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audiation n.02/2016 pedagogia Per varie ragioni, prevalentemente autobiograche, ho sempre avuto interesse a lavorare con i giovani e i giovanis- simi, immaginando e provando a proporre loro quello che mi sarebbe piaciuto vivere durante gli anni della mia forma- zione. Ho anche avuto la fortuna, pur non essendo un pe- dagogista o uno studioso, di poter sperimentare alcune idee personali sulla didattica della musica, con i giovani musicisti e non. Negli ultimi sei anni, grazie a progetti sostenuti dal MIUR (e in particolare dalla Direzione Generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione), mi sono trovato a lavora- re insieme ad un grande numero di ragazzi e bambini, non- ché a musicisti professionisti di grande livello (e anche di grande statura umana). Per questo mi piace iniziare queste riessioni condividendo una frase che il compositore, didat- ta ed amico, Claudio Rastelli scrive in un suo recente artico- lo per il magazine della Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna: […] rarissimi sono i casi di persone a-musicali, credo di averne conosciute due in tutta la mia vita. Sono concorde con Rastelli. Sono convinto che – a parte rarissimi casi – tutti siano potenzialmente in grado di fruire la musica ed esprimersi musicalmente. È ovvio che nel con- testo di una rivista che si intitola “Audiation”, mi trovo a sfondare delle porte aperte… Meno ovvia, credo, è forse l’idea che anche la composizione possa essere qualcosa di naturale, né più né meno come l’ascolto della musica. 66 Educazione al pensiero compositivo. Dalle composizioni per giovani esecutori al rendering di Paolo Marzocchi

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audiation n.02/2016 pedagogia

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!!!

!!Per varie ragioni, prevalentemente autobiografiche, ho

sempre avuto interesse a lavorare con i giovani e i giovanis-

simi, immaginando e provando a proporre loro quello che

mi sarebbe piaciuto vivere durante gli anni della mia forma-

zione. Ho anche avuto la fortuna, pur non essendo un pe-

dagogista o uno studioso, di poter sperimentare alcune

idee personali sulla didattica della musica, con i giovani

musicisti e non.

Negli ultimi sei anni, grazie a progetti sostenuti dal MIUR (e

in particolare dalla Direzione Generale per lo studente,

l’integrazione e la partecipazione), mi sono trovato a lavora-

re insieme ad un grande numero di ragazzi e bambini, non-

ché a musicisti professionisti di grande livello (e anche di

grande statura umana). Per questo mi piace iniziare queste

riflessioni condividendo una frase che il compositore, didat-

ta ed amico, Claudio Rastelli scrive in un suo recente artico-

lo per il magazine della Filarmonica del Teatro Comunale di

Bologna:

![…] rarissimi sono i casi di persone a-musicali, credo di averne

conosciute due in tutta la mia vita.

!Sono concorde con Rastelli. Sono convinto che – a parte

rarissimi casi – tutti siano potenzialmente in grado di fruire

la musica ed esprimersi musicalmente. È ovvio che nel con-

testo di una rivista che si intitola “Audiation”, mi trovo a

sfondare delle porte aperte…

Meno ovvia, credo, è forse l’idea che anche la composizione

possa essere qualcosa di naturale, né più né meno come

l’ascolto della musica.

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Educazione al pensiero

compositivo. Dalle composizioni per

giovani esecutori al rendering

di Paolo Marzocchi

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audiation n.02/2016 pedagogia

Prima di tutto una considerazione. Il mito del compositore

come essere superiore, che riceve l’ispirazione da non si sa

bene quale divinità, è uno degli effetti più longevi di una

“campagna di marketing” tra le più riuscite e inconsapevoli

che abbiamo ereditato dal romanticismo. Funziona tuttora

così bene, che figure più o meno discutibili (e talvolta riccio-

lute) del panorama nostrano, hanno costruito il loro perso-

naggio (e il loro marketing) su queste idee. Sul grande pub-

blico, sempre meno avvezzo al fare musica, e di conseguen-

za consumatore bulimico e distratto della stessa, l’idea che

un pezzo di musica si materializzi epifanicamente nella te-

sta del compositore, bell’e pronto, mentre questi è in tutt’al-

tre faccende affaccendato (nuota in piscina o mangia nutel-

la), ha una presa fortissima. Chiunque abbia provato a scri-

vere quattro note in fila, sa che questa è una colossale pan-

zana. Ma perché abbiamo bisogno di crederci? La prima

risposta che mi viene in mente è semplice: perché ci solleva

dalla responsabilità di non produrre anche noi qualcosa.

Noi non siamo eletti, non ci vengono in mente capolavori

mentre facciamo jogging, quindi siamo liberi di stupirci e

venerare il genio.

Il romanticismo, ci piaccia o meno, è il primo responsabile

di un modo di fruire e intendere la musica – per lo meno

quella cosiddetta classica, ma non solo – che ancora resiste

nonostante i due secoli trascorsi. L’aura di sacralità, la di-

stanza sempre più grande tra gli ascoltatori e gli artisti,

l’unicità del genio, la ritualità dell’esecuzione in cui l’artista

è il celebrante, il profeta. In tutto questo, per aumentare

l’effetto, si è iniziato a ricorrere già dall’ottocento (e Franz

Liszt è stato in questo di un’abilità quasi diabolica) a piccoli

effetti speciali, come l’esecuzione a memoria, le luci, e così

via.

Nel novecento, all’armamentario romantico si va ad ag-

giungere la progressiva e crescente distanza tra composito-

ri e ascoltatori. Che dico, tra compositori e il resto del mon-

do… ad esclusione della piccolissima cerchia di integralisti

o di addetti ai lavori, che – come tutte le comunità piccole e

un po’ chiuse – fanno della diversità, quindi dell’apparte-

nenza al gruppo degli eletti che capiscono, un punto di

forza e di orgoglio. Senza uscire dal seminato, bisogna però

essere onesti: non è che il resto del mondo si allontana dalla

musica contemporanea senza una ragione. Ma al di là delle

ragioni possibili, su cui possiamo discutere e magari anche

litigare, qualche riflessione dovremmo farla. La musica è

percepita come qualcosa di difficile, e – per citare un’altra

volta il Rastelli – ai giorni nostri

!la difficoltà è un’accusa e un pericolo. I genitori, senza volere,

proteggono spesso i bambini dalla difficoltà e, nel caso della

musica, chiedono solo disimpegno ("in musica devono diver-

tirsi"). Insomma, la musica non è importante: è intrattenimen-

to. Non deve essere complessa. Non dobbiamo dare fastidio,

né io né la Musica. E poi dire o produrre qualcosa giudicato

difficile ti rinchiude automaticamente nella “torre d'avorio”.

!!Negli ultimi anni ho provato a scrivere delle composizioni

che coinvolgessero i ragazzi delle scuole medie a indirizzo

musicale, le famigerate “SMIM”, insieme a musicisti profes-

sionisti. Parlo di composizioni sinfoniche a tutti gli effetti,

ovvero con uno sviluppo ampio (intorno ai 15 minuti, come

un tempo di sinfonia o un poema sinfonico), con un lin-

guaggio ed una forma complessi, e che pongano gli esecu-

tori davanti a problematiche tecniche e interpretative affini

a quelle che si possono incontrare nel repertorio contem-

poraneo per professionisti.

Il mio obiettivo a lungo termine è di arrivare a creare un

repertorio d’autore per le orchestre di scuola media (o più

in generale “di giovani esecutori”), formazioni per certi versi

paradossali e sbilanciate, limitate spesso a sole quattro tipo-

logie di strumenti, anzi in prevalenza composte da qualche

violino, decine di flautisti, decine di chitarristi, file di piano-

forti (che necessariamente diventano tastiere elettroniche),

assenza di altri strumenti.

L’idea è stata quella di provare ad usare i limiti dell’orchestra

di scuola media come un punto di forza: non un’orchestra

vera e propria, ma un complesso “strumento collettivo”, in-

capace di produrre alcuni suoni (come ad esempio i suoni

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bassi) ma in grado di produrne altri (compresi alcuni timbri

“inimitabili”, come gli unisoni stonati, che possono comun-

que essere usati in modo espressivo…); e quindi mettere in

relazione questo “strumento” con un ensemble di profes-

sionisti incaricato di produrre gli altri suoni e le parti virtuo-

sistiche. Come nel dualismo concerto grosso-concertino

della tradizione barocca. Non musica “per bambini” o “per

ragazzi”, ma musica “con bambini” e “con ragazzi”, che abbia

– perché no – la dignità di poter essere eseguita in una sta-

gione. Forse un sogno, ma continuo a crederci.

!Ci sono anche altre motivazioni che mi hanno spinto a

comporre questi pezzi.

Per esempio quella di dare a giovani e giovanissimi la pos-

sibilità di lavorare per una volta su un vero palcoscenico di

un vero teatro, insieme a persone che nella vita svolgono la

professione di musicista. In sostanza, far provare loro l’espe-

rienza del far musica da professionisti, in un momento in

cui sempre meno persone scelgono gli studi musicali. In

questo modo si acquista la consapevolezza dei ruoli e delle

professionalità: dall’esecutore, al direttore d’orchestra, al

compositore.

C’è poi una motivazione non strettamente musicale, che

consiste nell’utilizzare lo studio della musica come un vei-

colo per trasmettere contenuti extramusicali, come quelli

connessi ad esempio alle problematiche sociali, o ai diritti

umani, o per parlare di culture e tradizioni diverse.

Infine c’è la motivazione – per me non secondaria – di uti-

lizzare la musica scritta appositamente per queste bizzarre

compagini orchestrali, come un mezzo per introdurre i ra-

gazzi ai linguaggi e alle tecniche della musica contempora-

nea, e abituarli a sviluppare un interesse e una curiosità per

forme d’arte più complesse e articolate rispetto a ciò che

viene loro proposto dai media.

!

In questi progetti ho avuto la conferma che la complessità e

la difficoltà non spaventano affatto i bambini. Spaventano

forse un poco i ragazzi più grandi, spaventano sicuramente

molto gli adulti.

Per i giovani, abituati ad assumere dosi massicce di “suono

organizzato” di ogni tipo da una molteplicità di media, dai

film ai videogames, dai telefoni ai nuovi gadget digitali, tro-

varsi a dover fare musica usando qualsiasi tipo di suono

(per esempio utilizzando strumenti insoliti come i “tubi cor-

rugati” degli elettricisti, o le cosiddette tecniche strumentali

avanzate) è un passo molto breve e tutto sommato natura-

le. Un po’ più complicato forse il confrontarsi con durate e

forme musicali estese, visto che la maggior parte dei brani

musicali a cui ha accesso un giovane difficilmente superano

i 4 minuti (anche i brani didattici non si discostano da dura-

te brevissime). Ma posso affermare con sicurezza che i ra-

gazzi e i bambini si adattano molto rapidamente alle novità,

e superano senza problema tutte le difficoltà.

!Nelle mie opere per giovani esecutori ho cercato di affron-

tare ogni volta un aspetto diverso, l’uscita dal sistema tona-

le, la poliritmia, la composizione con suoni concreti, sistemi

scalari alternativi al modo maggiore e minore (per esempio

utilizzando modi mutuati dalla musica popolare o il modo

ottatonico). Nell’esperienza che ho vissuto nel 2014 a Lam-

pedusa ho provato a comporre insieme ai bambini, fa47 -

cendo ricavare direttamente a loro le strutture ritmiche che

poi ho impiegato nella composizione “Luna Lunedda”, per

coro, banda, percussioni e quintetto di fiati professionista.

Osservando le reazioni dei bambini si è fatta via via più for-

te la tentazione di fare un “salto quantico”: non più scrivere

musica da far eseguire ai giovani esecutori, ma far scrivere

la musica direttamente a loro.

!

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Il progetto “Le nuove vie dei canti”, ideato da Guido Barbieri, si è svolto a Lampedusa durante il 2014, concludendosi il 5 ottobre 2014 con uno 47

spettacolo itinerante che ha coinvolto circa 250 bambini e ragazzi dell’isola, insieme alla Banda Lipadusa e a un grande numero di artisti tra cui il Quintetto Papageno, la violista Danusha Waskiewicz, il violoncellista Alfredo Mola, l’attore Mario Perrotta insieme a diversi attori del Teatro dell’Argine, i percussionisti Fulvia Ricevuto e Antonio Caggiano, i direttori di coro Gianluca Ruggeri e Anna Di Baldo.

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Dunque, “composizione per non musicisti”, o quantomeno

per non compositori. Il problema è prima di tutto di ordine

tecnico. Per scrivere musica, oltre a saper (in teoria) scrivere

le note, è inevitabile doversi destreggiare tra un numero

incredibilmente alto di tecniche diverse: le tecniche stru-

mentali, il contrappunto, l’armonia, l’organizzazione forma-

le, problemi di notazione, etc. Spesso neanche musicisti di

professione posseggono le competenze necessarie ad af-

frontare la scrittura in partitura.

Ma cosa succederebbe se fosse possibile eliminare improv-

visamente tutti i problemi tecnici? In teoria chiunque po-

trebbe dare sfogo alla propria vena creativa, comporre con-

certi e sinfonie. Con quali risultati?

!L’idea, apparentemente un po’ strampalata, mi è venuta da

questa considerazione: i bambini, già a quattro o cinque

anni, sono perfettamente in grado di elaborare storie com-

plesse, piccole drammaturgie, raccontare avventure elabo-

rate; e quando giocano imbastiscono delle vere e proprie

sceneggiature, con dialoghi, situazioni, personaggi.

Quando iniziano a scrivere, ecco l’improvvisa regressione: si

deve ripartire dal “pensierino”, da “oggi splende il sole”, sog-

getto e predicato, in qualche caso complemento oggetto…

Questo perché il bambino che si accinge a scrivere si scon-

tra con il problema dei problemi, la tecnica. La poiesis, per

potersi compiere, necessita inevitabilmente della tèchne. E

l’apprendimento della tecnica è lento e faticoso, in una pa-

rola: difficile.

Ma se io mettessi a disposizione del bambino uno scrivano,

che sotto dettatura trascriva fedelmente (magari anche

correggendo eventuali strafalcioni) il testo orale del bambi-

no, il problema sarebbe risolto, il bambino potrebbe sentirsi

libero di raccontare quello che vuole, di pensare in grande.

In musica può essere la stessa cosa? Secondo chi scrive sì.

Sviluppare un pensiero compositivo non è in fondo così

diverso da immaginare una piccola storia, una breve sce-

neggiatura, e qualsiasi bambino o ragazzo è in grado di

immaginarsi per esempio un inizio di un film.

E, dato che la musica occidentale è quasi sempre assimilabi-

le ad una drammaturgia, immaginare una piccola dramma-

turgia fatta di suoni non dovrebbe essere cosa impossibile.

!L’occasione per sperimentare e verificare sul campo queste

intuizioni si è materializzata grazie ad un progetto sostenu-

to dal MIUR, intitolato “La musica, il lavoro minorile e il dirit-

to all’istruzione”, svoltosi durante l’anno scolastico 2013/14.

L’iniziativa prevedeva una parte sperimentale, dove gli stu-

denti – in seguito ad un workshop di approfondimento sul

tema del lavoro minorile – dovevano elaborare una partitu-

ra grafica che un compositore professionista (in questo caso

chi scrive) avrebbe poi convertito in una partitura sinfonica

tradizionale. La composizione ottenuta è stata poi eseguita

al Teatro Manzoni di Bologna il 16 aprile 2015 dalla Filar-

monica del Teatro Comunale diretta da Carlo Tenan.

Il processo di conversione dallo stato di progetto/partitura

grafica a quello di partitura notazionale vera e propria, è

quello che definisco “rendering”.

Il rendering è di fatto un modo di fissare il pensiero creativo

di un analfabeta.

Ovviamente, perché l’operazione abbia senso, il composito-

re professionista deve porsi completamente al servizio del

vero autore del progetto (l’alunno), deve in qualche misura

annullarsi, per sopravvivere solo in qualità di tecnico che

risolve i problemi compositivi e di orchestrazione, deve in

altre parole trasformarsi nel “motore di rendering”. È altresì

inevitabile che il motore di rendering, in quanto non mac-

china ma essere umano, metterà comunque qualcosa di

suo nella partitura (tracce stilistiche, gesti caratteristici, ar-

monie), ma questo va messo in conto, fa parte dell’opera-

zione. Cambiando il motore di rendering, ovvero sostituen-

do il compositore con un altro, si ottiene di conseguenza

una partitura differente, ma originata dal medesimo pro-

getto compositivo, dalla stessa organizzazione formale,

dagli stessi segni espressivi della partitura grafica. Un corol-

lario potrebbe essere proprio l’affidare lo stesso progetto a

differenti compositori e vedere come la stessa idea possa

giungere ad esiti completamente diversi, pur rimanendo

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concettualmente fedele a se stessa. Un po’ come fece Dia-

belli con il suo piccolo valzer, all’origine delle celebri “33

Variazioni” di Beethoven..

!La sperimentazione si è svolta con i ragazzi delle scuole

superiori di Bologna che aderivano al progetto di orchestra

giovanile “Musicalliceo”, e si è articolata in tre fasi preparato-

rie, più una fase esecutiva.

!1. La prima fase consisteva nel familiarizzare il ragazzo con

il concetto di “partitura grafica”, attraverso ascolti anali-

tici di musica tratta dal repertorio classico e contem48 -

poraneo. La partitura grafica è una partitura d’ascolto,

una schematizzazione a posteriori dei tratti identificabi-

li attraverso l’ascolto anche ripetuto di un brano musi-

cale. Spesso assomiglia ad uno “storyboard” della com-

posizione, in cui (semplificando un po’) la storia raccon-

tata è la “forma” musicale del pezzo.

2. Nella seconda fase è stato chiesto ai ragazzi di provare a

creare un loro primo “storyboard”, molto semplice, in cui

provare ad organizzare delle idee musicali, indipenden-

temente da limiti strumentali, da stili e linguaggi. Prova-

re a giocare con l’idea di costruire attraverso i suoni.

3. Nella terza fase si è passati al cuore della sperimenta-

zione, il progetto sinfonico vero e proprio. In questa

fase è risultata fondamentale l’attività svolta nei work-

shop precedenti, sul tema dello sfruttamento del lavoro

minorile. Tali workshop, condotti utilizzando la metodo-

logia “S.C.R.E.A.M.” hanno suscitato nei ragazzi una 49

grande quantità di reazioni, di idee, di riflessioni. È stato

loro chiesto di provare a immaginare come una di que-

ste idee potesse in qualche modo essere messa in mu-

sica, senza porsi nessun limite. Il progetto più compiuto,

intitolato “Gioco di Società”, del sedicenne Francesco

Spina (studente del Liceo Classico Galvani), è stato scel-

to per il rendering, e di questo è stata realizzata una par-

titura grafica sufficientemente dettagliata per poter

procedere.

4. La quarta fase è quella propriamente esecutiva, in cui

ha luogo il rendering vero e proprio. La partitura grafica

di Spina è stata trasposta in una partitura orchestrale

dal compositore professionista –  cioè il sottoscritto –

sempre in stretto contatto con il giovane compositore,

e poi “materializzata” nell’esecuzione dell’orchestra di

professionisti.

!!Una delle cose che mi porterò sempre dentro, è l’espressi-

one di stupore apparsa sul volto del giovane Spina nel

momento in cui l’orchestra ha cominciato a suonare qual-

cosa che fino a quel momento era esistita solo come idea

più o meno definita nella sua immaginazione, alla quale

come mi scrisse “non aveva voluto porre limiti”.

L’approccio incoraggiato è stato infatti di totale libertà,

pensare in grande. Immaginare di essere degli architetti, e

di sognare una costruzione, anche la più folle, senza preoc-

cuparsi dei calcoli strutturali, della statica, dei materiali.

Pinnacoli obliqui, pareti liquide, ponti di foglie. Di tutti que-

sti problemi si incaricheranno poi gli ingegneri e i capoma-

stri gentilmente messi a disposizione dall’iniziativa.

Quest’ultimo è per certi versi il punto critico di un progetto

di questo tipo. Come si può facilmente capire, l’operazione

ha dei costi non trascurabili. Il progetto risulta veramente

efficace se compiuto in tutte le sue fasi, e ovviamente ren-

�70

Sulla didattica dell’ascolto si veda ad esempio: G. La Face, Testo e musica: leggere, ascoltare, guardare, in «Musica Docta. Rivista digitale di 48

Pedagogia e Didattica della Musica», II, 2012 e C. Cuomo, Il linguaggio della musica. Didattica dell’ascolto su un ‘Minuetto’ di J.S.Bach, «Innovazione educativa», n.3-4, marzo-aprile 2006.

La metodologia S.C.R.E.A.M (Supporting Children Rights through Education, the Arts and the Media) è stata sviluppata all’interno del programma 49

educativo dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), l’agenzia delle Nazioni Unite che ha il mandato di promuovere la giustizia sociale e i diritti e i principi fondamentali nel lavoro. Maggiori informazioni sul sito dell’ILO: http://www.ilo.org/ipec/Campaignandadvocacy/Scream/lang--en/index.htm

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dering e un teatro hanno dei costi importanti. Certamente i

costi possono abbattersi drasticamente se al posto di un’or-

chestra si usa un ensemble ridotto, ma è chiaro che l’orch-

estra è la vera soluzione se vogliamo che il ragazzo o il

bambino possa esprimersi in totale libertà, e se vogliamo

(ma lo vogliamo veramente tutti?) che i ragazzi scoprano

cosa significa il suono dell’orchestra, il suonare insieme,

l’espressione “a colori” di un pensiero musicale. I costi diven-

terebbero sostenibili se il progetto però fosse adottato da

una fondazione, e rientrasse nella normale programmazio-

ne. Chiaramente, per una scelta di questo tipo sarebbe ne-

cessaria una certa dose di coraggio da parte delle direzioni

artistiche.

!Un’ultima considerazione.

A Bologna l’esperimento è stato compiuto su adolescenti

liceali, ma sono sicuro che i risultati sarebbero ancora più

sorprendenti con bambini più piccoli.

I bambini e i ragazzi devono solo scoprire che quello che

viene loro richiesto è un qualcosa che forse inconsapevol-

mente fanno già. Vanno semplicemente guidati alla scoper-

ta di qualcosa che è sotto i loro occhi (e le loro orecchie). E

contemporaneamente alla scoperta di qualcosa di cui non

sospettavano minimamente l’esistenza.

!

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