Editoriale · 2010. 9. 18. · 2 n. 1 - Gennaio 2010 la Rivista Editoriale 1 Ripresa e svolta sul...

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1 n. 1 - Gennaio 2010 la Rivista Rivista E di Giangi Cretti C he ci sia ciascun lo dice, dove (come?) sia nessun lo sa. O quantomeno, questo, non lo dice. E non è l’araba fenice. Più semplicemente (?) è il sistema di fare sistema. Puntualmente (ritualmente?) evocato, si presenta ormai con i paramenti paludati e riccamente variopinti che camuffano la pia aspirazione, piuttosto che con i tratti sobri, pertanto facilmente riconoscibili, della seria intenzione. Per sua natura è un passo più avanti dell’inflazionata raccomandazione a fare squadra, va da sé: a vantaggio dell’intero spogliatoio. Oppure del riciclato incitamento a fare spogliatoio, (anche qui) vien da sé: ad esclusivo profitto di tutta la squadra. Presuppone, infatti, la funzionale e finalizzata collaborazione di più squadre, disposte, se il caso, a condividere lo stesso spogliatoio. Di volta in volta illustrata come necessità, e perché no? come urgenza: di armonizzare, coordinare, condividere, è una ricerca che mette a nudo, senza che ciò comporti sorpresa alcuna, l’interesse particolare a scapito di quello generale. Eppure, in attesa di un illuminante colpo di genio, in quanto tale comunque benvenuto, si profila come la vera sfida da vincere qualora si voglia davvero che la pia aspirazione si trasformi in seria intenzione e trovi la sua rigorosa applicazione. In fin dei conti, è semplice (ma forse proprio per questo motivo è del pari complicato): per raggiungere un obiettivo comune sarebbe cosa razionalmente intelligente che i vari attori coinvolti agissero, con unità di intenti, condividendo tempi e modi. Così purtroppo non accade, quando si tratta di rendere operativa una strategia di proiezione dell’Italia fuori dagli italici confini (non è che dentro le cose vadano meglio). Riflettendo sul modo di agire, che in questo ambito, manifestano i vari attori pubblici e privati, si può notare che in realtà c’è poco o nulla di strategico; semmai un sovrapporsi scoordinato di interventi, tra loro, talvolta persino colpevolmente, in penalizzante competizione. Se questo è lo scenario, sin qui certificabile in una lunghissima teoria di operazioni classificabili alla voce ‘internazionalizzazione’, a maggior ragione quando si esprime la volontà di declinare il futuro secondo le logiche della razionalizzazione, sarebbe auspicabile che si coinvolgesse la ragione (non come estrema, ma come prima ratio). La quale dovrebbe indurre a privilegiare l’efficienza al pari dell’efficacia. Scomparirebbero dualismi, anche, e necessariamente soprattutto, fra istituzioni ed enti pubblici, privilegiando la possibilità di concorrere al migliore risultato. Trovare il sistema di fare sistema: ecco la banale (si fa per dire, e non ancora per fare) chiave di volta, per meglio finalizzare l’azione tesa ad affermare l’Italia fuori d’Italia. Uno sguardo disincantato allo stato delle cose dovrebbe indurci a constatare che ce n’è davvero bisogno. [email protected] Editoriale

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1n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Edi Giangi Cretti

Che ci sia ciascun lo dice, dove (come?) sia nessun lo sa.O quantomeno, questo, non lo dice. E non è l’araba fenice.

Più semplicemente (?) è il sistema di fare sistema.Puntualmente (ritualmente?) evocato, si presenta ormai con i paramenti paludati e riccamente variopinti che camuffano la pia aspirazione, piuttosto che con i tratti sobri, pertanto facilmente riconoscibili, della seria intenzione.Per sua natura è un passo più avanti dell’infl azionata raccomandazione a fare squadra, va da sé: a vantaggio dell’intero spogliatoio. Oppure del riciclato incitamento a fare spogliatoio, (anche qui) vien da sé: ad esclusivo profi tto di tutta la squadra.Presuppone, infatti, la funzionale e fi nalizzata collaborazione di più squadre, disposte, se il caso, a condividere lo stesso spogliatoio.Di volta in volta illustrata come necessità, e perché no? come urgenza: di armonizzare, coordinare, condividere, è una ricerca che mette a nudo, senza che ciò comporti sorpresa alcuna, l’interesse particolare a scapito di quello generale.Eppure, in attesa di un illuminante colpo di genio, in quanto tale comunque benvenuto, si profi la come la vera sfi da da vincere qualora si voglia davvero che la pia aspirazione si trasformi in seria intenzione e trovi la sua rigorosa applicazione.In fi n dei conti, è semplice (ma forse proprio per questo motivo è del pari complicato): per raggiungere un obiettivo comune sarebbe cosa razionalmente intelligente che i vari attori coinvolti agissero, con unità di intenti, condividendo tempi e modi.Così purtroppo non accade, quando si tratta di rendere operativa una strategia di proiezione dell’Italia fuori dagli italici confi ni (non è che dentro le cose vadano meglio). Rifl ettendo sul modo di agire, che in questo ambito, manifestano i vari attori pubblici e privati, si può notare che in realtà c’è poco o nulla di strategico; semmai un sovrapporsi scoordinato di interventi, tra loro, talvolta persino colpevolmente, in penalizzante competizione.Se questo è lo scenario, sin qui certifi cabile in una lunghissima teoria di operazioni classifi cabili alla voce ‘internazionalizzazione’, a maggior ragione quando si esprime la volontà di declinare il futuro secondo le logiche della razionalizzazione, sarebbe auspicabile che si coinvolgesse la ragione (non come estrema, ma come prima ratio). La quale dovrebbe indurre a privilegiare l’effi cienza al pari dell’effi cacia.Scomparirebbero dualismi, anche, e necessariamente soprattutto, fra istituzioni ed enti pubblici, privilegiando la possibilità di concorrere al migliore risultato.Trovare il sistema di fare sistema: ecco la banale (si fa per dire, e non ancora per fare) chiave di volta, per meglio fi nalizzare l’azione tesa ad affermare l’Italia fuori d’Italia.Uno sguardo disincantato allo stato delle cose dovrebbe indurci a constatare che ce n’è davvero bisogno.

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Editoriale

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2n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Editoriale 1

Ripresa e svolta sul mercato del lavoro solo nel 2011 14 Economia svizzera

A rischio oltre 40 milioni di posti di lavoro nel mondo 17 La disoccupazione in testa alle preoccupazioni degli svizzeri

In calo soprattutto quelle verso i Paesi Ue 19 Studio Istat sulle “esportazioni regionali italiane’

A tavola il falso Made in Italy costa 4,2 miliardi 21

Trovare il sistema di fare sistema 23 Conferenza Permanente Stato–Regioni e Province Autonome–CGIE

INCONTRI Un manager prudente, ottimista per natura 26 Stefano Rezzin, Country Manager Natuzzi Switzerland AG

La ricerca al servizio dell’umanità 45 Donne in carriera: Paola Verde

CULTURA Europa di oggi, Europa di Coppet 49 Tavola rotonda al Castello di Coppet

SETA • ORO • CREMISI: Segreti e tecnologia alla corte 54 dei Visconti e degli Sforza Al Museo Poldi Pezzoli di Milano fi no al 21 febbraio 2010

Ricordando Un’ora per voi 56

«Vivo molto, ogni tanto scrivo» 58 Intervista con Susanna Tamaro

Una radio che c’è 60 A colloquio con gli artefi ci del programma Piazza Italia in onda su Radio RaBe

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SSommario

In breve 4Italiche 7Europee 9Internazionali 11Oltrefrontiera 13Benchmark 33Burocratiche 35Angolo Fiscale 39Angolo legale 41

Convenzioni Internazionali 42L’elefante invisibile 47Carnet 54Scaffale 57Sequenze 65Diapason 67Convivio 73Motori 77

RUBRICHE

In copertina: Il salone di Villa Madama a Roma ha ospitato i lavori della Conferenza Permanente Stato–Regioni e Province Autonome–CGIE

PRIMOPIANO

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3n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Editore: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera

Direttore - Giangi CRETTI

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«L’identità non è un’automobile o un reggiseno, 62 è un’anima» Il cabarettista Massimo Rocchi presenta «RocCHipedia»

Mistico «Duo» Jazz a Zurigo 66 Enrico Rava e Stefano Bollani in concerto

Degustare vino secondo Luca Maroni 69

Vendemmia 2009: si conferma l’importanza 70 della scelte nel vigneto Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero

La Focaccia: soffi ce, umile e superba 73 Capolavoro dell’arte bianca, ha legioni di appassionati

Nuovo Fiat Doblò: Partner nel tempo libero o nel lavoro 78

Sarà quindi Giulietta e non Milano In prima mondiale al prossimo Salone di Ginevra

Maserati GranTurismo S MC Sport Line 79 con fi nitura Bianco Opaco “ghiaccio” in tiratura limitata

Emporium: Parma, 16-17 gennaio 2010 84 10° raduno invernale di antiquariato e modernariato

BIT: Milano, 18 – 21 febbraio 2010 85 Borsa internazionale del turismo

Flormart/ Mifl or: Padova, 19 – 21 febbraio 86 Vocazione Florovivaistica

Olio Capitale: Trieste, 5 - 10 marzo 87 C’è più gusto con l’extravergine

Igeho 2009 88 Un’edizione di successo

Incontro a Ginevra con il Viceministro Adolfo Urso 90

Consegnati a Zurigo Certifi cati PLIDA 91 Un incentivo alla carriera professionale

Ospitare ed essere ospiti 92 4 febbraio 2010: una serata all’insegna dello stile

Wein Einfach 93

Contatti commerciali 94

Servizi camerali 96

IL MONDOIN FIERA

DOLCEVITA

IL MONDOIN CAMERA

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4n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Con lo scudo sono rientrati «di più degli 80 miliardi di euro stimati» e «la proroga era necessaria». Lo ha reso noto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti che pero non ha fornito dettagli. Il totale rimpatriato «sarà più degli 80 mi-liardi di euro stimati», si è limitato a dire, sottolineando comunque che «il rientro in Italia di 160.000 miliardi delle vecchie lire in soli due mesi è un fatto senza precedenti e l’effetto macro-economico è ben più importante di quello sul bilancio». La proroga, ha spiegato, «è stata necessa-ria perché l’ac cumulo di rimpatri alla fi ne an dava oltre la capacità degli ope ratori di espletare le domande».Secondo il quotidiano economico Il Sole 24 Ore, la mag-gior parte dei patri moni fi nora rimpatriati proviene dalla Svizzera. L’80% sarebbe rientrato dalla Confederazione (prima Lugano, seguita da Zurigo e Ginevra). Il resto da Montecarlo (10 per cento), San Marino e Lussemburgo (5 per cento ciascuno).

Una giuria composta da esperti e stimati designers ed editori appartenenti alla rivista di Design – Interior Design ha votato la collezione One disegnata da Matteo Thun &

Antonio Rodriguez per Rapsel, quale “Best of the Year”. La premiazione si è svolta al museo Guggenheim a New York lo scorso 3 Dicembre.È questo il secondo “Best of the Year” di Rapsel - Rapsel – ditta innovatrice nel campo dell’arredo del bagno con sede a Milano - che nell’anno 2007 si era aggiudicata que-sto premio con la collezione Melting Chic Line disegnato da Ludovica e Roberto PalombaRapsel è stata riconosciuta dal mondo internazionale del design come la prima a presentare il concept del bagno invisibile – concept che già in precedenza si era aggiudi-cato il “Best in Bath” durante l’edizione 2009 di ICFF.

Il viver bene abita a Trieste. È la provincia-capoluogo del Friuli Venezia Giulia ad aggiudicarsi il primato nella classi-fi ca sulla qualità della vita, l’indagine del Sole 24 Ore che mette a confronto il benessere nelle diverse aree italiane, giunta quest’anno alla ventesima edizione. Trieste scalza Aosta (vincitrice nel 2008, sesta quest’anno) ed è tallo-nata da altre due province del nord, Belluno e Sondrio. In coda scivola Agrigento, preceduta di poche lunghezze da Napoli e Caltanissetta. Nella top ten non entrano Milano e Roma, entrambe però in miglioramento: il capoluogo lombardo è 19ª e la capitale 24ª. Trieste è al secondo oscar, dopo il primo conquistato nel 2005, mentre Agrigento già aveva occupato l’ultimo gra-dino nel 2007.Quanto alle variazioni positive, si distinguono Macerata che sale al quarto posto (+14) e Rimini che avanzando di 29 posizioni entra nella top ten.

Scudo fi scale: rientrati più di 80 miliardi

RAPSEL si aggiudica il Premio Interior Design “Best of the Year” 2009

Trieste la provincia dove si vive meglio

In breve

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5n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Compie 75 anni il precursore dello scilift ad ancora: il 24 dicembre 1934 a Davos fu infatti inaugurata la prima sciovia di questo tipo inventata da uno svizzero. Nel corso degli anni sono stati costruiti migliaia di questi impianti in tutto il mondo. Oggi vengono però spesso sostituiti con delle più como-de e veloci seggiovie. Inizialmente l’impianto concepito dallo zurighese Ernst Gustav Constam aveva una stanga a forma di J. La sciovia, costruita nel versante sud del Jakobshorn, ha riscosso un immediato successo: nella prima stagione sono state contabilizzate 70.000 risalite. L’anno seguente, per aumentare le capacità dell’impianto, il maestro di sci davosiano Jack Ettinger ebbe la brillante idea di sostituire le stanga a J con pertiche a forma di T rovesciata. Era così nata la sciovia ad ancora. Per diversi anni l’installazione venne pubblicizzata con il motto «Sie-und-er-Lift» («Lift lui e lei»).

Il gruppo regionale occi-dentale (WEOG) ha desi-gnato a Nuova York l’ex consigliere federale Jo-seph Deiss quale proprio candidato uffi ciale alla carica di presidente del-la 65a Assemblea gene-rale delle Nazioni Unite. Anche il Belgio si è can-didato lanciando nella corsa alla carica l’ex mi-

nistro degli esteri e commissario europeo Louis Michel. Il WEOG presenterà ora, come proposta unitaria, la candi-datura dell’ex consigliere federale Deiss per decisione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’elezione in seno all’Assemblea avviene nel corso del-la primavera del 2010. La 65a Assemblea generale delle Nazioni Unite inizia in settembre 2010 e dura un anno. Appresa la notizia il Consiglio federale ha espresso soddisfazione, persuaso che la Svizzera, nella persona dell’ex consigliere federale Joseph Deiss, metta a dispo-sizione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite un eccellente candidato.

Regazzoni, che è spostato e padre di due fi gli, originario di Balerna, è nato a Lugano nel 1957. Dottore in fi losofi a, è entrato al servizio del DFAE nel 1988. Dopo il suo stage presso l’Uffi cio dell’integrazione e l’Ambasciata svizzera ad Abidjan, nel 1990 viene trasferito a Kinshasa in qualità di primo collaboratore del capomissione. Nel 1993 rien-tra a Berna per assumere la funzione di capo del Servizio della Francofonia alla Divisione politica I (Europa, America del Nord). Nel 1996, è nominato capo aggiunto della Di-visione politica I, incaricato delle relazioni politiche bilate-rali con i Paesi dell’Europa e dell’America del Nord. Dalla metà del 1999, è consigliere del capo del DFAE per gli affari diplomatici; dal settembre 2002, ambasciatore nella Repubblica socialista democratica dello Sri Lanka e nella Repubblica delle Maldive. Dal luglio 2006 è ambasciatore nella Repubblica di Indonesia, nella Repubblica democrati-ca di Timor Est e dal settembre 2009 anche presso l’Asso-ciazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN.

Lo scilift compie 75 anni

Joseph Deiss candidato presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite

Bernardino Regazzoni nuovo ambasciatore svizzero in Italia

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7n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

di Corrado Bianchi Porro

ITALICHE

Il risparmiatore s’è desto

La recessione è fi nita, ma non la crisi, scrive Giovanni Ajassa, responsabile del Servizio studi della BNS nella sua introduzione al rapporto 2009 sul risparmio e i ri-sparmiatori in Italia. Con l’aumento trimestrale del Pil del-lo 0,6% registrato nel terzo trimestre 2009, anche l’Italia è uscita dal tunnel della recessione, ma in 18 mesi la re-cessione ha portato le lancette dell’economia indietro di sei anni. Il perdurare della crisi lo si avverte ancora nelle incerte prospettive sul mercato del lavoro e nell’accre-sciuta propensione al risparmio. La domanda interna non mostra ancora una netta inversione di tendenza, anche se si è consolidato un clima più disteso di fi ducia delle imprese e delle famiglie. Il mondo bancario ha supera-to con eccellenza la prova del fuoco della recessione, pur se nel terzo trimestre 2009 il rapporto tra le nuove sofferenze e il totale dei fi nanziamenti erogati ha raggiun-to i valori più elevati del decennio toccando il 2,2% (al 3% per le imprese). E tuttavia, l’importo del sostegno pubblico italiano al sistema bancario a fi ne giugno 2009 era pari solo allo 0,6% del Pil a fronte del 6,1% della Germania, del 7,4% degli Usa e del 44,1% della Gran Bretagna. Le banche italiane si sono rivelate alla prova dei fatti più robuste di molte concorrenti estere. La crisi ha incrementato la propensione al risparmio. Dall’indagi-ne della BNL risulta che il 47% degli intervistati è riuscito a risparmiare, dopo il minimo storico del 31% registrato nel 2008 e il 70% indica di ritenere indispensabile o mol-to utile riuscire a risparmiare. Da sempre l’Italia è uno dei campioni mondiali del risparmio e non è un caso che questa connotazione abbia incentivato negli ultimi anni una progressiva diffusione delle banche estere nella Pe-nisola. Tolto il caso della piazza della Gran Bretagna dove le banche estere raggiungono la quota del 50, grazie al ruolo centrale della piazza di Londra (ma anche dell’Est europeo, dove la “rinascita” del mercato bancario è stata pilotata dall’intervento delle banche occidentali dopo la privatizzazione), nei Paesi dell’area dell’euro, la quota de-gli istituti esteri non arriva al 20% delle attività complessi-ve. Ebbene, il numero degli intermediari di matrice estera presenti in Italia è andato progressivamente crescendo a seguito del processo di progressiva liberalizzazione e modernizzazione fi no allo scoppio della crisi, incentivato dalla straordinaria propensione al risparmio manifestata dagli italiani e solo le concentrazioni seguite alla crisi fi -nanziaria ne hanno ridotto lo sviluppo.Come accennato, il fl usso degli istituti esteri è stato pi-lotato dall’obiettivo di trarre vantaggio dall’elevata capa-cità di risparmio delle famiglie italiane, ma nello stesso tempo il loro apporto ha elevato la diversifi cazione dei servizi e ampliato la qualità dell’offerta sul mercato. La quota di mercato degli istituti esteri in Italia nei rappor-

ti interbancari attivi che era al 6% nel 1990 è salita al 17,1% nel primo semestre 2009. In effetti, la percen-tuale relativa degli intermediari esteri nel 2007 (ultimo anno in cui si dispone dei dati di raffronto internazionale) era pari all’11,1% in Germania, 11,6% in Spagna, 12,9% in Francia e 17,4% in Italia. La loro presenza, rimarca la Banca d’Italia, si è esplicitata nell’ampliare la gamma dei servizi di natura fi nanziaria offerti alla clientela, mentre rimane generalmente limitata la loro quota nel retail. D’al-tra parte le banche locali hanno proprio nella conoscenza storica del territorio la punta di forza nel mercato del credito. Resta indubitabile che l’ampliamento dell’offerta ha contribuito ad aumentare la mobilità della clientela, stimolando l’innovazione di prodotto. Dall’ultima indagine della BNL risulta ad esempio che due terzi della clientela locale hanno valutato diverse offerte prima di sottoscri-vere un mutuo e che per un quarto delle famiglie l’inter-mediario di riferimento non è più lo stesso di due anni fa. Anche a motivo del fermento in atto nel settore bancario. Ad esempio vi sono famiglie che non hanno fi sicamente cambiato luogo nell’utilizzo dei servizi bancari nel cor-so degli ultimi 15 anni, ma gli azionisti di riferimento a monte sono cambiati varie volte a motivo dei processi di concentrazione in atto. Fatto sta che in Italia il risparmio s’è desto e nello stes-so tempo sta cambiando pelle. I risparmiatori vivono la lezione della crisi in un’acuita attenzione al confronto tra banca e banca. Secondo Andrea Beltratti, docente alla Bocconi, nelle fasi di aumento dell’incertezza si tende ad aumentare il risparmio di tipo precauzionale e l’ultima crisi ha rilanciato ancor più il tema della sicurezza qua-le obiettivo primario. All’inizio degli anni 2000 l’obiettivo sicurezza era quasi coincidente (al 35%) con quello del rendimento a breve. Oggi l’attenzione del rendimento a breve si trova al 15%, non distante dai minimi del 10% raggiunto nel 2008, mentre il fattore sicurezza è risalito verso il 60%. Un’evidenza del bisogno di sicurezza è la propensione al risparmio in funzione dell’aumento della proprietà dell’abitazione passata nel giro di un quarto di secolo dal 60 al 75%.La crisi fi nanziaria ha invece fatto precipitare la propen-sione all’investimento azionario che dal 9,4% del 2001 è oggi stabile al 6% nell’ultima rilevazione. Resta carente, rileva il rapporto, una valutazione e programmazione del risparmio a medio termine. Le banche rappresentano solo il 45% della fonte d’informazione dei risparmiato-ri (erano al 58,9% nel 2003), mentre amici e famigliari sono al 17,5% (16% nel 2003) ed i promotori fi nanziari sono scesi nelle preferenze dall’11,3% al 7,3%. C’è biso-gno di un’informazione più puntuale e meno aggressiva per scegliere con cognizione.

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9n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

di Philippe Bernasconi

EUROPEE

Un inizio poco incoraggiante

C’è poco da dire, la nuova Europa è nata con il piede sbagliato. Le prime nomine fi glie del Trattato di Lisbo-na lasciano perplessi. E non lasciano intravvedere nul-la di buono in proiezione futura. Herman Van Rompuy primo presidente stabile del Consiglio d’Europa e Ca-therine Ashton primo ministro degli esteri dell’Unione europea. Ma chi sono costoro? Se lo sono chiesti in molti nel giorno delle nomine delle due principali fi gu-re della nuova Europa. Il commento del Corriere della Sera a fi rma Franco Venturini vale per tutti: “Non deve essere stato facile tradire un Trattato fortemente vo-luto e fi nalmente in procinto di entrare in vigore, ma l’Europa c’è riuscita nominando un signor e una signo-ra Nessuno alle cariche di presidente e di responsabile della politica estera Ue”. Un vero disastro, insomma. Perlomeno fi no a quando con i fatti i due “signori Nes-suno” non dimostreranno il contrario. Dopo anni da en-cefalogramma piatto, dopo un allargamento affrettato e mal gestito, dopo una corsa ad ostacoli per dare vita ad un testo costituzionale che più mini non si può, dopo sonanti bocciature popolari, dopo tutto questo l’Unione aveva bisogno di altro per poter ripartire con un nuovo slancio, su basi più solide, con nuove ambi-zioni. Ci sarebbero volute due personalità forti, popola-ri e conosciute in ogni angolo del Vecchio continente, ci sarebbero voluti due europeisti convinti in grado di dare un taglio alle politiche del passato fatte di equili-brismi e nazionalismi, di fi nalmente concretizzare quel-le spinte unitarie che avevano portato i padri fondatori dell’Unione a gettarsi in questa avventura. Invece l’as-se portante dell’Unione (quello franco-tedesco eviden-temente) ha preferito affi darsi a due personalità che non dovrebbero scombussolare troppo l’assetto attua-le del club dei 27. Tanto per non rischiare. Speriamo di sbagliarci, ma le prime sensazioni non lasciano troppo spazio all’ottimismo. Le due nomine di fi ne novembre sono giunte alla fi ne di un lungo iter che ha dato vita al Trattato di Lisbona. Un trattato costituzionale, nato sulle ceneri della più ambiziosa Costituzione europea (bocciata in scrutinio popolare e poi abbandonata), che dovrebbe permettere di gestire da un punto di vi-sta istituzionale un’Unione divenuta ormai ingombran-te. Troppi interessi da conciliare, troppe teste da fare convogliare verso un unico obiettivo, il bene comune di tutti gli europei. È come se il governo tedesco (o italiano o francese) fosse composto dai rappresentanti di tutte le regioni o le province dello Stato. Un caos

infernale, con ognuno che cercherebbe di tirare la giacchetta dell’altro verso la propria parte. La ricerca del minimo comune denominatore sarebbe insomma impossibile (o quasi). È più o meno quello che è suc-cesso in Europa dall’allargamento ad est fi no ad oggi. L’Unione è di fatto entrata in una fase di letargo. Senza slanci ideali, incapace di lanciarsi in nuovi progetti e in nuove sfi de. In questi ultimi anni Bruxelles si è di fatto limitata a gestire la quotidianità. Ma con il Trattato di Lisbona si sarebbe dovuto inaugurare una nuova fase. Con una nuova architettura decisionale e, soprattutto, con due nuove fi gure rappresentative e carismatiche. Come succede in molti dei principali Stati del mondo. Con un presidente o un primo ministro e un ministro degli esteri popolari e autorevoli. In patria e all’estero.Fino ad ora la presidenza dell’Unione spettava a ro-tazione ogni sei mesi a uno dei 27 paesi membri. Il nuovo presidente presiederà invece per due anni e mezzo (rinnovabili una sola volta) il Consiglio europeo, garantendo continuità all’azione politica di Bruxelles e puntando al consenso e al compromesso duraturo tra i singoli Paesi. Per cinque anni poi l’Unione avrà un vero ministro degli esteri, che potrà così esprimere la posizione dell’Unione all’interno degli organismi in-ternazionali e delle conferenze intergovernative. Due fi gure e un nuovo armamentario istituzionale che do-vrebbe permettere all’Unione di mettersi sullo stesso piano delle altre potenze mondiali e regionali. Bruxel-les dovrebbe riuscire a contare di più sullo scacchiere internazionale grazie a una politica chiara, coerente e duratura. Dovrebbe, appunto. Perché per farlo non bastano gli strumenti legislativi. Non basta una magna charta. Ci vogliono delle personalità forti e credibili. E il primo ministro belga Herman Van Rompuy e il com-missario europeo al mercato, la britannica Catherine Ashton, non lo sono. Almeno per il momento. Un inizio, quello della nuova Europa, zoppicante. Con sullo sfondo nuove impegnative sfi de. L’uscita dalla crisi economica e fi nanziaria (con in casa la variabi-le impazzita rappresentata dalla Grecia) e l’accordo sul clima (che si è tentato a Copenaghen, nel cuore dell’Europa), innanzitutto. Ma poi nuove nomine, dal presidente dell’Eurogruppo al presidente della Banca centrale europea, che lasciano intravvedere nuovi tatticismi e interessi di parte. Che consentono poco spazio a quello slancio ideale di cui la vecchia Europa avrebbe maledettamente bisogno.

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11n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

di Michele Caracciolodi Brienza

INTERNAZIONALI Il cambiamento del clima è una questione morale?

Un paio d’anni fa l’ex vice presidente degli Stati Uniti Al Gore è stato insignito del premio Nobel per la Pace, per il suo straordinario contributo alla presa di co-scienza sul riscaldamento del pianeta. Ma cosa c’entra il cambiamento climatico con la pace nel mondo? Se la generazione presente vuole intraprendere il pro-prio sviluppo in maniera sostenibile è necessario che lasci abbastanza risorse alla generazione successiva per continuare la sua crescita. Ciò è valido non solo per quello che riguarda i fattori di produzione, ma anche per l’ambiente. La generazione attuale non deve lascia-re il pianeta così inquinato da avvelenare la prossima. Questa è una questione morale e non soltanto ecolo-gica o industriale. Tuttavia, si potrebbe controbattere: «Chi se ne importa se un pugno di orsi polari affogano perché i ghiacci artici si stanno sciogliendo? Chi se ne importa se un pugno di minuscole isole nel Pacifi co spariranno?». Beh! Innanzitutto gli orsi polari non hanno alcuna colpa, tale da subire l’estinzione; in secondo luogo, se si considerano paesi come il Bangladesh, dove decine di milioni di persone vivono vicino alla riva, le inondazioni stagionali hanno ripercussioni tre-mende sulla loro vita quotidiana. Anche se il fenomeno non ha per ora conseguenze su chi legge, sta in realtà causando disagi e sofferenze altrove e ad altre perso-ne. Dunque è già adesso un problema di tutti. Secon-do il rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia pubblicato all’inizio del dicembre scorso, se l’utilizzo di combustibili fossili continua con il ritmo attuale, solo nel 2030 si scaricheranno nell’atmosfera circa 40 mi-liardi di tonnellate di anidride carbonica, esattamente il doppio delle emissioni del 1990. L’aumento di tem-peratura che questo incremento di anidride carbonica provocherebbe è di circa 6 C. Già in questi anni la Cina ha superato gli Stati Uniti per le emissioni di gas serra (21,5% contro 20,2% del totale mondiale). In Antartide è evidente la formazione continua di iceberg colossali. I ghiacciai della Groenlandia si stanno sciogliendo così rapidamente, che solo nel periodo 2006-2007 hanno perduto una massa di circa 273 miliardi di tonnellate. L’aumento conseguente del livello del mare è stima-bile in 0.75 millimetri su scala planetaria. Sembra un dato irrisorio, ma se tutti i ghiacciai della Groenlandia si sciogliessero, il livello degli oceani salirebbe di sette metri. I campanelli d’allarme sono numerosi, ma non mancano gli scettici. È un fatto, tuttavia, che l’attività umana stia incidendo sul clima in tempi molto rapidi e

le conseguenze sono in gran parte imprevedibili. Dal 7 al 18 dicembre scorso s’è tenuta a Copenhagen la conferenza mondiale dell’ONU sul clima. C’è stata una presa di coscienza del problema climatico da parte della comunità internazionale, ma l’intesa tra gli Stati è stata minima. L’obiettivo del summit è di iniziare un percorso negoziale e di studio di misure collettive per limitare a 2°C l’aumento della temperatura del pianeta. La bozza di accordo approvata Stati Uniti, Cina, India, Brasile e Sudafrica contiene questo obiettivo. Nulla è ancora vincolante per gli Stati e non è nemmeno sta-to impostato un insieme di controlli indipendenti delle emissioni per evitare fenomeni di free-riding, ovvero comportamenti opportunistici da parte di paesi che, pur impegnandosi nella riduzione delle emissioni, non sostengono il costo di adattare il loro sistema produtti-vo. Di fatti, si tratta di compiere investimenti nuovi per risparmiare energia e inquinare sempre meno.In una recente intervista al Corriere Magazine Richard Branson, patron del gruppo Virgin, ha dichiarato che il settore dell’energia alternativa è interessante per chi voglia cominciare un’impresa. L’energia solare ed eolica hanno un potenziale notevole e sono un utile complemento all’uso dell’energia fossile.Da più parti si ha il terrore che le politiche per ridurre il riscaldamento climatico creino disoccupazione impo-nendo dei vincoli intollerabili alla crescita. Tuttavia, la riduzione dei gas serra è raggiungibile ed essenziale. Si possono ottenere profonde riduzioni nelle emissioni con un lieve impatto sulla crescita economica, lo so-stiene l’economista Paul Krugman sull’Herald Tribune del 19 dicembre scorso. Un recente studio di McKinsey & Company ha mostrato inoltre che vi sono innumere-voli modi per ridurre le emissioni di gas serra ad un costo relativamente modesto: ad esempio, un migliore isolamento termico, automobili e camion dai consumi ridotti, un uso maggiore di energia eolica, solare e nu-cleare, eccetera. Utilizzando i giusti incentivi queste misure si realizzerebbero da sole. Alcune compagnie di crociera, quali ad esempio la MSC Crociere, utiliz-zano combustibili a basso tasso d’inquinamento. Tutte le procedure di riciclaggio dei rifi uti e di trattamento delle acque fanno delle navi da crociere più moderne un esempio da seguire in tema di tutela ambientale. Gli investimenti necessari per raggiungere questi stan-dard elevati sono il miglior argomento contro chi vede nelle misure anti-inquinamento un freno alla crescita.

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13n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

00di Fabrizio Macrì

OLTREFRONTIERA

Se l’erba del vicinoè davvero più verde

Secondo il World Competitiveness report del World Economic Forum 2008 – 2009 l’Italia occupa il 48esi-mo posto nella classifi ca delle economie più compe-titive al mondo, preceduta da paesi quali Qatar (22), Emirati Arabi Uniti ( 23), Arabia Saudita (28), Cile (30), Cipro (34), Tailandia (36), Tunisia (40), Polonia e Re-pubblica Slovacca (posti 46 e 47 della classifi ca).Ai primi posti fi gurano, nell’ordine, Svizzera, Stati Uni-ti, Singapore, Svezia, Danimarca, Finlandia, Germania, Giappone e Regno Unito e Francia: il nostro paese in-somma spicca per essere l’unico membro del G 7 a non comparire tra le prime 20 economie più competiti-ve al mondo. Tra i compiti delle Camere di Commercio Italiane all’Estero rientra non solo quello di promuo-vere il meglio del Sistema Italia all’Estero, ma anche di importare in Italia quanto di meglio i nostri partner economici e commerciali hanno da offrirci.La CCIS, che ha il privilegio di avere sede nella capitale economica del Paese più competitivo del mondo, Zuri-go, ha la possibilità di offrire all’Italia spunti di rifl essio-ne analizzando il funzionamento del sistema economi-co svizzero, individuando gli elementi che fanno della Svizzera un’economia così dinamica e competitiva e riportando le impressioni che gli operatori economici svizzeri ci trasmettono quando entrano in contatto con le nostre imprese.La Newsletter semestrale della Greater Zürich Area, agenzia cantonale per l’attrazione di investimenti e la creazione d’impresa nell’area economica di Zurigo, individua nell’innovazione di prodotto e di processo l’elemento determinante dell’alto livello di competitività del sistema. Biotecnologie, tecnologie mediche e Life Sciences sono i settori di punta dello sviluppo zurighe-se negli ultimi anni. Un ruolo determinante lo gioca anche l’IT che ha avuto come volano di sviluppo, non solo l’innovazione introdotta dalla ricerca, ma anche la domanda di nuove soluzioni proveniente dalle banche e dal loro indotto.Oltre alle specializzazioni settoriali, giocano un ruolo determinante l’origine dei fondi per l’innovazione. Non tutti i soggetti attingono a fondi pubblici che scatena-no spesso un assalto alla diligenza, che premia non le aziende con il prodotto migliore, ma quelle con le mi-gliori entrature e capacità di evadere laboriose pratiche burocratiche. Il 73,7% degli investimenti in innovazio-ne viene in Svizzera dall’economia privata, il 25,2 dal settore della formazione (in parte fi nanziato con fondi pubblici) e solo l’1,1% consiste di un intervento statale

diretto. Questo crea un ambiente estremamente com-petitivo che consente alla ricerca e all’innovazione di non perdere mai di vista le esigenze del mercato.Il parco aziende di cui dispone una piazza come Zurigo è talmente ricco da garantire sempre nuove applica-zioni tecnologiche e da mettere a disposizione risorse di fi nanziamento private per la ricerca.In base al rapporto del World Economic Forum, oltre all’elemento dell’innovazione, i punti di forza della Sviz-zera per l’imprenditore sono: la dotazione infrastruttu-rale, la bassa infl azione, l’etica e la motivazione della forza lavoro, il sistema fi scale e la regolamentazione del mercato del lavoro.Tutti elementi sui quali, a parte forse il basso livello dei prezzi, già relativamente sotto controllo in Italia, gra-zie ai vincoli imposti dall’Unione Monetaria, varrebbe la pena di puntare per favorire il recupero di competitività del nostro Paese, magari prendendo spunto da qual-che nostro vicino di casa come la Svizzera.Informazioni preziose di carattere più micro che macro-economico ci vengono poi dagli imprenditori svizzeri, clienti delle nostre PMI; clienti importanti se pensiamo che i nostri esportatori trovano in questo piccolo ma ricco paese il sesto bacino di esportazione al mondo per le loro esportazioni, bacino più grande di quello offerto da colossi demografi ci quali Russia e Cina e ad un’incollatura da quello di grandi paesi industriali tradi-zionali partner dell’Italia come Regno Unito e Spagna.Incapacità di comunicare in modo continuativo in forma scritta, scarsa puntualità nelle comunicazioni e nelle consegne, scarsa assistenza tecnica post-vendita, dif-fi coltà di comunicazione dovute alla scarsa conoscen-za delle lingue, scarse risorse da investire in promo-zione e marketing: queste le principali criticità indicate dai clienti svizzeri di fornitori italiani. In genere molto soddisfatti della qualità del prodotto, della creatività e della capacità di innovare, gli svizzeri si lamentano di un complessivo defi cit di affi dabilità.Da qui il forte investimento che la CCIS fa in forma-zione e informazione per tenere le aziende italiane a conoscenza delle aspettative che il mercato svizzero, ricco ma competitivo, ha verso i propri fornitori.Crediamo che tale sforzo ancora di più andrebbe fatto a livello di sistema per trasferire in Italia dalla Svizzera e dai mercati vicini, know how non solo tecnologico ed industriale, ma anche e soprattutto gestionale, comportamentale e, come sottolineavamo all’inizio, di rilancio territoriale.

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14n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Dalla metà del 2009 si registra a livello mondiale una ripresa congiunturale in seguito alla precedente severa recessio-ne. Questa ripresa è favorita in misu-

ra determinante dalle svariate misure di sostegno della politica economica e secondo gli indicatori precursori positivi dovrebbe in un primo tempo proseguire ulteriormente.Ciononostante le prospettive congiunturali inter-nazionali per il 2010 e probabilmente anche per gli anni seguenti non sono affatto prive di ombre. Gli impulsi attualmente determinanti hanno pre-valentemente un carattere temporaneo - in parti-colare i programmi congiunturali statali, ma anche l’inversione del ciclo di formazione delle scorte - e diminuiranno di nuovo immancabilmente nel corso dell’anno. Per una solida ripresa economica sarebbe quindi necessario un netto aumento del-

la domanda privata di consumi e di investimenti, ciò che tuttavia appare dubbio per diversi motivi. Infatti, l’espansione del consumo privato, in par-ticolare negli Stati Uniti (come pure in altri Paesi, che nel decennio scorso hanno fatto registrare un boom dei consumi favorito dagli indebitamenti), potrebbe essere frenata ancora per alcuni anni dal fatto che le economie domestiche private si sfor-zeranno di ridurre il loro elevato indebitamento. Oltre a ciò anche un rapido e forte rilancio degli investimenti delle imprese a livello mondiale sem-bra poco probabile a causa della scarsa saturazio-ne delle capacità disponibili.Per questo motivo il gruppo di esperti prevede una dinamica incerta e complessivamente senza slancio dell’economia mondiale, anche se non si attende una nuova ricaduta nella recessione. Nel 2010 la crescita del PIL negli Stati Uniti dovrebbe

Economia svizzera

Ripresa e svolta sul mercatodel lavoro solo nel 2011

Nel rasserenamento della situazione economica mondiale, anche l’economia svizzera ha potuto superare la recessione durante il terzo trimestre del 2009. Secon-do la valutazione del gruppo di esperti della Confederazione, la ripresa congiunturale dovrebbe proseguire l’anno prossimo, anche se a un ritmo contenuto, a causa di un indebolimento passeggero degli impulsi positivi provenienti dal quadro congiunturale internazionale. Nel 2010 la crescita del prodotto interno lordo (PIL) a prezzi costanti dovrebbe ammontare a +0,7%. Solo nel 2011 la congiuntura dovrebbe registrare una sensibile accelerazione (crescita del PIL: +2,0%). Considerato il fatto che la ripresa congiunturale avanza decisamente a stento, le prospettive sul mercato del lavoro rimangono fosche. Soltanto per il 2011 è possibile prevedere l’inizio di una svolta nell’andamento della disoccupazione

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15n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

situarsi al di sotto del 2% e nell’Unione europea attorno all`1%, mentre nel 2011 essa dovrebbe ac-celerare gradualmente (Stati Uniti: 2,5%; area eu-ropea: 1,7%). Complessivamente questo scenario dell’economia mondiale corrisponde a una ripresa lenta e, in un’ottica pluriennale, inferiore alla me-dia, ciò che in passato è stato possibile constatare spesso dopo le crisi fi nanziarie e immobiliari.

Previsioni congiunturali per la SvizzeraNel rasserenamento della situazione economica mondiale anche la Svizzera ha potuto superare la recessione nella seconda metà dell’anno. Dopo quattro trimestri negativi il PIL reale per la pri-ma volta è di nuovo leggermente aumentato nel 3° trimestre del 2009 (+0,3% rispetto al trimestre precedente, tassi di variazione non annualizzati). A tale proposito si è registrata una svolta positi-va nelle esportazioni, che nel 3° trimestre sono di nuovo cresciute dopo una travagliata recessione durata un anno. Inoltre la domanda interna, e in particolare il consumo privato e pubblico nonché gli investimenti nell’edilizia, ha continuato a rap-presentare un solido sostegno congiunturale.Su base annua, nel 2009 la produzione economi-ca in Svizzera dovrebbe aver subito una contrazio-ne dell`1,6%. Anche se ciò corrisponderebbe alla più forte regressione annuale dal 1975, occorre sottolineare che l’economia svizzera, in confronto a diversi altri Paesi, ha superato senza eccessivi danni la crisi fi nanziaria ed economica a livello mondiale. A questo proposito ha avuto un effetto favorevole il fatto che l’economia nazionale go-desse di buona salute all’inizio della recessione: ciò signifi ca che in Svizzera non esistevano squi-libri importanti (nessun indebitamento eccessivo, né privato né statale, nessuna crisi immobiliare). Inoltre, la costante crescita della popolazione ne-gli ultimi anni ha contribuito all’espansione del consumo privato e all’ulteriore espansione degli investimenti nell’edilizia. Anche se la svolta con-giunturale in Svizzera sembra conclusa, le attese nella crescita restano limitate, soprattutto per il 2010, a causa della dinamica dell’economia mon-diale presumibilmente senza slancio. Per il 2010 il gruppo di esperti prevede ora una crescita del PIL dello 0,7% (fi nora: +0,4%). Ciò corrisponde, come è stato il caso fi nora, allo scenario di una ripresa congiunturale abbastanza titubante che è ancora lontana da una sostanziale fase ascenden-te. Soltanto nel corso del 2011 il gruppo di esperti prevede che si verifi cherà una ripresa più marcata del PIL in Svizzera (+2,0%).Per quanto riguarda le esportazioni ci si attende, per i prossimi due anni, un rilancio piuttosto mo-derato dopo il netto crollo del 2009 (-9,7%). La ripresa degli investimenti in macchinari e attrez-zature delle imprese dovrebbe ritardare ancora per un po’, poiché lo sfruttamento della capacità produttiva nelle imprese si è ridotto raggiungendo il livello più basso da parecchi anni a questa parte,

di modo che esiste un fabbisogno relativamente scarso di ampliamenti delle capacità produttive. Viste le prospettive moderate a livello di mercato del lavoro e di reddito, per il 2010 occorre tem-poraneamente prevedere un’espansione piuttosto rallentata anche nel caso del consumo privato, fi -nora assai vivace. Considerata la lenta ripresa del PIL, anche l’anno prossimo il mercato del lavoro dovrebbe restare ancora il punto debole dell’evo-luzione economica. Per quanto riguarda l’occu-pazione esistono comunque primi segnali di un minore calo in tale settore. Tuttavia, a causa della sottoutilizzazione delle capacità e degli eccessivi effettivi di personale, anche nel corso dell’anno prossimo in numerose imprese non dovrebbe pra-ticamente esserci alcun fabbisogno di assunzioni. Il tasso di disoccupazione (destagionalizzato) do-vrebbe aumentare dall’attuale (novembre 2009) 4,2% a un livello massimo di oltre il 5% entro la fi ne del 2010 - ciò che corrisponde a più di 200`000 disoccupati iscritti - e quindi iniziare a diminuire lentamente nel corso del 2011. Nella media annuale, sia nel 2010 che nel 2011 il tasso di disoccupazione dovrebbe ammontare al 4,9%.Sul fronte dei prezzi al consumo, la fase di calo dei prezzi dovuta prevalentemente alle fl uttuazio-ni del prezzo del petrolio dovrebbe essersi con-clusa in Svizzera, come in numerosi altri Paesi, nell’autunno del 2009. Per il 2010 (+0,8%) e il 2011 (+0,7%) il gruppo di esperti prevede di nuo-vo tassi d’infl azione leggermente positivi. A causa dell’elevato allentamento congiunturale, il perico-lo di infl azione viene invece considerato esiguo.

Rischi congiunturaliLe ripercussioni a medio termine della crisi fi nan-ziaria internazionale, come pure la cronologia e le «strategie di uscita» delle banche di emissione, che dovranno progressivamente porre termine alle misure di approvvigionamento di liquidità, rap-presentano fattori di insicurezza notevoli e diffi -cilmente valutabili per l’evoluzione congiunturale a livello mondiale. Per quanto riguarda lo scena-rio di una lenta ripresa congiunturale in Svizzera, ritenuto probabile dal gruppo di esperti, esistono notevoli rischi sia verso l’alto che verso il basso. Nel caso in cui le tendenze al rilancio attualmente constatabili in tutte le regioni del mondo - analo-gamente al crollo, ma in senso inverso, dell’anno scorso - si rafforzassero reciprocamente, nel 2010 la crescita dell’economia mondiale potrebbe co-munque rivelarsi, a dispetto di tutti i fattori frenan-ti, più robusta del previsto (ripresa a forma di «V»). D’altro lato, esiste un notevole rischio negativo per le prospettive congiunturali inerenti ai problemi fi -nora non ancora superati nell’ambito del sistema fi nanziario internazionale. Un possibile pericolo consiste, ad esempio, nel fatto che il ritiro delle liquidità che occorre attendersi da parte delle ban-che centrali faccia nuovamente emergere le attuali debolezze di alcuni istituti fi nanziari.

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17n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Oltre 40 milioni di persone potrebbe-ro uscire dal mercato del lavoro, nel mondo, se non saranno adottate e, in alcuni casi prolungate, le misure ade-

guate. È quanto sostiene il Rapporto dell'Ilo, l'or-ganizzazione Internazionale del Lavoro, 'World of Work Report 2009: The Global Jobs Crisis and Beyond (Mondo del lavoro 2009: la crisi globale dell'occupazione e oltre).Secondo il rapporto una sospensione prematura delle misure di stimolo, adottate in risposta alla crisi economica globale, potrebbe ritardare di anni la ripresa dell'occupazione e rendere la fase iniziale della ripresa economica «fragile e incom-pleta». «Nonostante vi siano alcuni segnali di ri-presa, le misure di sostegno - ha dichiarato Ray-mond Torres, direttore dell'International Institute for Labour Studies dell'Ilo e principale autore del rapporto - non dovrebbero essere sospese troppo presto, a causa dell'aumento signifi cativo della di-soccupazione e del lavoro part-time».«La crisi globale dell'occupazione non è ancora su-perata - ha aggiunto Torres - è pertanto fondamen-tale evitare di interrompere prematuramente le misure di sostegno. In breve, la ripresa economica sarà fragile e incompleta fi no a quando continuerà la crisi del lavoro. Una ripresa reale - ha sottoli-neato - sarà raggiunta solo quando l'occupazione crescerà di nuovo». Il rapporto indica inoltre che

i principali fallimenti del sistema fi nanziario, alla base della presente crisi, non sono stati affrontati fi nora, e questa viene indicata come un'altra ra-gione che avvalora la tesi secondo la quale sareb-be prematura una sospensione delle misure.L'Ilo sostiene che la durata e le dimensioni della crisi dell'occupazione potrebbero essere ridotte, se le misure di stimolo e le politiche generali adot-teranno l'approccio indicato dal Patto globale per l'occupazione. Il Patto consiste in un pacchetto integrato di misure che mettono, al centro della risposta alla crisi, l'occupazione e la protezione sociale, e ha ricevuto un sostegno internazionale ai più alti livelli, compreso quello delle Nazioni Unite e del G20. Secondo il rapporto l'adozione continuata di misure fi scali di stimolo, se ben fo-calizzate sul lavoro, contribuirebbe a far crescere l'occupazione del 7% rispetto ad una situazione di sospensione prematura delle misure. Sempre secondo l'indagine, in base alle più recenti stime sulla crescita del Fmi, l'occupazione nei paesi con pil pro-capite elevato potrebbe non tornare alla si-tuazione precedente alla crisi, se non prima del 2013, a meno che non saranno adottate misure rigorose per stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro. Nei paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo, i livelli di occupazione potrebbero iniziare a riprendersi dal 2010, e raggiungere la situazione pre-crisi non prima del 2011.

A rischio oltre 40 milioni di postidi lavoro nel mondo

Da nove anni a questa parte, i timori principali degli svizzeri rimangono sempre quelli, con la disoccupa-zione nettamente al primo rango, seguita dalla sanità e dalla previdenza per la vecchiaia.Il 33. barometro del Credit Suisse sulle apprensioni della popolazione - condotto e fi ne estate dall’istituto Gfs.bern su un campione rappresentativo di 1.000 per-sone aventi diritto di voto - mostra che nel complesso la percezione della crisi non è così incisiva come nel 2001 dopo lo scoppio della bolla della new economy. Ad esempio, non si sono concretizzati i classici rifl essi come la trasposizione dei problemi verso l’esterno o la delegittimazione delle istituzioni politiche ed econo-miche. In ogni caso, la tradizionale fonte di maggior apprensione, il lavoro, ha compiuto un sostanzioso balzo in avanti (+13 punti) rispetto al 2008, raggiun-gendo il 66% del corpo elettorale. Si tratta di un livello quasi doppio rispetto alle preoccupazioni che seguo-

no in graduatoria: sanità e AVS (entrambe al 36%) in calo rispettivamente di 4 e 3 punti percentuali. Rispet-to al rilevamento precedente è nettamente cresciuto anche il timore per l’andamento dell’economia, ora al 27% (+10 punti). La crisi fi nanziaria/bancaria, per la prima volta nel-la lista, è ritenuta problematica dal 29% degli inter-rogati. In forte calo è invece la paura dell’infl azione (14%/-18).A perdere importanza sono state tematiche come pro-tezione dell’ambiente (17%/-3), questioni energetiche (9%/-6) e politica familiare (6%/-7), ma, in modo piut-tosto inatteso, anche la problematica degli stranieri. Sia gli argomenti riguardanti stranieri, rifugiati/diritto d’asilo, sicurezza personale, estremismo/terrorismo, sia i temi di UE e globalizzazione vengono valutati in modo analogo o addirittura meno preoccupante ri-spetto al 2008.

LA DISOCCUPAZIONE IN TESTA ALLE PREOCCUPAZIONI DEGLI SVIZZERI

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19n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Nei primi nove mesi del 2009, rispetto al corrispondente periodo dell’anno pre-cedente, il valore delle esportazioni ita-liane registra una fl essione del 23,1%,

dovuta a consistenti riduzioni tendenziali dei fl us-si sia verso i paesi Ue (-25,5%) sia, in misura più contenuta, verso i paesi extra Ue (-19,7%). Tutte le ripartizioni territoriali fanno rilevare fl essioni, con riduzioni superiori alla media na-zionale per quella insulare (-44,2%, dovuta alla forte riduzione del valore delle vendite all’estero di prodotti petroliferi raffi nati) e per quella me-ridionale (-27,2%); fl essioni inferiori alla media nazionale sono registrate, invece, dalla riparti-zione nord-occidentale (-22,5%), da quella nord-orientale (-22,4%) e dall’Italia centrale (-18%). La dinamica congiunturale, valutata sulla base dei dati trimestrali depurati della componente stagio-nale, evidenzia, nel terzo trimestre 2009 rispetto al trimestre precedente, variazioni positive delle esportazioni in tutte le ripartizioni. Gli incrementi più rilevanti si registrano per Italia nord-orientale (+4,7%) e Italia nord-occidentale (+4,3%).Nei primi nove mesi del 2009, rispetto al corri-spondente periodo del 2008, tutte le regioni fanno registrare una fl essione delle esportazioni, ad ecce-zione della Liguria (+8,8%, per il forte incremento delle vendite all’estero dei mezzi di trasporto). Fra le regioni che più contribuiscono ai fl ussi com-merciali con l’estero, le fl essioni maggiori riguar-dano Sardegna (-50%), Sicilia (-40,8%), Abruzzo (-35,7%), Marche (-28,4%), Puglia (-27,8%), Pie-monte (-25,9%), Emilia-Romagna (-25,4%), Lom-bardia (-22,6%) e Veneto (-20,7%). L’analisi dell’andamento delle esportazioni per area di sbocco nei primi nove mesi del 2009, ri-spetto al corrispondente periodo dell’anno prece-dente, mette in evidenza come la fl essione delle esportazioni dell’area nord-occidentale, pari al 22,5%, abbia interessato maggiormente i fl ussi ver-so i paesi Ue (-26,9%), con variazioni particolar-mente negative verso Spagna, Regno Unito e Ger-mania. Per i paesi extra Ue (-15,7% nel loro com-plesso) si rilevano fl essioni marcate verso Russia,

Turchia, Brasile, paesi Mercosur, Sudafrica e India. La fl essione delle esportazioni dell’Italia nord-orientale (-22,4%) deriva da tendenze omogenee dei fl ussi verso le due principali aree di sbocco: i fl ussi diretti verso i paesi Ue (-22,9%) segnano diminuzioni particolarmente rilevanti per Regno Unito e Spagna. L’export diretto verso i paesi extra Ue (-21,6%), registra diminuzioni particolarmente signifi cative verso Russia, Sudafrica, Messico, Co-rea del Sud, Turchia e Stati Uniti; i fl ussi diretti ver-so la Cina mostrano, invece, un lieve incremento.La contrazione delle esportazioni generate nell’Ita-lia centrale (-18%) è dovuta soprattutto alla ca-duta dei fl ussi diretti verso i paesi Ue, diminuiti del 19,2%, con fl essioni rilevanti verso Spagna e Germania. Nell’area extra Ue (-16,5%) diminu-zioni signifi cative si registrano per le esportazioni verso Messico, Russia, India, Stati Uniti, Sudafri-ca, paesi ASEAN e Turchia; mentre incrementi si sono registrati per Cina, Svizzera e Corea del Sud. Nell’area meridionale e insulare la fl essione del-le esportazioni (-33,6%) è più intensa per i fl ussi diretti verso i paesi Ue (-34,5%), rispetto a quella rilevata per le esportazioni dirette verso i paesi ex-tra Ue (-32,4%). Verso i paesi Ue decrementi rilevanti riguardano Spagna e Francia. Per i paesi extra Ue, fl essioni si-gnifi cative si registrano per Messico, Russia, paesi Asean, Turchia, paesi EDA, Brasile, Stati Uniti, pa-esi Mercosur e Corea del Sud; aumenti si rilevano, invece, per India e Svizzera.

Studio Istat sulle “esportazioni regionali italiane’

In calo soprattuttoquelle verso i Paesi Ue

Aumenta l’export dalle regioni del Centro-sud verso la Svizzera

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21n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

L’inganno del falso Made in Italy a tavola dovuto alla vendita in Italia di prodotti ali-mentari pagati come italiani senza esserlo per la mancanza dell’obbligo di indica-

re l’origine in etichetta, costa ben 4,2 miliardi. È quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che in Italia gli inganni del fi nto Made in Italy riguar-dano due prosciutti su tre venduti come italiani ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta - che è ot-tenuta da grano che non è stato coltivato in Ita-lia all’insaputa dei consumatori - e la metà delle mozzarelle non a denominazione di origine - che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere. Secondo l’indagine Coldiretti/Swg, quasi la metà degli Italiani (47%) ritiene un alimento realizza-to con prodotti coltivati o allevati interamente in Italia valga almeno il 30% in più. La superiorità del Made in Italy alimentare è attribuita nell’or-dine al rispetto di leggi più severe, alla bontà e freschezza e alla garanzia di maggiori controlli. La fi ducia degli Italiani nel Made in Italy rispetto ai prodotti stranieri è massima per l’alimentazione (92%) e la moda (63%), ma rimane alta anche per l’arredamento (48%) e i prodotti di bellezza (48%) mentre scende per l’auto (23%) e per apparecchi elettronici, computer o elettrodomestici (16%). In generale, per quanto riguarda la qualità, i con-correnti più temibili del Made in Italy secondo i consumatori italiani sono i francesi e i tedeschi, mentre all’ultimo posto si classifi cano i cinesi. La situazione è diversa per l’alimentare dove, a diffe-renza degli altri settori, i prodotti italiani - rileva la Coldiretti - sono giudicati di gran lunga supe-riori rispetto a quelli provenienti dai diversi paesi esteri mentre i prodotti tecnologici perdono con i giapponesi e la moda pareggia con i francesi. Da rilevare che più di otto italiani su dieci (l’84%) sono d’accordo sul fatto che - continua la Coldi-retti - per rilanciare l’economia oggi sia necessario comperare prodotti fatti interamente in Italia. L’at-tenzione all’origine del prodotto è evidenziata dal

fatto che ben il 97% degli Italiani ritiene che dovreb-be essere sempre indicato il luogo di allevamento o coltivazione dei prodotti contenuti negli alimenti. Il pressing della Coldiretti ha portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’orto-frutta fresca, all’arrivo dal primo gennaio 2004 del codice di identifi cazione per le uova, all’obbligo di indicare in etichetta, a partire dal primo ago-sto 2004, il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, all’obbligo scattato il 7 giugno 2005 di indicare la zona di mungitura o la stalla di pro-venienza per il latte fresco, all’etichetta del pollo Made in Italy per effetto dell’infl uenza aviaria dal 17 ottobre 2005 e all’etichettatura di origine per la passata di pomodoro a partire dal 1 gennaio 2008. Dal primo di luglio è arrivato anche l’obbligo di indicare l’origine delle olive impiegate nell’extra-vergine, ma molto resta ancora da fare e per ol-tre il 50% della spesa - ha concluso la Coldiretti - l’etichetta resta anonima per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vege-tali, ma anche per il latte a lunga conservazione e per i formaggi non a denominazione di origine. Il presidente di Coldiretti ne è convinto: “mettere in trasparenza la provenienza di quanto portiamo in tavola non solo aumenta il potere contrattuale delle imprese agricole, ma protegge dalle psicosi nei consumi provocate anche da emergenze in paesi lontani e fornisce un servizio essenziale ai cittadini consumatori poiché favorisce i controlli e consente di fare scelte di acquisto consapevoli”.

A tavola il falso Made in Italy costa 4,2 miliardi

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23n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Il sottosegretario Letta, dopo aver portato il saluto del Presidente del Consiglio, assente perché “im-pegnato in una delicata missione in Bielorussia”, ha sottolineato l'importanza delle comunità italia-ne all’estero. “Voi siete l'eredità di 20 milioni di Ita-liani che emigrarono dopo l'unità fi no alla scoppio della prima guerra mondiale”, ha proseguito, “e di altri dieci che anche dopo scelsero volontaria-mente, ma più spesso per necessità, di costruire un futuro per sé e i propri fi gli fuori dalle nostre fron-

tiere”. Il Sottosegretario di Stato ha poi ricordato: “parliamo di milioni di persone presenti oggi, caso unico al mondo, in tutti i continenti ed integrate nella quasi totalità dei Paesi di voto o di nascita. Persone che conservano un sentimento di unità e di appartenenza che possono apportare molto sia di creativo che di costruttivo”. Riprendendo i temi dibattuti, tra cui la questione della promozio-ne del Sistema Paese e, in particolare l’attività di divulgazione della lingua e della cultura italiana

Conferenza Permanente Stato–Regioni e Province Autonome–CGIE

Trovare il sistema di fare sistema

Si chieda al sistema delle Regioni, al Governo Centrale e al CGIE ‘’di lavorare con una più stretta ed effi cace sinergia per portare avanti progetti che coinvolgano gli italiani all’estero e particolarmente i giovani’’: dalla Conferenza, poi, è emersa la necessità di ‘’trovare una sede di confronto stabile tra i tre organismi che si sono confrontati oggi’’, lavorando in una logica tesa a ‘’fare Sistema’’ tra le Istituzioni ‘’per promuovere al meglio, magari proprio attraverso gli italiani nel mondo, ‘il Sistema Italia nel suo complesso’’’. Con queste parole il Vice Presi-dente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome Michele Iorio (Presidente della Regione Molise) ha concluso i lavori della Terza Assemblea Plenaria della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) che si è svolta a Roma lo scorso 30 novembre, nella superba cornice di Villa Madama, L’Assemblea è stata coordinata dal Sottosegretario agli Affari Esteri, Alfredo Mantica, e ha visto gli interventi, ol-tre che di parlamentari e membri del CGIE, del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta, che ha parlato anche a nome del Presidente Silvio Berlusconi e del Ministro degli Esteri Franco Frattini.

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nel mondo, si è detto convinto che “alla cultura è affi dato il compito di mantenere alta l'immagine dell'Italia e degli italiani. La nostra cultura deve es-sere garanzia di solidità ed azione propulsiva per un futuro che non può che vedere il nostro Paese sempre protagonista nell'interazione con le altre culture”. “Occorre quindi costruire politiche com-plessive” per promuovere al meglio il Sistema Pa-ese e per “affrontare le molteplici sfi de della realtà internazionale ottimizzando le risorse per evitare dispersioni”. In tal senso il Sottosegretario di Stato alla Presi-denza del Consiglio, ritiene che si rendano neces-sarie “politiche che consentano di attuare vere e proprie strategie di infl uenza” e in grado di “ali-mentare un dialogo che favorisca la diffusione del-la lingua. Politiche che non siano solo strumenti di penetrazione commerciale ma anche una politica nazionale globalmente intesa”.

L’internazionalizzazione non è una formula“Molteplici sono gli attori dentro e fuori le frontie-re, attori istituzionali come Stato, Regioni, Provin-cie Autonome, Cgie, Camere di Commercio, una somma di realtà di valori positivi, di creatività e immaginazione. L'internazionalizzazione del Siste-ma Paese non è una formula”, ha precisato Letta, “ma è una necessità con la quale quotidianamente confrontarsi per scelte programmatiche globali”. In tale direzione “i nostri connazionali all'estero pos-sono arrecare un grosso contributo d'intelligenza, di conoscenza, di prestigio e di valore assoluto”. Concludendo, il Sottosegretario ha affermato che

“l'Italia di oggi deve essere sensibile alle necessità e contemporaneamente attenta alle aspirazioni di quanti rappresentano il nuovo fenomeno dell'emi-grazione”, fenomeno che secondo Gianni Letta, “oggi va reinterpretato e valorizzato”. “Tutti insie-me potremo divenire artefi ci di un futuro migliore, benefi ciando del prezioso contributo di tutti, som-mando impegno e conoscenza, aspirazioni allo sviluppo e alla dignità della condizione umana”.Alle parole di Gianni Letta hanno fatto eco quelle del Ministro degli Esteri, Franco Frattini, secondo il quale: “il profi lo degli italiani all'estero è profon-damente cambiato sotto molti aspetti. Dobbiamo guardare ad una nuova identità dell'emigrazione italiana, ricercatori, professionisti, operatori econo-mici, studenti che rappresentano una risorsa pre-ziosa per il nostro Paese”. Come Governo “guardiamo a queste realtà come ad una risorsa, ad un valore aggiunto all'identità del Paese portando un messaggio positivo”. Anche gli italiani all'estero, ha dichiarato Frattini, sono “consapevoli che l'Italia sta cambiando” ed “è cresciuta la consapevolezza che bisogna guar-dare ad un'Italia nuova e moderna pronta a co-gliere le opportunità e le sfi de sulla scena interna-zionale”. Il Ministro ha ricordato che l'Italia è di-ventata “parte di una sfi da globale che ci chiama a nuove responsabilità e siamo stati chiamati a con-tribuire alla pacifi cazione ed alla stabilizzazione di grandi aree di crisi del mondo dove siamo presenti con la nostra immagine, la nostra cooperazione, per produrre sicurezza e non più solo consuma-re sicurezza. Un ruolo nuovo, che ha oltrepassa-

Il Sottosegretario agli Affari Esteri, Alfredo Mantica, ha aperto i lavori della Conferenza. Al tavolo della presidenza si riconosco-no il Vice Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome Michele Iorio (secondo da sin.), il segretario generale del CGIE Elio Carozza.

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to quell'agenda regionale domestica che esisteva fi no alla caduta del muro di Berlino”. “Questa im-magine di una politica internazionale del presente e del futuro”, ha aggiunto, è la testimonianza “di un'Italia che cresce e di un'Italia che cambia”, che riformula la sua identità.

Sull’identità non ci si può dividereQuello dell'identità, ha sottolineato Frattini è un tema chiave anche nel dibattito europeo, “tocca i diritti fondamentali di tutti, dei gruppi e dei singo-li. La presenza qui oggi delle varie rappresentanze istituzionali ci dice come sul tema dell'identità non ci si possa dividere, si deve essere davvero uniti nell'affermare valori e principi”. Ed è di fondamentale importanza proprio in un momento come questo in cui “l'Italia è diventato Paese d'immigrazione ed è chiamata a rifl ettere su di un'emigrazione che signifi ca rispetto delle leggi, legalità, ma anche accoglienza e integrazione sen-za negare e perdere la propria identità”. Per il titolare della Farnesina dunque “i principi della solidarietà ed accoglienza non possono met-tere in discussione la nostra storia e la nostra cultu-ra” e quindi “quanto più saremo forti nel difendere e preservare le nostre radici tanto più saremo in condizione di integrare le identità degli altri”.La cittadinanza, infi ne, è solo “la conclusione di un percorso fatto di dialogo ma anche di rispetto delle regole e della cultura del nostro Paese”. Al fi ne di valorizzare questa identità italiana ol-tre confi ne per Frattini è necessario che “il Sistema Italia faccia sistema, per raccogliere le opportunità

che le comunità all'estero rappresentano. Oppor-tunità frutto del capitale umano e dell'impegno ma anche di un'azione politica e strategica di saper dialogare con ogni Paese del mondo”.Si collocano in questo ambito, anche le nuove ini-ziative della Farnesina come l'innovativo “conso-lato digitale che attraverso una piattaforma digitale permetterà ai cittadini di usufruire di informazioni utili, di sbrigare le procedure più complesse, il pas-saporto, l'iscrizione all'Aire”, nato dalla necessità di “migliorare i servizi offerti alle comunità italiane nel mondo” e “dal progetto di dare maggiore slan-cio alla rete degli uffi ci all'estero”. Con la consa-pevolezza che è necessario “rafforzare e costruire una rete di diplomazia economica, già auspicato anni fa dal Presidente del Consiglio, in modo da tutelare gli interessi nazionali, delle nostre aziende e dei nostri territori”.Infi ne, Il Ministro degli Esteri si è detto concor-de sull’urgenza di “defi nire una strategia globale per promuovere la diffusione della lingua italiana, biglietto da visita della nostra identità che molti cominciano a studiare ed imparare nel resto del mondo. Per questo”, ha concluso, “occorre un ap-proccio sistematico e sapere dove e come la lingua italiana può essere polo per attività culturali”.

Pag. 23: I lavori della Terza Assemblea Plenaria della Con-ferenza Permanente Stato-Regioni-Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) che si è svolta a Roma lo scorso 30 novembre, nella superba cornice di Villa Madama.

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta, durante il suo intervento con il Ministro degli Esteri Franco Fratini seduto al tavolo della Presidenza accanto al sottosegretario Mantica.

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26n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Natuzzi Svizzera si rivolge ad un pubbli-co selezionato: dai 25 anni in su con status economico sociale medio alto.Sul territorio è presente con 5 negozi

di proprietà e con 6 shopping shop: delle aree dedicate che riproducono un negozio Natuzzi all’interno di un altro negozio di mobili. Quattro di questi sono allestisti dentro negozi di Mobili Pfi ster. Cinque sono i punti vendita in Svizzera romanda: due di proprietà e tre shopping shop; sei quelli nella Svizzera tedesca: tre di proprietà e tre shopping shop.Già stanziati, a fi ne anno, sostanziosi investimenti: per rinnovare gli shopping shop collocati presso Pfi ster e un negozio di proprietà nella svizzera francese. Obiettivo: di rendere più omogenee e più funzionali le superfi ci di vendita.Un segnale che la crisi non sta lasciando segni profondi, anche se, precisa Rezzin, non è che non se ne sia risentito. Semmai è il modo di affrontarla, senza timori, con particolare attenzione ai dettagli

e nell’atteggiamento nei confronti della clientela che ha permesso di confermare anche nel 2009 una crescita rispetto ad un 2008, nel quale la ci-fra d’affari era aumentata del 18% nei confronti dell’anno precedente. Comprensibile, pertanto, la scelta di continuare ad investire sul mercato sviz-zero, dove, oltre agli interventi già accennati, si in-tende riposizionare il negozio di Zurigo - in nuova sede più rappresentativa, sempre nel centro della città che ne aumenti la visibilità - mentre è già in fase di avanzata valutazione l’opportunità di aprir-

Stefano Rezzin, Country Manager Natuzzi Switzerland AG

Un manager prudente, ottimista per natura

di Giangi Cretti

Italiano, nato e cresciuto in Svizzera, da due anni e mezzo è alla guida di Natuzzi in Svizzera in Austria. Nel suo ruolo di Country manager avrebbe voluto fare di più: non tan-to, o non solo, in termini di fatturato, quanto piuttosto in termini di cambiamenti strategici.Il gruppo ha da poco compiuto 50 anni. In Svizzera è presente da quasi 8 e, complice il fatto di poter contare su un marchio con una consolidata fama internazionale, anche in un momento di crisi può guardare al futuro con prospettive di espansione. Di quali e di quale natura Stefano Rezzin ce ne ha parlato nel cor-so di un incontro che abbiamo avuto a Zurigo a poche settimane dalla fi ne del 2009

Stefano Rezzin country manager Natuzzi Switzerland AG.

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27n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

ne un altro nei pressi di Pratteln. A breve medio termine, nel giro di un paio d’anni, nuove aperture sono previste anche nei pressi di Berna e di Gi-nevra. Contemporaneamente si stanno sondando le possibilità di aprire degli shopping shop nella Svizzera centrale e nella regione fra San Gallo e il Grigioni. Fondamentale in questa operazione, la fase di pianifi cazione che, oltre ad una conoscen-za del territorio, deve considerare anche una seria valutazione sulla dimensione del bacino d’utenza su cui si possa ragionevolmente contare. Tenendo conto che non è un fatto marginale il fatto che nel-la zona, dove s’intenda essere presenti in futuro, ci sia una buona presenza di connazionali. Ma non solo. Infatti, a secondo della realtà, è comunque importante anche poter contare su una clientela internazionale. Numerosi sono clienti, in modo particolare in città come Zurigo, che entrano in un negozio Natuzzi, perché lo hanno già conosciuto a Londra piuttosto che a Dubai. Sono segnali dei buoni risultati che si ottengono potenziando una strategia di costumer care, nella piena convinzione che la soddisfazio-ne del cliente sia una pubblicità molto redditizia in termini di ritorno di immagine. “Noi – puntua-lizza Rezzin – il motto ‘soddisfatti o rimborsati’ lo applichiamo alla lettera”. E i risultati si vedono.Accanto alla ristrutturazione fi sica e all’intenzione di potenziare la presenza sul territorio, In fase di ripensamento è anche il concetto di Natuzzi Sviz-zera: non più solo, o comunque soprattutto, diva-ni, ma anche mobili, che consentano di respirare un’atmosfera di domestica eleganza che si avvici-ni ad una logica di total living. Un cambio di pas-so, e per certi versi culturale, voluto dall’azienda, per adeguarsi ad un mercato internazionale che non si accontenta del monobrand. Ne deriva che anche l’architettura dei negozi deve essere ade-guata. Ecco spiegata, almeno in parte, anche la decisione di procedere al rinnovamento fi sico dei punti vendita.D’altro canto, uscire dalla logica del monopro-dotto signifi ca anche smarcarsi dalla concorrenza

stretta, in quanto in un concetto di total living, ol-tre al prodotto stesso e al prezzo, assumono mag-gior importanza gusto, colori, consulenza. Va da sé, nella convinzione di poter disporre di quella qualità e di quella creatività che consente di di-stinguersi.Rezzin ne è convinto: avere alle spalle un marchio affermato come Natuzzi è indubbiamente un va-lore aggiunto che facilita nell’accesso dei merca-ti esteri. D’altro canto, sottolinea: “Made in Italy è già un marchio di per sé”. Nel caso specifi co, aiuta avere alle spalle un’azienda con 50 anni di storia. D’altronde, non può essere un caso se il primo mobilifi cio svizzero accetta di ospitare nei suoi spazi espositivi un‘area espressamente dedi-cata al prodotto Natuzzi.Neppure è un caso se un’azienda, che cinquant’an-ni fa prende le mosse dall’intuizione di un signore, che ha realizzato un salotto lo ha fotografato ed è andato negli Stati Uniti a farlo vedere ai grandi gruppi d’acquisto per vedere se poteva venderlo, è oggi presente in tutto il mondo con 900 punti vendita. Evidentemente si trattava di un’idea vin-cente. La stessa che in fi n dei conti consente an-cora oggi di proporsi su un mercato come quello svizzero, esigente e multiculturale, che apprezza la qualità, con la consapevolezza di poter reggere la concorrenza.Lo confermano i numeri, che, come detto, in un contesto dove predominano le cifre rosse, segna-lano un trend in crescita. Lo testimoniano anche i contatti che si instaurano con importanti gruppi d’acquisto svizzeri, che numerosi mostrano il loro interesse a stringere collaborazione con Natuzzi. L’esperienza internazionale del gruppo Natuzzi, consente di rispondere alle esigenze di un pubbli-co differenziato come quello della Confederazio-ne elvetica fortemente caratterizzato da una gran varietà di culture, di lingue e di religioni, pertanto di usi, costumi e abitudini. Ciò comporta una par-ticolare attenzione alle tipologie di pubblico, da cui discende una strategia di vendita il più possi-bile mirata.

Le suggestive atmosfere del mediterraneo e i mercati internazionali. Una tradizione artigiana, sinonimo di qualità, cura e stile italiano e le dimensioni di un le-ader globale. Da questa originale unione, nasce la fi sionomia del Gruppo Natuzzi, creato nel 1959 e guidato da Pa-squale Natuzzi, Presidente, Amministratore Delegato e stilista. Con un fatturato pari a 666,0 milioni di euro, rea-lizzato nel 2008, il Gruppo Natuzzi è la più grande azienda italiana nel settore dell’arredamento ed è uno dei leader mondiali nel segmento dei divani in pel-le. La holding Natuzzi S.pA. è l’unica azienda non

americana del settore arredamento quotata a Wall Street dal 1993. Il Gruppo Natuzzi esporta il 90% della produzione in 123 mercati e detiene le maggiori quote di mercato in Europa con il 61 % e in America con il 31%. Due le sedi commerciali: Shanghai per l’Asia, High Point in North Carolina, per le Americhe. Ma il quartier gene-rale, cuore e mente del Gruppo, rimane a Santeramo in Colle, nel sud dell’Italia. Ogni giorno 4000 persone, in 123 diversi paesi, nei cinque continenti, scelgono un prodotto Natuzzi per arredare la propria casa: un successo costruito in oltre 50 anni di lavoro, idee creative ed innovazioni.

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29n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Di alcune settimane è il caso di uno stu-dente tredicenne di Torino che, all’in-terno dei locali scolastici, durante il cambio d’ora, è stato aggredito da due

compagni di classe che lo hanno marchiato a fuo-co sul braccio destro. Questi casi estremi sono, però, solamente la punta dell’iceberg del feno-meno, per capire il quale occorre fare un passo indietro e defi nire esattamente che cosa si intende per bullismo.Nella letteratura psicologica internazionale con tale termine si fa riferimento al “fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico. In particolare con il termine bullismo si intende riunire aggressori e vittime in un’unica categoria”. Tale defi nizione lascia spazio a un’ul-teriore considerazione di carattere prettamente sociale, ossia al fatto che il fenomeno del bulli-smo è in continua crescita nella scuola, essendo quest’ultima divenuta il maggior centro di socia-lizzazione per bambini e ragazzi. A questo propo-sito, è rimasta signifi cativa la defi nizione di bulli-smo data da Olweus, uno dei maggiori studiosi ed esperti del fenomeno a livello mondiale, secondo il quale “Uno studente è oggetto di azioni di bul-lismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”. In ogni caso per parlare di bul-lismo è necessario che vi sia un’asimmetria nella relazione tra i soggetti interessati.

La violenza entra in aulaInfatti, se un tempo la maggior parte delle rela-zioni sociali e di comunicazione connotate da ag-gressività si svolgevano al di fuori dell’ambiente scolastico e si risolvevano sovente in giochi e gare tra bambini e ragazzi, che fi nivano per diluire ed evitare casi di particolare gravità, oggi un’organiz-zazione sociale che costringe i minori a passare la

maggior parte del loro tempo a scuola e presso la propria abitazione fa sì che gli episodi di bullismo siano sempre più frequenti all’interno degli edifi -ci scolastici e durante l’attività didattica. Natural-mente nell’insorgenza dei fenomeni di bullismo è particolarmente rilevante l’educazione famigliare, che in alcuni casi negativi riesce a infl uire sul cor-retto sviluppo cognitivo ed emotivo dei minori, sia nei confronti delle persone che li circondano, sia della società in senso lato.

Le dimensioni del fenomenoMa qual è la reale portata del fenomeno in que-stione? Da recenti studi, condotti in Italia, emerge che oltre il 50% degli studenti intervistati ha rife-rito di essere stato vittima di episodi di bullismo e di questi il 33% ne sono vittime ricorrenti. Di questi l’11,6% ha dichiarato di aver subito tali epi-sodi qualche volta, mentre l’1,7% tutti i giorni. Il gruppo più numeroso che ha subito prepotenze è quello dei ragazzi di età sotto i 14 anni (Studio

Un’indagine condotta tra gli studenti ha evidenziato che oltre il 50% degli intervistati ne è stato vittima

La macchia nera del bullismo Il fenomeno ha assunto negli ultimi anni una rilevanza

e una diffusione sempre maggiore all’interno della nostra società, come testimoniano i recenti casi di cronaca

di Gabriele Fodella*

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realizzato dall’Associazione Villa Sant’Ignazio per conto della Provincia di Trento). Occorre anche individuare quali siano le forme di prepotenza maggiormente ricorrenti nei casi noti. Innanzitutto è rilevante come le prepotenze di natura verba-le (prese in giro, offese, calunnie, minacce) siano nettamente prevalenti rispetto a quelle di tipo fi si-co (botte, danni alle cose, furti). Non bisogna, poi, dimenticare quelle forme di bullismo meno evidenti, ma altrettanto gravi, che consistono in violenze psicologiche, isola-mento ed esclusione dal gruppo, manipolazione dei rapporti di amicizia all’interno dell’ambiente scolastico.

Il tema della responsabilitàDopo aver analizzato per sommi capi il fenomeno del bullismo e la sua attuale portata, è necessa-rio prendere in esame le responsabilità giuridiche sussistenti non solo in capo a chi commette atti di prepotenza nei confronti dei propri compagni, ma anche in capo a genitori, insegnanti, dirigenti scolastici e personale non docente. Molti dei com-portamenti sopra elencati possono essere violativi sia della legge penale, sia di quella civile. Le bot-te infl itte a un compagno, per esempio, possono confi gurare il reato di percosse (art. 581 c.p.) o lesioni (art. 582 c.p.) a seconda delle conseguenze dei fatti posti in essere, mentre le offese possono confi gurare il reato di ingiuria (art. 594 c.p.). In particolare occorre esaminare entrambe le forme di responsabilità previste dall’ordinamento giuri-dico italiano, ossia quella penale e quella civile. La responsabilità penale è personale e, dunque, il primo e principale soggetto che dovrà rispondere dei fatti commessi è l’autore stesso, sottolinean-do che solamente le persone maggiori dei 14 anni sono imputabili, non escludendosi un’eventuale responsabilità degli insegnanti, in linea di massi-ma, per mancata vigilanza sugli alunni e, dunque, per fatti meramente omissivi. Anche in relazio-ne alle richieste di risarcimento in ambito civile, le richieste della vittima possono incombere sia sull’autore del fatto dannoso, sia sui soggetti depu-tati alla sorveglianza e all’educazione di quest’ul-timo, nel caso in cui egli sia minorenne.

Le norme sulle responsabilitàIl sistema della responsabilità giuridica degli ope-ratori scolastici è normato, in primo luogo, dal di-sposto dell’art. 28 della Costituzione, la quale sta-bilisce che “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, de-gli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stato e agli altri enti pubblici”. In secondo luogo l’art. 2048 del codice civile stabilisce che “I precettori e coloro che inse-gnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”. È questa la cosiddetta culpa in vigilan-do, in relazione alla quale l’unica esimente per gli insegnanti è quella di dimostrare di non aver potu-to impedire il fatto poiché il medesimo si sarebbe manifestato in modo imprevedibile, repentino e improvviso. Con la responsabilità degli insegnanti concorre, poi, quella dei genitori sempre in forza del contenuto dell’articolo 2048 del codice civile. In questo caso si parla di culpa in educando e la prova che i genitori dovranno fornire per andare esenti da qualsivoglia responsabilità è quella di aver impartito al minore un’educazione adeguata a impedire il fatto illecito. È questa una probatio diabolica, poiché la stessa commissione del fatto dannoso da parte del minore dimostrerebbe, di per sé, l’inadeguatezza dell’educazione da quest’ul-timo ricevuta. Resta ancora da esaminare la re-sponsabilità dei dirigenti scolastici, sui quali non incombono doveri di vigilanza degli alunni, ma obblighi di adottare e porre in essere tutte quelle misure utili a garantire la sicurezza nell’ambiente scolastico e la disciplina tra gli alunni. Quali soluzioni? L’esperienza scandinavaIn conclusione possiamo affermare che il bulli-smo è un fenomeno particolarmente grave, che ha rifl essi sociali negativi non solo nell’attualità ma anche in prospettiva futura. Da ricerche in materia, infatti, è emerso che i bulli crescendo hanno molte più probabilità di com-mettere reati anche gravi, mentre le vittime risulta-no essere maggiormente esposte alla depressione in età adulta, con un’autostima più bassa rispetto a persone che in gioventù non sono state vittime di prepotenze. Sono dunque auspicabili degli in-terventi, in primo luogo in ambito scolastico, al fi ne di ridurre drasticamente il fenomeno. A tal proposito in alcuni paesi nordici è stato adottato un programma di intervento elaborato da Olweus che ha portato a una riduzione degli atti di bulli-smo che sono diminuiti anche del 50%. I princi-pi base elaborati da Olweus al fi ne di modifi care il comportamento aggressivo di alcuni studenti consistono, innanzitutto, nel creare un ambiente scolastico caratterizzato da affetto ed interessi po-sitivi anche mediante un maggior coinvolgimen-to e consapevolezza del fenomeno da parte degli

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adulti. Il sistema prevede sanzioni punitive verso gli atti di prevaricazione e prepotenza stabilite e rese note a tutti gli allievi, che tuttavia non devono consistere in coercizioni fi siche. Gli adulti, siano essi insegnanti o genitori, sono invitati ad adottare un comportamento autorevole ma aperto al dialo-go, onde comprendere eventuali fattori di disagio del minore. Il metodo di Olweus, in sintesi, è fi na-

lizzato a responsabilizzare gradualmente gli alun-ni, orientamento che offre indicazioni utili anche al sistema educativo italiano, dove troppo spesso gli insegnanti sono spinti a esercitare più il ruolo dei sorveglianti, piuttosto che degli educatori, nei confronti degli alunni.

*Comitato Italiano dell’Assicurazione di Tutela Legale

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di Nico Tanzi

BENCHMARK Cosa succederànel 2010? Otto trendda tener d’occhio per comunicare meglio

Ogni anno, molti fra quanti si occupano di “trend-watching” non resistono alla tentazione di azzardare una previsione per l’anno che sta per arrivare. Ecco alcune delle tendenze più gettonate fra quelle relative ai trend di marketing, con un’attenzione particolare per le attivi-tà legate a Internet. È un elenco parziale e molto sinte-tico, che può forse offrire qualche spunto di rifl essione, ma non va certo considerato esaustivo, né tantomeno scientifi co. Piuttosto una sorta di oroscopo, organizza-to per parole-chiave. Nel 2010 vedremo se l’astrologo (gli astrologhi) hanno azzeccato le previsioni.Social Media. In molte aziende se ne discute parec-chio, ultimamente. La domanda più ricorrente è: ma dobbiamo proprio entrarci? Vale a dire, è davvero ne-cessario investire tempo e risorse per essere presenti sui cosiddetti social networks? La domanda – come nota Paolo Bolpet in un intervento in rete – ricorda la domanda che si facevano le aziende una quindicina d’anni fa: ma è davvero indispensabile essere presenti su internet? Info DOC. Blog, siti di informazione, e-mail, gruppi su Facebook, passaparola, “tweets” (micro-messaggi diffusi con Twitter), newsletter… Il problema non è in-formarsi, ma difendersi dall’eccesso di notizie. È una dura battaglia. Per vincerla è necessario individuare le fonti giuste: quelle che ci offrono le informazioni che ci servono, nel momento giusto, con la massima at-tendibilità. No password. Inserire i propri dati: nome/cognome/professione/data di nascita/indirizzo e-mail/userna-me/password… Aaaargghhh! Basta! Non abbiamo più il tempo di compilare moduli di registrazione ogni vol-ta che vogliamo accedere a un sito di e-commerce, o anche solo ricevere una newsletter promozionale. Scherzi a parte, alla lunga questa insofferenza rischia di diventare un problema, e soprattutto di rallentare la crescita dei servizi online, a pagamento e non. Videonews. C’è chi stenta a crederci. In effetti è una bella botta, per quelli che sono abituati a girare spot costosissimi e spendere cifre astronomiche per farli passare in televisione. Tenetevi forte: con YouTube, i mezzi non servono più: bastano le idee. Un buon video si diffonde come un vi-rus, e gratis, per di più. Inoltre, rispetto agli spot tv, un video che gira in rete non è una fastidiosa interruzione del vostro programma preferito. Anzi!

Cellulari. C’è già una nuova mutazione genetica in atto nel popolo della rete, ed è una mutazione di carattere generazionale. I più giovani, quelli che sul web ci stanno soprattutto per comunicare nei social networks, hanno cominciato a usare quasi più il telefonino del compu-ter, per le loro navigazioni online. Non a caso l’universo iPhone si è trasformato nel paradiso delle “apps”, le applicazioni dedicate. È una tendenza forte, ed è sfrut-tabile in modo relativamente facile. Come ha fatto, un esempio fra migliaia, la Illy distribuendo gratuitamente una applicazione che permette di ricercare con l’iPhone il bar più vicino dove bere un caffè (Illy, of course). Facebook. Se siete in Facebook ve ne sarete già ac-corti: sempre più persone tendono a mandare messag-gi non più attraverso la posta elettronica tradizionale, ma via Facebook, appunto. Questo rafforza la posizio-ne del più grande social network del mondo (che ha raggiunto quota 300 milioni di iscritti) e rende ancora più realistica l’ipotesi che il web presto smetterà di es-sere google-centrico per eleggere a bussola suprema il giocattolo di Mark Zuckerberg. No service. Avete presente il bancone della frutta e verdura al supermercato, dove ci si infi la il guanto, si infi la la merce nel sacchetto, la si pesa, si incolla sul sacchetto l’etichetta con il prezzo e si mette il tutto nel carrello? Oppure quei negozi di abbigliamento in cui si sceglie, si prova e si va alla cassa senza che nessuno se non ne abbiamo voglia ci rivolga la parola? No ser-vice. La tendenza va incontro a un innato bisogno di autonomia e di indipendenza, e potrebbe diffondersi in bar, hotel, ristoranti. Crowdsourcing. “Un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme di persone non già organizzate in un team attraverso degli strumenti web o comunque dei portali su inter-net. Inizialmente il crowdsourcing si basava sul lavo-ro di volontari ed appassionati che dedicavano il loro tempo libero a creare contenuti e risolvere problemi. La community open source è stata la prima a trovar-ne benefi cio. Oggi il crowdsourcing rappresenta per le aziende un nuovo modello di open enterprise, e per i freelance la possibilità di offrire i propri servizi su un mercato globale”. Traggo la defi nizione non a caso da Wikipedia, a sua volta il maggior esempio al mondo di crowdsourcing volontario.

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Cio’ che pratichiamo dal 1958 ha oggi un nome: Fair-Relationship-Banking.

Tutte le pubblicazioni bancarie affermano che il cliente è il «centro dell’attenzione»: cosa signica concretamente questa frase? E come fare per non perdere di vista questo «centro dell’attenzione», fra i tantissimi impegni di un’azienda moderna?

Da più di 50 anni Finter Bank Zurich, banca svizzera di qualità, percorre la propria strada in autonomia: la nostra presenza sul mercato è sempre stata molto riservata, ma chi ha voluto conoscerci meglio ha presto scoperto che da noi il concetto di «valori» assume un’importanza molto rilevante.

Fair-Relationship-Banking è ciò che i clienti possono chiederci e che noi dobbiamo dare loro: per tutti i clienti che non si accontentano di promesse, ma che desiderano provare davvero quanto possa essere diverso il Private Banking.Per ulteriori informazioni > www.finter.ch

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Sedi e Affiliata: Lugano, Chiasso, Nassau BahamasAssicurazione vita: FinterLife Vaduz Liechtenstein

Fair-Relationship-Banking

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di Luigi Cortese

BUROCRATICHE

Non basta che la multa stradale sia sbagliata nell’in-dicazione dell’articolo violato per vincere il ricorso ed ottenere l’annullamento del verbale. Lo ha capito bene un automobilista indisciplinato che è stato piz-zicato dai vigili urbani senza fare uso delle cinture di sicurezza. Nonostante il verbale fosse sbagliato nell’indicazione dell’articolo violato il Giudice di Pace ha confermato l’accertamento e la Corte di Cassa-zione sez. II civ., con la sentenza n. 8885 del 14 aprile 2009 ha confermato questa linea interpretati-va. In tema di infrazioni amministrative, specifi ca in-fatti il collegio, «l‘obbligo di contestazione prescritto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14 a tutela del diritto di difesa del trasgressore, deve ritenersi osservato anche in presenza, nel relativo verbale, di errori circa la individuazione della norma applicabile, ove risulti che detti errori non abbiano in concreto implicato un pregiudizio per il diritto di difesa dell‘incolpato, in relazione alle facoltà accordategli dagli art. 16 e 18 della citata legge». In buona sostanza vale la multa anche se formalmen-te non perfetta purché gli errori letterali non limitino il diritto di difesa del trasgressore.

Sospensione della patenteLievita il periodo minimo di sospensione della paten-te in caso di più infrazioni al codice della strada. L’au-tomobilista che ha compiuto più reati, ad esempio, la giuda in stato di ebbrezza e l’omissione di soccorso, non può godere dei benefi ci legati al reato continuato e a ciascuna infrazione «corrisponde un autonomo periodo di sospensione della patente». Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 25933 depositata e destinata all’uffi cio del massimario, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un extracomunitario accusato di guida in stato di ebbrezza, omissione di soccorso e inottemperanza all’ordine di fermarsi. Oltre a un mese e dieci giorni di reclusione (sospesi con la condizionale) i giudici avevano anche deciso per una sospensione della pa-tente di quasi tre anni (un mese perché non si era fermato all’alt degli agenti, un anno per l’omissione di soccorso e un anno e mezzo per la guida in stato di ebbrezza).

Lui ha fatto ricorso in Cassazione, lamentando che le sue infrazioni potessero essere qualifi cate come re-ato continuato e che quindi la sospensione della pa-tente doveva essere stabilita per un periodo forfeta-rio e non facendo la somma algebrica della sanzione relativa a ciascun reato. Questa tesi è stata respinta dalla quarta sezione penale della Cassazione. Si trat-ta, di un concorso formale ma materiale. Nel caso di specie, conclude il Collegio, «è palese come le violazioni contestate corrispondano a distin-te condotte (inottemperanza al dovere di fermarsi, mancata assistenza alla persona ferita e guida in stato di ebbrezza), onde ad ognuna di esse deve ne-cessariamente corrispondere un autonomo periodo di sospensione della patente di guida che il Giudice del merito ha ritenuto di contenere nel minimo editta-le o in misura ad esso prossima». Ora l’automobilista non potrà guidare per quasi tre anni e dovrà versare 1.000 euro alla cassa delle ammende.

Stretta contro i pirati della stradaDopo la riforma dell’anno scorso è possibile seque-strare il veicolo per guida in stato di ebbrezza anche se questo è cointestato con un parente. Lo ha san-cito la Cassazione che, con la sentenza n. 24015 dell’11 giugno 2009, destinata alla masticazione uffi -ciale, ha confermato la condanna nei confronti di un 25enne di Latina fermato alla guida di un’auto sotto l’effetto dell’alcool. La macchina, intestata a lui e alla madre, gli era sta-ta sequestrata. Così il giovane aveva impugnato la misura cautelare, ma il Gip di Latina aveva respinto. La decisione di confermare il sequestro era stata poi adottata anche dal Riesame. A questo punto il ragazzo ha fatto ricorso in Cas-sazione ma qui ha perso defi nitivamente: dal tenore delle nuove norme, scrive il Collegio «si tratta di una confi sca obbligatoria»; ciò, aggiunge, «risulta sia dal-la terminologia utilizzata sia dal richiamo al secondo comma dell‘art. 240 c.p.p. che prevede, appunto, casi di confi sca obbligatoria». «Con la sentenza di condanna», ecco le modifi che dell’anno scorso all’art. 186 cds, «ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la so-

È valida la multa formalmente sbagliataUn freno cartelli di divieto fai da teNelle grandi aziende il mobbing non è reato

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spensione condizionale della pena, è sempre disposta la confi sca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell‘articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato». Sul punto della cointestazione della macchina che, secondo il giovane ricorrente era un ostacolo alla conferma del sequestro, la Cassazione ha bocciato senza mezzi termini il motivo richiamando ancora una volta la lettera della legge che «non autorizza questa interpretazione sembrando il legislatore, al contrario, escludere la confi sca del veicolo appartenente ad un terzo per la tutela del suo diritto di proprietà». Insom-ma, «solo nel caso di appartenenza integrale del vei-colo a un terzo la presunzione assoluta di pericolosità derivante dall‘uso del veicolo può risultare attenuata, mentre in caso di comproprietà la presunzione mede-sima rimane integra».

‘Meglio’ essere investiti sulle strisce pedonaliGuai a farsi investire poco lontano dalle strisce pe-donali. Oltre alla salute lo sfortunato pedone rischia anche di non essere integralmente risarcito e persino di dover pagare una multa. Lo sa bene un cittadino

toscano che è stato travolto in prossimità di un attra-versamento pedonale e che dopo essere stato rico-verato in ospedale si è visto recapitare pure un ver-bale dei vigili urbani intervenuti per rilevare il sinistro, ai sensi dell’art. 190 del cds. Contro questa misura punitiva adottata per aver trascurato l’uso del vicino passaggio pedonale l’interessato ha proposto ricorso al Giudice di Pace che ha rigettato le censure e la Cassazione, sez. II civ., con la sentenza n. 11421 del 18 maggio 2009 ha confermato questa decisione. Il Giudice di Pace, specifi ca la sentenza, ha indicato con puntualità la fonte probatoria del suo convincimento ovvero il rapporto della polizia municipale intervenuta per rilevare il sinistro. La diversa ricostruzione della vicenda prospettata dal ricorrente trascura «di considerare i poteri a propo-sito devoluti al giudice di merito». Un freno ai divieti anti-smog ed ai cartelli di divieto fai da te. Non vale infatti la multa se le giornate ecologiche non sono pubblicizzate con segnaletica stradale adeguata e il verbale non indica chiaramente quale norma è stata violata. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sez. II civ., con la sentenza n. 15769 del 3 luglio 2009. Un automobilista residente fuori regione si è recato nella

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capitale incappando a sua insaputa in un blocco totale del traffi co per i problemi di inquinamento. Contro la conseguente infrazione notifi cata dai vigili l’interessa-to ha proposto ricorso al Giudice di Pace che ha con-fermato l’operato degli agenti. La Cassazione ha però ribaltato questa interpretazio-ne annullando la multa. Innanzitutto il verbale deve indi-care chiaramente quale violazione è stata commessa dall’automobilista in relazione alla particolarità della limitazione del traffi co anti-smog. Inoltre le limitazioni del traffi co per motivi ambientali devono considerarsi eccezionali e per questo incombe sul Comune l’onere di divulgare l’ordinanza. Ma anche di impiegare segnaletica conforme agli arti-coli 38 del codice della strada.

Ciclisti imprudentiArriva la stretta per il ciclista che non osserva il sema-foro rosso, trascura la segnalazione del vigile, usa il telefonino o non si ferma in caso di incidente grave.Anche commettere ripetutamente infrazioni stradali comuni come passare in bicicletta con il semaforo rosso, non rispettare le segnalazioni dell’agente del traffi co oppure usare il telefonino cellulare alla guida

faranno perdere punti patente. Anche i conducenti im-prudenti di biciclette, motorini o altri veicoli semplici, infatti ora rischiano la licenza di guida eventualmen-te posseduta. Sempre che il trasgressore, in questo caso, commetta la stessa infrazione per almeno due volte nel biennio. Basta invece una sola infrazione per le violazioni più gravi che già comportano, teoricamen-te, il ritiro, la sospensione o la revoca della patente. E questo severo inasprimento riguarderà anche i tito-lari del certifi cato di idoneità alla guida dei ciclomoto-ri. Lo stabilisce il nuovo articolo 219-bis del codice stradale che entrerà in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Uffi ciale del pacchetto sicurezza. Ma quello che è meno evidente tra le righe della ri-forma riguarda l’applicazione in toto di questa severa disciplina anche agli altri conducenti spericolati muniti di biciclette o semplici carri a trazione animale. D’ora in poi anche questi utenti stradali rischieranno la patente di guida eventualmente riposta nel cassetto di casa. E non solo se violeranno certe regole di con-dotta importanti come circolare contromano in curva, nei dossi o in condizione di scarsa visibilità, oppure guidare alterato all’alcol o dalla droga o non osservare i divieti di sorpasso.

Nelle grandi aziende tramonta ogni chance di otte-nere una condanna penale per mobbing. Infatti, il dipendente emarginato, da capi e colleghi, in man-canza di una specifi ca normativa, non può pratica-re la via penale e vedere condannati i suoi aguzzini per maltrattamenti.

Due anni fa si era detto, il mobbing non è reato ma ora la Cassazione, con la sentenza n. 26594, deposita una decisione ancora più perentoria, con-fermando l’assoluzione dal reato di maltrattamenti nei confronti di un capouffi cio che tormentava una dipendente.

In alcuni punti la nuova sentenza sul mobbing se-gna addirittura un dietrofront con una giurispru-denza che sembrava ormai aver accolto all’unani-mità altre fi gure di reato, come i maltrattamenti in famiglia, per sopperire al vuoto legislativo ancora esistente in Italia sul mobbing.

Nella sentenza n. 33624 del 2007, passata alla storia come la prima ad aver decretato che in mobbing non è una fattispecie prevista dal nostro codice penale, si lasciava comunque una chance per ottenere una condanna per maltrattamenti in famiglia, in caso di reiterazione dei comportamen-ti vessatori e discriminatori.

La condanna di mobbing, c’era scritto in quelle motivazioni, suppone non tanto un singolo atto

lesivo, ma una mirata reiterazione di una plurali-tà di atteggiamenti anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell’esprimere l’ostilità nel soggetto attivo verso la vittima sia nell’effi cace e di isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro. Non solo.

Affi nché questa condanna abbia effetti penali, aveva poi chiarito la Suprema Corte, la fi gura di reato maggiormente prossima ai connotati carat-terizzanti il mobbing è quella descritta dall’articolo 572 del codice penale «maltrattamenti commessi da persona dotata di autorità per l‘esercizio di una professione» che devono compiersi in modo con-tinuativo.

Ora invece la Cassazione nega la possibilità per-sino di una condanna per maltrattamenti, almeno nelle grandi aziende.

Insomma per strappare al Giudice una decisione sulla responsabilità penale di chi mobizza biso-gna che le vessazioni siano avvenute in un lavoro, «come avviene in quello domestico» o come avvie-ne «fra apprendista e artigiano» il cui ambiente sia tanto piccolo da essere familiare: «è soltanto nel limitato contesto di un peculiare rapporto parafa-miliare che può ipotizzarsi, ove si verifi chi l’altera-zione della funzione del medesimo rapporto attra-verso lo svilimento e l‘umiliazione fi sica e morale del soggetto passivo, il reato di maltrattamenti».

…E SOPRATTUTTO

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39n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

L'anno fi scale 2009 è stato per la Svizzera un anno stra-ordinario, caratterizzato da una forte concentrazione degli sforzi legislativi nel settore internazionale e dalla quasi-pa-ralisi dell'apparato legislativo in materia di diritto interno, eccezion fatta per la revisione totale della legge sull'Impo-sta sul Valore Aggiunto che ha benefi ciato del totale disin-teressamento del pubblico ed è stata congedata durante la sessione parlamentare estiva nel giro di pochi giorni.

Convenzioni sulla doppia imposizione1. Mai a mente della scrivente la Svizzera ha proceduto all'emendamento di un numero così elevato di convenzioni sulla doppia imposizione come nell'anno appena trascorso. A seguito della dichiarazione del Consiglio Federale del 13 marzo 2009, secondo la quale la Svizzera, seguendo l'in-vito dell'OCSE e del G20, avrebbe concesso l'allargamento dello scambio di informazioni a quelle che lo stato rogante richiede per applicare il proprio diritto interno, tra le quali in primo luogo quelle atte a prevenire o constatare l'evasione fi scale, una quindicina di convenzioni sono state rinegoziate dalla Svizzera, senza contare quelle rinegoziate o concluse con nuovi stati indipendentemente dal nuovo standard sullo scambio di informazioni. La Svizzera ha colto l'occasione per rinegoziare anche clausole e articoli di convenzioni che da qualche tempo si ritenevano insoddisfacenti, come nel caso della Francia, dove la clausola anti-abuso e quella sul-lo sgravio dall'imposta alla fonte sui dividendi sono state adattate agli standard più moderni della legislazione euro-pea. Anche in questo ambito tuttavia l'evasione fi scale e la questione del segreto bancario hanno costituito il nocciolo dei negoziati e, proprio alla vigilia di Natale, hanno messo a dura prova la diplomazia dei due paesi. Dopo che la Francia all'inizio dell'anno scorso era segre-tamente entrata in possesso di dati bancari relativi ad una grossa fi liale svizzera di una banca internazionale, solo nel corso dell'estate, pochi giorni dopo la fi rma della nuova convenzione, il ministro francese delle fi nanze ne aveva in-formato l'opinione pubblica (e con la stessa indirettamente anche le autorità svizzere), dichiarando di voler utilizzare tali dati per colpire i contribuenti francesi che si erano resi colpevoli di evasione fi scale. La Svizzera ha bloccato di conseguenza alla vigilia di Natale la ratifi cazione della con-venzione, ritenendo che il fondamento essenziale di ogni convenzione internazionale sia costituito dal principio della buona fede e che lo stesso debba essere rispettato sia in fase di trattative sia in fase di applicazione, condannando quindi il modo di agire dello stato francese e la sua scorret-tezza diplomatica. Per la Svizzera si pone inoltre la questio-ne di principio dell'utilizzo di dati ottenuti in via delittuosa per scopi penali o fi scali. L'utilizzo di materiale ottenuto delittuosamente, come i dati bancari di cui è in possesso il fi sco francese, non è infatti permesso dai codici di pro-cedura penali svizzeri. Da parte svizzera non si dovrebbe perciò ritenere ammissibile la concessione di informazioni in via convenzionale qualora lo stato rogante sia entrato in possesso dei dati che gli permettono di formulare la roga-

toria attraverso un delitto.

w2. Revisione totale della legge sull'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA)All'ombra delle convenzioni internazionali il parlamento sviz-zero ha congedato nella sessione estiva la revisione totale della legge sull'IVA e ne ha decretato l'entrata in vigore al 1° gennaio 2010. Pur riconoscendo le buone intenzioni del legislatore, che intendeva eliminare ridondanze e fardelli amministrativi della prima legge del 2001 e dell'ordinanza 1995, l'entrata in vigore a brevissimo termine delle modifi -che di legge sta creando seri problemi di implementazione ai dipartimenti contabili delle aziende e dei contribuenti in generale. Si pensi infatti che la pubblicazione degli opuscoli informativi relativi all'applicazione pratica della legge, fatta eccezione per l'opuscolo sulle modifi che generali pubblicato in autunno, è iniziata solo verso la metà di dicembre con la messa a disposizione dei progetti non ancora defi nitivi degli stessi opuscoli.

Altre modifi che di imposte dirette sugli utili3. e sul capitale / RistrutturazioniL'anno 2009 non ha lasciato al legislatore né il tempo né lo spazio per decidere altre modifi che di peso in materia di imposte dirette (utili e capitali) che siano degne di essere citate in questa sede. Se da una parte le imprese in tempi di crisi sono piuttosto propense a concentrarsi sull'utilizzo delle perdite fi scalmente deducibili, le grosse pressioni po-litiche esercitate da parte europea sui privilegi fi scali canto-nali e quelle relative allo scambio di informazioni (che, non dimentichiamo, toccano anche le imprese!) stanno metten-do in moto giganti ristrutturazioni anche a livello di gruppi in-dustriali internazionali. Sarà, infatti, importantissimo al mo-mento dell'entrata in vigore di eventuali modifi che legislative aver già messo in atto le ristrutturazioni che permetteranno anche in futuro di ottimizzare gli oneri fi scali e il prelevamen-to di imposte alla fonte su dividendi, canoni e interessi.

Imposta sostitutiva su averi bancari depositati4. presso istituti svizzeriDal settore bancario arriva infi ne, seppur tardivo rispetto all'evoluzione della politica fi nanziaria dell'anno passato, l'auspicio dell'introduzione di una tassa da prelevare su red-diti conseguiti da clienti di istituti bancari svizzeri residenti all'estero in relazione ad averi custoditi e gestiti in Svizzera, tassa che dovrebbe permettere il pagamento anonimo delle imposte nel paese di residenza e quindi anche la gestione in Svizzera di averi anonimi, ma correttamente dichiarati nel paese di domicilio del contribuente.L'introduzione di una tale imposta sostitutiva necessita in linea di principio di una convenzione con gli stati partner, dove i clienti risiedono, a meno che il sistema dello stato estero non abbia già introdotto i meccanismi per il preleva-mento dell'imposta sostitutiva, come è il caso per l'Italia.

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Retrospettiva dell’anno fi scale 2009e prospettive 2010

di Tiziana Marenco

ANGOLO FISCALE

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41n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

di Massimo Calderan

ANGOLO LEGALE

Nel 1974 viene istituito, nell’omonima città, il Comita-to di Basilea per la Vigilanza Bancaria. Tale Comitato riunisce i Governatori delle Banche Centrali di Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussem-burgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. L’azione di tale Comitato è volta ad approntare un intervento coeso di regolazione per rag-giungere la stabilità patrimoniale degli istituti bancari.Il riconoscimento del ruolo chiave degli istituti bancari e di credito nel complessivo funzionamento dell’eco-nomia sta alla base degli Accordi di Basilea. In tali Ac-cordi è stabilita la misura di accantonamento che le banche devono prevedere in relazione alla liquidità che esse forniscono. La banca deve garantire una capita-lizzazione adeguata che possa far fronte ad eventuali perdite. Mentre il primo Accordo si limitava a stabilire la misura del capitale da accantonare calcolata sull’am-montare del capitale erogato (quota dell’8%), il secon-do costruisce un sistema completamente innovativo, più sofi sticato, ed interviene operando su diversi piani (i cd. tre pilastri dell’Accordo). L’Accordo, che è stato reso vincolante con atti di natura normativa a vari livel-li, sia nazionali che comunitario, impone nuovi requisiti patrimoniali, rafforza la possibilità di intervento e di controllo delle autorità nazionali di controllo ed innalza il grado di trasparenza richiesto. Le autorità posso-no quindi operare prima che si producano gli effetti delle valutazioni preliminari all’emissione di credito, andando ad incidere proprio su tali valutazioni (non più ingessate in criteri rigidi e formali) e verifi cando l’ade-guatezza dei sistemi di valutazione del credito che la banca adotta. L’importanza del secondo Accordo di Basilea è notevole. I requisiti patrimoniali (che stabili-scono l’ammontare del patrimonio di vigilanza di una banca ovvero il patrimonio che consente di riconosce-re che il margine di rischio assunto da quest’ultima è suffi cientemente compensato e ”controllato”) sono pa-rametrati in relazione ai tre fattori di rischio: il rischio di mercato, il rischio operativo e soprattutto il rischio di credito. In riferimento a quest’ultimo non solo entra-no in gioco le agenzie di rating accreditate ECAI ma valgono valutazioni di cui le imprese, principali fruitori del credito stesso (essenziale allo svolgimento dell’at-tività produttiva), devono assolutamente tenere conto. Le banche devono essere in possesso del coeffi cien-te di rischio connesso ad ogni singolo loro debitore.

Essenziale a tal fi ne è il rating che viene dato a tali controparti della banca. Il rating o parere emesso sul cosiddetto merito di credito è fondato su una serie di informazioni e indica il giudizio che viene dato alla re-altà imprenditoriale che vuole accedere al credito, sul-la base della situazione patrimoniale di quest’ultima, sulla solidità aziendale e sulle scelte operative della medesima in riferimento al settore in cui opera. Tali variabili considerate unitariamente permettono di clas-sifi care l’azienda in riferimento alla rischiosità legata alla probabilità di insolvenza. La banca può effettuare questo controllo attraverso il metodo basilare del rating esterno, un’agenzia esterna alla banca riconosciuta fornisce il parere sul merito di credito, oppure, con un sistema di rating interno, una modalità più complessa, la banca stabilisce autonoma-mente i propri criteri sulla base dei quali valuterà il co-effi ciente di rischio legato all’erogazione di un credito ad una determinata realtà aziendale.Enormi sono gli sforzi che le banche hanno dovuto af-frontare per conformarsi a quanto stabilito, parallela-mente si è dovuto modifi care l’approccio che le impre-se hanno nei confronti dell’erogazione di credito. Esse non possono non tenere conto dei risvolti operativi di questo ulteriore fattore, il quale non solo infl uenza gli adempimenti legali che le riguardano, ma si traduce in termini di costi, di esigenze organizzative e di possi-bilità future. Ciascuna realtà aziendale ha dovuto met-tere in conto di approntare le tecniche giuste, come valutazioni più approfondite nella programmazione fi nanziaria sulla sostenibilità di ogni operazione, sul-la presentazione dell’insieme di dati che la qualifi cano (di bilancio, di settore, di fattibilità delle operazioni, di governance, di coerenza generale degli obiettivi di ge-stione) volti a identifi carla come un soggetto solido, caratterizzato da buone capacità di pianifi cazione e da condotte coerenti. Non sono mancati anche i rilievi critici mossi al nuovo impianto che, come sempre accade in una materia così complessa, ha subito e probabilmente subirà an-cora degli adattamenti. Il timore è che in periodi già critici dell’andamento economico tali requisiti tende-rebbero a colpire, aggravandola, la condizione delle medie-piccole imprese che, prima di tutte, avrebbero necessità di sostegno fi nanziario.

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L’Accordo di Basilea II e le imprese

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CONVENZIONIINTERNAZIONALI

di Paolo Comuzzi

Nel 1974 viene istituito, nell’omonima città, il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria. Tale Comitato riuni-sce i Governatori delle Banche Centrali di Belgio, Cana-da, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. L’azione di tale Comitato è volta ad appron-tare un intervento coeso di regolazione per raggiungere la stabilità patrimoniale degli istituti bancari.Il riconoscimento del ruolo chiave degli istituti bancari e di credito nel complessivo funzionamento dell’econo-mia sta alla base degli Accordi di Basilea. In tali Accordi è stabilita la misura di accantonamento che le banche devono prevedere in relazione alla liquidità che esse forniscono. La banca deve garantire una capitalizzazio-ne adeguata che possa far fronte ad eventuali perdite. Mentre il primo Accordo si limitava a stabilire la misura del capitale da accantonare calcolata sull’ammontare del capitale erogato (quota dell’8%), il secondo costru-isce un sistema completamente innovativo, più sofi sti-cato, ed interviene operando su diversi piani (i cd. tre pilastri dell’Accordo). L’Accordo, che è stato reso vincolante con atti di natura normativa a vari livelli, sia nazionali che comunitario, impone nuovi requisiti patrimoniali, rafforza la possibili-tà di intervento e di controllo delle autorità nazionali di controllo ed innalza il grado di trasparenza richiesto. Le autorità possono quindi operare prima che si produca-no gli effetti delle valutazioni preliminari all’emissione di credito, andando ad incidere proprio su tali valutazioni (non più ingessate in criteri rigidi e formali) e verifi cando l’adeguatezza dei sistemi di valutazione del credito che la banca adotta.L’importanza del secondo Accordo di Basilea è notevo-le. I requisiti patrimoniali (che stabiliscono l’ammontare del patrimonio di vigilanza di una banca ovvero il patri-monio che consente di riconoscere che il margine di rischio assunto da quest’ultima è suffi cientemente com-pensato e ”controllato”) sono parametrati in relazione ai tre fattori di rischio: il rischio di mercato, il rischio operativo e soprattutto il rischio di credito. In riferimen-to a quest’ultimo non solo entrano in gioco le agenzie di rating accreditate ECAI ma valgono valutazioni di cui le imprese, principali fruitori del credito stesso (essen-ziale allo svolgimento dell’attività produttiva), devono assolutamente tenere conto. Le banche devono essere in possesso del coeffi ciente di rischio connesso ad ogni

singolo loro debitore. Essenziale a tal fi ne è il rating che viene dato a tali controparti della banca. Il rating o pa-rere emesso sul cosiddetto merito di credito è fondato su una serie di informazioni e indica il giudizio che vie-ne dato alla realtà imprenditoriale che vuole accedere al credito, sulla base della situazione patrimoniale di quest’ultima, sulla solidità aziendale e sulle scelte ope-rative della medesima in riferimento al settore in cui opera. Tali variabili considerate unitariamente permetto-no di classifi care l’azienda in riferimento alla rischiosità legata alla probabilità di insolvenza. La banca può effettuare questo controllo attraverso il metodo basilare del rating esterno, un’agenzia esterna alla banca riconosciuta fornisce il parere sul merito di credito, oppure, con un sistema di rating interno, una modalità più complessa, la banca stabilisce autonoma-mente i propri criteri sulla base dei quali valuterà il coef-fi ciente di rischio legato all’erogazione di un credito ad una determinata realtà aziendale.Enormi sono gli sforzi che le banche hanno dovuto af-frontare per conformarsi a quanto stabilito, parallela-mente si è dovuto modifi care l’approccio che le impre-se hanno nei confronti dell’erogazione di credito. Esse non possono non tenere conto dei risvolti operativi di questo ulteriore fattore, il quale non solo infl uenza gli adempimenti legali che le riguardano, ma si traduce in termini di costi, di esigenze organizzative e di possibili-tà future. Ciascuna realtà aziendale ha dovuto mettere in conto di approntare le tecniche giuste, come valuta-zioni più approfondite nella programmazione fi nanziaria sulla sostenibilità di ogni operazione, sulla presentazio-ne dell’insieme di dati che la qualifi cano (di bilancio, di settore, di fattibilità delle operazioni, di governance, di coerenza generale degli obiettivi di gestione) volti a identifi carla come un soggetto solido, caratterizzato da buone capacità di pianifi cazione e da condotte coeren-ti. Non sono mancati anche i rilievi critici mossi al nuovo impianto che, come sempre accade in una materia così complessa, ha subito e probabilmente subirà ancora degli adattamenti. Il timore è che in periodi già critici dell’andamento economico tali requisiti tenderebbero a colpire, aggravandola, la condizione delle medie-picco-le imprese che, prima di tutte, avrebbero necessità di sostegno fi nanziario.

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A proposito dell’immanenza della clausola in merito al benefi ciario effettivo

La convenzione tra Stati Uniti e Ungheria

Entrando nel sito del cd IRS (Internal Revenue Service) si trova facilmente la convenzione tra Stati Uniti e Un-gheria (entrata in vigore il 18 Settembre 1979 con la fi rma di Jimmy Carter) e si nota subito quanto segue:

ARTICLE 10Interest1. Interest arising in a Contracting State and paid to a resident of the other Contracting State shall be taxable only in that other State.

ARTICLE 11Royalties

1. Royalties arising in a Contracting State and paid to a resident of the other Contracting State shall be tax-able only in that other State.

Come si vede è chiaro che in nessuna delle clausole citate si menziona il benefi ciario effettivo lasciando intendere che questa caratteristica (richiesta invece per i dividendi) non interessa nel caso di specie e vie-ne spontaneo chiedersi se questa sia veramente una interpretazione che possiamo mantenere anche oggi (trascorsi 30 anni dalla fi rma) o se la stessa debba essere modifi cata pur in presenza di un wording con-venzionale che appare diverso e non inclusivo di una simile clausola.È facile che questa clausola del benefi ciario effettivo assume una certa importanza nel contesto della cd fi scalità internazionale in quanto le convenzioni sono protese ad impedire la doppia imposizione ma anche la non imposizione (come è quella che gli americani hanno combattuto proprio nei rapporti con la Confede-razione fi n dal 1962 giungendo a fare in modo che la Confederazione inserisse una norma interna, unilatera-le, contro l’utilizzo abusivo delle convenzioni contro le doppie imposizioni).

Commenti

Va posto in evidenza che nel documento denomina-to Technical Explanations [che accompagna tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dagli Stati Uniti] è lo stesso IRS a dover ammettere che “ … Paragraph 1 provides the rule found in the U.S. Model

of May 1977 that interest shall be exempt from tax at source and taxable only in the state of residence. How-ever, the wording of the U.S. Model which refers to interest “derived and benefi cially owned” by a resident of a Contracting State was changed at the request of the Hungarian delegation to the language of the OECD Model (Article 11, paragraph 1) which refers to inter-est “arising in a Contracting State and paid to a resi-dent of the other Contracting State …”.

In buona sostanza la posizione Americana di avere nel corpo dell’articolo la classica la precisazione verbale in merito al “benefi cial owner” non è stata accettata dalla delegazione Ungherese e questo ha portato ad una mutazione del wording convenzionale in senso pie-namente favorevole alla richiesta Ungherese.

In merito alle royalties una simile richiesta non viene menzionata nel documento relativo alle tecnical expla-nations mentre va detto che con riferimento ai dividen-di esiste in modo preciso il termine del benefi ciario effettivo e questo concetto deve trovare precisa appli-cazione per avere una tassazione ridotta.

Va anche posto in debita evidenza che il documento tra Stati Uniti e Ungheria è stato negoziato sulla base del cd US Model e quindi coloro che si sono presentati alle discussioni erano pienamente consci del tema del benefi ciario effettivo in quanto se guardiamo al mo-dello convenzionale proposto da US possiamo notare con chiarezza (ultimo periodo dell’articolo in tema di interessi e royalties) che esiste la nozione di benefi cial owner mentre questa defi nizione manca del tutto nella convenzione.

Il testo della convenzione ripete certamente il para-grafo (3) della norma in tema di interessi e royalties ma non lo ripete in modo completo e integrale ed in-fatti afferma solo che “ …The provisions of paragraph 1 shall not apply if the person deriving the royalties, being a resident of a Contracting State, carries on business in the other Contracting State in which the royalties arise through a permanent establishment situated therein, or performs in that other State inde-pendent personal services from a fi xed base situated therein, and the right or property in respect of which

42n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

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43n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

the royalties are paid is effectively connected with such permanent establishment or fi xed base. In such a case the provisions of Article 7 (Business Profi ts) or Article 13 (Independent Personal Services), as the case may be, shall apply …”.

Possiamo dire che di fatto il benefi cial owner è diven-tato la “… person deriving the royalties ..:” e questa è certamente una nozione completamente diversa da quella del benefi cial owner in quant oil benefi cial owner è la persona che apprende le royalties e che rischia per questa apprensione (diciamo che è il titolare del con-tratto) mentre la persona “ … deriving the royalties …” è un soggetto molto più vago e non è detto che sia il benefi ciario effettivo.

A questo punto si pone il problema: siamo di fronte ad una convenzione che in modo esplicito (come ammesso dagli stessi americani) esclude in qualsiasi modo le pa-role benefi cial owner e lo fa consciamente.

In questa situazione pensare che sia lecito aggiungere questa posizione, per poter benefi ciare della conven-zione stessa, appare problematico in quanto verrebbe aggiunto un elemento che le parti (sovrane) nella loro negoziazione hanno inteso escludere.

Questo ovviamente non signifi ca che le parti non pos-sano riconsiderare la posizione ma che questo avvenga in giudizio (negando l’applicazione del dettato conven-zionale) appare alquanto forzoso, proprio perché ci sa-rebbe una sostituzione della volontà del giudice a quella che è la volontà delle parti.

Certamente, resta evidente, che essendo la convenzione fondata sul cd US model, è chiaro che la “… prevention of fi scal evasion …” è uno degli scopi della convenzione ma qui dobbiamo intenderci: un’eventuale problematica concernente le ritenute alla fonte (in presenza di una piena deduzione del costo) è tale da essere considerata come fi scal evasion? Non è forse fi scal evasion solo un tema che porta alla riduzione dell’imponibile nel paese di residenza del soggetto erogante con la conseguenza che si applica un’imposta inferiore?

Se diamo seguito a questa affermazione allora il fatto che non sussista alcuna clausola di benefi ciario effetti-

vo ma sussista invece lo scopo di prevenire l’evasione fi scale non porta ad alcuna contraddizione: la prima clausola è posta a tutela delle ritenute alla fonte (della loro riduzione) mentre la seconda è posta a tutela del-le ragioni erariali dello stato della fonte e per impedire che via una riduzione indebita del reddito nel soggetto erogante.

In questa situazione non ci sembra che una sostituzione giudiziale (mediante il principio dell’immanenza) al vole-re delle parti sia del tutto lecita proprio perché la man-canza di quella clausola è dovuta ad un preciso volere delle parti contraenti e dare un’interpretazione diversa signifi ca sostituire un’interpretazione unilaterale ad una interpretazione comune (e del resto il documento de-nominato tecnical explanations non è un documento interpretativo condiviso e può essere usato solo come interpretazione di parte, come documento che fornisce un primo elemento di interpretazione e non la interpre-tazione).

Conclusione

Il testo del dettato convenzionale indica chiaramente che andare verso un’interpretazione che supera dei precisi dettati letterali soprattutto quando quei dettati letterali sono stati precisamente voluti nell’ambito della negoziazione del testo e le parti erano del tutto con-sapevoli delle mutazioni apportate appare certamente problematico.

E’ cosa ovvia che la convenzione (qualsiasi convenzio-ne) non deve portare ad alcuna tolleranza verso utilizzi abusivi della stessa, ma di utilizzo abusivo proprio quan-do la convenzione viene violata il che nel caso di specie non appare cosa pacifi ca.

In questo senso appare del tutto evidente che sono an-cora necessari dei passaggi per giungere ad un’inter-pretazione e diciamo pure evolutiva del dettato conven-zionale, interpretazione che impedisca al contribuente di celarsi nella smagliature delle stesse convenzioni per apprendere quei vantaggi che sono certamente scorret-ti sul piano morale (ma la morale viene invocata proprio quando va in crisi il diritto).

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45n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

di Ingeborg Wedel

Abbiamo incontrato Paola Verde, Capitano dell’aero-nautica Militare, nonché medico altamente qualifi -cato. Una giovane donna, graziosa, semplice, ma con una grinta notevole e una volontà di ferro, è

solare, vivace e piena di interessi. Paola è nata a Napoli il 14 giugno 1969 e fi n dai tempi dell’università si è già inte-ressata di medicina aeronautica, discutendo una tesi spe-rimentale sugli effetti dell’ipossia acuta nell’uomo. Dopo la laurea, nel 1997, si è specializzata in medicina aeronauti-ca presso la Rojal Air Force e quindi presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’. Borsista presso l’agenzia di ricerca in neuroscienze, ha successivamente vinto il post-doc presso l’Università di Napoli ‘Federico II’. Ha svolto funzioni di con-sulente presso il reparto di medicina aeronautica e spaziale del Centro Sperimentale Volo e ha collaborato in progetti di ricerca con l’Università Catholique di Louvain (Belgio), l’Ospedale Zurzula di Madrid e la sezione di neuro-otologia della base USAF di Andrews. Nel 2001 è stata ammessa in Aeronautica Militare mediante il “concorso a nomina diretta a tenente”. Abbiamo raggiunto Paola a Roma e l’intervista si è potuta concretizzare (tra un aereo e l’altro) al fi ne di far conoscere al grande pubblico questa donna, veramente speciale.

Da cosa nasce la scelta di intraprendere la carriera militare in aeronautica? Fondamentalmente dal deside-rio di fare ricerca, in quanto l’Aeronautica Militare mi ha dato la possibilità di proseguire nelle ricerche che riguarda-no principalmente la fi siologia.

Cosa signifi ca essere medico spaziale? Si tratta di una qualifi ca collaterale, ma che mi gratifi ca molto e completa quello che era il mio bagaglio di conoscenza, rivolto princi-palmente alla medicina aeronautica.

Si è parlato molto della prima donna astronauta: pensa che ci sarà posto sulla Luna per un medico? Il medico sarà senz’altro necessario quando verrà realizza-ta una base lunare, abitata da una comunità di umani.

Lei ha curato dal punto di vista medico il rientro dell’Astronauta colonnello Roberto Vittori, in occa-sione della missione ENEIDE sulla stazione spaziale. Cosa ricorda di quella esperienza in Russia?Le esperienze in Russia sono state molto importanti per me: praticamente mi sono accorta che i miei studi negli USA. non comprendevano quanto mi è stato insegnato nella base russa: in sostanza sia gli americani che i russi sono giunti entrambi alle stesse conclusioni, partendo da punti diversi.

Lei è un medico spaziale in servizio presso il Centro Sperimentale Volo, reparto medicina, una professio-ne più unica che rara: è soddisfatta di questa scelta? Sì, molto, perché si tratta di un lavoro particolarmente gra-tifi cante.

È stata tra le prime donne ad entrare in Aeronautica: quali sono state le diffi coltà nell’affrontare un mondo prettamente maschile? Secondo me, se la donna si comporta in modo professio-nale in ogni circostanza, le diffi coltà vengono superate. Da militare potrei rispondere che il pro è che sono donna ed il contro è che sono donna!

Com’è cambiata la condizione della donna rispetto a quando lei è entrata in Aeronautica? Oggi non è più una novità, né un caos isolato: infatti le donne di diverse categorie e gradi in Aeronautica Militare sono ormai più di cinquecento.

Essere donna l’ha aiutata o ostacolata nel suo per-corso di studi scientifi ci e successivamente nella carriera militare? Non mi è stato né di aiuto né di ostacolo.

Qual è stata la sua soddisfazione maggiore durante la sua esperienza di uffi ciale dell’Aeronautica Mili-tare? Sicuramente quella di aver potuto soccorrere la popolazione civile come uffi ciale medico nelle infermerie allestite dall’Aeronautica Militare a Pristina (Kosovo) e a He-rat (Afghanistan).

A che cosa deve rinunciare per la professione?Certamente a qualche serata da trascorrere in compagnia del fi danzato, Pietro e con gli amici. Ho dovuto e devo anche rinunciare a qualche bella, lunga, dormita, che mi permetterebbe di affrontare in perfetta forma la giornata lavorativa.

Una donna come lei, impegnata nel lavoro e con una brillante carriera, riesce a coltivare qualche hobby?Amo molto il mare: quindi, quando posso mi reco ad Ischia, dove posso nuotare; unico sport che riesco a praticare. Inoltre, mi piace viaggiare (anche privatamente) quindi se sono in ferie, la destinazione immancabilmente sono luoghi – vicini o lontani – dove c’è il mare.

Nella foto: Il capitano Paola Verde seduta nel simulatore della capsula spaziale Soyuz con un sorriso disarmante.

Donne in carriera: Paola Verde

La ricerca al servizio dell’umanità

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47n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

E di Vittoria Cesari Lusso

Elefante invisibile1

“S”, come speranzaCos’è la speranza? È lo stato d’animo di fi ducia nel fu-turo, anche (e soprattutto!) nei momenti in cui il presente appare irto di ostacoli. Speranza e fi ducia sono due facce della stessa medaglia. Si tratta di risorse fondamentali del-la nostra psiche. Esse ci motivano e spingono ad agire in prima persona per superare le diffi coltà, contribuendo così concretamente alla loro evoluzione positiva. Chi spera per-cepisce il mondo come affi dabile. Non ha paura di agire e di esporsi. I suoi comportamenti sono quelli di persona aperta, attiva, serena.

Di fronte alla speranza non siamo tutti uguali.C’è chi sembra possederne smisurate quantità fi n dalla più tenera età. C’è chi invece diffi da per tutta la vita del mondo, degli altri, e fi nanche di se stesso e delle proprie capacità. Come spiegare tali differenze? Diversi fattori concorrono a renderci più o meno fi duciosi. La nostra indole. La qualità dell’accoglienza e delle cure che abbiamo ricevuto durante la nostra infanzia e il conseguente sviluppo di sentimenti di attaccamento più o meno sicuri. Il carattere più o meno equilibrato dell’educazione familiare dal punto di vista del bilanciamento tra libertà e divieti. L’ideologia dei gruppi che frequentiamo. I valori e le credenze religiose che fondano il senso della nostra vita. Il particolare contesto storico e culturale in cui siamo cresciuti e siamo immersi.

Come spesso accade nel campo dei sentimenti umani, non è la natura di questo o quel sentimento, positivo o ne-gativo che sia, a essere fonte di diffi coltà, ma la sua “dose” eccessivamente alta o bassa. Un po’ come succede per la temperatura del corpo: quando sale o scende al di sopra o al di sotto di un determinato punto di equilibrio essa è sin-tomatica di patologie. Il che signifi ca che troppa speranza o troppa fi ducia possono risultare altrettanto nocive quanto un eccesso di pessimismo e di sfi ducia. Tutto è dunque que-stione di ricerca dell’equilibrio e di una giusta combinazione tra opposti poli (elefante questo spesso invisibile).

Ecco tre esempi per illustrare le possibili tensioni tra il troppo e il troppo poco. Giulia è una giovane donna che, malgrado si avvicini ormai alla quarantina, continua a colti-vare speranze irrealistiche sul piano professionale. Sogna continuamente di realizzare megaprogetti faraonici, illuden-dosi di trovare schiere di sponsor disposti a darle credito e a sostenere le sue puerili fantasticherie. Nel suo caso l’eccesso speranza non è nient’altro che un ingannevole so-gno infantile a occhi aperti. Gianni dal canto suo è invece il prototipo dell’individuo bloccato da una grave carenza di speranza e di fi ducia. Si sofferma sempre e unicamente su-gli aspetti negativi della realtà che lo circonda. I messaggi

che, in modo più o meno consapevole, lancia alle persone che lo frequentano sono intrisi di diffi denza e cupo pessi-mismo. Queste a loro volta si difendono riducendo al mi-nimo indispensabile i contatti con lui. Gianni si ritrova così sempre più spesso a ruminare i suoi tenebrosi pensieri in modo isolato e ostile. Ciò lo rende sempre più sfi duciato e pessimista e rende il prossimo sempre meno ben disposto nei suoi confronti. L’assenza di speranza e fi ducia fa sì che il circolo vizioso instauratosi tra lui e il mondo diventi sem-pre più tragico e pervasivo. Giuliano, per contro, sa bene come utilizzare la speranza in modo equilibrato per farne una risorsa generatrice di nuove facoltà e capacità perso-nali e professionali. Di fronte alle normali crisi della vita non si perde d’animo. Le accetta come un segno della “provvi-da sventura” di manzoniana memoria. Conserva una forte fi ducia in futuri sbocchi positivi, ben sapendo però che la gestione del presente richiede nuovi sforzi e nuovi impegni. Sa dunque che la fi ducia da sola non basta, ma che occorre agire per creare le condizioni atte a trasformare le speranze in realtà. Ciò lo rende carico di contagiose energie positive, che gli attirano le simpatie di amici e collaboratori anche nei momenti più duri.

Ci sono momenti in cui il bisogno di speranza appare più forte. A volte si tratta di momenti drammatici segnati da malattie, catastrofi naturali e confl itti, in altri casi si tratta invece di più semplici circostanze simboliche che marcano il passaggio tra un prima e un dopo. L’avvento del nuovo anno è uno di questi. Quanti rituali abbiamo compiuto in questi giorni per esprimere e dare corpo alle nostre speranze! Pri-ma fra tutte la speranza che l’anno nuovo sia migliore! Che mantenga le promesse, ad esempio (e seconda delle nostre sensibilità e dei nostri interessi), di ripresa economica, di miglioramento del clima, di pace in famiglia, di buona salute, di successo professionale, di conquiste amorose, ecc…Ognuno di noi ha cercato di propiziare a modo suo l’avverar-si di tali speranze. C’è chi ha brindato con gli amici; chi ha mangiato cibi ai quali attribuisce un potere di portafortuna; chi si è letto decine di oroscopi; chi ha gettato vecchi ogget-ti dalle fi nestre; chi ha scritto centinaia di biglietti di auguri; chi ha indossato qualcosa di rosso; chi …

Il mio augurio è che le vostre speranze per l’anno appena cominciato si realizzino appieno sempre che… esse siano minimamente realistiche e non socialmente pericolose!

1 Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muo-vendosi tra le folle con la sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile…

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49n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Nel suo saluto iniziale, il Console d’Italia a Losanna ha sottolineato l’importanza del momento in cui si svolge questo di-battito: la vigilia dell’entrata in vigore

del trattato di Lisbona. Tra le varie novità introdotte ci sarà la sostituzione delle presidenze semestrali dell’Unione Europea, con una presidenza stabile con obiettivi fi ssati e coerenti. Prima le presiden-ze risentivano del grado di europeismo del paese in carica e dei suoi particolari interessi regionali. Prevista, la nomina è già avvenuta, la fi gura del ministro degli Esteri dell’UE, che rischia però di aggiungersi a quelli già esistenti.

Al centro dell’Europa e fuori dall’UnioneVedere l’Europa dalla Svizzera – ha aggiunto il Console Barattolo – è interessante perchè la

Svizzera è al centro dell’Europa, ma non fa parte dell’Unione Europea, anche se partecipa a mille accordi bilaterali e l’Italia ne è il secondo partner commerciale. D’altro canto, la Svizzera mostra in altre occasioni il suo isolamento come, ad esem-pio, nel recente affare Gheddafi . Pare addirittura che alla commemorazione del ventennale della caduta del muro di Berlino l’unico paese euro-peo a non essere stato invitato sia stata proprio la Confederazione. Il Console Barattolo ha concluso il suo intervento, affermando che gli accordi bila-terali sin qui perseguiti non sono una soluzione defi nitiva. L’auspicio è di trovare un altro obiet-tivo. Il dott. Andrea Lotti ha continuato i saluti di benvenuto, ringraziando per l’organizzazione dell’incontro. La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera festeggia nel 2009 il suo primo cen-

Tavola rotonda al Castello di Coppet

Europa di oggi, Europa di Coppet

di Michele Caracciolo di Brienza

Sabato 14 novembre al Castello di Coppet la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, l’Associazione Culturale Calimala con il patrocinio della Rappresentanza Permanente d’Italia presso le organizzazioni internazionali hanno organizzato il dibat-tito sul tema: «Europa di oggi, Europa di Coppet». L’ospite d’onore è stato l’on. Gianni Pittella, Vice Presidente del Parlamento Europeo. Sono intervenuti il dott. Adolfo Ba-rattolo, Console d’Italia a Losanna, il dott. Andrea Lotti, Segretario Generale della Ca-mera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) a Zurigo e Pierre André Romanens, Sindaco di Coppet. Inoltre hanno partecipato l’avv. Renzo Baldino, direttore del Ca-stello di Coppet, la dott.sa Marilena Berardo, responsabile dell’uffi cio CCIS di Ginevra, l’avv. Stefano Catelani ed il Professor Paolo Garonna

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50n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

tenario. L’Italia è il secondo partner commerciale della Svizzera, ma è oggi prima in molti settori: uno tra tutti è quello alimentare. Il vino italiano ed il formaggio sono molto graditi dai consumatori svizzeri. Nel 2008 l’interscambio tra i due Paesi ha raggiunto la cifra di 40 miliardi di franchi svizzeri. La Svizzera è allo stesso tempo un partner com-merciale fondamentale per l’Italia dato che è al se-sto posto per le esportazioni nel nostro paese. Una problematica sensibile sono i trasporti tra l’Italia e la Svizzera. I collegamenti che la società Cisalpino offriva per l’Italia saranno ridimensionati. Questa società era gestita per il 50% dalle ferrovie svizze-re e per l’altro 50% dalle ferrovie italiane. Tutta-via nel mondo del turismo manca quello che per i francesi è il TGV. Si perderà questa possibilità dato che la società Cisalpino dal 13 dicembre è stata soppressa. Per Ginevra esiste un volo Alitalia, per Zurigo manca, pur essendo uno degli scali aerei più importanti a livello europeo.

Spirito di apertura e condivisioneIl sindaco di Coppet, Pierre André Romanens, si rivolge all’uditorio in italiano. Impresa questa che si rivela non troppo complicata per uno svizzero di madre italiana. Lo spirito di apertura e condi-visione è il tema di questa giornata di dibattito. Negli anni in cui occupò il castello di Coppet Madame de Stael era una personalità del mondo della cultura. Si scambiavano più idee a Coppet che in un anno nel resto del mondo. Il sindaco ha poi proceduto all’omaggio al vice presidente del Parlamento Europeo, on. Gianni Pittella, di una medaglia coniata a Parigi. Su di un lato della me-daglia l’effi gie di Madame de Stael, sull’altro lato un verso della sua opera dal titolo Sulla Germania scritta nel 1809: «È necessario nei nostri tempi mo-derni avere lo spirito europeo». Il sindaco ha poi aggiunto che la stessa Madame de Stael sarebbe oggi molto fi era di vedere riuniti degli europeisti

convinti nel suo castello a Coppet. Il Professor Paolo Garonna ha descritto il ruolo che l’on. Pit-tella ha da molto tempo come promotore del con-cetto di Europa. Il suo impegno è riconosciuto a Bruxelles. Grazie anche alla sua idea di redigere un manifesto: il Manifesto dell’Europa di Coppet. È un’idea suggestiva ricreare un nuovo gruppo di Coppet. Non solo un’Europa di Stati, ma un’Euro-pa di cittadini; non solo delle grandi capitali, ma anche delle comunità più piccole quali le regioni e le province. Al centro del Manifesto di Coppet c’è il rispetto della persona e la tolleranza tra i po-poli per poi realizzare iniziative concrete basan-dosi su questi principi.

Località simbolicaL’on. Pittella ha espresso immediatamente il suo sincero e affettuoso ringraziamento per aver per-messo che questo incontro avesse luogo in una località così simbolica. Ricordare l’Europa di Cop-

pet dopo il ventesimo anniversario della caduta del muro di Berlino rappresenta una felice coin-cidenza. Un fi lo rosso di libertà e di emancipazione dei di-ritti ha resistito a tutte le nefaste vicende dell’Eu-ropa e ne lega la storia. Questa trama è resistente e moderna. Tra il 1780 ed il 1820 il gruppo d’in-tellettuali di Coppet seppe andare contro corrente. Come ben descritto nel libro del Professor Garon-na: L’Europa di Coppet, 1780-1820, edito da Fran-co Angeli, (2008), nell’epoca napoleonica basata sulla forza militare, sul centralismo imperiale e sul dirigismo economico, questo gruppo d’intel-lettuali riuscì ad immaginarsi un altro mondo. A cavallo tra Illuminismo e Romanticismo matura-va in questo luogo un liberalismo prima culturale e civico e poi politico ed economico. Anche nel lungo cinquantennio in cui il continente europeo ha vissuto il dramma della separazione fi sica non

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è mai venuto a mancare un fl usso di pensiero li-bero, autonomo e capace di muoversi da Est ad Ovest e viceversa.Nel pieno della vicenda bellica, in carcere ed in isolamento a Ventotene, Altiero Spinelli, mentre i popoli europei erano in guerra, immaginava una confederazione europea, gli Stati Uniti d’Europa, come la forma politica e istituzionale auspicabi-le per dare pace e prosperità al continente. Senza tali avanguardie culturali la storia europea sareb-be stata diversa. La lungimiranza di queste idee si è fatta poi sentire nel ridimensionamento del na-zionalismo ideologico e sulla preponderanza del potere centrale sulle autonomie locali, a favore di una politica di prossimità del territorio e delle reti d’impresa. Ecco un primo per quanto approssimativo qua-dro di valori che da Coppet si è propagato poi in tutta l’Europa. Quanto di questo atteggiamento è rimasto nell’Europa di oggi? La vocazione liberale

dell’Europa è innegabile dopo aver superato ditta-ture e separazioni durante il secolo scorso. Questi principi liberali continuano ad ispirare l’azione delle istituzioni comunitarie. Le tematiche da af-frontare a livello sovranazionale che riguardano il continente sono tali che rendono inspiegabile la non adesione della Svizzera.

Nuove sfi de e nuove risposteSe si dovesse rielaborare una nuova missione europea, sarebbe diffi cile ignorare gli inizi della CECA nel 1950 (Comunità Economica del Carbo-ne e dell’Acciaio). Questa prima istituzione comu-nitaria fu uno strumento di pace, di sicurezza e di sviluppo economico. Oggi l’Unione Europea si pone nuove sfi de che richiedono nuove risposte. L’auspicio è che l’architettura istituzionale euro-pea verrà a mostrarsi all’altezza delle sfi de, grazie alla defi nitiva entrata in vigore del trattato di Li-

sbona. L’opinione pubblica prova disaffezione al processo d’integrazione e un suo rilancio appare necessario. Quest’occasione sembra essere pro-pizia per rilanciare un’Europa politica. Il bilancio dell’Unione Europea conta una disponibilità di 130 miliardi di euro ed è una cifra irrisoria rispetto alle sfi de ed ai compiti che i cittadini pongono in capo alle istituzioni comunitarie. Per tale motivo è auspicabile guardare all’emissione degli Euro-bond come strumenti per fi nanziare gli investi-menti strategici per rilanciare la ripresa economi-ca. Le politiche dell’emigrazione devono riuscire a tutelare chi cerca asilo e lavoro conciliando la pacifi ca convivenza. La visione, la missione e l’azione del gruppo degli amici di Coppet. Un gruppo aperto che parte dai presenti a questo dibattito e che si ritroverà ogni anno a Coppet per fare il punto sulla realizzazione del suo manifesto politico. Sarà presentato a Bru-xelles al Parlamento Europeo a tutti gli europarla-

mentari per chiederne l’adesione. Il manifesto sarà redatto prima raccogliendo i contributi di tutti e avendo come pilastri il liberalismo e l’europeismo federalista. L’on. Pittella ha concluso il suo inter-vento dicendo che alla base del gruppo di Coppet c’è l’idea che l’integrazione non debba essere un dominio esclusivo degli Stati, ma sia coinvolta una pluralità di attori della società civile, le comunità locali, le regioni e le piccole e medie imprese.

La responsabilità dei governantiDopo i ringraziamenti di rito l’Avvocato Baldino ha iniziato il suo breve intervento mettendo l’ac-cento sul principio della responsabilità dei gover-nanti. Jacques Necker quando assunse il ruolo di ministro delle fi nanze di Luigi XVI depositò presso il tesoro francese due milioni di franchi. All’epo-ca era una somma colossale. Necker era l’uomo più ricco del mondo e lo fece perchè voleva es-

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sere responsabile se avesse commesso degli erro-ri. Due secoli dopo sembra diffi cile chiedere agli attuali ministri di fare qualcosa di simile, ma che almeno ci sia la responsabilità degli alti dirigenti delle multinazionali. Ciò contribuirebbe ad ac-crescere la fi ducia dei cittadini dell’Unione Euro-pea. Marilena Berardo, responsabile dell’uffi cio di Ginevra della Camera di Commercio, ha iniziato il suo intervento citando Jean Monnet che nel 1954 scriveva: «Nos pays sont devenus trop petits pour le monde actuel à l’échelle des moyens techni-ques modernes, à la mesure de l’Amérique et de la Russie d’aujourd’hui, de la Chine et de l’Inde de demain…». Un riferimento istituzionale per altri paesi è stata l’idea del mercato unico. Tale pro-getto fu ispirato dal liberalismo e dalla necessità di rimettere in moto l’economia dopo la fi ne della guerra. La libera circolazione dei lavoratori oltre a quella delle merci era legata alla non discrimina-zione. Una conseguenza a questo riguardo è stato, ad esempio, il mutuo riconoscimento dei titoli di studio. La libertà di fornitura dei servizi è rimasta in sospeso per problemi di rigidità interna degli stati. Sta di fatto che soprattutto negli ultimi tempi questo settore rappresenta circa il 60% dell’eco-nomia dei paesi dell’Unione Europea. A breve entrerà in vigore la direttiva che dovrebbe facili-tare la fornitura dei servizi a livello transfrontalie-ro. Alcuni dei principi liberali discussi a Coppet quali l’eliminazione degli ostacoli al commercio ed il ruolo fondamentale della formazione s’ispi-rano al liberalismo di Necker. Come conciliare quest’apertura con le tendenze protezioniste che emergono in periodo di crisi?

Il commercio un arma di paceL’Avvocato Stefano Catelani, presidente dell’asso-ciazione Calimala, ha ripreso i tre punti traccia-ti dall’on. Gianni Pittella: la visione di creare un gruppo di amici di Coppet per rilanciare le idee liberali; la missione di ritrovarsi ogni anno per fare il punto sull’avanzamento dei lavori; e l’azione: presentare al parlamento europeo un manifesto di questo movimento che riprende le sue origini da Coppet. L’Europa nasce in gran parte grazie ai mercanti che creano i traffi ci, aprono le vie. Tramite gli scambi commerciali si diffondono le idee, l’arte e la cultura. Durante la Guerra Fredda un’opinione diffusa era che, fi nché i due blocchi avessero continuato a commerciare, il rischio di guerra guerreggiata veniva ridotto. L’arma della pace è in fondo il commercio. Anche oggi l’unità commerciale è il driver dell’Unione Europea. Il Professor Walter Scandale è intervenuto per ag-giungere che oltre ai commerci esiste un altro ele-mento aggregante e costituente l’unità europea: la scienza e la ricerca. Questi sono elementi di scam-bio e di coesione che si aggiungono ad una comu-nicazione effi cace dell’idea d’Europa e dei diritti e doveri che implica la cittadinanza europea. Il Cav. Marco Patruno, direttore dell’agenzia di stampa e

d’informazione transfrontaliera Alp-Info è interve-nuto affermando che la prossimità regionale è un ulteriore fattore d’interesse per i contatti tra zone transfrontaliere. Sono piccoli passi concreti per una crescita dell’Europa.L’on. Pittella ha risposto agli interventi ribadendo il fatto che si sia privilegiata l’Europa economica rispetto a quella politica. Purtroppo alla moneta ed al mercato unico non ha fatto seguito la po-litica comune nel vero senso della parola. Come s’è già visto, le disponibilità, che le istituzioni co-munitarie hanno, sono ridotte rispetto agli obiet-tivi. Si tratta di 130 miliardi di euro di cui circa il 75% è destinato alla politica agricola comune ed ai fondi strutturali. Nonostante la scarsità di fondi, l’Europa è andata avanti. Rimane tanto da fare per l’istruzione, il lavoro, la coesione sociale. Il pro-gramma Erasmus, ad esempio, che permette agli studenti universitari europei di passare uno o più semestri in un’altra università europea, ha avuto delle ricadute culturali formidabili. Schengen è stata un’altra conquista che riguarda la libera cir-colazione delle persone all’interno dell’Unione. Le proposte per progredire sono tante. Un piano europeo d’investimenti pubblici attraverso il lan-cio degli Eurobond emessi dalla Banca Europea per gli Investimenti. Non sono titoli tossici e co-stituirebbero una valida alternativa da offrire ai risparmiatori europei. Secondo alcune previsioni, si potrebbero raccogliere 1’000 miliardi di euro e potrebbero essere investiti nelle energie rinno-vabili, nelle reti informatiche, in un programma Erasmus universale che riguardi tutti i giovani di qualunque professione. Secondo l’on. Pittella, la nuova fi gura di ministro degli esteri europea per-metterà di avere un peso aggregato maggiore. L’Unione Europea è costituita di ventisette paesi che se riuscissero ad agire insieme con una voce comune avrebbero di conseguenza un peso mol-to utile sulla scena internazionale. Se operiamo in questo modo il Vecchio Continente diventa un grande protagonista della politica internazionale. Nell’intervento conclusivo il segretario generale della Camera di Commercio ha ribadito il fatto che il processo d’integrazione è un cantiere aper-to. Le differenze e le ricchezze regionali rimango-no all’interno di un paese anche con un’Europa integrata. Il paradosso della Svizzera è che, pur non essendo membro dell’Unione Europea, è un paese profon-damente europeo e tollerante: il 30% della po-polazione ha la doppia cittadinanza con casi poi come Montreux dove ben il 47% degli abitanti è straniero. Le pareti del Castello di Coppet hanno ispirato nei secoli idee d’arte e di politica e questo dibattito si colloca perfettamente nella tradizione di fermento intellettuale che ha lasciato traccia nella creazione dell’Europa contemporanea. L’au-spicio è che da questa località emani quell’ener-gia propulsiva d’idee e d’iniziative che può fare la differenza.

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54n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Al Museo Poldi Pezzoli di Milano fi no al 21 febbraio 2010

SETA • ORO • CREMISISegreti e tecnologiaalla corte dei Visconti e degli Sforza

Milano, 1442. L’arrivo a Milano di due setajoli, provenienti da Firenze e da Genova, invitati da Filippo Maria Visconti, porta alla capitale lom-barda la lavorazione della seta, dando vita a

un’attività e a una tradizione che, per la complessità e per la rapidità – solo 40 anni – con cui ha raggiunto i vertici ineguagliabili della qualità, ha reso il caso milane-se unico nella storia della tessitura serica. Oltre cinque secoli più tardi, la mostra SETA • ORO • CREMISI. Se-greti e tecnologia alla corte dei Visconti e degli Sforza, in programma al Museo Poldi Pezzoli fi no al 21 febbraio 2010, illustra la straordinaria produzione artistica legata a questa antica tradizione e le sue sorprendenti innova-zioni tecnologiche. Vi sono presentate circa 50 preziose opere: raffi nati velluti a disegno, damaschi e lampassi, per lo più broccati con oro e argento, il rarissimo caftano appartenuto ad un boiardo della Valachia, ricami in seta con oro e perle, carte da gioco, preziosi codici miniati, orefi cerie e dipinti. Veri capolavori, che conferiscono ulteriore rilevanza all’esposizione poiché testimoni dei sorprendenti risultati di uno studio – mai fi no ad ora così completo ed esau-stivo – dedicato ai tessuti auro-serici lombardi del XV secolo. Un’appassionante ricerca, progettata dall’ISAL (Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda) e condotta in collaborazione con nove istituzioni europee, che per la prima volta ha documentato con chiarezza l’eccellenza delle tecniche di lavorazione ed è pervenuta al ricono-scimento di reperti tessili esistenti che mai nessuno aveva individuato. Realizzata da Chiara Buss, direttore del Dipartimento Arti Applicate ISAL, e da Annalisa Zanni, direttore del Museo Poldi Pezzoli, l’esposizione, oltre a guidare il visitatore in un’appassionante scoperta di ope-re d’arte, alza il sipario sul contesto culturale e sociale alla corte dei Visconti e degli Sforza. Una ricognizione storica dalla quale affi orano le carat-teristiche di una città in forte dialogo con l’innovazione, capace di incoraggiare e attrarre competenze tecniche specializzate, di sviluppare tecnologie sofi sticate e in grado di conferire valore aggiunto al proprio lavoro. Fra i protagonisti della mostra e dell’evoluzione tessile milane-se, c’è il cremisi. Una sostanza colorante derivata dalla cocciniglia che, nelle sue innumerevoli tonalità del rosso – dall’arancio al bruno – domina le sale espositive esal-tando il gusto raffi nato dei setajoli lombardi ma, al tempo

stesso, rivela anche l’articolato e modernis-simo contesto econo-mico dell’epoca. Milioni e milioni di cocciniglie, di provenienza orienta-le o mediterranea, era-no al centro di serrate trattative commerciali che si svolgevano an-che in mercati molto lontani: da Bagdad alle coste del Mar Nero. Prodotto molto pregia-to e costoso, il cremisi era considerato ovun-que, dall’Europa alla Cina, un elemento imprescindibile nella determinazione della qualità e del valore dei tessuti, e dunque nell’orga-nizzazione di un effi ciente assetto produttivo, distributi-vo e di vendita. In questo scenario affi ora inoltre il ruolo primario della manodopera femminile nel campo della fi latura della seta e dell’oro. Un ruolo che ha condotto alcune magistrae milanesi a notevole ricchezza e status, al contrario di quanto pare avvenisse in altri centri italiani nello stesso periodo. Accompagna l’esposizione un volume a colori, edito da Silvana Editoriale, che oltre ai saggi e alle schede delle opere presenta i risultati delle analisi eseguite sulle tintu-re con un metodo mai applicato fi nora in Italia.

Nella foto: Caftano, velluto operato, tagliato a un corpo, brocca-to bouclé. Museo Nazionale d’arte della Romania, Bucarest.

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Via Manzoni 12 - 0121 Milano Tel. 02 794889 - 02 796334Apertura: da mercoledì a lunedì dalle 10.00 alle 18.00 Chiuso martedìIngresso: 8 - ridotto 5,50 bambini fi no a 10 anni gratuitowww.museopoldipezzoli.it

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55n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

“Swiss Press Photo 09” al Landesmuseum di Zurigo

L’anno nel mirino dei fotografi svizzeri

Fino al 7 marzo 2010 il Museo nazionale svizzero presenta con «Swiss Press Photo 09» le migliori fotografi e giornalistiche dell’anno. Il premio Espa-ce Media per la fotografi a giornalistica è stato as-

segnato per la 19a volta lo scorso 25 novembre 2009. Si sono candidati 126 fotografi che hanno inviato 1652 fotografi e pubblicate nei media svizzeri tra il mese di settembre 2008 e il mese di agosto 2009. Il premio principale e il primo premio della categoria «ritratto» sono andati a Jacek Pulawski di Chiasso per la serie di fotografi e «Strangers in Chiasso». Gli altri premiati sono Gaëtan Bally nella categoria «at-tualità», Yves André nella categoria «vita quotidiana e ambiente», Valérie Chételat nella categoria «sport», Adrian Moser nella categoria «arte e cultura» e Alban Kakulya nella categoria «estero».

Quale partner di «Swiss Press Photo 09» il Museo na-zionale svizzero di Zurigo espone le fotografi e vincitrici e altre fotografi e selezionate. Dal 20 marzo al 18 aprile 2010 la mostra sarà visibile al Forum della Storia sviz-zera di Svitto.Il catalogo «Swiss Press Photo 09» in tedesco, france-se e inglese, pubblicato dalla casa editrice Benteli, è disponibile nello shop del Museo, nei chioschi più grandi o nelle librerie al prezzo di 15 franchi.

Fotografi a vincitrice nella categoria «ritratto»: «Strangers in Chiasso» di Jacek Pulawski, KinkiNella sua serie «Strangers in Chiasso» Pulawski ritrae persone rifugia-tesi in Svizzera. Questo diciannovenne tamil non sa dove andare.

Fotografi a vincitrice nella categoria «attualità»:«Banker in Zürich» di Gaëtan Bally, Neue Zürcher Zeitung, Keystone.Il cuore del potere fi nanziario batte in Paradeplatz e in Bahnhofstras-se a Zurigo. Nel 2009 il mondo bancario è stato scosso dal segre-to bancario indebolito e dalla critica alla politica dei bonus.

Al centro di numerose polemiche, che, di fatto, ne han-no aumentato la popolarità, il comico genovese torna sulla scena svizzera con una nuova performance.Nonostante l’assenza, ormai annosa, dai teleschermi nazionali non vi è dubbio che Beppe Grillo continui ad essere una presenza nella vita pubblica italiana. Irrive-rente, intenzionalmente polemico, accanto al suo im-pegno per un ambiente ecosostenibile recentemente si è impegnato in modo più diretto in quella che, dal suo punto di vista, potremmo defi nire una lotta contro l’inquinamento della politica. Lo fa con iniziative ecla-tanti chiamando a raccolta cittadini delusi, lanciando petizioni e soprattutto utilizzando il suo blog, uno dei più cliccati anche fuori dai confi ni nazionali. Dopo le

apparizioni dello scorso anno a San Gallo e Lugano Grillo torna in Svizzera con un suo show e que-sta volta lo fa sul palcoscenico di Zurigo e di Basilea. Nach Zürich. Wir dürfen uns ge-fasst machen auf eine einzigarti-ge und erstklassige Show.

Venerdì 12 Febbraio, Kongresshaus Zurigo ore 20.30Sabato 13 Febbraio, Stadtcasino Basilea ore 20.30

Prevendita: www.swissticketnet.chTicket Hotline: 0900 848 022 (CHF 1.19/ Min.)

BEPPE GRILLO A ZURIGO E BASILEA

Orario di apertura: dal martedì alla domenica dalle 10 alle 17 - giovedì dalle 10 alle 19Adulti CHF 10.– / rid. CHF 8.– / Bambini e giovani fi no a 16 anni gratis

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56n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Un’ora per voi. Una storica trasmissione popolare che ha accompagnato le fami-glie italiane dal 1964 al 1989, quel pub-blico di emigranti che per scelta o per

necessità, ha abbandonato l’Italia per la Svizzera. Il programma, nato da un progetto tra la RAI e la TSI (Televisione svizzera italiana), approda in terri-torio elvetico con cadenza settimanale, dopo una lavorazione a cavallo tra Roma, Milano, Zurigo e Ginevra. Un’ora per voi diventa così l’appunta-mento del sabato pomeriggio, appuntamento che va oltre le frontiere, rivolgendosi ai telespettatori della Svizzera italiana, francese e tedesca, avvici-nando soprattutto gli italiani in Svizzera a quella patria lasciata per mancanza di prospettive lavo-rative. È una storia che riporta il nostro paese agli anni Sessanta, alla massiccia emigrazione, in par-ticolare dal sud, alle diffi coltà incontrate, non solo in ambito professionale, ma anche e soprattutto umano. Questi “stranieri”, visti come minaccia, hanno subito l’intolleranza – volutamente non ce-lata - di una terra che faceva fatica ad accoglierli e sono stati protagonisti in modo reiterato di fenome-ni di xenofobia, tali da creare tensioni di diffi cile gestione. In questo contesto, tra l’accoglienza che tarda a manifestarsi e l’evidente necessità di inte-grare questa nuova parte di popolazione, che si in-serisce Un’ora per voi, sotto la guida di Corrado e Mascia Cantoni. La televisione e nella fattispecie il programma che per la prima volta viene trasmesso in lingua italiana su tutto il territorio svizzero, di-venta così un ponte tra due realtà, quella degli im-migrati e degli autoctoni, un modo per incontrarsi e per conoscersi e tollerarsi vicendevolmente. La rubrica, concepita come mezzo d’informazione e trasmissione del Made in Italy oltralpe, riscuote un successo immediato, senza distinzione di pubbli-co. Una sfi da che si concretizza in vittoria, alla luce del potenziale fortemente integrativo che la trasmissione ha rappresentato per quegli anni. Il merito va attribuito in prima linea ai suoi pre-sentatori. Un giovane Corrado, futuro mattatore del palinsesto televisivo italiano, che già con mae-stria assicura divertimento nei suoi sketch, rimasti nel ricordo dei tanti appassionati e nostalgici del

programma. Al suo fi anco un’altrettanto giovane Mascia Cantoni, volto svizzero della trasmissione, che in poco tempo è riuscita a conquistare i cuo-ri dei telespettatori, favorendo anch’essa l’avvici-namento culturale e non solo tra gli svizzeri e gli italiani. Le rubriche, la possibilità di inviare lettere alla redazione, i “saluti da casa”, i notiziari e le ospitate di famosi cantanti del momento hanno contribuito a rendere unica e senza paragoni la televisione d quegli anni. Tuttavia proprio la stra-ordinarietà della produzione e la logistica della re-alizzazione stessa non hanno mantenuto un vasto archivio dei 25 anni di puntate, quasi come se la memoria di quegli anni fosse destinata a svanire. Pochi frammenti che il numeroso pubblico accor-so alla Casa d’Italia ha avuto la fortuna di rivede-re, a cominciare dalla storica sigla, ancora oggi vivido ricordo dei presenti, che vede incrociare simbolicamente le strade di due immigrati davanti alla bucalettere di un uffi cio postale. In effetti, uno dei punti forza della rubrica è sempre stata la parte dedicata alle lettere, giunte a centinaia alla reda-zione (nella sede di Lugano), anch’esse un ponte fra l’Italia e gli Italiani. Non sono mancate anche in questa sede testimonianze di telespettatori che hanno confermato di aver scritto ad Un’ora per Voi, non solo per i complimenti di routine, ma soprattutto per raccontare le proprie esperienze, momenti di vita vissuta a volte toccanti e ancora carichi di amarezza.

Ricordando Un’ora per voidi Helen Desantis

A 20 anni dall’ultima puntata di Un’ora voi, alla Casa d’Italia di Zurigo, Matilde Gag-gini Fontana, autrice di uno studio dedicato alla storica trasmissione, Mascia. Cantoni, Marco Blaser, Sergio Genni e Nico Tanzi e un folto pubblico hanno ricordato questo momento della nostra storia

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57n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Con una scrittura singolarmente limpi-da, Gaspare Barbiellini Amidei si pre-senta come cronista partecipe di de-cenni e momenti importanti per l’Italia, dagli anni Settanta ai giorni nostri, e anche come protagonista di alcuni in-contri notevoli con Montale, Pasolini, Borges, Montanelli, Biagi, e altri. Con l’esperienza ormai smaliziata di uno sguardo critico e partecipe sulla real-tà, sfi lano davanti alla memoria fatti e testimoni importanti, dalla strage di Piazza Fontana, all’assassinio di Walter Tobagi, al clima diffi cile e alle strumen-talizzazioni degli anni di piombo, alla P2, ai referendum sul divorzio, sulla procreazione assistita. Incontriamo le rifl essioni dedicate alla religiosità e alla fede, e all’ateismo nella modernità, o al senso di continuità e trascendenza che la nostra società sembra aver perduto, e ai temi dell’immigrazione, del volontariato, del terrorismo e del problema climatico, alle responsabilità della politica e del campo economico e fi nanziario, al ruolo degli intellettuali, dell’informazione, dei media nel riferire e nel servire la verità, “riga dopo riga”. Direttore e vicedirettore di importanti quotidiani italiani, intellettuale cattolico, giornalista innamorato del suo mestie-re e acuto conoscitore dei meccanismi della comunicazione, della politica, del potere e dell’economia, l’autore offre ai suoi lettori un “diario intimo”, che concilia il ricordo e la storia persona-le, la rifl essione etico-morale e la pas-sione per l’informazione, e che diviene spesso una vera e propria lezione di giornalismo, diretta ai giovani.

Gaspare Barbiellini Amidei (26 no-vembre 1934 - 12 luglio 2007), gior-nalista, intellettuale, scrittore, socio-logo e docente universitario, è stato uno degli esponenti più acuti del libe-ralismo cattolico, ha analizzato con sguardo critico e passione civile e morale gli avvenimenti più importanti del nostro tempo.

Europa, fi ne Settecento. Principi, du-chi, marchesi, conti, baroni, aristocra-tici di ogni origine e grado avvertono il terreno fremere sotto i piedi: il popo-lo è in subbuglio. Spira aria di cambia-mento, di rivoluzione. Nascono e pren-dono vigore organizzazioni semiclan-destine che perseguono e diffondono ideali sconosciuti e misteriose ideolo-gie. Si mormora dell’esistenza di reti capillari che infl uenzano e controllano il potere, la cultura, la stampa. Avan-za la massoneria, fervono società se-grete, in Baviera nasce l’Ordine degli Illuminati, la Valtellina rivendica la pro-pria autonomia dai Grigioni. E mentre Napoleone si appresta a impugnare lo scettro, non poche trame che deter-minano un cardine della storia conti-nentale si intrecciano a Poschiavo. Il piccolo borgo alpino assurge infatti, come mai prima né dopo, a straordi-nario crocevia politico e culturale. E questo grazie al suo fi glio più illustre: il barone Tommaso Francesco Maria de Bassus. Ancora una volta Massimo Lardi ci regala un’opera letteraria frut-to di un fecondo connubio tra storia e narrativa: un romanzo biografi co – o una biografi a romanzata, se si prefe-risce – incentrato sull’uomo che più d’ogni altro incise a grandi lettere il suo nome nelle vicende politiche della terra che gli diede i natali, la Val Po-schiavo, ma anche di un’ampia area del Vecchio Continente. (Dalla prefa-zione di Andrea Paganini).

Massimo Lardi (Poschiavo, 1936) è stato professore di lettere alla Scuola Magistrale di Coira e redattore della rivista culturale «Quaderni grigionita-liani». Ha curato la riproduzione ana-statica dei Dolori del giovane Wer-ther di Goethe stampato a Poschiavo nel 1782 nella tipografi a de Bassus (2001) e ha pubblicato alcune opere di narrativa, fra cui il romanzo Dal Ber-nina al Naviglio (2002), i Racconti del prestino e Quelli giù al lago (2007).

Una storia comune degli italiani non esiste più. A quasi 150 anni dall’uni-tà nazionale si è frantumata in tante piccole schegge, ognuna delle quali rispecchia l’ideologia, le passioni, le radici familiari dei cittadini. Uno scollamento che si rifl ette nei quesiti contenuti nelle undicimila let-tere che giungono ogni mese nella redazione del Corriere della Sera alla rubrica di Sergio Romano. Le risposte “non formano una ‘storia d’Italia’, ma ciascuna di esse descrive una persona, un evento, un problema, segna un punto su una immaginaria carta cronologica della storia nazio-nale”. In questo modo vengono messe in luce proprio le costanti e i temi ricor-renti che continuano ad appassionare (e dividere) gli italiani: dal rapporto tra Stato e Chiesa agli scandali che pe-riodicamente scuotono il mondo poli-tico, dalla collocazione dell’Italia sullo scacchiere internazionale alle tante fratture mai sanate (tra Nord e Sud, fascisti e antifascisti, comunisti e an-ticomunisti). Sotto la guida esperta di Romano, unendo un punto all’altro, il lettore comporrà un disegno – per una volta unitario – e scoprirà non la storia “scientifi ca” dei libri degli stu-diosi, “ma quella dei monumenti e delle targhe commemorative, dei rife-rimenti alla nazione nei discorsi delle ‘autorità’, delle conversazioni quoti-diane degli italiani. È una storia più modesta, ma è stata fatta da noi, rispecchia i nostri vizi e le nostre virtù”.

Sergio Romano, ex ambasciatore, storico, giornalista, è editorialista del Corriere della Sera, di cui dal gennaio 2005 cura la rubrica delle lettere, e di “Panorama”. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo Il Paese delle molte storie (Rizzoli 2007) e Storia di Francia. Dalla Co-mune a Sarkozy (Longanesi 2009).

Gaspare Barbiellini Amidei

Quel ragazzo di via SolferinoUna lezione di giornalismo

Marsilio editorepp. 160, € 15,00

Sergio Romano

Vademecum di storia dell‘Italia unita

Rizzolipp 342, € 20,00

Massimo Lardi

Il Barone De BassusL’ora d’oro, Poschiavo

pp.432CHF 28.--, € 20,00

Scaffale di Liber

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58n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Susanna, di recente lei ha detto: "In tempo di crisi e di cose opache c'è bisogno di qualcosa di lu-minoso". Crede che questo libro lo sia? Eventual-mente in che senso?È un libro molto luminoso, pieno di allegria, sul-la forza della natura, sul candore, sull'ingenuità, qualità dell'animo che abbiamo messo in soffi tta e che invece sono molto importanti per vivere una vita davvero appassionata. In un mondo che ci im-pone il cinismo come idea di riuscita, meglio una vita fatta di convivialità e voglia di stare insieme.

In tutti i suoi libri ci sono riferimenti al mondo naturale e in particolare agli alberi, considera-ti metafore di vita. In Va' dove ti porta il cuore (Rizzoli 1994), ad esempio, c'è un'esortazione a pensare al modo in cui gli alberi crescono, ricor-dandosi che radici e chioma devono sempre cre-scere in misura uguale: "Devi stare nelle cose e starci sopra, solo così potrai offrire ombra e ripa-ro, solo così alla stagione giusta potrai coprirti di fi ori e frutti". Come si fa ad avere radici e chioma di egual misura?Proprio dal fi nale di Va' dove ti porta il cuore, 15 anni fa, è cominciata la rifl essione sugli alberi. Pri-ma li consideravo solo come arredo urbano poi in campagna, cominciando a piantarli e a conoscerli da vicino, mi sono accorta che sono creature stra-

ordinarie. Solo l'albero e l'uomo restano vertical-mente sulla terra e non paralleli come gli animali; gli alberi vanno verso l'alto alla ricerca della luce e anche noi umani dovremmo farlo. Spesso la luce viene dalla terra, è nella vita reale, pratica: ricer-care la luce ma anche restare nella vita, amarla. Trovare l'equilibrio tra concreto ed etereo sarebbe l'ideale.È anche una metafora di fede?Sì, io trovo che nel cammino di un uomo ci deb-bano essere degli errori, dei tentativi che aiutano ad avere consapevolezza della vita, a crescere per poi andare avanti. Oggi, ci dicono di fare tutto su-bito altrimenti sei un fallito. Io dico che bisogna sbagliare.

Dal libro Luisito (Rizzoli 2008), attraverso lo sguardo dell'eroina Anselma, traspare una visio-ne negativa della famiglia, del matrimonio e del mondo infantile. Anselma considera i suoi nipoti "distratti, ingordi, incapaci di qualsiasi passione che non fosse per quelle scatolette luminose che tenevano perennemente in mano". Che tipo di ri-fl essione voleva innescare?Premettendo che io non ho fi gli, sentivo comun-que l'esigenza di descrivere i problemi della fa-miglia di oggi, secondo me alla deriva. Prima la comunità che educava era vasta, era un organismo

Incontro con Susanna Tamaro

«Vivo molto, ogni tanto scrivo»

di Elisa Giancaspro

Susanna Tamaro, una delle autrici italiane più lette degli ultimi decenni, è sta-ta a Zurigo lo scorso 30 novembre, dove ha presentato il suo ultimo libro Il grande albero (Salani Editore 2009). Nell’ambito della manifestazione Zurigo in italiano, la scrittrice ha letto alcuni passi del libro in una serata evento organizzata dall’Istitu-to Italiano di Cultura, dal Liceo Artistico e dalla Casa Editrice Bartelsmann, di Mo-naco Di Baviera, che ha curato l’edizione in lingua tedesca. La Rivista ha deciso di incontrarla, per parlare del libro, delle dif-fi coltà affrontate durante la sua stesura e dei temi toccati quali la gioia di vivere e l’entusiasmo dei bambini

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59n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

vivo; oggi la famiglia è anoressica, spesso mono-nucleare e i bambini sono iper-protetti, non hanno modo di mettersi alla prova, di cadere nel fango. E la vita è piena di fango purtroppo.

È vero che lei pensa che con i bambini i grandi imparino a crescere?Esatto. Da quando ho iniziato a vivere con una famiglia e quindi con dei bambini, ho capito tante cose di me, di quando ero piccola, di quello che mi colpiva. Educare è diffi cile, ci vuole tanta pa-zienza, bisogna dire di no e poi spiegare perché. Oggi i fi gli vengono educati dai media, da un me-gapensiero che ci risucchia e che a mio avviso non è un bravo educatore.

Dall'anno 2000 lei si occupa anche di una Fonda-zione, con sede a Zurigo, che fa capo alla Limmat Stiftung e ha come fi ne la creazione di progetti di sostegno e sviluppo per le categorie piÙ deboli, soprattutto donne e bambini. Come mai la sede è qui a Zurigo?Quando ho capito che guadagnavo più di quello che mi serviva per la mia vita, ho scoperto che quello che davvero mi piaceva fare, oltre a scrive-re, era di creare la speranza, dare delle aspettative a qualcuno. In Italia è complicatissimo a causa della burocra-zia e poi ho saputo che qui a Zurigo c'era questa società (Limmat Stiftung*), dove lavorano persone competenti e con una certa esperienza per valuta-re i progetti da sviluppare in tutto il mondo.

Ci racconta uno dei vostri progetti?In Italia abbiamo fi nanziato per anni delle borse di studio universitarie per donne straniere. Ho in-contrato tante intelligenze sprecate con un titolo di studio che si sono ritrovate a svolgere dei lavori più umili. Io poi ho stretto un rapporto con queste persone e ne sono nate splendide amicizie.Un altro progetto è il fi nanziamento di una Casa Famiglia per i fi gli dei rifugiati politici in attesa di permesso di soggiorno. Si tratta di famiglie che vengono da posti lacerati dalla guerra; i genitori di questi bambini hanno fatto dei viaggi lunghis-simi prima di arrivare in Italia e una volta arrivati crollano psicologicamente, non sono in grado di occuparsi dei fi gli.La Fondazione è fi nanziata dai diritti d'autore per cui ogni mio lettore fi nanzia anche i progetti. Un altro fattore positivo è che posso occuparmene personalmente e vedere davvero dei risultati.

In un'intervista lei sosteneva di aver bisogno di nuove storie e di nuove parole per raccontarle, di un discorso che la coinvolgesse interamente. Come ha trovato nuove ispirazioni?Io vivo molto, ogni tanto scrivo. Faccio tante atti-vità e poi quando mi ricarico di energie scrivo. Bi-sogna vivere, aprirsi, la creatività è linfa e bisogna ricaricarla altrimenti si secca. Potrei seguire me-

glio la mia carriera, ma non mi interessa l'aspetto mondano della cosa, preferisco passare un pome-riggio con i bambini che mi fanno amare la vita, mi diverto di più così.

Alberto Moravia considerava il suo modo di scri-vere “molto tedesco”. Cosa intendeva dirle? L'ho conosciuto a Roma, io ero molto giovane. Durante la nostra frequentazione ha voluto legge-re i miei primi libri. Mi disse che erano belli, ma che sarebbero stati pubblicati solo in Germania, perché erano troppo tedeschi, nel senso che par-lavano di anima, di introspezione, argomenti che agli italiani non interessano. Gli italiani sono fatti per la pittura, non per la lette-ratura. Il paesaggio è bello e loro ne sono inebriati. Anche il clima poi non si addice alla letteratura: c'è troppo sole! Per leggere o scrivere è più adatta la pioggia, il freddo. Secondo me aveva ragione, questa osservazione mi ha aiutato a capire il carattere della letteratura italiana. Noi siamo un paese di pittori, anche se scriviamo rimaniamo pittori.

*Informazioni:www.susannatamaro.it http://www.limmat.org/index/index.php

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60n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Il programma radiofonico «Piazza Italia» è cre-sciuto in maniera tale da essere preso come esempio d'integrazione in Svizzera da una ri-cerca all'Università di Friburgo. Gli artefi ci del

programma in lingua italiana sono Waldimiro Ros-si e Luigi Farulli, meglio conosciuti dagli ascolta-tori rispettivamente come Miro e Gigi, due perso-naggi pieni di entusiasmo e buon umore, uniti da una passione in comune: la bella musica. Ma ogni bellezza ha il suo premio: «dietro Piazza Italia c'è tanto sudore», spiega Waldimiro Rossi. «Tuttavia è una passione molto forte che ha come obiettivo principale quello di essere considerati come punto di riferimento per gli italofoni in Svizzera». La Rivi-sta - che inizia con questo numero una miniserie dedicata ai programmi in lingua italiana in onda sulle emittenti svizzere - per saperne di più si è recata negli studi di Radio RaBe per rintracciare Miro, uno dei moderatori.

Miro, come sei entrato a far parte di una trasmis-sione radiofonica?Beh! Una sera i dirigenti del programma mi chia-marono e mi chiesero: «Miro, vuoi fare radio?» Ri-sposi ridendo: «Radio io! A malapena mi arrangio a suonare il pianoforte!». Mi domandai come avrei potuto fare a moderare una trasmissione. Accet-tai questa sfi da e iniziai con mio fratello Walter – che purtroppo nel frattempo per altri impegni ha dovuto abbandonare questa nostra avventura. Mi ricordo, registravamo la trasmissione durante la settimana e poi quando dovevamo andare in onda inserivamo la cassetta o il CD e ascoltavamo la radio come tutti gli altri senza usare il microfono. Oggi è tutto diverso, Gigi ed io andiamo in onda dal vivo.

E vi sentite a vostro agio?Certamente. Quello che ci piacerebbe tanto, però, se ci fosse più interazione col nostro pubblico. Se

la gente alzasse con meno fatica la cornetta per chiamarci in diretta.

Prima di allora di cosa ti occupavi?Io sono e continuo ad essere un informatico, e in qualche maniera la comunicazione è qualcosa che mi appartiene. La comunicazione intesa in di-verse forme. A livello di suoni, o a livello di colori. Oggi per esempio la comunicazione è internet; quindi per me comunicare è stato sempre molto semplice.

Il tuo obiettivo è quello di trasmettere qualcosa a qualcuno. Vuoi trasmettere il tuo concetto di comu-nicazione? Penso che sia l'obiettivo di tutte le per-sone che intraprendono questa strada. Per me lo è ogni sabato mattina dalle 11 alle 13. Non mi rivolgo agli italiani di Berna in particolare, ma a tutti gli ita-lofoni. Dal momento che andiamo in onda anche su internet possiamo raggiungere chiunque.

Qual è l'obiettivo di Piazza Italia?Primariamente vogliamo creare un momento di svago per tutte quelle persone che durante la set-timana lavorano tanto e che con me accendendo-no la radio. Coloro che ascoltano Piazza Italia per godersi due ore di tranquillità, di spensieratezza. Io non do le notizie, non sono un giornalista, sono solo una persona che vuole comunicare in ma-niera simpatica. Il secondo obiettivo, quello che prediligo, è quello di porsi da tramite fra le asso-ciazioni e la collettività italiana, cioè essere il mi-crofono dell'ambasciata, dei consolati, dei centri familiari e qualsiasi altra associazione che vuole diffondere un'informazione. Questo, Gigi ed io, lo facciamo non solo tramite la radio, ma anche tramite interviste, internet e Facebook. L'obiettivo principale, consentimi di dirlo, è quello di essere considerati come punto di riferimento dagli italo-foni in Svizzera.

Una radio che c’èA colloquio con gli artefi ci del programma Piazza Italia

in onda su Radio RaBe 95.6 MHz

di Luca Scigliano

‘Piazza Italia’ è il titolo di un programma radiofonico che ogni sabato va in onda sulle frequenze di Radio RaBe, la radio culturale di Berna. È presentato da due perso-naggi briosi, Miro e Gigi, che con molta passione si dedicano al bel suono e all’intrat-tenimento del pubblico italofono – e questo da ben dieci anni

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61n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

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In sintesi, che cos'è Piazza Italia?Piazza Italia si riassume in un servizio per la col-lettività italiana, italofona e svizzera, con musi-ca, notizie d'informazione e tanto divertimento. Una voce per le associazioni italiane o italofone che desiderano farsi conoscere ed esporre i loro programmi. Poi, c'è l’aspetto ludico, che è prati-camente quello di stare davanti al microfono. Lo faccio oramai da un bel po' di tempo con Gigi, moderatore assieme a me, un compagno essenzia-le che si occupa delle interviste. Infatti, è lui che gira la Svizzera per intervistare gli artisti italiani in tournée. Avendo contatto con le case discografi -che italiane, Gigi ha la possibilità di preparare la lista delle novità musicali italiane e internazionali da mettere in onda. Siamo praticamente due spalle che ci appoggiamo l'una con l'altra. L'uno essenziale per l'altro e la musica che mandiamo in onda è indirizzata a tut-te le fasce d'età.

In conclusione?Vogliamo ricordare agli ascoltatori di sentirsi «ve-ramente italiani» - e ovviamente di associarsi alla nostra radio. Abbiamo bisogno di persone e di aziende che ci diano il loro sostegno con un con-tributo. Solo così possiamo garantire la continua-zione del programma anche nel 2010.Raccontato così in cinque minuti, sembra una cosa da poco. Ma dietro a Piazza Italia c'è tan-to impegno e continuità. I due moderatori della trasmissione hanno una vita normale, un lavoro normale, una famiglia come tutti gli italiani in Svizzera, che lavorano sodo tutta la settimana per poi concedersi e impegnarsi in questo progetto che supera la soglia dei dieci anni a testa alta e in crescita. Potrebbero restare comodamente sdraiati davanti a un televisore o godersi la propria fami-glia, ma non lo fanno proprio per quelle due ore alla settimana da dedicare agli italiani di Berna, e perché no, del mondo. Miro e Gigi svolgono la loro attività attraverso prestazioni personali, fanno parte di una radio che non opera a scopo di lucro. Radio RaBe appunto, non può emettere spot pro-mozionali, come sono abituali in altre radio loca-li. Per operare, l'emittente ha bisogno di contributi statali, ma anche del sostegno degli sponsor e dei suoi soci.

I due animatori di Piazza Italia: a sinistra, Waldimiro Rossi (Miro) e Luigi Farulli (Gigi).

Ogni sabato, dalle ore 11 alle ore 13Ascolto: Berna e dintorniFrequenza antenna: 95.6 MHzFrequenza via cavo: 104.6 MHzInternet: www.piazzaitalia.fm

Per diventare soci di Radio RaBe chiamare il 031 330 99 90 (orari di uffi cio) o iscriversi a: www.rabe.ch

PIAZZA ITALIA – RADIO RABE

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62n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

La vita artistica di Massimo Rocchi negli ul-timi quindici anni ha percorso un processo di transizione: nel suo spettacolo Äuä del 1994 ha preso a modello il tipico italiano

migrante che s'imbatte in una cultura nuova. Il se-condo grande spettacolo Circo Massimo era una parodia tra l'identità italiana e quella svizzera. Nel programma attuale, RocCHipedia, il cabarettista entra in scena da svizzero.

Massimo Rocchi, adesso che sei diventato svizze-ro, cosa ci si può aspettare come prossimo passo? Magari divento marocchino (ride). Per il momento ho talmente tanto da fare con l’identità svizzera. Pensa, ho 52 anni e da 14 anni sono svizzero. Rin-giovanisco. La burocrazia svizzera fa miracoli!

La tua identità svizzera, è un'identità personale o artistica? Tutt'e due. Il mio lavoro sul palcoscenico è una miscela di vita e fantasia. Di cosa è, e cosa potreb-be essere. In Äuä ho rappresentato l'incontro di un italiano con l’estero e con le lingue straniere: l'abbandono della madrelingua. Mentre in Circo Massimo ero un piccolo mostro, un ibrido, metà italiano, metà svizzero: uno “svitaliano”. RocCHi-pedia è il ritratto di uno svizzero nuovo, non nato qui, ma che qui ama vivere. Una novità, un pezzo non da museo, ma un ul-timo prodotto di una cultura che dà alla luce lo svizzero moderno.

In parole povere: tu non rappresenti più il classico italiano migrante che lascia il suo paese per mo-tivi economici. No. Il classico italiano arrivò qui e costruì, se mi permetti, quasi tutto. Dormiva in baracche, non poteva avere i fi gli con se. Ora que-sta persona, o i suoi eredi, sono datori di lavoro, qui in Svizzera. Sono imprenditori, impiegati e di-rettori. Alcuni di loro senza passaporto svizzero. È una ingiustizia insopportabile. È ora di fi nirla con “secondo” o “terzo”. Non è mica un campionato di curling. Sono svizzere e svizzeri, se vogliono. Ecco, questo è pure uno degli stimoli del mio nuo-vo spettacolo.

Continua pure… …guarda, quando incontro svizzeri all'estero e chiedo loro da dove vengono, nessuno risponde: «sono svizzero». Senti dire: «io vengo da Rapper-swil», o «da Luthry», o «da Losone.» Si sente ver-gogna nel pronunciare la parola: «Svizzera». Ora è anche peggio (ride).

Perché? Pare che siamo diventati quelli che hanno provo-cato la crisi del mondo bancario. È vero, qui tutti hanno conti, dai dittatori agli artisti di circo. Della Svizzera ci si fi da, meno gli Svizzeri di se stessi. È una situazione comica. Insomma diciamo così: se una mamma porta il fi glio al mare dove l'acqua è più pulita, i benestanti portano i soldi nel paese più sicuro (ride).

Il cabarettista Massimo Rocchi presenta «RocCHipedia»

«L’identità non è un’automobile o un reggiseno, è un’anima»

di Luca D’Alessandro

RocCHipedia è il titolo dell’ultimo spetta-colo del cabarettista Massimo Rocchi. È il suo omaggio alla cultura svizzera; una satira della storia della Confederazione che ha inizio nel lontano 1291 quando – secondo la narrazio-ne tradizionale – i tre rappresentanti di Svitto, Uri e Untervaldo s’incontrano sul Grütli, «per godersi una bella grigliata», come spiega Rocchi, «poiché era una bella giornata, deci-sero di fondare un’associazione: la Confedera-zione Elvetica Berna per me è come il Gottardo per la Svizzera

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63n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Puoi spiegare che tipo di problema procura dire: «io sono Svizzero»? Un italiano, un francese e anche un tedesco: tut-ti dicono con fermezza il nome della nazione di appartenenza. Lo svizzero molto meno. Per carità, siamo liberi di dire ciò che vogliamo. Ma il passaporto non puoi usarlo per convenienza. Ti leghi a delle leggi e ad una storia. Io non potevo fare fi nta di non essere svizzero, e di continuare a fare l'italiano. Sai, a me succede che, dopo due settimane in Italia, dico: «Ich fahre zurück». Torno a casa, che è la Svizzera. L'identità non è un'auto-mobile o un reggiseno, è un'anima. Mamma mia, ora sono troppo serio, eh?

La Svizzera è il paese dove hai messo le radici, dove interagisci con la gente ed esprimi la tua opinione. Esatto. Ora in Italia c'è un gran casino, ma questo è normale, pare che il casino sia l'origine della vita. A Ginevra al CERN (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare - ndr) provocano proprio quella reazione che potrebbe aver dato origine alla vita. L'Italia è una cosa di tutti i giorni. Ma il problema è il seguente: mia madre ha bi-sogno di assistenza continua, fi sica e psicologica. Maria e Lilia, ucraine, e Lula, rumena, si alternano con mia sorella per regalarle una vecchiaia sere-na. Senza queste extracomunitarie mia madre do-vrebbe vivere in un ospizio puzzolente, in attesa dell'ultima ora. Allora che succede? Queste tre donne che lavo-rano, guadagnano e pagano le tasse in Italia, non hanno diritto al voto. Mentre io, italiano di nasci-ta, e ora praticamente un turista in Italia, ho tutti i diritti. Ma lo trovi giusto?

Chi o che cosa ti fa sentire svizzero? I cantieri delle autostrade, che di giorno sembrano dei mercati dei marocchini, di notte delle discote-che di Riccione.

È diffi cile essere svizzero? È impegnativo. In Italia mi dicono: «è facile per voi in Svizzera, voi guadagnate il triplo di quello che guadagniamo noi». Sì, ma qui i maestri e i profes-sori lavorano anche il triplo, e pagano tutti le tasse. In Italia chi paga le tasse è un fesso. I bambini ar-rivano a scuola alle nove, con mezz'ora di ritardo, perché devono vedere la televisione. Le mie fi glie si alzavano alle sei e mezzo per andare a scuola a piedi. Le lezioni iniziavano alle sette e un quarto.

La Svizzera è un paese con diverse culture, e cia-scuna di esse ha le proprie particolarità. Sì, esatto, diverse culture e religioni.

E come fai, quando ti rechi a Ginevra o a Losanna per presentare il tuo spettacolo? Presumibilmente non proporrai lo stesso programma di Zurigo o Basilea. Il mio testo si adatta, ma non perde l'affi -

latura; ho una lama, e la mantengo affi lata. Dico di me e a me «Tschingg». Mi fa sentire «negro». Mi dà una grande libertà. Tolgo un peso a me e agli altri. Li disarmo.

Con la speranza di anticipare una possibile offesa nei tuoi confronti. Desidererei togliere un po’ di paura. In tedesco uso dire: «Die Wörter befreien (liberare le parole)».

Paura di che cosa? La paura nella savana fa sopravvivere: la paura più grande che l'uomo ha nella società è sempre e solo di se stesso.

Torniamo alla Svizzera: sembra che qui funzioni tutto? Funzionano molte cose, ma ci sono tante ragioni. Una è quella che lo svizzero non aspetta il lotto. Si alza e fa.

E in Italia, funziona? Mi vuoi fare perdere l’appetito? Politicamente non mi interessa. Solo due politici mi interessano: Fini e Violante. Il dato di fatto è che la maggioranza degli elettori elegge per tre volte la stessa persona, mi fa pensare. Ho deciso il silenzio, per rispettare la storia che un paese si dà. Ci sarà del buono an-che in questa esperienza. Lutero diceva «Aurum in stercore quero». Non mi far tradurre.

Le tue parodie prendono di mira anche i membri del Consiglio Federale. Non sei mai stato criticato per questo? Non sono un politico che ha bisogno di consensi. Sono un cane sciolto, e la libertà costa cara, più della pace. Interessante è constatare che il mio pubblico è fatto anche da chi sostiene certi politi-ci. Non lo trovi divertente?

La tournée è in pieno svolgimento. Sono previste, tra l'altro, date a Berna, Langenthal e Frauenfeld. Parliamo di Berna, che cosa rappresenta per te la capitale svizzera? Ah, Berna! Il luogo in cui tutto è cominciato, era il 1986. Berna per me è come il Gottardo per la Svizzera.

Massimo Rocchi – un artista in piena carriera Il cabarettista ha frequentato il liceo a Cesena, prima di intraprendere gli studi in Lettere e Filo-sofi a all'Università di Bologna nel 1977. L'anno seguente si è trasferito a Parigi per terminare gli studi alla «Ecole Internationale Marcel Marceau». Oggi Massimo Rocchi è conosciuto dal grande pubblico grazie ai suoi spettacoli Äuä e Circo Massimo. Attesissimo il suo nuovo spettacolo at-tuale RocCHipedia, che a Zurigo ha fatto il tutto esaurito.

Info: www.massimorocchi.ch

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18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

Dicembre 2009 Gennaio 2010Destinazioni

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65n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Sequenze di Jean de la Mulière

Avatar ci porta in un mondo nuovo e spettacolare al di là di ogni im-maginazione, dove un eroe ribelle si imbarca in un’avventura epica, che alla fi ne lo vedrà combattere per salvare il mondo alieno che ha imparato a chiamare casa. Entriamo in questo mondo alieno attraver-so gli occhi di Jake Sully, un ex Marine costretto a vivere sulla sedia a rotelle. Nonostante il suo corpo martoriato, Jake nel profondo è ancora un combattente. È stato reclutato per viaggiare anni luce sino all’avamposto umano su Pandora, dove le corporazioni stanno estraendo un raro minerale che è la chiave per risolvere la crisi ener-getica sulla Terra. Poiché l’atmosfera di Pandora è tossica, è stato creato il Programma “Avatar”, in cui i “piloti” umani collegano le loro coscienze ad un avatar, un corpo organico controllato a distanza che può sopravvivere nell’atmosfera letale. Questi avatar sono degli ibridi geneticamente sviluppati dal DNA uma-no unito al DNA dei nativi di Pandora… i Na’vi. Rinato nel suo corpo di Avatar, Jake può camminare nuovamente. Gli viene affi data la mis-sione di infi ltrarsi tra i Na’vi che sono diventati l’ostacolo maggiore per l’estrazione del prezioso minerale. L’incontro con una bellissima donna Na’vi, Neytiri, che gli salva la vita cambierà tutto.

New York. La High School of Performing Arts accoglie giovani artisti di talento - musicisti, attori e ballerini - che aspirano ad intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo. In un'atmosfera intrisa di ambizione, competizione e disciplina, i ragazzi impareranno cosa vuol dire essere dei veri artisti ma anche il valore dell'amicizia e dell'amore. Sono passati trent'anni da quando Alan Parker, decise di infrangere i sogni aurei del musical americano in quel che restava delle inquietudini giovanili della New Hollywood e della realtà subur-bana della New York descritta da Scorsese e Schlesinger. Trent'anni in cui quel processo di commercializzazione e capitalizzazione delle ambizioni artistiche avviatosi proprio negli anni del fi lm, ha trovato pieno compimento rendendo l'ambizione alla fama quanto mai este-sa e liquida. Rispetto all'originale, interpretato dall'indimenticabile Irene Cara, ci troviamo di fronte a una sorta di incubo canterino postmoderno, che in un certo senso va oltre la mera banalità e col-pisce per il suo carattere infl azionato, quasi crepuscolare.I nuovi personaggi appaiono solo come un riciclo. I drammi personali e le crude esperienze di vita si trasformano in capricci infantili, pic-coli episodi che non lasciano tracce di sé.

Londra, 1818: tra il 23enne poeta John Keats e la sua vicina di casa, la studentessa di moda Fanny Brawne, apparentemente re-frattaria da ogni forma di letteratura, nasce una relazione segreta. La loro romantica ossessione si farà sempre più profonda e inten-sa con l'aumentare dei problemi che devono affrontare. Minato dalla tubercolosi, Keats si vede costretto a partire per l'Italia, dove il clima è migliore e dove troverà la morte, nel febbraio del 1821. Bright Star racconta l'inabissamento amoroso sottolineandone il parallelo con la dissoluzione fi sica del poeta, ma sceglie il punto di vista di Fanny Brawne per narrare innanzitutto un nuovo perso-naggio femminile, la cui esuberanza intellettuale è mitigata da una crudele coscienza di ciò che le sta accadendo.Instaurando un triangolo tra Keats, l'amico Brown, che lo vorrebbe al riparo dall'infl uenza femminile, protetto dai classici, e Fanny, che ad ogni apparizione distrae e confonde, la Campion racconta come l'infi ltrarsi di una musa, con tutti i limiti del suo agire, nel mondo libero e ozioso degli uomini abbia strappato Keats all'ac-cademia e permesso l'estensione del romanticismo al di là della pagina, nella vita.

AVATAR di James Cameron

FAME di Kevin Tancharoen

BRIGHT STAR di Jane Champion

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66n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Che cosa prova nel cuore sapendo di dover suona-re in una chiesa, che per lei diventa palcoscenico?Mi fa sempre piacere suonare in Svizzera; è un pae-se in cui torno con una certa frequenza. Suonare in una chiesa è un’esperienza che va vista da molti an-goli. L’acustica è in generale stupenda. Per la trom-ba è meraviglioso, diventa un’esperienza mistica. Oltre al suono c’è anche l’ambiente stesso: certe chiese sono ricche di opere importanti che di per sé rendono importante quest’esperienza. Indipen-dentemente da dove si suona, il pubblico del jazz è simile in tutto il mondo.

Ha trascorso molti anni a New York. Che cosa le ha insegnato quest’esperienza? Mi sono trasferito a New York nel 1967. In quel periodo la metropoli era vista come centro del jazz. Al contrario di oggi: New York non ha più quella trascendenza di allo-ra. Erano vivi tutti i grandi maestri, da Armstrong a Duke Ellington, da Dizzy Gillespie a Miles Davis, e quindi c’era un’enorme energia e una creatività dif-fusa. Nei dieci anni vissuti a New York ho imparato a suonare sempre come se fosse l’ultima volta, cioè di mettere me stesso, concentrarmi e identifi carmi completamente in quello che faccio.

Come vede il jazz in Italia? Negli ultimi quindici anni sono comparsi musicisti giovani veramente straordinari. Penso proprio che l’Italia sia uno dei paesi più interessanti per quanto riguarda il jazz. D’estate non c’è città o cittadina che non abbia, una sua, piccola o grande, rassegna.

Quest’anno è uscito il Suo nuovo disco «New York Days». Com’è nata l’idea? Questo disco in un certo senso è nato casualmente. Siccome Stefano Bollani ed io dovevamo suonare al Birdland di New York per il lancio del nostro di-sco in «Duo» ho pensato che non sarebbe stata una brutta idea incidere proprio lì il mio nuovo disco con musicisti che io amo, come Mike Turner, che per me oggi è il sassofonista più interessante che ci sia, Paul Motian che oltre ad essermi amico dal 1967 è anche un batterista storico e uno dei più grandi innovatori del suo strumento, e Larry Gre-nadier che è un bassista meraviglioso. È venuto tut-to molto naturale anche, perché avevo pensato a una musica in relazione ai musicisti che avrebbero partecipato all’incisione, una musica come cornice alle loro capacità.

Che sentimento prova poco prima di esibirsi in un concerto? Devo dire che il palcoscenico mi piace, mi son sempre sentito molto a mio agio. Non ho il panico prima di suonare anzi è come andare a una festa, provo un piacere enorme, mi diverto e sento molto vicino il pubblico. Se sento del nervosismo, sono magari io che ho dei problemi. Basta un semplice raffreddore o il labbro gonfi o, e suonare la tromba diventa diffi cile. Sono queste le cose che possono darmi un po’ di paranoia. Ma quando mi sento bene, vivo il concerto come una festa. Penso che dovrebbe essere così per tutti. Se uno non riesce a viverla in questo modo, suonare diventa una punizione.

Enrico Rava e Stefano Bollani in concerto

Mistico «Duo» Jazz a Zurigo di Luca Scigliano

È uno dei trombettisti jazz più apprez-zati nel mondo. Un artista che ha indicato il percorso musicale a tanti musicisti giovani. Affi ancato dal pianista Stefano Bollani il 22 gennaio presenterà la sua immagine acusti-ca di un «Duo» mistico alla Kirche Neumün-ster. Stiamo parlando di Enrico Rava, il «po-eta con la tromba». Già dalla metà degli anni sessanta sulla scena jazzistica, dove s’impo-ne come solista a livello europeo. Il suo suo-no è caldo, appassionante. Nelle sue note si diffonde un’eco di emozioni. «Il suono per me è la voce della propria anima»

Enrico Rava - Stefano Bollani Duo: venerdì, 22 gennaio 2010, ore 20, Kirche Neumünster, ZurigoPer info: www.allblues.ch

Due biglietti in palioLa Rivista mette in palio due biglietti d'ingresso per il concerto del 22 gennaio. I primi due lettori che, entro il 15 gennaio, invieranno un’e-mail a: [email protected] vinceranno due biglietti.

I vincitori saranno contattati dalla redazione della Rivista e fi gureranno sulla guest-list.

Ogni vincitore potrà essere accompagnato da una persona a sua scelta.

La vincita è personale e non può essere trasferita a terzi. Non si ha alcun diritto ad un risarcimento pecuniario. Si prega di mostrare documento di riconoscimento all'ingresso.

ENRICO RAVA IN CONCERTO A ZURIGO

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67n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Diapason di Luca D’Alessandro

Nicola Conte – The Modern Sound Of Nicola Conte (Schema)Un disco di inediti e re-works di uno dei più rappresentativi artisti jazz del momento: Nicola Conte. Il suo è un viaggio ad alta velocità tra le sonorità più raffi nate di bossa jazz, latin e musica elettronica. Il compositore e chitarrista di origine barese propone nel suo doppio album The Modern Sound Of Nico-la Conte un’atmosfera ispirata al genere della pellicola cinematografi ca degli anni sessanta, dell’Easy Listening e della musica etnico-indiana. 26 brani, di cui otto vengono fuori dal repertorio dell’artista stesso. Il percorso acustico parte dall’Italia, attraversa l’oceano per arrivare in Brasile, punto di partenza di un’odissea svincolata in America Latina prima di giungere negli Stati Uniti. Da lì, Conte spicca il volo per il Giappone, dove – letteralmente – «si orienta» prima di ritornare in Italia. La musica globale da sempre lo ha ispirato; lo dimostrano le varie collaborazioni con artisti di fama, come ad esempio il trombettista Till Brönner, o il jazzista Mark Murphy.

Kantango – Ida Y Vuelta (Microcosmo Dischi)A tre anni dalla pubblicazione del debutto Másidiomás i Kantango ripropongono la loro versione del «savoir vivre» bonarense: Ida Y Vuelta s’intitola l’album che ci trasporta in un mondo moderno del tango; un genere che tenta a distaccarsi dal tipico lamento porteño, dalla malinconia platense. Un mondo pieno di sogni e visioni, accenti di battuta e segnature ritmiche, che si ricompongono con la realtà odierna. Il quartetto napoletano riprende le tradizioni argentine – che d’al-tronde sono molto vicine a quelle italiane – e le mescola con la canzone folclori-stica dell’Italia meridionale, e con la musica elettronica. I Kantango fanno parte dell’establishment del tango elettronico, come lo fanno da diversi anni i Gotan Project, Tanghetto, Narcotango, Electrocutango e Bajofondo Tango Club. In Ida Y Vuelta hanno collaborato grandi nomi della musica world e jazz: la cantante afroperuana Susana Baca, il bandonenoista Richard Galliano e Lura, la giovane cantante portoghese, originaria di Capo Verde. In breve: bellissimo.

Mario Biondi – If (Tattica)«If» - in italiano «se». Diciamolo così: se Mario Biondi non avesse dato vita ad un soul jazz caldo, passionale e affascinante, in Italia saremmo tuttora ricchi di musica bella, ma – ammettiamolo – ci mancherebbe qualcosa. Col suo timbro vocale maschile e sereno, Mario Biondi ha dato via libera ad una musica di una coloritura jazz che si avvicina al genere del noto Barry White, oppure a quello di Ray Charles, Isaac Hayes e Lou Rawls. Personaggi che da sempre lo hanno ispirato e con cui, in parte, negli anni novanta ha collaborato. If: titolo brevissimo per un eccellente album, paragonabile al debutto Handful of Soul inciso col grup-po High Five Quintet nel 2006. Un disco che a quei tempi lo ha portato alla ribal-ta facendogli conquistare, dopo soli tre mesi, il primo dei due dischi di platino. Se con If Biondi riuscirà a riconquistare i premi di quattro anni fa, è da vedere. Pare comunque probabile: nei negozi specializzati le copie sono diventate rare. Oltre 70’000 quelle vendute entro la fi ne del 2009. E la storia continua.

Aldo Romano – Origine (Dreyfus Jazz)La vita di Aldo Romano segue il battito del jazz. Un ritmo che lo ha reso noto soprattutto in Francia, dove vive sin dalla sua adolescenza, e dove viene seguito da una grande cerchia di ammiratori. Sono loro ad incentivarlo. E sono altrettanto loro ad attendere con ansia il nuovo album Origine (il cui lancio sul mercato è previsto per l’11 gennaio). Il batterista di origine bellunese appartiene ad un giro di musicisti che tengono alta l’insegna del jazz italiano. Con Origine Aldo Romano dimostra una volta di più di essere all’altezza di farlo. Un disco che rispecchia la vera classe di un batterista, o meglio di un musicista, che potrebbe altrettanto fare carriera da multi strumentalista. Romano ha un ampio repertorio di esperienze fatte negli ultimi trent’anni trascorsi sui vari palcoscenici mondiali, partecipando a pro-getti con artisti come Enrico Rava, Gato Barbieri, Dexter Gordon, Jean-Luc Ponty, Phil Woods, Keith Jarrett e Steve Kuhn.

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69n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Luca Maroni è considerato uno dei massi-mi conoscitori di vino. Degustatore di lun-ga e corposa esperienza, da ormai più di vent’anni è andato affi nando ed esportan-

do in tutto il mondo un metodo di degustazione piuttosto originale, illustrato nei suoi libri, che ri-portano puntualmente le sue valutazioni, le sue ri-cerche e i suoi tanto temuti punteggi. Metodo che ha fatto il giro del mondo, non solo grazie ai suoi scritti, ma anche a seminari e giornate informa-tive organizzate con regolarità. Una di queste si è svolta lo scorso 30 novembre al Kongresshaus di Zurigo, dove Luca Maroni è intervenuto in un evento - organizzato dalla CCIS di Zurigo e da GS Wine e Marketing di G. Schwender - intitolato “Die besten Weine Italiens”, durante il quale, nel corso di tre brevi seminari, ha intrattenuto giorna-listi, esperti del settore e curiosi.Secondo Maroni, per diventare bravi degustatori, sono necessari: la passione per il vino, l’esperien-za e, da non sottovalutare, anche il bicchiere giu-sto. Il suo metodo di assaggio assegna ai vini un punteggio in centesimi, perché consente di diffe-renziare con maggior precisione le particolarità di un vino che, per quanto tendente alla perfezione, perfetto non sarà mai, pertanto, potrà raggiungere al massimo un punteggio di 99/100.Durante l’incontro, Maroni ha illustrato il suo metodo esemplifi candolo nella degustazione di due vini, un bianco - Passerina Colli Aprutini IGT, dell’Azienda Agricola Barone di Valforte, Abruz-zo - e un rosso da uve primitivo: Ducato Grazio-li Rosso, dell’Azienda Agricola Ducato Grazioli,

Lazio. Maroni ha spiegato che la qualità del vino è implicita nella piacevolezza del suo sapore, ov-vero nella sua affi nità con il frutto di cui è prodot-to. Il sapore di qualsiasi cibo o bevanda è l’indice rivelatore della sua qualità. Se nel vino, non vi è alcuna sostanza impropria, nessun difetto, massima sarà la piacevolezza nell’assaggio, che consente di verifi care la qualità di un vino tramite i seguenti parametri: la consi-stenza, l’equilibrio, l’integrità.La consistenza è dovuta a quei componenti del vino che risultano dall’esclusione delle sostanze cosiddette volatili (l’acqua e l’alcool) che si disper-dono con il calore. Oltre che al palato e alla vista (colore e viscosità) può essere misurata pesando quelli che vengono chiamati i residui secchi del vino: più alto è il loro peso più un vino è consi-stente. L’equilibrio è dato dall’armonia fra dolcez-za,( quindi dalla morbidezza), acidità e amarezza. Se uno dei tre sapori è prevalente, il vino risul-terà squilibrato, pertanto acido (immaturo), sovra maturo, oppure amaro (troppo ricco di tannino: sovratannico). Un vino è integro quando il sapore è pulito, si avvicina cioè in modo percepibile ai sapori del frutto di cui è prodotto. Un vino pulito è quel vino che non rivela in degustazione caratteri negativi assenti nel frutto: profumi o sapori sulfu-rei, acetosi, lattosi, legnosi. Luca Maroni ha reso il vino un indiscusso protago-nista della sua vita, gira il mondo esaltandone ca-ratteristiche, profumi e sapori. La sua metodologia è illustrata in modo dettagliato nei suoi numerosi scritti. L’ultimo in ordine di tempo è l’Annuario dei migliori vini italiani 2010, raccoglie le schede di 12’393 vini, di ben 2231 Aziende produttrici di-verse. Scusate se è poco.

Degustare vino secondo Luca Maroni

Calvino in un ritratto

d’epoca.

Luca Maroni durantela presentazione.

Gruppo di giornalisti, terminato il seminario, in degustazione libera.

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70n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

La campagna agraria del 2009 è iniziata con un inverno caratterizzato da abbondanti ne-vicate e un inizio di primavera piovoso che hanno garantito un’ottima riserva idrica nel

terreno. Queste riserve sono state di fondamenta-le importanza nel corso dell’estate scongiurando problemi legati allo stress idrico che poteva veri-fi carsi viste la pressoché nulla piovosità estiva e il gran caldo, specie nella seconda metà di agosto. Nel mese di aprile si sono susseguite diverse gior-nate di pioggia che, insieme a temperature miti, hanno favorito la comparsa di lievi sintomi di pe-ronospora specie nelle zone di fondovalle e nei vi-gneti con una vegetazione più rigogliosa. Fortuna-tamente l’attacco fungino non ha assunto dimen-sioni tali da pregiudicare l’annata, perché il mese di maggio è stato asciutto e ventilato. A questo proposito si è potuto notare che vigneti condotti con una gestione della chioma meno scrupolosa sono stati attaccati maggiormente dalle infezioni fungine. Lo sviluppo fenologico della vite è inizia-to in ritardo, ma ha da subito recuperato rispetto alle medie degli ultimi anni determinando quasi ovunque un anticipo della data di raccolta. La vendemmia è iniziata la settimana dopo Ferrago-sto per la varietà aromatiche a ciclo breve come il Moscato ed il Brachetto e per le uve destinate a base spumante come i Pinot e lo Chardonnay. Per i vitigni a bacca bianca come l’Arneis la raccolta è iniziata attorno al 10 settembre e si è protratta grosso modo fi no al 20 settembre, quando è inco-minciata la raccolta di Dolcetto e Barbera a cui è seguito il Nebbiolo.L’anno duemilanove sarà ricordato anche per un andamento della maturazione irregolare, determi-nato più dalle caratteristiche pedoclimatiche che non varietali: ad esempio in alcune zone le uve Barbera hanno raggiunto la maturità prima rispet-

to a quelle di Dolcetto. Dal punto di vista della maturazione è un’annata che si colloca tra il 2003 ed il 2007 con molti zuccheri ed un’acidità che evidenzia bene il processo di maturazione: alla raccolta la quantità di acido malico nelle uve è stata ovunque sotto la media con valori bassi a sot-tolineare una maturazione completa. Sicuramente da un punto di vista enologico si è trattato di una situazione con buoni potenziali che potrebbe rive-larsi tra le vendemmie migliori degli ultimi anni.Per quanto riguarda la maturazione fenolica, os-sia lo sviluppo dei pigmenti coloranti (antociani) e delle componenti tanniche, nelle uve atte a pro-durre vini destinati all’invecchiamento come il Nebbiolo, si sono riscontrati dati paragonabili al 2003. L’andamento del colore è stato chiaro fi n dai primi campionamenti i cui dati hanno dimo-strato una certa stabilità: ragion per la quale per quest’annata posticipare la data di raccolta non sempre ha migliorato i risultati.Nel complesso si può affermare che, con le ade-guate accortezze di cantina, le caratteristiche del-le uve si prestano all’invecchiamento.L’andamento generale dell’annata 2009 impone una rifl essione seria sul vigneto che resta fonda-mentale, infatti, laddove la scelta dell’impianto e la conduzione si sono dimostrate corrette il pro-dotto ottenuto è stato di qualità superiore. A so-stegno di tale affermazione ci sono dati analitici che testimoniano che con gestioni del vigneto ap-propriate e tempestive, adattate all’annata hanno consentito una produzione qualitativamente mi-gliore sottolineando ed aumentando il divario con chi pianifi ca la conduzione senza considerare le infl uenze del clima e dello sviluppo della pian-ta. Quindi sempre di più si sottolinea il bisogno di interpretare l’annata ed il vigneto in relazione all’obiettivo enologico che si vuole raggiungere.

Barolo Barbaresco Alba Langhe e RoeroBarolo Barbaresco Alba Langhe e Roero

Vendemmia 2009: si confermaVendemmia 2009: si confermal’importanza della scelte nel vigneto

Calvino in un ritratto

d’epoca.

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71n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

BAROLO BARBARESCO... & FREUNDE

ELENCO AZIENDE / AUSSTELLER

ASCHERI - BRA

BEL COLLE - VERDUNO

BONGIOVANNI AZ. AGR. DI MOZZONE DAVIDE - CASTIGLIONE FALLETTO

BROVIA AZ. AGR. DEI F.LLI BROVIA - CASTIGLIONE FALLETTO

CA' DU RABAJA' - BARBARESCO

CADIA AZ. AGR. DI GIACHINO BRUNO - RODDI

CAGLIERO AZ. AGR. - BAROLO

CANTINA BOIDO DI BOIDO GIANCARLO - CISTERNA D'ASTI

CANTINA DEL NEBBIOLO - VEZZA D'ALBA

CASCINA VALON - NEVIGLIE

CAVALIER BARTOLOMEO - CASTIGLIONE FALLETO

FABRIZIO BATTAGLINO AZ. AGR. - VEZZA D'ALBA

FEYLES VIGNETI - ALBA

GEMMA - SERRALUNGA D'ALBA

ICARDI CAV. PIERINO - CASTIGLIONE TINELLA

LE STRETTE AZ. AGR. DEI F.LLI DANIELE MAURO E SAVIO - NOVELLO

MARSAGLIA EMILIO - CASTELLINALDO

MONFORTE AZ. AGR. - MONFORTE D'ALBA

ODDERO PODERI E CANTINE - LA MORRA

PRINCIPIANO FERDINANDO - MONFORTE D'ALBA

SCHIAVENZA - SERRALUNGA D'ALBA

TERRE DA VINO - BAROLO

VEGLIO MICHELINO E FIGLIO - DIANO D'ALBA

IL CONSORZIO DI TUTELA BAROLO BARBARESCOALBA LANGHE E ROERO

E LA CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA

INVITANO

ALLA DEGUSTAZIONE DEI GRANDI VINI DI

BAROLO - BARBARESCO - ROERO

LUNEDÌ, 25 GENNAIO 2010

11:00 - 13:00 MEDIA

13:00 - 17:00 VISITATORI SPECIALIZZATI

17:00 - 19:00 APPASSIONATI DI VINO

BAUR AU LAC

8001 ZURIGO’

Invito

Einladung

Invito ai Grandi Vinidi Langhe e Roero

BAUR AU LAC, ZÜRICH

25.01.2010

’10

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DALLA PUGLIA CON GUSTO

Lunga tradizione in tavola

La F. Divella S.p.A. è produttrice di pasta di se-mola di grano duro da più di 100 anni. Oggi,

nei moderni stabilimenti di Rutigliano e Noicatta-ro, la Divella produce ogni giorno 1000 tonnellate di semola di grano duro, 350 tonnellate di farina di grano tenero e 700 tonnellate di pasta. I molini ma-cinano grani duri selezionati tra i più pregiati tra-sformandoli in semola per la produzione della pa-sta Divella: gli spaghetti, i rigatoni, le famosissime «orecchiette, la pasta all’uovo, l’integrale, trafilata al bronzo ed, infine, la pasta arricchita di verdure disidratate (peperoncino, aglio e basilico, pomo-doro e spinaci); oltre 150 formati per una scelta vastissima che soddisfa le richieste più esigenti. La Divella offre al pubblico una vasta gamma di pro-dotti a prezzi convenienti e competitivi.

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73n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

C di Domenico Consentino

Convivio

La Focaccia: soffi ce, umile e superbaLa Focaccia: soffi ce, umile e superbaCapolavoro dell’arte bianca, ha legioni di appassionati

A Imperia, per rendere omaggio al prodotto prin-cipe della dieta mediterranea. Tra le novità di Olioliva 2009, l’evento che festeggia l’extraver-gine appena franto in programma dal 27 al 29

novembre, si è tenuto, nel palazzo di Giustizia, un pro-cesso in piena regola a un imputato eccellente, l’olio extravergine d’oliva, rigorosamente di qualità taggiasca: non per ingabbiarlo, ma per renderlo protagonista di una campagna promozionale davvero singolare.Al processo, oltre a personaggi dello spettacolo, gior-nalisti, magistrati e uomini politici, nell’aula di una vera Corte d’Assise, era presente una Corte al gran com-pleto: presidente, giudice a latere, pubblico ministero, giudici popolari, un cancelliere per mettere a verbale i vari interventi, un nutrito collegio di difesa e una schie-ra di intriganti testimoni. Un’udienza affollata quella di Imperia! Piena di esponenti e autorità locali, di esperti della fi liera dell’olio per mettere a fuoco, far conoscere, valorizzare e promuovere l’extravergine di qualità.

Da secoli genovese e ligureAltra novità di quest’anno ad Imperia, è stata la presenza dei rappresentanti del “Villaggio delle Città dell’Olio”, in cui tutte le città liguri socie dell’Associazione si sono in-contrate e hanno proposto che il loro olio appena franto venisse abbinato, non solo ai prodotti tipici come la Fo-

caccia classica ligure, ma anche a tutte le altre Focacce e Focaccette presenti alla manifestazione e provenienti dal Centro e Sud Italia, aderenti all’Associazione “Le Cit-tà della Focaccia e del Pane”, che hanno come scopo quello di tutelare questo alimento, promuovere la cul-tura e il turismo dei forni e “salvare” con tutti i mezzi, la Focaccia, cibo umile, elementare, che da secoli (sosten-gono) è genovese e ligure, come la pizza è napoletana e campana. E così è stato: dopo il processo all’olio d’oliva celebrato sabato, domenica, non solo in tutta la Liguria, ma in 120 città italiane si è celebrata la grande festa della Focaccia ligure e olio appena franto in frantoio.

Un rito necessarioIn effetti, a Genova, come in tutta la Liguria, la focaccia è una specie di rito necessario, una compagnia irrinun-ciabile, che appartiene alla storia e al carattere della città. Dorata e croccante, alta non più di un dito, unta e fragrante, quando esce dal forno riempie di profumo tutta la strada. È un capolavoro dell’arte bianca, che fa impazzire tutti gli italiani, soprattutto i liguri, al punto che quelli che emigravano – e sono stati tanti fra Otto e Novecento – se la sono portata dietro e l’hanno diffu-sa (simile alla Pizza) nelle Americhe ed in tutta Europa: sapore di casa, insieme alla farinata e al pesto, in quel-la pasta tutta mossa in superfi cie da tenere fossette,

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lucida di olio, profumata al rosmarino, alla salvia, alle cipolle o guarnita di olive e pronta al morso, s’è fatta a regola d’arte, è di una bontà unica.

I segreti: tra lievito, forno e l’olio d’olivaLa ricetta canonica della Focaccia ligure prevede fari-na, acqua, lievito, olio, sale: ingredienti umili (almeno così sostengono i soci delle Città della Focaccia) che vengono trasfi gurati dalla lievitazione doppia o tripla, dalla lavorazione manuale o stiratura e dalla cottura, naturalmente. La farina deve essere di grano tenero e del tipo WW 300, per rendere la pasta elastica quanto serve. Il lievito oggi usato è quello di birra. Tutto il pro-cesso, dall’impasto alla messa in forno, è regolato da norme precise che vengono dall’esperienza. Se è vero che la lievitazione è fondamentale – più è lunga, meglio è – l’olio d’oliva è un elemento importantissimo, natural-mente. La fase di preparazione, che precede la messa in forno è forse la più caratteristica: premendo con le dita sulla pasta già stesa, si scavano tanti piccoli alveoli dove l’olio che impregna la pasta stessa si va a racco-gliere. Tocco fi nale, la distribuzione di cristalli di sale sulla superfi cie: la tradizione vuole che si usi sale gros-so, dopo averlo premuto sotto una bottiglia usata come matterello. E così, appena pronto il forno con i suoi 230 °C e più, si inforna la focaccia per trasformare, nel giro di una ventina di minuti, quel pallido rettangolo (talvol-ta è anche in forma rotonda) in una voluttà bionda e profumata. Appena uscita dal forno, è d’obbligo ancora spennellarla con dell’olio extravergine d’oliva, perché sia lucida e invitante anche all’occhio.

Squisito, sublime, perfetto cibo di stradaStando a quanto dicono i genovesi, la focaccia è un classico cibo di strada, anche perché va mangiata caldissima: il nome non a caso viene da focus, fuoco. Appena diventa fredda, perde fragranza e morbidezza. Perciò, in tutta la Liguria, si continua a sfornarla per molte ore, in modo che sia sempre al meglio. Tolta dalle grandi teglie rettangolari arriva sul banco del panifi cio, dove viene tagliata a strisce di fronte a chi già pregusta la sua delizia: possibilmente la si divora in piedi, appena fuori dal forno. Cogliendone così la semplice, sublime perfezione. In alternativa, con garbo, i fornai liguri, la consegnano ai propri clienti, ben avvolta in un foglio di carta oleata e poi nel sacchetto per trattenere il più pos-sibile il calore, affi nché la si possa portare a casa dove verrà consumata magari a tavola, al posto del pane.La Focaccia per i liguri è merenda a scuola, spuntino negli uffi ci e nei cantieri, stuzzichino a casa. Non c’è mo-mento della giornata in cui non sia la benvenuta! Ma un rito speciale –giurano a Imperia – è la focaccia intinta nel caffè o nel cappuccino, al posto della brioche. Non c’è bar ligure che non la proponga: importante che sia freschissima, appena sfornata.

Con le cipolle, con le olive, alla salvia o rosmarinoAlla ricetta base (focaccia ligure con sale grosso e olio d’oliva), la più elementare, si affi ancano numerose va-rianti, che nascono dalla fantasia e dalla disponibilità di aromi nel territorio. La più classica delle declinazioni è quella con le cipolle: tagliate a fette sottili e adagiate sulla superfi cie della pasta. C’è poi la trilogia alle erbe aromatiche: salvia, rosmarino e origano e quella guarni-ta con le olive. Ottima anche la focaccia con pomodori e acciughe che è chiamata”pissadella” o “piscialandrea”. L’origine di questa ricetta è disputata tra la Provenza, dove è chiamata “pissaladiere” e la Liguria, dove “pi-scialandrea” che star per “pizza all’Andrea”. Infi ne la focaccia di Recco, che si distingue dalle altre perché impiega il formaggio e viene cotta in un contenitore di rame stagnato.

Mangiata anche durante i funeraliQuando e come nacque l’arte bianca e in particolare quella della focaccia sotto la Lanterna non è chiarissi-mo, anche se Genova è una delle patrie della pasta: ai tempi delle Repubbliche Marinare, i suoi vascelli com-merciavano grano in tutto il Mediterraneo, i suoi pastifi ci erano famosi fi n dall’Alto Medioevo. L’abitudine di man-giare focaccia a tutte le ore, persino durante le funzioni religiose e i funerali, è documentata da una disposizione di un vescovo fi n dal secolo XVI, che vietava questi ec-cessi goderecci. La focaccia è dunque genovese! Anche se – ad onor del vero - le antenate della focaccia erano presenti in tutto il Mediterraneo, da moltissimi secoli: fe-nici e cartaginesi cuocevano qualcosa di simile e anche i greci ne preparavano con farina di frumento, di orzo di segale e miglio. Immancabile sulle mense medioevali, la focaccia cominciò a prendere diverse forme e a variare le sue compagnie secondo i luoghi. Senza lievito, è la piada romagnola, mentre le più vicine alla focaccia ligu-re sono la schiacciata toscana e la pizza bianca laziale. Nel Sud, diventa pitta, pizza rustica e si addobba, s’im-bottisce di verdure, uova e formaggi. E a proposito di formaggio a Recco, la nascita della focaccia viene fatta risalire all’età moderna, tra il Cin-quecento e il Seicento, periodo in cui le coste liguri ve-nivano attaccate dai corsari mussulmani, che saccheg-giavano i borghi costieri. Si narra che, in occasione di un assalto, mentre gli uo-mini si preparavano allo scontro, le donne, con vecchi e bambini, si rifugiarono nell’entroterra di Recco portan-dosi per provviste farina, olio e sale. Le donne baratta-rono con le popolazioni locali olio e sale con formaggio e questo arricchì la focaccia. Nacque così un altro ca-polavoro che si chiama ancora oggi focaccia, ma non è più a base di pasta lievitata. La focaccia di Recco al formaggio è un altro mito della tavola ligure, ma, appun-to, è tutta un’altra cosa.

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75n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

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MOLINO GinevraCentre La Praille1227 CarougeTelefono 022 / 307 84 44

LE LACUSTRE GinevraQuai Général-Guisan 51204 GinevraTelefono 022 / 317 40 00

MOLINO MontreuxPlace du Marché 61820 MontreuxTelefono 021/ 965 13 34

MOLINO S. GalloBohl 19000 S. GalloTelefono 071/ 223 45 03

MOLINO Thônex106, Rue de Genève1226 ThônexTelefono 022 / 860 88 88

MOLINO UsterPoststrasse 208610 UsterTelefono 044 / 940 18 48

MOLINO WallisellenGlattzentrum8304 WallisellenTelefono 044 / 830 65 36

MOLINO WinterthurMarktgasse 458400 WinterthurTelefono 052 / 213 02 27

MOLINO ZurigoLimmatquai 168001 ZurigoTelefono 044 / 261 01 17

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Focaccia morbida con olive pomodoro e mozzarella

Come tutta un’altra cosa è la ricetta seguente. Non l’ho gu-stata a Genova, ma a Milano nel Ristorante Trussardi alla Scala, dove ai fornelli opera uno di quei giovani ristoratori sotto i quaranta: Andrea Berton. “La ricetta - come ha voluto sottolineare Andrea - non è ligure, è mediterranea con il sapore della pizza, dove la focaccia si fa croccante, le olive cremose e il pomodoro e la mozzarella si accostano a crudo”.

Ingredienti per 4 persone

Per la Focaccia250 g di farina - 115 g di acqua - 88 g di latte intero20 g di olio extravergine di oliva - 5 g di lievito di birra in polvere - 7 g di sale

per il condimento400 g di pomodori dattarini - 400 g di mozzarella di bufala - 100 g di olive taggiasche - olio extravergine d’oliva - foglie di basilico - sale grosso

Come l’ha preparataAndrea ha versato tutti gli ingredienti nella planetaria o im-pastatrice. Li ha lavorati con l’apposito utensile a gancio fi no a che l’impasto è diventato liscio e omogeneo. Otte-nuto un panetto, ha infarinato leggermente la superfi cie, l’ha riposto in un contenitore capiente, l’ha coperto con un foglio di pellicola per alimenti e l’ha lasciato lievitare a una temperatura di 30°C per 30 –35 minuti. Una volta lievitata, ha steso la pasta con le mani su una placca foderata con la carta da forno. Ha aggiunto dell’olio spalmandolo in modo uniforme su tutta la superfi cie e ha completato con il sale grosso. Ha cotto in forno preriscaldato a 180°C per 35 minuti. Nel frattempo ha frullato le olive con dell’olio d’oliva, ottenendo una crema. Ha sfornato la focaccia e l’ha lasciata raffreddare a temperatura ambiente. Con un coltello a sega ha tagliato la focaccia a tranci rettangolari, ha eliminato la parte superiore e pareggiato in modo da avere una forma regolare. Ha tostato i tranci in una padella con un poco di olio caldo per 2-3 minuti su ciascun lato. Li ha asciuga-ti dall’olio passandoli su un foglio di carta assorbente. Ha tagliato la mozzarella a fettine; ha lavato e tagliato a fetti-ne i pomodorini. Ha spalmato quindi la crema di olive sulla superfi cie dei tranci di focaccia e ha disposto le fettine di mozzarella alternate alle fettine di pomodoro. Ha decorato con qualche foglia di basilico spezzettata sul momento e condito con del sale grosso e un fi lo di olio d’oliva.Il vino: Vermentino Bianco, Riviera ligure di Ponente.

LA RICETTA

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77n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

M di Graziano Guerra

Motori

Honda Insight Hybrid

Una berlina ibrida alla portata di tuttiLa berlina a 5 porte, con il sistema IMA di Hon-da che abbina un motore elettrico a un motore a benzina, si impone all’attenzione per l’esteti-ca, per le soluzioni tecnologiche all’avanguar-dia e per l’ottimo rapporto qualità-prezzo. La Insight è prodotta nello stabilimento giappone-se di Suzuka

Honda Insight Hybrid fu presentata per la prima volta nel 1999, e di quella prima versione ho ricordi interessanti, ma anche misti ad un cer-to scetticismo, soprattutto per via degli spazi

interni e del bagagliaio. L’odierna versione, quasi un decennio dopo, amplia quei principi fondamentali che consentono all’utente di un mezzo ad elevata sostenibi-lità ambientale di trasportare cose e persone in modo effi ciente, fl essibile ed affi dabile. Spazi comodi, in gra-do di accogliere comodamente 5 passeggeri. Bagaglia-io fl essibile con generoso vano di carico e un ulteriore spazio sotto al pianale. Per i carichi più voluminosi, il divano posteriore può essere abbattuto per creare una superfi cie piatta di 584 litri. Materiali soffi ci e di alta qualità, con motivi e colori eleganti, plastiche piacevoli e morbide al tatto, rendono gradevole un ambiente dal design futuristico. Il volante, regolabile in inclinazione e in profondità, si adatta a guidatori di tutte le taglie. L’impianto audio con controlli al volante è a CD singolo, con quattro diffusori e presa ausiliaria per MP3/WMA. Il sistema di navigazione satellitare touch-screen per i dati di navigazione utilizza un DVD e delle undici lingue disponibili cinque (Italiano, tedesco, inglese, francese e spagnolo) sono utilizzabili per i comandi vocali. Due attacchi ISOFIX nei sedili posteriori assicurano la cor-retta installazione dei seggiolini per bambini. IL ricco equipaggiamento prevede anche il tempomat.

Impressioni di guida L’impianto frenante a quattro dischi è molto potente, con un pedale dall’escursione lineare e progressiva, sia nel normale uso quotidiano sia in caso di frenata bru-sca. Un sistema di controllo della stabilità (VSA) aiuta il conducente a mantenere il controllo nelle curve, in accelerazione e nei casi di manovre brusche, frenando le ruote di destra o di sinistra come necessario e ge-stendo i sistemi di coppia del motore. Il sistema VSA è dotato di una funzione di controllo trazione (TCS) con la

quale rileva lo slittamento delle ruote in accelerazione e coordina l’intervento del freno e della coppia motore in modo da riacquistare trazione, per esempio su fondi scivolosi a tratti. Al nuovo motore a benzina - basato sul 1.3 della Civic Hybrid - è abbinato un motore elettrico da 14 CV, sistemato fra il motore e il cambio CVT, che ne migliora le prestazioni. Quando si procede a bassa velocità costante, la Insight passa automaticamente alla modalità “solo elettrico” con pistoni inattivi che si muo-vono con un pompaggio minimo. Il motore genera 88 CV e 121 Nm di coppia, ma l’ele-mento chiave dei sistemi ibridi è l’assistenza fornita dal motore elettrico - in questo caso a bobine con avvolgi-menti ad alta densità e magneti ad alte prestazioni in grado di erogare una coppia di 78 Nm ed una potenza di 14 CV - che contribuisce a migliorare le prestazioni e a mantenere al minimo le emissioni e i consumi di carburante. I due motori in combinazione garantiscono prestazioni ideali nel traffi co urbano, con un’ottima ri-sposta in accelerazione e tempi che rivaleggiano con quelli dei migliori 1.6 a benzina tradizionali con cambio automatico. Insight raggiunge i 100 km/h da ferma in 12,6 secondi, velocità massima 186 km/h. Con una scocca aerodinamica appositamente costruita, i vantag-gi in termini di riduzione delle emissioni allo scarico e dei consumi di carburante risultano più che buoni: 101 g/km di CO2 e 4,4 l/100km in ciclo combinato.

I prezziHonda Insight presenta su listino un ventaglio prezzi da 28’800 franchi a 35’700 (veicolo in prova Elegan-ce 30’900, con pacchetto Plus comprendente fari HID Xenon e navigatore 34’900). In Svizzera le vetture ibri-de godono di incentivi diversi a seconda dei Cantoni: Ibrida Tipo A: sconto IVA calcolato sul 50% del prezzo del veicolo; Ibrida Tipo B: incentivo una tantum di CHF 5’000 (IMA); Ibrida Tipo C e altre 31 vetture: incentivo una tantum di CHF 1’000.

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78n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Nuovo Fiat DoblòPartner nel tempo libero o nel lavoro

Progettato per rispondere alle esigenze di funzio-nalità e comfort, sfrutta lo spazio interno, con la possibilità di ospitare fi no a 7 persone. Rispetto alla versione precedente, che ha venduto circa un mi-

lione di unità, è stato rinnovato totalmente nello stile, nei motori e nelle caratteristiche tecniche grazie all’impiego di una nuova piattaforma. La maggiore abitabilità proviene anche dal passo più lungo nel segmento (2.755 mm); la capienza del bagagliaio è di 790 litri. Si può fregiare delle più basse emissioni di CO2 della categoria (129 g/km con motore 1.3 Multijet 90 CV). I contenuti di sicurezza di serie e la grande modularità degli interni, con sedili ripiegabili e ribaltabili, lo rendono particolarmente appetibile a chi ha fa-miglia. Il suo look innovativo s’impone sul panorama odierno della circolazione, con quello scudo centrale e i paracolpi laterali perfettamente integrati alla carrozzeria. Le linee essenziali del portellone posteriore evidenziano l’accessi-bilità e le dimensioni dell’ampio vano baule; i gruppi ottici trasparenti e l’ampia superfi cie vetrata danno un tocco di eleganza al nuovo veicolo italiano. Gli interni offrono funzionalità e creano un ambiente piace-vole ed accogliente, sono possibili molteplici abbinamenti di colorazioni, materiali e rivestimenti. Soluzioni intelligenti per l’utilizzo dello spazio a bordo, come i numerosi vani porta oggetto e la fl essibilità degli interni, sino a 7 posti, soddisfano tanti bisogni. Al lancio è proposto con 4 tipi di propulsore: uno a benzina da 95 CV e tre diesel Multijet da 90, 105 e 135 CV; più avanti si aggiungeranno un Natural Power con doppia alimentazione (benzina e gas naturale) e un altro diesel con cambio robotizzato Dualogic. La gamma

è disponibile con versioni Euro 4 ed Euro 5 e offre il di-spositivo Start&Stop di serie, che gestisce lo spegnimento temporaneo del motore in sosta, garantendo la riduzione di consumi ed emissioni. Nuovo Doblò dispone di soluzioni e dotazioni tecnologiche molto avanzate: dal climatizzatore automatico con distribuzione posteriore, al Cruise Control, ai sensori di parcheggio, dal sistema viva voce integrato Blue&Me al navigatore “Blue&Me TomTom”. Nuovo anche il Doblò Cargo, il “top” nella categoria dei veicoli professionali. La gamma è articolata su 7 differenti tipologie di scocca: furgone passo corto e lungo, furgone tetto alto, combi 5 posti passo corto e lungo; interessanti le inedite versioni, corte e lunghe, che rendono facile ed economica la trasformazione per specifi che attività profes-sionali (celle frigorifero, cassoni fi ssi e ribaltabili). In Svizzera il lancio commerciale dei nuovi modelli avverrà a febbraio 2010.

Sarà quindi Giulietta e non Milano

Al lancio momento del lancio saranno disponibili moto-ri Turbo omologati Euro5 e dotati di serie del sistema “Start&Stop”: due benzina, 1.4TB da 120 CV e 1.4TB MultiAir da 170 CV e un diesel 2.0 JTDM da 170 CV. Alla gamma si aggiungerà il brillante 1750 TBi da 235 CV abbinato all’esclusivo allestimento Quadrifoglio Ver-de. Nell’anno del Centenario di Alfa Romeo, il nome è un tributo ad un mito dell’automobile e dell’Alfa Romeo. Giulietta è la vettura che negli anni Cinquanta ha fatto sognare generazioni di automobilisti, rendendo per la prima volta accessibile il sogno di possedere un’Alfa Romeo e unendo fruibilità e comfort di alto livello all’ec-cellenza tecnica. Nasce dal nuovo corso stilistico e tecnologico iniziato con la supercar 8C Competizione e sottolineato dal ri-torno ai nomi italiani, che da una parte riporta al passa-to glorioso del brand, dall’altra parte proietta nel futuro i suoi valori di tecnologia ed emozione. Giulietta porta in dote raffi nate soluzioni tecniche per le sospensioni, un sistema sterzante di nuova generazione, una struttura

rigida e leggera realizzata utilizzando materiali come l’alluminio e acciai alto resistenziali. Sarà serie sull’in-tera gamma il dispositivo Alfa DNA (Dynamic, Normal e All Weather) che personalizza il comportamento della vettura in base ai differenti stili di guida, o alle diverse condizioni stradali. Il DNA permette di modifi care il funzionamento di: mo-tore, cambio, sistema sterzante, differenziale elettroni-co Q2, oltre alle logiche di comportamento del sistema di controllo della stabilità (VDC). Il frontale si sviluppa a partire dal “trilobo” con un’inedita interpretazione del classico scudetto, incastonato nel paraurti anteriore e sospeso tra le prese d’aria.

IN PRIMA MONDIALE AL PROSSIMO SALONE DI GINEVRA

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79n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

La Maserati GranTurismo S MC Sport Line con fi nitura Bianco Opaco “ghiaccio” in tiratura limitata è foto-grafata di fronte alla avveniristica struttura del circu-ito di Yas Marina ad Abu Dhabi, dove è stata presen-

tata alla clientela dei mercati Maserati del Medio Oriente. Pensata per sottolineare l’anima agonistica del Tridente, la linea di personalizzazioni MC Sport Line racchiude l’espe-rienza acquisita sui campi di gara dai tecnici di Maserati Corse, di cui ci si è avvalsi per la progettazione dei com-ponenti funzionali, e da cui anche i designer hanno tratto ispirazione, arricchendo le linee della GranTurismo S di un tocco sportivo grazie all’ampio uso della fi bra di carbonio. Soltanto dodici saranno le GranTurismo prodotte a Modena in questa confi gurazione, tutte destinate al Medio Oriente, così come dodici sono i titoli che compongono il presti-gioso palmares della MC12 nel campionato internazionale FIA GT dal 2005 ad oggi: 2 Coppe Costruttori (2005 e 2007), 4 Titoli Piloti (Bartels-Bertolini nel 2006, Thomas Biagi nel 2007, Bartels-Bertolini nel 2008 e 2009); 5 Titoli a Squadre (dal 2005 ininterrottamente con il Vitaphone Ra-cing Team); 1 Citation Cup nel 2007 con il gentleman driver

Ben Aucott. Dodici sono anche le città del Medio Oriente dove Maserati è presente con un proprio showroom: ogni vettura infatti sarà caratterizzata da una placchetta interna con il nome della città a cui è destinata.Al mercato italiano è invece dedicata un’altra serie speciale numerata della GranTurismo S MC Sport Line caratterizza-ta dal colore Bianco Fuji Opaco dai suggestivi rifl essi per-lati. Undici saranno i clienti Maserati in Italia che potranno sedersi al volante di questa vettura esclusiva.

Maserati GranTurismo S MC Sport Line con fi nitura Bianco Opaco “ghiaccio” in tiratura limitata

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80n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Misurare oggettivamen-te la vulnerabilità indivi-duale allo stress: è uno dei primi risultati degli esperimenti condotti dal Centro Extreme – team composto ricercatori dell’Istituto di Fisiologia

Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ifc-Cnr), della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa – sui sei astronauti impegnati nella simulazione del viag-gio spaziale verso Marte. “Abbiamo svelato correlazioni inedite fra qualità del son-no e livello di stress”, osservano Remo Bedini (Ifc-Cnr) e Angelo Gemignani (Università di Pisa). “La misurazione del sonno, basata su rilevazioni elettroencefalografi che non invasive e originali, sia per la registrazione sia per l’elaborazione dei segnali, getta le basi per poter misura-re oggettivamente i livelli di stress del singolo individuo”. Che lo stress alteri la qualità e la quantità del sonno è noto da tempo, “ma che la Sleep Slow Oscillation (SSO), l’on-da madre del sonno ad onde lente (il sonno ristoratore), rappresenti un target specifi co dell’ormone dello stress (cortisolo) è un dato del tutto innovativo”, proseguono i ricercatori di Extreme. In altre parole i risultati preliminari del Centrow indicano che elevati livelli di cortisolo sono in grado di alterare signifi cativamente le proprietà della SSO e quindi la sua funzione omeostatica. La ricerca, concludono Bedini e Gemignani, “apre uno scenario sulla potenziale misura “attitudinale” della persona allo stress, legata a un preciso periodo temporale e alle particolari condizioni operative in cui essa agisce, e potrà contri-buire alla determinazione del profi lo di rischio dei singoli individui e dunque fornire un contributo essenziale alla moderna medicina predittiva”.

«Il 100% dei senza lavoro corre il ri-schio di ammalarsi di depressione». Lo dice il professor Francesco Campio-ne, Specialista in psicologia medica

e fondatore del centro Primomaggio, di Bologna, l’unico per ora ad occuparsi in Italia delle conseguenze sulla psi-che di chi per mesi cerca un nuovo impiego. Nel mese ottobre, secondo l’Istat, in Italia si sono superati i 2 milioni di disoccupati. Per chi resta senza lavoro la prospettiva è quella di passare molti mesi alla ricerca di uno nuovo. In 7 mesi sono centinaia le mail che Primomaggio ha rice-vuto, tutte le testimonianze riferiscono gli stessi sintomi: senso di insicurezza, diffi coltà a prendere sonno, ango-

scia, vergogna e sensi di colpa. Uno studio dell’Istituto di Ricerche Sociali dell’Università del Michigan ha di recente provato che il rischio di ammalarsi, non solo di depres-sione, insorge ancora prima della perdita del posto, è la stessa insicurezza rispetto al futuro ad indebolire chi po-trebbe diventare disoccupato. Senza arrivare agli eccessi della Francia, con i suicidi di France Telecom, la patolo-gia depressiva potrebbe avere forte ripercussioni sociali. Sempre secondo il professor Campione non è raro che chi si trova solo ad affrontare il problema fi nisca per dedicarsi all’alcool o alle droghe oppure diventi aggressivo e solita-mente l’aggressività si sfoga in famiglia. A rischio non sono solo gli operai o comunque le fasce più basse della società, «il problema tocca molto di più – spiega ancora Campione – le persone che vedono nel lavoro un mezzo d’affermazione sociale e personale». Se-condo le stime di Federmanager entro fi ne 2009 saranno 13000 i dirigenti disoccupati, il 10% del totale.

Sveglia di buonora, co-lazione e zaino in spalla, poi tre ore e mezzo di trekking al mattino e due al pomeriggio. Infi ne lo stop per montare le tende e il bivacco. Sono trascorse così le giorna-

te in Algeria di 6 trapiantati che hanno sfi dato il deserto, viaggiando per 9 giorni (dal 4 al 13 dicembre) a bordo di fuoristrada e cammelli, e percorrendo a piedi in media 18 km al giorno. Missione: dimostrare che «lo sport è un farmaco», una nuova «terapia post-trapianto», e che una persona con un rene o un cuore nuovo «può fare attività fi sica con ricadute positive sulla qualità della sua vita», ha spiegato il direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt), Alessandro Nanni Costa. Questo infatti suggeriscono i risultati preliminari della spe-dizione, promossa dalla Fondazione per l’incremento dei trapianti d’organo (Fitot) in partnership con Novartis e con il supporto del Cnt. Il progetto si inserisce nell’ambito di un programma più ampio avviato dal Cnt: «Trapianto... e adesso sport». Protagonisti dell’avventura lunga 600 chi-lometri sono stati cinque uomini e una donna, dai 37 ai 54 anni, trapiantati di rene (due dei quali hanno un doppio trapianto alle spalle). Selezionati accuratamente dai medici, i volontari che sono entrati nella spedizione durante il viaggio hanno avu-to meno patologie dei sani e hanno sfatato il mito che chi ha subito un trapianto debba stare per sempre a riposo. Le risposte hanno confermato che possono affrontare un’attività sportiva anche in condizioni non convenzionali. Durante il viaggio i trapiantati sono stati seguiti da 4 medi-ci, che li hanno monitorati 24 ore su 24 con strumenti di misurazione ad hoc.

Dimmi come dormi

Quando disoccupazione fa rima con depressione

Lo sport è un farmaco

Starbene

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81n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Una buona notizia, per alleviare i sensi di colpa post festività. I ricerca-tori britannici della Rea-ding University brindano alla salute, conferman-do che le sostanze con-tenute nei vini spumanti

– in particolare quelli prodotti da due varietà di uve nere, Pinot Nero e Pinot Meunier, e una di bianco, lo Chardon-nay – avrebbero gli stessi effetti benefi ci del vino rosso. Questo grazie agli ormai famosi polifenoli, composti chi-mici che rallentano la rimozione di ossido di azoto dal san-gue, mentre elevati livelli di ossido nitrico determinano la dilatazione dei vasi sanguigni, il che abbassa la pressione sanguigna e riduce i rischi di problemi cardiaci e ictus. Secondo lo studio – che è stato pubblicato sul British Journal of Nutrition - il vino spumante ha mostrato un si-gnifi cativo e maggiore impatto sui livelli di ossido nitrico nel sangue rispetto a quanto ne abbia l’assunzione di “semplice” alcol in acqua gassata, dimostrando che non è l’alcol a fare la differenza, ma i contenuti del vino.

Anche il luppolo contie-ne polifenoli, che, come attestano studi scientifi -ci, inibiscono la sintesi estrogenica, aiutando, quindi, nella prevenzione del cancro alla mammel-la. Uno di questi polife-

noli, lo xantoumolo, è stato oggetto dello studio – pubbli-cato dall’American Association for Cancer Research - di un gruppo di ricercatori tedeschi intenzionati a scoprire se questa sostanza, allo stesso modo di come agisce sugli estrogeni femminili, potesse agire sugli androgeni maschi-li, aiutando così nella prevenzione del cancro alla prostata. Il team ha stimolato le cellule cancerose con il testoste-rone, causando una massiccia secrezione dell’antigene prostatico specifi co (PSA). Esaminando gli effetti del te-stosterone e dello xantoumolo sulle cellule, hanno sco-perto che il polifenolo si lega alla struttura del recettore degli androgeni e ne impedisce il “trasloco” dal nucleo della cellula, inibendo la secrezione del PSA. Risultati che, condotti sinora in laboratorio, fanno ben sperare.

Le bollicine fanno bene a cuore e circolazione

Luppolo per prevenireil cancro alla prostata

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Emporium: Parma, 16-17 gennaio10° raduno invernale di antiquariato e modernariato

BIT: Milano, 18 – 21 febbraio Borsa internazionale del turismo

Flormart/ Mifl or: Padova, 19 – 21 febbraio Vocazione Florovivaistica

Olio Capitale:Trieste, 5 - 10 marzoC’è più gusto con l’extravergine

Igeho 2009 Un’edizione di successo

Il Mondo in fi era

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84n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

All’inizio era una passione per pochi. Con l’Umanesimo la riscoperta dell’antichità e delle opere d’arte del pas-sato diventa il passatempo privilegiato della nobiltà e dell’alto clero, tanto che ancor’oggi le collezioni private di conti, duchi, principi, cardinali, rappresentano il nu-cleo centrale di molti musei e gallerie pubblici e privati. Poi, con l’affermarsi della borghesia, il collezionismo di-venta anche antiquario e ad essere ricercati non sono più solo i capolavori del passato ma anche gli oggetti di uso quotidiano come gli arredi e i complementi, che i borghesi vedono da sempre nella case dei nobili e che ora vogliono anche nelle proprie come testimonianza di uno status sociale acquisito.E dall’Ottocento in poi anche l’antiquario, o meglio, il mercante d’arte, si afferma come professione. E poi col Novecento avanzato, meglio con l’ultimo trentennio del secolo scorso, si afferma anche il modernariato, la rivalutazione non già del postmoderno ma di ciò che è “appena” passato di moda. E così dopo aver recuperato gli anni ’50 (anche grazie ad Arbore e soci), i mitici ’60 (con buona pace di Gianni Minà) ed approcciato cultural-mente i ’70 (operazione perfettamente riuscita a Fabio Fazio con la trasmissione televisiva “Anima mia” tanto da sdoganare anche i “Cugini di campagna”) la moda si è buttata decisamente non solo su jeans a zampa ma anche su prodotti post-paninari. E dalla moda, come ormai ci insegnano i massmediologi, al costume il pas-so è breve. Come dire: preparatevi, dopo aver dovu-to riesumare la fòrmica ed il frigorifero della nonna, a riaccogliere in casa il letto con la testiera laccata ed accessoriata di autoradio.

Grande raduno invernale del popolo “transumante e cer-cante” delle fi ere d’antiquariato, modernariato e collezio-nismo è Emporium, decima edizione, primo appuntamen-to dell’anno delle Fiere di Parma, in programma nella cit-tà ducale sabato16 e domenica 17 gennaio 2010 (dalle 10.00 alle 19.00) con una preview riservata agli operatori del settore prevista per venerdì 15 (dalle 8.00 alle 19.00).Emporium, negli anni, ha saputo ritagliarsi il ruolo di pri-mo appuntamento internazionale dell’antiquariato che conta nel Vecchio Continente. Con una formula sempre uguale a se stessa e sempre nuova, che privilegia gli scambi serrati e il business senza fronzoli ed orpelli, Emporium è anche il primo grande raduno dopo le festi-vità natalizie, il luogo dove vengono dettate le tendenze di mercato per il nuovo anno. Emporium è anche una grande festa una duegiorni che si trasforma in exchange-market, in déballage sbaraz-zino e veloce, nel più grande “mercatino” Europa che grazie alla formula “senza stand” consente una visione d’insieme degli oggetti esposti ed un approccio meno reverenziale tra acquirente e venditore. Difatti Empo-rium rappresenta anche la porta d’ingresso, per i giova-ni ed i neofi ti di tutte le età, nel mondo dell’antiquariato, modernariato e collezionismo…

FIEREEnerSolar+: Milano, 25 - 28 novembre 2010

10° raduno invernale di antiquariato e modernariato

PER INFORMAZIONICamera di Commercio Italiana per la SvizzeraSeestrasse 123, 8002 ZurigoTel. 0044 289 23 23, Fax 0044 201 53 57e-mail: fi [email protected], www.ccis.ch

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85n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Può una sola destinazione essere un microcosmo che ri-unisce in sé qualcosa di tutti i Paesi? E che ha qualcosa da offrire a chiunque, da dovunque provenga? Sì, può. E non occorre andare lontano per trovarla: è l’Italia.Non stiamo parlando di retorica sul ‘Bel Paese’, ma di fatti e dati. Che emergono da un’analisi condotta dall’Università Bocconi sulle richieste degli Operatori internazionali che hanno già comprato e comprano il prodotto Italia. È davvero un’Italia turistica dalle molte faccettature quella che emerge dai dati. Delle 39 cate-gorie di richieste degli intervistati (che spaziano dal tipo di location, come mare montagna o lago, alle tipologie di viaggio come shopping, naturalistico o religioso) le più gettonate rimangono il mare (circa 13%) e le città d’arte (9%). Che però sono tallonate a brevissima distan-za dalle aree collinari e rurali, quasi al 9%: segno che agriturismo, vacanza naturalistica ed enogastronomica prendono sempre più piede anche tra i turisti stranieri. Ma ci sono anche le vacanze benessere piuttosto che i viaggi religiosi, le crociere o i congressi, e perfi no i tour in elicottero. Oltre che in treno.A livello regionale non mancano le sorprese. Al Sud la Calabria, per esempio, fa registrare oltre 250 richieste per il suo mare, ma anche oltre 150 richieste per va-canze culturali tra centri storico-artistici, città d’arte e circuiti di città d’arte. Nelle isole, vogliono il mare della Sardegna in 450, però oltre 200 ricercano le aree rurali e circa 100 anche le vacanze leisure. Ex aequo per il mare all’altra grande isola, la Sicilia, con 450 richieste, ma quasi 200 si sono indirizzate, un po’ a sorpresa, alle grandi città e più di 150 alle isole minori.Risalendo al Nord, il mare del Veneto ha suscitato 350 volte l’interesse degli Operatori, ma si fanno sentire pre-senze come Venezia (oltre 250 opportunità per grandi città, più di 300 per città d’arte) e il Lago di Garda (più di 200 vacanze al lago). E se in generale è la Toscana la

regione più ricercata (oltre il 10% delle richieste), il Vene-to è quella prediletta dagli Australiani e la seconda pre-ferita per gli Americani, mentre la Sicilia è la più amata dai Francesi e dagli Indiani e la Sardegna piace ai Paesi dell’Est, in particolare a Bielorussi, Estoni e Slovacchi. In Bit è presente la più completa rappresentazione delle Regioni italiane e delle peculiarità dei loro territori. Ma tutti gli Espositori e Operatori che trattano destinazioni e servizi del Bel Paese hanno l’opportunità di innestare una ‘marcia in più’ nel loro business: con Buyitaly, lo storico (quest’anno è l’edizione n. 25) appuntamento di riferimento dove, grazie alla formula del workshop, domanda e offerta del prodotto Italia si incontrano in modo diretto e mirato, con un matching accurato delle richieste.A Buyitaly 2010 sono attesi oltre 2.200 Seller da tutte le Regioni italiane e più di 540 Buyer da 55 Paesi este-ri, che si incontreranno in due giornate – sabato 20 e domenica 21 febbraio – specializzate per tipologia di offerta: sabato le Agenzie immobiliari turistiche, i Tour Operator e le Agenzie di Viaggi con offerta regionale, catene alberghiere e consorzi, compagnie regionali di trasporto, società di noleggio e stabilimenti termali; do-menica gli hotel, villaggi turistici, residence, centri con-gressi, ville e appartamenti, B&B, aziende agrituristiche e dimore storiche. Buyitaly 2010, che con questi numeri si conferma il più importante workshop esistente del prodotto Italia, sarà ospitato in un’area specifi camente riservata ai workshop.

BIT: Milano, 18 - 21 febbraio 2010

Borsa internazionale del turismo

PER INFORMAZIONICamera di Commercio Italiana per la SvizzeraSeestrasse 123, 8002 ZurigoTel. 044 289 23 23, Fax 044 201 53 57e-mail: fi [email protected], www.ccis.ch

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86n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Innovare, trovare nuove formule e messaggi per supe-rare una contingenza diffi cile, accettare la sfi da di pro-porre qualcosa di diverso dando due identità distinte che confermano comunque la leadership di PadovaFiere nel settore del Florovivaismo: Flormart Primavera cam-bia pelle e contenuti rilanciando, dal 19 al 21 febbraio 2010, il marchio Mifl or che PadovaFiere ha recentemen-te acquisito da Fiera Milano, con un rinnovato Salone primaverile del fl orovivaismo all’insegna del “Made in Italy”, che darà maggiore visibilità a tutti gli operatori nazionali del settore. Mifl or va così ad inaugurare la sta-gione primaverile, la più importante per numerose realtà fl orovivaistiche professionali italiane che coprono ben il 23% della produzione europea. Nel contesto di Mifl or 2009 verrà lanciata un’inedita iniziativa nel nostro Pa-ese, FlorMarket, volta a promuovere il business del fl o-rovivaismo grazie ad un’offerta “chiavi in mano” dove le imprese potranno negoziare e concludere affari tramite una formula espositiva immediata e diretta che propone la stessa qualità dei servizi con costi contenuti.La delicata contingenza economica, che in questo ul-timo anno ha colpito tutti i settori, non ha risparmia-to la produzione verde. Nel Nord Est però, grazie alla

straordinaria vocazione nel settore fl orovivaistico con più di 1.800 aziende attive, Mifl or vuole essere la ri-sposta alle diffi coltà delle aziende, proponendosi come uno strumento effi cace ed immediato di mercato: in una stessa sede, gli operatori avranno la possibilità di avere una vasta offerta di prodotti e novità e gli espositori potranno incontrare migliaia di visitatori provenienti da diverse parti d’Italia. PadovaFiere che è da sempre at-tenta e sensibile alla partecipazione di opinion leaders e Istituzioni volte a valorizzare e promuovere il settore fl orovivaistico, ha raccolto attorno ad un unico tavolo per la prima volta in occasione dell’edizione 2009 i tre più importanti Consorzi di Tutela: Conafl or, Florasì e FlorConsorzi. Tre “giganti” con un unico e forte obiettivo comune: tutelare e promuovere un settore come quello del fl orovivaismo, spesso frammentato e senza linee guida precise. Per l’edizione 2010 Mifl or affi ancherà questi Consorzi, investendo una parte del fatturato del-la manifestazione nelle loro attività promozionali rivolte al comparto fl oricolo. “La scelta di rafforzare l’impegno e il ruolo di PadovaFiere come partner del fl orovivaismo in un momento diffi cile - spiega Paolo Coin, Direttore Generale – richiede una profonda conoscenza di questo settore. Ecco perché il nostro rapporto con gli operatori del settore è un capitale importante che supporta la manifestazione primaverile la cui missione è rispondere a precise esigenze di mercato”.

Flormart / Mifl or: Padova, 19 - 21 febbraio 2010

Vocazione Florovivaistica

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87n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

È un momento d’oro per l’olio extravergine di oliva. Si sta ripetendo quanto si è verifi cato nel corso degli ultimi due decenni con il vino. Le attenzioni si concentrano tutte su quella che possiamo defi nire, con termine sem-plice ed effi cace, una pura spremuta di olive. Sì, perché l’olio che si ricava dalle olive è un prodotto naturale che altri oli alimentari, derivanti dalla lavorazione del seme, non potranno mai eguagliare. Si tratta dunque di un “olio da frutto”, con tutto quello che ciò comporta, in termini di valori nutrizionali e salutistici, ma anche di profumi e di gusto. Da qui la celebrazione ed esaltazione del prodotto, in programma con la quarta edizione di “Olio Capitale”, a Trieste, dal 5 all’8 marzo 2010. Tutti gli appassionati gourmet del mondo giungeranno alla ma-nifestazione organizzata da Fiera Trieste perché, dopo il successo della scorsa edizione, si sta effettivamente concentrando, intorno a questo evento, l’interesse di tutti gli estimatori e dei consumatori. Non vi saranno solo stand in cui le aziende presenteranno i propri oli extra vergini di oliva, ma anche una serie di altre uti-li proposte, tra appuntamenti e iniziative collaterali. A partire per esempio dall’Oilbar, una formula innovativa di comunicazione che si è tradotta in una struttura fi -nalizzata a far conoscere al grande pubblico tutti gli oli d’eccellenza prodotti nel mondo, senza esclusione di provenienza. Ci saranno, a dar man forte all’evento, cor-si di degustazione tenuti da esperti assaggiatori, con la presenza vigile degli oleologi, i nuovi guru dell’arte di far l’olio, ma non mancheranno neppure seminari dettaglia-ti sull’olivo e sull’olio, nonché convegni, specialistici e non, su temi di stretta attualità, oltre poi ad una Scuola di Cucina con corsi di approfondimento sulle tecniche di cucina, relativamente al corretto impiego degli oli a crudo e in cottura. Novità dell’edizione 2010 sarà l’organizzazione del “1° Salone dell’Oliva da Tavola”, l’evento nell’evento che

sarà punto di riferimento e di incontro di domanda e offerta del settore.Per tutti sarà possibile far parte perfi no delle giurie del concorso “Olio Capitale”, potendo così contribuire ad assegnare il premio alle eccellenze degli extra vergini prodotti nell’ultima annata olearia. Il Concorso, giunto ormai alla sua quarta edizione, vede la partecipazione di un numero sempre maggiore di aziende ed è diven-tato uno dei più apprezzati concorsi in questo settore. Insomma, a pochi mesi dalla quarta edizione di “Olio Capitale”, Trieste, città capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia, è pronta ad accogliere tutti coloro che sono interessati, in maniera diretta o indiretta, al tema e al prodotto olio extra vergine di oliva. A “Olio Capitale”, cui partecipa come partner l’associazione delle “Città dell’Olio”, si troveranno le risposte ad ogni personale quesito e curiosità. A Trieste, dunque, oltre alla manifestazione fi eristica che vede l’esposizione di numerose aziende produttrici, oltre al coinvolgimento di gourmet, buyer e di opera-tori dell’agro-alimentare provenienti dal Nord e dall’Est europeo, si svolgerà un vero e proprio raduno con la concreta possibilità di fare di “Olio Capitale”, come già sta accadendo, il luogo in cui si decidono, di fatto, le tendenze di consumo e le scelte commerciali.

(www.oliocapitale.it – olio@fi era.trieste.it)

Olio Capitale: Trieste, 5 - 10 marzo

C’è più gusto con l’extravergine

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CAPITALEsalone degli oliextra verginitipici e di qualità

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88n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Chiuso a Basilea il salone internazionaledella gastronomia, la ristorazione e l’induwstria

Igeho è la più grande ed importante esposizione di set-tore in Svizzera, strategicamente posizionata a Basilea. Una Biennale concepita come rendez-vous per operatori dei settori alberghiero, ristorativo ed enogastronomico, ma anche per visitatori privati che accorrono incuriositi dall’evento. Con i suoi 837 espositori provenienti da 19 paesi e oltre 70 mila metri quadrati di stand espositivi, la cinque giorni ha raggiunto un pubblico di 78 mila vi-sitatori, registrando una lieve diminuzione rispetto alla precedente edizione (attestata a 80.240). Dati non in-dicativi, se considerato invece la contrazione dei visi-tatori privati e l’incremento degli operatori di settore, soprattutto provenienti dall’estero. Un’occasione quindi determinante, una vetrina che crea presupposti per farsi strada nel mercato svizzero. Dati peraltro incoraggianti dinanzi all’attuale situazione economica che imperversa nella nostra società.Il salone internazionale di Basilea ha visto protagoni-sti, tra gli altri, numerosi produttori italiani già radicati in Svizzera e una delegazione di aziende provenienti dall’Italia alla ricerca di partner commerciali. Le aziende partecipanti, quali la Comperior e il Consorzio Piacenza Alimentare, forti della loro produzione qualitativamente alta, hanno saputo sfruttare l’enorme potenziale dell’Ige-ho e sono riuscite ad allacciare i contatti al loro com-mercio necessari sia a livello locale, sia al di fuori dei confi ni svizzeri.La Camera di Commercio di Zurigo in questo senso, ha contribuito alla buona riuscita della manifestazione, sostenendo gli espositori italiani per tutta la durata della fi era e naturalmente nelle fasi organizzative che l’hanno preceduta.Il riscontro decisamente positivo del pubblico visitatore e degli espositori giunti ad Igeho per mediazione della Camera non fa che confermare la portata che riveste un tale salone internazionale e soprattutto per chi sta cercando di aprirsi un varco nel mercato elvetico, da sempre comunque amante del made in Italy. La sfi da di Igeho, a fronte di un bilancio molto positivo, è quindi quella di contrastare una fase congiunturale estremamente delicata, creando le premesse per uno scambio economico più dinamico e che non subisca gli effetti della crisi economica.

Igeho 2009

Un’edizione di successo

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Il Mondo in Camera

Incontro a Ginevra con Il Viceministro Adolfo Urso

Consegnati a Zurigo Certifi cati PLIDAUn incentivo alla carriera professionale

Ospitare ed essere ospiti4 febbraio 2010: una serata all’insegna dello stile

Contatti commerciali

Servizi camerali

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90n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Il 30 novembre scorso il Viceministro Adolfo Urso, in-vitato dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite, ha incontrato a Ginevra un gruppo di rappresentanti della comunità economica italiana, coin-volti dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera – uffi cio di Ginevra.L’incontro, avvenuto presso l’Hotel Intercontinental, è stato introdotto dalla dott.ssa Laura Mirachian, Rappre-sentante Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite.La dott.ssa Marilena Berardo, responsabile Camera di

Commercio Italiana per la Svizzera - uffi cio di Ginevra, portando i saluti del Segretario Generale, ha sottolinea-to l’importanza di creare una stretta collaborazione tra la comunità economica italiana e le realtà istituzionali ed aziendali che in Italia sono più sensibili ai temi della fi nanza, dell’innovazione tecnologica e del marketing in-ternazionale. Rispondendo alle domande dei presenti, il Vicemini-stro ha sottolineato innanzitutto che l’Italia sta portan-do avanti i negoziati del ciclo di Doha con l’obiettivo di creare nuove partnerships tra il Nord e il Sud del mondo per quanto riguarda lo scambio di tecnologia e l’apertura dei mercati. Contemporaneamente una delle azioni rilevanti per l’Italia è la creazione di un Registro multilaterale obbligatorio per la protezione dei marchi di indicazione geografi ca. Il Viceministro ha inoltre confermato l’impegno dell’Ita-lia sia per il settore delle energie rinnovabili attraverso il programma Industria 2015, sia per i sostegni all’im-prenditoria in genere, con particolare riferimento all’im-prenditoria femminile, in vista dell’organizzazione della Giornata Mondiale della World Association of Women Enterpreneurs a Ginevra nel 2011.La disponibilità del Viceministro a rispondere alle do-mande dei presenti in un clima disteso ha posto le basi per una tipologia di cooperazione che tiene conto delle potenzialità della comunità italiana all’estero, fondamen-tale per il futuro del nostro Paese in un’ottica bilaterale e multilaterale.

Marilena Berardo

Incontro a Ginevra con il Viceministro Adolfo Urso

Il mondo in camera

Il viceministro Urso e Marilena Berardo, responsabile Camera di Commercio Italiana per la Svizzera - uffi cio di Ginevra.

Il 21 gennaio 2010, con inizio alle 9.30, si terrà ad Ancona presso la CCIAA di Ancona (Sala Parlamentino, P.zza XIV Maggio) un seminario tecnico sul mercato agroalimentare svizzero frutto della collaborazione tra Ancona promuove, Az. Speciale della Camera di Anco-na e della Camera di Commercio Italiana per la Svizze-

ra. Il seminario, rivolto ad un pubblico di ca. 25 aziende produttrici ed esportatrici della Provincia di Ancona, in-tende offrire delle informazioni concrete di accesso alla distribuzione svizzera in preparazione di successive azioni di promo-commercializzazione. Sul palco oltre, a Fabrizio Macrì - Responsabile Marketing e Progetti Speciali della Camera di Commercio italiana per la Sviz-zera, anche Emilio Plant importatore svizzero, esper-to di mercato ed ex-buyer della distribuzione elvetica, per dare conto della propria esperienza e rispondere con indicazioni concrete alle esigenze espresse dagli esportatori.

www.anconapromuove.it

PRESENTAZIONE TECNICA SUL MERCATO ALIMENTARE SVIZZERO AD ANCONA

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91n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Elisa Giancaspro – Lo scorso 11 dicembre 2009 pres-so la Sala Pirandello della Casa d’Italia di Zurigo sono stati consegnati i certifi cati PLIDA (Progetto Lingua Italiana della Dante Alighieri). Si tratta del diploma uffi -ciale rilasciato dalla Società Dante Alighieri in base ad una convenzione con il Ministero degli Affari Esteri e con il plauso scientifi co dell’Università “La Sapienza” di Roma, che attesta la competenza in italiano come lingua straniera secondo i criteri di valutazione stabiliti dal Consiglio d’Europa nel “Quadro comune europeo di riferimento per le lingue”.A condurre la serata è stato Emilio Speciale, Presidente della società e Direttore della Scuola Dante Alighieri, il quale ha consegnato i diplomi PLIDA, Plida Juniores e PLIDA Commerciale insieme a numerosi esponenti del-la comunità italiana a Zurigo: in primo luogo il Console Generale d’Italia, Min. Plen. Mario Fridegotto, il Dirigente scolastico del Consolato, Antonio Lopriore, il Presiden-te del C.A.S.L.I., Aurelio Chiapparini, il Presidente del Comites, Paolo Da Costa, il Presidente della ProTicino, Raoul Pescia e il Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), Andrea G. Lotti. Proprio Andrea G. Lotti ha consegnato i certifi -cati del PLIDA Commerciale, un diploma specifi co che si rivolge a chi studia e usa l’italiano in ambito fi nanzia-rio od economico-commerciale. Il PLIDA Commerciale presenta tre dei sei livelli di competenza linguistica: B1 (livello soglia), B2 (livello progresso) e C1 (livello dell’ef-

fi cacia) – riconosciuti a livel-lo europeo, e costituisce un valore aggiunto per chi è in cerca di lavoro, da integrare al proprio dossier. La CCIS si complimenta con i candidati che hanno superato le prove d’esame.

Consegnati a Zurigo Certifi cati PLIDA, PLIDA Juniores e PLIDA Commerciale

Un incentivo alla carriera professionale

Per maggiori info sul PLIDA commercialeCamera di Commercio Italiana per la SvizzeraLara Francesca CucinottaSeestrasse 123, 8027 ZurigoTel. 0044 289 23 26, Fax 0044 201 53 [email protected] - www.ccis.ch

Katja Baraldo, Mario Fridegotto, Andrea G. Lotti ed Emilio Specia-le durante la consegna del Plida commerciale.

ENAIP in collaborazione con la CCIS attiva una nuova edizione del corso per neoimprenditori totalmente gra-tuita per cittadini italiani residenti nella Circoscrizione consolare di Zurigo e Basilea grazie al Bando pubblico fi nanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali a seguito dell’Avviso 1/07 pubblicato in G.U.R.I. (03.08.09 n. 178) nell’ambito degli interventi per la formazione professionale degli italiani residenti in Paesi non appartenenti all’U.E. Il corso di preparazione e gestione d’impresa offre la preparazione necessaria per l’avvio o la continuazione della propria attività, fornendo le conoscenze e le tecniche di base per il successo del proprio progetto imprenditoriale.È rivolto a tutti coloro che hanno una propria attività e vogliono migliorare le proprie competenze e a chi pre-vede di mettersi in proprio e non vuole correre rischi inutili “lanciandosi” nell’impresa senza competenze e conoscenze imprenditoriali. Gli obiettivi che il corso si pone sono quelli di rendere i corsisti più consapevoli circa il mondo economico e imprenditoriale in modo da poter essere in grado di percorrere le tappe verso la propria autonomia professionale. Il periodo di formazio-

ne intende inoltre portare “i futuri imprenditori” a creare un business plan personalizzato e a realizzare la propria guida pratica per la creazione dell’impresa. Il corso è suddiviso in sei moduli: Gestione aziendale, Marketing per PMI, Management e Tecniche di uffi cio, Introduzione all’economia aziendale e alla contabilità, Introduzione al sistema fi scale e Import-Export, Guida pratica per crea-re e gestire la propria impresa. Parallelamente alla formazione saranno organizzati in-contri per neoimprenditori, nei quali i corsisti avranno la possibilità di partecipare a conferenze su vari temi, scambiare le proprie idee e confrontarsi con altri im-prenditori già presenti sul mercato. L’inizio del corso è previsto per la fi ne di gennaio 2010; le lezioni saranno serali e il sabato mattina per permettere anche a chi già lavora di poter frequentare.

Per ulteriori informazioni contatta la segreteria ENAIP al numero 0043 322 10 80o per e-mail: [email protected] oppure consulta i siti web: www.enaip.ch e www.ccis.ch.

HAI UN’IDEA IMPRENDITORIALE E VUOI CONCRETIZZARLA? ADESSO PUOI FARLO!

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92n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

Sono molte le circostanze che ruotano intorno ad un invito, in cui farebbe piacere sapere come com-portarsi. Cosa signifi ca la frase: è richiesto l’abito scuro per le signo-re? È necessario preavvisare che si è vegetariani? Quando vanno aperti i presenti – e i fi ori sono sempre la scelta giusta? Bisogna sempre

dare una disposizione dei posti a tavola – e se sì, in che modo? Chi ordina per primo e chi inizia la cena? Quando vanno fatti i discorsi? Quali compiti ha chi siede a ca-potavola? È sempre adeguato brindare con i bicchieri? Come mangiare le pietanze più elaborate? E molto altro ancora… Che siate ospiti o ospitiate qualcuno, ognuno contribuisce alla riuscita di un invito. Questa sarà proprio la serata all’insegna dello stile e del galateo. In apertura sarete accolti come ospiti della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) con un aperitivo nella sede

di Zurigo e in seguito gusterete una pregiata cena a tre portate presso l’enoteca del Belvoirpark. Scoprirete tut-to quello che c’è da sapere sulle buone maniere a tavola e sul galateo in occasione di un invito. Catherine L. Tenger*, esperta di stile e regole di comportamento, è lieta di accompagnarvi durante la serata.

Quando 4 febbraio 2010, ore 18.00Dove Sala Pecavi Seestrasse 123, 8027 Zurigo 044 289 23 23, [email protected] del seminario TedescoPrezzi Soci CHF 250.- Normale CHF 300.-Termine iscrizione 27 gennaio 2010 (posti limitati, max. 26 persone)Referente Lara Francesca Cucinotta

4 febbraio 2010: una serata all’insegna dello stile

Ospitare ed essere ospiti

Catherine L. Tenger* è dal 1996 un’esperta delle re-gole di comportamento e galateo.

Conduce seminari e tiene conferenze interattive su temi quali formule di comportamento in campo professio-nale, buone maniere al giorno d’oggi, effetti della co-municazione non verbale, smalltalk e creazione di una buona rete di contatti, cultura del cibo e buone maniere a tavola, abbigliamento in contesti professionali e codici d’abbigliamento in situazioni formali.

Figlia di un diplomatico svizzero, Catherine L. Tenger è nata a New York e ha vissuto tra gli USA, il Pakistan, la Germania e la Svizzera. La sua carriera è cominciata al termine della Scuola Professionale Turistica.

È stata manager del settore vendite (Area Sales Mana-ger) presso Hilton International e manager dei servizi marketing presso KLM Royal Dutch Airlines (mercato svizzero e austriaco).

Catherine L. Tenger annovera tra i clienti della sua azien-da la CLT Stil & Umgangsformen, fondata nel 2006, emi-nenti società di servizi, fondazioni e aziende di diverse grandezze e tipologie.

È co-autrice del libro Imagefaktoredito in inglese e tedesco

www.clt-training.ch

AperitivoProsecco di Conegliano e Valdobbiadene DOC Brut - Fratelli Bolla

� �Brodo di manzo con verdure Julienne ricoperto da uno scrigno di sfoglia 2008 Soave DOC - Azienda Agricola La Cappuccina

� �Tenero galletto al fornoPatate novelle arrosto con rosmarinoBouquet di verdure2006 Chianti Riserva DOCG - Muro Antico, Renzo Masi

� �Millefoglie alla crema della casa

� �FriandisesCaffèGrappa Elisi - Distilleria Berta

Menu e servizio: Restaurant Belvoirpark www.belvoirpark.chI vini sono gentilmente offerti da: MÖVENPICK, Weinkeller Gourmet Factory Jelmoliwww.moevenpick-wein.com

MENÙ

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93n. 1 - Gennaio 2010la RivistaRivista

“Wein ist nicht kompliziert, Wein wird kompliziert ge-macht!“, behaupten Cornelius und Fabian Lange. “Die meisten Menschen trinken gerne Wein, wollen aber keine Wissenschaft daraus machen. Sie suchen nach Spaß und Orientierung in einer Weinwelt, die jeden Tag ein Stückchen komplizierter wird“, sagen die unkonven-tionellsten Weinautoren Deutschlands. Und für diesen Zweck ist Wein einfach ideal.Mit ihrem neuen Titel Wein einfach bieten sie allen Wein-Einsteigern ein pfi ffi ges, sicheres Leitsystem, in dem sie das Tohuwabohu der modernen Weinwelt radikal auf vier klassische Weinstile reduzieren: Riesling, Chardonnay, Bordeaux und Pinot noir. Dieses Quartett steht im Zent-rum ihres Buches – als ein praktisches Navigationssys-tem, mit dem jeder Weinliebhaber einfach und schnell fundamentale Einsichten gewinnen wird, denn jeder dieser vier Stile ebnet auch den Weg zu vielen anderen wichtigen Weinen. Mit ihrem erfrischend unterhaltsamen Sprachstil und auf Du und Du mit ihren Lesern bereiten die Langes ein ganz besonderes Lesevergnügen. Von der ersten Seite an spürt man die unwiderstehliche An-ziehungskraft, die schillernde Schönheit des Weines, der die beiden Vollblutautoren mit ihrem klugen, poin-tenreichen und im besten Sinne aufregend anderen Weinbuch ein Denkmal gesetzt haben. Wein einfach ist das Ergebnis einer mehr als zehnjährigen Recherche. “In dieser Zeit haben wir uns von unsicheren Anfängern zu selbstsicheren Weingenießern entwickelt, die trotz-dem noch Bodenhaftung haben,“ sagen die Langes, die ihre Kolumnen und Reportagen zu Wein, Genuss und

Lebensart u. a. im Stern und der Frankfurter Allgemei-nen Sonntagszeitung veröffentlichen. Die Summe ihrer Erfahrungen haben Cornelius und Fabian Lange jetzt auf faszinierende Weise in Wein einfach zum Leben erweckt, damit jeder, der sich für den Zauber des schönsten Ge-tränks der Welt interessiert, schnell und mit viel Spaß zu einer echten Weinpersönlichkeit werden kann.

Cornelius und Fabian LangeWein einfachHALLWAG Verlag, München168 Seiten, durchgehend illustriertFormat 21 x 27 cm IntegralbindungsFr 35,90

Einfach Wein

È disponibile il nuovo Calendario delle Fiere Italiane 2010, che contiene l’elenco di tutte le fi ere italiane internazionali, nonché di tutte le più importan-ti manifestazioni di settore.L’elenco delle fi ere è così articolato:- Informazioni generali (luogo, data, ecc.)- Descrizione delle singole manifestazioni- Segreterie Organizzative e dati statistici- Elenco alfabetico, cronologico, per settoreTutte queste informazioni sono disponibili in un pratico manuale di facile con-sultazione. Il costo del Calendario Fiere è di Fr. 35.85 (incl. IVA 2,4%) per i Soci della nostra Camera di Commercio e di Fr. 46.10 (incl. IVA 2,4%) per i non Soci. La nuova edizione del Calendario delle Fiere Italiane, va richiesta alla:Camera di Commercio Italiana per la SvizzeraSeestrasse 123 - 8027 ZurigoTel. 0041/44/289 23 23 - Fax 0041/44/201 53 57E-Mail: fi [email protected]

CALENDARIO DELLE FIERE ITALIANE 2010

CALENDARIO FIERE ITALIANE

ITALIENISCHER MESSEKALENDER

2010

CALENDER DES FOIRES ITALIENNES EXIBITION CALENDAR

Your gate to Italy

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DAL MERCATO ITALIANO

Offerte di merci e servizi

Container per scarico e carico camionD.M. Metalmeccanica srlVia della Pieve 6I - 61010 Ponte Messa di Pennabilli (PU)Tel. e Fax +39 0541928482E-mail: [email protected]

Sale e spezieParco della Salina di Cervia srlvia Salara 6I - 48015 Cervia RATel: +39 0544971765Fax: +39 0544978016E-mail: [email protected]

Abbigliamento in pelleWinter sncvia G. Cesare 87/AI - 47838 Riccione (RN)Tel: +39/0541 644674Fax: +39/0541 663322E-mail: [email protected]

Funghi sott’olioGalfrè antipasti d’Italia SrlV.le Torino 13I - 12032 BARGE (CN)Tel: 0039/0175.346286Fax: 0039/0175.343358E-mail: [email protected]

ScorniciatriciFutura srlvia C. Pavese 30I - 47853 Cerasolo Ausa di Coriano (RN)Tel.: +39 0541 756063 Fax: +39 0541 756220 [email protected]

Impianti di perforazioneMassenza Impianti di perforazione srlV. Emilia 58/E/F I - 43012 Parola (PR)Tel. +39 0521 825284Fax: +39 0521 825353

E-mail: [email protected]

CaffèMokador srlVia Provinciale Granarolo 139I - 48018 Faenza (RA)Tel.: +39 0546 22422Fax: +39 0546 646975E-mail: [email protected]

SalumiZaffagnini srlvia Galvani 9/A I - 48018 Faenza (RA)Tel: +39 0546 620140Fax +39 0546 620607E-mail: [email protected]

Porte in legnoFalegnameria Bellaria sncVia Bellaria 1/b - I - 40139 BolognaTel/Fax +39 0545 908511E-mail: [email protected]

DetersiviMadel srlVia Torricelli, 3 I - 48010 Cotignola (RA)Tel: +39 0545 908511Fax: +39 0545 992259E-mail: [email protected]

Pasta all’uovoPastifi cio ValentiniVia Arno 4I - 52010 Poppi ARTel: +39 0575550187Fax: +39 0575500246francesco@pastifi ciovalentini.comwww.pastifi ciovalentini.com

Impianti eoliciCCLG SpaVia E. Benini 4I - 47121 ForlìTel. +39 0543 84173Fax +39 0543 83272E-mail: [email protected]

Specialità alimentari biologicheChef Service sncVia del Brando 21/BI - 47100 ForlìTel. +39 0543 754083Fax. +39 0543 755206E-Mail: [email protected]

Lavorazioni meccanicheMengozzi srlVia Panagulis 8I - 47100 Forlì Tel. +39 0543 84318Fax +39 0543 [email protected]

VinoCalafè srlVia Ariavecchia 9I - 83039 Pratola Serra AVTel. +39 0825781010E-Mail: [email protected]

Prodotti alimentaritipici romagnoliLa RomagnolaVia Martiri Ponte Bastia 11I - 44016 San Biagio Argenta (FE)Tel. +39 0532809666Fax.+39 0532809477E-Mail: [email protected]

Facciate in vetro per edifi ciVetroVentilato srlVia L. Longo 105I - 47023 CesenaTel. +39 0547 331317Fax.+39 0547 601209E-Mail: [email protected]

Prodotti cosmeticiAthena’s srlVia del Lavoro 32I - 40065 Pianoro BOTel. +39 051777202Fax.+39 051774101E-Mail: [email protected]

Contatti Commerciali

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Richieste di ricerca agenti-rappresentanti

• La società IGB opera nel settore del packaging per l’industria co-smetica e farmaceutica. IGB rea-lizza astucci in cartoncino per mez-zo delle migliori tecnologie esistenti e sotto certifi cazione ISO. IGB gra-direbbe entrare in rapporti d’affari con produttori di prodotti cosmetici e farmaceutici interessati a reinven-tare il look dei propri prodotti.

• Azienda produttrice del Fitness Caf-fè, cerca in Svizzera Importatore già introdotto nel settore. Offriamo pro-dotti innovativi brevettati con marchi registrati già esportati in molti Paesi.

www.fi tnesscoffee.com www.sensualcaffe.com www.espressoprimaclasse.com.

• La società Gamba srl di Milano attiva nel settore delle lavorazioni di subfornitura meccanica per pro-duttori di macchine e articoli industriali. La società Gamba srl opera nel settore delle lavo-razioni meccaniche per conto terzi e con l’ausilio di stazioni CAD progetta e realizza articoli e la-vorazioni in metallo di sicura qua-lità ed affi dabilità per qualsiasi tipo di applicazione industriale.

• L'azienda Lisap SpA di Milano, spe-cializzata nella produzione di arti-coli per la cura e il trattamento dei capelli destinati a centri esteti-ci, parrucchieri e saloni di bellezza. L'azienda è attiva dal 1952 ed è pre-sente in tutto il mondo ed è alla ri-cerca di nuovi parner e collaboratori

soprattutto nella Svizzera italiana e francese; Lisap sarebbe interessata ad effettuare un incontro conosciti-vo per presentare i propri prodotti direttamente presso la Vostra sede.Vi invitiamo a visitare il sito www.li-sapitalia.com per scoprire il mondo Lisap e la varietà dei prodotti che l'azienda è in grado di offrire.

Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:Per ulteriori informazioni rivolgersi alla: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo, Tel. 044/289 23 23, Fax 044/201 53 57, e-mail: [email protected], www.ccis.ch

DAL MERCATO SVIZZERO

Ricerca di merci e servizi

Macchine industriali per la bigiotteriaOPTOMArte d'Allaman 36 Pf 991163 EtoyTel. 0041/21 8071333Fax 0041/21 [email protected]

Articoli in argento Signora Susanne WengerRoute de la Croix 140CH-1095 Lutry Tel. 0041/0794801016 [email protected]

Articoli religiosiSignor Tiziano Matteo De GasperiPO Box 4149CH - 6904 LuganoTel. +41 [email protected]

DestrosioConfi serie Michel AGIm Grund 12CH - 5405 Baden-DättwilTel. 0041 564930377Fax 0041 564930378chm@confi seriemichel.chwww.confi seriemichel.ch

CoriandoliPeter Bossart und Marianne PulverCH - 4123 AllschwilTel. 0041 [email protected]

Offerte di merci e servizi

Design aziendaleKIRCHER DESIGN CORPORATE DESIGN AND MOREHagenholzstrasse 70CH - 8050 ZürichTel.: ++41 432680053 Fax: ++41 [email protected]

Trasporti internazionaliMartin Transports SAIles FalconCH - 3960 SierreTel: +41 274518080Fax +41 274518089E-mail: [email protected]

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo, Tel. 044/289 23 23, Fax 044/201 53 57, e-mail: [email protected], www.ccis.ch

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ATTIVITÀ E SERVIZI

Con i suoi circa 800 Soci la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente ai sensi del Codice Civile Svizzero. Il suo compito precipuo consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi, certifi cati ISO 9001, è molto variegata e com-prende tra l‘altro:

Ricerche su banche dati di produttori, importatori, grossisti, - commercianti, agenti/rappresentanti dei seguenti Paesi: Ita-lia e Svizzera Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci, as-- setti societari, protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc. (disponibili on-line in giornata)Segnalazioni di potenziali fornitori ed acquirenti- Ricerca e mediazione di partners commerciali italiani e svizzeri- Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con l‘au-- silio di servizi di interpretariato e segretariatoRecupero di crediti commerciali, con particolare riguardo alla - ricerca di soluzioni amichevoli e extragiudiziali

Recupero dell‘IVA svizzera in favore di operatori italiani, non-- ché dell‘IVA italiana per imprese elvetiche Consulenza ed assistenza legale in materia di diritto com-- merciale, societario e fi scale Assistenza e consulenza in materia doganale- Informazioni statistiche ed import/esport- Informazioni fi nanziarie e riservate sulla solvibilità di imprese - italiane e svizzereRicerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento - di brevetti Azioni promozionali e di direct marketing - Arbitrato internazionale - Informazioni relative all‘interscambio, normative riguardanti - gli insediamenti in Svizzera ed in ItaliaSeminari e manifestazioni su temi specifi ci di attualità - Traduzioni - Viaggi di Studio - Certifi cato di Italiano Commerciale rilasciato in collaborazio-- ne con la Società Dante Alighieri di RomaSwiss Desk Porti italiani - La CCIS fornisce informazioni su Fiere e Mostre italiane. Rap-- presentanza uffi ciale di Fiera Milano e di VeronaFiere

RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI

Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e dei bisogni del mercato elvetico e di quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia svizzere che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e prodotti all’estero un’accurata ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo ed iden-tifi cati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare affi dabili interlocutori nel settore di riferimento, viene organizzato un incontro presso le aziende target così selezionate permettendo alle imprese italiane o svizzere un rapido ed effi cace ingresso sui rispettivi mercati di riferimento.

Per ulteriori informazioni ed un preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail [email protected]

PUBBLICAZIONI

- La Rivista periodico uffi ciale mensile (11 edizioni all‘anno)- Calendario delle Fiere italiane- Annuario Soci - Indicatori utili Italia-Svizzera- Agevolazioni speciali per i Soci

- Recupero crediti in Svizzera - Regolamento di Arbitrato e di Conciliazione della Camera Arbitrale della CCIS - Compra-vendita di beni immobili in Italia- Costituzione di società affi liate di imprese estere in Italia- Il nuovo diritto societario italiano- Servizi camerali

Rue du Cendrier 12-14, Casella postale, 1211 Ginevra 1Tel. ++41 22 906 85 95, Fax ++41 22 906 85 99e-mail: [email protected]. 326 773

Seestrasse 123, Casella postale, 8027 ZurigoTel. ++41 44 289 23 23, Fax ++41 44 201 53 57http://www.ccis.ch, e-mail: [email protected]. 326 773

RECUPERO IVA ITALIANA

Il servizio, offerto a condizioni molto vantaggiose, è rivolto sia alle imprese svizzere che recu-perano l’IVA pagata in Italia che alle imprese italiane che recu-perano l’IVA pagata in Svizzera.

Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e la Svizzera, la legislazione italiana consente agli imprenditori svizzeri di ot-tenere il rimborso dell’IVA italiana. La CCIS: • fornisce la necessaria documentazione; • esamina la documentazione compilata; recapita l’istanza di rimborso in Italia all’Autorità fi scale

competente; • avvia e controlla l’iter della Vostra pratica tramite il suo

uffi cio di Pescara; • fornisce assistenza legale

RECUPERO IVA SVIZZERA

Grazie agli accordi di reciprocità tra Italia e Svizzera la legislazione svizzera consente agli imprenditori italiani il rimborso dell’IVA svizzera.

La CCIS: • fornisce un servizio di informazione e prima consulenza; • diventa il Vostro rappresentate fi scale; • esamina la completezza della Vostra documentazione; • invia la documentazione alle autorità svizzere e segue l’iter

della vostra pratica.

Informazioni più dettagliate contattare la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera +41 (0)44 289 23 23