscono l'introduzione delle pratiche meditative nelle

    scuole. La prima che esse permettono di affrontare il problema della violenza e quellodella sofferenza psichica degli studenti. Quest'ultima meno vistosa della violenza, ma nonper questo meno rilevante. Gli episodi di violenza, che negli USA giungono fino all'estremodei massacri provocati da studenti armati, sono solo l'aspetto pi estremo di un malesserediffuso, dovuto alla incapacit di fronteggiare le emozioni negative, le delusioni e lo stress.Di fronte all'evidenza sempre pi tragica della incapacit, segnatamente degli adolescenti,di affrontare le emozioni distruttive, le scuole avvertono sempre pi l'esigenza di unaeducazione che vada oltre la mera formazione intellettuale e professionale. Si moltiplicanoi corsi ed i progetti di educazione all'affettivit o al benessere (o meglio: al ben-essere),iniziative che riescono ad ottenere poco, sia perch restano marginali nel contestodell'offerta formativa, sia perch sono spesso in netto contrasto con quanto la scuola offre e

    richiede nella sua quotidianit (che senso ha educare all'affettivit, se poi la scuolascoraggia l'espressione delle emozioni? come considerare l'educazione al benessere in uncontesto che spesso, per le sue stesse carenze strutturali aule brutte, fatiscenti, squallide oltre che per le dinamiche relazionali, frequentemente fondate sul potere, alimenta ilmalessere?).

    Collegata a questa prima ragione la seconda, che riguarda la necessit di favorire neglistudenti comportamenti pro-sociali. La violenza, individuale o organizzata, di cui semprepi spesso gli studenti, anche pre-adolescenti, si rendono responsabili, la conseguenzadella presenza di sentimenti negativi che vengono scaricati sulla vittima, nei confronti dellaquale manca la capacit di sviluppare empatia. La scuola affronta questi episodi di violenzaricorrendo alla punizione o alla predica, due rimedi che rischiano di peggiorare il male. La

    punizione, soprattutto se non consiste in attivit in favore della comunit, ma nel sempliceallontanamento dalla scuola, non interviene sui sentimenti negativi facendoli affiorareliberamente ed affrontandoli alla radice, ma rischia di aggiungerne altri, quali la rabbia peressere stati puniti ed il desiderio di rivalsa; i discorsi moralistici spiegano che la violenza un male, ma non mostrano come, in concreto, possibile sradicare quel male: indicano ilfine, ma non la via che pu conduce ad esso.

    La terza ragione la presenza negli studenti di disturbi dell'attenzione e dellaconcentrazione. I docenti sperimentano ogni giorno una sempre maggior difficolt dei lorostudenti di stabilire e mantenere l'attenzione. Ci dovuto indubbiamente alla grandequantit di stimoli che bambini ed adolescenti ricevono soprattutto da parte dei mass-media, che li induce ad oscillare tra la distrazione e l'ipnotizzazione. Concentrarsi su un

    solo stimolo, su un solo testo, su un solo messaggio diventa sempre pi difficile in uncontesto caratterizzato sul piano informativo dall'esplosione degli stimoli, dei messaggi,delle immagini. La capacit di concentrarsi e fare attenzione resta tuttavia una competenzachiave, senza la quale non possibile raggiungere il successo scolastico n dedicarsi aqualsiasi attivit che comporti un impegno costante ed un apprendimento coerente econtinuo.

    La meditazione pu contribuire a rendere le nostre scuole meno violente, pi serene, piefficaci anche nella pratica didattica. Tuttavia l'introduzione della meditazione in unsistema educativo resta superficiale, estemporanea, se giustificata solo dalla necessit di

    11 Un giornale siciliano d notizia di un progetto di meditazione in un Istituto comprensivo di Tremestieri

    Etneo. L'insegnante che lo ha proposto afferma di essersi ispirata ad una interista a David Lynch. Si vedaR. Schembri,Meditate gente, meditate, inLa Sicilia, 19 marzo 2007.

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    porre rimedio a questo o quel problema, e non sostenuta da una matura riflessionepedagogica.

    E' convinzione diffusa che l'educazione debba avere come obiettivo uno sviluppo pienodell'umanit dell'educando. Nemmeno i sostenitori della priorit delle esigenze del mondodel lavoro si spingono fino a negare, almeno in via teorica, l'importanza di una formazione

    generale della persona. Le divergenze emergono quando bisogna delineare in modo pipreciso questa umanit piena da raggiungere attraverso la prassi educativa. BogdanSuchodolsky ha efficacemente definito pedagogie dell'essenza tutte quelle pedagogie checoncepiscono l'educazione come un insieme di cure che devono sviluppare nell'uomotutto quello che in lui decide la sua appartenenza alla realt ideale, tutto quello chedefinisce la sua vera essenza, quantunque soffocata e nascosta dalla esistenza empirica.12Si delinea un modello ideale di uomo, corrispondente ad una sua pretesa essenza, el'educazione consiste nel fare in modo che lo sviluppo tenda verso questo ideale e lo adeguiin modo pi o meno completo. Le inclinazioni, gli atteggiamenti, le scelte che non vanno inquesta direzione vanno scoraggiati, se non apertamente conculcati; l'educazione unaoperazione di selezione e di modellamento progressivo. Non difficile scorgere in ci

    qualche violenza, anche quando il modello ideale fosse quello di una personalitnonviolenta, poich qualsiasi modello, sia esso imposto apertamente ed autoritariamente oproposto e reso gradevole con metodi persuasivi, ostacola la libera ricerca di s e generaconformismo, passivit, incapacit di autonomia morale.

    Una alternativa consiste nel contribuire allo sviluppo dell'umanit degli educandi nonmirando ad un ideale futuro, ma mettendoli in grado, qui ed ora, di avere una esperienzaricca, piena, fertile. Pi che tendere alla realizzazione di personalit nonviolente, adesempio, l'educatore cerca in questo caso di creare contesti educativi che sianocaratterizzati dalle qualit proprie di un luogo privo di violenza: empatia e comprensionereciproca, collaborazione e non competizione, creativit e fiducia. Questa alternativa non priva di problemi. Evidentemente non tutte le esperienze sono educative; vi sono

    esperienze che possono risultare al contrario traumatiche, dolorose, disumanizzanti.Distinguere le esperienze educative da quelle che non lo sono pu essere non facile;13soprattutto, c' il rischio che questa scelta risenta delle preferenze dell'educatore, che inquesto modo finirebbe per imporre nuovamente la sua concezione ideale dell'uomo. E' unproblema che qui non possibile approfondire. E' importante invece rilevare unacondizione senza la quale nessuna esperienza tale: la presenza. Fare esperienza in modoprofondo vuol dire essere pienamente presenti in ci che si sta facendo. Le scene penose,cui tocca spesso di assistere, di studenti vistosamente, rumorosamente distratti duranteconferenze su temi importanti, o alla proiezione di film impegnati,14 sono il risultato di unalunga trascuratezza di questo aspetto fondamentale. I bambini osservano il mondo con una

    12 B. Suchodolsky,Pedagogia dell'essenza e pedagogia dell'esistenza, tr. it., Armando, Roma 1962, p. 24.13 Come noto, John Dewey in Experience and Education (1938) individua i criteri della continuit e

    dell'interazione. Sono educative quelle esperienze che non bloccano l'esperienza, ma rendono possibilinuove esperienze future, e quelle nelle quali si ha una interazione tra fattori esterni e fattori interni, dandovita a ci che chiamiamo una situazione (J. Dewey, Experience and Education. The 60th AnniversaryEdition, Kappa Delta Pi, Indianapolis 1998, p. 39.)

    14 Scene non nuove. Nel marzo del '62 don Lorenzo Milani accompagn i ragazzi di Barbiana alla proiezionediRoma citt aperta, organizzata dal doposcuola di Vicchio. Durante la proiezione i ragazzini di Vicchiosi mostravano disattenti, parlavano liberamente, ridacchiavano durante le scene pi intense o con qualcheconnotazione sessuale. Lo sconcio and avanti fino a quando don Milani fece interrompere la proiezione.In una lettera a un insegnante del doposcuola di Vicchio osservava: Sembravate i frati di Mazzarinorassegnati all'inevitabile. Il silenzio che ha seguito la mia scenata dimostra che i ragazzi risponderebberosubito come i miei se solo uno di voi si degnasse di chiamarli con un po' d'energia a un pi alto ideale di

    vita. L. Milani, La parola fa eguali. Il segreto della scuola di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi,Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005, p.55.

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    attenzione assoluta. Ogni cosa appare loro nuova, affascinante, irripetibile. Con gli anni,questa attenzione si restringe a pochi oggetti: un'opera d'arte, la nuova automobile, ilpanorama di un paese lontano compreso nel pacchetto turistico. L'attenzione riservata aci che eccezionale, o a ci che come tale viene venduto. Per il resto si perde interesse.Non provare interesse vuol dire non partecipare, non stare fra le cose, non toccare ilmondo. La conseguenza inevitabile la noia, la condizione di chi sta nel mondo

    sfiorandolo, senza riuscire a prendere contatto con nulla. Praticare la meditazione vuoldire esercitarsi a guardare costantemente il mondo con gli occhi di un bambino. Ristabilirel'attenzione e l'interesse, la consapevolezza del legame che unisce qualsiasi cosa, anche lapi piccola, a tutte le altre ed a s stessi; consapevolezza, cio, dell'inter-essere di tutte lecose.15

    Non bisogna pensare alla meditazione come ad una pratica totalmente altra rispetto alleattivit normali nelle nostre scuole. La meditazione, in realt, una pratica naturale, nellaquale siamo spesso inconsapevolmente impegnati. Una volta i maestri proponevano ai

    bambini il gioco del silenzio. Semplicemente, bisognava star zitti: e chi parlava o facevarumore in qualsiasi modo, perdeva. I pedagogisti avranno molto da ridire, immagino, su

    questo modo di ridurre la classe al silenzio, eppure quel gioco insegnava molto. Non eravissuto come una imposizione, ma come un gioco vero e proprio; si faceva esperienza dellaclasse in modo diverso, si coglievano suoni fino ad allora non percepiti, si imparava acostruire il silenzio come una cosa collettiva, un bene comune da difendere dall'insidia delrumore. Era una esperienza di meditazione. Cos come c' meditazione tutte le volte che cisi impegna nella osservazione profonda di qualcosa. Tutte le volte, si pu dire, che la scuola fatta di osservazione delle cose, e non di parole sulle cose anche se lo stesso ascoltoattento delle parole pu essere meditazione. Una classe medita quando osserva conconcentrazione assoluta un oggetto un cesto di frutta, ad esempio per disegnarlo,oppure quando ascolta, rapita, nel silenzio totale le parole di una poesia. Non c'meditazione quando un bambino deve ricopiare un cesto di frutta disegnato sul libro,

    oppure imparare a memoria una poesia. C' meditazione quando si pienamente presentinelle azioni e nelle situazioni. Sostenere l'importanza della meditazione per l'educazionenon vuol dire nulla pi che richiedere una educazione fondata sull'esperienza. Si tratta, infondo, della aspirazione costante di tutta la pedagogia moderna, sempre critica neiconfronti del verbalismo e del formalismo, sempre alla ricerca di un contatto vivo con ilmondo esteriore, di una esperienza profonda e ricca. Ci che la meditazione aggiunge unaconcezione pi vasta dell'esperienza: che non solo quella delle cose, ma anche quella di sstessi; non solo la conoscenza del mondo esterno, ma anche quella delle emozioni, dellesensazioni, dei processi mentali; non solo la conquista di competenze utili per la vitafutura, ma anche e soprattutto la capacit di entrare in contatto, qui ed ora, con la realt.

    Preprint13 aprile 2009

    15 Sul concetto di inter-essere si vedano le opere di Thich Nhat Hanh, in particolare Essere pace (tr. it.,Ubaldini, Roma 1989) e Il sole, il mio cuore (tr. it., Ubaldini, Roma 1990). Sul pensiero di Thich Nhat

    Hanh mi permetto di rimandare ad A. Vigilante, Il pensiero nonviolento, Edizioni del Rosone, Foggia2004, pp. 61-68.

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