Edizione Pasqua 2011

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LA PAROLA AL PARROCO Con Maria Essere Luce Nel Signore pagina 2 L’ANGOLO DEL CATECHISMO Rinati dall’acqua pagina 6 IL PAPA BEATO A BENEVENTO di Pasquale Maria Mainolfi pagina 3 LA PAROLA AL LETTORE L’emergenza rifiuti di Cosentino Marinaro pagina 7 LA STORIA DI BUONALBERGO Il regio Tratturo pagina 8 OCCHIO SUL MONDO Karol Wojtila Beato Il crocifisso nelle scuole pagina 4 Periodico d’informazione dell’Oratorio San Giovanni Bosco e San Domenico Savio, Buonalbergo (BN) LA VITA DI UN SANTO Sant’Antonio da Padova Sant’Antonio da Padova, al secolo Fernando di Bu- glione, nasce a Lisbona da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo di Buglione. A quindici anni è novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferi- sce nel monastero di Santa Croce di Coimbra, il mag- gior centro culturale del Portogallo appartenente all’Ordine dei Canonici re- golari di Sant’Agosno. Qui studia scienze e teologia con omi maestri, prepa- randosi all’ordinazione sa- cerdotale che riceverà nel 1219, all’età di venquat - tro anni. Quando sembrava dover percorrere la carrie- ra del teologo e del filoso- fo, decide di lasciare l’ordi- ne agosniano. Fernando, infa, non sopporta i ma- neggi polici tra i canonici agosniani e re Alfonso II, in cuor suo anela ad una vita religiosamente più se- vera. Il suo desiderio si re- alizza nel 1220: il confidare la sua aspirazione di vivere nello spirito del Vangelo gli fa oenere il permesso, dal provinciale francesca- no di Spagna e dal priore agosniano, di entrare nel romitorio dei Minori e esercita subito professio- ne religiosa, mutando il nome in Antonio in onore dell’abate, eremita egizia- connua a pagina 5 NON TUTTI SANNO CHE... ... è successo a Buonalbergo Il 3 aprile 2011 le Religiose Francescane di Sant’Anto- nio hanno organizzato a Buonalbergo una giornata interamente dedicata ai ragazzi. Questa ha avuto luogo presso il Santuario della Madonna della Mac- chia del nostro paese ed ha visto la partecipazione dei giovani di Foglianise e San Giorgio del Sannio, oltre a quelli della nostra parroc- chia. Tema fondamenta- le della giornata è stato il messaggio del Santo Padre Benedeo XVI per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù. Dopo la calorosa accoglienza che le suore ci hanno riservato, ci siamo reca in Chiesa per l’ascol- to dell’inno “Firmes en la fe” preparato, appunto, per connua a pagina 9 V edizione

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Corriere dell'Oratorio. Edizione Pasqua 2011

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La paroLa aL parroco

Con Maria Essere Luce Nel Signore

pagina 2

L’angoLo deLcatechismo

Rinati dall’acqua

pagina 6

iL papa beatoa benevento

di Pasquale Maria Mainolfi

pagina 3

La paroLa aL Lettore

L’emergenza rifiutidi Cosentino Marinaro

pagina 7

La storia dibuonaLbergo

Il regio Tratturopagina 8

occhio suL mondo

Karol Wojtila BeatoIl crocifisso nelle scuole pagina 4

Periodico d’informazione dell’Oratorio San Giovanni Bosco e San Domenico Savio, Buonalbergo (BN)

La vita di un santo

Sant’Antonio da Padova

Sant’Antonio da Padova, al secolo Fernando di Bu-glione, nasce a Lisbona da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo di Buglione. A quindici anni è novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferi-sce nel monastero di Santa Croce di Coimbra, il mag-gior centro culturale del Portogallo appartenente all’Ordine dei Canonici re-golari di Sant’Agostino. Qui studia scienze e teologia con ottimi maestri, prepa-randosi all’ordinazione sa-cerdotale che riceverà nel 1219, all’età di ventiquat-tro anni. Quando sembrava dover percorrere la carrie-ra del teologo e del filoso-fo, decide di lasciare l’ordi-ne agostiniano. Fernando, infatti, non sopporta i ma-neggi politici tra i canonici agostiniani e re Alfonso II, in cuor suo anela ad una vita religiosamente più se-vera. Il suo desiderio si re-alizza nel 1220: il confidare la sua aspirazione di vivere nello spirito del Vangelo gli fa ottenere il permesso, dal provinciale francesca-no di Spagna e dal priore agostiniano, di entrare nel romitorio dei Minori e esercita subito professio-ne religiosa, mutando il nome in Antonio in onore dell’abate, eremita egizia-

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non tutti sanno che...

... è successo a Buonalbergo

Il 3 aprile 2011 le Religiose Francescane di Sant’Anto-nio hanno organizzato a Buonalbergo una giornata interamente dedicata ai ragazzi. Questa ha avuto luogo presso il Santuario della Madonna della Mac-chia del nostro paese ed ha visto la partecipazione dei giovani di Foglianise e San Giorgio del Sannio, oltre a quelli della nostra parroc-chia. Tema fondamenta-le della giornata è stato il messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù. Dopo la calorosa accoglienza che le suore ci hanno riservato, ci siamo recati in Chiesa per l’ascol-to dell’inno “Firmes en la fe” preparato, appunto, per

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V edizio

ne

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la parola al parroco

Nei vangeli non viene raccontato che Gesù sia apparso alla Madre dopo la risurrezione. Ma questo velo di riser-bo che avvolge la persona di Maria non impedisce ragionevolmente di affermare che la Vergine abbia visto il Risorto. È convinzione della Chiesa latina ed orientale che la Madonna non abbia dovuto essere esclusa dal privilegio delle pie donne e sia stata forse la prima a vedere il Figlio risorto. Comunque sia, è certo che Maria sta e conversa con i testimoni della santa risurrezione, ed è essa stessa la testi-mone privilegiata del Risorto.Noi di Buonalbergo, siamo ogni anno, come portati per mano dalla nostra bellissima statua della Madonna della Macchia a entrare nella comprensio-ne del mistero pasquale prolungando la gioia della risurrezione con la tradi-zionale festa del Lunedì in albis.La statua di “Maria Ss. della Macchia” è un capolavoro non solo artistico e prezioso, risalente al XII-XIII sec., ma ricco di una bellezza affascinante che subito invita alla preghiera e dispone con dolcezza materna l’animo ad ac-cogliere il suo divin Figlio quale luce di verità per la propria vita. Dopo l’ul-timo restauro che ce l’ha restituita nella sua semplicità e bellezza origi-nali, questa statua ci parla più diretta-mente ed efficacemente, rappresenta una sintesi mirabile del mistero della nostra redenzione, un vero e proprio “evangelium pauperum”, in poche pa-role una statua tutta pasquale. La figu-ra centrale è il bambino, la madonna invece sembra fungere da sfondo. Già nelle sue vesti, manto dorato e tunica rossa, il bambino manifesta il suo mi-stero teandrico, la sua divina umani-tà; i lineamenti di adulto sul suo volto vogliono ricordare che quel bambino,

tenuto in braccio dalla madre, è lo stesso redentore che muore sulla cro-ce. La mano destra indica alla maniera orientale il conteggio dell’ottavo gior-no con una sola mano fermandolo col pollice e in questo modo forma anche due lettere greche, la Υ e la Θ, le ini-ziali di υίός θεού (uiòs theoù), Figlio di Dio; nella mano sinistra ha un cartiglio con la scritta in latino della pericope giovannea che ricalca uno stereotipo delle icone antiche di Cristo “Εγώ είμι τό φώς τού κόσμου”(egò eimì fòs toù kòsmou) (Io sono la luce del mondo), per indicare che il Verbo si è reso visi-bile nella natura umana e che c’è iden-tità tra il bambino Gesù e il Vangelo; inoltre i piedi sovrapposti e distaccati stanno a significare il Crocifisso risor-to. La stessa Madonna con il suo sorri-so sobrio rimanda al “risus paschalis”, alla gioia pasquale e con il suo abbi-gliamento caratteristico di una don-na di servizio continua a proclamarsi l’umile serva del Signore che canta il Magnificat della speranza.Tutta la veglia pasquale, la notte più chiara del giorno, è caratterizzata dal mistero della luce di Cristo nel segno del cero pasquale, che arde e con ciò si consuma: croce e risurrezione sono inseparabili. La risurrezione di Gesù è un’irruzione di luce. La morte è su-

perata, il sepolcro spalancato. Gesù Cristo ha veramente preso la luce dal cielo l’ha portata sulla terra, anzi il Ri-sorto stesso è luce, la luce del mondo. Con la risurrezione, il giorno di Dio en-tra nelle notti della storia.Il giorno della Bibbia inizia alla sera: “E fu sera e fu mattina, primo giorno” (Gn 1,5). La luce non è un termine pre-definito. È una vittoria sulle tenebre; dove c’è luce, nasce la vita, il caos può trasformarsi in cosmo.

Siamo nel pieno di una crisi economi-ca e di un’emergenza umanitaria cau-sata dal costante e crescente afflusso di clandestini e profughi provenienti per lo più dalla Tunisia con gli inces-santi sbarchi a Lampedusa: ciò signifi-ca che centinaia di migliaia di giovani hanno scarse prospettive di trovare la-voro nell’immediato futuro. Di contro esistono milioni di persone che prefe-riscono mangiare, bere e spassarsela facendo finta di nulla. Di fronte a que-ste sfide, le generazioni hanno biso-gno di darsi l’un l’altro la speranza. Gli anziani hanno bisogno di dare speran-za ai giovani perché possano credere in un futuro. E i giovani hanno bisogno di dare speranza agli anziani perché rappresentano essi stessi il futuro.Qual è il fondamento della nostra speranza? Come possiamo trovare il coraggio di andare avanti nella fidu-cia che Dio ci darà un futuro che non possiamo neppure immaginare, men-tre non riusciamo a trovare un lavoro o abbiamo litigato con la persona che amavamo più di ogni cosa al mondo?La notte prima della sua morte, il mo-mento più buio della storia dell’uma-nità, Gesù sa che Giuda lo ha venduto, Pietro lo rinnegherà e gli altri discepoli se la sarebbero data a gambe. Eppu-re, quando tutto sembrava perduto

e non sembrava esserci più futuro, lui ha compiuto una cosa straordina-ria. Mentre stava cenando con i suoi amici, ha preso il pane e l’ha dato loro dicendo: «Questo è il mio corpo, dato per voi» (Mt 26,26). Quando l’unico futuro sembrava essere ormai solo la croce, lui ha compiuto questa pazzia: un gesto generoso e carico d’amore, ha donato tutto se stesso senza riser-ve. È questo il fondamento della no-stra speranza.

con maria essere Luce neL signore

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Fu l’Arcivescovo Carlo Minchiatti ad annunciare il lieto evento: “II 2 luglio di quest’anno, nella festa della Madonna delle Grazie il Santo Padre Giovanni Paolo II sarà a Benevento”. II Pastore della nostra archidiocesi inviò in tutte le parrocchie un manifesto che oltre a comunicare il fatto rivolgeva anche un caloroso invito a ringraziare il Signore per il grande dono. Per tutta la fami-glia diocesana questo fu certamente un evento straordinario ma non incon-sueto se si pensa che per la sua glorio-sa storia di città pontificia, Benevento è stata visitata da una ventina di Pon-tefici per motivi di natura pastorale e politica. Cronologicamente 1’ultimo Papa venuto a Benevento prima della storica visita del 2 luglio 1990 di Karol Wojtyla, fu Pio IX nel 1849, ben 141 anni prima di Giovanni Paolo II. Infatti a Roma fu proclamata la Repubblica e il 6 febbraio 1849 l’Assemblea Co-stituente promulgò la caduta del po-tere temporale, il Papa fuggì da Roma a Gaeta. Risiedendo a Portici presso i Borboni il Papa del dogma dell’Im-macolata Concezione venne in quella circostanza a Benevento, città pontifi-cia. Ancora prima Alessandro III, che lottò contro Federico Barbarossa e protesse la Lega Lombarda, durante il suo pontificato (1159-1181) venne a Benevento. In seguito Benedetto XIII, che governò la Chiesa dal 1724 al 1730, più noto alla nostra gente come Papa Orsini, fu eletto Pontefice quando era Cardinale Arcivescovo di Benevento. Fatto Papa andò a Roma ma conservò il titolo di Arcivescovo di Benevento per la particolare affezio-ne che lo legava alla nostra terra, ed anche da Romano Pontefice per ben due volte visitò Benevento. Infine il 2 di luglio 1990, il 263° successore del Pescatore di Galilea baciò la nostra terra ed incontrò la gente forte e labo-riosa del nostro Sannio. Venne così a

confermare nella fede i suoi fratel-li. L’entusiasmo, 1’esultanza e la gioia furono dun-que comprensibili e direi inevitabili. La visita Pastorale che Giovanni Paolo II compì tra noi il 2 di luglio coincise con la celebrazione “dell’Anno interna-zionale dei Sanniti” e forse la venuta del Sommo Pontefice fu l’unico vero straordinario evento di quell’Anno. II Santo Padre venne per inaugurare e benedire il Nuovo Seminario e per incontrare 1’intera comunità in occa-sione della festa della Madonna delle Grazie. Fu la prima volta che un Papa accettò di presiedere le celebrazioni di una festa patronale. II Suo pelle-grinaggio nella nostra città assunse dunque un evidente significato maria-no. E’ noto il programma dettagliato della storica giornata che vivemmo. Sua Santità giunse in elicottero alle 8,30 presso la Basilica della Madonna delle Grazie e qui rivolse ai presenti un’allocuzione mariana dopo di che, in macchina, raggiunse il Duomo dove salutò sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi, associazioni e movimenti ecclesiali della diocesi. Attraversando Corso Garibaldi e Viale Atlantici rag-giunse il Nuovo Seminario e dopo la benedizione ed inaugurazione rimase a pranzo con gli eccellentissimi Vesco-vi della Metropolia e con tutti i Sacer-doti dell’Arcidiocesi. Dopo una breve sosta nel pomeriggio incontrò nella palestra del Seminario tutti gli am-malati e al Palasannio tutti i giovani. All’ora del vespro celebrò, con tutti i vescovi e i sacerdoti l’Eucarestia nello stadio Santa Colomba, alla presenza di molti fedeli della Città e della Diocesi. Erano passati 12 anni da quando Karol Wojtyla era diventato Giovanni Paolo II ed un interesse sempre crescente si riversava ormai sulla Sua persona.

Dapprima fu la sorpresa per il nome nuovo e la inattesa nazionalità. Ma gradualmente fu “1’uomo” ad attrarre 1’interesse e con 1’interesse la sim-patia e con la simpatia la venerazio-ne, la devozione, 1’amore delle mol-titudini. E questo sia perché il Papa è sempre padre universale, sia perché nella paternità di Karol Wojtyla le folle scorgevano con crescente percezione un singolare carisma che senza nulla togliere al rispetto dovutogli per l’al-tissima carica, suscitava la sensazione di avere in Lui un amico, un fratello, quasi un familiare. Non sorprende perciò che il desiderio di conoscere meglio la Sua persona, di incontrarlo e stringergli la mano si diffuse sempre più tra la gente. Non era una curiosità morbosa. Non era la ricerca dell’idolo, come avviene in molte manifestazioni di massa della nostra società consumi-stica. Era il desiderio di sapere perché si ama e la ricerca di una storia nella quale ciascuno si sente coinvolto, così come avviene per quella della propria famiglia. Ecco perché la visita del Papa a Benevento diventò una occasione di gioia per tutti. C’è stato un uomo nel mondo, nella nostra storia recente, che ha brandito in alto e con grande forza la fiaccola della speranza e che in nome di Dio ha compiuto un’opera capace di costruire soltanto il bene, per ogni uomo e per 1’intera umani-tà. Ora, quest’uomo di Dio venuto da molto lontano e che il 2 luglio di 21 anni fa è venuto a visitarci, il prossimo primo maggio in Piazza San Pietro sarà proclamato Beato dal Suo più intimo collaboratore e Suo immediato suc-cessore, Papa Benedetto XVI.

Mons. Pasquale Maria Mainolfi

Allora anche noi se vogliamo essere nella luce, vivere in pienezza dobbia-mo imparare e amare come Gesù ci ama. È una sorta di tirocinio l’impara-re ad amare gli altri così come sono, nella loro forza e nella loro debolez-za, nella loro unicità, superando la rivalità. L’amore dice: «È meraviglioso che tu esista». La rivalità dice: «la tua esistenza minaccia la mia». Solo un amore che si fa dono di sé, incondizio-

natamente, senza pretendere nulla in cambio, è un amore carico di speranza e di luce.In questa Pasqua la Madonna, Stella della Speranza, “Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle, al som-mo Sole piacesti sì che in te sua luce ascose …” possa farci comprendere che con il battesimo siamo entrati nel-la luce di Cristo. In Lui riconoscia-

mo che cosa è vero e che cosa è fal-so, che cosa è luminosità e che cosa il buio. «Svegliati, o tu che dormi, desta-ti dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 14).

Auguri a tutti di una santa Pasqua! Alleluìa

iL papa beato venne a benevento 21 anni fa

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occhio sul mondoKaroL WojtiLa beato

La sera del sabato 2 aprile 2005, men-tre si era già entrati nel giorno del Si-gnore, ottava di Pasqua e Domenica della Divina Misericordia, il Signore ha chiamato a sè il santo Padre Gio-vanni Paolo ll. Da quella sera fino all’8 aprile, quando hanno avuto luogo le esequie del defunto pontefice, più di tre milioni di pellegrini sono confluiti a

Roma per rendere omaggio alla salma di un uomo straordinario, il Servo di Dio, uomo di intensa vita di preghiera e testimone coraggioso del Vangelo di Cristo. Sotto la sua guida la chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il grande giubileo del 2000. Tutti abbiamo potuto constatare che era già santo in vita per la sua testi-monianza evangelica anche quando era afflitto da atroci sofferenze. Negli ultimi giorni della sua vita ci dimostra che il vero apostolato e il vero abban-dono in Cristo si ha solo attraverso un assiduo contatto con Dio. “Totus tuus Maria” sono state le ultime parole pronunciate dal santo Padre. Queste semplici parole ancora una volta ci di-

mostrano la grandezza di quest’ uomo che è stato un costruttore di pace in un mondo pieno di contraddizioni, ha plasmato e guidato una chiesa più spi-rituale ed ha abbattuto i muri dell’ide-ologia. Umanità, serenità, coraggio, audacia, generosità, spirito missio-nario, tutto questo è stato ed è Karol Wojtila. L’apostolo appassionato dei giovani che ha gridato: “Spalancate la porte a Cristo, non abbiate paura”. Il 14 gennaio l’annuncio tanto atteso finalmente è arrivato. Il 1 maggio in piazza san Pietro sarà proclamato be-ato Giovanni Paolo ll, un uomo che at-traverso la sua testimonianza è stato capace di stupire il mondo ed attirare numerosissime folle di fedeli.

In Italia, dopo che il tribunale de L’Aquila, aderendo alla richiesta di Adel Smith dell’unione Musulmani d’Italia, aveva autorizzato la rimozio-ne del crocifisso nelle aule della scuo-la, si è parlato tanto di tale questione. Secondo Adel Smith e seguaci, il cro-cifisso andrebbe tolto da ogni scuola perché quel “cadavere in miniatura” turba l’animo sensibile dei bambini. Un’insegnante di scuola media di La Spezia ha fatto staccare dal muro della sua aula il crocifisso, dichiarando che così favoriva l’integrazione in classe di un’alunna musulmana. Un docente metodista di Bologna ha dichiarato di aver insegnato per molti anni con il crocifisso alle spalle, senza mai notare che la presenza del crocifisso suscitas-se negli alunni riflessioni profonde sul destino umano o sul senso della vita. La croce può essere considerata un in-significante ornamento della parete. Alcuni sostengono che uno stato laico non deve privilegiare alcuna religione e che nessuno dovrebbe esporre in pubblico i simboli della propria reli-gione. Qualcuno vorrebbe che sia la-sciata a tutti la libertà di scelta e che nelle scuole siano insegnanti, genitori e studenti a prendere decisioni per ciò che concerne la religione. Fa riflet-tere il fatto che, mentre in Italia ci si mobilita contro il crocifisso, simbolo della fede cristiana per eccellenza e segno della partecipazione di Dio alla vicenda umana, negli Stati Uniti il pre-sidente della nazione, nell’assumere l’incarico, giura sulla Bibbia e invoca la benedizione di Dio sulla nazione, e questo appare normale a tutti. La maggior parte degli italiani sono con-

trari alla rimozione del crocifisso dalle scuole. Molti ricordano con nostalgia quando alle elementari pubbliche la maestra prima di iniziare la lezione faceva dire una preghiera. Si vedeva il crocifisso sulla parete, e a nessuno veniva in mente che l’immagine del crocifisso potesse provocare traumi o far del male a qualcuno. Si potrebbe sottolineare che in una Società in cui a Dio si pensa troppo poco, un’imma-gine sacra ne aiuta a ricordare l’esi-stenza. Non è da sottovalutare che la religione cristiana cattolica è tuttora quella seguita dalla maggior parte degli italiani, anche se non tutti sono assidui praticanti. Sul problema del crocifisso si è cominciato a discutere a causa della presenza di alunni mu-sulmani e di altre religioni nelle scuole italiane. Alcuni pensano che ai ragazzi non cattolici, presenti nelle scuole in Italia, si dovrebbe dare la possibilità di conoscere la religione cattolica, non per imporla, ma per far loro capire che vivono in un paese dove c’è una religione diversa dalla loro. In questo modo sarebbero educati a conoscere e rispettare la civiltà e la cultura del popolo che li ha accolti. Se in un paese musulmano agli stranieri non è con-sentito di professare pubblicamente la propria religione e tutti sono co-stretti a rispettare le loro leggi, basate sul Corano, appare poco chiaro il mo-tivo per cui agli italiani, col pretesto di un’equivoca tolleranza, si chieda di to-gliere dai luoghi pubblici il crocifisso, che è il principale simbolo della cultu-ra e della religione cristiana. Se a qual-cuno da fastidio vedere in una scuola o in un luogo pubblico l’immagine del

crocifisso, perché simbolo della re-ligione cristiana, reclamandone con arroganza la rimozione, viene da pen-sare, anche se il paragone potrà sem-brare esagerato, che se a qualcuno dà fastidio incontrare sul suo cammino una chiesa, perché fa riferimento a Cristo, allora tutte le chiese dovrebbe-ro essere abbattute! Che direbbero i musulmani, che tenacemente difen-dono i propri simboli e i propri riti, se si chiedesse loro di togliere il fonda-mento islamico da tutte le loro leggi? Il crocifisso non è un oggetto qualun-que appeso alla parete come un attac-capanni, ma è un’immagine che vuole rendere visibile una delle principali verità della religione cristiana. Non è insignificante il segno della croce che il cristiano fa al mattino o quando sale in macchina. In quel gesto si esprime la fede che dà significato e sostegno al modo di vivere del cristiano. Tra la vita che si conduce e il riferimento al cro-cifisso c’è un legame molto forte. Se vi dà noia il crocifisso non guardatelo. Ma se vi posate lo sguardo cercate di capire che quello non è solo un simbo-lo religioso, è anche il simbolo di una cultura di libertà, di autentica libertà. Senza quel simbolo, senza Cristo, la storia europea sarebbe stata un’altra, e così le sue istituzioni, la sua cultura avrebbero preso direzioni diverse.

iL crocifisso neLLe scuoLe

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no. Anelando al martirio, subito chie-de ed ottiene di partire missionario in Marocco. Antonio non si fermò mai in Marocco: ammalatosi appena partito da Lisbona, la nave fu spinta da una tempesta direttamente a Messina, in Sicilia. Curato dai francescani della cit-tà, in due mesi guarisce. A Pentecoste è invitato al Capitolo generale di Assi-si, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di cono-scerlo personalmente. Ad Antonio è assegnato il ruolo di predicatore ed insegnante dallo stesso Fran-cesco, che gli scrive una lettera raccomandandogli, però, di non perdere lo spirito della santa ora-zione e della devozione. Comincia a predicare nella Romagna, prose-gue nell’Italia settentrionale, usa la sua parola per combattere l’eresia (è chiamato anche il martello degli eretici), catara in Italia e albigese in Francia, dove arriverà nel 1225. Quando è in Francia, tra il 1225 e il 1227, assume un incarico di go-verno come custode di Limoges. Mentre si trova in visita ad Arles, si racconta che gli sia apparso Fran-cesco che aveva appena ricevuto le stigmate. Nominato provinciale dell’Italia settentrionale, Antonio apre nuove case, visita i conventi per conoscere personalmente tutti i frati, controlla le Clarisse e il Terzo ordine, va a Firenze, finché fissa la re-sidenza a Padova e in due mesi scrive i Sermoni domenicali. E’ mariologo, convinto assertore dell’assunzione della Vergine. Su richiesta di papa Gre-gorio IX nel 1228 tiene le prediche del-la settimana di Quaresima e da questo papa è definito “arca del Testamento”. Si racconta che le prediche furono tenute davanti ad una folla cosmo-polita e che ognuno lo sentì parlare nella propria lingua. Per tre anni viag-gia senza risparmio; è stanco, soffre d’asma ed è gonfio per l’idropisia; tor-na a Padova e memorabili sono le sue prediche per la quaresima del 1231. Per riposarsi si ritira a Camposampie-ro, vicino Padova, dove il conte Tiso, che aveva regalato un eremo ai frati, gli fa allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce. Da qui

Antonio predica, ma scende anche a confessare e la sera torna alla sua cel-la arborea. Una notte che si era reca-to a controllare come stesse Antonio, il conte Tiso è attirato da una grande luce che esce dal suo rifugio e assiste alla visita che Gesù Bambino fa al San-to. A mezzogiorno del 13 giugno, era un venerdì, Antonio si sente mancare e prega i confratelli di portarlo a Pado-va, dove vuole morire. Caricato su un carro trainato da buoi, alla periferia della città le sue condizioni si aggra-vano al punto che si decide di ricove-rarlo nel vicino convento dell’Arcella dove muore in serata. Si racconta che mentre stava per spirare ebbe la visio-ne del Signore e che al momento della sua morte, nella città di Padova frotte di bambini presero a correre e a gri-

dare che il Santo era morto. Nei giorni seguenti la sua morte, si scatenano “guerre intestine” tra il convento dove era morto che voleva conservarne le spoglie e quello di Santa Maria Mater Domini, il suo convento, dove avrebbe voluto morire. Durante la disputa si verificano persino disordini popolari, infine il padre provinciale decide che la salma sia portata a Mater Domini. Non appena il corpo giunge a desti-nazione iniziano i miracoli, alcuni do-cumentati da testimoni. Anche in vita Antonio aveva operato miracoli quali esorcismi, profezie, guarigioni, com-preso il riattaccare una gamba, o un piede, recisa, fece ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, ad una donna riattaccò i capelli che il marito geloso le aveva strappato, rese innocui cibi avvelenati, predicò ai pesci, costrinse

una mula ad inginocchiarsi davanti all’ Ostia, fu visto in più luoghi contempo-raneamente, da qualcuno anche con Gesù Bambino in braccio. Antonio fu canonizzato l’anno seguente la sua morte dal papa Gregorio IX. La grande Basilica a lui dedicata sorge vicino al convento di Santa Maria Mater Domi-ni. Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spo-glie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua di Antonio incorrotta, ed è conservata nella cappella del Te-soro presso la basilica della città pata-vina di cui è patrono. Nel 1946 Pio XII lo ha proclamato Dottore della Chiesa. Le manifestazioni di devozione per il Santo sono tante e antichissime anche nel nostro paese. Quando la chiesa di San Carlo, prima dell’800, non aveva

ancora la seconda navata, né la statua di Sant’Antonio di Padova, i cittadini di Buonalbergo si reca-vano in processione al convento di Montecalvo Irpino (AV) la mattina del 13 giugno per giungere in tem-po per partecipare alle pratiche religiose. Tale tradizione è prose-guita fino agli anni ’50. Le parto-rienti si rivolgevano a Sant’Antonio per aiutarle durante il travaglio e gli promettevano di dare al nasci-turo il suo nome. Molto diffuso in-fatti era in paese il nome Antonio e anche abbinato al primo, come Michelantonio, Nicolantonio, An-gelantonio, ecc… Un altro voto era la consacrazione del bimbo al San-to con la vestizione in Chiesa, il 13 giugno, del suo saio per un certo periodo, poiché la mortalità infan-tile era molto elevata. Per grazie ri-cevute si offrivano al Santo oggetti

d’argento che ornavano il suon altare. Per le strade del paese circolava un maialino fino al periodo dell’ingrasso, in cerca di cibo, che ognuno gli dava “lo porco de Sant’Antonio”; questo veniva macellato e venduto per con-tribuire alle spese dei festeggiamen-ti in onore del Santo. Il giorno della sua festa per tradizione, ancora oggi, qualche devoto distribuisce in chiesa panini benedetti chiamati “il pane di Sant’Antonio”. La preghiera più diffusa è la tredicina di Sant’Antonio di Pado-va che era seguita dal canto in latino del Responsorio “Si quaeris miracula”. Una tredicina speciale fu composta dal nostro concittadino, il francesca-no padre Ludovico Ventura, teologo e oratore, per ottenere la vittoria delle armi italiane nella Prima Guerra Mon-diale (1914 – 1918) e la pace europea.

la vita di un santoSant’Antonio da Padova

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l’angolo del catechismo

rinati daLL’acqua

Il Battesimo è il primo dei sacramenti, che insieme alla Confermazione e l’Eucarestia fa parte dei sacramenti della iniziazione cristiana. È il pri-mo incontro con Cristo, che ci unisce a lui, divenendo nuove creature togliendoci il peccato originale. La Chiesa associa il Battesimo alla Veglia Pasquale: come Cristo vince la morte così l’uomo nel Battesimo muore al peccato ed è fatto partecipe della vita nuova in Cristo risorto. È per questo che la Quaresima, tempo di preparazione alla celebrazione della Santa Pasqua e tempo di conversione, è anche concepita come un itinerario battesimale. In modo particolare i Vangeli che abbiamo ascoltato durante la Quaresima di questo ciclo liturgico, ci hanno fatto riscoprire i segni battesimali.

Olio dei catecumeni, segno di fortezzaNel Battesimo, il sacerdote ci unge con l’olio. E’ il simbolo della fortezza, per

vincere le tentazioni di ogni giorno e la ten-tazione più grande, quella di dimenticare che Dio è nostro Padre.

Veste biancaIl giorno del Battesimo ci viene donata una veste bianca, segno di purezza. Di-ventiamo nuove creature, rivestite da Cristo. Il peccato è come una macchia, che ci sporca la veste, ma grazie alla riconciliazione, l’amore

del Padre ridona splendore alla nostra veste. L’acqua del BattesimoNel Battesimo siamo immersi tre volte nell’acqua, segni di immersione nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Quell’amore vero che ci

avvolge e che non ci lascia mai.

La candelaIl giorno del Battesimo riceviamo una candela, simbolo della luce del mon-do che è Gesù. Dovremmo tenere sempre accesa questa candela durante la nostra vita, e non permettere alle ombre del male di spegnerla.

La fedeIl giorno del nostro Battesimo i nostri genitori hanno chiesto la fede, eravamo troppo piccoli per farlo, si sono impegnati a coltivarla in loro per trasmetterla a noi.

Durante la Veglia pasquale, allora, rinnoviamo le promesse battesimali, riaffermando che Cristo è il Signore della nostra vita, quella vita che Dio ci ha comunicato quando siamo “rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo”, e riconfermiamo il nostro impegno a corrispondere all’azione della grazia per essere suoi discepoli.

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parola al lettore

L’emergenza rifiuti in campania

Sono oramai nove anni che la Campa-nia convive con il problema dei rifiuti. L’emergenza è iniziata quando le isti-tuzioni hanno cominciato a mostrare interesse per questo settore.Inizialmente era una giungla. I citta-dini erano totalmente all’oscuro delle problematiche. I piccoli e medi comu-ni avevano la propria discarica, che fu-mava continuamente e che immette-va nell’aria grandi quantità di diossina e le zone più popolose riempivano di rifiuti ogni buco esistente senza alcu-na protezione, anche questi con l’im-mancabile fumarola, necessaria per bruciare il materiale e creare lo spazio per altri quantitativi.In parallelo a questa calamità ve ne era una altra ancora più florida per le mafie locali: i rifiuti tossici, scorie e ri-fiuti industriali delle fabbriche perlo-più del nord Italia.La nostra camorra, la più ignorante tra le mafie esistenti al sud, ha inzuppato i territori campani di questa “merda nociva”, portando malattia e morte nelle nostre comunità in cambio di pochi spiccioli.Oggi, abbiamo sotto gli occhi la gravi-tà del problema, con grosse discariche che si riem-piono l’una dopo l’altra, montagne di balle dissemi-nate per tutta la regione ed enormi quan-titativi di rifiuti trasportati in Germania e in altre discari-

che d’Italia.Poniamoci una domanda: “senza l’emergenza , questi rifiuti e quelli tos-sici in arrivo dal nord dove li avremmo dovuti cercare?”La Campania produce 7500 tonnellate di rifiuti al giorno, più o meno un cam-po di calcio per una altezza di 7 metri, quindi non esiste buco che non venga riempito.Le province di Benevento ed Avellino sono ad una percentuale di differen-ziata in media con le altre province del centro Italia, la provincia di Saler-no è considerata tra le prime in Italia , mentre le province di Napoli e Caserta sono le cenerento-le del bel paese.Abbiamo oggi in funzione il termo-valorizzatore di Acerra, che brucia tutti i quantitati-vi di trito vagliato provenienti dagli stabilimenti delle tre province più virtuose per la dif-ferenziata, senza nessun problema, in quanto con que-sti rifiuti la temperatura dei forni si attesta stabilmente oltre le 1500 calo-rie, senza emettere diossina nell’aria.Ma ogni volta che si prova con il trito vagliato proveniente dagli stabilimen-ti di Napoli e Caserta i forni perdono calorie ed aumenta il quantitativo di diossina immesso nell’aria, quindi, an-cora oggi la maggior parte dei rifiuti di queste due province va in discarica.Le discariche della Campania grazie

a Napoli e Ca-serta ricevono il 60% del to-tale dei rifiuti prodotti dagli abitanti della regione con-tro una me-dia nazionale del 15% cento e l’8% della L o m b a r d i a .

E’ facile comprendere che con questi numeri continueremo a scavare fossi che saranno puntualmente riempiti.Oggi si sta faticosamente andando verso la provincializzazione di questo settore. La provincia di Benevento per autogestirsi ha dovuto accollarsi cir-ca 250 tonnellate di rifiuti giornalieri provenienti da Napoli e provincia, da smaltire tra lo Stir di Casalduni e la di-scarica di Sant’Arcangelo Trimonte.La nostra provincia produce 300 ton-nellate di rifiuti differenziati al giorno, di cui 120 tonnellate di indifferenzia-ta veicolati e lavorati presso lo stir di Casalduni per essere poi bruciati dal

termovalorizzatore di Acerra , 100 tonnellate di frazione umida, 20 ton-nellate di vetro, 30 tonnellate di pla-stica e 30 di carta, quasi tutti inviati in impianti fuori provincia.La Sannio Ambiente e Territorio s.r.l., società creata per gestire il ciclo dei rifiuti nella nostra provincia, ha in progetto di costruire impianti ad hoc per lavorare tutti i materiali prove-niente dalla raccolta differenziata, con la speranza che non ci capiti nei pros-simi mesi una altra discarica tra capo e noce di collo, per sopperire all’incivil-tà dei nostri corregionali partenopei.Dopo la discarica di San Bartolomeo, dopo la discarica di Fragneto, dopo la discarica di Montesarchio, dopo la discarica di Ariano, dopo la discari-ca di Savignano, dopo la discarica di Sant’Arcangelo, bisogna battersi per la costruzione della discarica di Piazza Plebiscito.

In questa terza edizione della rubrica “la parola al lettore” pubblichiamo l’articolo di Cosentino Marinaro che con molto entusiamo ha scritto queste righe per il nostro giornalino. Ci riporta alcune considerazioni e dettagli sulla gestione dei rifiuti in Campania.

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la storia di Buonalbego

Il nome “tratturo” deriva da “tracto-ria”, cioè il privilegio, conosciuto nei codici degli imperatori Teodosio e Giustiniano, al libero passaggio dei pastori sui pubblici sentieri. I tratturi non sono una caratteristica solo ita-liana, ma si trovano in tutta Europa, in particolare Spagna, Francia, Por-togallo, Grecia, Romania, Ungheria. Il nostro Regio Tratturo Pescasseroli – Candela di origini preistoriche at-traversa 4 regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia), 6 province (Aqui-la, Isernia, Campobasso, Beneven-to, Avellino, Foggia), 39 comuni. Nel nostro territorio giunge a ovest da S. Giorgio La Molara, attraversa Buonal-bergo trasversalmente e continua ad est verso Casalbore, passando sotto la Torre normanna; presso quest’ul-timo luogo lo si ricorda, oggi, con un fascio di pietre. All’origine il tratturo era lungo all’incirca 200 km e aveva

una larghezza di 111 m. Oggi invece le sue dimensioni si sono ridotte, e nei tratti in cui è interamente conserva-to, può raggiungere la larghezza di 60 m. Ampi tratti del Tratturo non sono più visibili essendo stati coperti da strade, edifici, coltivazioni, boschi o semplicemente cancellati dagli agen-ti atmosferici. Nonostante ciò esso rappresenta il secondo, in ordine di lunghezza, dei Regi Tratturi. Nacque come via militare di servizio per le le-gioni romane da Brindisi a Roma, e di-venne, poi, percorso della transuman-za dai Monti dell’Abruzzo al Tavoliere delle Puglie e ritorno. In età preroma-na era la più agevole e importante via di comunicazione, da sud a nord, tra il Sannio meridionale e quello centrale. Lungo il tratturo i pastori spostavano i loro greggi dall’Abruzzo ai fertili di pa-scoli della Puglia. Insieme a questi vi

viaggiavano, più tardi con l’istituzione del Giubileo, anche i pellegrini diretti a Gerusalemme per la visita del San-to Sepolcro. I tratturi erano strade più sicure rispetto alle strade consolari come la Traiana, perché permetteva-no di evitare guerre locali e pestilenze e poi davano la possibilità di attraver-

sare città e paesi, dove si incon-travano santuari e luoghi di ripo-so. Lungo il Regio Tratturo furono istituiti tre posti doganali: la do-gana presso la Taverna di Monte Chiodi; una dogana in Casalbore; un’altra ancora nel tenimento di Buonalbergo, presso il fiume Mi-scano, in contrada“Tavernola”. Inoltre il tracciato è delimitato da 1546 termini lapidei di con-fine con i privati (numerati pro-gressivamente a partire da Pe-scasseroli, con i numeri dispari

a sinistra e i pari a destra) e, a tratti, da muretti a secco e siepi. Questi cip-pi lapidei, che contraddistinguevano i tratturi dall’epoca aragonese in poi, si trovavano ai margini della pista o nel-la parte centrale, e non solo serviva-no ad identificare i tracciati del Trattu-ro, ma anche assicuravano ai pastori privilegi e protezione durante la transuman-za. Il tracciato non è stato coltivato da mil-lenni perciò ospita una flora particolare, dalle orchidee selvatiche ai funghi “cardarelli”, dalla “berretta di pre-te” – i cui frutti veni-vano usati dai pastori contro le pulci – alla rosa canina, dalle erbe aromatiche ai giunchi,

utilizzati per realizzare le fascere per formaggi e ricotta. Lungo il tratturo si incontrano edifici e manufatti che nei secoli hanno rappresentato punti no-dali del commercio e della sosta; tra questi notevole importanza hanno ri-vestito le taverne e le masserie. Esse sono costruzioni in muratura mista, con più vani e locali attrezzati per la sosta delle greggi e degli addetti. Sono localizzate in punti particolari come zone di valico, attraversamenti di fiu-mi, incrocio tra tratturi e tra tratturi e tratturelli, spazi areali tra il paese e il Tratturo. Tra questi vi è la Taverna di Buonalbergo che risale all’anno 1000. Una costruzione dove veniva fornito il servizio di ristoro a coloro che pas-savano di lì. Nel 1806 la Taverna, per la prima volta, viene rappresentata in pianta nella sua reale posizione, e appare composta da due corpi di fabbriche. L’ultimo ampliamento del-la Taverna fu dovuto ai lavori di Buo-nalbergo che la trasformarono in una vera e propria residenza gentilizia in campagna. Intorno al 1950 è divenu-ta proprietà di un’antica famiglia buo-nalberghese; quella dei Perrelli ed è diventata una masseria.

Il Regio Tratturo

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non tutti sanno che...

la Gmg 2011 di Madrid. Questo è stato seguito da una breve ma intensa ca-techesi, dopo la quale ci siamo divisi in gruppi per riflettere sul messaggio del papa. A ciascun gruppo è stato associato un simbolo legato alla frase “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede (Col2,7)” che San Paolo usa nella lettera ai Colossesi e ognuno si è ritira-to per riflettere sul messaggio del San-to Padre. Dopo aver pranzato e ballato c’è stato un canto di invocazione allo Spirito Santo e subito dopo ogni grup-po ha condiviso attraverso una breve rappresentazione la riflessione fatta insieme. Tutti hanno visto premiato il proprio impegno in quanto le scenette sono state molto apprezzate e sicura-mente efficaci. I gruppi hanno infat-ti colto perfettamente l’essenza del messaggio lanciato dal Papa ed han-no saputo condividerla trasmettendo agli “spettatori” le giuste emozioni. I simboli su cui si è svolta la riflessione sono stati tre: l’albero, la casa e l’olio.Il primo elemento si confà alla parola “radicati”. Come si può infatti accede-re alla fede senza radici? La nostra fa-

miglia, il nostro parroco, i nostri insegnanti sono le nostre radi-ci e come tali rappresentano il punto di partenza della nostra fede che deve attingere dai loro insegnamenti ed espandersi sempre più. La “casa” è un se-condo modo di rappresentare

il nostro credo e più in particolare la nostra vita, questa se fondata su soli-de fondamenta e quindi su Cristo sa-prà resistere anche alle tempeste più dure, ma al contrario se costruita sulla sabbia si piegherà al più leggero alito di vento. L’olio, infine, rappresenta l’essere “saldi” nella fede. Esso oltre che essere elemento di purificazio-ne va osservato anche sotto un altro punto di vista: in passato i guerrieri cospargevano il proprio corpo con l’olio per “scivolare” dalla presa dei nemici, allo stesso modo noi cristia-ni dobbiamo ungere la nostra anima per sfuggire dal peccato e restare sal-di nella fede. Tutte queste riflessioni sono state poi tradotte in preghiere dei fedeli per la celebrazione eucari-stica celebrata da Don Luigi a termine dell’incontro. Una giornata dunque ricca di spunti che ci ha fornito le basi per approfondire individualmente i temi trattati e per porci delle doman-de essenziali: su cosa si fonda la no-stra vita? La nostra fede dove affonda le sue radici? Saprà resistere alle tem-peste che si presenteranno? Tutti noi

dovremmo porci questi interrogativi e rispondere sinceramente, solo così potremo imparare a conoscerci ed essere veri testimoni della Parola di Dio. Concludiamo questo articolo con un’esortazione lasciataci dal Santo Padre nel suo messaggio: “Cari amici, costruite la vostra casa sulla roccia, come l’uomo che “ha scavato molto profondo”. Cercate anche voi, tutti i giorni, di seguire la Parola di Cristo. Sentitelo come il vero Amico con cui condividere il cammino della vostra vita. Con Lui accanto sarete capaci di affrontare con coraggio e speranza le difficoltà, i problemi, anche le delusio-ni e le sconfitte. Vi vengono presenta-te continuamente proposte più facili, ma voi stessi vi accorgete che si rivela-no ingannevoli, non vi danno serenità e gioia. Solo la Parola di Dio ci indica la via autentica, solo la fede che ci è stata trasmessa è la luce che illumina il cammino. Accogliete con gratitudine questo dono spirituale che avete rice-vuto dalle vostre famiglie e impegna-tevi a rispondere con responsabilità alla chiamata di Dio, diventando adulti nella fede. Non credete a coloro che vi dicono che non avete bisogno degli al-tri per costruire la vostra vita! Appog-giatevi, invece, alla fede dei vostri cari, alla fede della Chiesa, e ringraziate il Signore di averla ricevuta e di averla fatta vostra!”.E’ possibile consultare il sito www.gmg2011.it

Radicati, fondati e saldi in Cristo

Anche quest’anno è arrivato l’appun-tamento con il Carnevale!! La Pro Loco di Buonalbergo ha infat-ti organizzato la festa che noi ragazzi dell’Oratorio abbiamo animato con tanta allegria. La festa di Carnevale è stata festeggiata il 6 marzo, non al Te-atro come gli altri anni, ma in piazza Garibaldi…all’aperto. Il pomeriggio si è svolto tra balli, giochi, stelle filanti… e tanti ma tanti coriandoli, che i bimbi hanno gettato addosso agli animato-ri!!! Il pomeriggio non era cominciato nei migliori dei modi: infatti è piovuto fino a cinque minuti prima di comin-ciare la festa!! Poi, però, tutto è andato per il meglio e i circa quaranta bambini si sono di-vertiti tantissimo, ma anche noi ani-

matori!! Quest’anno c’è stata una novità stupenda: infatti abbiamo re-alizzato il “Trucca bimbo”; ogni bam-bino ha scelto una maschera di suo gradimento e noi animatori l’abbiamo realizzata… cercando di farla molto si-mile alla realtà!!! E così in giro per la piazza si vedevano maschere di tutti i tipi: “l’uomo ragno”; bambine truc-cate da principesse o da farfalle tutte colorate; oppure bambini con i volti tutti rossi o blu.. e inoltre c’era chi ha avuto il coraggio di farsi dipingere sul volto una maschera da mostro, che, dicendo la verità, ha avuto molto suc-cesso!!! Quest’iniziativa è stata molto apprezzata dai bambini; già la sera tutte le foto erano in bella vista su fa-cebook... pronte per essere commen-

tate!! All’inizio della festa, durante il “trucca bimbo”, alcuni animatori han-no fatto dei giochi di intrattenimento per conoscere i bambini per poi orga-nizzare i giochi e i balli che hanno ca-retterizzato il pomeriggio!!! La festa si è conclusa con un grande cerchio che ha coinvolto bambini, animatori e ge-nitori tra ringraziamenti e applausi per il pomeriggio bellissimo trascorso in-sieme. Ciao bambini ci vediamo l’anno prossimo con il nuovo appuntamento con il Carnevale!!!

Festa di carnevale in piazza

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I Servi del Cuore Immacolato di Maria

La Famiglia Religiosa denominata “Istituto dei Servi del Cuore Imma-colato di Maria” nasce il 13 Maggio 1991 ed è stata eretta come Istituto di diritto diocesano il 19 Giugno 1993 dall’allora Rev.mo Abate e Vescovo di Subiaco Mons. Stanislao Andreotti. Oggi l’Istituto trova la sua sede legale e principale presso la Diocesi di Roma, in via di Villa Troili 56.La sigla dell’Istituto in tutte le Nazioni è I.C.M.S. (Immacolati Cordis Mariae Servi). Il titolo “Servi del Cuore Im-macolato di Maria” vuole indicare la particolare offerta della propria con-sacrazione a Dio attraverso il Cuore Immacolato di Maria. Come la Santa Vergine si è offerta totalmente al servizio della persona e dell’opera del Figlio suo e nell’An-nunciazione proclama : “Eccomi sono la Serva del Signore” (Lc 1, 38) così i Servi del Cuore Immacolato di Maria consacrano la propria vita a Dio sce-gliendo Maria come propria padrona, maestra, guida al fine di operare per la salvezza dell’uomo in Cristo. Lo Spirito Santo li rende attenti ai se-gni dei tempi e fa loro riconoscere nel messaggio di Fatima un aiuto prove-niente dal Cielo in grado di curare i mali che insidiano l’umanità. Pertanto essi si impegnano a realizzare la vo-lontà di Dio annunciata dalla stessa Vergine ai tre pastorelli a Fatima il 13 Giugno 1917: “Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Im-

macolato di Maria”. Il carattere ma-riano dell’Istituto è espresso nello stemma che rappre-senta il Cuore Im-macolato di Maria e nel motto “Per mez-zo del mio Cuore Immacolato portate Cristo al mondo”Contemplando Ma-ria che compie la volontà di Dio, i Servi del Cuore Im-

macolato di Maria vogliono imitarLa accogliendo Cristo, vivendoLo nella propria santificazione e cooperando con il loro impegno apostolico a gene-rarLo negli uomini Esprimono, pertanto, il proprio amore indiviso a Cristo accogliendo il dono di una più stretta sequela di Lui, tramite la pubblica e perpetua pro-fessione dei Voti di Castità, Povertà e Ob-bedienza.Inoltre profes-sano uno spe-ciale quarto voto di fedeltà e obbedienza alla persona del Santo Pa-dre e al suo M a g i s t e r o , co n s a p evo l i della perenne ed insostituibi-le validità del suo insegna-mento e certi che soltanto “ubi Petrus ibi Ecclesia”.In questa salda dipendenza dal Ro-mano Pontefice essi trovano la fonte, l’incremento e la difesa dell’universa-lità della loro consacrazione religiosa e della loro azione apostolica.

Infatti sostenuti da quella medesima carità che lo Spirito Santo ha infu-so nel Cuore Immacolato di Maria, i Servi del Cuore Immacolato di Maria, come religiosi, donano la propria vita a Cristo nel servizio apostolico al Suo Corpo che è la Chiesa. Vedendo gli squilibri e le angosce dell’umanità, inquinata dall’ateismo sistematico, dal secolarismo e dal permissivismo, che tanto gravemente insidiano i valori fondamentali della norma morale cristiana, sentono l’ur-genza della Parola salvatrice di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15) ed, accogliendo l’accorato appello alla conversione e alla peni-tenza che il Cuore Immacolato di Ma-ria rivolge all’umanità da Fatima, essi promuovono nel popolo di Dio:

a) Un rinnovato spirito di pre-ghiera, privile-giando la recita del S. Rosario, per condurre ad una autentica conversione di vita. b) La vita sa-cramentale e in special modo la frequenza ai sacramenti dell’Eucaristia e della Riconcilia-zione, favoren-do l’adorazione eucaristica. c) La vera de-vozione alla Madonna e la consacrazione al Cuore Im-

macolato, al fine di cooperare al suo trionfo. d) La fedeltà al Papa e al Magistero della Chiesa.e) La diffusione e la difesa delle veri-

Da un paio di anni la nostra comunità ha instaurato un legame particolare con l’or-dine dei Servi del Cuore Immacolato di Maria attraverso incontri di catechesi, gite, campi scuola e giochi. Ci sentiamo molto legati a tale ordine non solo perché vi parte un nostro amico e compaesano, Luigi Polvere, ma anche perché collaborano con Don Luigi per la nostra formazione religiosa e per la nostra crescita. In questa edizione vi proponiamo una descrizione dettagliata del loro ordine sia per conoscerli meglio ma anche per suscitare un pò di interesse ad avvicinarsi di più alle loro attività.

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tà di fede. A questo fine combattono, con ogni mezzo, gli errori del tempo. Per realizzare queste finalità si impe-gnano nei seguenti ambiti di aposto-lato:

MISSIONI AL POPOLO

A favore di una nuova evangelizzazio-ne e di un rinnovamento periodico e vigoroso della vita cristiana, i Servi del Cuore Immacolato di Maria si im-pegnano a dare missioni al popolo; privilegiano in esse l’aspetto mariano, presentando agli uomini la funzione materna di Maria Serva del Signore, Mediatrice tra Dio e l’umanità, affi-dando a Lei il loro mandato missiona-rio.

ESERCIZI SPIRITUALIOffrono la loro esperienza spirituale al clero diocesano, ai consacrati e ai laici, attraverso esercizi, ritiri spirituali e incontri di preghiera.

CULTO EUCARISTICOPromuovono l’adorazione Eucaristica affinché nel cuore dei cristiani ritorni l’amore e il dovuto rispetto a questo Sacramento.

IL SANTO ROSARIONello spirito del Messaggio di Fatima, i Servi del Cuore Immacolato di Ma-ria promuovono nel popolo di Dio la recita del Santo Rosario, spiegando il valore di questa preghiera voluta dal Cielo, raccomandata dai Pontefici e oggi tanto abbandonata, educando, attraverso di essa, il popolo di Dio alla meditazione, secondo il desiderio espresso dalla Madonna a Fatima.

GLI STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALEI Servi del Cuore Immacolato di Maria utilizzano tali strumenti per aiutare il popolo di Dio a vivere la propria fede cristiana, per vincere l’ignoranza reli-giosa e combattere gli errori del tem-

po.Per diffondere l’annuncio del Vangelo e di-vulgare il Mes-saggio di Fati-ma, i Servi del Cuore Immaco-lato di Maria si impegnano alla diffusione della buona stampa.Le loro attivi-tà apostoliche

sono sempre accompagnate dalla distribuzione di opuscoli, libri e pe-riodici adatti alle diverse categorie di fedeli.

LA PROMOZIONE CRISTIANA DELLA GIOVENTU’L’Istituto dei Servi del Cuore Immaco-lato di Maria favorisce la promozione cristiana della gioventù attraverso:- missioni vocazionali per far risco-prire a ciascuno la propria particola-re chiamata da parte di Dio (alla vita consacrata, sacerdotale diocesana, matrimoniale, ecc.);- esercizi, ritiri, incontri e conferenze adatte alle esigenze della loro età;- la cura pastorale negli oratori giova-nili;- gli strumenti della comuni-cazione socia-le per favorire la loro forma-zione cristia-na.Offre ai giova-ni un ambien-te familiare, con la possi-bilità di incon-tri culturali, di preghiera, caritativi e ricreativi, per educarli a maturare nella loro fede e al retto uso del tempo libero. EVANGELIZZARE ATTRAVERSO LA CARITA’Al seguito di Cristo povero, i Servi del Cuore Immacolato di Maria si sento-no solidali con i più poveri e li servono con l’amore e l’attenzione di Cristo. Fanno proprie le loro ansie e preoccu-pazioni, offrendo quanto necessario per la loro promozione umana e spi-rituale, condividendo con loro anche il necessario, quando la situazione lo richiedesse.Nell’esercizio della carità tengono

sempre presente che la loro azione è apostolica ed è rivolta alla salvezza delle anime.

COOPERAZIONE ALLA MISSIONE APOSTOLICA DEL SANTO PADREConfortati dalla materna preoccupa-zione verso la persona e l’opera del Santo Padre, espressa dalla Vergine Maria a Fatima, i Servi del Cuore Im-macolato di Maria sentono di dare una speciale disponibilità a servizi apostolici richiesti dal Santo Padre, in risposta ad esigenze particolari della sua persona e della Chiesa. Vedendo insieme con il Santo Padre albeggiare una nuova epoca missio-naria, collaborano alla sua azione missionaria per non sottrarsi al do-vere supremo di annunziare Cristo a tutti i popoli.

AIUTO AL CLERO E SERVIZIO ALLA CHIESA LOCALEI Servi del Cuore Immacolato di Maria aiutano i sacerdoti e i religiosi nella loro formazione permanente e nel loro ministero attraverso confessioni, predicazioni di tridui, novene, esercizi e ritiri spirituali. Si rendono anche disponibili per la formazione degli aspiranti alla vita

sacerdotale e consacrata. Inoltre essi esercitano il servizio alla Chiesa locale in armonia con i piani pastorali dioce-sani. Ogni Servo del Cuore Immaco-lato di Maria è legato al Movimento della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria dall’unico carisma, che con-divide, secondo gli Statuti, con le altre componenti della Famiglia stessa. Si impegna, pertanto, a viverne lo spirito e a sostenerne le opere, colla-borando attivamente al suo interno, anche nella formazione spirituale dei suoi membri. Tale appartenenza è parte costitutiva della sua consacrazione e identità di Servo del Cuore Immacolato di Maria.

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Negli ultimi 15 giorni sono stato a dieta. Quanto ho perso?

15 giorni

Dal dottore. - Lei ha dolori allo sterno?

- No all’interno.

Una vecchietta chiede ad un passante: - scusi per andare al cimitero dove devo prendere l’autobus?- e lui: - in faccia-

Mangio pesce perché sono contro la caccia, mangio

l’albicocca perché sono contro la pesca

Bisogna mantenersi in forma. Mia nonna ha cominciato a camminare a 60 anni per 5 miglia al giorno ... adesso ha 97 anni e nessuno sa dove diavolo sia

Papà cosa sono le icone? Sono immagini sacre - e perché windows ne ha tante? Perché per farlo funzionare ci vogliono i miracoli

ridere fa bene

Per commenti e suggerimenti scriveteci a [email protected]

www.oratoriobuonalbergo.it

Cosa dice un giardiniere napoletano

alla moglie quando torna a casa?

- Damme nu vaso...

Una barca in fiume africano. Ci sono 4 ciechi e al timone un balbuziente. Ad un tratto il balbuziente avvista un ippopotamo e grida IP IP IP... e i ciechi URRAAH!!