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MEDICINA NARRATIVA E TERAPIA DEL DOLORE Cristina Cenci Antropologa, Founder del Center for Digital Health Humanities, Socio fondatore di OMNI- Osservatorio Medicina Narrativa Italia Curatrice del Blog Digital Health, Nòva-Sole24Ore © Cristina Cenci Nessuna parte di questo documento può essere riprodotta senza autorizzazione

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MEDICINA NARRATIVA E TERAPIA DEL DOLORE Cristina Cenci – Antropologa, Founder del Center for Digital Health Humanities,

Socio fondatore di OMNI- Osservatorio Medicina Narrativa Italia Curatrice del Blog Digital Health, Nòva-Sole24Ore

© Cristina Cenci – Nessuna parte di questo documento può essere riprodotta senza autorizzazione

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Il paradosso del dolore Clara Gallini è un’antropologa che ha studiato a lungo i rituali terapeutici. Nel 2016 ha pubblicato “Incidenti di percorso. Antropologia di una malattia”, in cui racconta le sue ripetute operazioni al cervello per un tumore. Così descrive l’incontro con un noto oculista:

Mi fa sedere su una poltrona dall’alto schienale, mi si avvicina, mi guarda fisso negli occhi e mi afferma con tono imperativo: “Lei non ha dolore”. E io, con tono altrettanto deciso: “Ma io ho dolore! Ho dolore!”. […] Il professore allora bofonchia una spiegazione: “Il suo trigemino è rotto e non trasmette più. Non ha dolore, crede di averlo. Un paradosso, è come quando tagliano una gamba o un braccio. Continua a senitre il dolore. E’ la sua immaginazione”.

Clara Gallini ci lascia con il dubbio su cosa sia questa immaginazione che trasforma un dolore inesistente in sofferenza intollerabile

Il rituale dell’atto terapeutico In alcuni esperimenti sul dolore, il neurofisiologo Fabrizio Benedetti mostra l’attivazione delle stesse aree del cervello nel caso di somministrazione del farmaco o di un placebo.

Benedetti: “qualsiasi terapia ha due componenti: la prima è rappresentata dagli effetti specifici, per esempio di un farmaco, mentre la seconda è costituita dall’aspettativa del beneficio terapeutico” che può essere rafforzata dal “rituale dell’atto terapeutico”

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Il paziente trasparente

Tiziano Scarponi è un medico di medicina generale che condivide sul suo blog e su Facebook le storie dei suoi pazienti…

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La personalizzazione del percorso

Per una terapia del dolore efficace non è sufficiente che ci

siano le pillole, occorre imparare che non possono essere

“ficcate” in gola. Serve la personalizzazione e

l’appropriatezza della storia di cura. La medicina narrativa può fornire gli strumenti per la

personalizzazione del percorso diagnostico-terapeutico

nella terapia del dolore.

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La medicina narrativa

Cos’è…..

«con il termine Medicina Narrativa si intende una metodologia d’intervento

clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo

strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di

vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione

condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). …

Si integra con l’Evidence Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralita delle

prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali piu complete, personalizzate,

efficaci e appropriate”(ISS). »

Cosa non è….

…non è una nuova disciplina medica, non è

l’arte e il teatro che ti curano, non è

l’aneddotica del paziente o il medico

gentile che chiede anche qualcosa di me

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La narrazione del dolore

“Il dolore deve essere inteso come un’esperienza”

“Un colloquio con un paziente è una procedura vera e propria e ci vuole la stessa preparazione che occorre per fare un intervento chirurgico”. “Non basta l’empatia. Serve il metodo”

“Come operatori sanitari siamo responsabili dell’uso tossico delle parole”

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Il “mio” dolore

L’obiettivo primario dell’ascolo della storia è capire le funzione identitarie, affettive, relazionali associate all’esperienza di dolore. Esistono modalità molteplici di vivere il dolore:

- Il dolore identitario: l’esperienza dolorosa diventa una componente centrale dell’autorappresentazione del soggetto. Intorno al dolore si strutturano i rituali del sé, il cosa essere/non essere vs il cosa fare/non fare

- Il dolore stoico: l’accettazione del dolore conferma il sé come un sé eroico. Fonda la capacità di affrontare e gestire la malattia ma anche di accettare un dolore non acc

- Il dolore espiatorio: il dolore come pena, il dolore che diventa espiazione di una colpa

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Il “mio” dolore

- Il dolore sacrificale: il dolore percepito come passaggio necessario per accedere alla guarigione.

- Il dolore sentinella: il dolore come barometro del mio benessere/malessere

- Il dolore stigma: il dolore che mi esclude e mi allontana dagli altri

- Il dolore vicario: il dolore dell’altro che diventa mio

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La storia di cura

Il senso e il significato che il dolore assume per ognuno, hanno un impatto centrale nell’autovalutazione, nell’aderenza e nella percezione di efficacia della cura, negli effetti placebo e nocebo.

I metodi narrativi sono fondamentali per ricostruire il “mio dolore” e consentire una cura e una storia di cura appropriate, capaci di far riconoscere il dolore allo stoico e di ridimensionarlo in chi lo ha trasformato in impronta di sé.

L’ascolto della storia libera e metaforica del perché, del come, del quando, dell’esperienza del dolore può essere la componente fondamentale di una terapia del dolore su misura, così come è su misura il dolore.

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La sfida

La narrazione personalizzata della cura ha un ruolo fondamentale nel favorire un’immaginazione del dolore terapeutica, perché attribuisce al dolore un senso e un significato associati alla nostra identità, al nostro schema corporeo, al vissuto di malattia, alle aspettative associate alla terapia.

Le diseguaglianze nascono anche dalla standardizzazione, fondamentale per i processi organizzativi, nociva per le persone.

Occorre coniugare la standardizzazione dei processi e la personalizzazione della cura per una terapia del dolore più appropriata ed efficace.