EDITORIALE vo del Papa: ANNUNCIO DI PASQUA: CORAGGIO NEL ...

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Periodico della Comunità Pastorale San Giovanni evangelista - Opera/Noverasco Tel. 02/57600310 numero 282 21 Marzo 2021 EDITORIALE ANNUNCIO DI PASQUA: CORAGGIO NEL DONO DAMORE “… Per illuminare loscurità di questa notte risplenda la luce che mai si spegneSalga a te come profumo soaveSi confonda con le stelle del cieloLa trovi accesa la stella del mattinoQuella stella che non conosce tramonto…” (Arcabas, pseudonimo di Jean-Marie Pirot, maestro darte sacra) O gni anno, nella notte della Pasqua, la liturgia ci prende per mano e ci guida sulla strada della luceLa nostra storia di tutti i giorni è impastata di buio e di paura ma anche di desiderio di luce, di pienezza, di vita; ha voglia di infi- niti ricominciamentiTante preziosissime parole ci sono rega- lateQuelle dellantica e sempre nuova passione di Dio per luomoQuelle del suo non poterne proprio fare a menodelluomo, di ciascuno di noiQuelle che ci ricordano come funziona ogni amore vero e resistenteSempre capace di tener presente la scintilla del sogno degli inizi e ugualmente di capire che la fiamma per non morire va continuamente alimentataFunziona così per tuttoA Dio si va a partire dalla condizione in cui ci si trova ed Egli ci raggiunge così come noi siamoPensiamo anche a tutti i racconti della risurrezioneGesù si rende presente nel cenacolo dove sono riuniti gli undici per pau- ra dei Giudei come nel dubbio di Tommaso; nella fuga di Em- maus come nella ricerca accorata di Maria di Magdalae lo splendido racconto delle donne che vanno al sepolcro; vogliono ancora dare una carezza di profumo al corpo di quelluomo mor- to per amore, ma nel cuore e sui loro volti tesi hanno lamarezza e langoscia di quando ti è stato strappato via il sogno damorePaura di aver perso il proprio grande sogno damoreGiàLa pauraè vinta proprio in questi giornicon papa France- sco, pellegrino penitente e messaggero di pace in Iraq, tra le maceria, nei luoghi martoriati e con etnie e religioni oppresse dal fanatismo, odio e interessi sovrani. Una terra desolata, devastata dalla guerra e dal terrorismo, abbandonata dal resto del mondo, che ritorna a respirare, palpitare, alzarsi, camminare. Lo ha espresso efficacemente in una frase l'arcivescovo dei Caldei Ba- shar Matti Warda al termine della Messa nello stadio di Erbil, dove oltre diecimila persone hanno accolto calorosamente larri- Allinterno tutti gli appuntamenti delle celebrazioni Pasquali da vivere insieme Settimana Santa e Pasqua di Risurrezione 2 Aprile Venerdì Santo 2021, Torna la Colletta pro Terra Santa «La colletta pro Terra Sanc- ta 2021 sia per tutti locca- sione per non girare lo sguardo, per non passare oltre, per non ignorare le situazioni di bisogno e di difficoltà dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che vi- vono nei Luoghi Santi. Per saperne di più vai sul sito: www.collettavenerdisanto.it vo del Papa: «Santo Padre, la ringraziamo per il suo coraggio. Il suo coraggio scorre ora dentro di noi». Il coraggio come un fiume che, scorrendo, porta la vita dove prima dominava la mor- te. La paura è vinta anche nel buio della notte di Pasqua, prima che si intraveda lAurora, perché questi giorni santi ci ricordano che quando è Dio a mettersi nelle nostre mani, non riusciamo neppu- re a capire il dono di vita che ci è regalato, che ci è chiesto di fare nostro, di custodiredi continuare a donare lasciando che il dono continui a restare donoFar morire Dio è non rendere dono il dono che ci è stato fatto. È non prendersi la responsabili- tà di continuare a far essere dono con la nostra vita il dono della vita di Dio, della vita che ci è stata dataLa Pasquala resur- rezione è potente invito a tutto questoCi chiediamo che cosa cambia la resurrezione di Dio in noi oggi È anche nostra que- sta resurrezione? La sentiamo possibile nello scorrere dei miei giorni e dentro alle mie relazioni di vita e di morte? Altrimenti a cosa serve? Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazio- ne in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e da- vanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso ver- gognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima. Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo ap- prossimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia (Dietrich Bonhoeffer, pastore protestante impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg). La Pasqua getta nuova luce sulle nostre vicende, e proprio come lAurora del sole che sorge, illumina ciò che abbiamo vissuto o stiamo vivendoE scopriamo che ciò che nel buio è stato per noi pietra dinciampo, al sole diviene solida roccia su cui co- struirePer questo il nostro buio, il buio di questa chiesa nella veglia di Pasqua è stato via via rischiarato da quella piccola splendida luce che a partire dal cero pasquale abbiamo condiviso con chi era accanto a noiEcco la Pasqua che fa la differenza nella concretezza della nostra vita da qui in poi Facciamo Pasqua insieme! don Olinto Jean Marie Pirot Arcabas, Annuncio del Risorto - 1993/94

Transcript of EDITORIALE vo del Papa: ANNUNCIO DI PASQUA: CORAGGIO NEL ...

Periodico della Comunità Pastorale San Giovanni evangelista - Opera/Noverasco Tel. 02/57600310

numero 282 21 Marzo 2021

EDITORIALE

ANNUNCIO DI PASQUA: CORAGGIO NEL DONO D’ AMORE

“… Per illuminare l’oscurità di questa notte risplenda la luce che mai si spegne… Salga a te come profumo soave… Si confonda con le stelle del cielo… La trovi accesa la stella del mattino… Quella stella che non conosce tramonto…” (Arcabas, pseudonimo di Jean-Marie Pirot, maestro d’arte sacra)

O gni anno, nella notte della Pasqua, la liturgia ci prende per mano e ci guida sulla strada della luce… La nostra storia di tutti i giorni è impastata di buio e di paura ma

anche di desiderio di luce, di pienezza, di vita; ha voglia di infi-niti ricominciamenti… Tante preziosissime parole ci sono rega-late… Quelle dell’antica e sempre nuova passione di Dio per l’uomo… Quelle del suo “non poterne proprio fare a meno” dell’uomo, di ciascuno di noi… Quelle che ci ricordano come funziona ogni amore vero e resistente… Sempre capace di tener presente la scintilla del sogno degli inizi e ugualmente di capire che la fiamma per non morire va continuamente alimentata… Funziona così per tutto… A Dio si va a partire dalla condizione in cui ci si trova ed Egli ci raggiunge così come noi siamo…Pensiamo anche a tutti i racconti della risurrezione… Gesù si rende presente nel cenacolo dove sono riuniti gli undici per pau-ra dei Giudei come nel dubbio di Tommaso; nella fuga di Em-maus come nella ricerca accorata di Maria di Magdala…e lo splendido racconto delle donne che vanno al sepolcro; vogliono ancora dare una carezza di profumo al corpo di quell’uomo mor-to per amore, ma nel cuore e sui loro volti tesi hanno l’amarezza e l’angoscia di quando ti è stato strappato via il sogno d’amore…Paura di aver perso il proprio grande sogno d’amore… Già… La paura… è vinta proprio in questi giorni… con papa France-sco, pellegrino penitente e messaggero di pace in Iraq, tra le maceria, nei luoghi martoriati e con etnie e religioni oppresse dal fanatismo, odio e interessi sovrani. Una terra desolata, devastata dalla guerra e dal terrorismo, abbandonata dal resto del mondo, che ritorna a respirare, palpitare, alzarsi, camminare. Lo ha espresso efficacemente in una frase l'arcivescovo dei Caldei Ba-shar Matti Warda al termine della Messa nello stadio di Erbil, dove oltre diecimila persone hanno accolto calorosamente l’arri-

All’interno tutti gli appuntamenti delle celebrazioni Pasquali da vivere insieme

Settimana Santa e Pasqua di Risurrezione

2 Aprile Venerdì Santo 2021,

Torna la Colletta pro Terra Santa

«La colletta pro Terra Sanc-ta 2021 sia per tutti l’occa-sione per non girare lo sguardo, per non passare oltre, per non ignorare le situazioni di bisogno e di difficoltà dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che vi-vono nei Luoghi Santi.

Per saperne di più vai sul sito:

www.collettavenerdisanto.it

vo del Papa: «Santo Padre, la ringraziamo per il suo coraggio. Il suo coraggio scorre ora dentro di noi». Il coraggio come un fiume che, scorrendo, porta la vita dove prima dominava la mor-te.

La paura è vinta anche nel buio della notte di Pasqua, prima che si intraveda l’Aurora, perché questi giorni santi ci ricordano che quando è Dio a mettersi nelle nostre mani, non riusciamo neppu-re a capire il dono di vita che ci è regalato, che ci è chiesto di fare nostro, di custodire… di continuare a donare lasciando che il dono continui a restare dono… Far morire Dio è non rendere dono il dono che ci è stato fatto. È non prendersi la responsabili-tà di continuare a far essere dono con la nostra vita il dono della vita di Dio, della vita che ci è stata data…La Pasqua… la resur-rezione è potente invito a tutto questo… Ci chiediamo che cosa cambia la resurrezione di Dio in noi oggi… È anche nostra que-sta resurrezione? La sentiamo possibile nello scorrere dei miei giorni e dentro alle mie relazioni di vita e di morte? Altrimenti a cosa serve? “Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazio-ne in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e da-vanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso ver-gognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima. Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo ap-prossimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia” (Dietrich Bonhoeffer, pastore protestante impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg). La Pasqua getta nuova luce sulle nostre vicende, e proprio come l’Aurora del sole che sorge, illumina ciò che abbiamo vissuto o stiamo vivendo… E scopriamo che ciò che nel buio è stato per noi pietra d’inciampo, al sole diviene solida roccia su cui co-struire…Per questo il nostro buio, il buio di questa chiesa nella veglia di Pasqua è stato via via rischiarato da quella piccola splendida luce che a partire dal cero pasquale abbiamo condiviso con chi era accanto a noi… Ecco la Pasqua che fa la differenza nella concretezza della nostra vita da qui in poi… Facciamo Pasqua insieme! don Olinto

Jean Marie Pirot Arcabas, Annuncio del Risorto - 1993/94

Domande presentate al Vescovo nell’incontro

con il Consiglio Pastorale durante la visita pastorale sabato 30 gennaio 2021

Visita Pastorale Vescovo Delpini

1. (Arianna). Secondo lei è necessario cambiare il linguaggio per approcciare i giovani? Cosa ne pensa dell'uso dei social. Si vedono iniziative isolate da parte dei sacerdoti, ma non an-cora un progetto organico della Chiesa. Ci sono novità in que-sto senso? I giovani vogliono che la Chiesa sia nuova per parlare ai giovani. E questo mi sembra interessante. Questo periodo di pandemia ha fatto tanti disastri; però, alme-no su un punto ci ha costretto ad interrogarci: sul come raggiun-gere le persone che non vengono in chiesa, i bambini che non vengono al catechismo... Abbiamo visto come la scuola si è at-trezzata, o come ha cercato di farlo. La soluzione è stata la di-dattica a distanza, almeno in alcune fasce di età. Anche la comu-nità cristiana, come anche quella di Opera, si è attrezzata in que-sto senso. L'evoluzione tecnologica ci costringe ad abitare il mondo dei social. Certo, la Chiesa non ha un progetto unitario, sistematico sod-disfacente. Certamente hanno questa possibilità i gestori delle grandi piattaforme........come facebook ecc. Mi sembra difficile pensare che la Chiesa abbia un suo piano di comunicazione di questa rilevanza. Si è capito però l'utilità dei social: assieme ai pericoli, presentano una serie di …....... Ad esempio, c'è chi abi-ta così a lungo questo tipo di comunicazione virtuale, che perde la dimensione della vita reale. La fisicità dell'incontro assieme a tavola per parlare, viene sostituito da un incontro a distanza at-traverso i social media. Il pericolo è quello di far entrare nella nostra cultura una tecnologia che serve per situazioni estreme. Abbiamo imparato che i social hanno una certa utilità anche per la comunicazione del Vangelo, per avvicinarlo a chi è isola-to, a chi non può uscire di casa o comunque è limitato nei movi-menti. E' una forma di carità verso quanti non possono fare una vita attiva. E quindi, chi non può farlo fisicamente, può connet-tersi e partecipare alla vita dell'oratorio, al catechismo, come alle iniziative culturali... E' una strada percorribile, uno strumento per raggiungere tutti con parole di speranza. Molti ritengono che i social non siano un semplice strumento, ma un “mondo”, “una cultura”. Questo mo-do di pensare allargherebbe la frattura fra il mondo degli adulti e quello dei giovani. Questa apertura dei giovani alle nuove tecno-logie dovrebbe invece aiutare la comunità a capirne la metodo-logia, l'importanza, gli ambiti di utilizzo, ma anche i limiti. Quanto viene creato dall'uomo presenta aspetti positivi e negati-vi. Occorre valorizzare quanto c'è di positivo. 2. (Diego) L'atteggiamento della Chiesa oggi, con papa Fran-cesco, è quello di apertura verso il mondo, che prima era tenu-to un po' ai margini. Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni? L'atteggiamento del papa potrà spingersi oltre, fino a includere nel sacerdozio anche la donna? Non mi sembra che papa Francesco, come del resto i suoi pre-decessori, abbia messo a tema il sacerdozio alle donne. Quindi non mi aspetto che si arrivi a questo, quanto piuttosto a una ridi-stribuzione del potere; e non so se e quanto possa far bene alla Chiesa. Il tema della donna nella Chiesa è un tema molto più ampio e serio: supera la prospettiva “se possono anche le donne dire messa”. Mi sembra che questo ….. non..... sia escluso dalla storia della Chiesa. Anche adesso papa Francesco ha...... Cosa possiamo aspettarci più in generale? Mi sembra che il papa abbia come tema fondamentale quello di proporre la Chiesa co-me “popolo”. Mi riferisco all'enciclica Fratelli, tutti, ma anche

all'esortazione apostolica Evangelii gaudium. Questi documenti presentano un'idea di popolo che forse non riusciamo ancora a capire. Vivendo in una società molto individualista, il termine “popolo” ci riporta verso qualcosa di arcaico, poco significativo. Il papa lo interpreta invece all'interno dell'idea di appartenenza a una storia, a una cultura, a un destino e quindi a una speranza. E' un'idea molto promettente: ci spinge infatti a reagire all'osses-sione o, meglio, alla dittatura dell'individualismo, tipica della cultura contemporanea. La sua preoccupazione riguarda la rile-vanza......... sulla libertà personale, sull'individualismo che ri-schiano di diventare una specie di droga. Sarebbe bello che questo insegnamento sulla missione popola-re della Chiesa fosse davvero messo in pratica. Al tema del “popolo” si connette molto bene la domanda che mi è stata fatta: l'idea di evitare lo scarto, l'idea che non deve esserci chi va avanti e chi resta indietro; chi guadagna a scapito di chi perde. Sentirci popolo è un invito alla solidarietà, alla capacità di co-municazione. E' questa la dimensione popolare della fede: essere significativi come Chiesa, nella società in cui essa si trova pre-sente e vive in modo più rilevante.......come è il caso dell'Italia. Si dice che in Italia la Chiesa è in minoranza. In realtà siamo

una maggioranza, perché la Chiesa non è costituita dai più bravi, ma da quanti ricevono il battesimo. E certamente questo è il gruppo di maggioranza. Ma il problema non è il numero, ma il grado di incidenza della Chiesa nella società. E quando parlo di Italia mi riferisco anche all'Europa. La Chiesa ha segnato la vita dell'Europa in maniera determi-nante. Però oggi quanto conta? Come fa la Chiesa ad essere si-gnificativa oggi? E cosa vuol dire “essere significativi”? Se-condo alcuni, il papa è l'unica autorità morale a rilevanza plane-taria. Significa che la parola del papa ha un'incidenza; quindi il resto non incide......... Se il papa è l'unica autorità morale signifi-ca che a incidere non sono i laici cristiani, i preti cristiani, le suore. Significa che l'unica strada è quella indicata da Gesù: “guai se il sale perde il suo sapore”. La nostra rilevanza non dipende dal chiasso che facciamo, dall'uso delle risorse per farci notare; ma dal fatto che siamo più santi, più “sale”; più convinti e capaci di irradiare la gioia di essere cristiani. In sintesi, ciò che conta è essere popolo, essere Chiesa, ma non nel senso di orga-nizzazione, ma nel senso di essere significativi.

Gruppo consiglieri Pastorali

Visita Pastorale Vescovo Delpini

3. (Alice) Ci siamo chiesti se ci siano programmi specifici che possono aiutare i giovani a meditare e approfondie ... nei nostri percorsi di fede. Molti sono le occasioni...... ordinarie all'interno dei percorsi di comunità. Gli scout hanno programmi di catechesi. L'oratorio propone momenti di formazione. All'interno dei movimenti ec-clesiali ci sono scuole di comunità e di formazione. Sono molto diverse le occasioni..... i modi?..... e le proposte rivolte ai gio-vani. Sul tema specifico della Parola di Dio le proposte della diocesi sono quelle evidenziate a partire dal cardinale Carlo Maria Mar-tini, nel suo ministero episcopale a Milano, in particolare con la “scuola della Parola”. Questa esperienza, che avete inserito nella vostra relazione, ha avuto a suo tempo una rilevanza significati-va nella nostra diocesi. Adesso invece è poco frequentata, anche se in tanti decanati è ancora presente. Una proposta ancora viva è quella degli esercizi spirituali. Purtroppo lo scorso anno è stato impossibile dar vita a quelli resi-denziali dell'Avvento per i 18en-ni. Comunque anche questa rien-tra nelle proposte ordinarie nel calendario delle iniziative dioce-sane. Rilevanti sono poi gli even-ti straordinari come la “giornata mondiale della gioventù”. In queste occasioni diventa centrale la catechesi sulla Parola di Dio, a partire dalle fasi di preparazione. La prossima “giornata” sarà nel 2022. Assieme ai vescovi della Lom-bardia, stiamo immaginando un incontro dei vescovi con i giova-ni della nostra regione a cui se-guirà un incontro di massa con la convocazione dei giovani che vorranno aderire. E' un itinerario specifico che intendiamo percorrere: ci sembra infatti prioritario il tema della formazione dei giovani che si fanno missionari verso i loro coetanei. 4. (Antonella) Ci siamo chiesti anche se lei può consigliarci dei libri importanti per noi giovani, oltre al Vangelo, alla sacra Scrit-tura, e alle encicliche. Mi riferisco a qualche libro che, in modo particolare, può essere determinante per la nostra vita. E' una domanda molto importante, ma non mi sento di consi-gliarvi le mie letture. Non seguo molto la letteratura contempo-ranea. Sono fermo ad alcuni autori e libri del secolo scorso che realmente mi hanno aiutato nella vita. Mi riferisco ai libri di Mario Pomilio, in particolare a “ Il Quinto Evangelio”, ma an-che ad altre sue opere che possono sembrare un po' strane. Il titolo citato è un romanzo che permette di recuperare tracce di Vangelo lungo i secoli. Vuole esprimere questa idea geniale e appassionante: accanto ai quattro vangeli scritti, ce n'è uno che si sta continuamente scrivendo. Perché il vangelo è vivo. Certo, di imprescindibile lettura sono i libri di Dostoevskij come “I fratelli Karamàzov” ed altri. Mi piacciono anche altri libri, ma che non sono stati altrettanto decisivi per la mia forma-zione. Un libro commovente ed edificante è stato ad esempio “ Il diario di un curato di campagna” di George Bernanos. (Conclusione del Vescovo) Vi consegno un breve testo che i vescovi lombardi hanno

scritto DAL TITOLO “Una voce amica” come incoraggiamen-to in questo periodo di pandemia. E' un invito a non “subire” il periodo di sofferenza che stiamo vivendo, ma trasformarlo, in-vece, in un momento formativo per tutti noi. Il testo contiene quattro raccomandazioni. La prima: imparare a pregare in questa situazione. La seconda: imparare a pensare, cioè a raccogliere le domande che vengono spontanee in questo momento. La terza: imparare a sperare oltre la morte, perché la morte non è la fine di tutto e non bisogna chiudersi nel nostro stretto orizzonte. La quarta: imparare a prendersi cura degli altri. (Ringraziamento di Giusy) Caro arcivescovo, volevo ringra-ziarla per essere venuto tra noi. Ma vorrei ringraziarla soprattut-to per quanto lei ha scritto recentemente e che anch'io ripeto a molte persone che si sentono in difficoltà. Lei ha scritto che proprio questo periodo così difficile può diventare occasione di grazia.

Desideravo anche dirle che sono molto contenta di vivere in questa parrocchia. Mi ha permes-so di sentirci uniti, di sentir circo-lare fra noi tanto affetto e tanto aiuto, proprio in occasione di questa situazione difficile. Rin-grazio il Signore per questo gran-de dono di vicinanza, di reciproco supporto e condivisione. Vorrei dire tre cose. La prima è che condivido l'importanza dell'o-ratorio come occasione di incon-tro e di maturazione dei giovani nella ricerca della loro strada. La seconda: dobbiamo ripensa-re la nostra vita in relazione all'Eucarestia; non perché la cele-brazione diventi più spettacolare, ma perché sia più vissuta. L'Eu-carestia - che è la nostra medicina - deve spingerci a prenderci cura degli altri, come insegna sempre papa Francesco. Usciamo dalla celebrazione per prenderci cura degli altri. La solidarietà deve essere centrale nella nostra vita, perché è l'unica cosa che ci salva. La terza si riferisce al rapporto con la Sacra Scrittura. Ringrazio sempre il Signore per i 12 anni

vissuti con don Renato Rebuzzini. Ci ha coinvolto in un'esperienza

molto forte: l'assidua lettura e spiegazione della Parola di Dio, in momenti dedicati proprio a questo. Certo, anche oggi nella no-stra vita parrocchiale sono presenti momenti in cui la Parola di Dio è centrale. Ma è auspicabile che si formi un gruppo di per-sone interessate, in modo specifico, alla lettura e ascolto della Sacra Scrittura. (Ringraziamento di Sergio) Voglio dire soltanto che sono mol-to contento di questo incontro perché ha mostrato molta coesio-ne comunitaria. Ringrazio il nostro vescovo per l'onore della sua visita e delle sue parole. Alleluja! Benedizione finale del vescovo Effondi, Signore, la tua benedizione su noi, sui legami che ci uniscono, sul desiderio di far parte di una comunità viva, solida-le, lieta. Effondi, Signore, la tua benedizione su ciascuno di noi, sulle persone che ci sono care, soprattutto su quelle che hanno più bisogno di una tua particolare consolazione. Effondi, Signore, la tua benedizione su questa terra, su questa città, su quanti vi abitano. Per intercessione e i meriti della beata Vergine Maria. Per Cristo, nostro Signore. Amen

Il Vescovo Delpini durante la celebrazione della S. Messa

INCONTRO INTERRELIGIOSO

PREGHIERA DEI FIGLI

DI ABRAMO Piana di Ur - Iraq,

Sabato, 6 marzo 2021 Dio Onnipotente, Creatore nostro che ami la famiglia umana e tutto ciò che le tue

mani hanno compiuto, noi, figli e figlie di Abramo appartenenti all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam, insieme agli altri credenti e a tutte le persone di buona volontà, ti ringraziamo per averci donato come padre comune nella fede Abramo, figlio insigne di questa nobile e cara terra. Ti ringraziamo per il suo esempio di uo-mo di fede che ti ha obbedito fino in fon-do, lasciando la sua famiglia, la sua tribù e la sua patria per andare verso una terra che non conosceva. Ti ringraziamo anche per l’esempio di coraggio, di resilienza e di forza d’animo, di generosità e di ospi-talità che il nostro comune padre nella fede ci ha donato. Ti ringraziamo, in par-ticolare, per la sua fede eroica, dimostrata dalla disponibilità a sacrificare suo figlio per obbedire al tuo comando. Sappiamo che era una prova difficilissima, dalla quale tuttavia è uscito vincitore, perché senza riserve si è fidato di Te, che sei misericordioso e apri sempre possibilità nuove per ricominciare. Ti ringraziamo perché, benedicendo il nostro padre Abramo, hai fatto di lui una benedizione per tutti i popoli. Ti chiediamo, Dio del nostro padre Abra-mo e Dio nostro, di concederci una fede forte, operosa nel bene, una fede che apra i nostri cuori a Te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza insopprimibile, capace di scorgere ovunque la fedeltà delle tue promesse. Fai di ognuno di noi un testimone della tua cura amorevole per tutti, in particolare per i rifugiati e gli sfollati, le vedove e gli orfani, i poveri e gli ammalati. Apri i nostri cuori al perdo-

no reciproco e rendici strumenti di ricon-ciliazione, costruttori di una società più giusta e fraterna. Accogli nella tua dimo-ra di pace e di luce tutti i defunti, in parti-colare le vittime della violenza e delle guerre. Assisti le autorità civili nel cerca-re e trovare le persone rapite, e nel pro-teggere in modo speciale le donne e i bambini. Aiutaci ad avere cura del piane-ta, casa comune che, nella tua bontà e generosità, hai dato a tutti noi. Sostieni le nostre mani nella ricostruzione di questo Paese, e dacci la forza necessa-ria per aiutare quanti hanno dovuto la-sciare le loro case e loro terre a rientrare in sicurezza e con dignità, e a iniziare una vita nuova, serena e prospera. Amen.

SANTA MESSA

omelia di

PAPA FRANCESCO Cattedrale Caldea di “San Giuseppe”

a Baghdad , Sabato, 6 marzo 2021

La Parola di Dio ci parla oggi di sapien-za, testimonianza e promesse. La sapienza in queste terre è stata coltiva-ta da tempi antichissimi. La sua ricerca da sempre affascina l’uomo; spesso, però, chi ha più mezzi può acquisire più cono-scenze e avere più opportunità, mentre chi ha meno viene messo da parte. È una disuguaglianza inaccettabile, che oggi si è dilatata. Ma il Libro della Sapienza ci sorprende, ribaltando la prospettiva. Dice

che «gli ultimi meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore» (Sap 6,6). Per il mondo, chi ha di meno è scar-tato e chi ha di più è privilegiato. Per Dio no: chi ha più potere è sottoposto a un esame rigoroso, mentre gli ultimi sono i privilegiati di Dio. Gesù, la Sapienza in persona, completa questo ribaltamento nel Vangelo: non in un momento qualunque, ma all’inizio del primo discorso, con le Beatitudini. Il ca-povolgimento è totale: i poveri, quelli che piangono, i perseguitati sono detti beati. Com’è possibile? Beati, per il mondo, sono i ricchi, i potenti, i famosi! Vale chi ha, chi può, chi conta! Per Dio no: non è più grande chi ha, ma chi è povero in spirito; non chi può tutto sugli altri, ma chi è mite con tutti; non chi è acclamato dalle folle, ma chi è misericordioso col fratello. A questo punto può venire un dubbio: se vivo come Gesù chiede, che cosa ci guadagno? Non rischio di farmi mettere i piedi in testa dagli altri? La pro-posta di Gesù conviene? O è perdente? Non è perdente, ma sapiente. La proposta di Gesù è sapiente perché l’amore, che è il cuore delle Beatitudini, anche se pare debole agli occhi del mon-do, in realtà vince. Sulla croce si è dimo-strato più forte del peccato, nel sepolcro ha sconfitto la morte. È lo stesso amore che ha reso i martiri vittoriosi nella prova, e quanti ce ne sono stati nell’ultimo seco-lo, più che nei precedenti! L’amore è la nostra forza, la forza di tanti fratelli e

Pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq

Più Forte della Guerra, della Paura del Terrorismo,

più Forte anche della Pandemia.

IN IRAQ, TRA DRONI E CECCHINI

La Messa in Cattedrale a Baghdad

Pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq

sorelle che anche qui hanno subito pre-giudizi e offese, maltrattamenti e persecu-zioni per il nome di Gesù. Ma mentre la potenza, la gloria e la vanità del mondo passano, l’amore rimane: come ci ha det-to l’Apostolo Paolo, «non avrà mai fi-ne» (1 Cor 13,8). Vivere le Beatitudini, allora, è rendere eterno quello che passa. È portare il Cielo in terra. Ma come si praticano le Beatitudini? Esse non chie-dono di fare cose straordinarie, di com-piere imprese che vanno oltre le nostre capacità. Chiedono la testimonianza quo-

tidiana. Beato è chi vive con mitezza, chi pratica la misericordia lì dove si trova, chi mantiene il cuore puro lì dove vive. Per diventare beati non bisogna essere eroi ogni tanto, ma testimoni ogni giorno. La testimonianza è la via per incarnare la sapienza di Gesù. È così che si cambia il mondo: non con il potere o con la forza, ma con le Beatitudini. Perché così ha fatto Gesù, vivendo fino alla fine quel che aveva detto all’inizio. Tutto sta nel testi-moniare l’amore di Gesù, quella stessa carità che San Paolo descrive splendida-mente nella seconda Lettura di oggi. Ve-diamo come la presenta. Per prima cosa dice che «la carità è ma-gnanima» (v. 4). Non ci aspettavamo que-sto aggettivo. Amore sembra sinonimo di bontà, generosità, opere di bene, eppure Paolo dice che la carità è anzitutto ma-gnanima. È una parola che, nella Bibbia, racconta la pazienza di Dio. Lungo la storia l’uomo ha continuato a tradire l’al-leanza con Lui, a cadere nei soliti peccati e il Signore, anziché stancarsi e andarse-ne, ogni volta è rimasto fedele, ha perdo-nato, ha ricominciato. La pazienza di ri-cominciare ogni volta è la prima qualità dell’amore, perché l’amore non si sdegna, ma riparte sempre. Non si intristisce, ma rilancia; non si scoraggia, ma resta creati-vo. Di fronte al male non si arrende, non si rassegna. Chi ama non si chiude in sé stesso quando le cose vanno male, ma risponde al male con il bene, ricordando la sapienza vittoriosa della croce. Il testi-mone di Dio fa così: non è passivo, fatali-sta, non vive in balìa delle circostanze, dell’istinto e dell’istante, ma è sempre speranzoso, perché fondato nell’amore che «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (v. 7). Possiamo chiederci: e io, come reagisco

alle situazioni che non vanno? Di fronte alle avversità ci sono sempre due tenta-zioni. La prima è la fuga: scappare, volta-re le spalle, non volerne più sapere. La seconda è reagire da arrabbiati, con la forza. È quello che accadde ai discepoli nel Getsemani: davanti allo sconcerto, molti si diedero alla fuga e Pietro prese la spada. Ma né la fuga né la spada risolsero qualcosa. Gesù, invece, cambiò la storia. Come? Con la forza umile dell’amore, con la sua testimonianza paziente. Così siamo chiamati a fare noi; così Dio realiz-za le sue promesse. Promesse. La sapienza di Gesù, che si incarna nelle Beatitudini, chiede la testi-monianza e offre la ricompensa, contenu-ta nelle promesse divine. Vediamo infatti che a ogni Beatitudine segue una promes-sa: chi le vive avrà il regno dei cieli, sarà consolato, saziato, vedrà Dio… (cfr Mt5,3-12). Le promesse di Dio assi-curano una gioia senza eguali e non delu-dono. Ma come si compiono? Attraverso le nostre debolezze. Dio fa beati coloro che percorrono fino in fondo la via della loro povertà interiore. La strada è questa, non ce n’è un’altra. Guardiamo al patriar-ca Abramo. Dio gli promette una grande discendenza, ma lui e Sara sono anziani e senza figli. Proprio nella loro anzianità paziente e fiduciosa Dio opera meraviglie e dona loro un figlio. Guardiamo a Mosè: Dio gli promette che libererà il popolo dalla schiavitù e per questo gli chiede di parlare al faraone. Mosè fa presente di essere impacciato nel parlare; eppure Dio realizzerà la promessa attraverso le sue parole. Guardiamo alla Madonna, che proprio quando per la Legge non può avere figli viene chiamata a diventare

madre. E guardiamo a Pietro: rinnega il Signore e Gesù chiama proprio lui a con-fermare i fratelli. Cari fratelli e sorelle, a volte possiamo sentirci incapaci, inutili.

Non crediamoci, perché Dio vuole com-piere prodigi proprio attraverso le nostre debolezze. Egli ama fare così e stasera, per ben otto volte, ci ha detto ţūb’ā [beati], per farci comprendere che con Lui lo siamo davvero. Certo, siamo pro-vati, cadiamo spesso, ma non dobbiamo dimenticare che, con Gesù, siamo beati. Quanto il mondo ci toglie non è nulla in confronto all’amore tenero e paziente con cui il Signore compie le sue promesse. Cara sorella, caro fratello, forse guardi le tue mani e ti sembrano vuote, forse nel tuo cuore serpeggia la sfiducia e non ti senti ripagato dalla vita. Se è così, non temere: le Beatitudini sono per te, per te che sei afflitto, affamato e assetato di giustizia, perseguitato. Il Signore ti pro-mette che il tuo nome è scritto nel suo cuore, nei Cieli! E io oggi Lo ringrazio con voi e per voi, perché qui, dove nell’antichità è sorta la sapienza, in questi tempi si sono levati tanti testimoni, spes-so trascurati dalle cronache, ma preziosi agli occhi di Dio; testimoni che, vivendo le Beatitudini, aiutano Dio a realizzare le sue promesse di pace.

PREGHIERA DI SUFFRAGIO

PER LE VITTIME

DELLA GUERRA Presso Hosh al-Bieaa

(piazza della Chiesa) a Mosul Domenica, 7 marzo 2021

Parole introduttive del Santo Padre

Prima di pregare per tutte le vittime della guerra in questa città di Mosul, in Iraq e nell’intero Medio Oriente, vorrei condivi-dere con voi questi pensieri: Se Dio è il

Dio della vita - e lo è -, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace - e lo è -, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio

La Messa a Musul città martire

Pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq

è il Dio dell’amore - e lo è -, a noi non è lecito odiare i fratelli. Ora preghiamo insieme per tutte le vittime della guerra, perché Dio Onnipotente conceda loro vita eterna e pace senza fine, e le accolga nel suo amorevole abbraccio. E preghiamo anche per tutti noi, perché, al di là delle appartenenze religiose, possiamo vivere in armonia e in pace, consapevoli che agli occhi di Dio siamo tutti fratelli e sorelle.

PREGHIERA Altissimo Dio, Signore del tempo e della storia, Tu per amore hai creato il mondo e non smetti mai di riversare sulle tue creature le tue benedizioni. Tu, al di là dell’oceano della sofferenza e della mor-te, al di là delle tentazioni della violenza, dell’ingiustizia e dell’iniquo guadagno, accompagni i tuoi figli e le tue figlie con tenero amore di Padre. Ma noi uomini, ingrati per i tuoi doni e distolti dalle nostre preoccupazioni e dalle nostre ambizioni troppo terrene, spesso abbiamo dimenticato i tuoi disegni di pace e di armonia. Ci siamo chiusi in noi stessi e nei nostri interessi di parte e, indifferenti a Te e agli altri, abbiamo sbarrato le porte alla pace. Si è così ripe-tuto quanto il profeta Giona udì dire di Ninive: la malvagità degli uomini è salita fino al cielo (cfr Gn 1,2). Non abbiamo alzato al Cielo mani pure (cfr 1 Tm 2,8), ma dalla terra è salito ancora una volta il grido del sangue innocente (cfr Gen4,10). Gli abitanti di Ninive, nel racconto di Giona, ascoltarono la voce del tuo profe-ta e trovarono salvezza nella conversio-ne. Anche noi, Signore, mentre ti affidia-mo le tante vittime dell’odio dell’uomo contro l’uomo, invochiamo il tuo perdono e supplichiamo la grazia della conversio-ne:

Kyrie eleison! Kyrie eleison! Kyrie eleison!

[breve silenzio] Signore Dio nostro, in questa città due simboli testimoniano il perenne desiderio

dell’umanità di avvicinarsi a Te: la mo-schea Al-Nouri con il suo minareto Al Hadba e la chiesa di Nostra Signora dell’orologio. È un orologio che da più di cent’anni ricorda ai passanti che la vita è breve e il tempo prezioso. Insegnaci a comprendere che Tu hai affidato a noi il tuo disegno di amore, di pace e di ricon-ciliazione, perché lo attuassimo nel tem-po, nel breve volgere della nostra vita terrena. Facci comprendere che solo met-tendolo in pratica senza indugi si potran-no ricostruire questa città e questo Paese, e si potranno risanare i cuori straziati dal dolore. Aiutaci a non trascorrere il tempo al servizio dei nostri interessi egoistici, personali o di gruppo, ma al servizio del tuo disegno d’amore. E quando andiamo fuori strada, fa’ che possiamo dare ascol-to alla voce dei veri uomini di Dio e rav-vederci per tempo, per non rovinarci an-cora con distruzione e morte. Ti affidiamo coloro, la cui vita terrena è stata accorciata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti imploriamo anche per quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle: si ravvedano, toccati

dalla potenza della tua misericordia. Requiem æternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Requiescant in pace. Amen.

SANTA MESSA

omelia di

PAPA FRANCESCO Stadio “Franso Hariri” a Erbil

Domenica, 7 marzo 2021

San Paolo ci ha ricordato che «Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24). Gesù ha rivelato questa poten-za e questa sapienza soprattutto con la misericordia e il perdono. Non ha voluto farlo con dimostrazioni di forza o impo-nendo dall’alto la sua voce, né con lunghi discorsi o esibizioni di scienza incompa-rabile. Lo ha fatto dando la sua vita sulla croce. Ha rivelato la sua sapienza e po-tenza divina mostrandoci, fino alla fine, la fedeltà dell’amore del Padre; la fedeltà del Dio dell’Alleanza, che ha fatto uscire il suo popolo dalla schiavitù e lo ha gui-dato nel cammino della libertà (cfr Es 20,1-2). Com’è facile cadere nella trappo-la di pensare che dobbiamo dimostrare agli altri che siamo forti, che siamo sa-pienti… Nella trappola di farci immagini false di Dio che ci diano sicurezza… (cfr Es 20,4-5). In realtà, è il contrario, tutti noi abbiamo bisogno della potenza e della sapienza di Dio rivelata da Gesù sulla croce. Sul Calvario, Lui ha offerto al Padre le ferite dalle quali noi siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,24). Qui in Iraq, quanti dei vostri fratelli e sorelle, amici e concittadini portano le ferite della guerra e della violenza, ferite visibili e invisibili! La tentazione è di rispondere a questi e ad altri fatti dolorosi con una forza umana, con una sapienza umana. Invece Gesù ci mostra la via di Dio, quella che Lui ha percorso e sulla quale ci chiama a seguir-lo. Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato (Gv 2,13-25), vediamo come Gesù scacciò dal Tempio di Gerusalem-

Il Papa alla piana di Ninive

Pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq

me i cambiavalute e tutti coloro che com-pravano e vendevano. Perché Gesù ha fatto questo gesto così forte, così provo-catorio? L’ha fatto perché il Padre lo ha mandato a purificare il tempio: non solo il tempio di pietra, ma soprattutto quello del nostro cuore. Come Gesù non tollerò che la casa del Padre suo diventasse un mercato (cfr Gv 2,16), così desidera che il nostro cuore non sia un luogo di subbu-glio, disordine e confusione. Il cuore va pulito, va ordinato, va purificato. Da che cosa? Dalle falsità che lo sporcano, dalle doppiezze dell’ipocrisia. Tutti noi ne ab-biamo. Sono malattie che fanno male al cuore, che infangano la vita, la rendono doppia. Abbiamo bisogno di essere ripuli-ti dalle nostre ingannevoli sicurezze che mercanteggiano la fede in Dio con cose che passano, con le convenienze del mo-mento. Abbiamo bisogno che siano spaz-zate via dal nostro cuore e dalla Chiesa le nefaste suggestioni del potere e del dena-ro. Per ripulire il cuore abbiamo bisogno di sporcarci le mani: di sentirci responsa-bili e non restare a guardare mentre il fratello e la sorella soffrono. Ma come purificare il cuore? Da soli non siamo capaci, abbiamo bisogno di Gesù. Lui ha il potere di vincere i nostri mali, di guari-re le nostre malattie, di restaurare il tem-pio del nostro cuore. A conferma di ciò, come segno della sua autorità dice: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (v. 19). Gesù Cristo, Lui solo, può purificarci dalle opere del male, Lui che è morto e risorto, Lui che è il Signore! Cari fratelli e sorelle, Dio non ci lascia morire nel nostro peccato. Anche quando gli voltiamo le spalle, non ci ab-bandona mai a noi stessi. Ci cerca, ci in-segue, per chiamarci al pentimento e per purificarci. «Com’è vero che io vivo – dice il Signore per bocca di Ezechiele –, io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua mal-vagità e viva» (33,11). Il Signore vuole che siamo salvati e che diventiamo tem-

pio vivo del suo amore, nella fraternità, nel servizio e nella misericordia. Gesù non solo ci purifica dai nostri pec-cati, ma ci rende partecipi della sua stessa potenza e sapienza. Ci libera da un modo di intendere la fede, la famiglia, la comu-nità che divide, che contrappone, che esclude, affinché possiamo costruire una Chiesa e una società aperte a tutti e solle-cite verso i nostri fratelli e sorelle più bisognosi. E nello stesso tempo ci raffor-za, perché sappiamo resistere alla tenta-zione di cercare vendetta, che fa sprofon-dare in una spirale di ritorsioni senza fine. Con la potenza dello Spirito Santo ci in-via, non a fare proselitismo, ma come suoi discepoli missionari, uomini e donne chiamati a testimoniare che il Vangelo ha il potere di cambiare la vita. Il Risorto ci rende strumenti della pace di Dio e della sua misericordia, artigiani pazienti e co-raggiosi di un nuovo ordine sociale. Così, per la forza di Cristo e del suo Spirito, avviene quello che l’Apostolo Paolo pro-fetizza ai Corinzi: «Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomi-ni» (1 Cor 1,25). Comunità cristiane composte da gente umile e semplice di-

ventano segno del Regno che viene, Re-gno di amore, di giustizia e di pace. «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19). Parlava del tempio del suo corpo, dunque anche della sua Chiesa. Il Signore ci promette che, con la potenza della sua Risurrezione, può far risorgere noi e le nostre comunità dalle macerie causate dall’ingiustizia, dalla divisione e dall’odio. È la promessa che celebriamo in questa Eucaristia. Con gli occhi della fede, riconosciamo la pre-senza del Signore crocifisso e risorto in mezzo a noi, impariamo ad accogliere la sua sapienza liberatrice, a riposare nelle sue ferite e a trovare guarigione e forza per servire il suo Regno che viene nel nostro mondo. Dalle sue piaghe siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,24); nelle sue pia-ghe, cari fratelli e sorelle, troviamo il balsamo del suo amore misericordioso; perché Egli, Buon Samaritano dell’uma-nità, desidera ungere ogni ferita, guarire ogni ricordo doloroso e ispirare un futuro di pace e di fraternità in questa terra. La Chiesa in Iraq, con la grazia di Dio, ha fatto e sta facendo molto per proclamare questa meravigliosa sapienza della croce diffondendo la misericordia e il perdono di Cristo, specialmente verso i più biso-gnosi. Anche in mezzo a grande povertà e difficoltà, molti di voi hanno generosa-mente offerto aiuto concreto e solidarietà ai poveri e ai sofferenti. Questo è uno dei motivi che mi hanno spinto a venire in pellegrinaggio tra di voi a ringraziarvi e confermarvi nella fede e nella testimo-nianza. Oggi, posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele. Cari fratelli e sorelle, affido voi, le vostre famiglie e le vostre comunità alla materna protezione della Vergine Maria, che fu associata alla passione e alla morte del suo Figlio e partecipò alla gioia della sua risurrezione. Interceda per noi e ci condu-ca a Lui, potenza e sapienza di Dio.

Papa Francesco accende, in Iraq, le fiammelle della fede

L’ Iraq è un mosaico di religioni ed etnie, il cui destino

è vivere insieme o combattersi. La sua complessità è

stata sempre risolta con la forza o la brutalità del

potere. Così è stato nella dittatura del sunnita Saddam Hussein,

dal 1979 al 2003, persecutore della mag-

gioranza sciita e sterminatore dei curdi

nelle loro terre ancestrali. Saddam ha vie-

tato a Giovanni Paolo II il pellegrinaggio

alla terra di Abramo, l'Iraq. Eppure papa

Wojtyla aveva avversato le guerre ameri-

cane e occidentali contro il dittatore, ve-

dendole come premessa dello scontro di

religione e civiltà tra mondo occidentale e islam.

Papa Francesco compie - l'ha detto - il viaggio del suo predeces-

sore, perché il popolo iracheno non può aspettare. Ha aspettato

la pace dalla liberazione occidentale e si è trovato con lo Stato in

frantumi, ha vissuto la violenza del sedicente Stato islamico di

Daesh, dietro cui c'erano appoggi oscuri. Ha aspettato democra-

zia e sicurezza, ma si è trovato nell'anarchia. Quante vite perse

in due decenni di guerra, terrorismo e instabilità!

Quanti rifugiati e quanti dolori! Francesco ha risposto alle attese

degli iracheni e delle irachene visitando il Paese, nonostante

molti lo sconsigliassero. Non è un periodo in cui i leader fanno

visite ufficiali. E l'Iraq non è sicuro. Il Papa, però, sentiva di

dover visitare questa estrema periferia senza pace e una Chiesa

di nuovi martiri oltre che di millenaria fedeltà al Vangelo.

Tanti, ancor oggi, rischiano la vita in Iraq. Raghed Ghanni, gio-

vane prete caldeo che studiava a Roma, avrebbe potuto restare

qui, ma tornò nella sua terra dove fu assassinato nel 2007:

«Senza l'Eucarestia, i cristiani non possono vivere in Iraq», dice-

va. E la celebrò fino alla morte a Mosul per mano di terroristi

islamici.

Il Papa ha preso le mosse dalla cattedrale siro-cattolica di Bagh-

dad, dove sono stati uccisi 48 cristiani in un attacco terroristico

nel 2010; e prega oggi a Mosul, l'ex capitale del califfato, dove i

cristiani (almeno 6mila) furono scacciati e le chiese distrutte

(assieme a edifici religoosi retti da musulmani resistenti al jiha-

dismo). Nei martiri c'è un seme di vita per la Chiesa e per l'Iraq.

Questa è la fede della Chiesa. E il Papa, infatti, non viene per

una rivincita, né per accusare in blocco l'islam, come fa qualche

cristiano d'Oriente e d'Occidente. Dal Vangelo scaturisce una

cultura di pace: un vivere insieme liberante dalla logica dello

scontro tra diversità, divenute tribalismi arroganti e violenti,

troppo in auge in Iraq.

E la convivenza è stata vissuta in Iraq in alcune stagioni stori-

che, seppur parzialmente. Qui, da millenni, c'erano gli ebrei:

120mila fino al 1948 e ancora duemila al tempo di Saddam (da

lui vessati), mentre l’ultimo rabbino è morto nel 1996. Poi gli

yazidi (che ospitarono i cristiani perseguitati durante la prima

guerra mondiale) a loro volta sterminati dal Daesh. I cristiani

erano tanti: quasi un milione e mezzo alla vigilia della guerra

del Golfo e ne restano meno di 300mila.

Nonostante i 1.200 cristiani uccisi negli ultimi tempi, il patriarca

caldeo Sako non ha sposato un atteggiamento vittimista, ma ha

dichiarato: «Il mondo e la storia non si fermano con la tragedia

che attualmente stiamo vivendo». Francesco viene a confermare

che i cristiani possono essere l'inizio di un futuro di pace. Il ri-

spetto e la simpatia con cui il Papa è stato accolto dal grande

ayatollah al-Sistani, massima autorità sciita, mostrano come sia

considerato un uomo di unità e di pace. Il dialogo in questa ter-

ra, dove la brutalità delle armi è fallita, è la vera forza che co-

struisce il futuro.

Il viaggio del Papa in Iraq rivela anche a noi - abituati alla sua

presenza, e magari attenti alle vicende del "Vaticano minore" - il

valore del suo ministero. Con la forza debole e umile del Vange-

lo si tocca e si cambia la storia del mondo. La traccia di France-

sco in Iraq mostra come l'irrilevanza e l'avarizia provinciale dei

cristiani europei siano una scelta di poco coraggio. Invece - lo

vediamo in questi giorni - un mondo, così smarrito, ha bisogno

del Vangelo vissuto. Guardando Francesco, si sente che in Iraq

si sta facendo la storia.

Il Papa si è chiesto e ci ha chiesto nel deserto di Ur, dove non

esistono muri: «Da dove può ricominciare allora il cammino

della pace? Dalla rinuncia ad avere nemici». Ha poi proseguito

con una serie di indicazioni, precedute da un solenne e impegna-

tivo: «Sta a noi...». I credenti di ogni religione e di ogni paese

non possono restare inerti o irrilevanti, camminare per conto

proprio, perseguire i propri interessi, rassegnarsi al male. Lo

«Sta a noi.» di Francesco a Ur risuona anche nelle nostre co-

scienze, nelle nostre città, nelle nostre Chiese.

La Forza Debole che fa la Storia

Andrea Riccardi, Fondatore della Comunità Sant’Egidio

7 Marzo 2021 Avvenire

Pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq

I l viaggio di papa Francesco in Iraq può essere letto sotto

diversi profili. Si è detto che si tratta di un viaggio storico,

ed è certamente vero, ma si rischia di non capirlo fino in

fondo se si dà all’aggettivo "storico" un senso superficialmente

mediatico. Voglio dire che, almeno dal mio

punto di vista, il primo orizzonte da cui

guardare ai giorni iracheni del Papa è quel-

lo della fede. Si è parlato di Abramo. È

vero: la componente abramitica di questo

viaggio è fondamentale. Ma si tratta di una

prossimità ad Abramo intimamente con-

nessa all’esistenza stessa del Santo Padre.

Abramo c’entra anzitutto perché il viaggio di Francesco è stato un

atto di fede, un modo di esprimere il proprio essere da parte di un

uomo che ha fatto della semplicità dell’Evangelo la stella polare

del suo ministero romano. Questo viaggio dice insomma la fede

del Papa, la sua apertura al rischio, la sua convinzione che biso-

gna mettersi in gioco radicalmente, soprattutto oggi. Lasciare le

proprie certezze, la propria terra, i propri punti fermi, per affidarsi

a Dio, prima di ogni altra considerazione. È questo spirito che fa

del pellegrinaggio in Iraq un evento della storia di Abramo, per-

ché dice la fede profonda di un credente. Una fede – ed è questo il

secondo aspetto che mi colpisce – intesa come un andare incontro

all’altro, in maniera radicale e nel nome di un Dio che è venuto

incontro agli uomini, che ha dato sé stesso per questo, come ci ha

spiegato la vicenda di Gesù di Nazareth. Senza Fratelli tutti non

ci sarebbe stato l’Iraq. Francesco è partito perché le parole

dell’Enciclica non sono una pura esortazione.

E ha sentito che doveva testimoniare, lui per primo, la necessità

assoluta di una fraternità integrale, di un riconoscimento dell’altro

come fratello che precede ogni punto di vista politico o religioso.

Francesco è stato un grande cristiano in Iraq perché è stato un

uomo che si è messo di fronte ad altri uomini, li ha guardati negli

occhi, ha parlato dal cuore. Questa componente umana è decisiva

nel magistero del Papa ed è proprio per questo profondamente

cristiana e, direi, profondamente francescana. Come il suo ispira-

tore, come colui di cui porta il nome, Francesco è andato a dire in

Iraq che per chi crede non ci sono nemici. È questa la logica stu-

pefacente del Vangelo, nella sua voluta e assoluta ingenuità poli-

tica, che non vuol dire mancanza di intelligenza o di riflessione

ma – etimologicamente – libertà, schiettezza e, io aggiungerei,

capacità di generare, di far nascere nel segno della nobiltà d’ani-

mo e della verità. Solo da questo punto di osservazione credo si

possa capire la dimensione religiosa del viaggio. A Ur dei Caldei

il Papa incontra i suoi fratelli in Abramo non da figlio ed erede

privilegiato, ma da fratello accanto ad altri fratelli. Il senso reli-

gioso del viaggio consiste, secondo me, nella rinunzia a ogni af-

fermazione di primato, per essere insieme figli di uno stesso pa-

dre nella fede. Questa appartenenza comune non è esclusività.

Abramo è padre delle genti, capostipite dell’umanità. Grazie a

questa prospettiva universale nell’incontro di Ur le religioni non

sono apparse vessillo identitario che divide, bensì potenza che

unisce, forza che sbriciola i muri e annuncia la pace tra gli uomi-

ni. La religione è infatti, intimamente, il riconoscimento di aver

bisogno dell’Altro per esistere. E dove non prevale l’io, dove non

si inneggia al primato dei 'miei', dei 'nostri', lì comincia la pace.

Questo credo abbia detto Francesco e abbia detto al-Sistani nel

loro incontro sobrio e intenso. Solo in questo contesto si può par-

lare di 'politica'. Non in un’accezione riduttiva, ma alta. Il viaggio

di Francesco è stato politico nel senso del prendersi cura della

polis.

Qui la polis è lo spazio comune delle Chiese, con una apertura

benedetta della Chiesa latina verso l’Oriente, ma è anche la città

degli uomini, che oggi più che mai ha bisogno di princìpi di dia-

logo e di cooperazione per far sì che il domani non sia tempo di

guerra e di conflitti divisivi e distruttivi bensì tempo di accordo e

di condivisione a partire da quel Medio Oriente che è luogo alta-

mente simbolico da questo punto di vista.

Non furbizie diplomatiche, ma spirito di incontro e di collabora-

zione per una politica di pace: questo il messaggio politico del

viaggio del Papa. E per questa profezia, che ha toccato i tanti che

l’hanno incontrato, parlando ai giovani, alle donne, a tutti i soffe-

renti, dobbiamo tutti di cuore ringraziarlo.

Per Pura Fede e Fraternità

Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo

Avvenire 9 marzo 2021

Pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq

New Oratorio

il Nuovo Oratorio di Opera si Colora e sarà Ancora più Bello

Se Ci Diamo una Mano Insieme. COME? Facendo una piccola donazione l’oratorio sarà sempre più nostro!

Parrocchia Santi Pietro e Paolo - via Dante, 25 - Tel. 02/57600310

Cod. Iban: INTESA SANPAOLO S.p.A.

IT 53 V 03069 09606 1000 0016 9776 - Causale: Nuovo Oratorio Opera

Abbiamo Cominciato. Sei Prezioso! Grazie!

R ingraziamo tutti co-loro che nonostante la grande fatica

dell’oggi, con il loro contribu-to piccolo o grande permetto-no la costruzione del nuovo Oratorio di Opera. Attual-mente dalla nostra Comunità sono raccolti circa

29,700.00 euro C’è ancora tanto bisogno per non avere tanti debiti. Sosteniamoci vicendevol-mente con l’aiuto di tutti pos-siamo farcela.

L’Oratorio cresce,

Fondazioni e

Coperture Nuove

Lavori per il rifacimento della Copertura.

Pannelli per l’isolamento in sostituzione

del vespaio

Completamento pavimentazione

Particolare della Copertura con

barriere di sicurez-za salva vita per il

cantiere.

New Oratorio

D opo i ruggiti degli ultimi mesi, in questi giorni il cantie-re tace. È solo un breve tempo di attesa, tra poco arrive-ranno i pannelli solari e soprattutto le facciate che da-

ranno forma e colore al nuovo oratorio. La struttura è pronta ad accogliere i nuovi spazi; per usare una categoria aristotelica, tutto già esiste in potenza. Don Olinto già lo vede e, percorrendo il cantiere, ne descrive i corridoi, il salone, i bagni, il bar, che sembra proprio di vederli. Quando sarà davvero pronto, don? A giugno, i lavori stanno procedendo bene e velocemente. È un progetto che la comunità attende da molto tempo, era già dise-gnato e pronto da almeno otto anni e prima ancora c’erano stati almeno altri due progetti; dunque è davvero, come lo ha definito l’arcivescovo, un “formidabile evento”. Anche questa attesa però è stata utile, perché nel frattempo è diventato il progetto di tutti, al quale hanno partecipato giovani, famiglie, professionisti e tanti tecnici locali. È un’occasione irripetibile per risvegliare l’attenzione di tutti, ora sta a noi farla diventare davvero il luogo di una comunità educante. Quali sono i criteri guida seguiti nel progetto? Innanzitutto avevamo bisogno di portare un po’ di bello. Di aprire il cortile, creare nuovi spazi più efficienti e utili alle atti-vità perché la nostra è una storia che si rinnova. La “Palazzina della giovane” che è stata demolita, per esempio, era obsoleta da tanti punti di vista, non a norma e poco sfruttata, la manutenzio-ne era costosa e la ristrutturazione lo sarebbe stata ancora di più. Le nuove costruzioni seguiranno invece principi di ecosostenibi-lità: avremo il fotovoltaico e le cucina a induzione, tanto per fare due esempi. Con gli interventi di consolidamento che sono stati effettuati, inoltre, l’oratorio diventa “struttura sensibile”, ovvero un possibile rifugio per tutto il paese in caso di calamità o terre-moti.

All’interno come sarà organizzato? La curia ci ha chiesto di seguire un principio di polivalenza, dunque nessuna stanza (preferisco non chiamarle aule) servirà soltanto a una funzione. Avremo un salone grande, con palco e cabina regia, una cucina industriale, un bar, una possibile cap-pelletta, una segreteria e per il resto, appunto, spazi flessibili, stanze comunicanti, polifunzionali. Altro elemento di grande importanza sono i colori, che dovranno arredare, dare vivacità ma anche portare un significato. Stiamo decidendo la palette delle tinte primarie per gli interni e ci piacerebbe che ognuno identificasse una diversa declinazione dell’“avere cura”: aver cura di sé, degli altri, di Dio, dell’ambiente, in modo da comuni-

care una concezione olistica della nostra fede, che metta insieme spiritualità ed evangelo. L’oratorio è, per vocazione, il luogo dei giovani. Sarà capace il nuovo spazio di attirarli? Più che gli spazi, conterà la proposta. Nel nuovo oratorio ci deve

essere un’attenzione educativa, un’attenzione culturale e un’at-tenzione aggregativa, dev’essere capace cioè di trasmettere l’i-dea che la vita comunitaria è importante e che dobbiamo essere tutti capaci di crescere nella relazione. È una “challenge” diffici-le, tanto più in questo momento e con i giovani, ma sappiamo che, nella storia di Opera, l’oratorio è sempre stato un luogo fondamentale di crescita in paese e può essere ancora così, deve esserlo. Nonostante le attività siano al momento un po’ sospese, abbiamo ancora circa 400 ragazzi che sono legati alla parrocchia e che ci seguono, è un bel patrimonio di talenti e passioni da coinvolgere e sul quale costruire il futuro. Il consiglio pastorale sta lavorando al progetto fondativo, c’è un team che si occuperà della proposta per i giovani, ci sarà un progetto anche per i geni-tori e per gli adulti. Quali sono stati i passaggi fondamentali per arrivare final-mente all’avvio dei lavori e qual è l’attuale bilancio del cantie-re? L’aspetto determinante è stata la possibilità di accedere al bonus facciate e al sismabonus, che ci hanno garantito un aiuto sostan-ziale sull’importo complessivo dei lavori. Dal Superbonus del 110% siamo invece esclusi in quanto parrocchia. Per il 2020 abbiamo ricevuto inoltre dal Comune il contributo della legge regionale del 8 per mille sugli oneri di urbanizzazione seconda-ria. Prima di questi passaggi c’era stata la vendita delle tenso-strutture, ma anche il lascito di un’importante eredità e le dona-zioni delle Fondazioni Cariplo, Lambriana e Vismara. Tutto questo ha consentito al progetto di iniziare, ora tocca alla comu-nità integrare il proprio contributo e finora devo dire che c’è stata grande generosità: in 4 mesi abbiamo raccolto 29 mila e settecento euro, e senza tralasciare nessuna delle forme di carità che abbiamo attivato e che restano necessarie. A questo proposi-to mi piace chiudere con una frase di Antoni Gaudì, tratta dal volume Idee per l’architettura: “Non voglio un biglietto della lotteria per la Sagrada Famìlia. Datemi l’importo del biglietto, visto che la chiesa non deve essere fatta con il denaro guadagna-to in modo disonesto, né con quello ottenuto senza uno sforzo onesto, né versato senza spirito di sacrificio, perché la chiesa è espiatoria”.

Il Luogo di una

Comunità Educante di Emanuele Elli - 17 marzo 2021

vista frontale con porticato

Liturgia

C arissimi fratelli e sorelle, la speranza che sino a poco tempo fa’ ci faceva quasi sospirare che “…finalmente avremmo potuto partecipa-

re tutti insieme alle celebrazioni della Settimana Santa”, pur-troppo è ancora rimandata dalla realtà, che ci chiede ancora mol-ti sacrifici, di tenere distanze e offrire tutte le prudenze. Il Signore ci chiede, però, di cogliere in questo tempo di soffe-renza e di sosta forzata, l’occasione per stringerci insieme più fortemente e veramente a Lui, che è la nostra certa speranza per questa vita e per la Vita Eterna! Abbiamo in questo tempo un’opportunità, sempre feconda di Grazia, un tratto di cammino nel deserto…ma sospinti sempre dallo Spirito Santo insieme al Signore Gesù. È anche un tempo per conoscere meglio i Segni che caratterizza-no la nostra fede, il nostro rapporto incarnato con il Signore Gesù e che la Chiesa ci consegna. C’è un segno, tra i tanti del Tempo di Pasqua, veramente importante ed evocativo, sul qua-le ci vogliamo soffermare un poco: Il segno dell’Ulivo! Partiamo da un dato scientifico interessante! Catherine Marie Breton, ricercatrice della facoltà di Scienze dell’evoluzione dell’u-niversità di Montpellier, ha ana-lizzato le differenze genetiche tra olivi selvatici e coltivati, per trac-ciare l’origine del moderno olivo europeo, l’Olea europea. Secon-do la studiosa, la nascita degli attuali olivi sarebbe più comples-sa di quanto si pensi, deriverebbe infatti dall’incrocio di undici differenti varietà, provenienti tanto all'est quanto dall'ovest del Mediterraneo. Una serie di in-croci che ci invita a riflettere anche sull’incessante e fecondo incrocio di etnie diverse, che ha condotto lungo i secoli il comporsi dell’attuale Unione Europea. Nessun’altra pianta, ad eccezione del grano, ha avuto nella sto-ria dell’uomo la stessa importanza dell’olivo, in grado di incide-re nell’alimentazione, nella cultura e nella religione e di contri-buire alla nascita della moderna civiltà mediterranea. Le incon-fondibili fronde nodose e ricurve degli olivi hanno modellato il paesaggio del Mediterraneo e i loro frutti hanno offerto sostenta-mento a numerose civiltà, dal Medio Oriente alla Grecia, dall’I-talia alla Spagna. “Due sono i liquidi particolarmente graditi al corpo umano: dentro il vino, fuori l’olio”, scriveva Plinio il Vecchio nel suo celebre trattato Storia naturale. L’Ulivo è pre-sente nella simbologia dell’arte e della letteratura, fin dalla prei-storia nei miti, e lungo i secoli è divenuto emblema di pace, fe-de, forza, trionfo, vittoria, onore. Omero nei suoi poemi citò l’olivo: simbolo di pace e di vita. Era d’Ulivo il gigantesco tron-co per mezzo del quale Polifemo venne accecato da Ulisse e dai suoi compagni. Nell’antica Grecia era considerato una pianta sacra al punto che chiunque fosse sorpreso a danneggiarlo veni-va punito con l’esilio. Alle stesse Olimpiadi ai vincitori veniva-no offerti una corona di ulivo ed un’ampolla d’olio. Gli antichi Romani, invece, intrecciavano ramoscelli di ulivo per farne corone con le quali premiare i cittadini più valorosi e meritevoli. La tradizione leggendaria vuole che i gemelli “divini” Romolo e Remo siano nati sotto un albero d’olivo.

Ma la nostra fede cristiana cosa ci dice di quest’albero? O meglio perché quest’albero è così importante per la nostra fede? Sono ben settanta le citazioni che se ne fanno nella Sa-cra Scrittura, dai primi capitoli della Genesi ai Salmi, dai Pro-feti sino ai Vangeli anche in altri scritti del Nuovo Testamento. In Genesi capitolo ottavo, il ritorno all’Arca della colomba libe-rata da Noè “…con una tenera foglia d’ulivo nel becco...”, fece assumere ad esso un duplice significato: diventò il simbolo della rigenerazione, perché, dopo la distruzione operata dal diluvio, la terra tornava a fiorire; e venne anche interpretato come simbolo di pace, perché attestava la fine del castigo e la riconciliazione di Dio con gli uomini. Entrambi i significati sono celebrati nella Domenica delle Palme, che dà inizio alla Settimana Santa, fondamento della Fede Cristiana. Gesù viene accolto dalla folla festante a Gerusalemme con rami di ulivo (Mt 21,9) e di palma (Gv 12,13), e prima di morire «se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi» per pregare (cfr. Lc 22, 39-42). La sua pre-ghiera profonda avviene nell’orto del Getsèmani, termine che

significa “frantoio dell'olio”: «Gesù andò con loro in un pode-re, chiamato Getsèmani» (cfr. Mt 26,36; Mc 14,32). Nel Getsèmani e lungo tutta la Sua dolorosissima Passione, sino alla morte di Cro-ce, Gesù sarà torchiato e spremu-to come le olive. Gesù, secondo la lettura allegorico-teologica dei Padri della Chiesa, è l'olivo ver-deggiante, dal quale per il dono totale della Sua vita, - il Suo Cor-po confitto all’albero della Croce - sgorga come olio stillante la Pace, la Riconciliazione, la Risur-rezione. Lo stesso aggettivo Christòs, significa Unto cioè Consacrato (con un compito spe-cifico assegnato da Dio).

L’unzione con olio fluente, che nell’Antico Testamento desi-gnava la scelta da parte di Dio all’interno del popolo d’Israele di un re, un sacerdote o un profeta, in Gesù Cristo diventa, per l’ef-fusione dello Spirito Santo, la manifestazione di Colui che è per sempre l’Unico Re-Sacerdote-Profeta, in una sola persona. D'o-lio d'Oliva sono composti i Sacri Olii per la celebrazione dei Sacramenti, con cui gli uomini e le donne che scelgono di essere di Cristo – cristiani – divengono progressivamente una sola cosa con Lui che è l’Unto! L’Olio dei Catecumeni (usato nel Battesi-mo), il Crisma, (usato nel Battesimo, nella Cresima o Conferma-zione, nell’Ordinazione dei sacerdoti), l’Olio degli Infermi (usato per l’Unzione dei malati). Spero che anche queste brevi riflessioni ci aiutino a comprendere meglio il simbolismo del rametto di Ulivo benedetto che riceveremo nella Domenica delle Palme: la Pace e la Risurrezione portate da Gesù, e poi-ché noi siamo uniti in Lui, ancora oggi e ogni giorno, anche mediante questo segno ci impegniamo portare la Sua Pace e la Sua Risurrezione a tutti i fratelli e le sorelle! Carissimi fratelli e sorelle, anche se non potremo fisicamente partecipare tutti alle celebrazioni, siamo e saremo sempre tutti uniti in Gesù Cristo nostro Signore, nostra Guarigione, Salvezza, Pace e Risurrezio-ne!

Perciò una Santa Pasqua a tutti!!! Don Stefano

SETTIMANA SANTA UNITI IN CRISTO GESÙ:

COME OLIO CHE STILLA GUARIGIONE E SALVEZZA,

COME FRONDE CHE PROPAGANO RISURREZIONE E PACE!

Per vivere insieme la Santa Pasqua

SETTIMANA AUTENTICA (SANTA) DOMENICA DELLE PALME 28 MARZO - Santa Messa con gli Ulivi

Opera, santi Pietro e Paolo S. Messa ore 8 - 9 - 10.30 - 18

Noverasco, San Benedetto S. Messa ore 11

Abbazia Mirasole S. Messa ore 10

Santuario Madonna dell’Aiuto S. Messa ore 11.30

LUNEDÌ SANTO 29 MARZO Opera, Santi Pietro e Paolo S. Messa ore 17

Confessioni ore 17.30 - 19

Noverasco, San Benedetto

Confessioni Comunitarie ore 20

MARTEDÌ SANTO 30 MARZO Opera, Santi Pietro e Paolo S. Messa ore 17

Confessioni ore 17.30 - 19

Noverasco, San Benedetto S. Messa ore 18

Confessioni ore 18,30 -. 19

MERCOLEDÌ SANTO 31 MARZO Opera, Santi Pietro e Paolo S. Messa ore 17

Confessioni ore 17.30 - 19

TRIDUO PASQUALE

GIOVEDÌ SANTO 1 APRILE Opera, S.S. Pietro e Paolo - Memoria della Cena (IC3-ragazzi) ore 11

Opera, S.S. Pietro e Paolo (IC4-ragazzi-anziani) ore 16

Confessioni ore 17 - 19

Opera, Santi Pietro e Paolo Messa in Cena Domini ore 20

Adorazione fino ore 21.45

VENERDÌ SANTO 2 APRILE Santuario Madonna dell’Aiuto Via Crucis (IC3-ragazzi) ore 11

Opera, S.S. Pietro e Paolo Via Crucis (IC4-ragazzi-anziani) ore 11

Opera, S.S. Pietro e Paolo Celebrazione Morte del Signore ore 14.45

Opera/Noverasco Cammino della Croce ore 20

Digiuno - Confessioni: ore 9 -11, 17-19 - Adorazione: ore 21.45

SABATO SANTO 03 APRILE Confessioni: Noverasco, ore 9 - 10 - Opera, ore 10 - 12; 15 - 19

VEGLIA PASQUALE Opera/Noverasco h 20

DOMENICA 4 APRILE S. MESSA PASQUA DI RISURREZIONE Opera, Santi Pietro e Paolo S. Messa ore 9 - 10.30 - 18

Noverasco, San Benedetto S. Messa ore 11

Abbazia Mirasole S. Messa ore 10

Santuario Madonna dell’Aiuto S. Messa ore 11.30

Anni azzurri S. Messa ore 16.30

Lunedì 5 Aprile Lunedì dell’Angelo S. Messa con Battesimi ore 10

CELEBRAZIONE della PASQUA 2021

Per tutta la Settimana Santa LODI ore 7,30 - VESPERO ore 19

(Sap 3,1-9; Apc 21,1-7; Mt 25, 31-46) Infine, solo, alla presenza del Signore 1. Alla presenza del Signore. Viene poi il momento in cui ciascuno sta solo, alla presenza del Signore. Finiscono i clamori, tacciono le parole, la gente raduna-ta si disperde e ciascuno sta, solo, alla presenza del Signore. Sono dimenticate le imprese, risultano insignificanti gli onori, i titoli, i riconoscimenti e ciascuno sta, solo, alla presenza del Signore. Perde interesse la cronaca, le parole buone e le parole amare, la retorica e le celebrazioni e ciascuno sta, solo, alla pre-senza del Signore. 2. Che cosa mi dirà il Signore? Che cosa dirò al Signore? La pagina del Vangelo descrive quello che mi potrà dire il Si-gnore, quello che io potrò dire al Signore, quando, come tutti, starò, starò solo alla presenza del Signore. Il Signore dirà: “Da dove vieni, Luca, fratello?”. E Luca risponderà: “Vengo da una terra in cui la vita non conta niente; vengo da una terra dove si muore e non importa a nes-suno, dove si uccide e non importa a nessuno, dove si fa il bene e non importa a nessuno. Vengo da una terra in cui la vita di un uomo non conta niente e si può far soffrire senza motivo e senza chiedere scusa!”. Il Signore dirà: “Non dire così, Luca, fratello mio. Io scrivo sul libro della vita il tuo nome come il nome di un fratello che amo, di un fratello che mi è caro, che desidero in-contrare per condividere la vita e la gioia di Dio! non dire così fratello. Io ti benedico per ogni bicchiere d’acqua, per ogni pane condiviso, per ospitalità che hai offerto. Vieni benedetto del Padre mio e ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla creazione del mondo”. Il Signore dirà: “Perché ti volgi indietro, Luca, fratello mio?”. E Luca risponderà: “Mi volgo indietro perché considero quello che resta da fare, considero l’incompiuto che attende il compi-mento, le promesse che avrei dovuto onorare, la missione che avrei dovuto compiere. Ecco: troppo breve la vita. Ecco, troppe attese sospese! Perciò mi volgo indietro!”. E il Signore dirà: “Non volgerti indietro, Luca, fratello mio. Troppo breve è stata la tua vita, come troppo breve è stata la mia vita. Eppure dall’al-to della croce si può gridare: “È compiuto!”, come nel momento estremo si può offrire il dono più prezioso, senza che il tempo lo consumi. Perciò non volgerti indietro, Luca, fratello mio; entra nella vita di Dio: tu sarai giovane per sempre!” E il Signore dirà ancora: “Perché sei ferito, Luca, fratello mio?”. E Luca risponderà: “Sono ferito perché così gli uomini trattano coloro che li amano e coloro che li servono: mi rendono male per bene e odio in cambio di amore (Sal 108,5). Sono ferito per-ché ci sono paesi dove la speranza è proibita, dove l’impresa di aggiustare il mondo è dichiarata fallita, dove la gente che conta continua a combinare i suoi affari e la gente che non conta conti-nua a ferire e ad essere ferita. Ecco perché sono ferito, perché ecco come sono i malvagi: sempre al sicuro, ammassano ric-chezze (Sal 73,12) e contro il giusto tramano insidie (cfr Sal 37,12) e non c’è chi faccia giustizia!”. E il Signore dirà: “Non dire così, Luca, fratello mio. Guarda le mie ferite, le ho ricevute dai miei fratelli; e guarda il mio cuore: dal mio fianco esce sangue e acqua; se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore porta molto frutto (Gv 12,24). Ho seminato nella storia un seme di amore che produce frutti di amore, e chi rimane nell’amore rimane in

me e io in lui. La gente che conta e ammassa ricchezze è desti-nata a morire e per loro sarà pronunciato il giudizio: via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli (Mt 25,41). Ma i miti erediteranno la terra, i giusti sono benedetti e benedetta la loro discendenza”. E il Signore dirà ancora: “Perché piangi, Luca, fratello mio?”. E Luca risponderà: “Piango perché piangono le persone che amo; piango perché restano giovani vite che hanno bisogno di abbracci e di baci, di coccole e di parole vere e forti e non sarò

là per asciugare le loro lacrime e condividere le loro gioie; pian-go perché dopo il clamore scenderà il silenzio, dopo la notorietà arriverà l’oblio: chi si prenderà cura delle giovani vite che io non vedrò camminare nella vita”. E il Signore dirà: “Non dire così, Luca, fratello mio. Io manderò lo Spirito Consolatore, Spi-rito di sapienza e di fortezza, Spirito di verità e di amore e si stringeranno in vincoli d’affetto invincibile coloro che ti sono cari e nessuno sarà abbandonato e io stesso tergerò ogni lacrima dai loro occhi, e i vincoli di sangue, i vincoli di affetto, i vincoli di amicizia saranno più intensi e più veri, più liberi e più lieti. La tua partenza non diventerà una assenza, la tua presenza nella gioia del Padre non sarà una distanza. Non piangere più, Luca, fratello mio!”.

«Luca Attanasio, un raggio di sole

con uno sguardo di stima e fiducia» Omelia Funerale dr Luca Attanasio, Limbiate, 27 febbraio 2021

Testimoni

Come ambasciatore d’Italia nella repubblica del Congo, ha servito instancabilmente la causa della pace e della giustizia. In queste tragiche ore abbiamo anche appreso che, da gio-vane, Luca era venuto più volte a Taizé per partecipare ai nostri incontri internazionali. Abbiamo anche sentito che ave-va partecipato attivamente, nella sua parrocchia di Limbiate, all'incontro europeo di Taizé a Milano. Desidero quindi assicurarle la nostra profonda comunione, nella riconoscenza per la sua vita donata. Il Signore ora lo accoglie nella vita eterna. Con lei, prego: Spirito Santo, Spiri-to consolatore, tu vieni a illuminare le nostre vite e consolare i cuori che sono nel dolore. Ti affidiamo Luca Attanasio, Vit-torio Iacovacci, Mustapha Milambo, deceduti tragicamente e preghiamo per la pace nella Repubblica Democratica del Congo. Luce nell'oscurità, tu ci riempi di speranza e noi osia-mo dirlo con la nostra vita: “Cristo è risorto!”. Rimaniamo in profonda comunione con lei e la Chiesa di Mi-lano.

Fraternamente. Frère Alois Comunità di Taizé

C arissimi amici, uno degli eventi più importanti del

2020 è stato certamente l’esplosione al porto di

Beirut in agosto, evento colossale e quasi apocalitti-

co che ha scosso tutto il Medio Oriente e ha impres-

sionato il mondo. Si è letto che si è trattata dell’esplosione più

grande della storia dopo quelle dell’atomica in Giappone. Noi

qui, pur essendo vicine al confine col Libano, non abbiamo per-

cepito nulla, ma ci hanno detto che in quasi tutto il Libano si

sentito il fragore e anche la terra tremare. Pur nella tragedia del-

la distruzione si può davvero credere che la Vergine di Harissa,

Regina del Libano, e san Charbel, dalla montagna che sta a ri-

dosso della città e guarda il mare, hanno protetto Beirut, perché

se il mare non avesse assorbito il 50% della potenza dell’urto,

tutta Beirut sarebbe stata rasa al suolo.

Difficile per tutti immedesimarsi con lo stato di miseria e morte

che la “bomba” ha lasciato dietro di sé. E che desiderio grande

di poter offrire un contributo, un aiuto! Commuoventi le imma-

gini degli sciami di giovani che si sono riversati nella zona de-

vastata per scavare e ripulire con le loro mani, provenienti da

tutto il Libano e oltre.

E noi? Cosa possiamo fare? Questa è la domanda che emerge

sempre di fronte all’incredibile susseguirsi delle difficoltà in cui

versano questi popoli. La risposta affiora nel cuore, nella notte,

di fronte al nostro Tabernacolo, davanti al quale ci è sempre

dolcissimo sostare in preghiera per portare al Signore il dolore

dei fratelli nel mondo. Sembra niente, come il seme. È niente.

Eppure è la nostra parte, è il nostro tutto, che il Signore può ac-

cogliere e moltiplicare come vuole. La povertà (dovuta alla sva-

lutazione e alle sanzioni) e la paura per la diffusione del conta-

gio da Covid 19, già assillavano sia la Siria che il Libano in que-

sti ultimi mesi, e non era immaginabile pensare che le disgrazie

non fossero ancora finite. Come faranno questi Paesi a rialzarsi

ora? Come faranno soprattutto se viene meno la speranza?

SPERANZA è la parola che ricorre più spesso nelle nostre pre-

ghiere. Un bene di prima necessità da queste parti, dove si sente

dire “É meglio andarsene!”. Qui in Siria, come anche in Libano,

dove addirittura i governanti, prima di dimettersi, consigliavano

alla popolazione la fuga. Come se non bastasse si viene addirit-

tura a sapere che tra le case distrutte di Beirut giravano ricconi

che offrono soldi alla gente che ha perso tutto, per acquistare le

case distrutte.

Con niente le comprano, con gli aiuti le ricostruiscono e avranno

così fatto un affare d’oro mentre i proprietari fuggono dalla loro

terra verso l’ignoto. Sì, non si finisce mai di meravigliarsi di

come ci sia tanta gente che approfitta delle disgrazie altrui, ac-

canto invece a chi sa vivere una solidarietà che supera l’inventi-

va umana. Quale sarà la possibilità di ripresa del Libano? Quali

forze esterne influiranno sulla sua economia, sul suo governo?

Non è facile rispondere a queste domande nemmeno ora che

sono passati molti mesi e ancora non sembra si sia raggiunta una

stabilità di governo. Non saremo certo noi dalla Siria a poter

rispondere dato che nemmeno noi sappiamo come si risolleverà

il nostro Paese, martoriato su tutti i fronti.

Ora c’è soprattutto da capire come usciremo dal contagio virale

che si sta diffondendo assai rapidamente e come la gente affron-

terà l’inverno, con scarsità di gasolio oltre che di corrente elet-

trica. Nell’autunno c'erano stati anche centinaia di focolai di

incendi, in tutta la zona fertile della Siria, la fascia che costeggia

il Mediterraneo, che hanno portato via grano, olivi e agrumi, le

fonti di sostentamento della popolazione. Possiamo comunque

con speranza concludere raccontando un avvenimento significa-

tivo che ha segnato la vita delle Chiese di Siria: il giorno della

solennità dell’Assunzione di Maria Vergine al cielo, assai cara

alle Chiese d’Oriente, su iniziativa del Vescovo Maronita di

Aleppo e col coinvolgimento dei Vescovi delle altre Chiese e

dei loro fedeli, si è svolto un momento importante di preghiera

comune e pubblica per implorare dalla Madonna l’aiuto nella

pandemia. Celebrazione della Santa Messa e poi processione per

le vie della città, nei quartieri più distrutti di Aleppo, con il San-

tissimo e l’Icona della Vergine. La cosa bella è che anche i fra-

telli musulmani hanno accettato di partecipare ed era presente il

Mufti di Aleppo. Che Dio benedica e conservi la disposizione

del cuore dei cristiani e del nostro popolo verso la pace e la con-

vivenza pacifica.

Un carissimo saluto,

dal Monastero Nostra Signora Fonte della Pace – Azer- Siria

Lettera dalla Comunità

delle Trappiste della Siria 8 Febbraio 2021

Testimoni

La Comunità con il loro Vescovo Mons. Abou Khazen Vicario Apostolico dei latini

Anno "Famiglia Amoris Laetitia" dal 19 marzo 2021 - 26 giugno 2022

«L’annuncio cristiano che riguarda

la famiglia è davvero una buona notizia» Amoris Laetitia, 1

Il 19 marzo 2021, la Chiesa celebra 5 anni dalla pubblicazio-ne dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia sulla bellezza e la gioia dell’amore familiare. In questo stesso giorno Papa Fran-cesco inaugura l’Anno “Famiglia Amoris Laetitia”, che si con-cluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro Mondiale delle Famiglie a Roma con il Santo Padre.

U n anno di riflessione sull’Amoris laetitia. È quello an-nunciato da papa Francesco durante il periodo natalizio, in occasione del quinto anniversario di promulgazione

dell’Esortazione apostolica che ricorrerà il 19 marzo. Sarà un’opportunità per approfondire i contenuti del documento, ha precisato il Santo Padre, che si concluderà il 26 giugno 2022, in

occasione del Xº Incontro mondiale delle famiglie a Roma: «Queste riflessioni saranno messe a disposizione delle comunità ecclesiali e delle famiglie, per accompagnarle nel loro cammino. Fin d’ora invito tutti ad aderire alle iniziative che verranno pro-mosse nel corso dell’anno e che saranno coordinate dal Dicaste-ro per i Laici, la Famiglia e la Vita». «L’esperienza della pande-mia ha messo maggiormente in luce il ruolo centrale della fami-glia come Chiesa domestica - si legge nel comunicato del Dica-stero per i Laici, la Famiglia e la Vita - e ha evidenziato l’impor-tanza dei legami tra famiglie, che rendono la Chiesa una “famiglia di famiglie” (AL 87)». Attraverso le iniziative spirituali, pastorali e culturali program-mate nell’Anno papa Francesco intende rivolgersi a tutte le co-munità ecclesiali nel mondo esortando ogni persona a essere testimone dell’amore familiare. Nelle parrocchie, nelle diocesi, nelle università, nell’ambito dei movimenti ecclesiali e delle associazioni familiari saranno diffusi strumenti di spiritualità familiare, di formazione e azione pastorale sulla preparazione al matrimonio, l’educazione all’affettività dei giovani, sulla santità degli sposi e delle famiglie che vivono la grazia del sacramento nella loro vita quotidiana. Verranno inoltre organizzati simposi accademici internazionali per approfondire i contenuti e le im-plicazioni dell’Esortazione apostolica in relazione a tematiche di grande attualità che interessano le famiglie di tutto il mondo. In vista dell’apertura del 19 marzo, il Dicastero ha predisposto una brochure informativa da condividere con le diocesi, le parroc-chie e le singole famiglie, scaricabile dal sito

www.amorislaetitia.va

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N el nostro Paese, da quando ha avuto inizio la pandemia da Co-vid-19, ci sono stati molti “effetti

collaterali”. Uno di questi è stato l’au-mento dell’aggressività nei giovani ed un acuirsi dei disturbi psicosomatici: «Questi sono fra i primi disturbi degli adolescenti, ma anche nei preadolescenti durante la pandemia - commenta la dottoressa Chia-ra Pala, terapista neuroriabilitativa dell’e-quipe della cooperativa sociale l’Arcoba-leno che opera all’interno del reparto di neuropsichiatria dell’ospedale Manzoni di Lecco da quasi dieci anni -. Con il loc-kdown e le sue successive fasi la famiglia ha rivestito tre ruoli: è stata al tempo stes-

so luogo di lavoro, di studio ma anche di isolamento e le conseguenze che oggi ravvisiamo, dati alla mano, su bambini ed adolescenti sono allarmanti». Con la pandemia è aumentato il disagio giovanile. Secondo lo studio della Società italiana delle cure primarie pediatriche, effettuato su duemila pediatri, l’80% dei medici segnala un aumento di comportamenti problematici e quasi la totalità (98%) lo segnala sui bambini. In questo contesto sanitario e sociale molto delicato soprat-tutto per i bambini, «neuropsichiatria è, risaputo, è una parola che fa paura, spa-venta i genitori e ovviamente anche i ra-gazzi, giovani e giovanissimi». Ma la paura è frutto di uno stigma culturale. «Da noi - continua la dottoressa Pala - la presa in carico avviene attraverso un team multidisciplinare, composto da medici psichiatri, ma anche terapisti come nel mio caso che hanno il compito non solo della diagnosi da dell’adattamento della terapia di cura adattata ad ogni caso di singolo, mediando anche con la fami-glia». Questo anno di pandemia ha messo alla prova tutti, a maggior ragione i ragazzi, penso agli adolescenti e ai preadolescenti

che si stavano costruendo un’identità e un ruolo nel mondo: «quel mondo non è stato spazzato via, ma è cambiato radical-mente da un giorno con l’altro. Da un anno è mutata la loro quotidianità e que-sto ha portato a far crescere il numero dei disturbi che toccano bambini e adolescen-ti: ansia e panico soprattutto». I ragazzi non possono essere solo “effetti collaterali”. La pandemia Covid-19 ha infatti ridotto le attività dei Servizi di Salute mentale nel nostro Paese per cui il 20% dei Centri ambulatoriali è rimasto chiuso e il 25% ha ridotto gli orari di accesso, secondo uno studio della Società Italiana di Psichiatria (SIP). Tutte le attività hanno avuto una significativa diminuzione, come i consulti psichiatrici ospedalieri (-30%), le psicoterapie individuali (-60%), le psicoterapie di gruppo e gli interventi psicosociali (-90/95%). «Separati dai compagni e senza la scuola in presenza a fare da ammortizzatore di stress, disagi e disturbo mentale, con la costruzione di relazioni positive in un contesto con una valenza educativa, i ragazzi spesso hanno trascorso le ore a chattare, giocare ai videogames ma anche solo a fissare il soffitto. Abbiamo visto che sono aumentati i problemi di sonno, ansia, irritabilità, che in alcuni casi è sfo-ciata in aggressività verso i genitori e se stessi», continua Chiara Pala. Finita l’e-mergenza, ci vorrà del tempo prima che i ragazzi si riabituino alle interazioni uma-ne e soprattutto a farli uscire di casa. Non è finita qui: «Alla collera e all’aggressivi-tà verbale, nel caso dei più grandi, si as-

sociano anche le prime forme di ansia, tristezza e bassa autostima, mentre fra i disturbi psicosomatici i più diffusi sono il mal di testa ed il mal di pancia», continua la dottoressa Pala che all’ospedale di Lec-co assiste a casi del genere ogni giorno da un anno a questa parte. A risentirne non è solo l’umore, ma anche una serie di azio-

ni: «le lezioni scolastiche online compor-tano difficoltà di concentrazione ed atten-zione, nonché un generale rifiuto di fare i compiti anche in ragazzi che fino a que-sto periodo non avevano dato segnali di insofferenza verso l’attività didattica. Questi sono tutti segnali tangibili di di-sturbi da stress post traumatico relativi al comportamento». Quando il dialogo tra Terzo settore e sanità pubblica funziona. La pandemia ha poi agito su situazioni delicate che l’età dello sviluppo e l’adole-scenza prevedono e che già venivano prese in carico dai servizi prima dell’av-vento del virus. «Malgrado tutto tutto ciò,

che va detto e ridetto, la pandemia ha aiutato chi fa il nostro lavoro in neuropsi-chiatria a scardinare paure e miti, radicati ancor più nei genitori che nei ragazzi: la pandemia ha dato a tutti il tempo per guardarsi dentro, confrontarsi con le pro-prie paure e fragilità, soprattutto quello che hanno a che fare con la mente. Que-sto ha permesso un’emersione di richiesta d’aiuto». Bisogna considerare però anche l’onda lunga di questi disagi o disturbi nei ragazzi, e il fatto che li accompagnerà anche finita l’emergenza, per cui è impor-tante agire, investendo sulla salute menta-le, sebbene manchino strutture psichiatri-che ad hoc, acuendo le difficoltà delle stesse famiglie che hanno un problema e non sanno dove andare. «La nostra espe-rienza permette di intrecciare le compe-tenze di cura del terzo settore, la sua at-tenzione dalla persona e alle sue fragilità, con le competenze mediche e sanitarie all’interno dell’ospedale. Unire le forze ci permette di integrare le terapie più effica-ci con la cura migliore: ovvero, la preven-zione e l’affiancamento - appena si mani-festano sintomi di disturbo - dei ragazzi», conclude Chiara Pala. Giovani che hanno bisogno più che mai oggi di essere ascol-tati e non lasciati soli.

Come il Covid sta Cambiando la Testa

di Bambini e Adolescenti Uno dei molti “effetti collaterali” dovuti al virus è stato l’aumento dell’aggressività nei giovani ed un acuirsi dei disturbi psicosomatici.

Dialogo con Chiara Pala, terapista neuroriabilitativa dell’equipe della cooperativa sociale l’Arcobaleno che opera all’interno del reparto di neuropsichiatria dell’ospedale Manzoni di Lecco da quasi dieci anni

VITA di Luca Cereda, 8 marzo 2021

Covid: effetti collaterali

Appuntamenti culturali

Dante in Duomo,

maratona di letture Cento canti in cento giorni e una mostra nella Biblioteca Ambro-

siana con incunaboli e lo stemma della famiglia di Stefania Consenti

N on poteva, Milano, non omaggiare Dante Alighieri in occasione delle celebrazioni per i 700 anni dalla sua scomparsa. E infatti lo farà con una singolare

«maratona», “Dante in Duomo”, dal 7 aprile al 15 luglio, in Cattedrale, nei pressi dell’Altare maggiore: “100 Canti in 100 Giorni”, lettura integrale della Divina Commedia. Sotto la dire-zione artistica di Massimiliano Finaz-zer Flory, con la collaborazione dei musicisti del Teatro alla Scala e degli allievi del Piccolo Teatro di Milano, ogni giorno andrà dunque in scena la lettura (con personaggi noti che sono da definire) di un Canto dantesco. E non solo. In parallelo nello stesso giorno verrà inaugurata una mostra in Ambrosiana sui «tesori» che la Biblioteca custodisce a «tema» dantesco, dagli incunabili con i commenti sulla Divina Commedia al primo libro tascabile in assoluto, in "ottavo piccolo", carattere corsivo - datato 1502, una vera chicca - di Aldo Manuzio curato da Pietro Bembo. Le famose "Aldine". Non solo, annuncia monsi-gnor Marco Ballarini, prefetto della Biblioteca Ambrosiana, «esporremo anche lo stemma della Famiglia Alighieri tratto da libro di Pompeo Litta, Famiglie celebri italiane». Il progetto, comunque, è stato voluto dall’Arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo, con la collaborazione della Veneranda Fabbrica e della Biblioteca Ambrosiana. «Sì, Dante in Duomo! Non per protagonismo, ma perché già i nostri padri della Veneranda Fabbrica, ne11418, organizzarono una Lectura Dantis per raccogliere fondi destinati alla costru-zione della nascente Cattedrale. Oggi, grazie a Massimiliano Finazzer Flory, proponiamo una lettura integrale della Commedia per raccogliere la bellezza della parola di Dante che è viva nella nostra cultura da oltre

sette secoli - ricordiamo infatti il settimo centenario della sua morte! -, tanto quanto il Duomo vive in essa da 634 anni», sot-tolinea con fervore Borgonovo. L'ingresso all'iniziativa sarà libero, con obbligo di prenotazione. All’Ambrosiana, poi, per chi volesse approfondire, ci sono tanti spunti su Dante: ad esempio nel bellissimo cortile degli «Spiriti magni» si può am-mirare la statua di Dante. E in esposizione ci sarà anche «un manoscritto delle Chiose ambrosiane con miniature del Trecento, il pezzo più noto della Biblioteca Ambrosiana», conclude Ballarini.

L’ esposizione presenta, per la prima volta al pubblico, un ciclo di 11 affreschi quattrocenteschi, proponen-do la sua ricostruzione originaria. L’iniziativa pre-

senta un ciclo di undici affreschi dedicati alle Storie della Passione, sinora mai esposto al pubblico, con una proposta di ricostruzione dello stesso nonché con un’ipotesi sull’originaria collocazione all’interno della chiesa claustrale. Si tratta di una prima fase di lavoro, sulla quale gli studi sono ancora in corso, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano. A questo si aggiungono altri due affreschi raffiguranti Santa Chiara con le Vergini e la Madonna col Bambino e angeli, sempre dallo stesso complesso monastico. In Lombardia nella seconda metà del XV secolo le chiese dei Minori Osservanti, inizialmente spoglie in adesione al princi-pio della povertà, si arricchi-scono di cicli dedicati alle scene della Passione, gene-ralmente posti nella parte alta del tramezzo, ovvero la struttura verticale che suddi-videva lo spazio interno del luogo di culto fra lato dedi-cato ai fedeli e quello desti-nato ai religiosi. Gli studi hanno evidenziato che, a differenza delle altre chiese francescane Osservanti, gli affreschi, strappati nel 1881, non si trovavano originariamente sul lato esterno del tramezzo verso il popolo, quanto su quello interno, pertanto visibile sola-mente alle monache. Come documentato anche per altri cicli coevi, anche in questo caso lavorarono in contemporanea molti maestri con le rispettive botteghe. Il percorso si completa con le tre chiavi di volta in pietra scolpita, esposte nella sala ipogea del Museo Diocesano, raffiguranti San Francesco, Cristo in pietà e Santa Chiara (in deposito dalla collezione Intesa San-paolo, raccolta UBI Banca) originariamente collocate proprio nella chiesa claustrale del monastero di Santa Chiara. In con-temporanea, nelle sale del Museo sarà allestito un percorso pasquale segnalato da pannelli didattici dedicati alle opere in-centrate sul tema della Passione di Cristo, dalla trecentesca Crocefissione di Anovelo da Imbonate al leonardesco Cristo portacroce del Giampietrino, dalla seicentesca Pietà di Giulio Cesare Procaccini, alla Crocefissione di Hayez e alla Salita al calvario di Gaetano Previati, sino ad arrivare alla Via Crucis di Lucio Fontana. La rassegna sarà accompagnata da una serie di attività didattiche che consentiranno un avvicinamento alle opere e una riflessione sui contenuti attraverso visite guidate, e approfondimenti, sia per gli adulti che per i bambini.

Museo Diocesano Carlo Maria Martini, Milano, p.zza Sant’Eustorgio, 3.

Dal 26 febbraio al 4 luglio 2021 Orari: da martedì a venerdì, dalle 10 alle 18.

La biglietteria chiude alle ore 17.30 Gli orari potranno subire dei cambiamenti in ordine alle future dispo-

sizioni in materia di contenimento della pandemia. Prevendita: www.midaticket.it/eventi/museo-diocesano-di-milano

Informazioni: www.chiostrisanteustorgio.it

Storie della Passione. Gli affreschi del monastero

di Santa Chiara a Milano La rassegna, curata da Alessia Devitini, conservatore del Museo Dio-cesano e Laura Paola Gnaccolini, della Soprintendenza Archeologia,

Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano.

Quando ci auguriamo di celebrare

la Prima Comunione e la Cresima?

PRIMA COMUNIONE 2021

Domenica 9 maggio ore 11,30 gruppo di Arianna

ore 15,00 gruppo di Elena Tamburini

Domenica 16 maggio ore 11,30 gruppo di Daniela

ore 15,00 gruppo di Elena Quinti

Domenica 30 maggio ore 11,30 gruppo di Greta

Potranno partecipare in presenza oltre al bambino/a, altri 7 familiari.

Garantiamo la diretta per gli altri familiari.

SANTA CRESIMA 2021

Sabato 22 maggio ore 11,00 gruppo di Maurizio

ore 14,30 gruppo di Elena e Mariagrazia

ore 16,30 gruppo di Paola

Domenica 23 maggio ore 11,30 gruppo di Francesca

ore 15,00 gruppo di Alice

Potranno partecipare in presenza oltre al bambino/a, altri 7 familiari

Compreso il padrino o la madrina.

Garantiamo la diretta per gli altri familiari.

IC - Iniziazione Cristiana…

Cresime e Comunioni

IC - Iniziazione Cristiana…

Alleluja!!! per tutti i ragazzi della catechesi

SPECIALE PASQUA 2021

28 marzo Domenica delle Palme

4 aprile Domenica Pasqua di Resurrezione IC4 Confessioni Lunedì 22 - Martedì 23 Marzo ore 17,30 - 18,30; Mercoledì 24 Marzo ore 17,00 - 18,00;

Giovedì 25 Marzo ore 18,00 - 19,00

S. Messa Giovedì 1 Aprile ore 16,00 Cena in Memoria del Signore

Via Crucis Venerdì 2 Aprile ore 11,00

IC3

Confessioni Lunedì 29 - Martedì 30 - Mercoledì 31 Marzo ore 17,30 – 18,30 Celebrazione Lavanda dei Piedi Giovedì 1 Aprile ore 11,00 Via Crucis Venerdì 2 Aprile ore 11,00 Santuario Madonna dell’Aiuto

Raccogliamo materiale scolastico per HaitiParrocchia St, Croix de Ka-Philippe

Sabato 10 Aprile Catechesi (ogni catechista comunica al gruppo l’orario e la modalità scelti)

Domenica 18 Aprile ore 15,30 S. Messa per le famiglie di IC (collegamento in streaming)

Sabato 24 Aprile Catechesi Sabato 27 Marzo Catechesi con collegamento online (ogni catechista comunica al gruppo l’orario scelto) Sabato 17 Aprile Catechesi con collegamento online

Domenica 18 Aprile ore 15,30 S. Messa per le famiglie di IC (collegamento in streaming)

Mercoledì 7/14/21 Aprile Catechesi possibilmente in presenza (due gruppi per data) Domenica 18 Aprile ore 15,30 S. Messa e Rito di consegna del Padre Nostro Mercoledì 28 Aprile Catechesi con collegamento online Domenica 25 Aprile Catechesi

con collegamento online (ogni catechista comunica al gruppo l’orario scelto)

IC4 ragazzi/e V elementare

IC3 ragazzi/e IV elementare

IC2 ragazzi/e III elementare

IC1 ragazzi/e II elementare