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8/13/2019 EdificiStorici Def http://slidepdf.com/reader/full/edificistorici-def 1/241 VULNERABILITÀ SISMICA DEGLI EDIFICI STORICI 1 a Edizione - Giugno 2013 Marco Boscolo Bielo © Copyright Legislazione Tecnica – Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, e la diffusione con qualsiasi mezzo, di questa opera. La presente copia è rilasciata unicamente per l’utilizzo personale dell’Abbonato che la ha scaricata. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.

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VULNERABILITÀ SISMICADEGLI EDIFICI STORICI

1a Edizione - Giugno 2013

Marco Boscolo Bielo

© Copyright Legislazione Tecnica – Tutti i diritti riservatiÈ vietata la riproduzione, anche parziale, e la diffusione con qualsiasi mezzo, di questa opera. La presente copia è rilasciata

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© Copyright Legislazione Tecnica 2013

La riproduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo, nonchéla memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i paesi.

Finito di stampare nel mese di giugno 2013 daStabilimento Tipolitografico Ugo Quintily S.p.A.Viale Enrico Ortolani 149/151 - Zona industriale di Acilia - 00125 Roma

Legislazione Tecnica S.r.L.

00144 Roma, Via dell’Architettura 16Servizio Clienti Tel. 06/5921743 – Fax 06/[email protected]

Portale informativo: www.legislazionetecnica.itShop: ltshop.legislazionetecnica.it

Il contenuto del testo è frutto dell’esperienza dell’Autore, di un’accurata analisi della normativae della pertinente giurisprudenza. Le opinioni contenute nel testo sono quelle dell’Autore, innessun caso responsabile per il loro utilizzo.Il lettore utilizza il contenuto del testo a proprio rischio, ritenendo indenni l’Autore e l’Editoreda qualsiasi pretesa risarcitoria.

A Riccardo e Giuliano 

RINGRAZIAMENTIL’Autore desidera ringraziare il Prof. Enzo Siviero,il Prof. Paolo Faccio, l’Ing. Luigi Nulli e Concrete s.r.l.

Gli errori logici hanno, penso, maggior importanza pratica di quanto 

la gente non creda; essi permettono a chi li commette di avere poi l’opinione che preferisce su qualsiasi argomento.

Bertrand Russell

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PRESENTAZIONE

Un professionista illuminatoGli eventi sismici che hanno colpito il territorio italiano negli ultimi anni,dall’Abruzzo nel 2009 all’Emilia Romagna e Lombardia nel 2012, hannoposto in luce l’inadeguatezza degli approcci utilizzati nel mondo delle co-struzioni esistenti, in particolare per gli edifici storici in muratura e legnoappartenenti al patrimonio culturale. L’atteggiamento tenuto nei confrontidel danno del sisma è prevalentemente rivolto alla riparazione dei dannioccorsi e alla ricostruzione degli edifici considerati irreparabili, ripercor-rendo situazioni già sperimentate nel passato meno recente che sottosti-mavano il concetto di prevenzione.Nel 2006 compaiono per la prima volta delle indicazioni realizzate di con-certo tra Ministero dei Beni Culturali, Ministero delle Infrastrutture e Prote-zione Civile, che prendono il nome di Linee Guida per la riduzione e 

prevenzione dal rischio sismico del patrimonio culturale , dispositivo chetrova un aggiornamento nel 2011 in allineamento alle nuove Norme Tec-niche per le Costruzioni (NTC 2008), modifica che trova compimento conla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del DPCM 9 febbraio 2011 - Linee 

Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio 

culturale, allineamento alle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni .

I due dispostivi rappresentano una grande novità nel mondo delle costru-zioni, manifestando la sintesi delle esperienze della disciplina del RestauroArchitettonico con quella della Scienza e Tecnica delle Costruzioni. Unasintesi che aveva una grande valenza innovativa, non tanto per la pre-senza di contenuti scientifici nuovi e originali ma per l’approccio interdi-sciplinare che declinava le istanze della conservazione con quelle dellasicurezza strutturale, in una sintesi che poneva come obiettivo fondamen-tale per la tutela del patrimonio culturale la prevenzione. La possibilità divalutare preliminarmente mediante approcci caratterizzati da livelli di co-

noscenza e valutazione differenziati in relazione al numero e qualità diinformazioni sulla fabbrica esistenti, comportava la possibilità di valutareil patrimonio culturale, prima che esso dimostrasse le eventuali carenze einefficienze con il danneggiamento conseguente alle scosse telluriche,costituendo il primo atto necessario per programmare la tutela medianteoperazioni di prevenzione e non subire sistematicamente la perdita di edi-fici e apparati decorativi sia per crolli irreparabili sia per interventi dettatidall’emergenza e pertanto non sempre rispettosi delle caratteristiche sto-riche dell’architettura.

I numerosi aggiustamenti e limature del dispositivo testimoniavano la dif-ficoltà non solo nella redazione del documento ma anche la volontà di ren-

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dere il più possibile operative le indicazioni che, si rammenta, costitui-scono una procedura cogente per gli edifici tutelati. Una difficoltà nell’ap-plicazione, in particolare per professionisti prevalentemente formati oaddirittura in alcuni casi totalmente digiuni, con prassi che non tenevanoin grande conto la possibilità di articolare per mezzo della conoscenza imodelli di valutazione cogliendo grazie ad essa aspetti costruttivi e dellostato di conservazione che potevano migliorare l’efficacia dei modelli divalutazione siano essi analitici sia numerici. Lo stesso travaglio si ritrovaall’interno degli enti di tutela, a volte impreparati a cogliere l’aspetto tec-nico della sicurezza.Per meglio cogliere la possibilità che la sperimentazione sul campo dellelinee guida potesse migliorare e rendere sempre più operativo il disposi-tivo, era stata presa la decisione di una revisione biennale che doveva

tener conto delle risultanze delle esperienze compiute. All’interno di que-sta volontà di migliorare la metodologia prevista e pertanto le possibilitàdi prevenzione dal rischio sismico del patrimonio culturale anche in rela-zione ad esperienze operative, si inserisce il libro di Marco Boscolo Bielo,che, definirei, come sforzo di un professionista illuminato o meglio di unafigura che incarna lo spirito nobile del professionista che non assume acri-ticamente i dettami di una norma ma ne cerca l’interpretazione anche conuna riflessione critica.Marco Boscolo Bielo ripercorre con una articolazione personale i passaggi

chiave del dispositivo la cui difficoltà di applicazione si evidenzia in alcunipassi con dubbi e qualche incertezza dello stesso Autore, fatto che nonne sminuisce l’apporto critico ma anzi lo rende ancora più fertile per unaulteriore urgente riflessione sui temi più sensibili.Un atteggiamento critico della metodologia che viene arricchita con espe-rienze professionali sia personali sia concettuali, il richiamo alla classifi-cazione degli edifici in muratura presente nel testo di Michele Pagano, siaoperativi con alcuni esempi di analisi e utilizzo dell’analisi cinematica nellarisoluzione di alcuni casi di meccanismi di danno, che anche se non com-

pletamente esaustivi e in alcuni casi sintetici dimostrano come la cono-scenza della fabbrica sia in grado di migliorare la valutazione dellasicurezza.L’Autore sottolinea alcuni aspetti innovativi come lo Stato Limite dei BeniArtistici (SLA), facendo riflettere sul ruolo della manutenzione e controllodegli apparati decorativi per la definizione dell’azione sismica di verifica.Sul ruolo della conoscenza della fabbrica non solo nei contenuti matericocostruttivi e dello stato di conservazione ma anche delle trasformazioninel tempo dell’architettura, utilizzabili sia come testimonianza di eventualidebolezze o adeguatezza nei confronti di terremoti pregressi, sia comeconferma della bontà di eventuali presidi e interventi eseguiti in seguito a

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 Architetture & Strutture

È la collana di monografie, edita da Legislazione Tecnica e coordinatadall’Arch. Marco Boscolo Bielo, che affronta i temi dell’ingegneriastrutturale ed antisismica nonché della progettazione, calcolo, verificae consolidamento delle strutture.I testi, tutti caratterizzati da un approccio pratico ed orientato allarisoluzione dei problemi, esaminano in modo congiunto le istanze dellasicurezza strutturale con quelle della progettazione architettonica edella conservazione tipologica di manufatti e costruzioni tradizionali,in una visione olistica e sempre proiettata ai riflessi delle più modernetendenze e tecnologie.

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INDICE

1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   13

1.1 Generalità  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   13

1.2 Cenni storici sulle norme nel territorio italiano  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   15

1.3 Concetti fondamentali relativi al rischio sismico . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   23

1.4 Strumenti per la valutazione a scala territoriale della sicurezzasismica dei beni culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   24

2. PARAMETRI FONDAMENTALI PER LE VALUTAZIONI SISMICHE  . . . . .   27

2.1 Gli stati limite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   272.2 Lo stato limite di danno per beni artistici (SLA)  . . . . . . . . . . . . . . . . .   28

2.3 La vita nominale  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   29

2.4 Le classi d’uso  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   31

2.5 Periodo di riferimento e numero dei cicli di controllo per SLA 32

2.6 Probabilità di superamento di un dato evento sismico  . . . . . . . . . .   32

2.7 Periodo di ritorno  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   33

2.8 I parametri ag, FO, T*C  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   352.9 Categorie di sottosuolo  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   35

2.10 Condizioni topografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   37

2.11 Amplificazione stratigrafica  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   37

2.12 Amplificazione topografica  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   38

2.13 Spettri di risposta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   39

3. ASPETTI GENERALI E PROCEDURALI RELATIVI

 ALLA VALUTAZIONE SISMICA   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   433.1 Tipologie di intervento  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   43

3.1.1 Interventi di adeguamento sismico  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   43

3.1.2 Interventi di miglioramento sismico  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   43

3.1.3 Riparazioni e interventi locali  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   44

3.2 Livello a scala territoriale LV1  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   44

3.3 Livelli a scala progettuale  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   45

3.3.1 Il livello LV2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   45

3.3.2 Il livello LV3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   46

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3.4 Il miglioramento sismico per i beni artistici di interessestrategico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   47

3.5 Considerazioni sulle modellazioni: valutazione “ante”e valutazione “post” intervento  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   47

3.6 Indice di sicurezza sismica  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   48

3.7 Fattore di accelerazione e correlazione con l’indicedi rischio  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   50

3.8 Iter procedurale della valutazione di vulnerabilità sismica  . . . . . .   51

3.9 Indice di sicurezza in termini di VN  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   53

4. IL PERCORSO DELLA CONOSCENZA  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   55

4.1 Generalità  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   55

4.2 Identificazione della costruzione  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   56

4.3 Caratterizzazione funzionale dell’edificio e dei suoi spazi . . . . . . .   56

4.4 Rilievo geometrico  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   58

4.5 Analisi storica degli interventi subiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   60

4.6 Rilievo materico costruttivo e stato di conservazione  . . . . . . . . . . . .   62

4.7 Caratterizzazione meccanica dei materiali  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   63

4.8 Aspetti geotecnici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   66

5. FATTORI DI CONFIDENZA  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   67

5.1 Generalità  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   67

5.2 Utilizzo per la determinazione delle resistenze . . . . . . . . . . . . . . . . . .   67

5.3 Utilizzo in termini di riduttore dell’accelerazione sismica . . . . . . .   68

5.4 Assegnazione dei valori numerici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   69

6. LE MURATURE  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   75

6.1 Eterogeneità costitutive  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   75

6.2 Caratteristiche fondamentali  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   76

6.3 Modellazione strutturale  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   80

6.4 Parametri meccanici tabellari  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   81

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7. IL COMPORTAMENTO SISMICO  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   87

7.1 Classificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   87

7.2 Edifici di prima classe  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   87

7.3 Edifici di seconda classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   92

7.4 Edifici di terza classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   96

7.5 Edifici non ordinari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   98

7.6 Valutazione della rigidezza degli orizzontamenti . . . . . . . . . . . . . . . . .   99

7.7 Raggruppamenti per analisi di primo livello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   100

8. MECCANISMI LOCALI DI COLLASSO  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   103

8.1 Generalità  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   1038.2 Considerazioni concettuali relative all’approccio

cinematico e Principio dei Lavori Virtuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   105

8.3 Espressione generalizzata del Principio dei Lavori Virtuali . . . . . .   108

8.4 Meccanismi di I° modo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   110

8.4.1 Meccanismi di ribaltamento semplice  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   110

8.4.1.1 Ribaltamento semplice di parete monoliticaad un piano  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   110

8.4.1.2 Ribaltamento semplice di paretea doppia cortina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   113

8.4.1.3 Ribaltamento semplice di parete monoliticaa più piani  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   114

8.4.1.4 Ribaltamento semplice di parete adoppia cortina a più piani  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   116

8.4.2 Ribaltamento composto  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   118

8.4.2.1 Ribaltamento composto a cuneo diagonaledi un piano  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   119

8.4.2.2 Ribaltamento composto a cuneo diagonale

di più piani  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   1218.4.2.3 Ribaltamento composto a cuneo con doppia

diagonale per un piano  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   122

8.4.2.4 Ribaltamento composto a cuneo con doppia

diagonale per più piani  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   124

8.4.2.5 Ribaltamento del cantonale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   126

8.4.3 Meccanismi di flessione verticale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   129

8.4.3.1 Flessione verticale di parete monoliticaad un piano  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   130

8.4.3.2 Flessione verticale di parete monoliticaa due piani  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   131

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8.4.3.3 Flessione verticale di parete monoliticaa tre piani  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   133

8.4.3.4 Flessione verticale di parete a doppiacortina ad un piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   135

8.4.3.5 Flessione verticale di parete a doppia

cortina a due piani  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   137

8.4.4 Meccanismi di flessione orizzontale  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   138

8.4.4.1 Flessione orizzontale di parete monoliticanon confinata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   139

8.4.4.2 Flessione orizzontale di parete monoliticaconfinata  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   142

8.4.4.3 Flessione orizzontale di parete a doppiacortina non confinata  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   144

8.4.4.4 Flessione orizzontale di parete adoppia cortina confinata  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   145

8.4.5 Sfondamento della parete del timpano  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   146

8.5 Meccanismi di II° modo  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   150

8.5.1 Casi generali  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   150

8.5.2 Pannello murario di controventamento con tirante  . . . . . . . . .   151

8.5.3 Parete con aperture  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   153

9. PALAZZI, VILLE ED ALTRE STRUTTURE CON PARETI DI SPINA

ED ORIZZONTAMENTI INTERMEDI  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   155

9.1 Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   155

9.2 Modelli semplificati di primo livello LV1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   155

10.CHIESE E ALTRE STRUTTURE CON GRANDI AULE  . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   161

10.1 Generalità  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   161

10.2 Modello semplificato LV1 per la stima dell’indicedi sicurezza sismica  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   162

10.3 Classificazione dei meccanismi di danno  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   165

11.TORRI, CAMPANILI E ALTRE STRUTTURE

 A PREVALENTE SVILUPPO VERTICALE  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   181

11.1 Generalità  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   181

11.2 Modello di valutazione semplificata di livello LV1  . . . . . . . . . . . . . . . .   182

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12.PONTI IN MURATURA, ARCHI TRIONFALI

ED ALTRE STRUTTURE AD ARCO  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   187

12.1 Generalità  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   187

12.2 Ponti, viadotti, acquedotti  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   188

 APPENDICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191

A.1 Regio Decreto 18 aprile 1909, n. 193 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193

A.2 Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105  . . . . . . . . . . . . . . 205

A.3 Direttiva Presidente Consiglio dei Ministri 9 febbraio 2011,Allegato A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227

A.4 Decreto Ministerio Infrastrutture 14 gennaio 2008,

estratto dall’Allegato B . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237

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1 Precisamanete il decreto riportava la locuzione Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni .A distanza ormai di un lustro appare più congeniale abbandonare l’aggettivo “nuove”. Nelprosieguo della trattazione per indicare detta norma potranno essere utilizzatiindifferentemente gli acronimi DM e NTC (Norme Tecniche per le Costruzioni).

2 Nel seguito anche Circ. 617/09 o semplicemente Circ.

3 Per approfondimenti si rimanda il lettore al volume di Marco Boscolo Bielo: Interventi su 

Edifici Esistenti. Responsabilità dei Progettisti – Diagnostica – Tecniche di Intervento ,Legislazione Tecnica Editrice, Roma 2011.

13

1QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

1.1 GENERALITÀ

La normativa tecnica nazionale si inquadra all’interno del DM 14.01.08:  Norme

Tecniche per le Costruzioni1 entrato in vigore nel 2009 che ha ordinato in modoorganico il complesso delle disposizioni afferenti alla progettazione strutturale dellecostruzioni.Ad integrazione del DM, sempre nel 2009, il Ministero delle Infrastrutture e Tra-

sporti ha emanato la Circolare N° 617 del 02.02.09:  Istruzioni per l’applicazionedelle Norme Tecniche per le Costruzioni2, la quale contiene una serie di chiarimentied esplicitazioni.A seguito dell’entrata in vigore del DM la distinzione amministrativa dell’Italiafra zone sismiche e non sismiche è stata di fatto “superata” mediante la suddivisionedi tutto il territorio nazionale in una serie di riferimenti (capisaldi) in cui vienedefinita una accelerazione sismica attesa al suolo (ag o PGA). La figura 1.1 riassumela mappa di pericolosità sismica adottata mediante una diversa colorazione. Daquesta è possibile desumere che ogni località risulta affetta da un certo grado di

rischio. I recenti eventi sismici che hanno colpito alcune zone - nel 2009 l’Abruzzo,

nel 2012 l’Emilia Romagna e parte del Veneto e della Lombardia – hanno resoancor più evidente che dobbiamo metterci in un nuovo ordine di idee: conviverecon questo grado di rischio.Nel nostro Paese, come è noto, il problema del “patrimonio edilizio storico”, nel-l’accezione più generale, assume un significato importante.Il capitolo 8 delle NTC e il correlato capitolo C.8 della Circ., hanno dedicato specificospazio per “definire i criteri generali per la valutazione della sicurezza e per la pro-gettazione, l’esecuzione ed il collaudo degli interventi sulle costruzioni esistenti”3.Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, competente per la tutela del patrimoniocomprendente i beni immobili, in concerto con altri organi statali, ha disposto

delle linee guida applicative per la valutazione e riduzione del rischio sismicodel patrimonio culturale al fine di coniugare in modo più consono le indicazionicontenute nelle NTC e nella Circ. per i casi di costruzioni che presentano

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1 - Quadro normativo di riferimento

Figura 1.1: Mappa di pericolosità sismica del territorio italiano (OPCM 3519/2006).

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caratteristiche non ordinarie, quali quelle appartenenti all’edilizia storica. Inoltreesso prospetta anche una finalità di carattere ricognitivo al fine di pervenire aduna banca dati dei beni architettonici tutelati.Tra le varie direttive emanate negli ultimi anni la più recente, che sostituisce le

precedenti, è la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 09.02.2011:Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento

alle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al Decreto del Ministero delle

 Infrastrutture e dei Trasporti del 14 gennaio 20084 la quale assume carattere cogenteper tutti gli edifici tutelati. Inoltre va sottolineato che le NTC rimandano comunque,per gli edifici storici non tutelati ma di pregio storico-artistico, ai contenuti e aidettami della Direttiva.

1.2 CENNI STORICI SULLE NORME NEL TERRITORIO ITALIANO

Le notizie storiche inerenti disposizioni tecnico-costruttive per rendere efficaci glielementi strutturali ai fini sismici sono diffuse in molti documenti ma è probabileche le prime norme sismiche, intrise di una qualche ufficialità nel territorio italiano,siano state disposte nel Regno di Sicilia a seguito del terremoto del gennaio 1693che colpì la zona di Catania e della Valle di Noto. Si trattava di un documentoemanato il 28 giugno 1694 titolato Consiglio ed Istruzioni fatte dal Vicario Generale

 Duca, che fu di Camastro, col voto dell’Ill.mo Senato, e Corpo Ecclesiastico, per

la nuova riedificazione della città.

Un secolo dopo un nuovo evento sismico di grande rilievo interessò il territoriocalabro-messinese a partire dal febbraio 1783. Il Regno di Napoli emanò allorale  Norme Tecniche ed edilizie per ricostruire le case distrutte (20 marzo 1784).I criteri costruttivi erano rivolti ad assicurare ai fabbricati una struttura intelaiatalignea (sistema a baraccato), opportunamente controventata mediante diagonali,sulla quale veniva poi adottata una chiusura a tamponamento che poteva esserea sua volta in legno o in muratura.Al terremoto di Norcia del 22 agosto 1859 seguì il  Regolamento Edilizio da osser-

varsi per le fabbriche nel Comune di Norcia, il quale operò una distinzione trale nuove opere e quelle esistenti da restaurare. In particolare, per quest’ultime,

le volte in muratura potevano essere conservate fino al piano terreno purchè tirantateda elementi metallici. Per le nuove costruzioni, invece, le volte erano ammessesolo nel piano interrato purchè impostate su un arco a tutto sesto semicircolare,a botte, a vela o a schifo. Seguivano indicazioni di carattere dimensionale: minimospessore in chiave 25 cm oppure, rinforzi ai fianchi per volte con dimensionisignificative, ecc. Lo spessore delle murature doveva essere non inferiore a 60cm, in elementi lapidei squadrati con esclusione dei formati piccoli e dei ciotoli.Raccomandato il sistema a baraccato.Dopo la formazione del Regno d’Italia due provvedimenti succedettero ad altrettanti

4 In seguito abbreviata anche con Direttiva o DM 09.02.11.

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1 - Quadro normativo di riferimento

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eventi sismici prima del ‘900. Si tratta del Regio Decreto del 29 agosto 1884: Regolamento Edilizio per i Comuni dell’isola di Ischia danneggiati dal terremoto

del 28 luglio 1883 e del Regio Decreto 13 novembre 1887: Regolamento contenente

le norme per la costruzione ed il restauro dei Comuni liguri danneggiati dal ter-

remoto del 22 febbraio 1887 . In esse sono contenute disposizioni che ricalcanogrossomodo le indicazioni tecniche precedentemente illustrate in rapporto alle carat-teristiche di impiego dei materiali locali.Il XX secolo si apre, purtroppo, con ulteriori eventi funesti. Nella notte del 28dicembre del 1908, 37 secondi di scossa seguita da tsunami danneggiò gravementele città e zone limitrofe di Messina e Reggio Calabria (figura 1.2 e tabelle 1.1,1.2, 1.3). Alcune stime indicano in 80.000 le vittime in territorio siciliano e 15.000quelle in territorio calabrese. Lo sciame sismico durò qualche mese e andò distruttoil 90% dell’edificato (figure 1.3 e 1.4).

Tabella 1.1: Scala Mercalli

Grado Scossa Descrizione

l impercettibile Avvertita solo dagli strumenti sismici.

Il molto leggera Avvertita solo da qualche persona in opportune condizioni.

IlI leggera Avvertita da poche persone.

IV moderataAvvertita da molte persone; tremito di infissi e cristalli,

e leggere oscillazioni di oggetti appesi.

V piuttosto forte Avvertita anche da persone addormentate; caduta di oggetti.

VI forte Qualche leggera lesione negli edifici e finestre in frantumi.

VII molto forte Caduta di fumaioli, lesioni negli edifici.

VIII rovinosa Rovina parziale di qualche edificio; qualche vittima isolata.

IX distruttivaRovina totale di alcuni edifici e gravi lesioni in molti altri;

vittime umane sparse ma non numerose.

Xcompletamente

distruttivaRovina di molti edifici; molte vittime umane; crepacci nel suolo.

XI catastroficaDistruzione di agglomerati urbani; moltissime vittime;

crepacci e frane nel suolo; maremoto.

XII apocalitticaDistruzione di ogni manufatto; pochi superstiti; sconvolgimento del suolo;

maremoto distruttivo; fuoriuscita di lava dal terreno.

1 - Quadro normativo di riferimento

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1 - Quadro normativo di riferimento

Figura 1.3: Case rovinate dal terremoto di Calabria del 28 dicembre 1908

Figura 1.4: Messina, terremoto del 1908

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1 - Quadro normativo di riferimento

Figura 1.5: Comuni dichiarati sismici con RD 193/1909 (da Dip. Protezione Civile)

Figura 1.6: Rappresentazione della classificazione sismica secondo RDL 431/1927con indicazione eventi sismici (da Dip. Protezione Civile)

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Tabella 1.4: Azioni sismiche orizzontali del RDL 431/1927

Figura 1.7: Rappresentazione della classificazione sismica secondo RDL 640/1935 conindicazione eventi sismici (da Dip. Protezione Civile)

Ulteriori comuni furono aggiunti con successivi disposizioni di legge, ad esempioil RD N° 640/1935 (vedi figura 1.7). Cosicché, pian piano, l’Italia cominciavaad allargare, sulla carta, la propria sismicità con aggregazioni, per così dire, aposteriori di catastrofi. Una sismicità che però restava, in natura, a priori.Nel 1937 il Regio Decreto 2105  Norme Tecniche di Edilizia Asismica per i Paesi

colpiti dai Terremoti6 , impone alcune interessanti modifiche tecniche ai fini sismici,da introdurre su tutte le costruzioni. Ad esempio: Art. 5 D) Nei piani superiori a quello terreno debbono essere vietate le strutture

spingenti contro i muri perimetrali ove non siano munite di robuste catene. I tetti

debbono essere costruiti in modo da escludere qualsiasi spinta orizzontale. (…)

Prima Categoria Seconda Categoria

I rapporti tra le forze orizzontali ed i pesicorrispondenti alle masse su cui agiscono 

debbono assumersi uguali ad un ottavo , pel piano terreno degli edifici che al piano di gronda 

non siano più alti di 10 m (…); ad un sesto 

per i piani superiori. Per tutti gli altri edifici, sia 

al piano terreno che ai piani superiori, tale 

rapporto dovrà sempre assumersi pari ad un 

sesto.

I rapporti tra le forze orizzontali ed i pesicorrispondenti alle masse su cui agiscono

debbono assumersi uguali ad un decimo, per tuttii piani degli edifici, quando questi non siano piùalti di 15 m. Per altezze superiori a 15 m dettorapporto deve assumersi uguale ad un ottavo.

6 Cfr. Appendice A2.

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1 - Quadro normativo di riferimento

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F) In tutti i fabbricati deve eseguirsi, ad ogni ripiano e al piano di gronda, un

telaio di cemento armato sui muri perimetrali e su tutti gli altri muri interni por-

tanti. Tali telai debbono essere estesi a tutta la larghezza dei muri su cui poggiano

ed avere altezza minima di centimetri 20, la loro armatura longitudinale deve

essere costituita da quattro tondini del diametro non inferiore ai mm 14 se di ferro omogeneo e a mm 12 se di acciaio semiduro, mentre le legature trasversali

debbono essere costituite da tondini del diametro non inferiore a mm 5 se poste

a distanza non superiore a cm 30.

Quest’ultima è la celebre disposizione di obbligatorietà di cerchiatura mediantecordolo di calcestruzzo armato da attuarsi su tutti gli edifici e che, purtroppo,spesso non è stata rispettata, causando gravi danni conseguenti ad eventi sismiciin edifici costruiti dopo il 1937.Dal punto di vista della zonizzazione sismica una nuova tappa normativa è segnatanel 1962. Questa volta tocca ai territori del Sannio e dell’Irpinia: il 21 agosto due

scosse, di magnitudo stimata intorno a 6,1, lasciano senza tetto circa 16.000 personee, fortunatamente, solo qualche decina di vittime. Segue la Legge 25 novembre1962 N° 1684: Provvedimenti per l’edilizia con particolari prescrizioni per le zone

sismiche. Niente di nuovo sotto il sole: l’elenco dei comuni continua ad ampliarsi.Il 2 febbraio 1974 viene varata la Legge N° 64: Provvedimenti per le costruzioni

con particolari prescrizioni per le zone sismiche. La norma rappresenta un cardinetanto che l’impianto viene ripreso nel più recente Testo Unico DPR 380/01. Insostanza essa affida a Decreti Ministeriali periodici l’emanazione e l’aggiornamentodelle disposizioni tecniche “in relazione al progredire delle conoscenze dei fenomenisismici”. L’anno dopo, il 3 marzo 1975 viene emanato il primo di questi decreti: Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche. I decreti si susseguono adintervalli temporali non regolari affiancati da Circolari, Linee Guida ed Istruzioni,a volte immediatamente successivi ad ulteriori eventi sismici come ad esempioil DM 2 luglio 1981:  Normativa per la riparazione ed il rafforzamento degli

edifici danneggiati dal sisma nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia, all’in-domani del terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980.Nel 2003, conseguentemente al sisma che portò al crollo della scuola Jovine diSan Giuliano di Puglia (23 novembre 2002), l’Ordinanza della Presidenza delConsiglio dei Ministri N° 3274: Primi elementi in materia di criteri generali per

la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le

costruzioni in zona sismica, “sconvolse” l’impianto normativo che in Italia si eraconsolidato negli ultimi 100 anni.7 Lo sconvolgimento fu tale per cui si disposeromolte proroghe per la sua entrata in vigore.Nel frattempo, dopo un transitorio quanto inutile DM 14.01.2005, si giunse alDM 14.01.08  Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni, che ripropose ed affinòi contenuti dell’OPCM 3274/2003. Tuttavia occorse un altro terremoto, quellodell’Abruzzo 2009, per decretare l’entrata in vigore e quindi l’obbligatorietà (o

7 Cfr. anche Boscolo Bielo Marco, Aggiornamento professionale e normativa tecnica: breve 

storia dell’ultimo decennio , in “Quaderni di Legislazione Tecnica ” N° 2/2012, Roma,Legislazione Tecnica Editrice, Giugno 2012.

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1 - Quadro normativo di riferimento

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1 - Quadro normativo di riferimento

quasi) dei nuovi criteri di calcolo e di suddivisione del territorio nazionale cosìcome sono stati indicati nel precedente paragrafo (figura 1.1). Ma questa è storiadei nostri giorni.

1.3 CONCETTI FONDAMENTALI RELATIVI AL RISCHIO SISMICO

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, terremoti di magnitudo poco superiorea 6 possono mettere in ginocchio una vasta zona dell’Italia ma risultare pressochéinnocui, ad esempio, nella quasi totalità del Giappone. È evidente, dunque, che ilproblema della sicurezza sismica riguarda aspetti che trascendono la mera suscettibilitàdi una data zona ad essere colpita da terremoti più o meno intensi.In generale è compito delle organizzazioni statali farsi carico degli aspetti previsionaliriguardanti le conseguenze di un terremoto nei propri territori. Bisogna predisporrepiani di intervento, quantificare risorse economiche che eventualmente devono essereaccantonate e messe a disposizione per far fronte alla riorganizzazione sociale edeconomica delle zone colpite. Anche lo studio del problema investe risorse.Stanti le suindicate osservazioni possiamo comprendere come il rischio sismicosia determinato da una complessità di circostanze che vanno chiarite. In particolareil rischio sismico ( RS) può essere definito dalla combinazione di:

- pericolosità ( P),- vulnerabilità (V ), 

- esposizione ( E).

La pericolosità sismica ( P) di una data zona è rappresentata dalla frequenza edalla intensità dei terremoti che la riguardano ed è una caratteristica intrinsecadel luogo (sismicità).La vulnerabilità sismica (V ) invece è una caratteristica delle costruzioni in quantoriguarda la capacità o meno di subire danni a seguito di un evento sismico chepuò avere un dato livello di intensità assegnato. I danni subìti possono essere ditipo strutturale, e quindi portare al collasso del fabbricato, oppure non strutturali,e quindi interessare la sua fruibilità.L’esposizione sismica ( E) rappresenta, infine, la quantificazione del danno in ter-mini di vite umane, economici e sociali. Ovvero di tutto ciò che attiene al tessutosociale e al suo funzionamento.Se si quantificano le grandezze  P, V  ed  E, il rischio sismico  RS può essere rap-presentato dalla funzione:

 RS =  f  ( P, V, E) (1.1)

ovvero come combinazione dei parametri suindicati. Ne deduciamo che il rischiosismico rappresenti una misura dei danni che, in base al tipo di sismicità, di resi-stenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e quantità dei beni

esposti), ci si può attendere in un dato intervallo di tempo.

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1.4 STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE A SCALA TERRITORIALE DELLA

SICUREZZA SISMICA DEI BENI CULTURALI8

L’attuazione di politiche di prevenzione sismica richiede la conoscenza, su scalaterritoriale, del rischio cui sono soggetti i manufatti esistenti ed, in particolare, ilpatrimonio tutelato.Per andare incontro a questa esigenza, nell’intento di acquisire in tempi brevi unaconoscenza omogenea ed accurata del rischio del patrimonio culturale, la DirezioneGenerale per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Ministero per i Beni e leAttività Culturali ha elaborato un programma per il monitoraggio dello stato diconservazione dei beni architettonici tutelati. Esso consiste nella costruzione diuna banca dati, contenente per ciascun manufatto una serie di informazioni, strut-turate attraverso schede, relative alla conoscenza della costruzione e allo stato di

conservazione, alla valutazione della vulnerabilità e del rischio ed all’eventualeprogetto di interventi per la prevenzione.Nell’Allegato A della DM 09.02.11 sono descritte la metodologia e la strutturadi tale banca dati9.La finalità è di acquisire, in tempi ragionevolmente brevi, una conoscenza dellivello di sicurezza di questi edifici nelle aree maggiormente sismiche. Consideratoil numero rilevante di beni tutelati, nel caso di verifiche estese a scala territoriale,queste devono essere intese come valutazione della sicurezza sismica, da eseguirsi

con metodi semplificati, diversi da quelli utilizzati per il progetto di un inter-

vento. È in ogni caso necessario valutare quantitativamente l’azione sismica allo

SLV e quella attesa nel sito con una prefissata probabilità di superamento su unperiodo di riferimento definito sulla base delle caratteristiche del manufatto e delsuo uso (nel seguito azione sismica di riferimento): attraverso il rapporto tra icorrispondenti periodi di ritorno sarà definito nel seguito l’indice di sicurezza sismi-ca, utile per evidenziare le situazioni critiche e stabilire priorità per i futuri inter-venti. Se l’azione sismica allo SLV risulta significativamente inferiore a quellaattesa nel sito, assunto un periodo di riferimento compatibile con le caratteristichee le condizioni d’uso del manufatto, ciò determina la necessità di eseguire unavalutazione più accurata ed eventualmente intervenire entro un intervallo di tempopiù breve del periodo di riferimento. Infatti, coerentemente con il concetto pro-

babilistico di sicurezza, la struttura può considerarsi sicura nei riguardi di un ter-remoto con periodo di ritorno più breve rispetto a quello dell’azione sismica diriferimento; la vita nominale, introdotta nelle NTC, rappresenta quindi il parametroattraverso il quale programmare gli interventi di mitigazione del rischio.Nella Direttiva sono individuati alcuni semplici modelli meccanici, utilizzabili perle più diffuse tipologie di manufatto storico; l’adozione di questi modelli, puraffetti da incertezze, ha il pregio di fornire una valutazione omogenea e comparabilea scala territoriale e quindi significativa proprio ai fini di una pianificazione degliinterventi.

8 Paragrafo 2.1 della DM 09.02.11.

9 Vedi Appendice A3.

24

1 - Quadro normativo di riferimento

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1 - Quadro normativo di riferimento

Il livello LV1 consente la valutazione dell’azione sismica allo SLV attraverso metodisemplificati, basati su un numero limitato di parametri geometrici e meccanici oche utilizzano dati qualitativi (interrogazione visiva, lettura dei caratteri costruttivi,rilievo critico e stratigrafico).

Per le valutazioni più accurate, su singoli manufatti, gli strumenti da adottaresono quelli definiti per la progettazione degli interventi di miglioramento, secondoil livello denominato LV3, ovvero LV2 per riparazioni e/o interventi locali suzone limitate del manufatto.

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2PARAMETRI FONDAMENTALI

PER LE VALUTAZIONI SISMICHE

2.1 GLI STATI LIMITELa definizione degli stati limite di riferimento è contenuta nelle NTC. Essi sonodistinti in due categorie:

- Stato Limite di Esercizio (SLE),- Stato Limite Ultime (SLU).

In generale i primi hanno carattere reversibile. Nei confronti delle azioni sismichegli stati limite vengono ulteriormente suddivisi in base alle prestazioni della costru-zione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturalie gli impianti.Per gli SLE si ha:- Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione,

nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali,le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed inter-ruzioni d’uso significativi;

- Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione, nel suocomplesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparec-chiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischiogli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza edi rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi imme-diatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

Per gli SLU:- Stato Limite di Salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la

costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantisticie significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita signi-ficativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conservainvece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un marginedi sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;

- Stato Limite di Prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto lacostruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali edimpiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione con-serva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo marginedi sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

I quattro stati limite così definiti consentono di individuare quattro situazioni diverseche, al crescere progressivo dell’azione sismica, fanno corrispondere una progres-siva crescita del danneggiamento.

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Per i manufatti architettonici di interesse artistico la Direttiva ha introdotto unospecifico stato limite di riferimento, da considerare oltre ai precedenti, così defi-nito:- Stato Limite di Danno ai Beni Artistici (SLA): a seguito di un terremoto

di livello opportuno (in genere quello preso in considerazione per lo statolimite di danno), i beni artistici contenuti nel manufatto, intesi come apparatidecorativi, superfici pittoriche, elementi architettonici di pregio (altari, organi,balaustre, pavimentazioni, ecc.) nonché beni mobili pertinenziali (pale d’altare,fonti battesimali, statue, ecc.) subiscono danni di modesta entità, tali da poteressere restaurati senza una significativa perdita del valore culturale.

2.2 LO STATO LIMITE DI DANNO PER BENI ARTISTICI (SLA)

Gli SLU sono motivati dalla volontà di salvaguardare la costruzione e l’incolumitàdegli occupanti nel caso di terremoti di forte intensità e rari, mentre gli SLEhanno per obiettivo la limitazione dei danni e il mantenimento della funzionabilitàper terremoti meno intensi e più frequenti. Nel caso in cui siano presenti elementidi valore artistico in alcune parti della costruzione la valutazione allo SLA andrà

eseguita esclusivamente a livello locale, ovvero nelle zone interessate dall’ele-mento di valore. Allo scopo possono essere adottati modelli di comportamentolocale su parti strutturalmente autonome opportunamente individuate mediante ana-lisi accurate.In genere, i danni agli apparati decorativi diventano significativi e non accettabiliin presenza di gravi danneggiamenti degli elementi strutturali quali quelli presicome riferimento per decidere in merito all’agibilità della costruzione. In questicasi, per le verifiche dello SLA possono essere adottati i modelli di verifica delloSLD, precisando specifici valori limite per fessurazioni e deformazioni.Esistono tuttavia situazioni nelle quali il danno agli apparati decorativi può veri-ficarsi anche in assenza di un danno strutturale (ad esempio, stucchi di notevolespessore e insufficientemente collegati alla struttura) o viceversa non è sensibilea questo (apparati non completamente vincolati e quindi in grado di assecondarelesioni e deformazioni strutturali) o ancora, beni artistici dotati di un comportamentostrutturale autonomo (pinnacoli o altri elementi che possano essere consideraticome appendici strutturali). In questi casi dovranno essere sviluppati criteri e stru-menti di valutazione specifici per lo SLA.In conclusione:- la valutazione nei riguardi dello SLV è richiesta per ciascun manufatto tutelato,

anche se non soggetto ad uso, in quanto garantisce non solo la salvaguardiadegli occupanti ma anche la conservazione stessa del manufatto;

- la valutazione nei riguardi dello SLD è richiesta, a livello complessivo, per imanufatti tutelati di cui si vuole sostanzialmente garantire la funzionalità dopoil terremoto, in relazione al loro uso;

- la valutazione nei riguardi dello SLA è richiesta, esclusivamente a livello locale,

nelle parti della costruzione in cui sono presenti elementi di particolare valore

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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storico artistico; gli organi di tutela possono richiedere un livello di protezionesismica differenziato, in relazione alla rilevanza storico-artistica di tali elementi,prendendo in considerazione, nei casi più significativi, anche l’azione sismicaper lo SLV.

2.3 LA VITA NOMINALE

Nella definizione data dal DM 14.01.08 la vita nominale di un’opera V  N 

è intesacome il numero di anni nel quale la costruzione, purché soggetta alla manu-

tenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al quale è destinata.1

Questo concetto è certamente idoneo anche per ciò che attiene i beni artistici,tuttavia l’applicazione algoritmica derivante dalle disposizioni previste dalle NTC

implica che, aumentando il valore quantitativo di V  N , aumenta il valore delle azionisismiche da applicare alla costruzione.Conseguentemente le costruzioni storiche dovrebbero essere verificate con valoridelle azioni molto elevate e ciò porterebbe senza dubbio a risultati del tutto scon-certanti in quanto, per ovvi motivi, appare insensato pretendere alte prestazionida materiali e tecniche costruttive risalenti ad epoche remote.Per queste ragioni la Direttiva ha dovuto riorganizzare il concetto di V 

 N e i parametri

associati a questa grandezza:

La vita nominale di un bene culturale dovrebbe essere molto lunga, volen-

done garantire la conservazione nel tempo anche nei riguardi di azionisismiche caratterizzate da un elevato periodo di ritorno; tuttavia, ciò por-terebbe ad una verifica sismica gravosa e nel caso in cui gli interventirichiesti dovessero risultare troppo invasivi nei riguardi dell’opera, coeren-temente con la possibilità di limitarsi ad interventi di miglioramento, il progettopotrà fare riferimento ad una vita nominale più breve. Questa vita nominaleridotta (anche inferiore a 50 anni) consentirà comunque di certificare lasicurezza di un intervento meno invasivo, in quanto questo tutelerà la costru-zione in termini probabilistici per un numero minore di anni.Ulteriori e più pesanti interventi potranno in tal modo essere posticipati neltempo; al termine della vita nominale una nuova verifica dovrà essere ese-

guita, e conseguentemente nuovi interventi potranno risultare necessari, masarà a quel punto possibile avvalersi dei progressi conoscitivi e tecnologici,in termini di conoscenza della pericolosità sismica, capacità di valutare lavulnerabilità della costruzione e disponibilità di tecniche di intervento menoinvasive.La pericolosità sismica da usarsi per la prossima verifica dovrà ovviamentetenere conto del tempo che è passato; nel caso in cui la mappa di peri-colosità disponibile dovesse essere ancora non dipendente dal tempo tra-scorso dall’ultimo terremoto significativo (modello poissoniano), nella defi-nizione del periodo di riferimento si dovrà considerare anche il tempo tra-

1 In particolare si veda anche la Tabella 2.4.I delle NTC.

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2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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scorso dalla prima verifica. In occasione di questa seconda verifica potrebbeperò non risultare possibile raggiungere i livelli richiesti dalla nuova vitanominale con interventi compatibili con la conservazione. In questo caso,come previsto dalle NTC per i beni tutelati, sarà ancora possibile limitarsi

ad interventi di miglioramento, ma analogamente a quanto richiesto per ibeni non tutelati quando non si raggiunge l’adeguamento, “il Progettistadovrà esplicitare, in un’apposita relazione, i livelli di sicurezza attuali o rag-giunti con l’intervento e le eventuali conseguenti limitazioni da imporre nel-l’uso della costruzione” (punto 8.3 delle NTC).2

In generale, dunque, la vita nominale di un bene artistico non deve essere con-siderata come la durata della sua vita, ma piuttosto il periodo temporale entroil quale ha valore la verifica di sicurezza adottata. Dunque non è nemmeno sensatoconsiderarla come la vita residua a partire dalla verifica di sicurezza. D’altrocanto, come si è visto, la sicurezza della costruzione, all’interno dell’arco temporaleentro il quale viene individuata la vita nominale, è garantita attraverso le necessariemanutenzioni tali da consentirne il mantenimento in idonee e prefissate condizioniche potrebbero anche essere quelle in cui si trovava all’atto dell'indagine.Concluso il periodo relativo alla vita nominale l’utilizzo della costruzione potràessere esteso a patto di un aggiornamento della verifica onde individuare eventualielementi di degrado o di vulnerabilità accresciuta. A questo punto si apre unoscenario che coinvolge altri aspetti, in particolare quello relativo alla mappaturasismica. Quella attuale, infatti, non prende in considerazione il tempo trascorsodall’ultimo evento sismico afferente al sito in cui è collocato il bene artistico.Pertanto, se nel corso della vita nominale non si saranno verificati eventi sismicidi rilievo, e la mappatura sismica sarà la stessa, la probabilità di accadimentonel successivo periodo sarà accresciuta e, dunque, la successiva verifica dovràconsiderare questa circostanza. Se così non fosse si giungerebbe ad una condizioneparadossale di reiterazione della medesima verifica all’infinito. La condizione idealenella verifica successiva sarebbe quella di disporre, come recitano le parole delladirettiva: “dei progressi conoscitivi e tecnologici, in termini di conoscenza dellapericolosità sismica”, che significa mappatura sismica aggiornata. In alternativaalla futura previsione del valore di V 

 N si dovrà sommare quello precedentemente

trascorso.A questo punto, nell’ottica numerica, si tornerebbe al problema iniziale dell’aumentodelle azioni sismiche. La Direttiva risolve il tutto con la locuzione: “il Progettistadovrà esplicitare, in un’apposita relazione, i livelli di sicurezza attuali o raggiunticon l’intervento e le eventuali conseguenti limitazioni da imporre nell’uso dellacostruzione”.Dal punto di vista generale il problema è pero più complesso in quanto coinvolgeanche altri soggetti, ad esempio la Committenza, quest’ultima intesa anche comeente amministrativo statale. Se è vero che l’obiettivo della conservazione consisteanche nella non invasività degli interventi, ci si trova di fronte a due esigenze

2 Paragrafo 2.4 della DM 09.02.11.

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di segno opposto. Da un lato la necessità di accrescere la sicurezza strutturalepotrebbe indicare soluzioni tecniche di un certo rilievo, dall’altro, l’obiettivo dellaconservazione, potrebbe indurre a ricercare il criterio del minimo intervento. Sigiunge così a soluzioni di compromesso che la Direttiva richiama in questi ter-

mini:

Spesso è opportuno accettare consapevolmente un livello di rischio sismicopiù elevato rispetto a quello delle strutture ordinarie, piuttosto che intervenirein modo contrario ai criteri di conservazione del patrimonio culturale (…)Il committente deve essere consapevole del significato di questa vita nomi-nale (anche in relazione a quella normalmente assunta per edifici ordinari),delle sue implicazioni in termini di protocolli di manutenzione e, in particolare,delle future verifiche che dovranno essere nuovamente eseguite entro lascadenza della vita nominale.

2.4 LE CLASSI D’USO

Le classi d’uso descritte nel paragrafo 2.4.2 delle NTC e i relativi valori riportatinella tabella 2.4.II vengono ridefinite dalla Direttiva in base a quanto riportatoin tabella 2.1.

Tabella 2.1: Definizione delle classi d’uso e valore di CU secondo DM 09.02.11

Classe d’uso Descrizione CU

I Uso saltuario o non utilizzato 0,7

II Uso frequente con normali affollamenti 1,0

III Uso molto frequente e/o con affollamenti significativi 1,5

IVEdificio strategico e uso molto frequente e/o

con affollamenti significativi32,0

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

31

3 Nel caso di un bene culturale che ricada nelle situazioni indicate dalla Classe IV (definita

nelle NTC), potrebbe essere necessario ripensarne la destinazione d’uso, se ciò dovessecomportare l’adozione di interventi non compatibili con la conservazione.

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2.5 PERIODO DI RIFERIMENTO E NUMERO DEI CICLI DI CONTROLLO

PER SLA

Il periodo di riferimento per SLE e SLU è definito dal prodotto:

V  R

= V  N 

× C U 

(2.1)

Esso rappresenta il periodo di tempo entro il quale un dato evento sismico puòverificarsi con una probabilità fissata.Per gli SLA la Direttiva introduce il periodo di riferimento per beni artistici

definito nel seguente modo:

V  RA

= n V  R

(2.2)

ovvero modificando il periodo di riferimento V  R

tramite il coefficiente n. Questocoefficiente rappresenta il numero di cicli di controllo effettuati su quel particolarebene artistico nell’intervallo di tempo normalmente adottato per il monitoraggiodello stato di conservazione degli apparati decorativi, dei relativi supporti e dielementi architettonici in muratura o materiale lapideo di particolare fattura.I valori di n (che possono anche essere numeri non interi) devono essere assuntidall’Amministrazione deputata alla tutela.Per controllo si intende la valutazione della natura del bene e dello stato di con-servazione attraverso opportune ispezioni dirette e/o strumentali, che possono anche

essere assimilate a programmi di verifica ed eventuale manutenzione.Nelle verifiche per lo SLA l’introduzione del valore n, è correlato a PVR

mediantela relazione:

PVR

= 1 – 0,371/n (2.3)

2.6 PROBABILITÀ DI SUPERAMENTO DI UN DATO EVENTO SISMICO

È un indice probabilistico, generalmente fissato in percentuale, che esprime la

probabilità di accadimento dell’evento sismico nel periodo di riferimento consi-derato. Le NTC indicano, per gli stati limite in esse contenuti, i valori riportatiin tabella 3.2.I del DM.Per la verifica nei confronti dello SLA la Direttiva indica che si può fare riferimentoad azioni sismiche caratterizzate dalla probabilità di eccedenza relativa allo SLD(P

VR= 63%), ma valutate secondo il periodo di riferimento per i beni artistici

definito nella (2.2).Per la verifica nei confronti dello SLV si potrà fare riferimento ad azioni sismichecaratterizzate da probabilità di eccedenza del 10% su un periodo di riferimentodato dalla (2.1).

Per la verifica nei confronti dello SLD si potrà fare riferimento ad azioni sismiche

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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caratterizzate da una probabilità di eccedenza del 63% su un periodo di riferimentodato dalla (2.1).Stanti queste ultime indicazioni, la tabella 3.2.I delle NTC risulta così aggiornata:

Tabella 2.2: Probabilità di superamento PVR in funzione degli stati limiteindicati nelle NTC e VR di riferimento

2.7 PERIODO DI RITORNO

Per ciascun bene culturale tutelato, in relazione al periodo di riferimento V  R

edallo stato limite considerato, cui è associata una probabilità di superamento P

VR

nel periodo di riferimento, può essere valutato il periodo di ritorno dell’azionesismica definito dalla seguente formula:

(2.4)

con la variante per SLA:

(2.5)

Il periodo di ritorno rappresenta l’arco temporale nel quale l’evento sismico, conassegnata P

VRnel periodo V 

 R, può essere superato almeno una volta (vedi sotto).

Esempio 2.1

Determinare il periodo di ritorno T  R allo SLV per un edificio di classe di utilizzoI (uso saltuario) per il quale è stata assegnata una vita nominale V 

 N = 35 anni.

Si procede reperendo il valore di C U 

dalla Tabella 2.1:

C U 

= 0,7

Successivamente si determina il valore del periodo di riferimento attraverso larelazione (2.1):

V  R

= V  N 

× C U 

= 35 anni × 0,7 = 24,5 anni

Stati Limite PVR VR

SLDSLO 81% VN x CU

SLD 63% VN x CU

SLA 1 - 0,37l/n VRA = n  VN

SLUSLV 10% VN x CU

SLC 5% VN x CU

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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2.8 I PARAMETRI aG, FO, T*C

Come è noto, secondo le NTC, il territorio nazionale viene suddiviso in 10.751

capisaldi di riferimento ai quali sono associati alcuni parametri

necessari alla valu-tazione di azioni equivalenti agli effetti sismici. Oltre al periodo di ritorno T  R

esso fornisce le seguenti grandezze associate:

ag

= accelerazione massima attesa al suolo,F 

o= valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione

orizzontale,T*

c= periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione

orizzontale.

Tra i parametri sopra indicati, soffermiamo la nostra attenzione sul primo. L’ac-celerazione massima attesa al suolo a

grappresenta il valore massimo che ci si

attende in un determinato sito di progetto. A volte viene individuata anche conil termine PGA, che significa “peak ground acceleration” e in forma adimensio-nalizzata, ovvero normalizzata in g (accelerazione gravitazionale pari a 9,81 m/s2

≈ 10 m/s2).Detti parametri sono necessari per la costruzione degli spettri di risposta elasticaS 

ee degli spettri di risposta di progetto S 

d .

2.9 CATEGORIE DI SOTTOSUOLO

Per la definizione dell’azione sismica, salvo analisi più approfondite5, si può fareriferimento ad un approccio semplificato, che si basa sull’individuazione di cate-gorie di sottosuolo di riferimento individuate nelle Tabelle 2.3 e 2.4.Fatta salva la necessità della caratterizzazione geotecnica dei terreni nel volumesignificativo6, ai fini della identificazione della categoria di sottosuolo, la classi-ficazione si effettua in base ai valori della velocità equivalente Vs,30 di propagazionedelle onde di taglio (definita successivamente) entro i primi 30 m di profondità.Per sottosuoli appartenenti alle ulteriori categorie S1 ed S2 indicate in tabella

2.4, è necessario predisporre specifiche analisi per la definizione delle azioni sismi-che, particolarmente nei casi in cui la presenza di terreni suscettibili di liquefazionee/o di argille d’elevata sensitività possa comportare fenomeni di collasso del ter-reno.

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

35

5 Si rimanda ad una lettura del DM 14.01.08 e della Circolare 617/09 nelle parti relativealla progettazione geotecnica.

6 Per volume significativo di terreno si intende la parte di sottosuolo influenzata, direttamenteo indirettamente, dalla costruzione del manufatto e che influenza il manufatto stesso.

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2.10 CONDIZIONI TOPOGRAFICHE

Per condizioni topografiche complesse è necessario predisporre specifiche analisidi risposta sismica locale. Per configurazioni superficiali semplici si può adottarela seguente classificazione della Tabella 2.5.

Tabella 2.5 - Categorie topografiche

Le suesposte categorie topografiche si riferiscono a configurazioni geometricheprevalentemente bidimensionali, creste o dorsali allungate, e devono essere con-siderate nella definizione dell’azione sismica se di altezza maggiore di 30 m.

2.11 AMPLIFICAZIONE STRATIGRAFICA

Per sottosuolo di categoria A i coefficienti S S 

e C C 

valgono 1.Per le categorie di sottosuolo B, C, D ed E i coefficienti S 

S e C 

C possono essere

calcolati, in funzione dei valori di F 0

e T*C 

relativi al sottosuolo di categoria A,mediante le espressioni fornite nella Tabella 2.6, nelle quali  g è l’accelerazionedi gravità ed il tempo è espresso in secondi.

Tabella 2.6 - Espressioni di SS e di CC

Categoria Caratteristiche della superficie topografica

T1 Superficie pianeggiante, pendii e rilievi isolati con inclinazione media i ≤ 15°

T2 Pendii con inclinazione media i > 15°

T3Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media15° ≤ i ≤ 30°

T4Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione mediai > 30°

Categoriasottosuolo

SS CC

A 1,00 1,00

B 1,00 ≤ 1,40 - 0,40 x F0 x ag___g

≤ 1,20 1,10 x (TC*)-0,20

C 1,00 ≤ 1,70 - 0,60 x F0 xag___g

≤ 1,50 1,05 x (TC*)-0,33

D 0,90 ≤ 2,40 - 1,50 x F0 xag___g

≤ 1,80 1,25 x (TC*)-0,50

E 1,00 ≤ 2,00 - 1,10 x F0 xag___g

≤ 1,60 1,15 x (TC*)-0,40

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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2.12 AMPLIFICAZIONE TOPOGRAFICA

Per tener conto delle condizioni topografiche e in assenza di specifiche analisi

di risposta sismica locale, si utilizzano i valori del coefficiente topograficoS 

T riportati nella Tabella 2.7, in funzione delle categorie topografiche definite nelsuccessivo paragrafo e dell’ubicazione dell’opera o dell’intervento.La variazione spaziale del coefficiente di amplificazione topografica è definita daun decremento lineare con l’altezza del pendio o rilievo, dalla sommità o crestafino alla base dove S 

T assume valore unitario.

Tabella 2.7 - Valori massimi del coefficiente di amplificazione topografica ST

Categoria Ubicazione dell’opera o dell’intervento ST

T1 - 1,0

T2 In corrispondenza della sommità del pendio 1,2

T3 In corrispondenza della cresta del rilievo 1,2

T4 In corrispondenza della cresta del rilievo 1,4

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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2.13 SPETTRI DI RISPOSTA

Quanto fin qui riportato consente la costruzione dei diagrammi di spettro di risposta

i quali rappresentano gli strumenti che le NTC forniscono al fine dell’individuazionedelle azioni sismiche agenti su una struttura.Dal punto di vista analitico, è necessario dapprima ricorrere ad una funzione S 

e(T )

costruita secondo gli intervalli rappresentati nelle (2.6).

(2.6)

I parametri (termini noti) che determinano detta funzione sono fissati a partireda:

- condizioni topografiche ⇒ S ,

- smorzamento viscoso⇒

η,- terreno di fondazione ⇒ T C 

e T  D

,- accelerazione attesa al suolo ⇒ T 

 B,

In particolare:S è il coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle condizionitopografiche mediante la relazione seguente:

S  = S S 

× S T 

(2.7)

η è il fattore che altera lo spettro elastico per coefficienti di smorzamento viscosiconvenzionali ξ diversi dal 5%, mediante la relazione:

(2.8)

dove ξ (espresso in percentuale) è valutato sulla base di materiali, tipologia strut-turale e terreno di fondazione;T 

C è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro,

ed è dato da:

T C  = C C  × T*C  (2.9)

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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T  B

è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad accelerazionecostante,

T  B

= T C 

/ 3 (2.10)

T  D

è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante dellospettro, espresso in secondi mediante la relazione:

(2.11)

Dal punto di vista grafico, le funzioni espresse dalle (2.6), assumono l’andamentoindicato in figura 2.2, dove la variabile dipendente S 

e(T ) viene espressa in funzione

di T , detto “periodo proprio di oscillazione della struttura”.

Figura 2.2: Spettro elastico in accelerazione

Il valore di S e(T ), letto direttamente nelle ordinate del diagramma, una volta deter-

minato il periodo proprio T  della costruzione, rappresenta il valore adimensiona-lizzato dell’accelerazione applicabile alle masse sismiche della medesima. Facciamonotare che detto valore non è a

g(accelerazione massima attesa al suolo), bensì

il valore della cosiddetta pseudo-accelerazione con la quale, ad esempio, la massam di un sistema elementare del tipo di figura 2.3, supposta applicata in sommità,oscilla quando la base è soggetta ad a

g.

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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Se il comportamento è di tipo elastico-lineare, la forza orizzontale statica equi-valente è data dalla:

F  = m × S e

(2.12)

Figura 2.3: Differenza fra ag e Se

Le NTC prevedono che lo spettro elastico in accelerazione S e, venga utilizzato

nelle verifiche per gli SLE (ovvero SLO e SLD). Per le verifiche agli SLU (ovveroSLV e SLC), si deve operare la sostituzione delle funzioni (2.6) con analoghe,ponendo però:

η = 1/q (2.13)

dove q è detto  fattore di struttura.La (2.12) assume allora la forma della:

F  = m × S e

/ q = m × S d 

(2.14)

e il nuovo diagramma prende il nome di spettro di progetto in termini di acce-lerazione e viene indicato col simbolo S 

d (T ).

Il diagramma S d (T ), assume concettualmente il significato di una riduzione di S 

e(T )

mediante l’applicazione di un denominatore q. Il valore di S d (T ) deve comunque

essere ≥ 0,2 ag.

2 - Parametri fondamentali per le valutazioni sismiche

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1 Punto 2.2 Direttiva.

43

3 ASPETTI GENERALI E PROCEDURALI

RELATIVI ALLA VALUTAZIONE SISMICA 

3.1 TIPOLOGIE DI INTERVENTONel DM 14.01.08 sono previsti tre livelli di interventi su edifici esistenti definiticome:- interventi di adeguamento sismico;- interventi di miglioramento sismico;- riparazioni o interventi locali.

L’elenco suindicato assume concettualmente anche un significato decrescente inrelazione al traguardo che si vuole raggiungere in termini di sicurezza.

3.1.1 Interventi di adeguamento sismico

L’adeguamento sismico si propone l’obiettivo di portare la costruzione ad un livellodi sicurezza conforme alle disposizioni del DM 14.01.08 per le nuove costruzioni.È evidente che per edifici di carattere storico questa condizione difficilmente potràessere raggiunta e, ammesso che lo possa essere, potrebbe comportare una serie

di opere che contrastano con le finalità della conservazione architettonica.Per questi motivi la Direttiva esplicita che “per i beni culturali tutelati è necessarioattenersi ad interventi di miglioramento, a riparazioni o ad interventi locali” eche “è possibile derogare rispetto all’adeguamento”.1

3.1.2 Interventi di miglioramento sismico

Al punto 2.2 della Direttiva si legge: “Con il termine miglioramento si deve inten-dere l’esecuzione di opere in grado di far conseguire all’edificio un maggior grado

di sicurezza rispetto alle condizioni attuali, con un livello di prestazione sismicanon necessariamente uguale a quello previsto per l’adeguamento”. È evidente chequeste ultime parole sono superlue, perché per definizione (NTC) un interventodi miglioramento non è un intervento di adeguamento.

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2 Ibidem.3 Vedi anche paragrafi 4.7 e 6.4.

44

3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

3.1.3 Riparazioni e interventi locali

Le riparazioni e/o gli interventi locali interessano porzioni limitate della costruzionee sono perseguibili attraverso modellazioni e verifiche di carattere locale (ad esem-

pio sostituzione di un travetto ligneo di un solaio, riparazione di un singolo maschimurario, etc.). La direttiva indica che “nel caso dei beni tutelati è comunque richie-sta anche una valutazione della sicurezza complessiva, in forma semplificata, inmodo da certificare che non siano peggiorate le condizioni di sicurezza preesi-stenti”2.

3.2 LIVELLO A SCALA TERRITORIALE LV1

Il livello di indagine a scala territoriale, identificato nella Direttiva con l’acronimo

LV1, accennato precedentemente al paragrafo 1.4, dovrebbe essere un criterio uni-ficato a scala nazionale tale da consentire una schedatura dei beni tutelati secondoparametri di giudizio omogenei su tutto il territorio italiano.L’obiettivo di questo livello di analisi non è individuare quali siano le procedureper una eventuale progettazione degli interventi da eseguire, ma solo gli indicatoriatti a classificare i manufatti che necessitano di interventi.Per questi scopi, che devono perseguire anche la minimizzazione dei costi di inda-gine, si ricorre a valutazioni con metodi di analisi semplificate e utilizzo di parametrigeometrici e meccanici di facile reperibilità e in numero limitato mediante: tabelle,ispezioni visive, cartografia storica, rilievi stratigrafici etc.3

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha elaborato una metodologia perla conoscenza ed il monitoraggio dello stato di consistenza dei beni architettonicitutelati (Allegato A, riportato in Appendice A3), da realizzarsi nei prossimi anniattraverso un diffuso e capillare programma di schedatura ed analisi. Consideratol’elevato numero di manufatti che costituiscono tale patrimonio, gli strumenti divalutazione devono essere rigorosi ma sufficientemente agili da essere applicatia scala territoriale; essi sono basati su una scrupolosa raccolta di informazioniattraverso moduli schedografici, sull’accertamento del comportamento strutturalea seguito della conoscenza e sulla formulazione di un preliminare giudizio qua-litativo del livello di rischio (in particolare quello sismico).

L’interpretazione qualitativa del funzionamento sismico viene in genere basata suuna lettura per macroelementi, ovvero individuando parti architettoniche caratte-rizzate da un comportamento in una certa misura autonomo rispetto al resto dellacostruzione (cfr. capitolo 8). Su ciascun macroelemento possono essere individuatiuno o più possibili meccanismi di collasso, valutando la maggiore o minore vul-nerabilità in relazione alla presenza di presidi antisismici di tipo tradizionale (catenemetalliche, contrafforti, ammorsamenti, ecc.) o moderno; deve anche essere con-siderata la maggiore vulnerabilità eventualmente indotta da trasformazioni, dissesti

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3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

ed interventi di consolidamento non corretti. Il risultato di questa valutazione vieneespresso in forma linguistica, attraverso un livello di vulnerabilità basso, medioo alto secondo la tabella 3.1 di seguito riportata.

Tabella 3.1 - Valori indicativi per una definizione qualitativa del parametro aSLV S(Direttiva 09.02.2011)

La suindicata tabella riporta una scala puramente indicativa proposta dalla Direttiva

09.02.2011 valida nel caso di manufatti particolari o tipologie per le quali nonsiano utilizzabili i modelli semplificati successivamente proposti e non possanoesserne definiti di equivalenti. Per questi casi è possibile associare ai suddettilivelli qualitativi di vulnerabilità un intervallo di valori dell’accelerazione di piccoal suolo allo stato limite ultimo a

SLV S , attraverso i quali possono essere valutati

corrispondenti intervalli del periodo di ritorno e dell’indice di sicurezza, sullabase delle caratteristiche del sito e della vita di riferimento.

3.3 LIVELLI A SCALA PROGETTUALE

Quando si passa alla scala progettuale vera e propria la Direttiva definisce duelivelli di valutazione che di seguito vengono descritti.

3.3.1 Il livello LV2

È il livello che viene indicato per le riparazioni e gli interventi locali su zonelimitate del manufatto. In queste circostanze il comportamento globale del sistemastrutturale non viene alterato (e comunque non deve essere alterato in modo signi-

ficativo).Chi intenda dunque operare su singoli elementi strutturali deve in ogni caso effet-tuare una valutazione dell’azione sismica allo SLV per l’intero manufatto.Allo scopo possono essere utilizzati i criteri semplificati di primo livello LV1ovvero analisi cinematiche lineari o non lineari.Nella definizione dei macroelementi e dei meccanismi di collasso che possonointeressare la zona oggetto di intervento è necessario considerare l’eventuale pre-senza di stati di danneggiamento pregressi (specie se di origine sismica) e leconoscenze sul comportamento di strutture simili (desunte dal rilievo sistematicodei danni post-terremoto).

Per ciascun macroelemento analizzato, il confronto tra le accelerazioni allo stato

Vulnerabilità aSLV S [g]

Alta 0,1 ÷ 0,2

Media 0,2 ÷ 0,3

Bassa 0,3 ÷ 0,4

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limite ultimo SLV, prima e dopo l’intervento, consente di esprimere un giudiziosul grado di miglioramento conseguito, evidenziando l’inutilità di alcuni interventi,nel caso in cui il margine di miglioramento fosse modesto rispetto all’impattonegativo dell’intervento in termini di conservazione. Inoltre, considerando l’acce-

lerazione massima al suolo di riferimento nel sito, è possibile valutare l’effettivanecessità degli interventi; infatti, negli elementi in cui l’accelerazione allo statolimite ultimo fosse già superiore a quest’ultima, non sarebbe necessario procedereal miglioramento sismico di quella parte.

3.3.2 Il livello LV3

Il livello LV3 è previsto per gli interventi di miglioramento. In tal caso questipossono interessare parti diffuse della costruzione ma anche in questo caso “per

quanto possibile non dovrebbero modificare il funzionamento strutturale”4.L’analisi deve riguardare l’intero manufatto e si “possono” utilizzare modelli strut-turali globali quando ritenuti attendibili, oppure metodi di analisi locale comeindicati in LV2.Il livello LV3 può essere utilizzato anche quando, in assenza di un progetto diintervento, venga comunque richiesta un’accurata valutazione della sicurezza sismi-ca del manufatto.Ne risulta che questo livello di valutazione considera la sicurezza sismica dellacostruzione nel suo complesso, ovvero l’accelerazione del suolo che porta allostato limite ultimo la costruzione nel suo complesso o singole sue parti signi-

ficative (macroelementi). Il livello LV3 deve essere adottato nella progettazionedi interventi che modifichino il funzionamento accertato della costruzione (nonauspicato nella Direttiva) e, comunque, quando il restauro riguarda un edificiodi tipo strategico, per l’importanza sociale di conoscere in modo attendibile lasicurezza di tali strutture.La verifica complessiva della risposta sismica del manufatto non richiede neces-sariamente il ricorso ad un modello globale della costruzione, ma è possibile pro-cedere alla scomposizione della struttura in parti (macroelementi), a condizioneche venga valutata la ripartizione delle azioni sismiche tra i diversi sistemi strut-turali, in ragione delle diverse rigidezze e dei collegamenti tra le stesse; tale ripar-

tizione può essere operata anche in modo approssimato, purché venga garantitol’equilibrio nei riguardi della totalità delle azioni orizzontali. La valutazione puòquindi essere eseguita con gli stessi metodi utilizzati al livello LV2, ma sistema-ticamente su ciascun elemento della costruzione.Anche con le analisi di livello LV3, confrontando i valori ottenuti nei diversimacroelementi si può evidenziare l’inutilità di alcuni interventi:a) se il margine di miglioramento è modesto rispetto all’impatto dell’intervento

sulla conservazione;b) per l’eccessiva sicurezza fornita ad alcuni macroelementi rispetto agli altri.

3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

46

4 Punto 2.2 Direttiva.

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3.4 IL MIGLIORAMENTO SISMICO PER I BENI ARTISTICI DI INTERESSESTRATEGICO

Nel caso di manufatti di interesse storico artistico a carattere strategico (ad esempio,ospedali, scuole, caserme, etc.), l’adozione del miglioramento sismico in derogaall’adeguamento potrebbe comportare l’accettazione di livelli di rischio troppo ele-vati per le funzioni svolte all’interno dei fabbricati.A tale scopo la Direttiva esplicita che “al di sopra di un certo livello di rischio(vita nominale troppo breve), debba essere presa seriamente in considerazione lapossibilità di delocalizzare le funzioni rilevanti e/o strategiche”5.La condizione di rischio limite, tuttavia, non viene precisata e questo potrebbeporre in essere responsabilità non trascurabili per il progettista.

3.5 CONSIDERAZIONI SULLE MODELLAZIONI: VALUTAZIONE “ANTE” EVALUTAZIONE “POST” INTERVENTO

I manufatti architettonici appartenenti al patrimonio culturale, diversamente dallecostruzioni ordinarie, hanno peculiarità tali da rendere difficilmente codificabilistrategie univoche di modellazione.Tuttavia è comunque necessario calcolare i livelli delle azioni sismiche corrispon-denti al raggiungimento di ciascun stato limite previsto dalle NTC indicato alparagrafo 2.1.La valutazione, finalizzata a quantificare il livello di miglioramento conseguito conl’intervento sul manufatto, va effettuata prima e dopo l’intervento.In sostanza si tratta di determinare il cosiddetto indice di sicurezza sismico I

S,SL

per lo stato limite considerato (SL = SLV, SLD, SLA) nei due momenti afferentialle condizioni dello stato di fatto (prima dell’intervento) e quello relativo al progettod’intervento ovvero, conseguente alle opere previste sul sistema strutturale.6

Se le modellazioni strutturali codificate in letteratura e oggettivamente applicabiliper la valutazione degli indicatori di rischio dovessero trascurare il contributo dialcuni aspetti costruttivi e il progettista si rendesse conto che ciò risulta troppopenalizzanti, potrà quantificare tali effetti su base soggettiva dandone adeguatagiustificazione.

Si ribadisce inoltre che la Direttiva ritiene che il caso in cui l’intervento progettato“modifichi sostanzialmente il comportamento strutturale originario” è una “even-tualità assolutamente straordinaria in quanto in genere incompatibile con i principidella conservazione e che potrà essere accettata solo in presenza di situazioniparticolari. Possono essere, ad esempio, considerati tali il restauro conservativo ola reintegrazione di consistenti parti lacunose o instabili (come imposte di voltao muri pluristratificati), il cui mantenimento in sito sia unicamente consentito dal-

3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

47

5 Ibidem.6 Per la definizione dell’indicatore di rischio si veda il paragrafo successivo.

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l’inserimento di presidi che determinano modifiche significative del comportamentostrutturale complessivo della fabbrica o, ancora, la ricostruzione di porzioni ediliziescomparse che pongono particolari problemi di raccordo strutturale fra preesistenzee nuovo inserimento”. 7

3.6 INDICE DI SICUREZZA SISMICA

L’indice di sicurezza sismica è definito dal rapporto tra il periodo di ritorno T SL

dell’azione sismica che porta ad un generico stato limite (SL = SLV, SLD, SLA)ed il corrispondente periodo di ritorno di riferimento T 

 R,SLdi cui al paragrafo

2.7, relazione (2.4). In simboli si ha:

(3.1)

La (3.1) si coniuga, a seconda degli stati limite fissati dalla tabella 2.2 in:Per SLV:

(3.2)

Per SLD:

(3.3)

Per SLA:

(3.4)

Riferendosi, ad esempio, alla determinazione delle azioni sismiche con spettro dirisposta, in analisi lineari statiche o dinamiche come previste dalle NTC, dal puntodi vista della procedura di calcolo si tratta, dunque, in primo luogo, di individuarel’azione che porta al collasso un dato elemento della struttura in esame. Sia questo,tanto per fissare le idee, un maschio murario il cui collasso allo SLV avvenga

per un dato valore di azione sismica F come indicato nello schema di figura 3.1.Occorrerà risalire, attraverso l’inversa di una delle (2.6) e tenendo presente la(2.13):

η = 1/q,

al valore di S d,SLV 

che origina F . In simboli:

F  = F  (ag, F 

O, T*

C , q, S , T ) (3.5)

3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

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7 Punto 2.2 Direttiva.

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Figura 3.1: Schema di azione sismica F su un maschio murario

Con la (3.5) si vuole appunto indicare che la grandezza F  è funzione di ulterioriparametri che sono stati illustrati nel Capitolo 2. Pertanto la ricerca va condotta pertentativi in quanto occorre individuare la terna a

g, F O, T*

C necessaria al fine di

tracciare un diagramma di spettro di progetto per SLV tale da soddisfare la condizionelimite immediatamente precedente al collasso e, dunque, tale da generare F .Nella fattispecie, come è noto, occorrerà intercettare le ordinate di spettro mediantei valori dei periodi propri di vibrazione T della costruzione in esame.Ottenuta la terna di collasso, attraverso procedure di interpolazione logaritmica

richiamate in Appendice A.4, si risale al valore del periodo T  R,SLV .Quest’ultimo valore va rapportato, mediante la (3.2), al valore T 

 R,SLV . Tanto per

fissare le idee, potrebbe essere utilizzato quello ricavato nell’esempio 2.1, ovveroT 

 R,SLV = 233 anni. Il numero così ottenuto offre l’indice  I 

S,SLV ricercato.

È evidente che se

 I S,SLV 

> 1 (3.6)

significa che il maschio murario è in condizioni di sicurezza rispetto allo SLV.Viceversa, quanto più il valore si discosta dall’unità, tanto più critiche sono le

condizioni dell’elemento strutturale nei riguardi del livello di sicurezza assegnatoper SLV.Si badi che ciò non significa che l’elemento strutturale sta per collassare, masolo che risulta inadeguato a sopportare le condizioni probabilistiche delle azionisismiche nel periodo di riferimento assegnato.Quanto sopra indicato è mutuato dalle procedure di calcolo dell’analisi linearestatica o dinamica. La Direttiva, ma anche la stessa Circ. 617/09, individua altriprocedimenti idonei alla ricerca dei parametri necessari alla determinazione di I 

S,SL.8

3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

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8 Ad esempio le analisi cinematiche indicate nel capitolo 8 o il metodo semplificato LV1per ville e palazzi riportato nel capitolo 9.

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3.7 FATTORE DI ACCELERAZIONE E CORRELAZIONE CON L’INDICE DIRISCHIO

Oltre all’indice di sicurezza  I S,SL

, la Direttiva definisce anche il fattore di acce-lerazione  f 

a,SL. Si tratta del rapporto fra accelerazione al suolo aSL che porta al

raggiungimento di un particolare stato limite e l’accelerazione al suolo ag,SL

cor-rispondente al periodo di ritorno di riferimento. Entrambe sono riferite a suoloroccioso di tipo A (cfr. Tabella 2.3). In simboli si ha:

(3.7)

Anche la (3.7) è coniugabile nelle varie condizioni limite SLV, SLD e SLA:

(3.8)

(3.9)

(3.10)

In particolare, il valore di ag,SL

, è quello direttamente desumibile dall’allegato Bdelle NTC (cfr paragrafo 2.8 e figura 2.1) qualora ci si riferisca ai periodi diritorno T  R indicizzati (30, 50, 72, 101 etc). In alternativa, per periodi di ritornodiversi, non contenuti nella tabella di riferimento, occorre effettuare interpolazionilogaritmiche mediante la formulazione [2] dell’Allegato A del DM 14.01.08 (vediAppendice A.4).I risultati numerici desunti dal rapporto (3.7) non possono essere direttamentecomparati con quelli relativi agli indicatori di rischio valutati con la (3.1).Invero, nell’OPCM 3728/2008 e norme collegate, è stata proposta una correlazioneutilizzando la seguente espressione:

(3.11)

3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

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3.8 ITER PROCEDURALE DELLA VALUTAZIONE DI VULNERABILITÀSISMICA

La Direttiva propone ed illustra un iter procedurale che si basa su:

a) conoscenza del manufatto (percorso di conoscenza);b) modelli di valutazione della sicurezza (tipi di analisi);c) criteri di intervento per il miglioramento sismico.

Come espressamente dichiarato dalle linee guida, il documento si riferisce allesole costruzioni in muratura9. Il punto c) evidenzia quanto ribadisce più volte laDirettiva in merito alla “possibilità di derogare rispetto all’adeguamento”10. “Pos-sibilità” che, tuttavia, diventa ordinaria, nel senso che riguarda praticamente latotalità dei casi, salvo “eccezioni”.In sintesi essa riassume nel modo seguente una “possibile procedura in applicazioneai concetti espressi”:

I - Valutazione dell’indice di sicurezza sismica  I S,SL

nella situazione relativa allostato di fatto (funzionamento accertato). Fase in cui si terrà debitamente contoanche di valutazioni qualitative su situazioni di vulnerabilità riconosciute madifficilmente quantificabili.

II - Valutazione dell’indice di sicurezza sismica al quale il manufatto può essereportato con interventi compatibili con le esigenze di tutela:a) Se l’indice di sicurezza sismica raggiungibile, che tiene conto della peri-

colosità del sito, delle caratteristiche del manufatto e della sua destinazioned’uso, è maggiore o uguale a uno, l’intervento di miglioramento è pie-namente soddisfacente anche dal punto di vista della sicurezza, valutataattraverso un procedimento quantitativo;

b) Se l’indice di sicurezza sismica raggiungibile è inferiore a quello appli-cabile, e cioè minore di uno, ovvero sarebbero necessari interventi troppoinvasivi, il progettista può giustificare l’intervento ricorrendo anche a valu-tazioni qualitative, che dovranno essere tradotte in termini quantitativi,adeguatamente giustificati in una relazione esplicativa ad integrazione dellarelazione di calcolo.

Scendendo ad una esplicitazione maggiore dei procedimenti il punto 2.5 dellaDirettiva così recita:

Per la valutazione della sicurezza sismica ed il progetto degli interventi dimiglioramento dei beni culturali tutelati, è necessario:- Conseguire una adeguata conoscenza della struttura, che consenta

di individuare le caratteristiche degli elementi che determinano il com-

3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

51

9 Punto 1.1 della Direttiva.10 Punto 2.2 della Direttiva.

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3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

portamento strutturale. Essa può essere ottenuta con diversi livelli diapprofondimento, in funzione di criteri basati sull’accuratezza dei rilievie delle indagini storiche (cfr. punto C8A della Circolare 617/09), sul rico-noscimento dell’utilizzo di regole dell’arte, sull’individuazione del livello

e della tipologia di danneggiamento, sulla capacità di ricostruzione dellastoria del manufatto in relazione agli eventi sismici, ed eventualmentesui risultati di indagini sperimentali. Nel caso si prevedano prove anchesolo debolmente distruttive, si dovrà valutare l’impatto delle stesse sullaconservazione del manufatto, limitandosi a quelle effettivamente neces-sarie per lo svolgimento delle analisi; sulla base del livello di conoscenzaraggiunto sarà definito un opportuno fattore di confidenza, per graduareil livello di incertezza del modello.

- Adottare uno o più modelli meccanici della struttura o delle sueparti (macroelementi), in grado di descriverne la risposta sotto azionedinamica, e coerentemente scegliere uno o più metodi di analisi, in modo

tale da poter eseguire valutazioni con un livello di accuratezza adeguatoalle finalità dello studio; il modello dovrà essere, per quanto possibile,identificato e validato sulla base del comportamento già manifestato attra-verso gli stati di danneggiamento presenti, soprattutto se dovuti a feno-meni sismici. A questo proposito va sottolineato il fatto che il livello diconoscenza acquisito (ad esempio in termini di rilievo del quadro fes-surativo, dell’identificazione delle fasi di trasformazione, etc.) diventa ele-mento fondamentale sia per la scelta del modello meccanico che perla valutazione della sua affidabilità. Nel caso in cui il progettista dovessevalutare che non è possibile mettere in conto nella valutazione dellarisposta strutturale il contributo di alcuni aspetti costruttivi, la cui impor-

tanza è emersa a seguito della conoscenza storica e tecnologica delmanufatto, è possibile quantificare tale effetto su base soggettiva, giu-stificando ciò adeguatamente.

- Definire un livello di sicurezza sismica di riferimento, sulla base dellaclasse d’uso del manufatto.

- Valutare la vita nominale nello stato di fatto, considerando l’azionesismica per il sito sulla base delle più avanzate conoscenze sulla peri-colosità sismica; nella definizione di tale azione, tenendo anche contodi studi disponibili di microzonazione sismica, devono essere consideratii possibili effetti di risposta sismica locale, da valutare con specificheindagini e con i criteri indicati dalle Norme Tecniche per le Costruzioni.

- Progettare l’intervento di miglioramento sismico, tenendo presentela vulnerabilità nello stato di fatto, emersa dalla conoscenza diretta dellafabbrica (meccanismi di danno potenziali o già manifesti) e dall’analisisismica (valore della vita nominale), e la possibilità di consolidare il manu-fatto con interventi compatibili con la conservazione.

- Valutare la vita nominale nello stato di progetto, attraverso un modelloopportunamente modificato rispetto a quello usato per la verifica nellostato di fatto, eventualmente calibrato attraverso valutazioni qualitative.Nel caso in cui l’intervento modifichi sostanzialmente il comportamentooriginario, è ancor più necessario disporre di un modello meccanico atten-dibile, capace di rappresentare il comportamento del nuovo organismo

strutturale, in quanto non è più possibile fare affidamento su quanto

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3 - Aspetti generali e procedurali relativi alla valutazione sismica

accertato attraverso la conoscenza sul manufatto. Valori della vita nomi-nale inferiori a quelli previsti dalle NTC per le nuove costruzioni possonoessere accettati, coerentemente con i principi del miglioramento, sia neicasi in cui il modello meccanico risulti ampiamente a favore di sicurezza,

sia quando per aumentare la sicurezza del manufatto sarebbero necessariinterventi non compatibili con le esigenze di conservazione.- Adottare opportune regole di dettaglio nella realizzazione degli inter-

venti, volte ad assicurare la compatibilità dei nuovi elementi con quellioriginari, la durabilità dei materiali, la massima duttilità agli elementi strut-turali ed alla costruzione nel suo insieme.

3.9 INDICE DI SICUREZZA IN TERMINI DI VN

Eguagliando la (2.1) alla (2.4) si ottiene:

(3.12)

 la quale esprime la vita nominale corrispondente al periodo di ritorno T SL

cheporta al raggiungimento di un particolare stato limite in funzione della probabilitàP

VRdi essere superato.

Anche questa relazione offre una misura della sicurezza sismica di un fabbricato.

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4IL PERCORSO DELLA CONOSCENZA 

4.1 GENERALITÀ

Mai come nel caso di una ricognizione delle caratteristiche di un manufatto storicoè necessario appellarsi ad un bagaglio di conoscenze esteso.Di per se l’approccio multidisciplinare è insito nell’affrontare un  progetto archi-

tettonico - intendendo quest’ultima locuzione nell’accezione più generale dei signi-ficati ad essa attribuibili – e tuttavia, nel caso dei beni tutelati (o tutelabili), l’e-

spansione degli ambiti di conoscenza coinvolge varie discipline.Ad esempio non si può prescindere dalla conoscenza storica, sia intesa comericonoscimento di eventuali emergenze di valore artistico di una data costruzione(stucchi, decori, affreschi etc, - ma anche di per sé senza prendere in considerazioneelementi ornamentali), sia per quanto concerne le vicissitudini cronologiche a cuipotrebbe essere stata sottoposta (ampliamenti, abbattimenti, rifacimenti), sia rela-tivamente alle modalità tecniche con le quali è stata concepita in origine e magarisuccessivamente rimaneggiata (materiali, orditure murarie etc).La Direttiva riconduce il percorso della conoscenza alle seguenti attività:a) L’identificazione della costruzione, la sua localizzazione in relazione a par-

ticolari aree a rischio, ed il rapporto della stessa con il contesto urbano cir-costante. L’analisi consiste in un primo rilievo schematico del manufatto enell’identificazione di eventuali elementi di pregio (apparati decorativi fissi,beni artistici mobili) che possono condizionare il livello di rischio.

b) Il rilievo geometrico della costruzione nello stato attuale, inteso come completadescrizione stereometrica della fabbrica, compresi gli eventuali fenomeni fes-surativi e deformativi.

c) L’individuazione della evoluzione della fabbrica, intesa come sequenza dellefasi di trasformazione edilizia, dall’ipotetica configurazione originaria all’attuale.

d) L’individuazione degli elementi costituenti l’organismo resistente, nell’ac-

cezione materica e costruttiva, con una particolare attenzione rivolta alle tecnichedi realizzazione, ai dettagli costruttivi ed alla connessioni tra gli elementi;

e) L’identificazione dei materiali, del loro stato di degrado, delle loro proprietàmeccaniche.

f) La conoscenza del sottosuolo e delle strutture di fondazione, con riferimentoanche alle variazioni avvenute nel tempo ed ai relativi dissesti.

Al fine di una organizzazione omogenea territoriale le informazioni acquisitedovranno essere restituite secondo quanto previsto dal programma di monitoraggiodello stato di conservazione dei beni architettonici tutelati (Allegato A – vediAppendice A.3) che ha per obiettivo l’acquisizione di una conoscenza sistematica

del patrimonio culturale italiano.

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4.2 IDENTIFICAZIONE DELLA COSTRUZIONE

È la prima fase conoscitiva del manufatto relazionata alle parti A e B di cuiall’Allegato dell’Appendice A.3. Nondimeno, l’identificazione della costruzione,necessita di un approccio concernente anche un primo stadio di restituzione grafica,che può essere schematico, in cui si registrino i rapporti con il contesto.Nelle parole della Direttiva questa fase è così descritta:

Il primo passo della conoscenza consiste nella corretta e completa iden-tificazione dell’organismo e nella sua localizzazione sul territorio, al finedi individuare la sensibilità della fabbrica nei riguardi dei diversi rischi edin particolare di quello sismico. Questa fase dell’analisi comprende ancheun primo rilievo schematico del manufatto, od un semplice eidotipo, ingrado di descriverne la consistenza di massima e la localizzazione di even-

tuali elementi particolarmente sensibili al danneggiamento che, nel casodi perdita, porterebbero ad un danno irrimediabile al patrimonio culturale,condizionandone il livello di rischio. L’identificazione degli elementi di pregiodovrà essere utilizzata anche per l’individuazione di possibili zone di sacri-ficio ove realizzare eventuali indagini distruttive e localizzare eventuali inter-venti di rinforzo.In questa fase deve essere analizzato il rapporto del manufatto con l’intorno,attraverso la descrizione del Complesso Architettonico (CA), isolato o nonisolato, e la caratterizzazione dei rapporti spaziali e funzionali tra l’edificioed eventuali manufatti contermini. Lo studio del tessuto dovrà consentiredi ipotizzare la gerarchia costruttiva e le relazioni tra l’edificio ed il contesto.

In particolare partendo dal concetto di Complesso Architettonico (CA), costi-tuito dall’aggregazione di più corpi di fabbrica e definito spazialmente dallestrade che lo circoscrivono, si dovrà risalire ai Corpi di Fabbrica costituenti(CF), individuabili attraverso l’analisi dei prospetti visibili e l’articolazioneplano-altimetrica. L’indagine potrà essere efficacemente condotta medianteil ricorso a tecniche macrostratigrafiche.I risultati di questa fase di conoscenza potranno essere restituiti secondoi moduli A e B descritti in Allegato A.

4.3 CARATTERIZZAZIONE FUNZIONALE DELL’EDIFICIO E DEI SUOI SPAZI

Gli edifici di carattere storico, in ispecie quelli più datati, nel corso della lorovita generalmente hanno subito trasformazioni fisiche e/o funzionali.Ad esempio il caso della Basilica di San Nicola in Carcere a Roma è stata erettasu un primitivo impianto costituito da 3 templi di epoca classica: Giunone Sospita,Giano e Spes (III e II sec. PEV, figura 4.1).Successivamente, in epoca medievale, l’impianto dei colonnati più esterni fu “tam-ponato” per dare origine alle pareti perimetrali della Basilica. Nel fianco destroè ben visibile e riconoscibile il colonnato dell’originario Tempio di Giano nel cuiintercolumnio è stata realizzata una structura (o muro a concrezione) e contraffor-

tato mediante laterizi (parte destra della figura 4.2). Il colonnato perde dunque

4 - Il percorso della conoscenza

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la sua funzione originaria sia dal punto di vista della fruizione, sia dal punto divista statico. L’impianto viene dunque completamente trasformato e utilizzato comeparte della muratura perimetrale e di sostegno di un nuovo organismo architettonicocostituito dall’attuale chiesa, non solo, ma una parte del campanile si appoggia

sull’originario sistema.

Figura 4.1: I tre templi di età classica sui quali è stata edificatala Basilica di San Nicola in Carcere a Roma

Figura 4.2: Trasformazioni fisico-funzionali di edifici storici,la parte destra dalla Basilica di San Nicola in Carcere (foto dell’Autore)

4 - Il percorso della conoscenza

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Figura 4.3: Trasformazioni fisico-funzionali di edifici storici,la parte sinistra dalla Basilica di San Nicola in Carcere (foto Wikipedia)

Analoga situazione si riscontra nella parte opposta della Basilica (vedi figura 4.3).Le seguenti parole della Direttiva risultano, dunque, molto eloquenti per questoe molti altri casi analoghi:

La conoscenza dell’opera non può prescindere dall’analisi, anche storica,dell’evoluzione funzionale dell’edificio e delle sue articolazioni, finalizzataa riconoscere quali utilizzazioni si siano succedute nel tempo ed in qualiambienti. Il risultato di questa analisi porta infatti alla disponibilità di notizieutili per capire anche le ragioni delle modifiche strutturali e geometricheintervenute nel tempo, per motivare eventuali segni o notizie di dissesti,per progettare possibili utilizzazioni future compatibili con le caratteristichedell’edificio e con l’obiettivo della riduzione del rischio sismico.

4.4 RILIEVO GEOMETRICO

Il rilievo geometrico è un processo particolarmente delicato in quanto in essovanno riconosciuti, oltre ai caratteri meramente geometrici, quelli relativi alle emer-genze artistiche e quelli funzionali alla definizione del modello di calcolo. Perquesti motivi le operazioni vanno generalmente eseguite sotto l’occhio di un esperto.In particolar modo, per quanto concerne l’ottica intesa alla ricognizione degli aspetticaratterizzanti la definizione del comportamento statico, la fase è strettamente cor-relata a quella illustrata ai paragrafi precedenti e successivi, in quanto la conoscenza

della vita funzionale del manufatto può comportare una correlazione con eventualimodifiche subite nel tempo.

4 - Il percorso della conoscenza

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Nondimeno, assume fondamentale interesse il rilievo dello stato fessurativo, il qualepuò essere condotto anche con l’ausilio di metodologie di indagine assistita da appositastrumentazione (laser scanner, endoscopie, termografie etc.). Analogamente è utile laricognizione del quadro deformativo e di eventuali dissesti del sistema strutturale.

La Direttiva così illustra l’importanza del rilievo geometrico:

La conoscenza della geometria strutturale di organismi esistenti in muraturaderiva di regola da operazioni di rilievo. Il rilievo dovrà essere riferito siaalla geometria complessiva dell’organismo che a quella degli elementicostruttivi, comprendendo i rapporti con gli eventuali edifici in aderenza.La descrizione stereometrica della fabbrica comporta l’individuazione dellecaratteristiche plano-altimetriche degli elementi costitutivi. Pertanto, ad ognilivello, andranno rilevate la geometria di tutti gli elementi in muratura, dellevolte (spessore e profilo), dei solai e della copertura (tipologia e orditura),delle scale (tipologia strutturale), la localizzazione delle eventuali nicchie,cavità, aperture richiuse (con quali modalità), canne fumarie, elementi estra-nei inclusi e la tipologia delle fondazioni.La rappresentazione dei risultati del rilievo verrà effettuata attraverso piante,alzati e sezioni oltre che con particolari costruttivi di dettaglio. Completataquesta operazione, si procederà, all’interno del rilievo geometrico comples-sivo, alla identificazione dello schema strutturale resistente.Poiché il rilievo geometrico serve a definire la geometria del modello dautilizzare nell’analisi sismica, i suoi vincoli ed i carichi agenti, è opportunoverificare che tutte le informazioni necessarie siano state rilevate. In par-ticolare dovranno essere individuati i punti significativi per un modello dicalcolo, quali imposte degli orizzontamenti e dei sistemi archivoltati, entitàdell’appoggio degli stessi sulle murature d’ambito. Inoltre dovranno esserecompiutamente determinabili le masse degli elementi e i carichi gravantisu ogni elemento di parete.La descrizione dei rapporti tra elementi potrà avvalersi di tecniche di letturae restituzione proprie dell’analisi stratigrafica. La procedura potrà articolarsiin virtù delle caratteristiche tipologiche della fabbrica e del contesto territorialee urbano di appartenenza.Le difficoltà del rilievo geometrico sono legate all’accessibilità di alcuni spazi,quali sottotetti, volumi tra false volte o controsoffitti e coperture, oppureall’eccessiva altezza degli elementi, come nel caso di campanili, torri, voltein una navata; tuttavia, sono disponibili strumenti che consentono un rapidorilievo e una restituzione accurata anche nel caso di elementi complessi,e tecniche di indagine diretta (endoscopia) o indiretta (termografia, georadar,ecc.) per gli spazi non accessibili.La restituzione tridimensionale dell’organismo può essere complessa, maè certamente utile ai fini della modellazione. Il rilievo di stucchi, decorazionied elementi non strutturali, utile ai fini dell’individuazione delle caratteristichedei beni artistici, non deve ostacolare la precisa conoscenza della geometriadegli elementi architettonico-strutturali.Dovrà essere rilevato e rappresentato l’eventuale quadro fessurativo, inmodo tale da consentire l’individuazione delle cause e delle possibili evo-luzioni delle problematiche strutturali dell’organismo. Le lesioni saranno clas-sificate secondo la loro geometria (estensione, ampiezza) ed il loro cine-

4 - Il percorso della conoscenza

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matismo (distacco, rotazione, scorrimento, spostamento fuori dal piano).Successivamente, considerato che le fasi della conoscenza non sonosequenziali, potrà essere associato ad ogni lesione, o ad un insieme dilesioni, uno o più meccanismi di danno che siano compatibili con la geo-

metria dell’organismo e della sua fondazione, con le trasformazioni subite,con i materiali presenti, con gli eventi subiti. In maniera similare le defor-mazioni andranno classificate secondo la loro natura (evidenti fuori piombo,abbassamenti, rigonfiamenti, spanciamenti, depressioni nelle volte, ecc.) edassociate, se possibile, ai rispettivi meccanismi di danno.Il rilievo geometrico dovrà essere integrato dalla compilazione di modulischedografici denominati morfologici (modulo C in Allegato A – cfr. AppendiceA.3 – NdA), che consentano di individuare univocamente gli elementi resi-stenti e i relativi rapporti costruttivi.

4.5 ANALISI STORICA DEGLI INTERVENTI SUBITI

Anche per questa fase di indagine vale sostanzialmente quanto già portato in lucein relazione all’illustrazione degli aspetti afferenti ai precedenti paragrafi.Ad esempio un manufatto A che nel tempo ha subito un ampliamento B, comeschematizzato in figura 4.4, potrà porre in luce elementi di sicuro interesse nelleporzioni di contatto Z fra i due corpi di fabbrica.Di seguito si riporta una serie di quesiti, non esaustivi, che possono sorgere inoccasione di una analisi storica degli interventi che hanno comportato modifichesu un fabbricato.

• Come sono stati risolti gli ammorsamenti tra la parte originaria e l’ampliamento?• Come sono state realizzate eventuali aperture X di comunicazione fra le due

porzioni?• In quale misura queste hanno influito nel comportamento della porzione ori-

ginaria?• Dal punto di vista statico i due corpi di fabbrica possono essere considerati

due organismi autonomi o il loro comportamento è interconnesso?• La struttura nel suo insieme ha raggiunto nel frattempo una condizione di

assestamento definitivo o sono ancora in atto processi di interazione fra i dueelementi?

Figura 4.4: Analisi storica di interventi subiti

4 - Il percorso della conoscenza

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1 Lista dei principali cataloghi sismici per il territorio italiano:- Postpischl D. (1985), Catalogo dei terremoti italiani dall’anno 1000 al 1980 , ProgettoFinalizzato Geodinamica (PFG) del C.N.R.- Camassi R. e Stucchi M. (1997), NT4.1 - Un catalogo parametrico di terremoti di area 

italiana al di sopra della soglia del danno , Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti(GNDT), http://emidius.mi.ingv.it/NT/

- Monachesi G. e Stucchi M. (1997), DOM4.1 - un database di osservazioni macrosismiche 

di terremoti di area italiana al di sopra della soglia del danno , GNDT, Milano-Macerata,http://emidius.mi.ingv.it/DOM/home.html 

- Boschi E. et al. (1997), CFTI - Catalogo dei forti terremoti in Italia  (Versione 2 - dal461 a.C. al 1990), Istituto Nazionale di Geofisica (ING) / SGA storia geofisica ambiente(Bologna), http://storing.ingv.it/cft/ 

- Istituto Nazionale di Geofisica (ING) / Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti(GNDT) / Storia Geofisica Ambiente (SGA) / Servizio Sismico Nazionale (SSN), CPTI -Catalogo parametrico dei terremoti italiani , Edizione 1999- Gruppo di Lavoro per la redazione della mappa di pericolosità sismica (Ordinanza PCM

3274/03), Catalogo dei terremoti CPTI2 , Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia(INGV), 2004.

La Direttiva così esplica i contenuti sopra illustrati:

Ai fini di una corretta individuazione del sistema resistente e del suo statodi sollecitazione è importante la ricostruzione dell’intera storia costruttiva

del bene culturale tutelato, ossia del processo di costruzione e delle suc-cessive modificazioni nel tempo del manufatto. In particolare andrà eviden-ziata la successione realizzativa delle diverse porzioni di fabbrica, al finedi individuare le zone di possibile discontinuità e disomogeneità materiale,sia in pianta che in alzato (corpi aggiunti, sopraelevazioni, sostituzioni diorizzontamenti, ecc – vedi anche figure 4.2 e 4.3 – NdA).La storia dell’edificio può anche essere utilizzata come uno degli strumentidi controllo e verifica della risposta dell’edificio a particolari eventi naturalio antropici e delle eventuali conseguenti trasformazioni. Devono pertantoessere identificati gli eventi subiti, soprattutto quelli più significativi e trau-matici, ed i corrispondenti effetti, accertabili per via documentale (fonti scritte

o iconografiche) o tramite un rilievo analitico diretto del manufatto. Anchela storia della destinazione d’uso del bene può fornire indicazioni sulle azioniapplicate in passato.La conoscenza della risposta della costruzione ad un particolare eventotraumatico può consentire di identificare un modello qualitativo di compor-tamento, anche se devono essere tenute presenti le modifiche intercorsenella costruzione, in particolare proprio a seguito di quell’evento. Questaanalisi sarà la guida per la definizione dei meccanismi di danno maggior-mente critici e per la conseguente definizione di modelli di calcolo attendibili.Ai fini della comprensione del comportamento attuale e per la definizionedegli eventuali interventi di miglioramento sismico è importante individuare

la natura degli interventi di consolidamento già realizzati nel passato, laloro localizzazione e gli elementi strutturali coinvolti, il periodo di realizzazionee la verifica della loro efficacia nel tempo.La consultazione dei numerosi cataloghi sismici esistenti1 ed il reperimentodiretto dei documenti d’archivio relativi alla sismicità dei luoghi e ai dannisubiti dagli edifici costituisce una base di riferimento fondamentale. L’analisi

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dei cataloghi di sito permette, nei casi in cui si possa assumere una com-pletezza statistica del dato, di confrontare le azioni assunte a riferimentoper i diversi stati limite, desunte dalle mappe di pericolosità sismica, conla sismicità storica.

In alcuni casi può essere opportuno tenere presente la storia sismica nelgiudizio finale di valutazione della sicurezza sismica, considerando che l’in-tensità risentita contiene già al suo interno gli effetti locali. L’acquisizionedi dati relativi a danneggiamenti subiti dal manufatto in occasione di eventisismici pregressi, da mettere in relazione con l’azione sismica stessa, siconfigura come un metodo indispensabile per l’identificazione di porzioniod elementi particolarmente vulnerabili.Infine, la risposta del manufatto agli eventi sismici più recenti può essereutile per verificare l’efficacia degli interventi eseguiti nel passato.

4.6 RILIEVO MATERICO COSTRUTTIVO E STATO DI CONSERVAZIONE

Questa fase viene illustrata direttamente con le parole estratte dalla Direttiva:

Il rilievo materico costruttivo deve permettere di individuare completamentel’organismo resistente della fabbrica, tenendo anche presente la qualità elo stato di conservazione dei materiali e degli elementi costitutivi.Tale riconoscimento richiede l’acquisizione di informazioni spesso nascoste(sotto intonaco, dietro a controsoffitti, ecc.), che può essere eseguita graziea tecniche di indagine non distruttive di tipo indiretto (termografia, georadar,

tomografia sonica, ecc.) o ispezioni dirette debolmente distruttive (endoscopie,scrostamento di intonaci, saggi, piccoli scassi, ecc.). Un aspetto rilevanteè la scelta del numero, della tipologia e della localizzazione delle prove daeffettuare. Per una corretta conoscenza esse dovrebbero essere adottatein modo diffuso, ma per il loro eventuale impatto e per motivazioni econo-miche, esse andranno impiegate solo se ben motivate, ovvero se utili nellavalutazione e nel progetto dell’intervento. Al fine di limitare al massimo l’im-patto di queste indagini, oltre alla conoscenza delle vicende costruttive delmanufatto in esame, è fondamentale avere un’approfondita consapevolezzadelle caratteristiche costruttive dei manufatti nell’area e nei diversi periodistorici.

Speciale attenzione dovrà essere riservata alla valutazione della qualitàmuraria, tenendo conto dei modi di costruire tipici di quel territorio ed indi-viduando le caratteristiche geometriche e materiche dei singoli componenti,oltre che le modalità di assemblaggio. Di particolare importanza risultaessere:- la presenza di elementi trasversali (denominati diatoni), di collegamento

tra i paramenti murari; la forma, tipologia e dimensione degli elementi;- il riconoscimento di una disposizione regolare e pressoché orizzontale

dei corsi (o, in alternativa, la presenza di listature a passo regolare);- la buona tessitura, ottenuta tramite l’ingranamento degli elementi (numero

ed estensione dei contatti, presenza di scaglie) ed il regolare sfalsamento

dei giunti;- la natura delle malte ed il loro stato di conservazione.

4 - Il percorso della conoscenza

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La lettura di uno schema strutturale di funzionamento della fabbrica neces-sita di una conoscenza dei dettagli costruttivi e delle caratteristiche di col-legamento tra i diversi elementi:- tipologia della muratura (in mattoni, in pietra – squadrata, sbozzata, a

spacco, ciottoli - o mista; a paramento unico, a due o più paramenti)e caratteristiche costruttive (tessitura regolare o irregolare; con o senzacollegamenti trasversali, ecc.);

- qualità del collegamento tra pareti verticali (ammorsamento nei cantonalie nei martelli, catene, ecc.);

- qualità del collegamento tra orizzontamenti (solai, volte e coperture) epareti, con rilievo dell’eventuale presenza di cordoli di piano o di altridispositivi di collegamento (catene, ecc.);

- elementi di discontinuità determinati da cavedi, canne fumarie etc.- tipologia degli orizzontamenti (solai, volte, coperture), con particolare

riferimento alla loro rigidezza nel piano;

- tipologia ed efficienza degli architravi al di sopra delle aperture;- presenza di elementi strutturalmente efficienti atti ad equilibrare le spinteeventualmente presenti;

- presenza di elementi, anche non strutturali, ad elevata vulnerabilità.I risultati del rilievo materico costruttivo potranno essere articolati mediantela realizzazione di moduli schedografici (modulo D in Allegato A2), atti adescrivere i singoli elementi ed il relativo stato di conservazione. Il moduloschedografico si arricchirà delle informazioni sui rapporti tra elementi e,nel caso di aggregato urbano, delle relazioni con gli edifici contermini.

4.7 CARATTERIZZAZIONE MECCANICA DEI MATERIALI

La tematica relativa alla caratterizzazione meccanica dei materiali viene affrontatanel paragrafo 4.1.7 della Direttiva e successivamente ripresa nell’Allegato B3.

Il rilievo visivo ed alcune indagini possono consentire di giungere ad unabuona conoscenza e ad un giudizio sulla qualità dei materiali e del lorodegrado. Tuttavia, in alcuni casi la modellazione del comportamento strut-turale, specie nei riguardi dell’azione sismica, richiede la conoscenza diparametri meccanici di deformabilità e resistenza dei materiali, ed in par-

ticolare della muratura.Tecniche diagnostiche non distruttive di tipo indiretto, quali prove sonicheed ultrasoniche, consentono di valutare l’omogeneità dei parametri meccanicinelle diverse parti della costruzione, ma non forniscono stime quantitativeattendibili dei loro valori, in quanto essi vengono desunti dalla misura dialtre grandezze (ad esempio, la velocità di propagazione di onde di volu-me).4

4 - Il percorso della conoscenza

63

2 Vedi Appendice A.3.

3 Vedi Capitolo 6.

4 Per una panoramica sulla diagnostica si veda anche Marco Boscolo Bielo: Interventi su Edifici Esistenti , Legislazione Tecnica Editrice, Roma 2012.

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4 - Il percorso della conoscenza

64

La misura diretta dei parametri meccanici della muratura, in particolare diquelli di resistenza, non può essere eseguita, quindi, se non attraversoprove debolmente distruttive o distruttive, anche se su porzioni limitate. Lecalibrazioni di prove non distruttive con prove distruttive possono essere

utilizzate per ridurre l’invasività delle indagini di qualificazione.La caratterizzazione degli elementi costituenti (malta; mattoni o elementilapidei) può essere eseguita in sito o su campioni di piccole dimensioni,prelevati e successivamente analizzati in un laboratorio, di cui all’art. 59del DPR 380/20015. Per quanto riguarda le malte possono essere eseguite,tra le altre:a) prove sclerometriche e penetrometriche;b) analisi chimiche, su campioni prelevati in profondità in modo da non

essere soggetti al degrado superficiale, per la caratterizzazione dellamalta.

Sui mattoni, oltre a determinarne le caratteristiche fisiche, è possibile valutare

il modulo elastico e le resistenze a trazione e compressione attraversoprove meccaniche in laboratorio, di compressione e flessione. Per quantoriguarda gli elementi lapidei, possono essere eseguite una caratterizzazionelitologica.Le caratteristiche meccaniche della muratura possono essere desunte dalleproprietà degli elementi costituenti solo nel caso della muratura di mattonio di elementi naturali squadrati ed a tessitura regolare; in questo caso èpossibile fare riferimento alle indicazioni contenute nel punto 11.10 delleNTC o in altri documenti di riconosciuto valore scientifico e tecnico.6

Negli altri casi, è possibile far ricorso alle seguenti metodologie di provain sito:

1. per la determinazione del modulo di elasticità normale e della resistenzaa compressione:a) doppio martinetto piatto (tecnica debolmente distruttiva, in quanto ese-

guita su una porzione limitata di un paramento murario sottopostoad una sollecitazione massima corrispondente all’innesco della fes-surazione, da realizzare mediante l’esecuzione di tagli di piccole dimen-

5 Art. 59 DPR 380/01 - Laboratori1. Agli effetti del presente testo unico sono considerati laboratori ufficiali:

a) i laboratori degli istituti universitari dei politecnici e delle facoltà di ingegneria e

delle facoltà o istituti universitari di architettura;b) il laboratorio di scienza delle costruzioni del centro studi ed esperienze dei serviziantincendi e di protezione civile (Roma);b-bis) il laboratorio dell’Istituto sperimentale di rete ferroviaria italiana spa;b-ter) il Centro sperimentale dell’Ente nazionale per le strade (ANAS) di Cesano (Roma),autorizzando lo stesso ad effettuare prove di crash test per le barriere metalliche.

2. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare, con proprio decreto, aisensi del presente capo, altri laboratori ad effettuare:a) prove sui materiali da costruzione;b) (soppressa) ;c) prove di laboratorio su terre e rocce.

3. L’attività dei laboratori, ai fini del presente capo, è servizio di pubblica utilità.

6 Si veda anche Capitolo 3 di Marco Boscolo Bielo: Costruzioni antisismiche in muratura ordinaria o armata , Legislazione Tecnica Editrice, Roma 2011.

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sioni, preferibilmente eseguiti nei giunti di malta e quindi facilmenteripristinabili);

b) prova a compressione su un pannello murario (molto invasiva, in quantocoinvolge una porzione rilevante di muratura, dell’ordine del metro, e

richiede l’esecuzione di tagli di notevoli dimensioni per l’alloggiamentodei martinetti e spesso di onerose strutture di contrasto). La prova ditipo b) va limitata ai soli casi in cui le altre metodologie di indaginenon forniscano valutazioni sufficientemente attendibili o quando sianodisponibili murature di sacrificio;

2. per la determinazione della resistenza e del modulo a taglio sono gene-ralmente utilizzabili prove su pannelli per le quali valgono le considerazioniriportate nel paragrafo precedente, secondo due modaltà:a) prova di compressione diagonale, su un pannello quadrato;b) prova di compressione e taglio, su un pannello rettangolare di altezza

doppia rispetto alla larghezza. Entrambe queste prove hanno carattere

fortemente invasivo.È evidente che, dato il carattere distruttivo delle succitate prove, esse andran-no impiegate solo se ben motivate e giustificate non solo dall’uso dei relativirisultati nella modellazione della struttura, ma anche dal fatto di essere discri-minanti nei confronti della valutazione o della scelta dell’intervento. Nell’in-dividuazione di possibili zone di sacrificio ove realizzare eventuali analisidistruttive si potrà tener conto degli esiti della ricerca storica, dello stato diconservazione dei materiali e del rilievo delle superfici di pregio. Il numerodi prove che si potrà eseguire su materiale omogeneo sarà generalmentemolto limitato, e non consentirà una trattazione statistica dei risultati signi-ficativa in relazione a procedure formali di verifica della sicurezza basate

su metodi probabilistici o semi-probabilistici. La programmazione delle indaginie la interpretazione dei risultati va pertanto inquadrata in procedure di carat-tere più complessivo, nelle quali possa assumere significato anche l’impiegodi un solo dato sperimentale. L’identificazione delle caratteristiche meccanichepotrà anche essere ottenuta per analogia con murature simili, tenendo conto,per quanto possibile, anche dei fenomeni di degrado. A tale scopo è auspi-cabile che gli enti territoriali di tutela e controllo istituiscano degli archivipermanenti contenenti:a) almanacchi delle diverse tipologie murarie presenti, nel corso del tempo,

nell’area in esame;b) tabelle con valori di riferimento delle proprietà meccaniche, desunti da

sperimentazioni organizzate dagli stessi enti e/o utilizzando campagneeseguite per singoli interventi e studi. I dati acquisiti nella campagna diindagine andranno restituiti in modo tale da consentire, in tempi relati-vamente brevi, la creazione di una banca dati accessibile attraverso ilprogramma di monitoraggio dello stato di conservazione dei beni archi-tettonici tutelati (Allegato A).

In assenza degli archivi di cui sopra si potrà far riferimento, per ogni tipologiamuraria, ai valori medi dei parametri meccanici definiti nelle Tabelle C8A.2.1e C8A.2.2 dell’Appendice C8A alla Circolare (riportate di seguito, NdA).

L’utilizzo delle tabelle suindicate (che in questo testo si riportano al capitolo 6,tabelle 6.1 e 6.2) è estremamente utile nel livello di indagine a scala territoriale

4 - Il percorso della conoscenza

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7 Cfr. paragrafo 3.2.

66

4 - Il percorso della conoscenza

LV17, laddove nell’ottica dell’adozione di procedure di calcolo semplificate con-sentono una certa affidabilità dei risultati, semprechè vi sia un uso consapevoledi tali grandezze da parte di tecnici esperti. In tal modo si risparmia l’esecuzionedi indagini invasive e, magari, costose, in una fase in cui l’approssimazione del

modello di calcolo non giustifica un’affinità di conoscenza più spinta sui materiali.

4.8 ASPETTI GEOTECNICI

L’accertamento del tipo e della consistenza del sistema di fondazione, uni-tamente alla caratterizzazione geotecnica del terreno compreso nel volumesignificativo di sottosuolo, costituiscono elementi necessari alla valutazionedell’azione sismica e dei suoi effetti sulla costruzione.Tutte le indagini e gli accertamenti dovrebbero essere preceduti da un accu-

rato studio della documentazione disponibile per la costruzione in esame,riguardante la sua storia passata e recente.Alla luce di questi studi preventivi, è possibile predisporre un piano d’indagineper accertare forma, dimensioni e materiali costituenti le strutture di fon-dazione. Tra le possibili indagini, saranno preferiti i controlli non distruttivi,quali le prove geofisiche e tomografiche, da effettuare anche dopo l’ese-cuzione di pozzetti e trincee esplorative per mettere a luce le fondazionied evidenziarne i piani d’imposta. Se necessario, potranno essere eseguiteperforazioni a carotaggio continuo, variamente orientate, tali da raggiungerei piani di fondazione e intestarsi adeguatamente nel sottosuolo. I fori disondaggio potranno essere efficacemente impiegati per video ispezioni e

per prove geofisiche.Particolare attenzione andrà posta alla presenza o meno di un substratoarcheologico, per il ruolo fondamentale che tale substrato può avere nel-l’alterare la risposta sismica della struttura e nel limitare le possibili tipologiedi intervento su fondazioni e terreni.Le indagini geotecniche devono permettere la caratterizzazione fisico-mec-canica dei terreni di fondazione, tramite prove in sito e di laboratorio, fina-lizzata all’individuazione di modelli geotecnici adatti alle analisi di rispostasismica locale e d’interazione dinamica terreno-struttura. Le indagini geo-tecniche devono anche essere finalizzate allo studio della stabilità del sitoin cui ricade la costruzione in esame, con particolare riguardo ai fenomeni

d’instabilità dei versanti e di liquefazione dei terreni. Le metodologie d’in-dagine e la caratterizzazione geotecnica devono essere coerenti con i principigenerali della progettazione geotecnica indicati nel Cap. 6 e nel punto 7.11delle Norme Tecniche per le Costruzioni.

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5FATTORI DI CONFIDENZA 

5.1 GENERALITÀ

I fattori di confidenza, individuati con sigla F C , sono stati introdotti nella Circolare617/09 per le analisi da condurre negli edifici esistenti1 come coefficienti numericial fine di tener conto del maggiore o minore livello di approfondimento nellafase relativa alla conoscenza del manufatto (rilievi, indagini etc.). In tal senso,

più generica è la fase delle indagini preliminari, maggiore è il valore da attribuirea F C  e viceversa.La direttiva ha ripreso l’utilizzo di questi coefficienti secondo gli stessi principigiustificativi: in principal modo, quindi, in funzione dell’attendibilità del modellodi analisi preso in considerazione dal progettista. Conseguentemente l’attribuzionedel valore numerico è relativo al livello di conoscenza.In generale, secondo la Circolare 617/09, F C  varierebbe anche in funzione deltipo di materiale strutturale: laterizio, calcestruzzo armato, acciaio e legno, anchese quest’ultimo non è esplicitamente contemplato all’interno dell’Appendice C8.Adella medesima.Si segnala che mentre al punto 1.1 la Direttiva sostiene di riferirsi alle sole costru-zioni in muratura, al punto 4.2 richiama il fatto che nel caso di presenza di diversimateriali strutturali ci si può riferire a quello maggiormente influente al fine delladeterminazione della sicurezza.

5.2 UTILIZZO PER LA DETERMINAZIONE DELLE RESISTENZE

Il primo utilizzo che si può fare dei fattori di confidenza è quello di introdurlinella determinazione dei parametri meccanici dei materiali della struttura, ovvero

delle murature, così da “ridurre i valori medi di resistenza per ricavare i valorida adottare, nel progetto o nella verifica, e da ulteriormente ridurre, quando previsto,mediante i coefficienti parziali di sicurezza”2.In simboli:

(5.1)

67

1 In particolare al paragrafo C8.2 e nell’Appendice C8.A.2 Paragrafo C8.2 Circ. 617/09.

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5.4 ASSEGNAZIONE DEI VALORI NUMERICI

Per la determinazione del fattore di confidenza F C  la Direttiva indica una proceduramediante la quale il valore numerico è ottenuto come somma di 4 “fattori diconfidenza parziali” F Ck  riportati in tabella 5.1.6

Tabella 5.1: Valori dei coefficienti parziali di confidenza in funzione dei

livelli di approfondimento delle indagini sui diversi aspetti della conoscenza

1)

Rilievo

geometrico

rilievo geometrico completo F C1

= 0.05

rilievo geometrico completo, con restituzione grafica dei quadri

fessurativi e deformativiF 

C1= 0

2)

Identificazione

delle

specificità

storiche e

costruttive

della fabbrica

restituzione ipotetica delle fasi costruttive basata su un limitato

rilievo materico e degli elementi costruttivi associato alla

comprensione delle vicende di trasformazione (indagini

documentarie e tematiche)

F C2 

= 0.12

restituzione parziale delle fasi costruttive e interpretazione del

comportamento strutturale fondate su: a) limitato rilievo

materico e degli elementi costruttivi associato alla

comprensione e alla verifica delle vicende di trasformazione

(indagini documentarie e tematiche, verifica diagnostica delle

ipotesi storiografiche); b) esteso rilievo materico e degli

elementi costruttivi associato alla comprensione delle vicende

di trasformazione (indagini documentarie e tematiche)

F C2 

= 0.06

restituzione completa delle fasi costruttive e interpretazione del

comportamento strutturale fondate su un esaustivo rilievo

materico e degli elementi costruttivi associato alla

comprensione delle vicende di trasformazione (indagini

documentarie e tematiche, eventuali indagini diagnostiche)

F C2  = 0

3)

Proprietà

meccaniche

dei materiali

parametri meccanici desunti da dati già disponibili F C3 

= 0.12

limitate indagini sui parametri meccanici dei materiali F C3 

= 0.06

estese indagini sui parametri meccanici dei materiali F C3 

= 0

4)

Terreno e

fondazioni

limitate indagini sul terreno e le fondazioni, in assenza di dati

geotecnici e disponibilità d’informazioni sulle fondazioniF 

C4 = 0.06

disponibilità di dati geotecnici e sulle strutture fondazionali;

limitate indagini sul terreno e le fondazioniF 

C4 = 0.03

estese o esaustive indagini sul terreno e le fondazioni F C4 

= 0

5 - Fattori di confidenza

69

6 La Direttiva individua i coefficienti parziali di confidenza con il simbolo F Ck , in cui il pedice

k  rappresenta la variabile all’interno della sommatoria della relazione (5.1). La scelta è

un po’ infelice in quanto generalmente con il pedice k si indicano grandezze caratteristiche,

preferendo il pedice i per le variabili di sommatoria tipo:

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In simboli si ha:

(5.3)

I valori dei fattori parziali di confidenza sono associati a 4 categorie di indagineed ai relativi livelli di conoscenza raggiunti.Le 4 categorie di indagine sono afferenti ai seguenti aspetti:

1) Rilievo geometrico;2) Identificazione delle specificità storiche e costruttive della fabbrica;3) Proprietà meccaniche dei materiali;4) Terreno e fondazioni.

Fermo restando il fatto che il rilievo geometrico debba essere sviluppato coeren-temente con le esigenze del modello geometrico adottato nelle valutazioni analitichee/o qualitative, si nota che nel caso si restituisca graficamente il quadro fessurativo

e deformativo, il contributo in termini di “sicurezza” di F C1 è nullo. Si ritiene chela locuzione “con restituzione grafica dei quadri fessurativi” proposta in tabella debbaintendersi non come mero fatto grafico, ma approfonditamente diagnosticato.Per quanto attiene al cosiddetto rilievo materico che compare nelle categorie diindagine di tipo b), la Direttiva esemplifica, in modo non esaustivo, il riferimentoa: tipologia e tessitura delle murature, tipologia ed orditura dei solai, strutturae riempimento delle volte, dettagli costruttivi (ammorsamenti murari, eventualiindebolimenti, entità e tipologia di appoggio degli orizzontamenti, dispositivi dicontenimento delle spinte, degrado dei materiali etc.). Inoltre il rilievo matericodovrà tendere, compatibilmente con le esigenze di tutela del bene, ad accertare

le diverse tipologie costruttive presenti, la loro localizzazione e ripetitività, con particolare attenzione a tutti gli aspetti che possono influenzare l’innesco di mec-canismi di collasso locale.Per quanto concerne l’analisi delle fasi costruttive dovrà essere espressa attraversospecifici elaborati grafici che consentano di relazionare le diverse componentidell’edificio con le relative epoche costruttive. Tali successioni edilizie, ipotizzate,

 parziali o esaustive, dovranno comunque essere accompagnate da sintetiche argo-mentazioni che giustifichino la ricostruzione storiografica proposta (ad esempiodesunte dalla documentazione storica disponibile, dal risultato di mirate indaginidiagnostiche, da letture tematiche rivolte alla geometria e/o alla metrologia della

 fabbrica, da analisi delle murature, da indagini stratigrafiche, da considerazionicomparative ecc.). Questi ultimi aspetti sono direttamente relazionati alla successivafase 3) che riguarda le proprietà dei materiali. Ad ogni modo, anche per le categoriedi indagine di tipo b) è prevista la fattispecie più completa che può dar adito uncontributo nullo in termini di F C2.Come si è accennato in precedenza, in presenza di diversi materiali strutturali illivello di approfondimento ed il conseguente fattore di confidenza F C3 potrannoessere riferiti al materiale o ai materiali maggiormente influenti sulla determinazionedell’indice di sicurezza.Nel caso in cui l’analisi sismica sia basata sulla valutazione distinta di diversi

meccanismi locali potranno essere utilizzati livelli di conoscenza e fattori parziali

5 - Fattori di confidenza

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di confidenza relativi a ciascuna porzione modellata.Gli aspetti che riguardano il terreno e le fondazioni possono essere più o menoinfluenti ai fini delle analisi sismiche.Ad esempio nel caso in cui si conduca una analisi locale relativa al ribaltamento

di un maschio murario perimetrale supposto appoggiato a terra (vedi figura 5.1),le caratteristiche del terreno non hanno influenza diretta nella valutazione del cine-matismo e, pertanto, si può porre F C4 = 0.7

Figura 5.1: Ribaltamento laterale conseguente alla spinta.

Ipotesi in cui la condizione dell’apparato fondale non influisca sul cinematismo

Quando, invece, i parametri relativi al terreno e le caratteristiche fondali assumonocarattere significativo nelle analisi, la Direttiva distingue fra:1) aspetti legati alla definizione della categoria di suolo, coinvolta nella definizione

dell’input sismico;2) aspetti legati alla trasmissione delle azioni dalla struttura al suolo.In ultima analisi si tratta, dunque, di attribuire una categoria di sottosuolo traquelle previste nel DM 14.01.08 (A, B, C, D) che si riassumono in tabella 5.2.8

5 - Fattori di confidenza

71

7 Punto 4.2 della Direttiva: “Per valutazioni a carattere locale in cui le informazioni sul 

terreno e le fondazioni non hanno alcuna relazione sullo specifico meccanismo di collasso,

il fattore di confidenza parziale FC4

può essere assunto pari a 0” .

8 Per un maggiore approfondimento della problematica si rimanda al punto 3.2.2 del DM14.01.08.

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Tabella 5.2: Categorie di sottosuolo secondo DM 14.01.08

In una nota la Direttiva9 offre alcune indicazioni supplementari che, in riferimento

ai suindicati aspetti, si riportano di seguito:Per i primi (coefficiente stratigrafico Ss), in assenza di informazioni relative,

le indagini dovranno essenzialmente tendere ad escludere la presenza di

suoli tipo S1-S2 (cfr. tabella 5.3 – NdA) e, se ritenuto decisivo in termini

di scelte progettuali e/o funzionali (eventuali cambi di destinazione d’uso),

definire la macro-categoria di appartenenza (A, B-C-E, D).

Per le seconde (coefficiente topografico ST), le indagini potranno, in generale,

essere omesse qualora, su responsabile o motivato giudizio del tecnico ed

in relazione alle caratteristiche dei terreni, siano contemporaneamente veri-

ficate le seguenti circostanze:

- nella costruzione non siano presenti dissesti attribuibili a cedimenti dellefondazioni;

- gli interventi non comportino alterazioni dello schema strutturale della

costruzione sostanziali per la trasmissione delle sollecitazioni al terreno,

né rilevanti modificazioni dei pesi e dei sovraccarichi;

- non siano in atto modificazioni sensibili dell’assetto idrogeologico della

zona che possano influenzare la stabilità delle fondazioni.

In caso contrario, le indagini saranno limitate a valutare i parametri che

influenzano la circostanza non verificata.

Categoria Descrizione

A

Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs,30

supe-

riori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione,

con spessore massimo pari a 3 m.

B

Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana 

fina molto consistenti  con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale

miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30

compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT,30

> 50 nei terreni a grana grossa e

cu,30

> 250 kPa nei terreni a grana fina).

C

Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina 

mediamente consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale

miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30

compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < NSPT,30

< 50 nei terreni a grana

grossa e 70 < cu,30

< 250 kPa nei terreni a grana fina).

D

Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fina 

scarsamente consistenti , con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un gradualemiglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di V

s,30

inferiori a 180 m/s (ovvero NSPT,30

< 15 nei terreni a grana grossa e cu,30

< 70 kPa

nei teneni a grana fina).

ETerreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m , posti sul

substrato di riferimento (con Vs

> 800 m/s).

5 - Fattori di confidenza

72

9 Trattasi della nota numero 11.

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Tabella 5.3: Categorie di sottosuolo aggiuntive secondo DM 14.01.08

In definitiva, stando alla (5.3) e indicazioni correlate, i valori estremi di F C  varianoda:

F C min = 1 (5.4)

F C max = 1 + (F C 1 + F C 2 + F C 3 + F C 4) = (5.5)

= 1 +(0,05 + 0,12 + 0,12 + 0,06) = 1,35

Categoria Descrizione

S1

Depositi di terreni caratterizzati da valori di Vs,30

inferiori a 100 m/s (ovvero 10 <

cu,30

< 20 kPa), che includono uno strato di almeno 8 m di terreni a grana fina di

bassa consistenza, oppure che includono almeno 3 m di torba o di argille altamente

organiche.

S2Depositi di terreni suscettibili di liquefazione, di argille sensitive o qualsiasi altra

categoria di sottosuolo non classificabili nei tipi precedenti.

5 - Fattori di confidenza

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6LE MURATURE

6.1 ETEROGENEITÀ COSTITUTIVE

Nell’accezione generale del concetto di muratura convergono un’infinita eteroge-neità di condizioni, tali da rendere molto articolato qualsiasi tentativo di classi-ficazione. Se poi vi si aggiungono le caratterizzazioni storiche l’impresa potrebbesembrare addirittura impossibile.

Non è infrequente che anche un semplice paramento murario sia per se stessocomposto da una molteplicità di tipologie di elementi. Nella figura 6.1 viene pre-sentato un caso esemplificativo - peraltro non ascrivibile ad un edificio di carat-teristiche tali da essere considerato una “emergenza artistica” - in cui sono staticlassificati 4 tipi di laterizio (C, D, E, F), 1 di blocchi in calcestruzzo (A) e,infine, il caso di paramento murario in sassi intervallato (listato) da strati orizzontalidi laterizio pieno (B). Inoltre, a queste eterogeneità, andrebbero sommate quellederivanti dall’utilizzo di differenti leganti.Un caso più significativo dal punto di vista dei beni tutelati è rappresentato nellefigure 4.2 e 4.3 ma, mentre in quello si tratta di interventi eseguiti in epoche diverse,qua la situazione si presenta, invece, cronologicamente simultanea, nel senso chela costruzione appare originariamente edificata con queste caratteristiche.

Figura 6.1: Eterogeneità di tipologie di elementi nei paramenti murari (foto dell’Autore)

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È evidente che, in tali circostanze, una caratterizzazione puntuale del modello dicalcolo, ad esempio schematizzando i paramenti con elementi finiti, potrebbe rap-presentare significative difficoltà e, probabilmente, una illusoria conquista di pre-cisione.

Se pensiamo, ad esempio, all’attribuzione di un parametro come il modulo elasticoE, che spesso è fondamentale per eseguire certi tipi di analisi: quale potrebbeessere nei casi testè illustrati?Situazioni del genere sono molto diffuse nel contesto dei nostri centri storici, adesempio nel caso degli “aggregati”, ma anche in fabbriche isolate.

6.2 CARATTERISTICHE FONDAMENTALI

L’allegato B della Direttiva 09.02.2011 raccoglie una serie di considerazioni peruna generale comprensione del “fenomeno muratura” che si ritiene utile riportaredi seguito nelle sue linee più significative compendiate da alcune aggiunte edesemplificazioni.Come è noto la muratura è un materiale composito costituito dall’assemblaggiodi elementi, che possono essere naturali (pietre erratiche, a spacco, sbozzate osquadrate) o artificiali (laterizi).Le variabili caratteristiche sono (figura 6.2):- il materiale costituente gli elementi (pietra, laterizio, terra cruda, sassi etc);- il legante (malta, calce, miscele varie);- le dimensioni e la forma degli elementi;- la tecnica di assemblaggio (a secco o con giunti di malta);- la tessitura, ovvero la disposizione geometrica degli elementi nel paramento

murario;- ulteriori dettagli (listatura, uso di scaglie, ecc.).Spesso, inoltre, la porzione “a vista” della muratura non costituisce la porzioneresistente ma solo un rivestimento (figura 6.3).La risposta meccanica di queste tipologie composite dipende da tutte queste varia-bili. Gli elementi hanno in genere un comportamento elasto-fragile, con una resi-stenza a trazione minore rispetto a quella a compressione, ma comunque signifi-cativa. La malta presenta un comportamento elasto-fragile in trazione, con resistenzamolto inferiore a quella degli elementi ed, in assoluto, molto bassa; in compressionee taglio il suo comportamento è duttile e fortemente non lineare. La risposta mec-canica dei giunti è fortemente influenzata dall’attrito e presenta forti non linearità.Le caratteristiche meccaniche della muratura dipendono non solo dai parametri diresistenza e deformabilità dei materiali costituenti, ma anche dai loro valori relativi(in particolare, i diversi moduli elastici degli elementi e della malta).Nella muratura gli elementi sono disposti per strati successivi, in genere ad anda-mento orizzontale; ciò determina la formazione di giunti principali continui e digiunti secondari, al contatto tra due elementi adiacenti, discontinui in quanto oppor-tunamente sfalsati (ingranamento).

6 - Le murature

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Figura 6.2: Alcuni esempi di composizione di paramenti murari.

Pietra greggia: a) con spalle di mattoni; b) con spalla in pietra da

taglio; c) con frontali grossi; d) con legamenti trasversali (diatoni);

e) con ricorsi squadrati. Laterizio in diverse disposizioni e corsi: f),

g), h), i), l), m)

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Figura 6.3: Rivestimento lapideo esterno al paramento murario

ammorsato con zincatura metallica

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L’orientamento dei giunti principali è in genere ortogonale alle sollecitazioni dicompressione prevalenti, al fine di ottimizzare il comportamento della muraturasotto carichi di esercizio. Tuttavia, i giunti principali diventano potenziali pianidi discontinuità, con conseguenze sulla resistenza del solido murario, in presenza

di sollecitazioni di trazione e taglio dovute all’azione sismica. In questi casi l’attrito,generato sui giunti dalle tensioni normali di compressione associate alle forzeinerziali, contribuisce alla resistenza ed alla dissipazione.L’ingranamento nel piano della muratura influisce sul comportamento a taglio; ingenerale, esso è funzione del rapporto medio tra la base e l’altezza degli elementie dei criteri di sfalsamento dei giunti secondari. Se si considera lo schema difigura 6.4, la resistenza allo sgranamento, spesso anche indicata come  pseudoresistenza a trazione, viene misurata sull’altezza H. Detto n = H / z il numerodegli elementi presenti in H, l’azione di sgranamento T è proporzionale alla lun-ghezza b degli elementi, all’azione di compressione N sulla muratura e inversamente

proporzionale a z.È evidente, dunque, che tale resistenza è fortemente dipendente dalla tessituramuraria ed è fondamentale per valutare la capacità degli ammorsamenti negli incrocimurari al fine del controventamento degli stessi e/o della relativa modellazione.La costituzione della muratura nella sezione influenza la resistenza a compressionee il comportamento fuori dal piano; nel caso di murature a due o più paramenti,è significativa la presenza di elementi passanti che creino una connessione tra idue paramenti esterni (diatoni – cfr. figura 6.2d).La risposta sismica di una struttura in muratura non dipende unicamente dal mate-riale impiegato, ma anche da diversi aspetti tecnologici, ed in particolare dai col-

legamenti tra gli elementi strutturali.Le costruzioni storiche in muratura, infatti, sono generalmente costituite da sistemipiù o meno complessi di pareti e orizzontamenti (solai lignei, volte). Le paretipossono essere considerate come elementi strutturali bidimensionali, che per lascarsa resistenza a trazione della muratura presentano una risposta molto diversaad azioni orizzontali nel piano e fuori dal piano. La qualità della risposta globaleè funzione sia del corretto dimensionamento delle pareti sia della capacità del

Figura 6.4: resistenza allo sgranamento

6 - Le murature

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sistema di trasferire le azioni tra tali elementi (connessione tra le pareti verticali;connessione dei solai alle pareti). L’efficacia dei collegamenti tra pareti verticaliè principalmente legata all’ammorsamento nelle zone di connessione; inoltre, uncontributo significativo può derivare dalla presenza di catene metalliche o di altri

dispositivi puntuali. L’efficacia dei collegamenti tra le pareti e i solai è funzionedel sistema di appoggio (dimensione della superficie d’appoggio, sagomatura dellatesta delle travi, connessioni metalliche).

6.3 MODELLAZIONE STRUTTURALE

Per quanto concerne la modellazione e la verifica delle strutture storiche in muraturail problema risulta complesso per la difficoltà di considerare adeguatamente lageometria, i materiali e le condizioni di vincolo interno. A tutto questo si aggiungel’evolversi delle vicende storiche attraverso le quali si è formata e trasformata lacostruzione; inoltre, spesso questa è inserita in agglomerati urbani complessi, neiquali è difficile distinguere edifici isolati o unità costruttive strutturalmente auto-nome. Questo rende problematica la scelta della scala della modellazione ed, inoltre,la definizione dei confini spaziali e dei vincoli della struttura.Il riconoscimento della struttura all’interno della costruzione è particolarmente dif-ficoltoso, in quanto dipende, oltre che dalla sua storia costruttiva, dai carichi appli-cati e dagli stati di danneggiamento presenti. Quindi, per la definizione di modellistrutturali è spesso necessario disporre di legami costitutivi che considerino il com-portamento fortemente non lineare della muratura.La modellazione strutturale di una costruzione storica in muratura richiede sempreun’approfondita conoscenza (indagine storica, rilievo strutturale e tecnologico, inda-gini diagnostiche), al fine di scegliere:- la scala spaziale, ovvero quale parte della costruzione è opportuno modellare;- lo schema strutturale, che se possibile deve essere riconosciuto o verificato

dalle vicende passate;- il tipo di analisi, condizionato dallo schema strutturale ma anche dalle finalità

dell’analisi stessa.La scelta della scala della modellazione è condizionata da diversi fattori. Nelcaso di una costruzione inserita in un contesto di aggregato urbano, sarebbe neces-sario considerare questo integralmente, ma spesso ciò è improponibile, sia per ladifficoltà di accedere e conoscere le parti adiacenti, sia per la complessità e glioneri computazionali.Nella definizione dello schema strutturale è opportuno considerare i seguenti fattori:la geometria della struttura; l’interazione tra struttura ed ambiente; le fasi di costru-zione e trasformazione; il danneggiamento.

 L’analisi della geometria tridimensionale della struttura è finalizzata ad individuarepossibili simmetrie o direzioni significative per il suo comportamento globale. Inbase a queste osservazioni, infatti, spesso la struttura può essere notevolmentesemplificata e i suoi gradi di libertà ridotti.Spesso è possibile scegliere sezioni significative della struttura rispetto alle quali

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6 - Le murature

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svolgere un’analisi piana (ad esempio: la sezione trasversale della navata di una chiesa).Nel caso di strutture simmetriche, nelle quali si valuti una condizione simmetrica dicarico, è possibile modellare solo una parte della costruzione, pur di assegnare oppor-tune condizioni di vincolo (ad esempio: analisi di metà struttura, nel caso di un

sistema arco-piedritto, o di uno spicchio di cupola, grazie alla sua assialsimmetria).L’interazione tra la struttura e l’ambiente è fondamentale nelle costruzioni storichecaratterizzate da un grande rigidezza e massa (per esempio archi trionfali); in questicasi può risultare determinante considerare la deformabilità del terreno di fondazione,anche se di ottime caratteristiche, data la notevole rigidezza della struttura.L’individuazione delle fasi di costruzione e trasformazione (annessioni di nuovicorpi di fabbrica, soprelevazioni, modifiche interne con demolizioni parziali e rico-struzioni, ecc.) è fondamentale per due ragioni. In primo luogo gli stati tensionalie deformativi nei diversi elementi dipendono da tale sequenza; tali aspetti possonoessere investigati attraverso opportuni metodi di analisi, anche con modelli costi-

tutivi lineari. Inoltre, le parti aggiunte successivamente alla costruzione, anche seappaiono in continuità con il complesso della costruzione, sono spesso strutturein qualche modo indipendenti; è quindi opportuno considerare il corretto gradodi collegamento tra le diverse parti del complesso strutturale. In particolare, nelcaso degli aggregati complessi nei centri storici, la corretta individuazione dellecelle originarie, e distinzione da quelle di accrescimento e di intasamento, consenteuna più corretta definizione dei vincoli nel modello.Il riconoscimento dei dissesti presenti nella struttura, attraverso il rilievo del quadrofessurativo e delle deformazioni, è un fattore determinante per la scelta delle stra-tegie di modellazione e di analisi di una costruzione in muratura. Nel caso di

stati lesionativi importanti, questi dovranno essere considerati nel modello e, inalcuni casi, la presenza di un meccanismo di dissesto chiaramente riconoscibile,può portare ad identificare il comportamento della costruzione e consentire unamodellazione locale di dettaglio.

6.4 PARAMETRI MECCANICI TABELLARI

Come è noto il comportamento σ-ε delle murature è di tipo non lineare secondola schematizzazione di figura 6.5.I parametri meccanici fondamentali per le murature sono i seguenti1:

 f k  = resistenza caratteristica a compressione, f vko = resistenza caratteristica a taglio in assenza di sforzo normale di

compressione, f vk  =  f vk 0 + 0,4 σ n = resistenza caratteristica a taglio in presenza di sforzo

normale di compressione e conseguente tensione σ n, (6.1) E  = 1.000  f k  = modulo di elasticità longitudinale secante, (6.2)G = 0,4  E  = modulo di elasticità tangenziale secante (6.3)

1 Definiti per le nuove costruzioni ai Capitoli 4.5 e 11.10 del DM 14.01.08.

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Figura 6.5: a) diagramma σ-ε murature; b) diagramma idealizzato elasto-plastico

Per murature nuove le grandezze  f k  e  f vk 0 sono stimabili a partire dalla resistenzacaratteristica  f bk  del singolo elemento che compone il paramento murario e dellamalta mediante criteri tabellari riportati nel capitolo 11.10 del DM 14.01.08. Iparametri meccanici relativi agli elementi sono dichiarati e certificati dal produttore,mentre per il legante la certificazione dipende dal tipo di confezionamento (maltea prestazione garantita o a composizione prescritta).Per le costruzioni a carattere storico-artistico non si dispongono di dati certificati,a meno che non si conduca una campagna di indagini strumentali specifiche. Peri casi in cui si debba effettuare un’analisi di tipo semplificato (LV1), senza procederead opportune indagini a carattere strumentale, è possibile utilizzare i dati messia disposizione dalla Circolare 617/09 attraverso le tabelle 6.1 e 6.2.Il riconoscimento della tipologia muraria è condotto attraverso un dettagliato rilievodegli aspetti costruttivi per il quale sono state discusse le modalità nel Capitolo 4.I moduli di elasticità normale E e tangenziale G relativi alla tabella 6.1 sono daconsiderarsi relativi a condizioni non fessurate, per cui le rigidezze dovranno essere,se necessario, opportunamente ridotte.Nel caso delle murature storiche, i valori indicati nella prime sei tipologie dellatabella 6.1 sono da riferirsi a condizioni di muratura aventi:a) malta di scadenti caratteristiche;b) giunti non particolarmente sottili e assenza di ricorsi o listature che, con passo

costante, regolarizzino la tessitura ed in particolare l’orizzontalità dei corsi;c) paramenti scollegati, ovvero manchino sistematici elementi di connessione tra-

sversale (o di ammorsamento per ingranamento tra i paramenti murari - dia-toni);

6 - Le murature

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Tabella 6.1: Valori di riferimento dei parametri meccanici (minimi e massimi) e

peso specifico medio per diverse tipologie di muratura, riferiti alle seguenticondizioni: malta di caratteristiche scarse, assenza di ricorsi (listature), paramenti

semplicemente accostati o mal collegati, muratura non consolidata, tessitura (nel

caso di elementi regolari) a regola d’arte; f m  = resistenza media a compressione

della muratura, τ 0

= resistenza media a taglio della muratura, E = valore medio

del modulo di elasticità normale, G = valore medio dei moduli di elasticità

tangenziale, w  = peso specifico medio della muratura

Ttipologia di muratura

f m

(N/cm2)

τ0

(N/cm2)

E

(N/mm2)

G

(N/mm2) w

(kN/m3)

Min - Max Min - Max Min - Max Min - Max

Muratura in pietrame disordinata

(ciottoli, pietre erratiche e irregolari)

100

180

2,0

3,2

690

1050

230

35019

Muratura a conci sbozzati,

con paramento di limitato spessore

e nucleo interno

200

300

3,5

5,1

1020

1440

340

48020

Muratura in pietre a spacco

con buona tessitura

260

380

5,6

7,4

1500

1980

500

66021

Murtura a conci di pietra tenera

(tufo, calcarenite, ecc.)

140

240

2,8

4,2

900

1260

300

420

16

Muratura a blocchi lapidei squadrati600

800

9,0

12,0

2400

3200

780

94022

Muratura in mattoni pieni

e malta di calce

240

400

6,0

9,2

1200

1800

400

60018

Muratura in mattoni semipieni

con malta cementizia

(es.: doppio UNI foratura ≤ 40%)

500

800

24

32

3500

5600

875

140015

Muratura in blocchi laterizi semipieni

(perc. foratura < 45%)

400

600

30,0

40,0

3600

5400

1080

162012

Muratura in blocchi laterizi semipieni,

con giunti verticali a secco

(perc. foratura < 45%)

300

400

10,0

13,0

2700

3600

810

108011

Muratura in blocchi di calcestruzzo

o argilla espansa

(perc. foratura tra 45% e 65%)

150

200

9,5

12,5

1200

1600

300

40012

Muratura in blocchi di calcestruzzo

semipieni (foratura < 45%)

300

440

18,0

24,0

2400

3520

600

88014

6 - Le murature

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I valori indicati per le murature regolari sono relativi a casi in cui la tessiturarispetta la regola dell’arte. Nei casi di tessitura scorretta (giunti verticali non ade-guatamente sfalsati, orizzontalità dei filari non rispettata), i valori della tabelladevono essere adeguatamente ridotti.

Nel caso in cui la muratura presenti caratteristiche migliori rispetto ai suddettielementi di valutazione, le caratteristiche meccaniche saranno ottenute, a partiredai valori di tabella 6.1, applicando coefficienti migliorativi fino ai valori indicatinella tabella 6.2, secondo le seguenti modalità:- Malta di buone caratteristiche: si applica il coefficiente indicato in tabella

6.2, diversificato per le varie tipologie, sia ai parametri di resistenza ( f m e τ0),sia ai moduli elastici (E e G).

- Giunti sottili (< 10 mm): si applica il coefficiente, diversificato per le varietipologie, sia ai parametri di resistenza ( f m e τ0), sia ai moduli elastici (E eG); nel caso della resistenza a taglio l’incremento percentuale da considerarsi

è metà rispetto a quanto considerato per la resistenza a compressione; nel casodi murature in pietra naturale è opportuno verificare che la lavorazione siacurata sull’intero spessore del paramento.

- Presenza di ricorsi (o listature): si applica il coefficiente indicato in tabellaai soli parametri di resistenza ( f m e τ0); tale coefficiente ha significato soloper alcune tipologie murarie, in quanto nelle altre non si riscontra tale tecnicacostruttiva.

- Presenza di elementi di collegamento trasversale tra i paramenti: si applicail coefficiente indicato in tabella ai soli parametri di resistenza ( f m e τ0); talecoefficiente ha significato solo per le murature storiche, in quanto quelle più

recenti sono realizzate con una specifica e ben definita tecnica costruttiva ed ivalori in tabella 6.1 rappresentano già la possibile varietà di comportamento.

Le diverse tipologie di tabella 6.1 assumono che la muratura sia costituita da dueparamenti accostati, o con un nucleo interno di limitato spessore (inferiore allospessore del paramento); fanno eccezione il caso della muratura a conci sbozzati,per la quale è implicita la presenza di un nucleo interno (anche significativo madi discrete caratteristiche), e quello della muratura in mattoni pieni, che spessopresenta un nucleo interno con materiale di reimpiego reso coeso.Nel caso in cui il nucleo interno sia ampio rispetto ai paramenti e/o particolarmentescadente, è opportuno ridurre opportunamente i parametri di resistenza e defor-

mabilità, attraverso una omogeneizzazione delle caratteristiche meccaniche nellospessore. In assenza di valutazioni più accurate è possibile penalizzare i suddettiparametri meccanici attraverso il coefficiente indicato in tabella 6.2.In presenza di murature consolidate, o nel caso in cui si debba valutare la sicurezzadell’edificio rinforzato, è possibile valutare le caratteristiche meccaniche per alcunetecniche di intervento, attraverso i coefficienti indicati in tabella 6.2, secondo leseguenti modalità:- Consolidamento con iniezioni di miscele leganti: si applica il coefficiente

indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie, sia ai parametri di resi-stenza ( f m e τ0), sia ai moduli elastici (E e G); nel caso in cui la muratura

originale fosse stata classificata con malta di buone caratteristiche, il suddetto

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coefficiente va applicato al valore di riferimento per malta di scadenti carat-teristiche, in quanto il risultato ottenibile attraverso questa tecnica di consoli-damento è, in prima approssimazione, indipendente dalla qualità originaria dellamalta (in altre parole, nel caso di muratura con malta di buone caratteristiche,

l’incremento di resistenza e rigidezza ottenibile è percentualmente inferiore).- Consolidamento con intonaco armato: per definire parametri meccanici equi-

valenti è possibile applicare il coefficiente indicato in tabella, diversificato perle varie tipologie, sia ai parametri di resistenza ( f m e τ0), sia ai moduli elastici(E e G); per i parametri di partenza della muratura non consolidata non siapplica il coefficiente relativo alla connessione trasversale, in quanto l’intonacoarmato, se correttamente eseguito collegando con barre trasversali uncinate inodi delle reti di armatura sulle due facce, realizza, tra le altre, anche questafunzione. Nei casi in cui le connessioni trasversali non soddisfino tale condi-zione, il coefficiente moltiplicativo dell’intonaco armato deve essere diviso per

il coefficiente relativo alla connessione trasversale riportato in tabella.- Consolidamento con diatoni artificiali: in questo caso si applica il coefficiente

indicato per le murature dotate di una buona connessione trasversale.I valori sopra indicati per le murature consolidate possono essere considerati comeriferimento nel caso in cui non sia comprovata, con opportune indagini sperimentali,la reale efficacia dell’intervento e siano quindi misurati, con un adeguato numerodi prove, i valori da adottarsi nel calcolo.

* Valori da ridurre convenientemente nel caso di pareti di notevole spessore (p.es. >70 cm)

Tabella 6.2: Coefficienti correttivi dei parametri meccanici (indicati in Tabella 6.1) da

applicarsi in presenza di: malta di caratteristiche buone o ottime; giunti sottili; ricorsi

o listature; sistematiche connessioni trasversali; nucleo interno particolarmente

scadente e/o ampio; consolidamento con iniezioni di malta; consolidamento conintonaco armato

Tipologia di muraturaMalta

buona

Giunti

sottili

(<10mm)

Ricorsi

o

listature

Connessio

ne

trasversale

Nucleo

scadente

e/oampio

Iniezione

di

misceleleganti

Intonaco

armato*

Muratura in pietramedisordinata (ciottoli, pietreerratiche e irregolari)

1,5 - 1,3 1,5 0,9 2 2,5

Muratura a conci sbozzati,con paramento di limitatospessore e nucleo interno

1,4 1,2 1,2 1,5 0,8 1,7 2

Muratura in pietre a spaccocon buona tessitura

1,3 - 1,1 1,3 0,8 1,5 1,5

Muratura a conci di pietratenera (tufo, calcarenite,

ecc.)

1,5 1,5 - 1,5 0,9 1,7 2

Muratura a blocchi lapideisquadrati

1,2 1,2 - 1,2 0,7 1,2 1,2

Muratura in mattoni pienie malta di calce

1,5 1,5 - 1,3 0,7 1,5 1,5

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7IL COMPORTAMENTO SISMICO

7.1 CLASSIFICAZIONE

Ai fini della comprensione del comportamento strutturale degli edifici in muraturaè utile riproporre, in via preliminare, la classificazione adottata da Michele Pagano1.Essa consta delle seguenti tre classi:I. Edifici interamente in muratura con orizzontamenti costituiti da volte;II. Edifici con ritti in muratura e orizzontamenti costituiti da solai la cui orditura

principale è composta da travi isostatiche in legno o ferro;III. Edifici con ritti in muratura ed orizzontamenti costituiti da solai ammorsati in

un cordolo perimetrale in calcestruzzo armato.Si ricorda che nel testo originario di Pagano si fa riferimento ad un “Tentativodi classificazione”, il che evidenzia come la problematica classificatoria non siadi semplice soluzione anche in considerazione del fatto che uno stesso edificiopotrà contenere, al limite, le tre varianti suindicate. Inoltre, ammessane la validità,bisogna intendere che le tre classi, così come di seguito descritte, inquadranocaratteristiche relative a edifici ordinari, quali possono essere quelli residenziali,villini e simili, ma mal si adattano a descrivere le peculiarità di altre tipologie,

come ad esempio: le chiese, i templi, i campanili, le torri, gli auditori, i teatri,i castelli, i palazzi con grandi vani etc.

7.2 EDIFICI DI PRIMA CLASSE

Si tratta di tipologie costruttive storiche nelle quali l’organizzazione strutturaleportante è interamente affidata a murature. In sostanza, sia l’apparato fondale, siale strutture verticali e gli orizzontamenti (o impalcati), sono realizzati medianteelementi lapidei o in laterizio, variamente legati (figura 7.1).

Discorso a parte vale per le coperture che, invece, riscontrano il favore prevalentementedi capriate in legno o comunque di dispositivi strutturali con elementi lignei.Per quanto concerne le fondazioni, anche queste possono essere realizzate in moltimodi: superficiali o profonde. Nel primo caso derivano da un allargamento dellabase muraria in prossimità del sottosuolo. Nel secondo caso, invece, si possonoavere gli schemi di figura 7.2: una serie di piloni in muratura posti in prossimitàdegli incroci dei muri maestri raggiungono lo strato fondale più resistente; unsistema di volte sostiene le parti restanti delle strutture di elevazione.

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1 Michele Pagano, Teoria degli Edifici. Edifici in Muratura , Liguori Editore, Napoli 1968. Latrattazione viene anche ripresa in Costruire in Muratura , Liguori Editore, Napoli 1990.

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Lo schema dell’arco di fondazione può essere anche “rovesciato”, in tal caso illivello terra poggia direttamente sul suolo (figura 7.3)Per quanto riguarda gli orizzontamenti il sistema costruttivo adottato si fonda sulprincipio della volta. Numerosissime sono le tipologie di volta adottate: a botte, a

padiglione, a crociera, a doppia curvatura, a schifo, con infinite varianti per ciascuna.Tutti questi sistemi si fondano principalmente sul comportamento statico dell’arco.Anche le aperture sui muri sono generalmente ottenute mediante l’inserimento diun arco di scarico o di una  piattabanda al di sopra delle stesse (figura 7.4).L’assenza di soluzione di continuità nel materiale utilizzato per fondazione e strut-ture di elevazione, ovvero la muratura in laterizio o in elementi lapidei, rendemolto sensibili i fabbricati ai cedimenti differenziali che possono manifestarsi conampie fessurazioni nei maschi murari.Per quanto attiene al comportamento sotto azioni orizzontali, come è noto, l’arcoè una forma strutturale non ottimale. Similmente le volte sono affette da analogo

difetto con una qualche attenuante: la loro estensione spaziale garantisce un certogrado di rigidezza che comunque è molto difficile da valutare perchè dipende damolteplici fattori, non ultimo l’entità della compressione del sistema voltato.2

Figura 7.1: Esempio di edificio di classe I. Si noti la posizione del

“muro di spina” e in generale la mancanza di una cerchiatura

sommatale dei maschi

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2 Vedi anche Marco Boscolo Bielo, Interventi su Edifici Esistenti , cit., Capitolo 5.

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Figura 7.2: Schema delle fondazioni di un fabbricato di prima classe. a) Pianta

con evidenziate le zone dei piloni in muratura; b) Particolare dei piloni di

fondazione e delle volte a botte del livello terra. c) Particolare degli orizzontamenti

ai piani

Figura 7.3: Schema delle fondazioni di un fabbricato di prima classe con archi rovesciati

7 - Il comportamento sismico

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Figura 7.4: Piattabande e archi di scarico sopra i vani di aperture

Gli edifici di prima classe fanno parte dell’edilizia storica appartenente ad epocheantecedenti l’avvento del calcestruzzo armato e quindi sono privi di cordolature

interpiano in calcestruzzo armato (obbligatorie per norma dopo il 1937 – cfr. para-grafo 1.2). Generalmente la loro situazione statica ha subito nel tempo mutamentidovuti a molteplici cause quali ad esempio: assestamenti dell’apparato fondale;sollecitazioni eccezionali a carattere dinamico (terremoti); esposizioni a condizioniclimatiche di vario genere (escursioni termiche, vento ecc); variazioni delle con-dizioni d’uso e dunque dei carichi gravanti sugli orizzontamenti; fenomeni dovutia maturazione dei leganti quali ritiro e viscosità; infine, anche, manomissioni del-l’apparato strutturale originario. Tutto ciò, unito magari alla scarsa qualità deimateriali, finisce col produrre il superamento dei limiti di resistenza a trazione,già di per se bassi, in molte sezioni, configurando la parzializzazione delle stesse.

Il quadro generale tende dunque ad assestarsi, al limite, ad uno stato privo di

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zone tese, in cui il sistema può essere pensato come un insieme di conci idealmenteseparati, il cui contatto avviene “localmente” in parti di sezioni soggette a com-pressione, e dove i letti di malta hanno assunto il compito di favorire il contattofra le superfici scabre su una più ampia superficie.

Non da ultime, in questo quadro, sono da considerarsi le spinte al ribaltamentoesterno delle murature sulle quali si impostano le volte o gli archi (figura 7.5).

Figura 7.5: Schema riassuntivo del comportamento degli edifici di prima classe (Pagano)

7 - Il comportamento sismico

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7.3 EDIFICI DI SECONDA CLASSE

A questa categoria appartengono gli edifici in muratura con orizzontamenti realizzatida solai nei quali l’orditura portante principale è costituita da una travatura ligneao in ferro, ma comunque privi di una cordolatura cerchiante in calcestruzzo armato.I solai sono di tipo monodirezionale con travi appoggiate sui muri maestri. Ilcriterio di distribuzione dei carichi monodirezionale investe generalmente due mura-ture ai lati opposti della “cellula” di pianta quadrangolare relativa al vano in cuigiace il solaio. Gli altri due muri risultano dunque “scarichi” per quanto concernele azioni trasmesse dall’orizzontamento. In figura 7.6 è riportato il caso, non infre-quente, in cui la presenza di un “rompitratta” origina una distribuzione dei carichisui 4 muri che circoscrivono la “cellula” del solaio.Questo tipo di solai viene generalmente completato da un tavolato ligneo sul qualesi dispone un massetto e la finitura del pavimento (piastrelle o listellatura lignea).Appartengono ai solai monodirezionali anche quelli composti da travature metal-liche e voltine variamente composte (figura 7.7). La mutua spinta fra le voltineadiacenti, poste ad interassi uguali, si annulla, mentre la spinta residua delle voltinedi bordo, essendo gli interassi delle travature metalliche dell’ordine di circa 1metro e la monta molto ribassata, risulta estremamente limitata e in molti casitrascurabile agli effetti della stabilità del muro.

Figura 7.6: Solaio a struttura lignea con rompitratta centrale

Figura 7.7: Sezioni di solai composti con travature metalliche

e voltine di laterizio pieno o forato

7 - Il comportamento sismico

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Figura 7.9: Schema riassuntivo del comportamento degli edifici di seconda classe (Pagano)

7 - Il comportamento sismico

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7.4 EDIFICI DI TERZA CLASSE

Gli edifici della terza classe manifestano un cosiddetto comportamento scatolaredovuto essenzialmente ai seguenti fattori:- presenza di cordolature interpiano in calcestruzzo armato in grado di garantire

un effetto cerchiante (figura 7.10);- presenza di solai con comportamento assimilabile ad un diaframma infinitamente

rigido;- presenza di fasce di piano per le quali si può considerare l’effetto accoppiamento

fra maschi murari.Gli edifici appartenenti alla terza classe sono praticamente quelli di più recentecostruzione, per i quali l’affinamento delle tecniche costruttive prevede l’utilizzodi solai in laterocemento o simili, il cui confezionamento viene completato congetto di una soletta in calcestruzzo armato. Ciò, unitamente al miglioramento dellaqualità degli elementi costituenti la muratura, e della qualità dei leganti.In alcuni casi, il solo effetto cerchiante della cordolatura, è sufficiente ad assicurareimpedimenti al cinematismo di ribaltamento laterale, tuttavia la tendenza all’utilizzodi un architrave in calcestruzzo armato al di sopra delle aperture dei vani di portee finestre (al quale può essere attribuito un comportamento di resistenza a trazione)implica la collaborazione fra maschi murari contigui (effetto fascia o effetto accop-

 piamento).In figura 7.11 si riassumono le caratteristiche fondamentali di questa classe diedifici secondo gli schemi del Prof. Pagano.

Figura 7.10: Effetto cerchiante di una cordolatura in calcestruzzo armato

7 - Il comportamento sismico

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Figura 7.11: Schema riassuntivo del comportamento degli edifici di terza classe (Pagano)

7 - Il comportamento sismico

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7.5 EDIFICI NON ORDINARI

Gli edifici non ordinari o speciali, quali: chiese, templi, campanili, torri, auditori,teatri, castelli, palazzi con grandi vani etc., rappresentano una vasta fetta del patri-monio storico. Come precedentemente indicato al paragrafo 7.1, per le loro pecu-liarità, che fanno di ciascuno di essi un caso a sé, vanno studiati caso per caso.Nel caso degli edifici di culto di una certa mole, le grandi luci orizzontali everticali, unitamente alla mancanza di idonei collegamenti sommitali, amplificanoalcune delle problematiche illustrate nei paragrafi precedenti e comuni agli edificiordinari quali, ad esempio, il ribaltamento fuori del piano delle murature. Tuttavia,gli originari costruttori, consapevoli del comportamento fisiologico di alcuni con-nubi costruttivi forma-materiale, spesso adottavano proprie “contromisure”, comeindicato in figura 7.12 mediante l’utilizzo di contrafforti (A), o in figura 7.13,con l’adozione di archi rampanti.Ad ogni modo, lo studio di queste fabbriche rappresenta vari tipi di difficoltà peraffrontare le quali la Direttiva offre gli strumenti di analisi che verranno illustratinei capitoli successivi ma che, sostanzialmente, sono riconducibili ad indagini sumacroelementi o macromodelli che prendono in considerazione porzioni isolatedel complesso strutturale (ad esempio per sezioni trasversali nel caso in cui simanifestino sostanziali uniformità di comportamento nei vari tratti).

Figura 7.12: Contrafforti di eliminazione delle spinte (A) in un edificio di culto

7 - Il comportamento sismico

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Figura 7.13: Eliminazione delle spinte mediante archi rampanti (R)

7.6 VALUTAZIONE DELLA RIGIDEZZA DEGLI ORIZZONTAMENTI

Per gli edifici esistenti in muratura la Circolare 617/09 ha assunto un’ottica menorestrittiva nella valutazione della rigidezza degli orizzontamenti rispetto ai nuovifabbricati. In sostanza si ammette di considerare infinitamente rigidi i solai chesiano ben collegati alle pareti e dotati di una sufficiente rigidezza e resistenzanel loro piano.L’importanza della ricognizione di un effettivo comportamento rigido dell’oriz-zontamento sta nel fatto che esso consente una distribuzione delle azioni orizzontali(sismiche) nel piano delle pareti di controventamento (parallele all’azione del sisma)liberando quelle ortogonali del dannoso effetto dell’azione fuori del piano.4

Poiché la valutazione della rigidezza dell’orizzontamento è una questione fonda-mentale è bene comunque riferirsi alle seguenti precisazioni:5

Gli orizzontamenti devono essere dotati di opportuna rigidezza e resistenza

nel piano e collegati in maniera efficace alle membrature verticali che li

sostengono perché possano assolvere la funzione di diaframma rigido ai

fini della ripartizione delle forze orizzontali tra le membrature verticali stesse.

4 Su questo tema cfr. anche Marco Boscolo Bielo, Interventi su Edifici Esistenti , op. cit.,

paragrafo 5.7.5 Circ. 617/09 Paragrafo C.7.2.6.

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Particolare attenzione va posta quando abbiano forma molto allungata o

comunque non compatta: in quest’ultimo caso, occorre valutare se le aper-

ture presenti, soprattutto se localizzate in prossimità dei principali elementi

resistenti verticali, non ne riducano significativamente la rigidezza. Essi pos-

sono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano se, modellandonela deformabilità nel piano, i loro spostamenti orizzontali massimi in condizioni

sismiche non superano per più del 10% quelli calcolati con l’assunzione

di piano rigido. Tale condizione può ritenersi generalmente soddisfatta nei

casi specificati nelle NTC, salvo porre particolare attenzione quando essi

siano sostenuti da elementi strutturali verticali (per es. pareti) di notevole

rigidezza e resistenza.

7.7 RAGGRUPPAMENTI PER ANALISI DI PRIMO LIVELLO

La Direttiva, nel porre indicazioni per l’analisi secondo modelli semplificati diprimo livello (LV1), indica quattro tipi di raggruppamento di manufatti:

a) palazzi, ville ed altre strutture con pareti di spina ed orizzontamenti inter-medi;

b) chiese, luoghi di culto ed altre strutture con grandi aule, senza orizzon-tamenti intermedi;

c) torri, campanili ed altre strutture a prevalente sviluppo verticale;d) ponti in muratura, archi trionfali ed altre strutture ad arco.

Ad esclusione del gruppo a), gli altri sono ascrivibili a manufatti a carattere nonordinario. Il gruppo a) potrà essere inquadrato, con le dovute precauzioni, all’in-terno della classificazione I, II, III o comunque composta da caratteristiche appar-tenenti a questi gruppi. Nel caso di edifici storici generalmente le caratteristichesono ascrivibili ai gruppi I e/o II, come nel caso indicato in figura 7.14. Gliimpalcati rigidi costituiti da solai in laterocemento non si riscontrano nell’impiantooriginario di edifici storici, a meno che non siano stati suscettibili di interventirecenti che abbiano sostituito gli orizzontamenti con sistemi in laterocemento oabbiano integrato, con getto di solette in c.a., il tavolato e creato, in qualchemodo, una cerchiatura perimetrale interpiano (ad esempio mediante utilizzo diprofilati metallici).

7 - Il comportamento sismico

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Figura 7.14: Edificio con caratteri delle classi I e II

7 - Il comportamento sismico

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8MECCANISMI LOCALI DI COLLASSO

8.1 GENERALITÀL’osservazione e lo studio dei dissesti, dei quadri fessurativi e dei crolli causatidai terremoti ha suggerito la codificazione di alcune procedure basate sui cosiddettimeccanismi locali di collasso o analisi limite dell’equilibrio o analisi cinematicalineare.Se, ad esempio, consideriamo il caso della Chiesa di Camurana nel Comune diMedolla, possiamo riscontrare dal confronto delle figure 8.1a e 8.1b la porzione

della facciata crollata a seguito del terremoto del Maggio 2012.

Figura 8.1: Chiesa di Camurana, a) stato originario,

b) dopo il crollo a seguito del terremoto 2012

Questo tipo di comportamento, caratterizzato da collasso di parti di muratura(macroelementi) manifesta un cinematismo generalmente dovuto al ribaltamentofuori del piano. Si è riscontrato che le modalità di questi collassi sono raggruppabili

in tipologie e pertanto esse sono state classificate mediante una casistica ben nota.In tali tipi di analisi vengono trascurate le resistenze a trazione e di attrito fra ipiani di rotazione.I meccanismi di ribaltamento ortogonali al piano della muratura sono detti: mec-

canismi di I° modo. Essi evidentemente derivano da un’azione sismica ortogonaleal piano della parete.Quando invece il collasso avviene in conseguenza di azioni sismiche agenti nelpiano della muratura i meccanismi sono detti di II° modo (caso tipico rappresentatoin figura 8.2).

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Figura 8.2: Meccanismi di II° modo (terremoto Abruzzo 2009)

8 - Meccanismi locali di collasso

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8.2 CONSIDERAZIONI CONCETTUALI RELATIVE ALL’APPROCCIO

CINEMATICO E PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI

L’approccio cinematico si basa sull’applicazione del Principio dei Lavori Virtuali(PLV), il quale esprime la generica condizione che in un sistema materiale soggettoad un insieme di forze equilibrate e di spostamenti congruenti con le deformazioniammesse per quel sistema, il lavoro compiuto dalle forze esterne  L fe sia ugualea quello compiuto dalle forze interne  L fi.Delle 3 condizioni:

1) insieme di forze equilibrate;2) insieme di spostamenti congruenti con le deformazioni ammesse dal sistema;3) identità  L fe =  L fi

è necessario e sufficiente che almeno 2 di queste siano soddisfatte affinché anchela terza risulti verificata.Consideriamo ora il caso di una parete muraria a riposo come rappresentata insezione in figura 8.3a. Essa è soggetta alla sola forza peso W  (peso proprio) ilcui punto di applicazione è il baricentro G.Come è noto gli effetti delle azioni sismiche orizzontali F  sono rappresentati daforze il cui valore numerico è una aliquota delle azioni gravitazionali (figura 8.3b),in simboli:

F  = α0 W  (8.1)

Figura 8.3: a) sezione di parete soggetta al solo peso proprio; b) azione sismica come

aliquota delle masse gravitazionali; c) cinematismo intorno al punto O

Applicando al sistema una rotazione infinitesima θ rispetto al polo 0 (cerniera),gli spostamenti del punto di applicazione G delle azioni sono rappresentati da:

δ x

= θ (h/2) (8.2)δy = - θ (s/2) (8.3)

8 - Meccanismi locali di collasso

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Eguagliando quest’ultima alla (8.1) si ottiene:

F  = α0 W  = m × S d  (8.12)

ma:

m = W / g (8.13)

per cui la (8.12) diventa:

α0 W = W  / g × S d  (8.14)

da cui:

α0 = S d  / g (8.15)

Ovvero, il moltiplicatore di collasso rappresenta anche la risposta del sistema intermini di spettro elastico di progetto a meno della costante g (accelerazione gra-vitazionale).Questo risultato è di notevole interesse poiché ci permette di risalire, attraversoprocedure inverse che illustreremo in seguito, al valore dell’accelerazione sismicaattesa al suolo ag nel sito di progetto, tale da poter far collassare il sistema e/oil relativo periodo di ritorno T  R. In tal modo, come indicato ai paragrafi 3.6 e3.7, è possibile determinare l’indice di vulnerabilità in termini di T  R o PGA (indice

di sicurezza  I S,SL, fattore di rischio  f a,SL).

8 - Meccanismi locali di collasso

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δ x,j  = spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione del j-esimo pesoP j , assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondocui agisce l’azione sismica che attiva il meccanismo;

δ y,i = spostamento virtuale verticale del punto di applicazione dell’i-esimo peso

Pi, assunto positivo se verso l’alto;F h = generica forza esterna (in valore assoluto), applicata ad un blocco;δh = spostamento virtuale del punto dove è applicata la h-esima forza esterna,

nella direzione della stessa, di segno positivo se con verso discorde; L fi = lavoro di eventuali forze interne.

L’applicazione del metodo presuppone, quindi, l’analisi dei meccanismi locali rite-nuti significativi per la costruzione che possono essere ipotizzati sulla base dellaconoscenza del comportamento sismico di strutture analoghe, già danneggiate dalterremoto, o individuati considerando la presenza di eventuali stati fessurativi, anche

di natura non sismica.Inoltre andranno tenute presente la qualità della connessione tra le pareti murarie,la tessitura muraria, la presenza di catene, le interazioni con altri elementi dellacostruzione o degli edifici adiacenti.Per ogni possibile meccanismo locale ritenuto significativo per l’edificio, il metodosi articola nei seguenti passi:

a) trasformazione di una parte della costruzione in un sistema labile (catenacinematica), attraverso l’individuazione di corpi rigidi, definiti da piani difrattura ipotizzabili per la scarsa resistenza a trazione della muratura, ingrado di ruotare o scorrere tra loro (meccanismo di danno e collasso);

b) valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi α0 che comporta l’at-tivazione del meccanismo;

Per l’applicazione del metodo di analisi si ipotizza, in genere:- resistenza nulla a trazione della muratura;- assenza di scorrimento tra i blocchi;- resistenza a compressione infinita della muratura.

8 - Meccanismi locali di collasso

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8.4 MECCANISMI DI I° MODO

Per quanto concerne i meccanismi di collasso fuori del piano (meccanismi di I°modo), i casi più frequenti sono riassumibili in:

a) ribaltamento semplice;b) ribaltamento composto;c) flessione verticale;d) flessione orizzontale.

8.4.1 Meccanismi di ribaltamento semplice

8.4.1.1 Ribaltamento semplice di parete monolitica ad un piano

Il caso viene schematicamente riportato in figura 8.4a, mentre nella figura 8.4bsi rappresenta una situazione reale avvenuta. Occorre però ricordare che nei casidi verifiche preliminari è il progettista che deve prendere in considerazione lecircostanze più probabili di attivazione di un certo tipo di meccanismo di collasso.Ciò evidentemente va individuato a seguito delle analisi condotte nel fabbricato.Dal punto di vista del cinematismo la condizione di ribaltamento semplice diparete monolitica è rappresentata con uno schema di cerniera (cilindrica) alla base.La situazione si manifesta quando la muratura non è efficacemente ammorsataalle pareti ortogonali (croci di muro) e in sommità.Il ribaltamento può interessare uno o più piani dell’edificio e quindi occorre indi-viduare anche a quale piano ci si sta riferendo, ovvero se si ha una condizioneche abbraccia uno o più livelli come indicato in figura 8.5.

Figura 8.4: Ribaltamento semplice di parete monolitica;

a) schema; b) caso reale (terremoto Abruzzo 2009)

8 - Meccanismi locali di collasso

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Figura 8.5: Ribaltamento semplice di parete monolitica ai vari livelli (De Sortis et al.)

Supponiamo che l’interesse sia rivolto al caso di ribaltamento di un solo piano,come potrebbe verificarsi quando la costruzione sia costituita da un unico pianofuori terra o quando si voglia considerare la possibilità di ribaltamento dell’ultimopiano fuori terra.

La soluzione del problema può essere effettuata con riferimento allo schema difigura 8.6 in cui:W  = peso proprio della parete;F V  = componente verticale della spinta di archi o volte sulla parete;F  H  = componente orizzontale della spinta di archi o volte sulla parete;PS  = peso del solaio agente sulla parete calcolato in base all’area di influenza;P H  = rappresenta la spinta statica trasmessa dalla copertura;T  = rappresenta il valore massimo dell’azione di un eventuale tirante in testa

alla parete;s = spessore della parete;

h = altezza della parete rispetto alla cerniera in A o, più in generale, la quotadel punto d’applicazione dell’azione trasmessa dal solaio o dal tirante rispettoalla cerniera A;

hV  = quota del punto di applicazione della spinta di archi o volte rispetto allacerniera A;

d  = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico del solaio sullaparete rispetto alla cerniera A;

d V  = distanza orizzontale dalla cerniera A del punto di applicazione di F V ; yG = altezza del baricentro della parete rispetto alla cerniera in A;α = moltiplicatore delle forze orizzontali.

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Figura 8.6: Schema di ribaltamento semplice di parete monolitica

Applicando la condizione di incipiente ribaltamento si scrive l’equilibrio alla rota-zione intorno al polo A (cerniera) in cui il momento ribaltante  M  R(A) e quello

stabilizzante  M S(A) si eguagliano:

(8.17)

(8.18)

Ovvero, eguagliando la (8.17) con la (8.18), si ricava il moltiplicatore di collasso:

(8.19)

8 - Meccanismi locali di collasso

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8.4.1.2 Ribaltamento semplice di parete a doppia cortina

Le pareti a doppia cortina sono composte da due paramenti che possono esserecollegati fra loro in vari modi. Un caso tipico può essere quello relativo alle

murature a sacco più o meno legate mediante diatoni (vedi ad esempio figure6.2c e 6.2d), ma la doppia cortina può anche non essere nettamente riconoscibile,come ad esempio nel caso della figura 8.7, dove è stato necessario sezionare lamuratura per rendersi conto del sostanziale disaccoppiamento dei due paramentidi una muratura a doppia testa.

Figura 8.7: Doppia cortina di una muratura a due teste

In funzione del legame fra le cortine può non risultare trascurabile il fatto che solouna di queste (quella esterna) possa essere interessata da un meccanismo di I° modo,ovvero che entrambi i paramenti abbiano un funzionamento indipendente.Uno dei modelli semplificati proposti è quello di figura 8.8, dove è rappresentatala sezione della parete a doppia cortina con un sistema di vincoli fra i due paramenticostituiti da carrelli monolateri, ovvero funzionanti a sola compressione.

Nella fattispecie occorre valutare le azioni verticali su ciascun paramento even-tualmente accertandosi quale sia la più realistica e/o svantaggiosa condizione deicarichi ricevuti dai solai, ad esempio considerandoli agenti solo sul paramentointerno (per presenza di riseghe etc).In tali circostanze i momenti stabilizzanti dovuti alle azioni verticali sono minoririspetto alla condizione di monoliticità fra le due cortine, scaturendone un mol-tiplicatore di collasso inferiore per il paramento esterno.Una ulteriore semplificazione (generalmente accettata) consiste nel considerare iltrasferimento delle azioni orizzontali attraverso un collegamento rigido in sommità,in tali circostanze, dal punto di vista del calcolo la situazione è analoga al caso

precedente.

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Figura 8.8: Schema di ribaltamento semplice di parete a doppia cortina

8.4.1.3 Ribaltamento semplice di parete monolitica a più piani

Questo tipo di meccanismo si può attivare quando la costruzione è priva di elementiin grado di contrastare il ribaltamento ai vari livelli di piano. In tali circostanzela valutazione del moltiplicatore di collasso va effettuata considerando varie pos-sibilità di rotazione come indicato in figura 8.5 e adottando il valore minimo fraquelli determinati.Il procedimento risulta quindi concettualmente analogo alla situazione illustrata

al paragrafo 8.4.1.1 con gli adeguamenti del caso.Riferendosi alla figura 8.9 e alla condizione di incipiente ribaltamento si ha:n = numero di piani interessati dal cinematismo;W i = peso proprio della parete al piano i-esimo;F Vi = componente verticale della spinta di archi o volte sulla parete al piano

i-esimo;F  Hi = componente orizzontale della spinta di archi o volte sulla parete al piano

i-esimo;PSi = peso del solaio agente sulla parete al piano i-esimo, calcolato in base all’area

di influenza;

P H  = spinta statica trasmessa dalla copertura in testa alla tesa ribaltante;

8 - Meccanismi locali di collasso

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T i = valore massimo dell’azione di un eventuale tirante presente in testa allaparete del piano i-esimo;

si = spessore della parete al piano i-esimo;hi = altezza della parete al piano i-esimo rispetto alla cerniera B;

hvi = altezza del punto di applicazione della spinta di archi o volte al pianoi-esimo rispetto alla cerniera B;

d i = distanza orizzontale dalla cerniera B del punto di applicazione del caricodel solaio sulla parete al piano i-esimo;

d Vi = distanze orizzontali dalla cerniera B dei punti di applicazione di F Vi; yGi = altezza del baricentro della parete al piano i-esimo rispetto alla cerniera B;α = moltiplicatore delle forze orizzontali.

Figura 8.9: Schema di ribaltamento semplice di parete monolitica a due piani

8 - Meccanismi locali di collasso

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(8.20)

(8.21)

Eguagliando la (8.20) con la (8.21), si ricava il moltiplicatore di collasso:

(8.22)

8.4.1.4 Ribaltamento semplice di parete a doppia cortina a più piani

Le analisi sono condotte con procedure analoghe ai casi precedentemente svolticonsiderando l’ipotesi semplificativa di trasferimento delle azioni orizzontali attra-verso collegamenti rigidi in sommità di parete e la formazione delle cerniere inA e B.Con riferimento alla figura 8.10 si ha anche:W  A = peso proprio della cortina esterna;

W  B = peso proprio della cortina interna;F V  = componente verticale della spinta di archi o volte sulla parete interna;F  H  = componente orizzontale della spinta di archi o volte sulla parete interna;PSA e PSB = quote di carico verticale Ps trasmesso dal solaio alle cortine esterna

e interna rispettivamente; N  A e  N  B = generici carichi verticali agenti in sommità delle cortine esterna

e interna rispettivamente, supposti centrati sui paramenti;P H  = spinta statica trasmessa dalla copertura;T  = valore massimo dell’azione di un eventuale tirante presente in testa

alla parete;

s A e s B = spessori della cortina esterna e interna rispettivamente;h = altezza della parete rispetto alla cerniera alla base;hV  = altezza del punto di applicazione della spinta di archi o volte rispetto

alla cerniera B;d  A e d  B = distanze orizzontali dei punti di applicazione di PSA e PSB

rispettivamente dalle cerniere A e B;d V  = distanza orizzontale dalla cerniera B del punto di applicazione di F V ;

 yG = altezza del baricentro della parete rispetto alla cerniera in A.

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Figura 8.10: Schema di ribaltamento semplice di parete a doppia cortina a più piani

Il momento stabilizzante è:

(8.23)

mentre il momento ribaltante risulta pari a:

(8.24)

Uguagliando i due termini si ricava il moltiplicatore di collasso:

(8.25)

8 - Meccanismi locali di collasso

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Nel caso di cinematismo a più piani ribaltanti le espressioni precedenti possonoessere generalizzate considerando gli n piani coinvolti nel meccanismo. Il loroutilizzo deve però essere accompagnato da una doverosa cautela a causa dellenumerose incertezze introdotte dall’aumentata complessità del modello: posizione

delle cerniere, interazione tra i paramenti alle diverse quote, connessione ai diversipiani, sono gli aspetti da valutare con maggior attenzione.Se si considera il modello sufficientemente affidabile, il moltiplicatore di collassoviene calcolato con la relazione:

(8.26)

dove i bracci delle forze sono calcolati rispetto alla corrispondente cerniera.

8.4.2 Ribaltamento composto

Il ribaltamento composto implica il coinvolgimento di porzioni di macroelementiortogonali. L’elemento principale, ad esempio una facciata, colpito dall’azionesismica (ortogonale al suo piano), trascina con sé porzioni appartenenti a muri

di spina o altre facciate (ortogonali), come indicato in alcuni schemi tipici illustratiin figure 8.11 e 8.12.In generale si può dire che questo tipo di ribaltamento può verificarsi quando lecroci di muro presentano una buona connessione ma le pareti non sono sufficien-temente cerchiate in sommità. È evidente che il cinematismo viene influenzatoanche dalla presenza e dalla posizione di forature nell’elemento trascinato, le qualipossono contribuire al distacco di questo.Infine, come si vedrà nel prosieguo, il cuneo può manifestarsi con diagonale singolao doppia.

Figura 8.11: Schemi di ribaltamento composto (CINE)

8 - Meccanismi locali di collasso

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hV  = quota del punto di applicazione della spinta di archi o volte rispetto allacerniera A;

d  = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico del solaio sullaparete di facciata rispetto alla cerniera in A;

d V  = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico di archi o voltesulla parete di facciata rispetto alla cerniera in A;

d O = braccio orizzontale del punto di applicazione del carico trasmesso dal solaiosul cuneo di distacco rispetto alla cerniera in A;

 xGO = distanza orizzontale del baricentro del cuneo di distacco rispetto alla cernierain A;

 yG = quota del baricentro della parete di facciata rispetto alla cerniera in A; yGO = quota del baricentro del cuneo rispetto alla cerniera in A.

Figura 8.13: Schema di ribaltamento a cuneo su un piano

Il momento stabilizzante, rispetto alla cerniera A, delle forze agenti sul sistemavale:

(8.27)

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Il momento ribaltante risulta pari a;

(8.28)

Uguagliando i due termini precedenti si ricava il moltiplicatore di collassoα = α0:

(8.29)

Si consideri che, nel caso di facciate esterne, vanno considerate le possibilità diformazione del cuneo su entrambe le direzioni confluenti in un angolo. Si tengainoltre presente che il baricentro del cuneo varia in relazione alla geometria con-

siderata per lo stesso.

8.4.2.2 Ribaltamento composto a cuneo diagonale di più piani

Con considerazioni analoghe al caso precedente si valuti lo schema di figura 8.14(cfr. anche il caso reale nella figura 8.12), con rotazione rispetto alla cerniera inB.In relazione alla simbologia si ha:n = numero di piani interessati dal cinematismo;

W Oi = peso proprio della porzione del cuneo di distacco appartenente al pianoi-esimo;

PSOi = peso del solaio agente sulla porzione di cuneo al piano i-esimo, calcolatoin base all’area di influenza;

d Oi = braccio orizzontale del punto di applicazione del carico trasmesso dal solaioalla porzione di cuneo di distacco al piano i-esimo rispetto alla cernieraposta in B;

 xGOi = distanza orizzontale tra baricentro della porzione del cuneo di distacco alpiano i-esimo e cerniera B;

 yGOi = quota del baricentro della porzione del cuneo di distacco al piano i-esimo

rispetto alla cerniera B.

Il momento stabilizzante vale:

(8.30)

Il momento ribaltante risulta pari a:

(8.31)

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Dall’uguaglianza tra i due risulta:

(8.32)

Figura 8.14: Schema di ribaltamento a cuneo su più piani

8.4.2.3 Ribaltamento composto a cuneo con doppia diagonale per un piano

Questo caso è generalmente riscontrato quando gli orizzontamenti manifestano unarigidezza elevata rispetto ai tradizionali casi di edifici in classe I e II, ovverocon solai che possono essere stati modificati nel tempo con l’inserimento di solettein c.a., solai in laterocemento di vario tipo o con travi metalliche come riportato

in figura 7.7.

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Figura 8.15: Fratture di formazione del cuneo con doppia diagonale

Figura 8.16: Schema di ribaltamento a doppio cuneo su un piano

Di fatto la presenza di solai rigidi, unitamente al valido ammorsamento delle crocidi muri, impedisce l’innalzamento del paramento murario conseguente alla suarotazione e può dunque essere presa in considerazione quando si abbia:

a) orizzontamenti rigidi accompagnati da cordolatura in c.a.;b) efficaci connessione nelle murature ortogonali;c) presenza di condizioni di vincolo che impediscono l’innalzamento del cuneo;d) assenza di vincoli che impediscano il ribaltamento della parete ortogonale

alla direzione del sisma.

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Nel paramento murario si genera così un cuneo a doppia diagonale come evidenziatonella figura 8.15 e nella schematizzazione di figura 8.16.In relazione allo schema statico di cui alla figura 8.16 si ha:W  = peso proprio della parete di facciata;

W O = peso proprio del cuneo di distacco (comprensivo di eventuali carichitrasmessi da archi o volte su di esso agenti);

F V  = componente verticale della spinta di archi o volte sulla parete;F  H  = componente orizzontale della spinta di archi o volte sulla parete;PS  = peso del solaio o della copertura sulla parete calcolato in base all’area di

influenza;s = spessore della parete di facciata;h = altezza della parete di facciata rispetto alla cerniera in A;hV  = quota del punto di applicazione della spinta di archi o volte rispetto alla

cerniera A;

d  = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico del solaio sullaparete di facciata rispetto alla cerniera in A;

d V  = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico di archi o voltesulla parete di facciata rispetto alla cerniera in A;

 xGO = distanza orizzontale del baricentro del cuneo rispetto alla cerniera in A; yG = quota del baricentro della parete di facciata rispetto alla cerniera in A; yGO = quota del baricentro del cuneo rispetto alla cerniera in A.

Il momento stabilizzante, valutato al polo A, vale:

(8.33)

Il momento ribaltante risulta pari a:

(8.34)

L’equilibrio è valutato, con riferimento alla figura 8.16, rispetto alla cerniera A.Eguagliando i due momenti si ricava il moltiplicatore di collasso α=α0:

(8.35)

8.4.2.4 Ribaltamento composto a cuneo con doppia diagonale per più piani

Come detto anche per altri casi di cinematismo che prendono in considerazioneil comportamento di un fabbricato a più piani, bisogna valutare quale sia la con-dizione più sfavorevole tra quelle eventualmente possibili: l’intera facciata, o alcunilivelli di essa (cfr. anche figura 8.5).

Nella fattispecie, considerando la figura 8.17 si ha:

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n = numero di piani interessati dal cinematismo;W Oi = peso proprio della porzione del cuneo di distacco appartenente al piano

i-esimo;PSOi = peso del solaio agente sulla porzione di cuneo al piano i-esimo, calcolato

in base all’area di influenza;d Oi = braccio orizzontale del punto di applicazione del carico trasmesso dal solaio

sul cuneo di distacco al piano i-esimo rispetto alla cerniera posta in B; xGOi = distanza orizzontale del baricentro della porzione del cuneo di distacco al

piano i-esimo rispetto alla cerniera posta in B; yGOi = quota del baricentro della porzione del cuneo di distacco al piano i-esimo

rispetto alla cerniera posta in B.

Figura 8.17: Schema di ribaltamento a doppio cuneo su più piani

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Il momento stabilizzante, valutato rispetto al polo B, è dato da:

(8.36)

Il momento ribaltante si valuta come:

(8.37)

Eguagliando la (8.36) alla (8.37) si ricava il moltiplicatore di collasso:

(8.38)

8.4.2.5 Ribaltamento del cantonale

Anche questo tipo di meccanismo rappresenta un classico che interessa la partepiù alta dell’edificio e che, generalmente, è concausa dell’azione di puntoni dia-gonali della copertura. In questo caso il macroelemento si forma negli angoli dellepareti perimetrali e la rotazione avviene nel punto A del cuneo come indicatonella figura 8.19.

La geometria del cuneo è connessa alla qualità dei materiali, alle forature, allecapacità più o meno marcate di trattenere il ribaltamento nei vari ripiani da partedi catene, solai ecc, fino ad interessare anche i piani sottostanti (figura 8.18).

Figura 8.18: Fratture di formazione del cuneo cantonale (terremoto dell’Emilia 2012)

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Figura 8.19: Schema di ribaltamento del cantonale

Con riferimento allo schema di figura 8.19 si ipotizza una inclinazione della fratturaa 45°. In tali circostanze si ha:W  = peso proprio del cuneo di distacco;P = carico verticale trasmesso dal puntone del tetto sul cantonale;P H  = spinta statica trasmessa dal puntone sul cantonale nella direzione del

ribaltamento;F V  = componente verticale della spinta di archi o volte esercitata su una delle

due pareti ortogonali convergenti nello spigolo;F’ H  = proiezione nella direzione del ribaltamento della componente orizzontale

della spinta di archi o volte sulla parete, valutata come: F’ H  = (√2−/2) F  H ;PVi = carico verticale trasmesso in testa alla parete i-esima convergente

nell’angolata;P’ Hi = proiezione nella direzione del ribaltamento della spinta statica trasmessa dalla

copertura in testa alla parete i-esima, pari a: P’ Hi = (√2−

/2) P Hi;T’i = proiezione nella direzione del ribaltamento dell’azione trasferita dall’i-esimo

tirante in testa al macroelemento, valutata come: T’i; = (√2−

/2)T i;h = altezza del cuneo di distacco rispetto alla cerniera in A;hV  = quota del punto di applicazione della spinta di archi o volte rispetto alla

cerniera A;

 yG = quota del baricentro del cuneo di distacco rispetto alla cerniera in A;

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d P = braccio orizzontale del carico trasmesso dal puntone del tetto in testa alcuneo di distacco rispetto alla cerniera in A;

d V  = distanza orizzontale, misurata nella direzione del ribaltamento, del puntodi applicazione dell’azione trasferita da archi o volte su una delle due

pareti convergenti nello spigolo rispetto alla cerniera in A;d i = distanza orizzontale, misurata nella direzione del ribaltamento, del punto

di applicazione dell’azione verticale trasmessa in testa all’i-esima pareteconvergente nello spigolo rispetto alla cerniera in A;

 xG = distanza orizzontale, misurata nella direzione del ribaltamento, del baricentrodel cuneo di distacco rispetto alla cerniera in A.

Figura 8.20: Schema di calcolo

Il braccio orizzontale d  x del generico carico verticale rispetto alla cerniera in Apuò essere valutato con la relazione:

d  x = D +  √2−/ 2 (d - a) (8.39)

in cui: D = misura della diagonale del cantonale, pari a:  D =  √2

−s;

s = spessore delle pareti ortogonali convergenti nell’angolata (considerato uguale);d  = distanza orizzontale del punto di applicazione del generico carico

dall’intersezione muraria, misurata nella direzione della parete interessatadal carico e valutata, con segno (positivo in verso uscente dal cantonale),a partire dallo spigolo interno del muro;

a = arretramento del punto di applicazione del generico carico rispetto allo spessore

murario, misurato a partire dalla superficie intema della parete.

8 - Meccanismi locali di collasso

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Il momento stabilizzante delle forze agenti sul sistema vale:

(8.40)

Il momento ribaltante è dato da:

(8.41)

Uguagliando i due termini si ricava il moltiplicatore di collasso α = α0 espresso da:

(8.42)

8.4.3 Meccanismi di flessione verticale

Questo tipo di meccanismo di collasso è ben rappresentato nelle immagini difigura 8.21.

Figura 8.21: Meccanismo di flessione verticale

Si tratta di casi in cui, ad esempio, la copertura è in grado di contenere gli spo-stamenti fuori del piano della parete mentre i solai intermedi no. Una situazioneanaloga però si può presentare anche quando gli orizzontamenti superiore e inferioredi un singolo piano sono ben collegati e quindi garantiscono un efficace conte-nimento allo sbandamento della parete fuori del piano, tuttavia, questa può col-lassare a seguito di un cinematismo conseguente alla formazione di una cernierache divide in due tronchi la parete di piano come indicato in figura 8.22 (tronco

2 superiore, tronco 1 inferiore).

8 - Meccanismi locali di collasso

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8.4.3.1 Flessione verticale di parete monolitica ad un piano

La situazione si presenta come indicato in figura 8.22.In generale la posizione della cerniera (h1, h2) non è determinabile a priori per

cui si procede applicando il principio dei lavori virtuali ai cinematismi che siproducono ad esempio, assegnando una rotazione virtuale ψ = 1 al corpo 1. Sesi indicano con:W  = peso proprio del maschio murario in esame;F V  = componente verticale della spinta di archi o volte sulla parete;F  H  = componente orizzontale della spinta di archi o volte sulla parete;PS  = peso del solaio agente sulla parete, calcolato in base all’area di influenza;

 N  = peso trasmesso alla parete dalle murature e dai solai dei livelli superiori;s = spessore della parete;h = altezza della parete (altezza di interpiano);

hV  = distanza verticale tra il punto di applicazione della spinta di archi o voltesul corpo 2 ed il corrispondente polo di riduzione (carrello in B);

d  = distanza orizzontale dal carrello in B del punto di applicazione del caricotrasmesso alla parete dai piani superiori;

d V  = distanza orizzontale tra il punto di applicazione dell’azione trasferita da archio volte al corpo 2 ed il corrispondente polo di riduzione (carrello in B);

a = distanza orizzontale dal carrello B del punto di applicazione del caricotrasmesso al muro dal solaio.

Figura 8.22: Meccanismo di flessione verticale su un piano

8 - Meccanismi locali di collasso

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Il moltiplicatore di collasso si ottiene dalla seguente relazione:

(8.43)

dove:

(8.44)

Per ottenere il valore di  μ che rende minimo il moltiplicatore di collasso della(8.43) si può procedere per tentativi (ad esempio utilizzando un foglio elettronico).Variando il coefficiente  μ può succedere che l’ipotesi illustrata in figura 8.22, incui si hanno F  H  ed F V  applicate al tronco superiore 2, non sia verificata. In questo

caso, il valore del moltiplicatore di collasso si ottiene applicando la:

(8.45)

Se invece il punto di applicazione di F  H  ed F V  coincide con la cerniera si ha:

(8.46)

Le considerazioni sopra svolte ipotizzano evidentemente una fascia continua diparete verticale. La presenza di fori in una facciata contribuisce quindi a caricaremaggiormente le fasce verticali continue ai lati della medesima.

8.4.3.2 Flessione verticale di parete monolitica a due piani

Il caso è ben evidenziato in figura 8.21, si ha cioè un fenomeno che comprendedue piani consecutivi di un fabbricato e il solaio intermedio non è in grado diesercitare nessun contrasto agli spostamenti della parete. Molte esperienze con-corrono nell’avvalorare l’ipotesi che la cerniera possa formarsi proprio alla quotadel solaio intermedio come indicato nello schema di figura 8.23. In aggiunta sipuò ritenere che la cerniera si possa spostare ad una quota superiore al livellointermedio quanto minore è l’influenza di  N .Nello schema della suindicata figura si considera la quota h1 di formazione dellacerniera coincidente con quella del solaio intermedio h p. Inoltre sia:

W i = peso proprio del macroelemento i-esimo;

8 - Meccanismi locali di collasso

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Applicando il principio dei lavori virtuali ai cinematismi indicati in figura 8.23si ottiene che il moltiplicatore di collasso del sistema risulta dalla:

(8.47)

in cui  E  indica la seguente espressione:

(8.48)

8.4.3.3 Flessione verticale di parete monolitica a tre piani

Questo tipo di meccanismo si forma quando gli orizzontamenti che dividono ipiani non manifestano idonee caratteristiche al contenimento degli spostamenti dellaparete (ad esempio: cordoli, tiranti etc), mentre ciò non accade per i due pianiorizzontali estremi. Il punto di formazione della cerniera plastica dipende dall’azionedei carichi, ma le maggiori probabilità restano localizzate all’interno del pianointermedio. La ricerca del minimo valore di α0 e il controllo (verifica) che ilposizionamento della cerniera sia effettivamente corrispondente con le ipotesi indi-cate in figura 8.24 può essere fatta per tentativi con l’ausilio di un foglio elettronico

di calcolo.Siano:W i = peso proprio del macroelemento i-esimo;F Vi = componente verticale della spinta di archi o volte al piano i-esimo;F  Hi = componente orizzontale della spinta di archi o volte al piano i-esimo;PSi = peso del solaio agente al piano i-esimo, calcolato in base all’area di influenza;

 N  = peso trasmesso al corpo 2 dalle murature e dai solai dei livelli superiori;T i = azione dei tiranti eventualmente presenti ai solai intermedi;s1 = spessore della parete al primo livello;s2 = spessore della parete al secondo e terzo livello;

hi = altezza del macroelemento i-esimo;hP1 = distanza verticale del punto di applicazione del carico trasmesso dal solaio

al primo livello rispetto al polo di riduzione del macroelemento l (cernierain A);

hP3 = distanza verticale del punto di applicazione del carico trasmesso dal solaioal secondo livello rispetto al polo di riduzione del macroelemento 2 (carrelloin B);

 xGi = distanza otizzontale del baricentro del corpo i-esimo rispetto al polo diriduzione dello stesso (cerniera in A per il corpo l e carrello in B per ilcorpo 2);

 yGi = distanza verticale del baricentro del corpo i-esimo rispetto al polo di riduzione

8 - Meccanismi locali di collasso

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dello stesso (cerniera in A per il corpo l e carrello in B per il corpo 2);hV1 = distanza verticale del punto di applicazione della spinta di archi o volte

al corpo l rispetto al polo di riduzione dello stesso;hV2,3 = distanza verticale del punto di applicazione della spinta di archi o volte

al corpo 2 rispetto al polo di riduzione dello stesso;d  = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico trasmesso alla

parete dai piani superiori rispetto al carrello in B;d Vi = distanza orizzontale del punto di applicazione dell’azione trasferita da archi

o volte al corpo i-esimo dal rispettivo polo di riduzione (A per i = l eB per i = 2, 3 in figura 8.24);

a1 = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico trasmesso dal solaioal primo livello rispetto al polo di riduzione del macroelemento l (cernierain A);

a2 = distanza orizzontale del punto di applicazione del carico trasmesso dai solai

al secondo e terzo livello rispetto al polo di riduzione del macroelemento2 (carrello in B).

Figura 8.24: Meccanismo di flessione verticale su tre piani

8 - Meccanismi locali di collasso

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Applicando il principio dei lavori virtuali ai cinematismi indicati in figura 8.24si ottiene il moltiplicatore di collasso del sistema risulta dalla:

(8.49)

dove  E  rappresenta l’espressione indicata nel seguito:

(8.50)

8.4.3.4 Flessione verticale di parete a doppia cortina ad un piano

Nel caso di pareti a doppia cortina la loro interazione dipende da molteplici fattori,non ultimo il grado di collegamento fra i due paramenti murari. Molto spesso ilmeccanismo interessa il solo paramento esterno il quale è soggetto a minori carichistabilizzanti (verticali).Se si ritiene che il comportamento dei due paramenti sia tale da funzionare inmodo autonomo la soluzione del problema diventa analoga a quella già indicataal paragrafo 8.4.3.1. Ciascuno dei due paramenti verrà valutato indipendentemente

dall’altro ipotizzando condizioni di carico specifiche per entrambi in quota parte.Se invece si ritiene che il comportamento di uno dei due paramenti sia influenzatodall’altro, nel senso che una quota parte delle azioni orizzontali - ad esempiodella parete interna - possa essere trasmessa all’altra (esterna), allora si può pro-cedere considerando che una quota parte ρ delle azioni orizzontali sia trasferitada questa a quella.In figura 8.25 viene rappresentato lo schema relativo al cinematismo ipotizzabile.Il paramento esterno è indicato con la lettera A, quello interno con lettera B.Anche i pedici seguono questi riferimenti.Per quanto riguarda le altre grandezze rappresentate in figura si ha:

W  = peso proprio del maschio murario in esame;F V  = componente verticale della spinta di archi o volte sulla parete;F  H  = componente orizzontale della spinta di archi o volte sulla parete;PS  = peso del solaio agente sulla parete, calcolato in base all’area di influenza;

 N  = peso trasmesso alla parete dalle murature e dai solai dei livelli superiori;s = spessore della parete;h = altezza della parete (altezza di interpiano);hV  = distanza verticale tra il punto di applicazione della spinta di archi o volte

sul corpo 2 ed il corrispondente polo di riduzione (carrello in B);d  = distanza orizzontale dal carrello in B del punto di applicazione del carico

trasmesso alla parete dai piani superiori;

8 - Meccanismi locali di collasso

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d V  = distanza orizzontale tra il punto di applicazione dell’azione trasferita da archio volte al corpo 2 ed il corrispondente polo di riduzione (carrello in B);

a = distanza orizzontale dal carrello B del punto di applicazione del caricotrasmesso al muro dal solaio.

Figura 8.25: Meccanismo di flessione verticale di doppia cortina su un piano

Sia inoltre (cfr. anche formula 8.44):

ρ = quota di forze trasmesse dal paramento interno a quello esterno

In tali circostanze l’applicazione del principio dei lavori virtuali al cinematismodi figura 8.25 porta alla seguente determinazione di:

(8.51)

8 - Meccanismi locali di collasso

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Il valore di μ, viene individuato in modo da minimizzare la (8.51), come per leprocedure indicate nei precedenti paragrafi. Il Manuale AeDES indica anche unvalore massimo di ρ da inserire sempre nella (8.51):

ρmax = 0,2 (8.52)

salvo, naturalmente, valutazioni più accurate.Se le azioni F  H  e F V  sono esercitate, anziché sul corpo 2, sul corpo 1, indicandocon hv la quota rispetto al punto A si ottiene:

(8.53)

8.4.3.5 Flessione verticale di parete a doppia cortina a due piani

Con le indicazioni già contenute al paragrafo precedente, compendiate da quelledel paragrafo 8.4.3.2 per quanto concerne i due piani, si può indicare nello schemadi figura 8.26 il cinematismo del complesso della doppia cortina. Questo schemaè adatto in quei casi, non infrequenti, in cui il solaio intermedio è collegato alsolo paramento interno.

Figura 8.26: Meccanismo di flessione verticale di doppia cortina a due piani

8 - Meccanismi locali di collasso

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In tali circostanze il moltiplicatore di collasso si ottiene rendendo minima la:

(8.54)

Si ricorda che T rappresenta il valore massimo dell’azione trasmessa dall’eventualetirante presente nel solaio intermedio e che ρ è stimato in base alla deformabilitàdel paramento interno e delle modalità di collegamento fra le due cortine.

8.4.4 Meccanismi di flessione orizzontale

Questo meccanismo viene rappresentato in figura 8.27 e si sostanzia nel compor-tamento arco-trave della porzione muraria ortogonale alla direzione del sisma.

Figura 8.27: Meccanismo di flessione orizzontale su parete monolitica

In particolare il meccanismo si innesca quando non si manifesta il ribaltamentodella facciata perché trattenuta efficacemente, ad esempio per la presenza di tirantilungo i muri A e B.L’effetto arco (figura 8.27b) comporta la scomposizione dell’azione sui muri orto-gonali A e B in V e H. In tal senso, localmente, alle estremità è necessarioverificare l’efficace contrasto verso queste due componenti da parte dei vincoli

di estremità. Nel caso in cui la cellula sia confinata alle estremità da altre pareti

8 - Meccanismi locali di collasso

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murarie, ovvero quando l’elemento che si considera appartiene ad esempio aduna schiera, il contrasto ad H potrebbe risultare efficace. Lo stesso potrebbe dirsinel caso di presenza di un tirante parallelo alla muratura di facciata. Viceversa,nel caso di elementi isolati o d’angolo, la situazione potrebbe comportare l’innesco

del cinematismo indicato in figura 8.27a, magari favorito dalle forature.Allo stesso modo, la componente V, potrebbe essere assorbita o da tiranti, comeanzidetto, o dall’efficienza delle croci di muro (ammorsamento).

8.4.4.1 Flessione orizzontale di parete monolitica non confinata

La valutazione del primo caso descritto nel paragrafo precedente, ovvero la man-canza di efficaci contrasti all’azione H, può essere esemplificata mediante lo schemadi figura 8.28 nella quale sono evidenziate le cerniere cilindriche (Y verticale e

X oblique) della parete ortogonale alle azioni sismiche e i ribaltamenti lateralidelle murature parallele.

Figura 8.28: Meccanismo di flessione orizzontale di parete monolitica non confinata

Se il sistema murario in esame non manifesta un quadro fessurativo evidente, laricerca dell’effettiva geometria di collasso non è immediata e pertanto andrebberoeffettuati vari tentativi per determinare il moltiplicatore di collasso minimo.Uno schema semplificato per la soluzione del problema è rappresentato in figura8.29 dove:W i = peso proprio del macroelemento i-esimo;PVi1 = i-esimo carico verticale trasmesso in testa al macroelemento l;PVi2 = i-esimo carico verticale trasmesso in testa al macroelemento 2;

P Hi1 = i-esima spinta statica trasmessa dalla copertura in testa al corpo l;

8 - Meccanismi locali di collasso

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P Hi2 = i-esima spinta statica trasmessa dalla copertura in testa al corpo 2; H  = valore massimo della reazione sopportabile dalla parete, o dalle pareti, di

controvento oppure dall’eventuale tirante orizzontale;s = spessore della parete;

 Li = lunghezza del macroelemento i-esimo;d i1 = distanza orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo carico che agisce

in testa al corpo l rispetto al proprio polo di riduzione (cemiera in A);d i2 = distanza orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo carico che agisce

in testa al corpo 2 rispetto al proprio polo di riduzione (carrello in B); xGi = distanza orizzontale del baricentro del corpo i-esimo dal proprio polo di

riduzione.

Figura 8.29: Meccanismo di flessione orizzontale di parete monolitica non confinata

Applicando il principio dei lavori virtuali si ottiene il moltiplicare di collasso rap-presentato dalla relazione:

(8.55)

La (8.55) prevede di aver preliminarmente valutato il termine H rappresentantele resistenze offerte dalle pareti di controvento e/o da altri elementi idonei a con-trastare questa azione (cordoli, tiranti etc). Allo scopo può risultare utile lo schemasemplificato di figura 8.30.

8 - Meccanismi locali di collasso

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Figura 8.30: Schema per la valutazione di H

Questa volta la sezione muraria rappresentata in figura appartiene ai muri A e Bdelle immagini 8.27a e 8.28. L’azione H si determina dalle condizioni di equilibrioal ribaltamento rispetto al polo A:

(8.56)

Eguagliando la (8.55) con la (8.56) si ottiene:

(8.57)

L’altezza h H  = h - θb di figura 8.30 viene calcolata dopo aver fissato l’altezzab dei corpi interessati al cinematismo. Nel caso di una fascia muraria rettangolare(ad esempio un sopraluce) di altezza b, il coefficiente θ vale:

θ = 0,5 (distribuzione rettangolare delle masse in verticale) (8.58)

Se invece l’altezza della porzione di muro spingente è triangolare (cuneo) si ha:

θ = 0,33 (distribuzione triangolare delle masse in verticale). (8.59)

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Le azioni applicabili sono rappresentate da:- masse inerziali della fascia muraria;- masse inerziali di orizzontamenti e/o coperture;- eventuali spinte di volte o archi ortogonali al piano della muratura;

ovvero: p = γbs+ psl = carico verticale applicato all’elemento murario per unità di

lunghezza, con: γ peso specifico della muratura, b altezza della fascia, sspessore della parete,  ps carico trasmesso dal solaio o dalla copertura permetro quadro, l profondità dell’area di influenza del solaio (o lunghezzadell’orizzontamento gravante sulla parete);

 p H  = eventuale componente orizzontale, per unità di lunghezza, dell’azione staticatrasmessa dalla copertura spingente;

F  H  = eventuale componente orizzontale, concentrata, dell’azione statica trasmessadalla copertura spingente;

 f  = freccia dell’arco.

La curva delle pressioni, ovviamente, modifica la propria forma in funzione deicarichi ad essa applicati e quindi in funzione di α, conseguentemente la freccia

 f varia in funzione di α. Se, come indicato in figura 8.32b, si considera la sezionedella fascia muraria e il diagramma stress-block per la tensione di rottura a com-pressione σ r, la ricerca dell’asse neutro (distanza 2u dal lembo superiore) si effettuanel seguente modo.

Figura 8.32: a) valutazione della spinta H;

b) Sezione parzializzata della fascia muraria resistente

Dapprima si utilizza lo schema di figura 8.32a per la determinazione di  H , ovvero:

(8.60)

Inoltre si ha che il massimo sforzo normale di compressione sopportabile dallasezione di fascia muraria è:

(8.61)

8 - Meccanismi locali di collasso

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Eguagliando la (8.60) alla (8.61) e supponendo che sia:

(8.62)

si ottiene

(8.63)

Il massimo valore di α0 può arrivare a:

(8.64)

il quale si ottiene per:

(8.65)

È opportuno comunque procedere per tentativi considerando più valori di u inmodo da valutare l’effettivo (si fa per dire) valore di u, tenendo presente che,ovviamente, più alta è la σ r, più risulta basso u.

8.4.4.3 Flessione orizzontale di parete a doppia cortina non confinata

Per i casi in cui le pareti sono composte da doppia cortina valgono le considerazionigenerali svolte nel paragrafo 8.4.3.4.Considerando lo schema di figura 8.33, viene rappresentata la condizione in cuientrambi i paramenti sono interessati dalla flessione orizzontale. La simbologiaindicata viene specificata dai pedici 1 e 2, che si riferiscono ai 2 paramenti indicati,e dai pedici i che indicano l’iesima azione (cfr. anche paragrafo 8.4.4.1).Applicando il principio dei lavori virtuali al cinematismo si ottiene il valore del

moltiplicatore di collasso:

(8.66)

Se si ritiene che il cinematismo interessi solo una delle due cortine (spesso la cortinaesterna), la (8.66) deve essere utilizzata con i soliti dati relativi alla parete A.

8 - Meccanismi locali di collasso

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Figura 8.33: Meccanismo di flessione orizzontale per parete

a doppia cortina senza confinamento

8.4.4.4 Flessione orizzontale di parete a doppia cortina confinata

Si può utilizzare una relazione analoga alla (8.63) con l’utilizzo dei parametri ρe ρ H , i quali rappresentano rispettivamente

ρ = aliquote dovute alle azioni inerziali trasmesse dal paramento interno (pediceB) a quello esterno (pedice A)2;

ρ H  = azioni statiche sopportate dal paramento esterno.

Purtroppo la determinazione di queste aliquote risulta, come ben si può immaginare,estremamente difficile e pertanto resta praticamente affidata alla sensibilità tecnicadel progettista.Stanti le suindicate premesse il moltiplicatore di collasso si ottiene dalla seguenterelazione:

(8.67)

8 - Meccanismi locali di collasso

145

2 Cfr. anche paragrafo 8.4.3.4.

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8.4.5 Sfondamento della parete del timpano

Il meccanismo è molto ben rappresentato nelle foto e nello schema delle immagini8.34a, b e c. Si tratta in sostanza di crolli dovuti al martellamento della trave di

colmo sulla muratura del timpano, conseguente all’azione ciclica degli spostamentisismici orizzontali.

Figura 8.34: Sfondamento del timpano murario. a) e b) Edifici di culto dopo il terremoto

dell’Emilia 2012; c) Schema del meccanismo di collasso

Come si può ben notare lo schema della porzione che si distacca è influenzata,oltre che dalla qualità dei materiali, anche da molti parametri relativi alla geometria.Ad esempio la presenza di forature, ma anche dalla forma stessa del timpano (sinoti la differenza di come e quanto emergono quelli delle figure 8.34a e 8.34bin relazione al corpo di fabbrica).In ogni caso la presenza della trave di colmo, a maggior ragione se consistente,favorisce l’innesco del fenomeno, così come il fatto che la conformazione murariapossa essere una doppia cortina con funzionamento più o meno slegato dei dueparamenti come è evidenziato nella figura 8.35.

8 - Meccanismi locali di collasso

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Figura 8.35: Crollo di cortina muraria a seguito di martellamento del colmo nel timpano

(terremoto Abruzzo 2009)

Per definire compiutamente la geometria dei macroelementi soggetti a ribaltamentoè necessario stabilire l’inclinazione dell’angolo  β indicato nello schema di figura8.36. Per situazioni già fessurate ciò può essere fatto più agevolmente rispetto adaltre condizioni in cui la determinazione va ricercata al fine di individuare il mol-tiplicatore di collasso minimo. Più l’angolo  β risulta piccolo più la cerniera cilin-drica si dispone in senso orizzontale. Il meccanismo allora tende a quello di ribal-

tamento semplice attorno alla sua base come nel caso illustrato nell’immagine8.34b.

Figura 8.36: Schema di meccanismo di ribaltamento del timpano

8 - Meccanismi locali di collasso

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Una semplificazione del problema è quella relativa all’ipotesi di simmetria rispettoalla verticale del colmo.Con riferimento alla figura 8.36 si ha inoltre:1 e 2 = Macroelementi a sinistra e destra dell’immagine;

A = O1 = O2 = origine dei sistemi di riferimento; z1 e z2 = assi generatrici di riferimento obliqui con inclinazione  β; β = angolo di inclinazione sull’orizzontale; y1 = y2 = assi perpendicolari alla parete; x1 e x2 = assi perpendicolari rispettivamente a  y1 e  y2; X, Y, Z  = sistema di riferimento globale;C = punto di contatto fra gli elementi 1 e 2 (vedi anche figura 8.36);W 1 e W 2 = pesi propri dei macroelementi;P = carico trasmesso dalla trave di colmo;PVi1 e PVi2= eventuali altri i carichi verticali trasmessi agli elementi 1 e 2;

s = spessore della parete;d P = distanza del punto di applicazione di P rispetto alla superficie esterna

della parete del timpano (arretramento di P);d i1 e d i2 = arretramenti di PVi1 e PVi2;

 xG1 = distanza misurata su  x1 del corpo 1 rispetto O1 (cfr. anche figura8.37);

 xG2 = distanza misurata su  x2 del corpo 2 rispetto O2; xP = distanza misurata su  x1 di P rispetto O1; xPVi1 = distanza misurata su  x1 di PVi1 rispetto O1; xPVi2 = distanza misurata su  x2 di PVi2 rispetto O2.

Figura 8.37: Posizione dei baricentri

Stanti le suindicate indicazioni, procedendo all’applicazione del principio dei lavorivirtuali sui cinematismi di 1 e 2 si giunge alla determinazione del moltiplicatoredi collasso α0 espresso nella seguente relazione:

(8.68)

8 - Meccanismi locali di collasso

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dove: j  = 1, 2w = s tanβ sinβ (8.69)

Come già anticipato per

 β = 0 ⇒ w = 0 (8.70)

la (8.68) esprime la condizione di ribaltamento semplice della parete intorno aduna cerniera cilindrica orizzontale.Nel caso di scarsa resistenza a compressione della muratura può essere consideratoun arretramento d C  del punto C rispetto al filo esterno del timpano. In tali cir-costanze, detta

a = d c + s = arretramento di C dal filo esterno del muro, (8.71)

la (8.69) diventa:

w = a tanβ sinβ (8.72)

8 - Meccanismi locali di collasso

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8.5 MECCANISMI DI II° MODO

8.5.1 Casi generali

Tra le possibilità di rottura nel piano di un paramento murario per azioni orizzontalivi sono quelle indicate in figura 8.38.

Figura 8.38: Rotture per fessurazione diagonale

Per analizzare la condizione limite di schemi di questo tipo, in cui la parete èisolata e decontestualizzata, sarebbe sufficiente un’analisi dell’equilibrio diconci. Una volta fissate le geometrie si perverrebbe alla determinazione delmoltiplicatore di collasso in analogia a molti casi sviluppati in precedenza.Ad esempio se si considera il caso di figura 8.39, indicando con  M S  e  M  R,rispettivamente il momento stabilizzante e il momento ribaltante rispetto al poloO si ha:

 M S  = P k L + W L / 3 (8.73)

 M  R = α0 P H  + α0 W  2  H  / 3 = α0  H  (P + 2 W  / 3) (8.74)

da cui, eguagliando i valori si ottiene:

(8.75)

8 - Meccanismi locali di collasso

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Figura 8.39: Schema di calcolo per moltiplicatore di collasso

8.5.2 Pannello murario di controventamento con tirante

Nel caso in cui si voglia verificare l’efficacia di un pannello murario di controven-tamento rispetto all’azione di un tirante di contenimento al ribaltamento fuori pianodella parete ortogonale, si può procedere con lo schema di figura 8.40 in cui:1 = parete controventata di lunghezza  B, altezza  H  e spessore t 2 = parete di controventamento di lunghezza  L, altezza  H e spessore s

P = risultante del carico dai muri soprastantiT = azione sul tirante esercitato da 1

Figura 8.40: Prospetto (sopra) e pianta (sotto) di una parete di controventamento con tirante

8 - Meccanismi locali di collasso

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Procedendo con ragionamenti già visti ai paragrafi 8.2 e 8.4.1.1, per valutare iltiro T  necessario al contenimento del meccanismo fuori piano della parete 1 sipuò procedere nel seguente modo:

 M S 1 = P1 d P1 + W 1 t / 2 (8.76)

 M  R1 = α0 P1  H  + α0 W 1  H / 2 = α0  H  (P1 + W 1 / 2) (8.77)

A  M S 1 è associabile l’azione F S1 stabilizzante alla quota del tirante:

F S 1 =  M S 1 /  H  (8.78)

così come a  M  R1 è associabile l’azione F  R1 stabilizzante alla quota del tirante

F  R1 =  M  R1 /  H  (8.79)

di segno opposto alla precedente. Pertanto il tirante deve esercitare un’azione dicontrasto T  pari alla differenza:

T  = F S 1 - F  R1 =  M S 1 /  H  -  M  R1 /  H  (8.80)

Posto:

F* R1 =  M  R1 /  H  (8.81)

la (8.80) diventa

T  = F S 1 - α0 F* R1 (8.82)

Per quanto riguarda la parete 2 ci si riconduce allo schema illustrato in figura 8.39.La soluzione dei cinematismi del sistema 1 + 2 conduce alla seguente relazione perla valutazione del moltiplicatore di collasso con evidente significato dei simboli:

(8.83)

8 - Meccanismi locali di collasso

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8.5.3 Parete con aperture

In queste circostanze si considera un sistema di muri funzionanti in parallelo (trenodi muri) costituiti dalle porzioni dei maschi residuali dei fori. Se ad esempio con-

sideriamo la parete rappresentata in figura 8.41 di altezza  H nella quale sono pre-senti 2 fori, il tirante T  è sito in una fascia continua, mentre le forature hannoaltezze e quote di partenza diverse, originando porzioni resistenti di murature indi-viduate nelle zone tratteggiate.

Figura 8.41: Parete con forature

Con evidente significato dei simboli, in rapporto a quanto indicato nei precedentiparagrafi, il moltiplicatore di collasso diventa:

(8.84)

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In analogia con quanto indicato alle (8.78), (8.79) e (8.81) con F S 0 e F* R0 sisono indicati i parametri desunti dai momenti stabilizzanti e ribaltanti di una paretecontroventata indicata con la lettera 0. La (8.84) è facilmente reiterabile per trenidi pareti superiori a 3 maschi murari, ovvero con forature superiori a 2.

8 - Meccanismi locali di collasso

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9PALAZZI, VILLE ED ALTRE STRUTTURE

CON PARETI DI SPINAED ORIZZONTAMENTI INTERMEDI

9.1 GENERALITÀ

Per lo studio di questa tipologia di manufatti vale quanto indicato nei precedenticapitoli 7 e 8. In particolare l’analisi dei meccanismi locali di collasso risulta di

fondamentale importanza e spesso imprescindibile nel caso in cui la costruzionepresenti caratteristiche tali da non offrire garanzia di comportamento scatolare opeculiarità non ordinarie (altezze interpiano, complessità di pianta ed alzato etc.).In generale comunque è sempre possibile seguire le indicazioni contenute nelleNTC e Circolare 617/09 che prevedono i seguenti metodi di analisi sismica:- Analisi statica lineare;- Analisi dinamica modale;- Analisi statica non lineare;- Analisi dinamica non lineare.

9.2 MODELLI SEMPLIFICATI DI PRIMO LIVELLO LV1

Il modello semplificato di livello LV1 presuppone che, nell’ambito del compor-tamento strutturale complessivo del sistema, si abbia una rottura delle pareti portantinel proprio piano. È applicabile ad edifici in muratura che, come recita la Direttiva,non presentino tipologie costruttive particolari.Richiamando la relazione generale del tipo della (2.14) è possibile scrivere l’inversanella forma:

(9.1)

dove:F SLV  è la resistenza a taglio dell’edificio;q è il coefficiente di struttura, per il quale sulla base delle NTC e della

relativa Circolare può essere assunto un valore compreso tra 3 e 3.6, peredifici con numero di piani maggiore o uguale a due e regolari in elevazione,mentre negli altri casi q deve essere compreso tra 2.25 e 2.8; si osservache i palazzi tutelati sono spesso caratterizzati da una buona qualità costrut-tiva, che giustifica l’assunzione dei valori proposti dalle NTC. Nel caso

di edifici caratterizzati da un meccanismo di collasso nei maschi murari,

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con fasce di piano rigide e resistenti, la direttiva indica che è comunqueopportuno attribuire al coefficiente di struttura i valori più bassi tra quelliappena indicati;

M è la massa sismica totale;

e* è la frazione di massa partecipante sul primo modo di vibrazione.

In base al valore dell’ordinata dello spettro di risposta si determina il periodo diritorno T SLV dell’azione sismica corrispondente, mediante un procedimento iterativoche utilizza i dati disponibili in appendice delle NTC relativi ai 9 periodi di ritornostandard (vedi anche figura 2.1.)1. Al tempo di ritorno T SLV  così valutato sonoassociati i corrispondenti valori di ag, F 0 e T*C, attraverso i quali sono definititutti i parametri dello spettro. Il valore dell’accelerazione, riferita a suolo rigido(categoria di sottosuolo A), che porta al raggiungimento dello stato limite ultimoin quel sito può essere calcolato come:

(9.2)

dove:T 1 è il periodo fondamentale di vibrazione della struttura;T  B, T C  e T  D sono i periodi caratteristici dello spettro di risposta (vedi paragrafo

2.12);

S=S S  S T  è il coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e dellecondizioni topografiche (vedi paragrafi 2.10, 2.11, 2.12).

Le (9.2) rappresentano le inverse della seconda e terza delle relazioni (2.6).La valutazione di T 1 non è di diretta determinazione e, in generale occorrerebbeprocedere ad una analisi modale. Un’alternativa è rappresentata dalla:

T 1 = C 1  H ¾ (9.3)

dove C 1 è un coefficiente che dipende dalla tipologia strutturale e che per lemurature può essere posto pari a 0,5, mentre H è l’altezza della costruzione, espressa

in metri, misurata dallo spiccato di fondazione.La (9.3) è però valida solo se:

a) l’altezza della costruzione è ≤ 40 m;b) la massa è approssimativamente distribuita in modo costante sull’intera altezza;c) T 1 ≤ 2,5 T C ;d) T 1 ≤ T  D.

9 - Palazzi, ville ed altre strutture con pareti di spina ed orizzontamenti intermedi

156

1 Un esempio di calcolo iterativo di TSLV è stato proposto in: Marco Boscolo Bielo, Vulnerabilità Sismica degli Edifici Industriali , Legislazione Tecnica Editrice, Roma 2012.

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Se risulta T 1 < T  B si può comunque utilizzare la prima delle (9.2).La resistenza a taglio dell’edificio viene ottenuta come la minore tra quelle valutatesecondo due direzioni perpendicolari, scelte in genere secondo gli assi prevalentidei muri portanti, prendendo in esame l’eventualità del collasso ai diversi piani

della costruzione. Il modello consiste nel considerare, per ciascuna direzione, ipannelli murari portanti verticali e nell’ipotizzare che il collasso avvenga quandola tensione tangenziale media raggiunge un’opportuna quota parte della resistenzaa taglio del materiale muratura.Considerando, a titolo di esempio, la direzione x ed un generico piano i dell’e-dificio:

(9.4)

in cui: A Xi è l’area resistente a taglio dei muri dell’i-esimo piano, posti secondo la

direzione x (è opportuno considerare anche i pannelli aventi inclinazionecompresa tra ±45°, considerando un’area efficace ridotta dal coefficientecosα);

τdi è il valore di calcolo della resistenza a taglio della muratura nei maschimurari del piano i:

(9.5)

dove:τ0d è valore di calcolo della resistenza a taglio della muratura (valutato tenendo

conto del fattore di confidenza F C ); σ 0i è la tensione verticale media sullasuperficie resistente dei muri all’i-esimo piano;

κi è il rapporto tra la risultante delle forze sismiche al piano i-esimo e laforza sismica totale;

 β xi è un coefficiente di irregolarità in pianta al piano i-esimo, associato allaeccentricità e yi, del centro delle rigidezze rispetto al baricentro delle masse(la cui entità può essere stimata), ed alla distanza d  yi, tra il baricentro delle

rigidezze e la parete in direzione  x più esterna:

(9.6)

Nel caso in cui siano state rilevate tutte le pareti portanti, il coefficiente di irre-golarità in pianta può essere valutato in modo più accurato; note per la genericaparete k , in direzione  x, l’area resistente in pianta  A xi,k , il modulo di taglio dellamuratura G M,k e la posizione yk rispetto al sistema di riferimento, è possibile valutareil baricentro delle rigidezze:

9 - Palazzi, ville ed altre strutture con pareti di spina ed orizzontamenti intermedi

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(9.7)

Il coefficiente di irregolarità in pianta vale quindi:

(9.8)

 μ xi è un coefficiente che considera l’omogeneità di rigidezza e resistenza dei maschimurari, che può essere così valutato:

(9.9)

dove: N mxi è il numero di maschi murari in direzione  x, al piano i; A xi,j  è l’area del generico maschio in direzione  x al piano i (la sommatoria è

estesa a tutti i maschi del piano - Σ j  A xi,j = A xi);ξ xi è un coefficiente legato al tipo di rottura prevista in prevalenza nei maschi

murari dell’i-esimo piano; esso vale 1 nel caso di collasso per taglio, mentrepuò essere assunto pari a 0,8 nel caso di collasso per presso-flessione (maschisnelli, poco caricati verticalmente o in presenza di fasce deboli);

ζx è un coefficiente legato alla resistenza delle fasce murarie di piano nelle

pareti disposte in direzione  x; esso vale 1 nel caso di fasce resistenti (rotturadei maschi murari verticali), mentre può assumere un valore minore (fino a0,8) nel caso di fasce deboli, non in grado di bloccare la rotazione alle estremitàdei maschi murari.

La massa  M da considerare per la valutazione dell’azione sismica allo stato limiteultimo è quella associata ai carichi gravitazionali

(9.10)

dove:Gk  sono i carichi permanenti (al loro valore caratteristico), computati sull’intero

edificio;Qkj  sono i carichi variabili accidentali (al loro valore caratteristico) al piano

 j-esimo;g è l’accelerazione di gravità;ψ2j  è un coefficiente di combinazione che tiene conto della probabilità che i

carichi variabili al piano j-esimo siano presenti in occasione del sisma;N è il numero di piani.Infine, per valutare la frazione di massa partecipante al moto dinamico e* e il

coefficiente κi è necessario ipotizzare una forma modale. Indicato con Φ il vettore

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che rappresenta lo spostamento dei diversi piani secondo la forma assunta comemodo di collasso (adimensionalizzato al valore unitario in sommità dell’edificio),i due coefficienti sono dati da:

(9.11)

(9.12)

in cui:m j  è la massa del piano j-esimo;Φ j  è lo spostamento orizzontale al piano j-esimo.Nel caso in cui si possano assumere sostanzialmente costanti sia l’altezza di inter-piano, sia la massa di piano, la formulazione può essere semplificata come segue:

(9.13)

(9.14)

Nel caso in cui non venga definito con precisione il modo di collasso Φ, è possibileassumere una forma modale triangolare, cui corrispondono i seguenti valori perla frazione di massa partecipante sul primo modo e per il coefficiente che definiscela forza al piano i-esimo:

(9.15)

(9.16)

La valutazione dell’accelerazione allo stato limite ultimo va eseguita secondo iseguenti passi:

- calcolo della resistenza secondo le due direzioni in pianta ed ai diversi piani;

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la (9.3) fornisce la resistenza al piano i-esimo, rapportata come forza equivalentea piano terra, in modo da rendere tutti i valori tra loro comparabili;

- identificazione del piano e della direzione più vulnerabile all’azione sismica,come minimo tra i valori sopra indicati;

- valutazione dell’accelerazione aSLV  dell’edifico, attraverso la (9.2), per il pianoe la direzione di maggiore debolezza.

Come è stato osservato ad inizio di paragrafo la procedura testè illustrata considera,per così dire, caratteristiche globali della costruzione e, in questo senso, offrerisultati in ambito globale. Nel caso in cui l’edificio risultasse particolarmentevulnerabile nei riguardi di qualche meccanismo locale significativo (per carenzadi collegamenti), si dovrà valutare l’accelerazione orizzontale che porta allo SLVquel macroelemento e confrontarla con quella ottenuta dal modello illustrato.

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10CHIESE E ALTRE STRUTTURE CON GRANDI AULE

10.1 GENERALITÀ

Come anticipato al paragrafo 7.5 questi edifici presentano caratteri non ordinari

quali la presenza di grandi aule e volumi, la mancanza di orizzontamenti rigidi,

la presenza di coperture spingenti, etc. In generale questi corpi di fabbrica pre-

sentano quindi una risposta strutturale autonoma che può essere discretizzata per

elementi costitutivi: facciata, abside, campanile, cupola, pareti laterali, contrafforti

etc. Per questi motivi vale la procedura di verifica a carattere locale per macroe-lementi vista nel capitolo 8.

Solo nel caso delle chiese a pianta centrale, dotate in genere di uno o più assi

di simmetria in pianta e di una omogeneità costruttiva e buona connessione tra

gli elementi, è significativo procedere attraverso un modello complessivo della

costruzione. In ogni caso si dovranno verificare tutti gli effetti dovuti alle azioni

spingenti di archi, volte e coperture.

Laddove si debbano progettare interventi che possono modificare la risposta

globale, si dovrà effettuare una valutazione della accelerazione al suolo corri-

spondente allo SLV prima e dopo l’intervento per tutti i macroelementi della

chiesa, in relazione ai diversi stati limite. Nello stato attuale dovrà essere valutatapreliminarmente la ripartizione delle azioni sismiche orizzontali tra i macroe-

lementi; nello stato di progetto, le modifiche strutturali introdotte con l’intervento

(masse, rigidezze, collegamenti) potrebbero incidere sull’originale ripartizione

delle azioni sismiche, con effetti anche negativi su alcuni macroelementi (una

corretta strategia di intervento che tuttavia non conserva il funzionamento accer-

tato, consiste proprio nello sfruttare, in modo limitato e controllato, le maggiori

risorse di alcuni elementi).

Quando, invece, l’intervento riguardi un’area limitata (ad esempio in concomi-

tanza di restauri su apparati decorativi), la valutazione può limitarsi al livello

LV2, risultando superflua e problematica una valutazione complessiva della chie-sa (questo avviene in particolare per chiese di grandi dimensioni e complessità,

in concomitanza con interventi locali per i quali la disponibilità finanziaria è

limitata). L’analisi, pertanto, sarà effettuata a livello del singolo macroelemento

sul quale si interviene, con lo scopo di controllare l’efficacia dell’intervento

(confronto tra sicurezza prima e dopo) e la congruità rispetto alla pericolosità

del sito. In questi casi, essendo la valutazione della capacità dell’intero orga-

nismo comunque richiesta, è possibile adottare un metodo semplificato (LV1),

quale ad esempio quello proposto nel paragrafo seguente.

In generale comunque è sempre possibile seguire le indicazioni contenute nelle

NTC e Circolare 617/09 che prevedono i seguenti metodi di analisi sismica:

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- Analisi statica lineare;

- Analisi dinamica modale;

- Analisi statica non lineare;

- Analisi dinamica non lineare.

10.2 MODELLO SEMPLIFICATO LV1 PER LA STIMA DELL’INDICE

DI SICUREZZA SISMICA

Questo approccio semplificato proposto dalla Direttiva, valido per le analisi a

scala territoriale, si basa non tanto su procedure di calcolo dirette, quanto su criteri

qualitativi desunti da una notevole mole di dati elaborati alla stregua di analisi

condotte a seguito di eventi sismici passati (4000 casi).

Il criterio stabilisce una tipologia di 28 meccanismi di danno associati alle diverse

tipologie di macroelementi presenti in una chiesa (vedi tabella 10.1), unitamente

ad una lista di presidi e di indicatori di vulnerabilità (vedi paragrafo 10.3).

Attraverso un procedimento che assegna un punteggio qualitativo a:

vki

= indicatore di vulnerabilità,

vkp

= indicatore relativo ai presidi,

si perviene alla formulazione dell’indice di vulnerabilità così definito:

(10.1)

dove ρk  è il peso attribuito a ciascuno dei 28 meccanismi1. Esso vale 0 per tutti

quei meccanismi che non possono attivarsi per mancanza del macroelemento cor-

rispondente, mentre è compreso tra 0,5 e 1 negli altri casi.

Per quanto concerne il valore da attribuire a vki e v

kp, per ogni meccanismo di

danno, essi risultano ottenibili con l’ausilio della tabella 10.2 sulla scorta di quelli

elencati al paragrafo 10.3.

10 - Chiese e altre strutture con grandi aule

162

1 Ai 28 meccanismi di danno classificato dalla Direttiva è possibile aggiungerne altri diparticolarmente caratteristici.

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Tabella 10.1: Descrizione dei 28 meccanismi di danno per le chiese

Meccanismo di collasso Modo Parte della chiesa

1 Ribaltamento della facciata I°

FACCIATA

2 Meccanismi nella sommità della facciata I°

3 Meccanismi nel piano della facciata II°

4 Protiro - Nartece I° - II°

5 Risposta trasversale dell’aula I°

AULA

6Meccanismi di taglio nelle pareti laterali

(risposta longitudinale)I°

7Risposta longitudinale del colonnato

nelle chiese a più navateII°

8 Volte della navata centrale I° - II°

9 Volte delle navate laterali I° - II°

10 Ribaltamento delle pareti di estremità del transetto I°

TRANSETTO11 Meccanismi di taglio nelle pareti del transetto II°

12 Volte del transetto I° - II°

13 Archi trionfali II° ARCO TRIONFALE

14 Cupola – Tamburo / Tiburio I° - II°

CUPOLA

15 Lanterna I° - II°

16 Ribaltamento dell’abside I°

ABSIDE17 Meccanismi di taglio nel presbiterio o nell’abside II°

18 Volte del presbiterio o dell’abside I° – II°

19Meccanismi negli elementi di copertura – Pareti laterali

dell’aulaI° – II°

COPERTURA20 Meccanismi negli elementi di copertura – Transetto I° – II°

21Meccanismi negli elementi di copertura – Abside e

presbiterioI° – II°

22 Ribaltamento delle cappelle I°

CAPPELLE

CORPI ANNESSI

23 Meccanismi di taglio nelle pareti delle cappelle II°

24 Volte delle cappelle I° – II°

25 Interazioni in prossimità di irregolarità plano-altimetriche I° – II°

26 Aggetti (vela, guglie, pinnacoli, statue) I°

AGGETTI

CAMPANILE27 Torre campanaria I° – II°

28 Cella campanaria I° – II°

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Tabella 10.2: Valutazione del punteggio di vulnerabilità per ogni meccanismo di danno

La (10.1) si propone quindi di rappresentare il comportamento sismico dell’interoedificio su una base statistica mediante l’indice i

vvariabile tra 0 e 1.

Ottenuto in questo modo il valore iv, il passo successivo è quello di determinare

i valori dell’accelerazione sismica attesa al suolo ag, amplificati dal parametro S ,

per gli stati limite da considerare (SLD e SLV), attraverso le:

(10.2)

(10.3)

In relazione ai possibili meccanismi di danno subiti dai macroelementi viene anche

definito l’indicatore di danno:

(10.4)

dove d k 

è il livello di danno subito nei riguardi dei k =28 meccanismi di danno

descritti nelle schede di cui al paragrafo 10.3. Il valore da attribuire a d k 

varia

qualitativamente da 0 a 5, mentre ρk  mantiene lo stesso significato visto per la

(10.1).

Numero degli indicatori di vulnerabilità o dei presidi antisismiciGiudizio

dell’efficaciaVk

almeno 1 33

almeno 2 2

1 22

almeno 2 1

1 1 1

Nessuno 0 0

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2 – MECCANISMI NELLA SOMMITA’ DELLA FACCIATA

id DANNO Ribaltamento del timpano, con lesione orizzontale o a V

Disgregazione della muratura o scorrimento del cordolo

Rotazione delle capriate

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di collegamenti puntuali con gli elementi della

copertura

Presenza di controventi di falda

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di grandi aperture (rosone)

Presenza di una sommità a vela e di grande dimensione e peso

Cordoli rigidi, trave di colmo in c.a., copertura pesante in c.a.

3 – MECCANISMI NEL PIANO DELLA FACCIATA

id DANNO Lesioni inclinate (taglio)

Lesioni verticali o arcuate (rotazione)

Altre fessurazioni o spanciamenti

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di una catena in controfacciata

Contrasto laterale fornito da corpi addossati; chiesa inserita

in aggregato

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di aperture di grandi dimensioni o in numero

elevato (anche se tamponate)

Elevata snellezza (rapporto altezza/larghezza)

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4 – PROTIRO - NARTECE

id DANNO Lesioni negli archi o nella trabeazione per rotazione delle

colonne

Distacco della facciata

Martellamento

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene

Presenza di colonne / pilastri di adeguata dimensione

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di elementi spingenti (archi, volte)

5 – RISPOSTA TRASVERSALE DELL’AULA

id DANNO Lesioni negli arconi (con eventuali prosecuzione nella volta)

Rotazione delle pareti laterali

Lesioni a taglio nelle volte

Fuori piombo e schiacciamento nelle colonne

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di paraste o contrafforti esterni

Presenza di corpi ammassati adiacenti

Presenza di catene trasversali

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di pareti con levata snellezza

Presenza di volte e archi

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6 – MECCANISMI DI TAGLIO NELLE PARETI LATERALI(RISPOSTA LONGITUDINALE)

id DANNO Lesioni inclinate (singole o incrociate)

Lesioni in corrispondenza di discontinuità sulla muratura

iv

PRESIDIANTISISMICI

Muratura uniforme (unica fase costruttiva) e di buona qualità

Presenza di buoni architravi nelle aperture

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di grandi aperture o di ampie zone con muratura di

limitato spessore

Cordoli in c.a. molto rigidi, copertura pesante in c.a.

7 – RISPOSTA LONGITUDINALE DEL COLONNATO NELLE CHIESE A PIU’ NAVATE

id DANNO Lesioni negli archi o negli architravi longitudinaliSchiacciamento e/o lesioni alla base dei pilastri

Lesioni a taglio nelle volte delle navate laterali

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene longitudinali

Presenza di contrafforti in facciata

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di volte pesanti nella navata centrale

Copertura pesante in c.a., cappe armate di significativo

spessore nelle volte

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8 – VOLTE DELLA NAVATA CENTRALE

id DANNO Lesioni nelle volte dell’aula centrale

Sconnessioni delle volte dagli arconi

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene in posizione efficace

Presenza di rinfianchi o frenelli

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di carichi concentrati trasmessi dalla copertura

Volte in foglio, specialmente se su campate di grande luce

Presenza di lunette o interruzioni ed irregolarità nel profilo

delle volte

9 - VOLTE DELLE NAVATE LATERALI

id DANNO Lesioni nelle volte o sconnessioni dagli arconi o dalle pareti

laterali

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene in posizione efficace

Presenza di rinfianchi o frenelli

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di carichi concentrati trasmessi dalla copertura

Volte in foglio, specialmente se su campate di grande luce

Presenza di lunette o interruzioni ed irregolarità nel profilo

delle volte

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10 – RIBALTAMENTO DELLE PARETI DI ESTREMITA’ DEL TRANSETTO

id DANNO Distacco della parete frontale dalle pareti laterali

Ribaltamento o disgregazioni del timpano in sommità

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene longitudinali

Presenza di efficaci elementi di contrasto (contrafforti, corpi

addossati, altri edifici)

Buon collegamento con l’apertura (travi – catena, controventi)

Ammorsamento di buona qualità tra la parete frontale e imuri laterali

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di cordoli rigidi, travi di colmo in c.a., copertura

pesante

Presenza di grandi aperture nella parete frontale (rosone) e/o

in quelle laterali

Presenza di una sommità a vela di grande dimensione

11 – MECCANISMI DI TAGLIO NELLE PARETI DEL TRANSETTO

id

DANNO Lesioni inclinate (singole o incrociate)

Lesioni attraverso discontinuità

iv PRESIDIANTISISMICI

Muratura uniforme (unica fase costruttiva) e di buona qualità

Presenza di buoni architravi nelle aperture

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di cordoli rigidi, copertura pesante

Presenza di grandi aperture o di ampie zone con muratura di

limitato spessore

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12 – VOLTE DEL TRANSETTO

id DANNO Lesioni nelle volte o sconnessioni degli arconi e delle pareti

laterali

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene in posizione efficace

Presenza di rinfianchi o frenelli

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di carichi concentrati trasmessi dalla copertura

Volte in foglio, specialmente se su campate di grandi luci

Presenza di lunette o interruzioni ed irregolarità nel profilo

delle volte

13 – ARCHI TRIONFALI

id DANNO Lesioni nell’arco

Scorrimento nei conci

Schiacciamento o lesioni orizzontali alla base dei piedritti

iv PRESIDIANTISISMICI

Pareti di contrasto efficaci (basso rapporto luce/larghezza

aula, transetto, altri corpi di fabbrica)

Presenza di una catena in posizione efficace

Conci di buona fattura e/o adeguato spessore dell’arco

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di copertura pesante in c.a.

Presenza di cupola o tiburio

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14 – CUPOLA TAMBURO/TIBURIO

id DANNO Lesioni nella cupola (ad arco) con eventuale prosecuzione

nel tiburio

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di una cerchiatura esterna anche a più livelli

Presenza nel tamburo di contrafforti esterni o paraste

Cupola direttamente impostata sugli archi trionfali (assenza

del tamburo)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di grandi aperture nel tamburo

Presenza di carichi concentrati trasmessi dalla copertura

15 – LANTERNA

id DANNO Lesioni nel capolino della lanterna

Rotazioni o scorrimenti dei piedritti

iv

PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene o di una cerchiatura esterna

Presenza di paraste o contrafforti

Dimensioni contenute rispetto a quelle della cupola

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Lanterna di elevata snellezza, con grandi aperture e piccoli

pilastri

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16 – RIBALTAMENTO DELL’ABSIDE

id DANNO Lesioni verticali o arcuate nelle pareti dell’abside

Lesioni verticali negli absidi poligonali

Lesioni ad U negli absidi semicircolari

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di cerchiatura (semicircolare e poligonale) o catene

(rettangolare)

Presenza di efficaci elementi in contrasto (contrafforti, corpiaddossati)

Presenza di copertura controventata, non spingente

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di un forte indebolimento dovuto ad aperture (anche

tamponate) nelle pareti

Presenza di volte spingenti

Cordoli rigidi, copertura pesante, puntoni di falda in c.a.

17 – MECCANISMI DI TAGLIO NEL PRESBITERIO O NELL’ABSIDE

id DANNO Lesioni inclinate (singole o incrociate)

Lesioni in corrispondenza di continuità murarie

iv PRESIDIANTISISMICI

Muratura uniforme (unica fase costruttiva) e di buona qualità

Presenza di buoni architravi nelle aperture

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di cordoli rigidi, copertura pesante

Presenza di grandi aperture o di ampie zone con muratura di

limitato spessore

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18 – VOLTE DEL PRESBITERIO O DELL’ABSIDE

id DANNO Lesioni nelle volte o sconnessioni degli arconi o delle pareti

laterali

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene in posizione efficace

Presenza di rinfianchi o frenelli

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di carichi concentrati trasmessi dalla copertura

Volte in foglio, specialmente su campate di grande luce

Presenza di lunette o interruzioni ed irregolarità nel profilo

delle volte

19 – MECCANISMI NEGLI ELEMENTI DI COPERTURA – PARETI LATERALI DELL’AULA

id DANNO Lesioni vicine alle teste delle travi lignee, scorrimento delle

stesse

Sconnessioni tra cordoli e muratura

Movimenti significativi del manto di copertura

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

Presenza di collegamenti delle travi alla muratura

Presenza di controventi di falda (tavolato incrociato o tiranti

metallici)

Presenza di buone connessioni tra gli elementi di orditura

della copertura

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di copertura staticamente spingente

Presenza di cordoli rigidi, copertura pesante

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20 – MECCANISMI NEGLI ELEMENTI DI COPERTURA - TRANSETTO

id DANNO Lesioni vicine alla testa delle travi lignee, scorrimento delle

stesse

Sconnessioni tra cordoli e muratura

Movimenti significativi del manto di copertura

iv PRESIDI

ANTISISMICI

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

Presenza di collegamenti delle travi alla muratura

Presenza di controventi di falda (tavolato incrociato o tiranti

metallici

Presenza di buone connessioni tra gli elementi di orditura

della copertura

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di copertura staticamente spingente

Presenza di cordoli rigidi, copertura pesante

21 – MECCANISMI NEGLI ELEMENTI DI COPERTURA – ABSIDE E PRESBITERIO

id DANNO Lesioni vicine alle teste delle travi lignee, scorrimento delle

stesse

Sconnessioni tra i cordoli e muratura

Movimenti significativi del manto di copertura

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muratura

armata, altro)

Presenza di collegamenti delle travi alla muratura

Presenza di controventi di falda (tavolato incrociato o tiranti

metallici)

Presenza di buone connessioni tra gli elementi di orditura

della copertura

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di copertura staticamente spingente

Presenza di cordoli rigidi, copertura pesante

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22 – RIBALTAMENTO DELLE CAPPELLE

id DANNO Distacco della parete frontale dalle pareti laterali

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di efficaci elementi di contrasto (contrafforti, edifici

addossati)

Presenza di cerchiature o incatenamento

Ammorsamento di buona qualità tra la parete frontale ed i

muri laterali

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di forte indebolimento dovuto ad aperture nelle

pareti

23 – MECCANISMI DI TAGLIO NELLE PARETI DELLE CAPPELLE

id DANNO Lesioni inclinate (singole o incrociate)

Lesioni in corrispondenza di continuità murarie

iv PRESIDIANTISISMICI

Muratura uniforme (unica fase costruttiva) e di buona qualità

Presenza di buoni architravi nelle aperture

Presenza di cordoli leggeri (metallici reticolari, muraturaarmata, altro)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di cordoli rigidi, copertura pesante

Presenza di grandi aperture (anche tamponate), muratura di

limitato spessore

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24 – VOLTE DELLE CAPPELLE

id DANNO Lesioni nelle volte o sconnessioni nelle pareti laterali

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di catene in posizione efficace

Presenza di rinfianchi o frenelli

INDICATORI DIVULNERABILITÀ Presenza di carichi concentrati trasmessi dalla coperturaVolte in foglio, specialmente se molto ribassate

Presenza di lunette o interruzioni ed irregolarità nel profilo

delle volte

25 – INTERRUZIONI IN PROSSIMITA’ DI IRREGOLARITA’ PLANO-ALTIMETRICHE

id DANNO Movimento in corrispondenza di discontinuità costruttive

Lesioni nella muratura per martellamento

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di un’adeguata connessione tra murature di fasi

diverse

Presenza di catene di collegamento

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di un’elevata differenza di rigidezza tra i due corpi

Possibilità di azioni concentrate trasmesse dall’elemento di

collegamento

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26 – AGGETTI (VELA, GUGLIE, PINNACOLI, STATUE)

id DANNO Evidenza di rotazioni permanenti o scorrimenti

Lesioni

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di perni di collegamento con la muratura o

elementi di ritegno

Elementi di limitata importanza e dimensione

Muratura monolitica (a conci squadrati o comunque di buona

qualità)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Elementi di elevata snellezza

Appoggio in falso sulle murature sottostanti in falso

Posizione asimmetrica rispetto all’elemento sottostante (specie

se l’aggetto ha notevole massa)

27 – TORRE CAMPANARIA

id DANNO Lesioni vicino allo stacco dal corpo della chiesa

Lesioni a taglio o scorrimento

Lesioni verticali o arcuate (espulsione di uno o più angoli)

iv PRESIDIANTISISMICI

Muratura uniforme (unica fase costruttiva) e di buona qualità

Presenza di catene ai diversi ordini

Presenza di adeguata distanza dalle pareti della chiesa (se

adiacente)

Presenza di buon collegamento con le pareti della chiesa

(se inglobata)

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di aperture significative su più livelli

Vincolo asimmetrico sulle murature alla base (torre inglobata)

Appoggio irregolare a terra della torre (presenza di archi su

alcuni lati, pareti a sbalzo)

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In chiusura di capitolo si riporta una scheda tipo per le valutazioni qualitative

illustrate al paragrafo 10.2.

28 – CELLA CAMPANARIA

id DANNO Lesioni negli archi

Rotazioni o scorrimenti dei piedritti

iv PRESIDIANTISISMICI

Presenza di piedritti tozzi e/o archi di luce ridotta

Presenza di catene o cerchiature

INDICATORI DIVULNERABILITÀ

Presenza di copertura pesante o di altre masse significative

Presenza di copertura spingente

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11TORRI, CAMPANILI E ALTRE STRUTTURE

 A PREVALENTE SVILUPPO VERTICALE

11.1 GENERALITÀ

In questa tipologia costruttiva i fattori che influenzano significativamente il com-

portamento strutturale sono i seguenti:

- snellezza del sistema,

- grado di ammorsamento delle murature perimetrali;

- presenza di strutture adiacenti più basse;

- presenza di elementi snelli nella parte sommitale (guglie, merlature, celle cam-

panarie etc.

Non meno importanti sono:

- eventuali vibrazioni indotte dalla presenza di campane,

- problematiche di fondazione connesse all’elevata concentrazione di carichi.

Analizzando i fattori testé enunciati si possono inquadrare alcune caratterizzazioni

di ordine generale.

La snellezza, com’è noto, è un fattore che dipende dal rapporto altezza / larghezza

della base, quest’ultima intesa anche come spessore delle murature portanti. In

tal senso si possono avere strutture più o meno tozze, oppure snelle. Con ciò ne

risulta anche condizionato il comportamento più o meno flessionale, più accentuato

nelle strutture snelle.

Nel caso di torri piuttosto tozze si riscontrano rotture a taglio, mentre in presenza

di una qualità muraria scadente si verificano lesioni verticali, che partono dalla

cella campanaria e tendono a dividere la struttura in parti.

L’ammorsamento delle strutture portanti murarie, generalmente perimetrali, con-

diziona poi il comportamento a mensola delle torri, con una rigidezza associata

all’intera sezione del fusto. Nel caso di murature con scarso ammorsamento il

funzionamento tende invece a presentarsi come autonomo, nel senso che ciascun

elemento murario perimetrale potrà essere assunto come una mensola funzionante

a se stante.

Il grado di ammorsamento fra le varie membrature è maggiormente garantito se

si riscontra la presenza di cerchiature, catene metalliche efficaci, orizzontamenti

ben collegati. Inoltre, deve essere valutato attentamente l’effetto dovuto alla pre-

senza di spinte, nel caso di volte in muratura.

Molto frequente è il caso di torri o campanili posti a contatto con altre strutture

di minore altezza (vedi anche scheda 27 del paragrafo 10.3). Casi tipici sono:

campanili inglobati o accostati alla chiesa, torri inglobate in vario modo nel tessuto

urbano, torri inglobate nella cinta muraria. La presenza di vincoli orizzontali a

diverse quote può mutare profondamente il comportamento della struttura, da una

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parte limitandone l’effettiva snellezza, dall’altra costituendo irrigidimenti localizzati

e punti di possibile concentrazione degli sforzi (l’osservazione dei danni ha in

genere dimostrato che queste situazioni sono causa di danni anche significativi).

Va ricordato che tali vincoli sono spesso diversi secondo le due direzioni principali

nel piano orizzontale. In questi casi la verifica dovrà considerare anche una con-dizione di vincolo in quota, avendo cura di considerare l’effetto di questo vincolo

sulla forma del meccanismo di collasso e l’amplificazione dell’azione sismica a

quella quota della struttura. Queste situazioni sono spesso caratterizzate da notevole

vulnerabilità.

Nei campanili, la cella campanaria può risultare un elemento particolarmente vul-

nerabile, in quanto sono presenti ampie bucature che producono pilastrini spesso

snelli e poco caricati, con rotture a taglio per scorrimento (vedi anche scheda 28

del paragrafo 10.3). Analoghe considerazioni valgono per gli elementi snelli e

svettanti, spesso presenti sulla sommità delle torri; la loro vulnerabilità è in primo

luogo dovuta al modesto carico verticale (associato al solo peso proprio), chegarantisce un limitato effetto stabilizzante nei riguardi del ribaltamento.

Ancora più critico è l’effetto di amplificazione del moto sismico che si verifica

nelle parti più alte della costruzione; l’osservazione dei danni ha infatti mostrato

come celle campanarie simili si siano comportate in modo molto diverso, a parità

di azione sismica alla base del campanile, e ciò a causa della diversa interazione

tra sisma, terreno di fondazione, struttura e sovrastruttura.

Considerata la minor complessità geometrica e costruttiva di queste costruzioni,

rispetto a quelle delle tipologie analizzate nei precedenti capitoli, tutti questi aspetti

possono essere in genere studiati con un’adeguata precisione, attraverso modelli

strutturali affidabili e di dettaglio. In questo caso si ritiene che, pur con le dovutecautele, anche i modelli lineari possano fornire indicazioni utili ed attendibili, in

quanto la redistribuzione delle sollecitazioni in una struttura sostanzialmente iso-

statica è sempre modesta. Ciò consente l’utilizzo dell’analisi dinamica, in particolare

di quella modale, particolarmente importante per comprendere gli aspetti di ampli-

ficazione del moto prima descritti.

La relativa chiarezza dello schema strutturale e del comportamento di questa tipo-

logia strutturale consente, in molte situazione reali, di ricondurre la struttura a

modelli semplici e limitare ad alcuni casi tipici i meccanismi di danno e collasso.

11.2 MODELLO DI VALUTAZIONE SEMPLIFICATA DI LIVELLO LV1

Per una valutazione quantitativa con modelli meccanici semplificati la Direttiva

suggerisce la possibilità di fare riferimento al collasso per pressoflessione, ovvero

considerare la torre come una mensola, sollecitata da un sistema di forze orizzontali

oltre che dal proprio peso, che può andare in crisi in una generica sezione per

schiacciamento nella zona compressa, a seguito della parzializzazione dovuta alla

non resistenza a trazione.

La verifica a pressoflessione di una struttura snella in muratura si effettuerà con-

frontando il momento agente di calcolo con il momento ultimo resistente calcolato

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assumendo la muratura non resistente a trazione ed una opportuna distribuzione

non lineare delle compressioni.

La verifica andrà eseguita, secondo le due direzioni principali di inerzia della

sezione, a diverse altezze, in quanto non è possibile identificare a priori la sezione

più critica. Infatti spesso si riscontrano rastremazioni nello spessore della muraturaed indebolimenti dovuti alla presenza di aperture. A tale scopo si suddividerà la

struttura in n settori di caratteristiche geometriche uniformi effettuando la verifica

in corrispondenza di ogni cambio di sezione.

La verifica in ogni sezione andrà condotta secondo le due direzioni principali in

quanto, se si riscontrano rigidezze diverse, nella direzione di maggior rigidezza

il periodo di vibrazione principale essendo inferiore potrebbe generare una domanda

sismica più elevata.

Il momento agente di calcolo può essere valutato considerando un sistema di forze

distribuite lungo l’altezza della struttura, assumendo una forma lineare degli spo-

stamenti. La forza da applicare in corrispondenza del baricentro di ciascun concioè data dalla formula seguente:

(11.1)

dove:

F h

= 0,85S e(T 

1)W /(qg), si assume che per una torre il periodo fondamentale

sia sempre maggiore di T  B, periodo corrispondente all’inizio del tratto

dello spettro ad accelerazione costante;W 

ie W 

k = pesi dei settori i e k  rispettivamente;

 zi e  z

k  = altezze dei baricentri dei settori i e k  rispetto alle fondazioni;

S e(T 

1) = ordinata dello spettro di risposta elastico, funzione del primo periodo

T 1

della struttura secondo la direzione considerata;

W = ΣW i è il peso complessivo della struttura;

q = fattore di struttura che, a meno di più accurate valutazioni, può essere

assunto, in analogia a quanto fatto per gli edifici, pari a 3,6, nel

caso di strutture regolari in elevazione, o ridotto fino a 2,8, in

presenza di bruschi cambiamenti di rigidezza lungo l’altezza o di

strutture adiacenti a contatto;g = accelerazione di gravità.

La risultante delle forze sismiche agenti nella sezione i-esima è data da:

(11.2)

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L’altezza  zFi

cui applicare la forza F hi

viene valutata, attraverso la relazione:

(11.3)

dove:

 zk 

= quota del baricentro della massa del k-esimo settore rispetto alla base,

avente peso W k ;

 zi* = quota della i-esima sezione di verifica rispetto alla base.

Imponendo l'uguaglianza tra il momento ultimo e il momento di progetto:

(11.4)

è possibile ricavare il valore dell'ordinata dello spettro di risposta elastico corri-

spondente al raggiungimento dello stato limite SLV nella sezione i-esima (tenendo

conto del fattore di confidenza F C ):

(11.5)

In base a tale valore si determina il tempo di ritorno T SLV  dell'azione sismica

corrispondente, mediante un procedimento iterativo che utilizza i dati disponibili

in appendice delle NTC relativi ai 9 tempi di ritorno ivi riportati. Al tempo di

ritorno T SLV così valutato sono associati i corrispondenti valori di a

g, F 0 e T*

C ,

attraverso i quali sono definiti tutti i parametri dello spettro.

Individuata la sezione nella quale si raggiunge lo stato limite per l'accelerazione

spettrale minima S e,SLV , il valore dell'accelerazione massima del suolo corrispon-

dente al raggiungimento dello stato limite ultimo SLV può essere calcolato come:

(11.6)

dove:

T 1

= primo periodo di vibrazione della struttura, che potrà essere valutato

attraverso: a) l'analisi modale di un modello a mensola equivalente; b) algo-

ritmi iterativi che considerano la variazione delle masse e delle rigidezze

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lungo l'altezza (adottando, per i materiali, i valori dei moduli elastici fes-

surati), a partire da una forma modale opportunamente assunta; c) formule

semplificate, se sufficientemente attendibili. Nel caso di strutture a prevalente

sviluppo verticale, il primo periodo di vibrazione in fase elastica può essere

ricavato da misure dinamiche con rumore ambientale (o forzate, ad esempioindotte dalle campane); per la valutazione del comportamento a stato limite

ultimo deve essere utilizzato il periodo in fase fessurata, che può essere

ottenuto moltiplicando il valore del periodo identificato dalle misure dina-

miche per un coefficiente compreso tra 1,4 e 1,75;

T  B

, T C 

e T  D

sono i periodi caratteristici dello spettro di risposta, definito al punto

3.2.3.2 delle NTC;

S =S S S 

T  è il coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle con-

dizioni topografiche.

Si ritiene che i manufatti di questa tipologia strutturale abbiano sempre periodofondamentale superiore a T 

 B. Se la struttura ha periodo superiore a T 

 Dsi suggerisce

comunque di utilizzare la seconda relazione.

Nel caso di una torre a sezione rettangolare cava, nell'ipotesi che lo sforzo normale

agente non sia superiore a 0,85 f d a

is

i, il momento ultimo resistente alla base del-

l'i-esimo settore può essere calcolato come:

(11.7)

dove:

ai = lato perpendicolare alla direzione dell'azione sismica considerata della

sezione i-esima di analisi, depurato dalle eventuali aperture;

bi

= lato parallelo alla direzione dell'azione sismica considerata della sezione

di analisi;

 Ai = area totale della sezione di analisi depurata dalle aperture presenti;

σ 0i

= tensione normale media nella sezione di analisi (W/Ai, con W  pari al peso

della struttura presente al di sopra della sezione di analisi):

 f d  = resistenza a compressione di calcolo della muratura.

Nel caso di torri o campanili posti a contatto con altre strutture di minore altezza

sarebbe necessario valutare tale accelerazione anche nella sezione posta alla quota

di stacco assumendo una forma modale opportuna, diversa da quella pressoché

lineare, sia per la stima del periodo di vibrazione, sia per il calcolo dell'altezza

 zFi cui applicare la forza F 

hi.

Per quanto riguarda la verifica in corrispondenza della sezione di base della cella

campanaria è possibile procedere in modo analogo a quanto precedentemente

descritto, prestando però cura nella definizione dello schema strutturale adottato

nell'analisi. La cella campanaria generalmente presenta aperture ampie tali da non

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consentire, in caso di sollecitazioni orizzontali, ai piedritti di lavorare come una

sezione accoppiata. In questo caso, secondo entrambe le direzioni principali di

analisi, il comportamento della cella può essere ricondotto ad un telaio composto

da piedritti e dalla muratura posta al di sopra di essi. La verifica potrà essere

condotta andando a valutare l'intensità dell'azione sismica che trasforma il telaioin un cinematismo tramite l’analisi limite dell’equilibrio secondo l’approccio statico

(analisi incrementale) considerando il collasso dei piedritti sia per pressoflessione

sia per taglio. Al fine di tenere in conto la differente duttilità dei due meccanismi

di collasso si applicheranno fattori di struttura q differenti nei due casi: pari a 3

nel caso di collasso per pressoflessione dei piedritti e pari a 1,5 nel caso di collasso

per taglio.

Note le forze sismiche di collasso per pressoflessione e per taglio sarà possibile

definire i valori dello spettro elastico corrispondenti al raggiungimento dello stato

limite SLV e, attraverso un procedimento iterativo, i relativi tempi di ritorno per

la definizione del valore dell’indice di sicurezza.La definizione dello schema statico del telaio potrà essere assunto in relazione

alla rigidezza del traverso rispetto ai ritti ed alla tipologia di collegamento tra

traverso e ritti. Nel caso, ad esempio, di coperture rigide (solette in cemento armato

o coperture con controventi di falda e connesse alle murature tramite cordoli) o

di presenza di fasce di dimensioni considerevoli al di sopra delle aperture della

cella con presenza di cerchiature o catene, per i telai può essere assunto lo schema

di shear type. Negli altri casi lo schema potrà essere ricondotto, in funzione del

grado di collegamento presente tra traverso e ritti, ad un portale incastrato alla

base od a ritti collegati da una biella.

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12PONTI IN MURATURA, ARCHI TRIONFALI

ED ALTRE STRUTTURE AD ARCO

12.1 GENERALITÀ

L’arco in muratura è una tipologia strutturale molto diffusa nella cultura costruttiva

storica italiana e non solo. I Romani, ad esempio, la utilizzarono per gli archi di

trionfo, per i ponti e per gli acquedotti, oltre che per edifici a destinazione civile,

sia pubblici che privati.

L’intuizione del comportamento sismico degli archi nei riguardi di azioni orizzontali

è complessa, in quanto manca una sistematica osservazione dei danni post-terremoto

ed i metodi di analisi non sono diffusi nella pratica professionale: alcune consi-

derazioni sulla risposta di un singolo arco possono quindi essere utili per com-

prendere anche le strutture più articolate.

Nei riguardi dei carichi verticali in genere il sistema arco-piedritto (o la volta a

botte su pareti) va in crisi per perdita di equilibrio; se i carichi sono prevalentemente

in chiave, si formano cinque cerniere, una delle quali in chiave, con apertura

della lesione all’intradosso; le cinque cerniere suddividono la struttura in quattro

conci, che possono essere assunti rigidi (vedi figura 12.1).

Con un’azione sismica orizzontale, il sistema si lesiona in modo non simmetrico,

con formazione di quattro cerniere, due nei piedritti e due nell’arco, con una

lesione all’intradosso leggermente spostata rispetto alla chiave ed una all’estradosso

alle reni.

In entrambe le condizioni di carico sono rari i meccanismi di scorrimento, in

quanto l’attrito tra i conci costituisce un efficace contrasto, essendo le forze sempre

pressoché ortogonali ai piani di contatto tra i conci stessi.

Figura 12.1: Rottura di arco con formazione di conci rigidi (carichi verticali)

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Lo studio a collasso per il singolo arco richiede di valutare (oltre alla presenza

di carichi statici) la reale geometria strutturale: infatti, al di sopra delle imposte

è spesso presente un rinfianco strutturale, costituito da muratura o conglomerato.

Il rinfianco non è un mero riempimento ma, se adeguatamente costruito, un ele-

mento che riduce la vulnerabilità della struttura: infatti, in genere, le lesioni siformano sopra la zona di rinfianco (questo, di fatto, riduce la luce dell’arco). I

modelli che non considerano questa situazione costruttiva risulteranno troppo cau-

telativi nei confronti del collasso. Inoltre, le strutture ad arco risultano molto sen-

sibili al danneggiamento nel caso di movimenti differenziali delle imposte.

In conclusione occorre dunque ribadire che questa tipologia costruttiva va affrontata

con criteri di approfondimento molto particolari per i quali non è possibile ricon-

dursi ad abachi di meccanismi di danno e/o approcci di tipo qualitativo come

invece si è visto per le costruzioni analizzate nei capitoli precedenti.

12.2 PONTI, VIADOTTI, ACQUEDOTTI

Di seguito sono riportati i contenuti della Direttiva a riguardo delle indicazioni

che essa offre in riferimento ai ponti, viadotti e acquedotti.

L’azione sismica, nel caso di arcate di grande luce può indurre un moto non

sincrono alla base dei piedritti, sia a causa della propagazione delle onde nel

terreno, sia per l’effetto di una diversa amplificazione locale del moto, nel caso

di condizioni del terreno differenti alla base delle pile; in tutti questi casi il sisma

imprime, istante per istante, spostamenti orizzontali differenti alle imposte dell’arco,

con conseguente possibile fessurazione.

I ponti ad arco, elementi di grande interesse sotto il profilo storico e culturale

per l’architettura delle infrastrutture, sono particolarmente importanti anche dal

punto di vista strategico, essendo spesso ancora utilizzati per il traffico carrabile

e ferroviario. Il comportamento sismico di queste strutture è differente a seconda

della tipologia.

I ponti che si sviluppano in territori non molto impervi (alvei fluviali), in genere

hanno le pile di altezza ridotta e le arcate ribassate. La risposta longitudinale

della struttura, prevalentemente legata ad una forma modale in cui le pile si com-

portano come mensole (sul 1° modo), non presenta particolari problemi, data la

forma tozza delle pile ed i limitati spostamenti in sommità alle stesse.

Nei riguardi di un sisma trasversale, le pile, che sono poco snelle, possono lesionarsi

a taglio e, nel caso di eccitazione sui modi superiori (vibrazione in senso alternato

delle pile), si possono verificare lesioni diagonali nelle volte.

La risposta dei ponti ad una sola arcata di grande luce, a meno che non ci siano

problemi di fondazione sulle spalle, è maggiormente influenzata dalla componente

verticale dell’azione sismica.

La tipologia del viadotto risulta, data la notevole snellezza delle pile, sensibile

sia all’eccitazione longitudinale (se le pile hanno altezze differenti, esse vibrano

con periodi diversi, con la possibilità di creare allontanamenti nelle imposte delle

arcate e conseguente fessurazione), sia a quella trasversale (gli spostamenti in

12 - Ponti in muratura, archi trionfali ed altre strutture ad arco

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sommità delle pile possono risultare in controfase e l’impalcato risulta distorto;

la risposta dipende dalla rigidezza dello stesso nei confronti degli elementi verticali

di sostegno).

Nei viadotti a molte arcate, le pile possono essere fondate su terreni di caratteristiche

geotecniche differenti, in particolare sui due versanti; le diverse proprietà del ter-reno, la potenza degli strati e gli effetti topografici producono fenomeni di ampli-

ficazione (o deamplificazione) del moto sismico; l’azione alla base delle diverse

pile assume quindi una variabilità spaziale, che si traduce in un’eccitazione dif-

ferenziata (moto non sincrono).

Infine, nei ponti ad arco in muratura sono possibili meccanismi di collasso locale

nei timpani, sopra alle arcate, che si comportano come veri e propri muri di con-

tenimento del riempimento (ballast), il quale esercita un’azione statica spingente,

cui va aggiunto l’incremento in presenza di sisma.

Analogamente a quanto avviene negli edifici in muratura, questo meccanismo è

spesso quello che si verifica per primo, talvolta anche per livelli piuttosto bassidell’azione sismica; l’osservazione dei danni prodotti in occasione dei recenti ter-

remoti in Italia ha mostrato, sostanzialmente, solo l’attivazione di questi mecca-

nismi. La verifica dei meccanismi locali di singole porzioni murarie per azione

fuori dal piano è quindi essenziale anche nella valutazione della sicurezza sismica

dei ponti ad arco in muratura. Essa può essere eseguita con procedure analoghe

a quelle proposte per gli edifici, considerando l’incremento dell’azione dovuto

alla posizione del timpano nell’ambito del manufatto.

Il metodo degli elementi finiti può consentire una modellazione di dettaglio del

ponte ad arco in muratura, che tuttavia presenta notevoli difficoltà nella valutazione

dei moduli elastici da attribuire ad alcune parti; ad esempio, il riempimento corri-sponde ad una porzione significativa della struttura, dal punto di vista del volume,

e quindi la risposta risulta molto sensibile alle caratteristiche ad esso attribuite.

Per una valutazione più attendibile della capacità sismica fino allo stato limite

ultimo sarebbe necessario utilizzare legami costitutivi non lineari. Essendo i mec-

canismi di collasso delle arcate e delle pile prevalentemente governati dalla for-

mazione di cerniere, con apertura di lesioni in corrispondenza dei giunti di malta,

il legame elastico non lineare di solido non resistente a trazione risulta adeguato,

anche se non va dimenticato che, essendo isotropo, esso non considera l’orien-

tazione dei giunti di malta tra gli elementi. Tale modello tuttavia non consente

di descrivere in modo corretto la risposta dei timpani, caratterizzati da danneg-giamenti per scorrimento con attrito.

Il collasso dei ponti ad arco sotto azione sismica può essere valutato attraverso

l’analisi limite dell’equilibrio. L’approccio statico risulta piuttosto complesso sul

piano operativo, in quanto ad ogni incremento della componente sismica orizzontale

è necessario eseguire nuovamente la ricerca di una curva delle pressioni equilibrata

in ogni punto della struttura. L’approccio cinematico, certamente più semplice nel-

l’applicazione, presenta notevoli insidie, soprattutto nei ponti a molte arcate, in

quanto l’individuazione del cinematismo di collasso risulta dipendere da molte

cerniere, e la risposta può risultare molto sensibile al posizionamento delle stesse,

specie nelle arcate.

12 - Ponti in muratura, archi trionfali ed altre strutture ad arco

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 Appendici

A.1 Regio Decreto 18 aprile 1909, n. 193

A.2 Regio Decreto Legge 22 novembre 1937,n. 2105

A.3 Direttiva Presidente Consiglio dei Ministri

9 febbraio 2011, Allegato A

A.4 Decreto Ministerio Infrastrutture14 gennaio 2008, estratto dall’Allegato B

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 APPENDICE A.1 - Regio Decreto 18 aprile 1909, n.193

194

Mesoraca - Pallagorio - Petilia Policastro - Petronà - Roccabernarda - Roca di Neto - SanMauro Marchesato - San Nicola dell'Alto - Santa Severina - Savelli - Scandale - Strongoli- Umbriatico - Verrino.

Nel circondario di Nicastro:Nicastro

3

  - Carlopoli - Cicala - Conflenti - Decollatura -Falerna - Feroleto Antico - Filadelfia- Gimigliano - Gizzeria - Maida - Motta Santa Lucia -Pianopoli - Platania - Sambiase

4 - San Pietro a Maida - San Pietro Apostolo - Serrastretta

- Soveria Mannelli.

In provincia di Cosenza

Nel circondario di Cosenza:  Cosenza - Acri - Altilia - Aprigliano - Belsito - Bianchi -Bisignano - Carolei - Carpanzano - Casole Bruzio - Castiglione Cosentino - Castrolibero -Celico - Cellara - Cerisano - Cervicati - Cerzeto - Colosimi - Dipignano - Domanico -Fagnano Castello - Figline Vegliaturo - Grimaldi - Lappano - Lattarico - Luzzi - Malito -Mangone - Marano Marchesato -Marano Principato - Marzi - Mendicino - Mongrassano -Montalto Uffugo - Panettieri - Parenti - Paterno Calabro - Pedace - Pedivigliano - Piane

Crati - Pietrafitta - Rende - Rogiano Gravina - Rogliano - Rose - Rota Grega - Rovito -San Fili - San Giovanni in Fiore - San Marco argentano - San Martino di Finita - SanPietro in Guarano - San Stefano di Rogliano - San Vincenzo la Costa - Scigliano - SerraPedace - Spezzano Grande

5 - Spezzano Piccolo - Torano Castello - Trenta - Zumpano.

Nel circondario di Castrovillari : Castrovillari - Acquaformosa - Albidona - Alessandria delCarretto - Altomonte - Amendolara - Canna - Cassano al Jonio - Castroregio - Cerchiara -Civita - Firmo - Francavilla Marittima - Frascineto - Laino Borgo - Laino Castello - Malvito- Montegiordano - Morano Calabro - Mormanno - Mottafollone  - Nocara - Oriolo -Papasidero - Platici - Rocca Imperiale - Roseto Capo Spulico - San Basile - San Donatodi Ninea - San Lorenzo Bellizzi - San Lorenzo del Vallo - San Sosti - Santa Caterina

 Albanese - Sant'Agata d'Esaro - Saracena - Spezzano Albanese - Tarsia - Terranova diSibari - Trebisacce - Villapiana.

Nel circondario di Paola: Paola - Acquappesa - Ajello6  - Ajeta - Amantea - BelmonteCalabro - Belvedere Marittimo - Bonifati - Bonvicino - Cetraro - Cleto - Diamante -Falconara Albanese - Fiumefreddo Bruzio - Fuscaldo - Grisolia Cipollina - GuardiaPiemontese - Lago - Longobardi - Majerà - Orsomarso - San Gineto - San Lucido - SanPietro in Amantea - Santa Domenica Talao - Scalea - Serra d'Aiello - Terrati

7 - Tortora -

Verbicaro.

Nel circondario di Rossano: Rossano - Bocchigliero - Calopezzati - Caloveto - Campana- Cariati - Corigliano Calabro - Cropalati - Longobucco - Mandatoriccio - Paludi -Pietrapaola - San Cosmo Albanese - San Demetrio Corone - San Giorgio Albanese -Santa Sofia d'Epiro - Scala Coeli - Vaccarizzo Albanese.

In provincia di Reggio Calabria

Nel circondario di Gerace: Agnana Calabra - Antonimina - Ardore - Benestare - Bivongi -Bovalino - Camini - Canolo - Careri - Caulonia - Ciminà - Giojosa Jonica - Grotteria -Martone - Palizzi - Placanica - Portigliola - Riace - Roccella Jonica - San Giovanni diGerace - Sant'Ilario del Jonio - Stignano - Stilo.

In provincia di Messina

3 Oggi Lamezia Terme

4 Oggi Lamezia Terme

5 E' Spezzano della Sila

6

 Oggi Aiello Calabro7 Oggi località del Comune di Lago

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 APPENDICE A.1 - Regio Decreto 18 aprile 1909, n.193

195

Nel circondario di Messina: Fiumedinisi - Guidomandri8 - Itala - Lipari (Isola) - Mandanici -Milazzo - Monforte San Giorgio - Roccalumera - Salina (Isola) - San Filippo del Mela -Santa Lucia del Mela - Santo Stefano di Briga9 - Spadafora San Martino10 - SpadaforaSan Pietro11.

Nel circondario di Castroreale: Antillo - Barcellona Pozzo di Gotto - Basicò - Castel Mola -Falcone - Forza d'Agrò - Francavilla di Sicilia - Furnari - Giardini - Graniti - Gaggi - Limina- Malvagna - Mazzarrà Sant'Andrea - Meri - Moio Alcantara - Montalbano di Elicona -Mottacamastra - Novara di Sicilia - Roccafiorita - Roccella Valdemone - Santa Teresa diRiva12 - Taormina - Tripi.

Art.2

Il presente decreto avrà effetto nello stesso giorno della sua pubblicazione nella GazzettaUfficiale e sarà presentato al Parlamento per essere convertito in legge.Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccoltaufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti diosservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 18 aprile 1909.

VITTORIO EMANUELE

GIOLITTI -BERTOLINI

Registrato alla Corte dei conti addì 22 aprile 1909Reg. 50 Atti del Governo a f. 81. A. Armelisasso.Luogo del sigillo. V. il Guardasigilli Orlando.

8 Oggi località del Comune di Scaletta Zanclea9 Oggi località del Comune di Messina10 E' il Comune di Spadafora11 Oggi località del Comune di Milazzo 12 Comprendeva anche il Comune di Savoca

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 APPENDICE A.1 - Regio Decreto 18 aprile 1909, n.193

196

NORME TECNICHE ED IGIENICHE

obbligatorie per le riparazioni, ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici pubblici e

privati nei Comuni colpiti dal Terremoto del 28 dicembre 1908 o da altri precedenti,elencati nel R. decreto del 18 aprile 1909.

 Artt.

TITOLO I Nuovecostruzioni

1 - 24

TITOLO II Ricostruzioni 25 - 27TITOLO III Riparazioni 28 - 36TITOLO IV Norme

igieniche37 - 38

TITOLO V Sanzioni 39 - 46TITOLO VI Disposizioni

transitorie47

TITOLO I Nuove costruzioni

Art. 1.

É vietato costruire edifici su terreni paludosi, franosi, o atti a scoscendere, e sul confinefra terreni di natura od andamento diverso, o sopra un suolo a forte pendio, salvo quandosi tratti di roccia compatta; nel quale ultimo caso é indispensabile preparare all'edificiouno o anche più piani orizzontali d'appoggio, eseguendo gli scavi necessari.

Art. 2.

L'altezza dei nuovi edifici rappresentata dalla massima differenza di livello fra la linea digronda e il suolo circostante, in vicinanza immediata Dell'edificio stesso, non può diregola superare i 10 metri.I nuovi edifici, siano inferiormente cantinati o no, debbono essere costruiti a non più didue piani, dei quali il terreno, avente il pavimento a livello del suolo, oppure sopraelevato

sul medesimo non più di un metro e mezzo.L'altezza dei piani, misurata fra pavimento e pavimento, oppure fra il pavimento e la lineadi gronda, non può di regola superare i metri 5.

Art. 3.

Per edifici isolati, che abbiano all'intorno un'area libera di larghezza non inferiore a quellaprescritta all'art. 22, comma d ), possono essere ammesse, in seguito a parere favorevoledel Consiglio superiore dei lavori pubblici sul relativo progetto tecnico, numero dei pianied altezze, sia dell'intero edificio che dei singoli piani, maggiori di quelle stabilite al

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 APPENDICE A.1 - Regio Decreto 18 aprile 1909, n.193

197

precedente articolo, quando siano giustificate da ragioni di pubblica utilità, di serviziopubblico, di interesse artistico e di esercizio industriale.Tali edifici non possono però mai essere destinati ad uso di alberghi, scuole, ospedali,caserme, carceri e simili, e nemmeno ad abitazione, salvo che per il personale

necessario alla loro custodia e vigilanza.La loro altezza non può superare i 16 metri, a meno che la destinazione dell'edificio nonrichieda assolutamente altezza maggiore.

Art. 4.

Le fondazioni, quando é possibile, debbono posare sulla roccia compatta, o sul terrenoperfettamente sodo. In caso diverso si debbono adottare i mezzi Dell'arte del costruttoreper ottenere una buona fondazione.Nel caso di edifici intelaiati o baraccati le costole montanti o i ritti Dell'armatura debbonoessere infitti a perfetto incastro nella roccia, o in una platea generale armata, o esserecollegati ad un robusto telaio di base Formato con membrature rigide.Per gli edifici di muratura ordinaria le fondazioni debbono essere costituite da muri

continui concatenati fra di loro.In ogni caso la pressione statica unitaria del terreno non roccioso non deve superare idue chilogrammi per un centimetro quadrato.

Art. 5.

I lavori di costruzione dei fabbricati debbono eseguirsi secondo le migliori regole d'arte,con buoni materiali e con accurata mano d'opera.É vietata la muratura a sacco e quella con ciottoli, se non convenientemente spaccati eposti in opera con struttura listata.É pure vietato, l'impiego della ghisa e di qualunque altro materiale fragile per travi, percolonne, e in genere per parti essenziali dell'organismo resistente degli edifici.

Art. 6.

 Al di sopra del piano di gronda non si possono eseguire opere murarie di alcuna specie,non esclusi i fumaioli, salvo i muri di timpano intelaiati o Baraccati eseguiti con materialedi riempimento assai leggero, né vi possono trovare luogo ambienti abitabili o magazzini.I parapetti dei terrazzi, superiori al piano di gronda, debbono essere di legno, di ferro o dicemento armato.Nelle case ad un sol piano, se armate robustamente con ossatura completa, Comeall'articolo seguente, il sottotetto può per eccezione adibirsi ad uso Magazzino o granaio.

Art. 7.

Gli edifici debbono essere costruiti con sistemi tali da comprendere Un'ossatura dimembrature di legno, di ferro, di cemento armato, o di muratura armata, capaci diresistere contemporaneamente a sollecitazioni di compressione, trazione e taglio.Esse debbono formare un'armatura completa di per sé stante dalle fondamenta al tetto,saldamente collegata con le strutture orizzontali portanti (solai, terrazzi e tetti) e checontenga nelle sue riquadrature, oppure racchiuda nelle sue maglie, il materiale formanteparete, o vi sia immersa.Gli edifici debbono avere il loro centro di gravità più basso che sia possibile.

Art. 8.

Negli edifici col solo piano terreno é ammessa anche la muratura ordinaria, purché:a) la costruzione sia fatta con buona malta;b) le parti murarie aventi funzione statica siano eseguite con mattoni o blocchi di pietranaturale od artificiale a facce piane, oppure a struttura listata, fatta con pietra spezzata einterrotta da corsi orizzontali di mattoni o da fasce continue di cemento armato, distanti

non più di cm. 60 fra loro;

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 APPENDICE A.1 - Regio Decreto 18 aprile 1909, n.193

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c ) i muri perimetrali abbiano alla base una grossezza non minore di 1/8 dell'altezza esiano immorsati coi muri trasversali distanti non più di 5 metri. Nel caso di intervallimaggiori i muri predetti, ed in genere quelli maestri debbono essere muniti di lesene dirinforzo, ripartite a distanza non superiore a metri 5, e di aggetto uguale almeno alla metàdella grossezza del muro stesso;d)  la costruzione sia consolidata al piano del pavimento da collegamenti rigidi, e allasommità dei muri maestri tanto perimetrali quanto trasversali, da catene di ferro o telai dilegno o di cemento armato rinforzati da squadre negli angoli.In detti edifici bassi sono pure ammesse le strutture ad elementi forali collegati da animemetalliche o comunque formate da elementi concatenati o incastrati fra loro.

Art. 9.

Le costruzioni definitive di legno sono ammesse per edifici isolati, per villini, per casecoloniche e simili, osservando le distanze prescritte dall'art. 22 nel caso di abitati, edevono avere sempre uno zoccolo in muratura.

Art. 10.É vietato l'uso delle volte impostate al disopra del suolo. Sono ammesse quelle del pianosotterraneo, purché con saetta non minore del terzo della corda, e munite di tiranti perelidere le spinte.

Art. 11.

Le strutture portanti dei piani superiori devono essere costituite unicamente da solai, conesclusione di quelli a voltine formate di materiali pesanti.Nel caso di edifici di muratura ordinaria, le travi dei solai, in numero di una almeno ogni 3m., debbono poggiare su tutta la grossezza dei muri, ed essere impalettateesternamente. Nei corpi di fabbrica multipli, le travi dei solai debbano essere di un solpezzo per tutta la profondità dell'edificio, ed ove ciò non riesca possibile, le varie travi chesi corrispondo, da ambiente ad ambiente, debbono essere robustamente collegate fra diloro nei punti di appoggio sopra i muri interni.Nel caso di edifici intelaiati o baraccati le travi dei solai debbono collegarsi rigidamentecoll'ossatura essenziale, costituente l'armatura della fabbrica.

Art. 12.

I soffitti ed i rivestimenti dei solai debbono formarsi con materiali leggeri, quali tele,assicelle sottili, cartone, lamierino, lastre sottili, reti metalliche e simili, escludendo ilcannucciato, comunque rivestito, e le altre strutture pesanti e facili a disgregarsi.

Art. 13.

Per i sistemi intelaiati o baraccati é obbligatorio uno almeno dei mezzi di irrigidimentoseguenti:

a) connessioni rigide delle membrature nei punti d'incrocio;b) collegamenti diagonali o controventi;c ) riempimento o rivestimento di struttura tale da opporsi efficacemente alle deformazioni.

Art. 14.

Per riempimento o rivestimento, nelle costruzioni intelaiate o baraccate, sono ammessele strutture seguenti:a) muratura armata, animata od ingabbiata, od altrimenti consolidata, specialmentequando costituisce mezzo d'irrigidimento;b) le pareti semplici o doppie di lastre naturali od artificiali, di reti metalliche intonacate, ditavolati di legno iniettati o rivestiti, o di qualunque altro materiale che presenti solidità,leggerezza e sia immune, per quanto é possibile, dall'azione del fuoco e dell'umiditàatmosferica;c ) le strutture murarie indicate al precedente art. 8, limitatamente al solo piano terreno.

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 APPENDICE A.1 - Regio Decreto 18 aprile 1909, n.193

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Per le sole case coloniche isolate, é ammesso l'impiego di doppie pareti a listelli di legnoo rete metallica, riempite di materiale leggero, anche se di argilla o di altre sostanze noncotte.

Art. 15

Gli edifici intelaiati di legno e quelli baraccati debbono avere le costole montanti di un solpezzo, o quanto meno così saldamente e robustamente collegate o rafforzate nellegiunture, da non offrire veruna sezione di indebolimento.Tutte le unioni delle membrature fra loro debbono essere studiate in modo che nonvenga indebolita la resistenza delle parti costituenti l'organismo statico.

Art. 16

É vietato l'uso di scale a sbalzo o di quelle portate da archi e volte di muratura.

Art. 17.

I vani delle porte e delle finestre debbono essere incorniciati di un solido telaio di ferro, dilegno o di cemento armato. Nelle costruzioni murarie semplici si deve sovrapporre ai vaniun architrave di legno, di ferro o di cemento armato esteso a tutta la grossezza del murocon arco di scarico. Nelle altre costruzioni deve essere rafforzata la struttura prolungandoalcune membrature del telaio del vano fino all'incontro dei montanti e dei correntidell'ossatura principale, salvo nel Caso di pareti a struttura rigida.Negli edifici di muratura i vani debbono tenersi a distanza non minore di m. 1,50 daglispigoli del fabbricato.

Art. 18.

É vietata qualsiasi costruzione in aggetto od a sbalzo, fatta eccezione per i balconi e lecornici.I balconi non debbono mai sporgere dal muro d'ambito più di m. 0,60 e debbono essere

sostenuti da mensole solidamente connesse con la travatura del solaio o con le costolemontanti dell'armatura.Le mensole e le lastre dei balconi debbono essere costitute da materiali atti a resisterealla flessione, e non fragili.Le cornici non debbono mai sporgere dal muro d'ambito più di m.0,40 e debbonoeseguirsi a struttura leggera e solidale con telaio di rinforzo a coronamento dell'edificio.Nel computo della sporgenza non é compreso il canale di gronda, se di lamiera.Sono vietate le cornici di materiale murario e sono invece ammessi i protendimenti deltetto della fronte dei muri, in sostituzione delle cornici.

Art. 19.

La struttura dei tetti deve escludere nel modo più assoluto qualsiasi spinta orizzontale, daeliminarsi mediante catene rese solidali con telaio di coronamento alla sommità dei muri.

Le incavalcature debbono essere collegate trasversalmente fra di loro.Non sono richieste catene di collegamento nelle costruzioni con muri a timpano, reggentitetti, la cui struttura sia costituta dai soli arcarecci, i quali però debbono essere impalettatiagli estremi e collegati longitudinalmente, come é prescritto all'art. 11 pei travi di solaio.Nei tetti a falde, il materiale di coperta non deve eccedere il peso di Kg. 45 per metroquadrato anche se bagnato, e deve essere assicurato all'orditura.

Art. 20.

 Ai tetti ordinari si possono sostituire, in tutto o in parte, terrazzi piani a livello della linea digronda, purché il materiale di semplice copertura non ecceda il peso di 50 kg. per metroquadrato.

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Art. 21.

Le condutture di ogni specie, siano esse canne di camini o di caloriferi, o tubolature diacquai, di latrine o di acque piovane o potabili, ecc., debbono essere accuratamenteisolate dalle membrature dell'organismo resistente.Nelle costruzioni di muratura ordinaria le condutture non debbono intaccare la grossezzadei muri.

Art. 22.

Nei nuovi centri abitati, o negli ampliamenti degli attuali, come pure nell'apertura di nuovestrade nell'interno di quelli esistenti, sono obbligatorie le seguenti norme:a) le strade devono essere larghe almeno 10 metri. Negli abitati aventi popolazioneagglomerata inferiore ai 5000 abitanti, Il prefetto, su parere favorevole del genio civile, ole altre autorità superiori da cui debba eventualmente essere approvata la costruzionedella nuova strada, possono consentire che tale larghezza minima sia ridotta a m. 8. Nelcaso che siano ammesse costruzioni da un solo lato della strada, la Larghezza di questapuò essere tenuta anche di m. 6.

b) fermi restando i limiti massimi stabiliti dagli articoli 2 e 3, le case non possono avereverso la strada sulla quale prospettano, altezza maggiore della larghezza della stradastessa diminuita:1° di m.3,50, quando si tratti di strade che devono avere una larghezza minima uguale a10 m.; 2° di m. 2, quando si tratti di strade la cui larghezza minima può essere di 8 m.; 3°di m.1, quando si tratti di strade lungo le quali può essere costruito da un sol lato.c ) qualora si vogliano costruire fabbricanti di altezza superiore a quelle stabilite dalprecedente comma, essi debbono costruirsi in ritiro, per rispetto all'allineamento stradale,di una misura pari alla metà della maggiore altezza.d ) per gli edifici di altezza superiore ai 10 m., é prescritto l'isolamento da ogni parte peruna larghezza non minore della loro altezza.e)  la larghezza dell'intervallo d'isolamento fra i muri frontali di due edifici vicini, quandol'area frapposta non debba servire a pubblico passaggio, può essere limitata alla

semisomma delle loro altezze. Agli effetti del presente articolo sono computate come larghezze libere di strada, e comeintervalli d'isolamento anche le larghezze delle aree annesse all'erigendo edificio edestinate a giardino, a cortile, o comunque non coperte, anche se cintate e sottratteall'uso pubblico, che si trovino lungo le fronti del fabbricato.

Art. 23.

Sono vietate:a) le sopraelevazioni degli edifici esistenti, quando questi abbiano raggiunto o superatol'altezza di 10 m.;b) i lavori di ampliamento di edifici la cui struttura non corrisponde alle prescrizioni delpresente regolamento;c ) le fabbriche di qualsiasi natura che possono ridurre sotto i limiti fissati dall'art. 22 la

larghezza libera delle strade e degli intervalli d'isolamento;d ) qualunque altra opera che non sia ammessa dal presente regolamento, oppure chepossa aggravare o rendere permanente le condizioni di fatto contrarie al medesimo.

Art. 24.

Nei calcoli di stabilità e resistenza delle costruzioni si debbono considerare:1° le azioni statiche dovute al peso proprio ed al sopraccarico, aumentate di unapercentuale che rappresenti l'effetto delle vibrazioni sussultorie;2° le azioni dinamiche dovute al moto sismico ondulatorio, rappresentandole conaccelerazioni applicate alle masse del fabbricato nelle due direzioni (lunghezza elarghezza) ed agenti in entrambi i sensi di ogni direzione.

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TITOLO II - Ricostruzioni

Art. 25.

Le ricostruzioni totali o parziali sul sito anteriormente occupato dagli edifici che perqualsiasi causa siano stati distrutti o demoliti od abbattuti, debbono eseguirsi con tutte lenorme del precedente titolo, salvo le tolleranze di cui agli articoli seguenti.

Art. 26.

Tolto il caso dell'esistenza di un piano regolatore che disponga altrimenti, le ricostruzionisono permesse sui primitivi allineamenti, ma le nuove case non possono avere che il solopiano terreno e non superare l'altezza di m.6.50, a meno che, a norma degli articoli 2, 3 e22, non possa consentirsi un numero di piani e un'altezza maggiori.

Art. 27

Nelle ricostruzioni é concessa l'utilizzazione delle fondazioni preesistenti, quando essenon presentino lesioni o deficienze, nel qual caso debbono essere ridotte alle condizionistabilite dall'art. 4.

TITOLO III - Riparazioni

Art. 28.

Le riparazioni organiche, intese cioè a modificare o consolidare le strutture resistentidegli edifici o di qualche loro parte essenziale, debbono corrispondere, per quanto é

praticamente possibile, alle norme di cui ai titoli precedenti, tenuto presente quanto édisposto negli articoli seguenti.

Art. 29.

Le volte esistenti negli edifici da riparare sono tollerate, a condizione espressa che nonsiano lesionate, o non siano impostate su muri lesionati o strapiombati, e sempre quandosia provveduto ad eliminare le spinte con l'apposizione di robuste cinture, chiavi e tiranti,in ogni caso però dovranno sostituirsi con strutture non spingenti le volte in sommità degliedifici, a più piani.

Art. 30.

Nelle riparazioni degli edifici danneggiati saranno osservate, in quanto siano applicabili,le disposizioni contenute nel titolo i, e specialmente si debbono:

1° sostituire le scale di muratura e a sbalzo, con scale di legno o sopra intelaiature, salvoil caso in cui i gradini poggino su due muri maestri;2° sostituire i tetti spingenti con altri senza spinte;3° ridurre gli aggetti, le cornici, i balconi e le strutture sovrastanti ai piani di gronda inconformità degli articoli 6 e 18 e disporre le condotte e le canne di scarico di qualsiasispecie in modo da non intaccare le murature, anzi da permettere l'integrazione, ovel'indebolimento sia avvenuto.L'altezza di tali edifici deve essere ridotta a quella stabilita agli articoli 2 e 3.

Art. 31.

Per le riparazioni degli edifici di carattere nazionale, in specie per valore artistico, storicood archeologico, sarà stabilito, caso per caso, il partito da seguire pel soloconsolidamento, con riguardo alle disposizioni del precedente art. 3.

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Art. 32.

Sono vietate le riparazioni degli edifici le cui fondazioni siano lesionate o insufficienti, seesse non siano previamente ridotte alle condizioni stabilite all'art. 4.

Art. 33.

Gli edifici lesionati e non costruiti col sistema intelaiato o baraccato, elevantisi oltre ilpiano terreno, previamente ridotti, ove occorra, a norma del precedente art. 30, devonoessere rafforzati da montanti di legno, di ferro, o di cemento armato, infissi solidamente aincastro nelle fondazioni, continui fino alla sommità dell'edificio e rilegati fra loro dacinture al piano della risega di fondazione, e a quelli del solaio e della gronda, in modo daformare un'armatura a gabbia. I detti montanti debbono essere collocati almeno incorrispondenza di tutti gli spigoli dell'edificio e in ogni caso a distanza non maggiore di 5m. l'uno dall'altro.Le cinture debbono essere riunite con le travi del solaio, prolungandone una almeno ogni3 m., impalettata esternamente. In mancanza, si debbono porre chiavi passanti ad ogni 3m. almeno di distanza.

Negli edifici ad un solo piano può essere omesso l'ingabbiamento, ottemperando però atutte le altre prescrizioni enunciate nei precedenti articoli, a condizione che le grossezzedei muri corrispondano alle norme contenute nell'art. 8 (comma c).

Art. 34.

Le murature comunque lesionate, che presentano strapiombo o si manifestano eseguitecoi sistemi esclusi all'art. 5, nonché quelle in cui si nota fessuramento diffuso, debbonoessere demolite.Quelle semplicemente lesionate, che non presentino i caratteri anzidetti, oltre a quanto éprescritto all'art. 33, debbono venire riparate, riprendendone la costruzione per ciascunalesione con muratura da farsi esclusivamente con buona malta, fino ad immorsarsi, conprofondi attacchi, con la parte sana.É vietato l'impiego di archi di muratura per puntellamento o collegamento di muri.

Art. 35.

Gli edifici di cemento armato, che presentino lesioni tali nelle membrature dell'ossaturaresistente, da renderli inutilizzabili, debbono essere demoliti e rifatti per tutta la parte allaquale si estende la funzione portante della membratura danneggiata.Quelle intelaiate di altri sistemi, o semplicemente baraccate, che si trovino nello stessocaso, possono essere riparate, sostituendo con altri nuovi gli organi lesionati purché siprovveda ad un collegamento ben rigido con la rimanente armatura o intelaiatura.

Art. 36.

Nel caso di edifici non interamente caduti od abbattuti, alle parti da ripararsi vengonoapplicate le norme del presente titolo, meno per quanto riguarda l'altezza, che deveridursi uguale a quella permessa, a norma del precedente  art. 26 per la parte daricostruirsi.

TITOLO IV Norme igieniche

Art. 37.

Nelle costruzioni, ricostruzioni e possibilmente nelle riparazioni organiche debbonoosservarsi le norme stabilite dalla legge 22 dicembre 1888, n. 5849.L'altezza netta dei piani non sarà mai inferiore ai m. 3.

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Art. 38.

Nella costruzione degli edifici scolastici dovranno osservarsi, oltre le Prescrizioni delpresente regolamento, anche le norme tecniche ed igieniche approvate con R. Decreto25 novembre 1900, n. 484.

TITOLO V. Sanzioni 

Art. 39.

Qualunque inosservanza delle disposizioni contenute nelle presenti norme é punita conl'ammenda da £. 10 a £. 1000 e nei casi più gravi, con l'arresto fino a sei mesi.

 Alla pena medesima soggiace, oltre il committente, anche il direttore, appaltatore oassuntore dei lavori, ai quali può inoltre essere inflitta la sospensione dell'esercizio dellaprofessione o dell'arte.

Art. 40.

 Appena avuta notizia del fatto costituente la contravvenzione, il pretore deveimmediatamente ordinare gli accertamenti e rilievi che reputi necessari, e disporre tutti iprovvedimenti che ritenga indispensabili ai fini delle presenti norme, compresa oveoccorra, la demolizione delle opere. Egli può valersi di tale facoltà, in ogni tempo e inqualunque stato e grado del giudizio.Spetta pure al pretore richiedere all'uopo l'ufficio di uno o più periti, scegliendo questi dipreferenza nel personale tecnico dello Stato o di altra pubblica Amministrazione.

Art. 41.

Salva l'applicazione dell'articolo precedente, i lavori che siano con sentenza irrevocabile

riconosciuti non conformi alle prescrizioni delle presenti Norme saranno modificati, e, overisulti necessario distrutti a spese dei contravventori.Quando ai fini del giudizio siano necessari accertamenti tecnici, il pretore, sentita la parteo le parti, nomina d'ufficio uno o più periti nel modo indicato nel precedente articolo. Nonsono ammesse controperizie.

Art. 42.

Una copia di ogni ordinanza o sentenza che venga pronunziata in esecuzione delleprecedenti disposizioni, dovrà entro cinque giorni dalla sua data essere trasmessa alcompetente ufficio del genio civile.

Art. 43.

Per tutte le costruzioni, ricostruzioni e riparazioni di cui é parola nelle presenti norme, lafacoltà attribuita al prefetto dall'articolo 378 della legge sui lavori pubblici, é estesa anchein ordine alle modificazioni e alle demolizioni che egli ritenesse necessarie.

Art. 44.

Ogni elettore amministrativo ha diritto di richiedere, anche in giudizio, limitatamente alterritorio del Comune nelle cui liste trovasi inscritto, che vengano eseguite le disposizionicontenute nelle presenti norme.Lo stesso diritto appartiene al Ministero dei lavori pubblici, sia direttamente, sia a mezzodei suoi funzionari locali, nonché per le costruzioni, ricostruzioni e riparazioni chevenissero fatte nel territorio del comune alla rappresentanza comunale.

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 APPENDICE A.1 - Regio Decreto 18 aprile 1909, n.193

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Art. 45

Le disposizioni di cui agli articoli 40, 41, 42, 43 e 44 sono applicabili anche quandol'azione penale sia prescritta o altrimenti estinta.

Art. 46

I sindaci, gli ufficiali del genio civile, gl'ingegneri degli uffici tecnici provinciali e comunali,gli agenti della forza pubblica, le guardie doganali e forestali, e in genere tutti gli agentigiurati a servizio dello Stato, delle Provincie e dei Comuni, sono incaricati di vigilare perla esecuzione delle disposizioni contenute nelle presenti norme.

TITOLO VI. Disposizioni transitorie

Art. 47.

Per i lavori di costruzione, ricostruzione e riparazione degli edifici, che si trovino in corsodi esecuzione alla data della pubblicazione delle presenti norme, devono applicarsi ledisposizioni dei titoli precedenti, per quanto siano compatibili con lo stato avanzato dellecostruzioni.Spetta al sindaco, su conforme parere dell'ufficio tecnico comunale, o di un perito sceltoai sensi dell'art. 40, di determinare caso per caso le modifiche o varianti che devonoessere apportate alle opere in corso.Contro l'ordinanza del sindaco é ammesso, entro quindici giorni dalla notifica, reclamo alprefetto, il quale provvede in modo definitivo sentito l'ufficio del Genio civile.Il prefetto può sempre, sentito il Genio civile, revocare o modificare d'ufficio l'ordinanzadel sindaco.

Roma, 18 aprile 1909.

Visto d'ordine di sua Maestà:

Il Presidente del Consiglio dei MinistriGIOLITTI.

Il Ministro dei Lavori PubbliciBERTOLINI

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Regio Decreto legge 22 novembre 1937, n. 2105.Norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti.

(Gazzetta Ufficiale 27/12/1937, n. 298, Supplemento Ordinario)

VITTORIO EMANUELE IIIper grazia di dio e per volontà della nazione

RE D’ITALIAIMPERATORE D'ETIOPIA

Vista la legge 19 luglio 1914, n. 761;Visto il r. decreto 13 maggio 1915, n. 775;Visto il decreto luogotenenziale 14 novembre 1915, numero 1661;Visto il testo unico delle disposizioni legislative emanate in conseguenza del terremotodel 28 dicembre 1908, approvato con decreto luogotenenziale 19 agosto 1917, n.1399;Visto il decreto luogotenenziale 5 novembre 1916, n. 1518;Visto il decreto luogotenenziale 29 aprile 1917, n. 697;Visto il decreto luogotenenziale 22 dicembre 1918, n. 2080;Visto il r. decreto 8 luglio 1919, n. 1384;Visto il r. decreto 3 maggio 1920, n. 545;Visto il r. decreto 23 settembre 1920, n. 1315;Visto il r. decreto 12 marzo 1920, n. 503;Vista la legge 24 agosto 1921, n. 1214;Visto il r. decreto 27 settembre 1923-i, n. 2309;Visto il r. decreto 17 gennaio 1924-ii, n. 75;Visto il r. decreto 13 marzo 1927-v, n. 431;Visto il r. decreto 23 giugno 1927-v, n. 1529;Vista la legge 6 gennaio 1931-ix, n. 92;Vista la legge 22 dicembre 1932-xi, n. 1838;Vista la legge 23 dicembre 1935-xiv, n. 2471;Visto l'articolo 1 del r. decreto-legge 8 luglio 1937-xv, n. 1445;Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-iv, n. 100;Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di emanare nuove norme tecniche di ediliziaper tutti i comuni del regno e speciali norme tecniche di edilizia asismica per i paesicolpiti da terremoti;Udito il consiglio dei ministri;Sulla proposta del nostro ministro segretario di stato per i lavori pubblici, di concertocon i Ministri Segretari di Stato per l'interno, per la grazia e giustizia, per le finanze,per la guerra, per l'educazione nazionale, per l'agricoltura e foreste, e per le comu-nicazioni;Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 1.Alle norme tecniche contenute nel r. decreto-legge 25 marzo 1935-XIII, n. 640, con-vertito nella legge 23 dicembre 1935-XIV, n. 2471, e all'art. 1 del r. decreto-legge8 luglio 1935-XIII, n. 1445, sono sostituite quelle di cui ai seguenti articoli.

Art. 2.Le norme tecniche di edilizia di cui all'art. 3 del presente decreto sono applicabiliin tutti i comuni del regno, salvo le eccezioni di cui al comma seguente.Pper le località colpite dai terremoti, dovranno essere applicate in relazione al loro

grado di sismicità ed alla loro costituzione geologica quelle contenute negli articoli

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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prescriversi che la muratura stessa venga interrotta da corsi orizzontali di mattonia due filari o da fasce continue di conglomerato di cemento dello spessore noninferiore a centimetri dodici estesi a tutta la larghezza del muro e che la distanzareciproca di tali corsi o fasce non sia superiore a m. 1,50 da asse ad asse.Nello stabilire il numero e lo spessore dei muri portanti, si deve tener conto, neicalcoli, anche dell'azione del vento;d)  nei piani superiori a quello terreno debbono essere vietate le strutture I tettidebbono essere costruiti in modo da escludere qualsiasi spinta orizzontale;e)  le travi in ferro dei solai a voltine o tavelloni devono appoggiare sui muri peralmeno due terzi dello spessore dei muri stessi ed essere ancorate ai medesimi.nei corpi di fabbrica multipli le travi degli ambienti contigui debbono essere, almenoogni m. 2,50, rese solidali fra loro in corrispondenza del muro comune di appoggio;f)  in tutti i fabbricati deve eseguirsi, ad ogni ripiano e al piano di gronda, un telaiodi cemento armato sui muri perimetrali e su tutti gli altri muri interni portanti. talitelai debbono essere estesi a tutta la larghezza dei muri su cui poggiano ed avereun'altezza minima di centimetri 20, la loro armatura longitudinale deve essere costituitada quattro tondini del diametro non inferiore ai mm. 14 se di ferro omogeneo e amm. 12 se di acciaio semiduro, mentre le legature trasversali debbono essere costituiteda tondini del diametro non inferiore a mm. 5 e poste a distanza non superiore acm. 30;g)  i lavori di muratura, qualunque sia il sistema costruttivo adottato, debbono esseresospesi nei periodi di gelo, nei quali la temperatura si mantenga per molte ore, aldi sotto di zero gradi centigradi.Quando il gelo si verifichi solo per alcune ore della notte, le opere in muraturaordinaria possono essere eseguite nelle ore meno fredde del giorno, purchè, al distac-co del lavoro, vengano adottati i provvedimenti di uso comune per difendere le mura-ture dal gelo notturno.Nelle strutture di cemento armato debbono essere osservate le prescrizioni per l'ac-cettazione dei leganti idraulici e per l'esecuzione delle opere in conglomerato cemen-tizio vigenti al momento dell'inizio dei lavori.Per gli altri materiali da costruzione sono da richiamare le norme fissate per la loroaccettazione dal ministero pr i lavori pubblici.Nel regolamento deve essere imposto il divieto di eseguire miglioramenti, lavori diriparazione e di grande manutenzione ad edifici non rispondenti per strutture, altezzao larghezza delle vie ai regolamenti edilizi vigenti, a meno che non trattisi di fabbricatidi eccezionale importanza artistica, storica, archeologica. come pure è fatto obbligoai proprietari, venuto il momento di rimediare ai guasti del tempo, di ridurre o ricostruiregli edifici secondo le norme contenute nei regolamenti stessi.Tutti i progetti che saranno presentati per opere di costruzioni o ricostruzioni in qual-siasi comune debbono essere firmati da un professionista autorizzato ai sensi delleleggi e dei relativi regolamenti professionali nonché ai sensi del r. decreto-legge 29

luglio 1933, n. 1213, per l'accettazione dei leganti idraulici e per la esecuzione delleopere in conglomerato cementizio.Nelle calcolazioni delle membrature in conglomerato cementizio armato dovrannoadottarsi i carichi di sicurezza di kg. 1400 e kg. 2000 per centimetro quadrato rispet-tivamente per il ferro omogeneo e per l'acciaio semiduro.I lavori devono essere diretti da un professionista autorizzato ai sensi delle leggi edei regolamenti di cui al precedente comma.

Art. 6. Sanzioni.Coloro che intendano fare nuove costruzioni, ovvero modificare od ampliare quelleesistenti, debbono chiedere al podestà apposita autorizzazione, obbligandosi ad osser-vare le norme particolari dei regolamenti di edilizia e d'igiene comunali.

La domanda di autorizzazione deve contenere l'elezione di domicilio nel comune

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

208

dove si eseguono i lavori, oltre quelle altre formalità richieste dalle locali disposizioniregolamentari.Qualora i lavori iniziati in base ad autorizzazione non siano condotti secondo lenorme stabilite dal regolamento edilizio comunale, il podestà, fatti gli accertamentidel caso, ne ordina la sospensione. contro l'ordinanza del podestà, da notificarsi alproprietario nel domicilio eletto sulla domanda di autorizzazione, è ammesso ricorsoal prefetto, il quale decide con provvedimento definitivo. il ricorso non ha effettosospensivo.Qualora vengano iniziati i lavori senza autorizzazione ovvero vengano proseguiti quelliper i quali sia stata notificata ordinanza di sospensione, il podestà ordina la demo-lizione a spese del contravventore senza pregiudizio delle sanzioni penali di cuiall'art. 106 del testo unico della legge comunale e provinciale o di quelle maggioricontenute nei regolamenti edilizi. l'ordinanza del podestà ha carattere di provvedimentodefinitivo.

Norme per le località sismiche della 1a e della 2a categoria.

Parte INuove costruzioni

Art. 7. Terreni sui quali sono vietate le nuove costruzioni.È vietato di costruire edifici sul ciglio o al piede di dirupi, su terreni di eterogeneastruttura, detritici o franosi o comunque atti a scoscendere.L'accertamento delle condizioni e della natura del terreno è fatto caso per caso dalcompetente ufficio del genio civile.Tuttavia sarà consentito di costruire edifici su appicchi di roccia compatta, semprequando venga lasciata tra il ciglio e il piede degli edifici adeguata banchina o ritiro,la cui larghezza dovrà essere di volta in volta determinata dal genio civile competente.

Art. 8. Terreni sistemati a ripiani.Quando il terreno è in pendio ed atto alla costruzione può consentirsi, ai fini edilizi,la sistemazione a ripiani, i quali di norma debbono avere la larghezza non inferiorealla loro altezza.Nel caso di terreni rocciosi o di speciale consistenza, tale larghezza potrà, su pareredel genio civile competente, essere inferiore all'altezza.

Art. 9. Strade.Nei nuovi centri abitati, negli ampliamenti di quelli esistenti, nell'apertura di nuovestrade e nel prolungamento di abitati lungo strade esistenti dipendenti da piani rego-latori, le strade devono essere larghe non meno di m. 10.

Il prefetto, su parere favorevole del genio civile, o le altre autorità superiori da cuidebba essere eventualmente approvata la costruzione della nuova strada, possonoconsentire che la larghezza sia ridotta a metri 8, quando ricorrano giustificate cir-costanze che rendano praticamente impossibile la larghezza minima di m. 10.Tale larghezza minima può ancora essere ridotta a m. 6 nelle località a rilievo mon-tuoso, e accidentato, indipendentemente dalla altitudine sul livello del mare.Nel caso che siano ammesse costruzioni da un solo lato della strada, la larghezzadi questa può essere ridotta rispettivamente a metri 8, a metri 6 e a metri 4.Non sono considerate come ampliamenti di centri abitati le nuove costruzioni daelevare nei vecchi centri, dovunque non esistevano precedentemente, sia pure lungostrade esistenti in adiacenza a fabbricati esistenti. a queste costruzioni sono applicabilile disposizioni di cui all'art. 33.

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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Art. 10. Altezza normale degli edifici e numero dei piani.(Per la 1a categoria).L'altezza dei nuovi edifici, nelle fronti verso strade, rappresentata dalla massima dif-ferenza di livello tra la linea di gronda ed il terreno, ovvero, ove esistano, il pianoo marciapiede stradale nell'immediata vicinanza degli edifici stessi, non può, di regola,superare, nelle strade in piano, m. 16.Nelle strade in pendio l'altezza massima può raggiungere m. 17,50 purchè la mediagenerale delle altezze delle fronti verso strada non superi m. 16.I nuovi edifici, siano cantinati o no, debbono essere normalmente costruiti a nonpiù di 4 piani, compreso il piano terreno, oltre il cantinato.

(Per la 2a categoria).L'altezza dei nuovi edifici nelle fronti verso strade, rappresentata dalla massima dif-ferenza di livello tra la linea di gronda ed il terreno, ovvero, ove esistano il pianoo marciapiede stradale nell'immediata vicinanza degli edifici stessi, non può, di regola,superare, nelle strade in piano, m. 20.Nelle strade in pendio l'altezza massima può raggiungere m. 21,50 purchè la mediagenerale delle altezze delle fronti verso strada non superi m. 20.I nuovi edifici, siano cantinati o no, debbono essere normalmente costruiti a nonpiù di 5 piani, compreso il piano terreno, oltre il cantinato.

Art. 11. Maggiori altezze e maggior numero di piani.In casi eccezionali, allorchè trattasi di edifici pubblici o di uso pubblico od a scopoindustriale, ovvero di edifici privati per i quali le amministrazioni comunali abbianodato il loro consenso giustificato da speciali esigenze, possono ammettersi ancheedifici di maggiore altezza e maggior numero di piani, su conforme parere del consigliosuperiore dei lavori pubblici da richiedersi per ogni singolo edificio.

Art. 12. Altezza degli edifici in relazione alla larghezza delle strade

e alla distanza dagli altri edifici.Le nuove case non possono avere verso la strada sulla quale prospettano altezzamaggiore di una volta e mezzo la larghezza della strada stessa.La larghezza degli intervalli di isolamento tra i muri frontali di due edifici vicini, deveessere pari alla metà altezza dell'edificio più alto, e, in ogni caso, non inferiore am. 4, purchè l'area frapposta sia sottratta al pubblico transito mediante opportunechiusure.Qualora detta area sia aperta al pubblico passaggio gli edifici debbono essere con-siderati come prospettanti su strada.Per gli edifici di altezza superiore ai metri 12, gli intervalli di isolamento potranno,su parere del genio civile, essere ridotti alla larghezza di m. 6.Per gli edifici di altezza superiore a quella massima consentita dall'art. 10, è prescritta

una zona di isolamento o di rispetto, di larghezza da stabilirsi di volta in volta epreventivamente dall'ispettore superiore del genio civile competente.Nel computo di tale larghezza si comprende quella della strada o dell'area destinataa pubblico passaggio.In casi eccezionali e nel caso di edifici pubblici o destinati al culto, possono essereconsentite deroghe alle precedenti disposizioni, su conforme parere del consigliosuperiore dei lavori pubblici.Chi esegue un nuovo edificio può costruirlo in tutto o in parte sul confine del terrenodi sua proprietà; quando non fabbrichi sul confine, se non lascia una distanza almenodi un quarto dell'altezza del nuovo fabbricato, e, in ogni caso, non inferiore a m.2,50, il vicino, quando voglia a sua volta costruire, deve tenersi dall'edificio predettoalla distanza prescritta dai precedenti commi, oppure ha facoltà di fabbricare fin

contro il medesimo, pagando il valore del suolo che verrebbe ad occupare, salvo

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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che il proprietario del suolo stesso preferisca estendere contemporaneamente il suoedificio fino al confine. per fabbricati di altezza superiore ai metri 12, quando l'ufficiodel genio civile abbia consentito che gli intervalli di isolamento siano ridotti a metri6, il proprietario potrà tenersi a distanza di metri 3 dalla linea di confine.Le amministrazioni comunali debbono provvedere, quando ciò non sia stato fatto,a che nei regolamenti edilizi di cui all'art. 53 del testo unico della legge comunalee provinciale le larghezze delle strade e degli intervalli d'isolamento siano fissate inmisura non inferiore a quelle minime consentite dalle presenti norme.Agli effetti del presente articolo sono computate come larghezze libere di strade ecome intervalli d'isolamento, in rispetto unicamente a ciascun edificio erigendo, lelarghezze delle aree rispettivamente annessevi lungo le fronti e destinate a giardini,a cortile esterno o comunque non coperte, anche se cintate e sottratte all'uso pubblicoe create con terrazzamento.

Art. 13. Eventuali deroghe alle antecedenti disposizioni.Quando le strade e gli intervalli di isolamento, sui quali prospettano le fronti di unedificio, abbiano dovunque la larghezza prescritta, tranne che per un tratto non supe-riore a tre metri lungo una delle fronti, ovvero quando due edifici non abbiano lefronti parallele e fra lo spigolo di uno dei due edifici e la fronte dell'altro non siabbia la distanza prescritta, o in altri casi eccezionali, possono essere consentitederoghe alle antecedenti prescrizioni, su conforme parere del consiglio superiore deilavori pubblici.

Art. 14. Altezza dei piani cantinati.L’altezza dei piani, misurata fra pavimento e pavimento, oppure fra il pavimento ela linea di gronda, non può, di regola, superare metri 5, salvo il caso di terreni inpendio, nei quali l'altezza dei piani terreni può raggiungere metri 6,50, né deve essereinferiore ai metri 3, a meno che trattisi di piani ammezzati in comunicazione conle sottostanti botteghe, nel qual caso l'altezza può ridursi a metri 2,70 e salva l'ec-cezione di cui alle lett. c) e d) del seguente art. 19.È consentito che l'altezza minima dei vani abitabili delle case rurali e coloniche,nonché quella dei vani degli abitati che si trovino ad un'altitudine non inferiore ametri 500 sul livello del mare, sia di metri 2,50.Per gli edifici di carattere eccezionale, di cui all'art. 11, può essere consentita un'altezzamaggiore dei piani, su conforme parere del consiglio superiore dei lavori pubblici.Nelle case a più piani si considera come cantinato anche quella parte degli edificiche resta interrata o addossata a fabbricati contigui da tre lati, purchè nel lato scopertonon abbia altezza superiore a metri 3,50 e non prospetti sulla pubblica via.

Art. 15. Altezza degli edifici fuori dei centri abitati.Le nuove costruzioni, fuori dei centri abitati o nel prolungamento dei centri abitati

lungo le strade esistenti non contemplate da piani regolatori, sono soggette all'os-servanza delle norme fissate nei precedenti articoli.Qualora la strada lungo la quale debbono sorgere i nuovi edifici non abbia la larghezzaminima di metri 8 e quando l'altezza media verso strada degli edifici non superi imetri 12, essi debbono costruirsi alla distanza di metri 4 dall'asse della strada esi-stente.Gli edifici di altezza maggiore debbono costruirsi ad una maggiore distanza dall'assestradale che verrà determinata caso per caso dall'ufficio del genio civile competente.

Art. 16. Divieto di opere sopra il piano di gronda.Al di sopra del piano di gronda non si possono eseguire opere di alcuna specie,esclusi i muri di timpano, i fumaioli, i parapetti dei terrazzi o gli attici, gli abbaini,

i lucernari e la gabbia della scala.

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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Anche quando quest'ultima prospetta sulla strada la sua altezza viene esclusa dalcomputo dell'altezza dell'edificio.I fumaioli debbono essere di lamiera di ferro, di cemento ed amianto o di cementoarmato o di tipo equivalente. tutte le altre opere debbono essere intelaiate o soli-damente collegate con le strutture dell'edificio.L’altezza sul piano di gronda dei parapetti e degli attici non deve essere superiorea metri 1,50, salvo eventuali deroghe da concedersi dietro parere del consiglio supe-riore dei lavori pubblici.Lungo le linee di divisione di proprietà è permesso costruire diaframmi dell'altezzamassima di metri 2, dal pavimento del terrazzo. tali diaframmi, ove non venganocostruiti di cemento armato, devono essere costruiti di lamiere metalliche o di retemetallica, che può essere rinzaffata nelle due facce.Sono permesse costruzioni di struttura leggera non più alte di metri 3 dal pavimentodel terrazzo, purchè non si tratti di ambienti ad uso di abitazione e la superficiecoperta non risulti superiore ad un decimo di quella del terrazzo.

Art. 17. Materiali e mano d'opera.I lavori di costruzione dei fabbricati debbono essere eseguiti secondo le miglioriregole dell'arte, con buoni materiali e con accurata mano d'opera.La muratura deve essere eseguita con malta cementizia o comunque idraulica econ mattoni o blocchi di pietra naturale od artificiale di forma parallelepipeda ret-tangolare ed a superfici scabre.È consentito l'impiego di pietra convenientemente spezzata per la muratura, quandoquesta sia listata, cioè interrotta da corsi orizzontali di mattoni o da fasce continuedi pietra di forma parallelepipeda rettangolare o di conglomerato cementizio distantinon più di cm. 60 fra loro da asse ad asse. tanto i corsi come le fasce debbonoessere estesi a tutto lo spessore del muro ed avere altezza non inferiore a cm.12.I muri di fondazione possono essere costruiti con pietra spezzata, senza listatura,ma sempre con malta cementizia o comunque idraulica, ovvero in getto conglomeratocementizio.Sono vietati in ogni caso, la muratura a sacco e l'impiego di ciottoli se non con-venientemente spaccati.È pure vietato l'impiego della ghisa e di qualunque altro materiale fragile, per travi,per colonne e, in genere, per parti essenziali dell'organismo resistente degli edifici.

Art. 18. Sistemi costruttivi.Salvo i casi previsti dal successivo art. 19, gli edifici debbono essere costruiti construtture atte a resistere contemporaneamente a sollecitazioni di compressione otrazione, flessione e taglio.Per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio e per l'accettazione dei

leganti idraulici, debbono sempre essere osservate le norme vigenti al momentodell'inizio dei lavori.Nel caso di edifici con intelaiatura metallica, è fatto obbligo di adottare le necessariecautele per impedire i dissesti che per la presenza dell'intelaiatura potrebbero derivareall'edificio in caso d'incendio.Quando due edifici debbono avere un lato o parte di un lato a contatto, e vengonocostruiti in epoche diverse o con sistemi differenti, ciascun edificio deve costituiredi regola un organismo di per sè stante. se i due edifici vengono eseguiti contem-poraneamente con lo stesso sistema e con le stesse altezze, i proprietari possonoaccordarsi per la costruzione dei lati o della parte di essi a contatto in modo chei due edifici costituiscano un unico corpo di fabbrica.La muratura di riempimento delle intelaiature di cui al primo e al terzo capoverso

del presente articolo deve essere eseguita con le modalità di cui al precedente art.

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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17. per tale riempimento può essere impiegata anche la muratura di mattoni vuoticon malta cementizia o comunque idraulica, o qualunque altra struttura che presentisolidità e sia resistente all'azione del fuoco e dell'umidità.È ammesso che le pareti interne siano costituite da lastre naturali o artificiali debi-tamente collegate, o da reti metalliche o da lamiere stirate intonacate, o da tavolati.Nel caso di edifici eccezionali, ovvero di altri edifici nei quali l'altezza di uno o piùpiani sia superiore ai m. 5, le strutture suddette debbono sempre essere interrotteda cordoli orizzontali di cemento armato, distanti non più di metri 2,50 da asse adasse, collegati con i montanti della intelaiatura principale, oltre le listature prescrittedall'art. 17 per la muratura di pietrame.Per le sole case coloniche è ammesso l'impiego di doppie pareti a listelli di legnoe rete metallica, con le maglie riempite di materiale leggero.

Art. 19 Costruzioni in muratura ordinaria.(Per la 1a categoria).È obbligatorio l'impiego della muratura ordinaria di cui al precedente art. 17, nellacostruzione di edifici fino a tre piani.Per gli edifici fino a due piani è consentita la muratura di pietrame listata.Per gli edifici a tre piani tutte le murature devono essere di mattoni o di blocchi;però le fondazioni, per intero od almeno per lo strato inferiore alto non meno di m.0,40, debbono essere di conglomerato cementizio.Tali edifici debbono corrispondere inoltre alle seguenti condizioni:a) devono essere di altezza non superiore ai m. 9, se a due piani, e non superioreai m. 12,50, se a tre piani. detta altezza va misurata coi criteri di cui al precedenteart. 10;b)  i muri maestri (e cioè i perimetrali, quelli interni trasversali e, nei corpi di fabbricamultipli, quelli longitudinali interni o di spina) debbono essere collegati fra loro. debbonoinoltre intersecarsi a distanze non superiori a m. 6 da asse ad asse; diversamente,ma purchè dette distanze non superino i m. 12, i muri stessi debbono essere munitidi lesene di rinforzo a distanze non superiori a metri 5 da asse ad asse, di aggettoe larghezza uguali almeno allo spessore di essi.Tanto i muri, che le lesene non debbono mai essere costruiti in falso tra un pianoe l'altro.Quando si tratti di costruzione di edifici pubblici o di uso pubblico può eliminarsil'impiego delle lesene. in tal caso, però, limitatamente agli ambienti nei quali le lesenesarebbero occorse, ferme restando tutte le altre condizioni, gli spessori minimi deimuri maestri prescritti ai seguenti comma c), d), e) debbono essere convenientementeaumentati. per questo genere di edifici, l'approvazione dei relativi progetti è subordinataal parere del consiglio superiore dei lavori pubblici;c) lo spessore dei muri maestri degli edifici ad un sol piano e di quelli del pianosuperiore degli edifici a due piani non deve mai essere inferiore a cm. 40 e a cm.

50 rispettivamente per la muratura di mattoni o di blocchi e per quella di pietramelistata. i detti spessori, negli edifici a due piani, debbono essere aumentati di cm.15 al pianterreno.Qualora l'altezza netta dei piani non raggiunga i m. 3, gli spessori minimi possonoridursi a cm. 30 e a cm. 45 rispettivamente per i due generi di muratura, fermorestando l'aumento di cm. 15 al pianterreno negli edifici a due piani;d) lo spessore dei muri maestri dell'ultimo piano degli edifici a tre piani non devemai essere inferiore a cm. 40. i detti spessori debbono essere aumentati di cm. 15ad ogni piano inferiore.Qualora l'altezza netta dei piani non raggiunga i m. 3 e le fondazioni siano interamentedi conglomerato cementizio, lo spessore minimo all'ultimo piano può ridursi a cm.30, fermo restando l'aumento di cm. 15 ad ogni piano inferiore;

e) lo spessore dei muri al disotto del pianterreno e fino al piano di fondazione, qualunque

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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muniti di soletta di almeno cinque centimetri di spessore ed abbiano preferibilmentenervature resistenti nelle due direzioni. i laterizi devono risultare incuneati fra le nervature.

Art. 24. Materiali dei soffitti.I soffitti ed i rivestimenti dei solai debbono formarsi con materiali leggeri, quali: tele,assicelle sottili, cartone, lamierine, lastre sottili, reti metalliche, canne schiacciate esimili, escludendo le strutture e i rinzaffi pesanti, facili a disgregarsi.L'ossatura portante dei soffitti sottotetto deve essere indipendente da quella dei tetti.

Art. 25. Scale.È vietato l'uso di scale a sbalzo e di quelle portate da archi e volte di muratura.Sono ammesse però scale a sbalzo di cemento armato di sporgenza non superiorea metri 1,50.

Art. 26. Porte e finestre.Nelle costruzioni di cui al precedente art. 18 i vani delle porte e delle finestre debbonoessere incorniciati da telaio di cemento armato, prolungando alcune membrature deltelaio del vano sino all'incontro dei montanti o dei correnti dell'intelaiatura principale.Nelle costruzioni in muratura ordinaria può anche bastare di sovrapporre ai vani diporta e finestra, architravi di ferro o cemento armato che sostengano il muro intutto il suo spessore, con soprapposto arco di scarico quando lo consenta l'altezzadella muratura soprastante. ciascuno di detti architravi deve avere una lunghezzadi almeno centimetri ottanta maggiore della massima luce del vano.Nelle costruzioni di cui al precedente comma si debbono osservare inoltre le seguentinorme:a) i vani di porte esterne e di finestre dei diversi piani debbono avere i loro assisulla stessa verticale ed essere disposti in modo che la distanza tra lo spigolo esternodel fabbricato e lo spigolo vivo dello stipite più vicino del vano non sia inferiore ametri 1,50. tale distanza può essere ridotta a metri 1 quando il fabbricato abbia altezzanon superiore a metri 6, ovvero la fronte di larghezza non superiore a metri 4;b) il rapporto tra la larghezza delle zone verticali corrispondenti ai vani delle portee finestre e quella delle intercalate zone di muratura piena deve essere tale daassicurare all'edificio la necessaria resistenza;c) i vani interni di porta, quando siano aperti attraverso muri maestri, debbono esseredisposti in modo che fra il paramento interno dei muri perimetrali e lo spigolo piùvicino del vano vi sia una distanza non inferiore allo spessore del muro perimetrale.

Art. 27. Costruzioni in aggetto.È vietata qualsiasi costruzione in aggetto o a sbalzo, fatta eccezione pei balconi,le cornici ed i protendimenti dei tetti dalla fronte dei muri. i balconi non debbonomai sporgere dai muri di ambito più di metri 1 e debbono essere solidamente connessi

colle strutture dell'edificio.Le cornici non debbono mai sporgere dal muro di ambito più di centimetri 80 edebbono essere solidali col telaio di coronamento dell'edificio.Nel computo della sporgenza delle cornici non è compreso il canale di gronda sedi lamiera.Negli edifici pubblici o in uso pubblico od in altri casi eccezionali possono essereconsentite deroghe alle disposizioni del presente articolo su conforme parere delconsiglio superiore dei lavori pubblici.

Art. 28. Tetti e terrazze.La struttura dei tetti deve escludere qualsiasi spinta orizzontale, da elidersi mediantecatene rese solidali con il telaio di coronamento alla sommità dei muri.

Le incavallature debbono essere collegate trasversalmente tra loro.

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Non sono richieste catene di collegamento quando il tetto sia costituito da arcareccisostenuti da muri di timpano intelaiati.Gli arcarecci debbono però essere collegati con l'intelaiatura dei timpani ed unitilongitudinalmente fra loro come è prescritto all'art. 23 pei travi di solaio.Nei tetti a falde il materiale di copertura non deve eccedere il peso di chilogrammi70 per metro quadrato.Esso sarà appoggiato su tavolato, ovvero su strutture laterizie o di altre materieleggere sempre quando siano opportunamente armate.Ai tetti si possono sostituire in tutto od in parte, terrazze piane a livello delle lineadi gronda.

Art. 29. Condutture.Le condutture di ogni specie, siano esse canne di camini e di caloriferi, o tubolaturedi acquai, di latrine, o di acque piovane o potabili, ecc., debbono essere isolatedalle membrature dell'organismo resistente.Nelle costruzioni di muratura ordinaria le condutture non debbono intaccare la gros-sezza dei muri.Le condutture di camini o di caloriferi nei tratti attraversanti gli edifici dovranno, sein lamiera di ferro, essere collocate dentro altri tubi di cemento od amianto.I sostegni per condutture elettriche aeree non devono essere fissati agli edifici, maessere da questi indipendenti.Nei fabbricati costruiti in conformità delle presenti norme è tuttavia consentito l'attaccodi sostegni per le linee di trasmissione di energia elettrica ad uso di illuminazionee di forza motrice a condizione che:a) l'attacco dei fili ai sostegni fissati ai fabbricati sia costituito in modo da secondareautomaticamente l'accorciamento e l'allungamento delle campate adiacenti all'appog-gio durante la oscillazione dei fabbricati per effetto dei movimenti tellurici in guisada mantenere i fili allo stesso grado di tensione; b) allo scopo di evitare la possibilitàdi eventuali contatti fra i conduttori in conseguenza delle oscillazioni dei fabbricati,vengano adottate tesate le più brevi possibili ed opportune distanze fra i conduttorimedesimi;c)  la tensione massima complessiva di tutti i fili tesi, fra i sostegni attaccati in cor-rispondenza di ogni portale, non abbia a superare i chilogrammi 200.È invece consentito l'attacco di sostegni per le linee telefoniche e telegrafiche, siadirettamente, sia a mezzo di appoggi elastici, a condizione che la tensione massimadi rottura dell'appoggio elastico e di tutti i fili tesi fra i sostegni attaccati ad ognisingolo portale di un fabbricato non superi i chilogrammi 200.I sostegni debbono essere fissati in corrispondenza dei montanti nei fabbricati conintelaiatura portante di cemento armato o metallica; nei fabbricati costruiti con muraturaordinaria possono essere fissati in corrispondenza dei muri principali, purchè si adot-tino volta per volta gli opportuni accorgimenti. in tutti i casi deve essere richiesto

ed ottenuto il nulla osta del genio civile competente prima di eseguire qualsiasiattacco di fili ai fabbricati.Prima di impiegare speciali sistemi di attacco elastici e di sicurezza, destinati agarantire i limiti di sicurezza alla rottura di cui sopra, debbono essere sottopostiall'esame del consiglio superiore dei lavori pubblici i relativi tipi corredati di tutti inecessari disegni.Allorchè siano eseguiti lavori di ampliamento di linee elettriche esistenti ovvero disostituzione anche parziale delle linee stesse nelle zone nelle quali si applicano lepresenti norme, debbono essere studiate ed attuate tutte le necessarie modificazionialle distribuzioni sia pubbliche che private esistenti, in modo che risultino rispettatele disposizioni di cui al presente articolo.

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Art. 30. Divieti ed eccezioni.(Per la 1a categoria).Sono vietati:a) la sopraelevazione di edifici la cui struttura non corrisponda alle prescrizioni dellepresenti norme. può soltanto ammettersi, previo parere del genio civile competente,da darsi caso per caso, la sopraelevazione di un sol piano nelle case a solo pianoterreno, anche quando le case esistenti siano state costruite con muratura di pietramenon listata, a condizione che per tutto quanto riguarda la qualità dei materiali impiegati,gli spessori e le distanze fra asse ed asse dei muri maestri, sia in fondazione chein elevazione e la larghezza delle strade, ecc., siano state rispettate le prescrizionidegli articoli precedenti e che l'ufficio del genio civile accerti che i muri presentanocondizioni tali di stabilità, anche nei riguardi delle fondazioni, da permetterne la soprae-levazione, e che il terreno sul quale l'edificio è costruito è capace di resistere allamaggiore pressione unitaria dipendente dalla sopraelevazione.Imuri della sopraelevazione debbono essere di mattoni ed avere lo spessore noninferiore a centimetri 30 e poggiare sopra un telaio di cemento armato alto nonmeno di 30 centimetri, corrente sopra tutte le murature esistenti;

(Per la 2a categoria).b) le fabbriche di qualsiasi natura che possono ridurre sotto i limiti fissati dagli articoli9 e 12 la larghezza libera delle strade e degli intervalli di isolamento, fatta eccezionedei muri divisori di altezza non superiore a m. 2,75:Sono vietati:a) la sopraelevazione di edifici la cui struttura non corrisponda alle prescrizioni dellepresenti norme. può soltanto ammettersi, previo parere del genio civile competente,da darsi caso per caso, la sopraelevazione di un sol piano nelle case a solo pianoterreno, e di un terzo piano nelle case a due piani, anche quando le case esistentisiano state costruite con muratura di pietrame non listata, a condizione che pertutto quanto riguarda la qualità dei materiali impiegati, gli spessori e le distanze fraasse ed asse dei muri maestri, sia in fondazione che in elevazione e la larghezzadelle strade, ecc., siano state rispettate le prescrizioni degli articoli precedenti e chel'ufficio del genio civile accerti che i muri presentano condizioni tali di stabilità, anchenei riguardi delle fondazioni, da permetterne la sopraelevazione, e che il terreno sulquale l'edificio è costruito è capace di resistere alla maggiore pressione unitariadipendente dalla sopraelevazione.I muri della sopraelevazione debbono essere di mattoni ed avere lo spessore noninferiore a centimetri 30 e poggiare sopra un telaio di cemento armato alto nonmeno di 30 centimetri, corrente sopra tutte le murature esistenti.Se il fabbricato da sopraelevarsi è a due piani e la scala esistente sia stata costruitacon i sistemi vietati dall'art. 25, essa deve essere demolita e ricostruita in conformitàdelle presenti norme;

b)  identico.c)  identico.

Art. 31. Calcoli di stabilità.(Per la 1a categoria).Nei calcoli di stabilità degli edifici con intelaiatura di cemento armato o completamentemetallica o con altri sistemi si debbono considerare le seguenti forze agenti sullestrutture resistenti dell'edificio:a)  il peso proprio delle varie parti ed il sopraccarico accidentale, distribuito in mododa produrre le maggiori sollecitazioni.Per tenere conto dell'accelerazione sismica dipendente dal moto sussultorio, si con-sidererà un carico totale uguale alla somma del peso proprio più 1/3 del sopraccarico

accidentale aumentato del 40 %, semprechè il carico totale così ottenuto non risultiinferiore alla somma del peso proprio e del sopraccarico accidentale;

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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b)  forze orizzontali applicate alle masse delle varie parti dell'edificio, dipendenti dalleaccelerazioni sismiche ad esso trasmesse dal moto ondulatorio. tali forze debbonoconsiderarsi agenti in entrambi i sensi, tanto in direzione longitudinale quanto indirezione trasversale.Il rapporto tra le forze orizzontali ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agisconodeve assumersi uguale a 0,10, qualunque siano l'altezza dell'edificio ed il numerodei piani.Per il computo delle forze orizzontali il carico accidentale deve essere limitato ad1/3 di quello massimo assunto per il calcolo delle singole strutture.In ogni caso l'intelaiatura deve essere calcolata a partire dal telaio orizzontale dibase, il quale deve essere normalmente incassato o ancorato nel terreno naturale.se il telaio riposa su muri di fondazione, questi debbono avere una risega, rispettoal telaio stesso, non inferiore a centimetri 15 per parte.Nei calcoli non sono da considerarsi come agenti contemporaneamente le scossesussultorie e le scosse ondulatorie.Di norma le strutture asismiche debbono essere considerate come sistemi elasticicostituiti da travi e pilastri solidali fra loro (telai) e calcolati coi metodi della scienzadelle costruzioni relativi ai sistemi staticamente indeterminati, sia per le sollecitazioniderivanti dai carichi verticali, sia per quelle derivanti dalle forze orizzontali. nel calcolodei telai multipli è ammesso tuttavia trascurare le deformazioni derivanti dalle sol-lecitazioni al taglio e dalle sollecitazioni assiali.Il calcolo normale dei telai è quello che prescinde dagli aumenti di rigidezza derivantidai muri trasversali; nel caso però di edifici muniti di telai irrigiditi mediante diagonalimetalliche o di cemento armato o da robuste pareti di mattoni pieni e malta cementizia,quando questi telai irrigiditi si trovino a distanza non superiore ai 15 metri, è ammessoper i telai intermedi (a maglie quadrangolari) il calcolo approssimato delle forze oriz-zontali ridotte del 50 % rispetto a quelle come sopra determinate; in tal caso peròi telai maggiormente rigidi debbono essere verificati come mensole incastrate allabase sotto l'azione delle forze orizzontali corrispondenti al loro scomparto e del 50%di quelle dei telai intermedi non considerate nel calcolo di questi ultimi.Negli edifici di muratura ordinaria sono da osservarsi le prescrizioni di cui al commaa) del presente articolo per quanto riguarda il calcolo dei solai e delle coperture.Nelle calcolazioni delle membrature in conglomerato cementizio armato dovrannoadottarsi i carichi di sicurezza di kg. 1400 e kg. 2000 per centimetro quadrato rispet-tivamente per il ferro omogeneo e per l'acciaio semiduro.

(Per la 2a categoria).Nei calcoli di stabilità degli edifici con intelaiatura di cemento armato o completamentemetallica o con altri sistemi si debbono considerare le seguenti forze agenti sullestrutture resistenti dell'edificio:a)  il peso proprio delle varie parti ed il sopraccarico accidentale, distribuito in modo

da produrre le maggiori sollecitazioni.Per tenere conto dell'accelerazione sismica dipendente dal moto sussultorio, si con-sidererà un carico totale uguale alla somma del peso proprio più 1/3 del sopraccaricoaccidentale aumentato del 25 %, semprechè il carico totale così ottenuto non risultiinferiore alla somma del peso proprio e del sopraccarico accidentale;b)  forze orizzontali applicate alle masse delle varie parti dell'edificio, dipendenti dalleaccelerazioni sismiche ad esso trasmesse dal moto ondulatorio. tali forze debbonoconsiderarsi agenti in entrambi i sensi, tanto in direzione longitudinale quanto indirezione trasversale.Il rapporto tra le forze orizzontali ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agisconodeve assumersi uguale a 0,05, qualunque siano l'altezza dell'edificio ed il numerodei piani.

Il resto dell'articolo identico.

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PARTE II.Ricostruzioni.

Art. 32. Modalità costruttive - divieti ed eccezioni.

(Per la 1a categoria).Le ricostruzioni totali o parziali sul sito anteriormente occupato dagli edifici che perqualsiasi causa siano stati distrutti o demoliti debbono eseguirsi con tutte le normedella precedente parte e quelle dei seguenti art. 33 e 34.Esse però sono vietate allorchè il terreno di fondazione non offre le garanzie stabilitedall'art. 7 per l'impianto di nuove costruzioni.Nei comuni o nelle frazioni di comune designati nella tabella n. 6 allegata al testounico approvato con decreto luogotenenziale 19 agosto 1917, n. 1399, e nelle tabelleallegate ai decreti luogotenenziali 22 agosto 1915, n. 1294, e 25 gennaio 1917, n.243, sono inoltre vietate le ricostruzioni degli edifici distrutti o demoliti nelle localitàper ciascuno di essi indicate, salvo il caso previsto nel terzo comma del precedenteart. 7.A modifica di quanto è disposto nella tabella n. 6 succitata, è consentito che i fabbricatidella cortina della città di messina siano adibiti anche ad uso di abitazione e chesiano impiantati con la fronte verso mare a distanza dalla sponda del medesimominore di quella di m. 70 stabilita come limite minimo dalla tabella stessa. però tuttii progetti dei fabbricati da costruirsi lungo la detta cortina debbono, previo pareredella commissione edilizia locale, essere sottoposti all'esame del consiglio superioredei lavori pubblici.Il ministro per i lavori pubblici ha facoltà, su richiesta dei comuni interessati, e suparere del consiglio superiore dei lavori pubblici, di modificare i confini delle localitàdove sono vietate le ricostruzioni.

(Per la 2a categoria).Le ricostruzioni totali o parziali sul sito anteriormente occupato dagli edifici che perqualsiasi causa siano stati distrutti o demoliti debbono eseguirsi con tutte le normedella precedente parte e quelle dei seguenti art. 33 e 34.Esse però sono vietate allorchè il terreno di fondazione non offre le garanzie stabilitedall'art. 7 per l'impianto di nuove costruzioni.Nei comuni o nelle frazioni di comune designati nella tabella n. 6 allegata al testounico approvato con decreto luogotenenziale 19 agosto 1917, n. 1399, e nelle tabelleallegate ai decreti luogotenenziali 22 agosto 1915, n. 1294, e 25 gennaio 1917, n.243, sono inoltre vietate le ricostruzioni degli edifici distrutti o demoliti nelle localitàper ciascuno di essi indicate, salvo il caso previsto nel terzo comma del precedenteart. 7.Il ministro per i lavori pubblici ha facoltà, su richiesta dei comuni interessati, e su

parere del consiglio superiore dei lavori pubblici, di modificare i confini delle localitàdove sono vietate le ricostruzioni.

Art. 33. Larghezze stradali e altezze degli edifici.Escluso il caso della esistenza di piani regolatori o di regolamenti edilizi che dispon-gano altrimenti, le ricostruzioni di cui al precedente articolo e le nuove costruzioninei vecchi centri abitati non contemplati in piani regolatori debbono eseguirsi in basea direttive preventivamente richieste al genio civile competente e da questo impartiteper quanto riguarda gli allineamenti, le larghezze stradali, gli intervalli di isolamentoe le altezze, in armonia, per quanto possibile, con le norme di cui alla parte i. incaso di controversia le direttive vengono impartite dal competente ispettore superioredel genio civile.

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Art. 34. Utilizzazione delle vecchie fondazioni.Nelle ricostruzioni è concessa l'utilizzazione delle fondazioni preesistenti quando essenon siano lesionate ed abbiano, in rapporto ai muri di elevazione, le dimensioniprescritte per le nuove costruzioni. in caso diverso le fondazioni debbono esseredemolite o riparate, o rinforzate con opportuni provvedimenti che debbono essereapprovati dal competente ufficio del genio civile.

PARTE IIIRiparazioni

Art. 35. Criteri generali - divieti ed eccezioni.La riparazione degli edifici danneggiati deve essere diretta a conseguire condizionidi stabilità migliori di quelle preesistenti al terremoto, affinché possano resistere all'e-ventuale ripetersi di scosse. pertanto le riparazioni organiche, intese cioè a modificaree consolidare le strutture resistenti degli edifici o di qualche loro parte essenzialenel senso sopraindicato, debbono corrispondere, per quanto è praticamente possibile,alle norme di cui agli articoli precedenti, tenuto presente quanto è disposto negliarticoli seguenti.Quando il terreno sul quale esiste un edificio non offre le garanzie richieste dall'art.7 per l'impianto di nuova costruzione, non può esserne consentita la riparazione.È inoltre vietata la riparazione degli edifici danneggiati esistenti nelle località deicomuni o delle frazioni designate nella tabella n. 6 allegata al testo unico approvatocon decreto luogotenenziale 19 agosto 1917, n. 1399, e nelle tabelle allegate aidecreti luogotenenziali 22 agosto 1915, n. 1294, e 25 gennaio 1917, n. 243.Tuttavia per gli edifici esistenti nelle predette località su appicchi di roccia compatta,può estendersi, anche per le riparazioni, la disposizione contenuta nel terzo commadel precedente art. 7, semprechè colla limitazione di distanza imposta da detto commariesca praticamente possibile di eseguirle, e cioè nel senso che la rimanente partedel fabbricato resti utilizzabile.

Art. 36. Strutture varie.Le disposizioni del presente articolo possono applicarsi soltanto a quegli stabili cherichiedano riparazioni organiche ai sensi del precedente art. 35. spetta agli uffici delgenio civile competente stabilire caso per caso i criteri tecnici da seguire nelle ripa-razioni, tenute presenti le condizioni generali dei fabbricati e specialmente nei riguardidelle strutture portanti di essi e del loro organismo generale. comunque debbonoessere osservate le seguenti disposizioni:

1a  le fondazioni lesionate o insufficienti debbono essere riparate o rinforzate; quandociò non sia possibile è vietata la riparazione dei fabbricati;

2 a  le volte esistenti debbono di regola essere demolite; tuttavia possono essere tol-lerate a condizione espressa che non siano lesionate e non siano impostate sumuri che, pur non dovendo essere demoliti, presentino lesioni tali da non potersenegarentire, a giudizio del genio civile, la stabilità anche dopo eseguiti i rafforzamentie le riparazioni di cui alle seguenti prescrizioni, e purchè sia provveduto ad eliminarele spinte coll'apposizione di robuste cinture, chiavi e tiranti. in ogni caso però debbonosostituirsi con strutture non spingenti le volte in sommità degli edifici a più piani;3 a  le murature lesionate, che presentino strapiombo o si manifestino eseguite nona regola d'arte, nonché quelle in cui si nota fessuramento diffuso, debbono esseredemolite;4 a  quelle che non presentino i caratteri anzidetti debbono essere riparate, ripren-dendone la costruzione per ciascuna lesione con muratura da farsi esclusivamente

con malta cementizia fino ad immorsarsi, con profondi attacchi, con la parte sana;

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5 a è vietato l'impiego di archi in muratura per puntellamento e collegamento di muri;6 a  gli edifici lesionati e non costruiti col sistema intelaiato o baraccato, previamenteridotti in altezza, ove le loro condizioni statiche lo richiedano, debbono essere rafforzatida collegamenti verticali di ferro o di cemento armato, correnti dalle fondazioni allasommità, e rilegati da cintura, parimenti di ferro o di cemento armato, al piano dellarisega di fondazione ed a quelli dei solai e della gronda, in modo da formare unaintelaiatura esterna. i detti collegamenti debbono essere collocati almeno in corri-spondenza di tutti gli spigoli dell'edificio ed a distanza possibilmente non maggioredi m. 5 l'uno dall'altro;7 a  le scale in muratura ed a sbalzo debbono essere sostituite con scale di ferro odi cemento armato, o sopra intelaiatura, salvo il caso in cui i gradini poggiano sudue muri;8 a  i tetti debbono essere resi non spingenti;9 a  gli attici, le cornici, i balconi e le strutture sovrastanti ai piani di gronda, debbonoessere ridotti in conformità degli articoli 16 e 27 e le condutture di cui all'art. 29debbono essere disposte in modo da non intaccare le murature, anzi da permetternela integrazione.

Art. 37. Edifici in cemento armato o comunque intelaiati.Gli edifici in cemento armato che presentino lesioni tali nelle membrature delle ossatureresistenti, da renderli inutilizzabili, debbono essere demoliti e rifatti per tutta la partealla quale si estende la funzione portante della membratura danneggiata.Quelli intelaiati con altri sistemi o semplicemente baraccati, che si trovino nelle sud-dette condizioni, possono essere riparati, sostituendo con altri nuovi gli organi lesionati,purchè si provveda ad un collegamento ben rigido con la rimanente armatura ointelaiatura.

Art. 38. Edifici non interamente caduti.Per gli edifici non interamente distrutti o demoliti sono applicabili le norme per lericostruzioni alle parti da ricostruire e quelle per le riparazioni alle parti danneggiate,restando assolutamente vietato qualsiasi adattamento o sopraelevazione anche inlegname ed altri sistemi a carattere provvisorio.

Art. 39. Edifici di speciale importanza artistica.Per l'esecuzione di qualsiasi lavoro in edifici o manufatti di carattere monumentaleo aventi comunque interesse archeologico, storico o artistico, siano essi pubblici odi privata proprietà, restano ferme le disposizioni stabilite dalla legge 20 giugno 1909,n. 364, dalla legge 23 giugno 1912, n. 688, dal regolamento approvato con il r.decreto 30 gennaio 1913, n. 363, e dalla legge 11 giugno 1922, n. 778.

PARTE IV.Sanzioni - azioni - procedimenti.

Art. 40. Denunzia dei lavori e presentazione del relativo progetto.Nelle località sismiche di cui agli articoli 7 e seguenti del presente decreto, chiunqueintenda procedere a riparazioni, ricostruzioni, e nuove costruzioni, è tenuto a darnepreavviso scritto, notificato a mezzo del messo comunale o spedito con lettera rac-comandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente al podestà ed all'ufficio delgenio civile competente, almeno venti giorni avanti l'inizio dei lavori, indicando ilproprio domicilio, il nome e la residenza del direttore e dell'appaltatore.Alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare e debitamentefirmato da un professionista autorizzato ai sensi delle leggi e dei relativi regolamenti

professionali, nonché ai sensi della legge 29 luglio 1933, n. 1213, per l'accettazione

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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Art. 46. Intervento del genio civile in caso di opposizione.Quando sia proposta opposizione al decreto di cui al precedente articolo, a curadel cancelliere deve essere comunicato l'avviso dell'avvenuta fissazione del dibatti-mento all'ufficio del genio civile competente per territorio.

Art. 47. Sospensione dei lavori.Dal momento della notifica del decreto di cui all'art. 45 e fino al procedimento definitivo,l'intimato deve sospendere i lavori e, se contravvenga a tale obbligo, è punito aisensi dell'art. 43.Il prefetto, su richiesta dell'ufficio del genio civile, provvede per mezzo degli agentidella forza pubblica ad assicurare la effettiva sospensione dei lavori.

Art. 48. Perizie.Quando ai fini del dibattimento siano necessari ulteriori accertamenti tecnici, il pretore,su istanza dell'imputato o d'ufficio, nomina uno o più periti, scegliendoli fra gli ingegneridi stato.

Art. 49. Effetti del decreto penale e della sentenza.I provvedimenti di cui alla lettera b)  dell'art. 45 si devono emettere sia nei decretiche nelle sentenze, anche quando sia intervenuta una causa di estinzione del reato.I provvedimenti stessi non sono applicabili al proprietario, o a chi abbia ordinato ilavori giusta l'art. 40, il quale, dopo aver proceduto a riparazioni, ricostruzioni enuove costruzioni, abbia domandato ed ottenuto dal genio civile la dichiarazione chesono state osservate le presenti norme.

Art. 50. Comunicazione del provvedimento al genio civile.Una copia di ogni decreto, ordinanza di esecuzione o sentenza che vengano emessiin virtù delle precedenti disposizioni, deve, entro 5 giorni dalla sua data, esserecomunicata, per cura del cancelliere, al competente ufficio del genio civile.

Art. 51. Penale in caso di ritardo nella modificazione o demolizionedelle opere - demolizione d'ufficio.

Se divenuti esecutivi il decreto o la sentenza il condannato non si uniformi all'obbligoimpostogli di modificare o demolire le opere in contravvenzione, esso è tenuto alpagamento a favore dello stato della somma di cui al comma c)  dell'articolo 45.L'ufficio del genio civile, con l'assistenza, se del caso, della forza pubblica, procedea spese del contravventore, alla demolizione come al comma b) dell'art. 45.Nessuna azione è ammessa per risarcimento di danni in dipendenza di tali demolizioni,a meno che non siano derivati da inosservanza delle usuali regole dell'arte.

Art. 52. Modalità per le esecuzioni di ufficio.

Per gli adempimenti demandati al genio civile a norma del 2° comma del precedenteart. 51, è iscritta annualmente in apposito capitolo dello stato di previsione dellaspesa del ministero dei lavori pubblici la spesa di l. 200.000. al ricupero delle sommeerogate su tale fondo per l'esecuzione di lavori di demolizione di opere in contrav-venzione alle norme tecniche di cui al presente decreto, si provvede a mezzo del-l'esattoria comunale in base alla liquidazione dei lavori stessi fatta dal genio civilee resa esecutiva dal prefetto.La riscossione delle somme dovute dai contravventori, per il titolo suindicato e conl'aumento dell'aggio spettante all'esattore, è fatta coi privilegi stabiliti dalla legge sulleimposte dirette.Il versamento delle somme stesse sarà fatto con imputazione ad apposito capitolodel bilancio dell'entrata.

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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Art. 53. Provvedimenti di iniziativa del prefetto.Quando concorrano ragioni di particolare gravità ed urgenza, il prefetto può, permodificazioni richieste dall'osservanza delle presenti norme, valersi del procedimentostabilito dall'art. 378 della legge sui lavori pubblici, e può provvedere alla sospensionedelle opere nel modo stabilito dall'art. 47 del presente decreto.In questo caso l'azione penale è promossa dal pretore su richiesta del prefetto.

Art. 54. Vigilanza per l'osservanza delle norme tecniche.Nelle località sismiche di cui agli articoli 7 e seguenti del presente decreto, gli ufficialidi polizia giudiziaria, gli ufficiali del genio civile, gli ingegneri e geometri degli ufficitecnici di finanza, provinciali e comunali, le guardie doganali e forestali, e, in generale,tutti gli agenti giurati a servizio dello stato, delle provincie e dei comuni, sono tenutiad accertare che chiunque inizi riparazioni, ricostruzioni e nuove costruzioni sia inpossesso del nulla osta rilasciato dal competente ufficio del genio civile a normadell'art. 41.Qualora il costruttore, richiesto, non lo esibisca, deve essere denunciato immedia-tamente all'ufficio del genio civile, il quale provvede a sua volta alla denunzia all'autoritàgiudiziaria.I funzionari del genio civile debbono altresì accertare se le riparazioni, ricostruzionie nuove costruzioni procedano in conformità delle presenti norme. eguale obbligospetta agli ingegneri e geometri degli uffici tecnici succitati quando accedano peraltri incarichi qualsiasi nei comuni danneggiati, compatibilmente coi detti incarichi.

Parte VDisposizioni generali e transitorie.

Art. 55. Denuncia dello stato dei lavori - revisione dei progettidelle costruzioni in corso.

Le disposizioni di cui al precedente art. 19 riguardanti la obbligatorietà delle costruzioniin muratura ordinaria nelle località sismiche, non sono applicabili agli edifici con inte-laiatura di cemento armato o completamente metallica o con altri sistemi che al 1gennaio 1938-xvi siano stati già iniziati e lo stato di avanzamento dei lavori nonconsenta la modifica di struttura. tuttavia, nei limiti del possibile, in relazione allostato dei lavori e qualora non sia già stato provvisto il ferro, i calcoli debbono essereriveduti in conformità delle nuove disposizioni contenute nel precedente art. 31 epresentati al competente ufficio del genio civile.Per i suddetti edifici con intelaiatura di cemento armato o completamente metallicao con altri sistemi che alla data suddetta siano stati già iniziati o già ultimati, maper i quali non sia stata rilasciata la dichiarazione di abitabilità dalla autorità comunaleo il certificato di collaudo dall'ufficio del genio civile, il proprietario o il costruttore

deve fare denunzia dello stato dei lavori al competente ufficio del genio civile, entroil 31 gennaio 1938-xvi, mediante biglietto postale raccomandato con ricevuta di ritorno.il genio civile, accertato lo stato dei lavori, nei rilascia apposito certificato al denun-ciante, inviandone copia al podestà. nel certificato l'ufficio del genio civile dichiareràse sia possibile adeguare la struttura delle costruzioni, per la parte ancora da eseguire,alle disposizioni degli articoli 19 o 31, e in tal caso gli interessati debbono presentareall'ufficio medesimo, entro due mesi dalla data del verbale di accertamento, i progettimodificati ovvero i calcoli riveduti in conformità delle citate disposizioni. l'inadempienzaè punita a termini del precedente art. 43.

Art. 56. Costruzioni eseguite col sussidio dello stato.L'inosservanza delle disposizioni del precedente articolo, nel caso di edifici per i

quali sia stato già concesso il sussidio dello stato, importa, oltre l'ammenda prevista

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 APPENDICE A.2 - Regio Decreto Legge 22 novembre 1937, n. 2105

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dall'articolo medesimo, anche la decadenza dal beneficio del sussidio statale.Per coloro che abbiano ottemperato alle disposizioni sopracitate, il termine stabilitodall'art. 5 della legge 4 aprile 1935-XIII, n. 454, per l'ultimazione dei lavori decorredalla data nella quale l'ufficio del genio civile notificherà agli interessati l'approvazionedei nuovi progetti o dei nuovi calcoli, anche se detto termine, all'entrata in vigoredel presente decreto, fosse già scaduto.Per i fabbricati per i quali i lavori siano ancora da iniziare gli interessati dovrannoesibire, nel termine che sarà fissato dall'ufficio del genio civile, un nuovo progettoredatto in conformità delle norme del presente decreto.Tanto per le costruzioni o nuove costruzioni iniziate che per quelle da iniziare, illimite massimo del sussidio statale concesso o da concedere a norma della legge4 aprile 1935-XIII, n. 454, è determinato in relazione all'importo dei progetti esibitinel termine stabilito dall'art. 8 del regio decreto-legge 26 gennaio 1933-XVI, n. 11,convertito nella legge 5 giugno 1933-XI, n. 665.Il valore dei fabbricati, agli effetti della determinazione del limite massimo del sussidio,è stabilito con i coefficienti di maggiorazione di cui all'art. 6 del r. decreto-legge 26gennaio 1933, n. 11, tenendo conto della categoria del comune alla data dell'iniziodei lavori.

Art. 57. Approvazione dei progetti ai fini della concessione di sussidi statali.L'approvazione dei progetti di riparazione, di ricostruzione e di nuova costruzione aifini della concessione di sussidi statali è demandata all'ingegnere capo del geniocivile fino all'ammontare di l. 200.000, all'ispettore superiore del genio civile finoall'ammontare di l. 1.000.000 e al consiglio superiore dei lavori pubblici per importisuperiori a l. 1.000.000

Art. 58. Opere eseguite a cura del genio militare.Le disposizioni contenute negli articoli dal 40 al 56 del presente decreto non siapplicano alle opere che, ai sensi delle vigenti norme, si eseguono a cura del geniomilitare.

Art. 59. Sospensione e revoca dei provvedimenti penali.Per la sospensione e la revoca delle sanzioni penali che, in base a decreti o sentenze,siano state emesse relativamente a fatti che non possono più considerarsi come reatisia per le modificazioni introdotte nelle norme tecniche ed igieniche, sia per la mutataclassifica in 2/a categoria di una località prima inclusa nell'elenco di quelle di 1/a categoria,si applicano le disposizioni degli articoli 628 e seguenti del codice di procedura penale.

Art. 60.Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie al presente decreto.

Art. 61.Il presente decreto avrà esecuzione a cominciare dal 1 gennaio 1938-XVI e saràpresentato al parlamento per la conversione in legge.Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello stato, sia inserto nellaraccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del regno d'italia, mandando a chiunquespetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a roma, addì 22 novembre 1937Vittorio EmanueleMussolini — Cobolli-Gigli — Solmi — Di Revel — Bottai — Rossoni — Benni.Visto, il Guardasigilli: Solmi.

Registrato alla Corte dei Conti, addì 22 dicembre 1937Atti del Governo, Registro 392, foglio 127. - Mancini.

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Direttiva Presidente del Consiglio dei Ministri 9 febbraio 2011.Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tec-niche per le costruzioni di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 gen-naio 2008.

(Gazzetta Ufficiale 26/02/2011, n. 47, Supplemento ordinario n. 54)

Omissis 

ALLEGATO APROGRAMMA PER IL MONITORAGGIO DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DEI BENI

ARCHITETTONICI TUTELATI

PARTE I - CONTENUTI E FINALITÀ

PremessaIl presente allegato costituisce parte integrante del testo delle Linee Guida e rappresenta la strut-tura dei dati conoscitivi minimi necessari per la definizione del modello interpretativo degli edificidi interesse culturale ai fini della valutazione dello stato di conservazione e della sicurezza sismica.In particolare viene definita la struttura logica del percorso conoscitivo e la qualità dei dati.Per livello di conoscenza speditivo si fa riferimento a dati acquisiti mediante l’osservazione direttadelle qualità della fabbrica, una prima stima dimensionale della stessa e a fonti documentarie,quali indagini storiche sul manufatto e sull’ambito; per livello di conoscenza analitico si fa inveceriferimento all’affinamento della conoscenza geometrica e materico costruttiva della fabbrica, adati indiretti quali valutazioni eseguite per analogia su studi e ricerche certificati, analisi in situ oin laboratorio.

Percorso metodologicoL’approccio conoscitivo ad una fabbrica storica rappresenta un percorso metodologico «inverso»rispetto agli edifici di nuova costruzione: dall’analisi della realtà materica della costruzione, attra-verso successivi livelli di approfondimento, al riconoscimento del funzionamento strutturale ac-certato per la verifica della sicurezza sismica ai fini della definizione degli interventi.

Le fasi di tale processo sono così sintetizzabili:IDENTIFICAZIONE DEL BENE > FATTORI DI SENSIBILITÀ > VALUTAZIONE DELLAVULNERABILITÀ > VERIFICA DELLA SICUREZZA > DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI

Tale iter metodologico non è definibile in un'unica scheda di rilevamento. Pertanto, la raccolta deidati è articolata per moduli schedografici autonomi e complementari, ognuno dei quali rappresenta

un livello di conoscenza dal diverso grado di attendibilità. La scelta tra i diversi moduli schedograficicostituisce il progetto conoscitivo da attuare in relazione agli obiettivi dell’indagine, ai contesti ter-ritoriali, alla disponibilità delle risorse.

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 APPENDICE A.3 - Direttiva P.C.M. 9 febbraio 2011

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 APPENDICE A.3 - Direttiva P.C.M. 9 febbraio 2011

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Moduli schedograficiNella sezione seguente è riportata la struttura schematica dei moduli schedografici. Per ognunadelle macrotipologie individuate nella Direttiva sono stati definiti dei moduli schedografici, che con-sentono di acquisire le informazioni necessarie per applicare i modelli di valutazione LV1 propostidalla Direttiva.Di seguito è riportato un tracciato descrittivo della qualità e quantità dei dati da acquisire, che èstato poi esplicitato nel dettaglio per le diverse tipologie costruttive. I documenti schedografici, perle diverse tipologie, sono riportati sul sito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (www.beni-tutelati.it).Non sono invece riportati i formati e le interrelazioni tra i diversi campi, in quanto ciò dipende dal si-stema di gestione dei dati che si intende adottare. È evidente che utilizzando idonei sistemi infor-mativi è possibile mettere in risalto le molteplici correlazioni e interazioni tra i differenti moduli.

PARTE II - MODULI SCHEDOGRAFICI E LORO STRUTTURA

MODULO A - Anagrafico IdentificativoHa lo scopo di identificare in modo univoco il manufatto. L’identificazione avviene attraverso treparametri fondamentali: denominazione, toponomastica, dati catastali. La struttura dei dati è de-finita al Decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 28 febbraio 2004, così come mo-dificato dal D.M. 28 febbraio 2005, emanato di concerto con l’Agenzia del Demanio e relativo aicriteri e modalità per la verifica dell’interesse culturale dei beni immobili di proprietà pubblica, aisensi dell’art. 12 del D. Lgs. 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio.

A1. Qualificazione giuridica del soggetto proprietarioNota esplicativa.Specificare la qualificazione giuridica: Stato, Regione, Provincia, Comune, Ente o Istituto pubblico, Persona giuridica privata senza fine di lucro, Privato.

A2. Riferimenti del soggetto proprietarioNota esplicativa.Indicare: denominazione, C.F., indirizzo, nominativo del legale rappresentante, nominati del responsabile del procedimento.

A3. Denominazione del beneNota esplicativa Rappresenta il nome proprio o la denominazione corrente utilizzata per identificare il bene.

A4. ToponomasticaNota esplicativa Indicare: regione, provincia, comune, toponimo di località, toponimo stradale, numero ci- 

vico.

A5. Coordinate geograficheNota esplicativa Indicare le coordinate geografiche (x, y) ed il relativo sistema di riferimento (preferibilmente GaussBoaga, Roma 40). È opportuno vengano previsti funzionalità informatiche per la lo- calizzazione diretta del punto.

A6. Dati catastaliNota esplicativa Indicare: comune catastale, foglio, particella, subalterno. Specificare se l’identificativo ca- tastale si riferisce al Catasto Fabbricati (C.F.) o al Catasto Terreni (C.T.).

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 APPENDICE A.3 - Direttiva P.C.M. 9 febbraio 2011

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A7. ConfinantiNota esplicativa Indicare tutti gli elementi con i quali il bene confina. Per le particelle catastali vale la codifica del precedente punto A6; per tutti gli altri elementi (strade, fiumi, fossi, ecc.) il vocabolario è libero.

A8. Periodo di realizzazioneNota esplicativa Indicare l’anno di costruzione del bene nella sua consistenza attuale. In alternativa indicare la frazione di secolo (inizio, fine, prima metà, seconda metà).

A9. Destinazione d’uso attualeNota esplicativa Indicare la destinazione d’uso attuale, distinguendo la categoria d’uso (Residenziale, Com- merciale, Terziariodirezionale, Logisticoproduttivo, Culturale, Studio d’artista, Sportivo, Lu- dicoricreativo, Turisticoricettivo, Ristorazione, Servizi pubblici, Militare, Luogo di culto,Attrezzatura tecnologica, Altro, Non utilizzato) e l’uso specifico (vocabolario libero; ad esem- pio museo, negozio, caserma, ufficio, chiesa, ecc.).

A10. Documentazione fotograficaNota esplicativa Allegare un minimo di 10 foto per ogni bene, corredate da didascalia. Le riprese fotografiche devono documentare il bene in modo esaustivo, sia all’interno che all’esterno. In particolare de- vono prevedere una ripresa fotografica dell’ambiente esterno, il fronte principale e gli altri fronti,gli androni e scale, gli ambienti interni più significativi, dettagli dei pavimenti e dei soffitti.

A11. Stralcio planimetricoNota esplicativa Allegare lo stralcio della mappa catastale, in scala 1:1.000 o 1:2.000, individuando con esat- tezza la localizzazione del bene, mediante perimetrazione della particella.

A12. Descrizione morfologicaNota esplicativa Descrivere la struttura fisica della costruzione, la tipologia architettonica e gli elementi ar- chitettonici e costruttivi maggiormente significativi.

A13. Presenza di elementi di pregioNota esplicativa Indicare la presenza di elementi significati di pregio culturale. Si intendono per elementi de- corativi di pregio quelli elencati all’art. 11, comma 1, lettera a) del Codice: gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli e gli altri ornamenti di edifici, esposti o 

no alla pubblica vista, di cui all’art. 50, comma 1.Specificare se l’elemento è interno od esterno. Segnalare inoltre la presenza di beni o col- lezioni mobili notificati, nonché la presenza di reperti archeologici visibili.

A14. Altra documentazioneNota esplicativa Allegare eventuale altra documentazione disponibile (planimetrie, cartografie, foto aree,grafici di rilievo, immagini, relazioni, atti amministrativi, schede di dettaglio).

A15. Valutazione d’interesse culturaleNota esplicativa Specificare gli estremi dell’eventuale provvedimento di interesse culturale (decreto di vincolo 

o declaratoria).

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Ai soli fini della valutazione della sicurezza sismica, indicare la rilevanza del bene, espressa in termini relativi secondo una delle seguenti categorie: limitata, media, elevata.

MODULO B. Fattori di sensibilitàContiene i dati necessari per determinare le relazioni tra il manufatto ed il contesto territoriale alfine di classificare particolari fattori di sensibilità.

B1 Caratteristiche dimensionaliB1a. superficie copertaB1b. altezza grondaB1c. numero di piani entroterraB1d. numero di piani fuori terraB1e. eidotipoNota esplicativa.Per eidotipo si intende uno schizzo fatto a mano libera o a “filo di ferro” in cui sono rappre- sentate piante, prospetti e sezioni del manufatto, nonché tutti gli elementi del sito e del con- testo edilizio che debbono essere messi in evidenza ai fini della valutazione. L’eidotipo, in mancanza del rilievo geometrico, costituirà un modello geometrico semplificato di riferimento sul quale saranno riportate i principali dati dimensionali e le successive informazioni.

B2 Localizzazione

B2a. ambito territorialeNota esplicativa.Riportare se il manufatto è localizzato in un centro urbano, in zona extraurbana, in zona agricola, ecc.

B2b. caratteristiche ambientali geograficheNota esplicativa.Riportare se il manufatto è localizzato in prossimità di fiumi, torrenti, mare, rilievi, zone verdi,ecc.

B2c. caratteristiche ambientali antropicheNota esplicativa.Riportare se il manufatto è localizzato in prossimità di viabilità primaria o secondaria, com- plessi industriali, cantieri, ecc.

B3 Terreno e fondazioni

B3a. caratteristiche orografiche

Nota esplicativa.Riportare se il manufatto è localizzato in piano o in prossimità di creste, dirupi, ecc. Indicare la pendenza del terreno (espressa in percentuale).

B3b. caratteristiche geomorfologicheNota esplicativa.Riportare le categorie del terreno di fondazione, così come specificato al punto 3.1. delle Linee guida. Indicare inoltre se si è in presenza di corpi franosi.

B3c. modifica dei suoliNota esplicativa.Indicare gli eventuali fenomeni di modifica dello stato dei suoli e le loro cause (modifica delle 

falde, dilavamento, rottura di condotte idriche, prosciugamento die terreni, scavi, rilevati, ecc.).

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B4 Analisi dell’aggregato edilizio

B4a. complesso architettonicoNota esplicativa.Vedi la definizione di complesso architettonico (CA) del cap. 4. Specificare se il bene è un complesso architettonico isolato o aggregato e quanti e quali sono i corpi di fabbrica costi- tuenti. Definire attraverso un eidotipo i rapporti dimensionali in pianta e alzato delle diverse parti costituenti il complesso architettonico.Si intende per complesso architettonico un sistema di più copri di fabbrica collegati fisica- mente tra loro a formare un’entità spaziale circoscritta.

B4b. parte di un complesso architettonicoNota esplicativa.Vedi la definizione di corpo di fabbrica (CF) del cap. 4. Specificare se il bene è parte di un complesso architettonico e definirne i rapporti (edificio d’angolo, di testata, contiguo, ecc.).

B5 AccessibilitàNota esplicativa.Riportare se il manufatto è accessibile, completamente o parzialmente, oppure inaccessibile per cause intrinseche (crolli, inagibilità, sigilli, ecc.) o estrinseche (frane, inaccessibilità via- ria, detriti, ecc.) 

B6 Stato di utilizzoNota esplicativa.Riportare se il manufatto è utilizzato completamente o solo parzialmente. Inoltre deve es- sere precisata la frequenza d’uso, secondo le seguenti categorie: molto frequente(frequen- tazione giornaliera), frequente (frequentazione almeno settimanale), saltuario o non utilizzato (utilizzo sporadico).

MODULO C - Morfologia degli ElementiHa lo scopo di individuare e descrivere gli elementi strutturali, attraverso il riconoscimento dellamorfologia, della tipologia, delle tecniche costruttive e dei materiali.

C1 Codifica degli elementi strutturaliNota esplicativa.Individuare gli elementi strutturali identificandoli a livello planimetrico con codici alfanumerici progressivi, secondo le seguenti categorie: V. elementi verticali (setti murari, pilastri, colonne) O. Orizzontamenti (solai e coperture) S. Collegamenti verticali (scale e rampe) 

PO. Elementi portanti orizzontali (archi, architravi, piattabande) 

C2 IspezionabilitàNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 specificare se è ispezionabile, parzialmente ispe- zionabile, non ispezionabile.

C3 MorfologiaNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 descriverne la morfologia: V. elementi verticali: pilastro, colonna, setto continuo.O. orizzontamenti: piano, inclinato, resistente per forma.

S. collegamenti verticali: rettilineo, curvo, elicoidale.PO. elementi portanti orizzontali: orizzontali, curvi.

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 APPENDICE A.3 - Direttiva P.C.M. 9 febbraio 2011

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C4 Tipologia elementi strutturaliNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 descrivere la tipologia costruttiva, secondo voca- bolari elaborati a livello regionale. A titolo esemplificativo: V. elementi verticali: portante in blocchi, in laterizio, monolitico, tamponatura in laterizio, in legno, non visibile, ecc.O. orizzontamenti: solaio a orditura semplice, doppia, composta, soletta, volta a crociera,a botte, non visibile, ecc.S. collegamenti verticali: rampa semplice su travi, su volta a botte, su volta rampante, ecc.PO. elementi portanti orizzontali: arco a tutto sesto, ribassato ogivale, piattabanda, archi- trave, non visibile, ecc.) 

C5 Tipologia finitureNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 descrivere la tipologia delle finiture, secondo vo- cabolari elaborati a livello regionale. A titolo esemplificativo: intonaco, rivestimento lapideo,ligneo, ceramico, controsoffitto, struttura a vista, ecc. Specificare la finitura per l’interno e 

l’esterno, per l’intradosso e l’estradosso.

C6 Tecnica costruttiva elementi strutturaliNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 descrivere la tipologia costruttiva, secondo voca- bolari elaborati a livello regionale.Le murature andranno analizzate stilando moduli schedografici che dovranno contenere: — descrizione delle caratteristiche materiche dei componenti, rapporti geometrici tra altezza del blocco e spessore del giunto orizzontale, disposizione e allineamenti desumibili dall’a- nalisi della tessitura e dell’apparecchiatura muraria — valutazioni dell’ingranamento dei blocchi ( disposizioni di elementi di fascia e di punta),stato di conservazione e livello di disorganizzazione della muratura 

C7 Tecnica costruttiva finitureNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 descrivere la tipologia costruttiva, secondo voca- bolari elaborati a livello regionale.

C8 Parametri meccaniciNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 riportare i parametri meccanici dei materiali ottenuti da indagini diagnostiche eseguite sulla fabbrica o per analogia.gn = resistenza media a compressione t0 = resistenza a taglio 

E = valore medio di elasticità normale G = valore medio di elasticità tangenziale W = peso specifico medio 

C9 Elementi di pregio storico artisticoNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1 individuare e descrivere eventuali elementi di pre- gio storico artistico: apparati decorativi (fregi, cornici, affreschi, dipinti, stemmi, elementi scultorei, ecc.), tecniche costruttive antiche (intonaci, rivestimenti, travature, elementi me- tallici, particolari tessiture murarie), elementi mobili addossati (arazzi, quadri, altari, statue,tabernacoli, ecc.).

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C10 Materiali finitureNota esplicativa.Per ogni elemento codificato al punto C1, e per gli eventuali elementi di pregio in esso presenti,identificare i materiali attraverso analisi a vista o prove di laboratorio se disponibili.

MODULO D - Stato di ConservazioneClassifica e descrive i fenomeni di danno dei singoli elementi strutturali.

D1 Danno strutturaleD1a. pannelli murari— fuori piombo— spanciamento— traslazione verticale— traslazione orizzontale— fessurazioni superficiali ( specificare profondità/spessore murario)— fessurazioni passanti— lesioni isolate o diffuse— crolloNota esplicativa.Da individuare per ogni elemento come codificato al punto C1. Per le lesioni la valutazione va intesa come rilevamento della posizione delle cuspidi e della gola, distanza massima tra i cigli fessurativi e relativo scostamento dei cigli fessurativi fuori dal piano.

D1b. strutture resistenti per formaNota esplicativa.Da individuare per ogni elemento come codificato al punto C1. Valutazione del meccanismo di danno/meccanismo di collasso. Quantificazione e posizionamento delle fessurazioni.

D1c. orizzontamenti— valutazione a vista dei difetti ( secondo classificazione a vista del legname in opera)— rottura fragile— entità dell’appoggio— disallineamento appoggi— deformazione (F/L > 1/300; F/L > 1200; F/L >> 1200)— crolloNota esplicativa.Da individuare per ogni elemento come codificato al punto C1.

D1d. strutture in legno articolate— valutazione a vista dei difetti ( secondo classificazione a vista del legname in opera)

— qualità delle unioni e delle giunzioni— rottura fragile— rotazione fuori dal piano di appartenenza della struttura— inflessione— crolloNota esplicativa.Da individuare per ogni elemento come codificato al punto C1.

D2. Danno matericoD2a. strutture murarie— distacco— erosione

— disgregazione

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Decreto Ministero delle Infrastrutture 14 gennaio 2008.Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni.

(Gazzetta Ufficiale 04/02/2008, n. 29)

Omissis 

Estratto dall’allegato A del DM 14.01.08

Qualora la attuale pericolosità sismica su reticolo di riferimento non contempliil periodo di ritorno TR1 corrispondente alla VR e alla PVR

, fissate, il valoredel generico parametro p (ag, F0, T*C) ad esso corrispondente porrà esserericavato per interpolazione, a partire dai dati relativi ai TR previsti nellapericolosità sismica  utilizzando l'espressione seguente:

[2]

nella quale:p = valore del parametro di interesse corrispondente al periodo di ritorno

TR desiderato;

TR1, TR2 = periodi di ritorno più prossimi a TR per i quali si disponedei valori p1 e p2 del generico parametro p.

1 Visto l'intervallo di riferimenlo attualmente disponibile, si considereranno solo i valori di TR compresinell'intervallo 30 anni ≤ TR ≤ 2475 anni: se TR a < 30 anni si porrà TR = 30 anni. se TR > 2475

anni si porrà TR = 2475 anni. Azioni sismiche riferite a TR più elevati potranno essere considerateper opere speciali.

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Bibliografia

BARATTA Mario,  I Terremoti d’Italia, Forni Editore, Torino 1901.

BOSCOLO BIELO Marco, Progettazione Strutturale, Significato e Prassi della

 Nuova Normativa Antisismica, Guida Pratica all’Applicazione del DM 14.01.08

e della Circ. Cons. S. LL.PP., Legislazione Tecnica Editrice, Roma 2010.

BOSCOLO BIELO Marco, Prontuario delle Costruzioni - Acciaio, Calcestruzzo

 Armato, Legno, Muratura, Legislazione Tecnica Editrice, Roma 2010.

BOSCOLO BIELO Marco, Costruzioni Antisismiche in Muratura Ordinaria e

 Armata, Legislazione Tecnica Editrice, Roma 2011.

BOSCOLO BIELO Marco,  Interventi su Edifici Esistenti. Responsabilità dei Pro-gettisti – Diagnostica – Tecniche di Intervento, Legislazione Tecnica Editrice,

Roma 2012.

BOSCOTRECASE L. PICCARETTA F.,  Edifici in Muratura in Zona Sismica,

Dario Flaccovio Editore, Palermo 2006.

De SORTI S. et al. coordinatori, Terremoto in Umbria e Marche del 1997 - Criteri

di calcolo per la progettazione degli interventi. Editrice Sallustiana, Roma 1998.

DONGHI Daniele,  Manuale dell’Architetto, UTET, Torino 1925.

LENZA P., GHERSI A., CALDERONI B.,  Edifici in muratura, Dario Flaccovio

Editore, Palermo 2011.MONTEL Antonio,  Le Case nelle Regioni Sismiche e la Scienza delle Costruzioni,

Lattes, Torino 1910.

PAGANO Michele, Teoria degli Edifici – Costruzioni in Muratura, Liguori Editore,

Napoli 1968.

PAGANO Michele, Costruire in Muratura, Liguori Editore, Napoli 1990.

PERRI Emilio,  Ingegneria Antisismica, UTET, Torino 1971.

SANTARELLA Luigi,  Il Cemento Armato nelle Costruzioni Civili ed Industriali,

Vol. 1, Ulrico Hoepli, Milano, 1927 (2° ed.).

RUSSO Cristoforo,  Le Lesioni sui Fabbricati, UTET, Torino 1947.

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento di Protezione Civile,  Manuale

 per la compilazione della scheda di I° livello di rilevamento danno, pronto

intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES),

Editrice Italiani nel Mondo, Roma 2009.

Norme tecniche:

Decreto Ministero Infrastrutture del 14.01.08: Nuove Norme Tecniche per Le Costru-

 zioni - Supplemento Ordinario N° 47/L alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica

Italiana N° 51 del 29.02.08.

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Circolare del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici:  Istruzioni per l’applicazione

delle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al DM 14.01.08 N° 617 del

07.03.08 - Supplemento Ordinario N° 27 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica

Italiana N° 47 del 26.02.09.

Eurocodice 2, UNI EN 1992-1: Progettazione delle strutture di calcestruzzo.

Eurocodice 6, UNI EN 1996-1: Progettazione delle strutture di muratura.

Eurocodice 8, UNI EN 1998-1:  Indicazioni progettuali per la resistenza sismica

delle strutture.

Crediti:

Le immagini 8.6, 8.8 + 8.10, 8.13, 8.14, 8.17, 8.19 + 8.26, 8.29, 8.30, 8.32, 8.33,

8.34c, 8.36, 8.37 sono tratte dal Manuale AeDES.

Le immagini 8.21 sono tratte dal Manuale AeDES con foto di Papa e Zuccaio.Le immagini 8.15 e 8.35 sono state gentilmente concesse dall’Arch. Roberto Ama-

bilia.

Altri crediti indicati nelle didascalie.

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Questo volume, basandosi sulle Linee Guida per lavalutazione e riduzione del rischio sismico del

patrimonio culturale emanate nel 2011 e sulle altre

norme e buone prassi disponibili, approfondisce il

tema della vulnerabilità sismica di edifici e strutture

 Vulnerabilità sismica degli edifici storici

Marco Boscolo Bielo

 ARCHITETTURE & STRUTTURE

Marco Boscolo Bielo Architetto, strutturista, esperto

in progettazioni antisismiche,

valutazione di vulnerabilità sismica

di costruzioni esistenti,