Eco 14

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Sabato 26 febbraio 2011 - Anno 2 - No. 14 ecoamaldi.altervista.org Rivista scolastica del Liceo Scientico Statale “Edoardo Amaldi” di Roma PAGINA 1 QUESTA MALEDETTA NOTTE DOVRÀ PUR FINIRE Di Alessandro Iannamorelli (4°C) “E per tutti i ragazzi e le ragazze /che difendono un libro, un libro vero /così belli a gridare nelle piazze /perché stanno uccidendo il pensiero” - Roberto Vecchioni La storia non è “un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente”, scrisse un politico e intellettuale italiano, Antonio Gramsci, ne “La Città futura”, un numero del giornale dei giovani so cialisti, interamente curato e scritto da lui. Non percepire la storia come una fatalità è di certo l’atteggiamento critico dell’intellettuale, che riporta sempre la realtà ai princìpi e al suo significato etico e sostanziale, filosofeggiando an che un po’, il che non guasta. E la massa? La massa non è stupida, ma può tendere all’indifferenza, quell’odiosa patologia che fa morire l’organismo dello Stato, perché in questo modo l’uomo “abdica alla sua volontà e lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare”. L’intellettuale allora fa esplodere la sua rabbia verso gli in differenti, e il loro “piagnisteo di eterni innocenti”: sente addirittura di non dover sprecare la sua pietà! Si consiglia di leggere e meditare questo breve testo, ma perché? Il motivo: una sintesi di questo saggio è stata letta da Luca e Paolo, famoso duo comico, durante il Festival di Sanremo. Se non gli indifferenti, tutti gli altri possono essere scossi dall’esigenza che ha portato a tirar fuori un brano del 1917, un periodo di crisi come se la storia del nostro Paese ne conoscesse di altri! La domanda alla quale si vuole rispondere è “se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo?“. Sta succedendo qualcosa? Una signorina marocchina veniva condotta presso la Questura di Milano la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010; allora una prostituta avvisa un noto politico che sta a Parigi per un vertice internazionale. Iniziano le telefonate: cono scendo la ragazza, il politico segnala al Questore che è la nipote del Mubarak, Presidente dell’Egitto! Il tribunale di Milano qui specifica che tale circostanza è palesemente falsa. Il politico induce il dottor Ostuni ad accelerare le pratiche del rilascio della minore, accusata del furto di circa tremila euro. È un fiotto di telefonate: alla fine viene affidata al Consigliere Regionale Nicole Minetti, per poi passare nelle mani di un’altra prostituta. È proprio così che si trattano le nipoti di capi di Stato per evitare inci denti diplomatici! Silvio Berlusconi è accusato di concussione e induzione alla prostituzione minorile. La concussione è un reato grave e antico e si verifica quando un uomo potente sfrutta la propria posizione di pubblico ufficiale per sue questioni private: illecito il modo e illecita la richiesta! In oltre questa concussione è su poteri che non apparten gono al diretto interessato: un capo di Stato non può in alcun modo controllare la Questura, ovvero Polizia ov vero Ministero dell’Interno, né tantomeno la magistra tura, in quanto la ragazza era destinata al Tribunale dei minori! Non indaghiamo sulla seconda accusa, ancor più terribile. Il tribunale di Milano sempre verbalizza i giorni in cui avrebbe compiuto atti sessuali con la minore, com presi Pasqua, Festa della Liberazione e Festa del Lavoro. Il pagamento era in contanti, gioielli ed altro, oppure pas sava per il signor Giuseppe Spinelli: si ricordi che il Par lamento si è espresso contrario all’autorizzazione per la perquisizione dell’ufficio di quest’ultimo. Luca e Paolo cantano a Sanremo: “Sì, ma il 6 aprile in aula ci vai solo tu”, in un fittizio botta e risposta tra Fini e Berlusconi, giustappunto intitolato “Ti sputtanerò”. Il tribunale ha disposto di procedere con giudizio imme diato: il processo avrà luogo e non sarà gestito dal Tribu

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Il numero di febbraio di Eco, con la "Lettera agli studenti."

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Sabato 26 febbraio 2011 - Anno 2 - No. 14 ecoamaldi.altervista.org

Rivista scolastica del Liceo Scienti!co Statale “Edoardo Amaldi” di Roma

PAGINA 1

QUESTA MALEDETTA NOTTE DOVRÀ PUR FINIREDi Alessandro Iannamorelli (4°C)

“E per tutti i ragazzi e le ragazze /che difendono un libro, un libro vero /così belli a gridare nelle piazze /perché stanno uccidendo il pensiero” - Roberto Vecchioni

La storia non è “un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente”, scrisse un politico e intellettuale italiano, Antonio Gramsci, ne “La Città futura”, un numero del giornale dei giovani so-­cialisti, interamente curato e scritto da lui. Non percepire la storia come una fatalità è di certo l’atteggiamento critico dell’intellettuale, che riporta sempre la realtà ai princìpi e al suo significato etico e sostanziale, filosofeggiando an-­che un po’, il che non guasta. E la massa? La massa non è stupida, ma può tendere all’indifferenza, quell’odiosa patologia che fa morire l’organismo dello Stato, perché in questo modo l’uomo “abdica alla sua volontà e lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare”. L’intellettuale allora fa esplodere la sua rabbia verso gli in-­differenti, e il loro “piagnisteo di eterni innocenti”: sente addirittura di non dover sprecare la sua pietà!Si consiglia di leggere e meditare questo breve testo, ma perché? Il motivo: una sintesi di questo saggio è stata letta da Luca e Paolo, famoso duo comico, durante il Festival di Sanremo. Se non gli indifferenti, tutti gli altri possono essere scossi dall’esigenza che ha portato a tirar fuori un brano del 1917, un periodo di crisi -­ come se la storia del nostro Paese ne conoscesse di altri! La domanda alla quale si vuole rispondere è “se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo?“. Sta succedendo qualcosa?Una signorina marocchina veniva condotta presso la Questura di Milano la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010; allora una prostituta avvisa un noto politico che sta a Parigi per un vertice internazionale. Iniziano le telefonate: cono-­

scendo la ragazza, il politico segnala al Questore che è la nipote del Mubarak, Presidente dell’Egitto! Il tribunale di Milano qui specifica che tale circostanza è palesemente falsa. Il politico induce il dottor Ostuni ad accelerare le pratiche del rilascio della minore, accusata del furto di circa tremila euro. È un fiotto di telefonate: alla fine viene affidata al Consigliere Regionale Nicole Minetti, per poi passare nelle mani di un’altra prostituta. È proprio così che si trattano le nipoti di capi di Stato per evitare inci-­denti diplomatici!Silvio Berlusconi è accusato di concussione e induzione alla prostituzione minorile. La concussione è un reato grave e antico e si verifica quando un uomo potente sfrutta la propria posizione di pubblico ufficiale per sue questioni private: illecito il modo e illecita la richiesta! In-­oltre questa concussione è su poteri che non apparten-­gono al diretto interessato: un capo di Stato non può in alcun modo controllare la Questura, ovvero Polizia ov-­vero Ministero dell’Interno, né tantomeno la magistra-­tura, in quanto la ragazza era destinata al Tribunale dei minori! Non indaghiamo sulla seconda accusa, ancor più terribile. Il tribunale di Milano sempre verbalizza i giorni in cui avrebbe compiuto atti sessuali con la minore, com-­presi Pasqua, Festa della Liberazione e Festa del Lavoro. Il pagamento era in contanti, gioielli ed altro, oppure pas-­sava per il signor Giuseppe Spinelli: si ricordi che il Par-­lamento si è espresso contrario all’autorizzazione per la perquisizione dell’ufficio di quest’ultimo. Luca e Paolo cantano a Sanremo: “Sì, ma il 6 aprile in aula ci vai solo tu”, in un fittizio botta e risposta tra Fini e Berlusconi, giustappunto intitolato “Ti sputtanerò”.Il tribunale ha disposto di procedere con giudizio imme-­diato: il processo avrà luogo e non sarà gestito dal Tribu-­

PAGINA 2

SOMMARIO

4Rivoluzioni  nel                                              Maghreb

5      La  cultura  del  baciamano

trovi

6  MEP:  l’Europa  a  scuola

7  Angeli  digitali:  per  un  web  a  portata  di  senior

Giulia  Carcasi  racconta:  l’incontro  a  scuola

8Un  grido  alla  vita

9Siamo  tutti  (o  quasi)  spiati

Google  Art  Project

10Teotihuacan:  la  città  degli  dei

Vendetta  con  Grinta

11Cineforum

Spirale

Eventi

nale dei Ministri, come si è tentato di fare, in quanto non è reato ministeriale, ma perseguibile come gli altri, perché forse la legge è uguale per tutti. Quella meravigliosa legge che già dalla Costituzione all’articolo 54 comma 2 ribad-­isce che “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempi-­erle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.Si spera che il lettore non abbia desistito, perché vi è l’intenzione di citare ancora meravigliose parole, nelle quali una nazione che celebra i suoi 150 anni si può ritro-­vare.“Chiamami ancora amore!”. Chi grida? Una volgare squillo? No, manca la virgola. Non è nemmeno una reclame. È un amante o forse è l’amore stesso che dice: non mi rendere sacrilego, non violarmi nella mia bellezza! Continua urlando “questa maledetta notte dovrà pur finire!” La notte non è solo il tempo degli amanti: è quan-­do il poeta non può cantare, quando l’operaio non ha più il suo lavoro e il ventenne muore nel deserto. Queste parole hanno toccato le corde dei cuori delle italiane e degli italiani: è “Chiamami ancora amore” di Roberto Vecchioni, canzone vincitrice al Festival. È anche la difesa dell’umanità, che riguardo a noi dice “e per tutti i ragazzi e le ragazze/ che difendono un libro, un libro vero/ così belli a gridare nelle piazze/ perché stanno uccidendo il pensiero”. I giovani si sono mossi, è vero e rassicurante. Interpretiamo il nostro tempo. Sempre nella canzone: “le idee [...] sono come il sor-­riso di Dio/ in questo sputo di universo”. È il dubbio esistenziale di ogni uomo che per un giovane si riflette anche nella vita che si sta costruendo. L’ansia del futuro e l’eterno presente, come dice una lettera che sta girando nella nostra scuola. Il futuro può essere rischiarato non da un accanito individualismo e un’irta arrampicata so-­ciale, ma da un progetto di città futura, in cui il cittadino è soggetto attivo e cosciente della realtà. Per far questo noi, come esseri umani, possiamo riempire la notte di parole e musica, come ci invita a fare Vecchioni. Le parole servono! Da sempre sono queste a cambiare il mondo. La parola è il mezzo di espressione della pace e la co-­scienza del popolo. Le rivoluzioni africane sono espressioni di un disagio più intenso del nostro, anche se noi ogni giorno rischiamo di essere privati della Costituzione e della democrazia. Noi non vogliamo la guerriglia, ma dobbiamo scrollarci di dosso questa putrescente ignavia. E, avvicinandoci alla Festa delle Donne, un plauso alle donne e anche agli uomini del 13 febbraio.

12Salti  nella  polvere

PAGINA 3

SE NON ORA, QUANDO? ATTUALITÀ

Di Melissa Randò (3°E)

Un minuto e mezzo di silenzio, poi il cielo si squarcia in mille pezzi, sotto le grida incessanti di donne arrabbiate, ferite nell'animo e depredate della propria dignità.L'isolamento, la solitudine favoriscono l'adattamento dell'individuo che, non avendo ulteriori appigli, si attacca a tutto ciò che la società impone. Lo scambio di idee, no. Attraverso il dialogo si raggiunge una maturità, la comu-­nione di idee contribuisce alla creazione di un proprio e unico pensiero. Il 13 febbraio ne è stata la dimostrazione. Lavoratrici, studentesse, casalinghe e suore sono scese in 234 piazze italiane al fine di non piombare nell'omertà, nella passività, nella solitudine del pensiero.Mai prima d'ora una presa di coscienza così intensa, arti-­colata, coraggiosa, così internazionale: le manifestazioni, infatti, non si sono limitate ai confini italiani, ma hanno oltrepassato oceani (Washington, Nepal) e le Alpi (Ma-­drid, Londra, Bruxelles). Le piazze gremite respiravano odore di ribellione, rabbia, speranza.Mani levigate dagli anni o dalla fatica sorreggevano con forza colorati striscioni e, finalmente, nessuna bandiera partitica scalfiva la purezza della mobilitazione femmini-­le.Nessun colore politico, dunque. Riuscire a coagulare le diverse visioni delle organizzatrici della giornata sarebbe, infatti, risultato impossibile: tra le firmatarie più eminen-­ti di questo progetto spiccano appunto personalità del mondo politico (Rosy Bindi e Giulia Bongiorno), sinda-­cale (Susanna Camusso), culturale (Inge Feltrinelli), gior-­nalistico (Concita De Gregorio) e dello spettacolo (Anna Finocchiaro, Cristina Comencini).L’elemento comune? La voglia di abbattere i pregiudizi, favorire un progresso morale e non un regresso, un mondo più onesto per le generazioni future, le quali non dovranno vivere di facili costumi, di scappatoie e di ruoli pubblici guadagnati grazie ad una prestazione sessuale, ma di sano e sudato lavoro, di bellezza ed intelligenza non depredati da signorotti "potenti".Non la pensavano allo stesso modo l'amatissima Maria

Stella Gelmini che, alla vigilia della mobilitazione, la definiva "di poche donne" e "radical-­chic" e Daniela San-­tanché, la quale ribadisce la sua teoria del complotto: "Questo è solo una dimostrazione di odio verso un solo uomo, e loro sono donne monopolizzate dagli uomini di sinistra che fanno pena. Altro che dignità".Fortunatamente, le parole inutili delle due pupille di Berlusconi sono valse come un fiocco di neve al sole: ap-­pena cade al suolo, si scioglie e passa inosservato.Il motivo di grande stupore è l'intensità con la quale le donne si sono mobilitate: internet, passa parola, mass-­media hanno accentuato e rimarcato una volontà ferrea che non poteva essere taciuta, ovvero la presa di cosci-­enza di milioni di donne.Scuote e fa riflettere per il suo realismo l'efficace inter-­vento di suor Eugenia Bonetti, missionaria in Africa per ventiquattro anni: "Voglio dar voce a chi non ha voce-­ ha detto tra gli applausi della piazza intera-­ alle nuove schi-­ave che vengono nel nostro Paese pensando di trovare un futuro migliore. È per loro e per tutte noi che faccio appello perché sia riconosciuta la dignità alla donna".Non occorre essere una velina o sgambettare con uno straccetto addosso per far carriera, recarsi ai festini di Ar-­core per "lavorare" in Parlamento, è il messaggio che ci fornisce questo grande evento.L'Italia risulta essere il secondo Paese dopo Malta ad avere il più alto tasso di disoccupazione femminile, ma nessuna si ribella per questo. Ecco spuntare il caso Ruby, Bunga Bunga e festini ad Arcore: gli italiani insorgono violentemente. Possibile che solo quando lo scandalo da italiano diventa mondiale il popolo si risveglia dal torpo-­re? Serviva la "nipote di Mubarak" per destare quest'Italia che da troppo tempo si lasciava vivere?

La forza delicata e travolgente delle donne ha smosso un leggero vento del cambiamento, ha portato un pizzico di buonumore e speranza negli animi e un' interrogativo comune: "Se non ora, quando?".

PAGINA 4

Dopo le rivoluzioni del resto del mondo avvenute nei scorsi secoli, quando l'Africa era ritenuta solo la “Pro-­vincia” dell'Occidente, ora scorgiamo le prime grandi e violente manifestazioni dei cittadini Nord-­Africani per la difesa dei loro diritti, che assumono quasi una parvenza di rivoluzioni.

Andiamo con ordine: all'inizio del nuovo anno un ulte-­riore caro-­prezzi ha scosso la già flebile economia algerina ed ha così messo in moto tutta la popolazione che rec-­lamava per i propri diritti. Gli scontri violenti con il faccia a faccia tra i cittadini e la polizia hanno messo a ferro e fuoco alcune delle più importanti città del paese, causando ben 400 feriti tra poliziotti e civili e una decina di morti.In Tunisia le rivolte sono scoppiate quasi contemporanea-­mente a quelle algerine; oltre che per l'aumento del costo del pane i cittadini manifestavano anche contro l'eccessivo tasso di disoccupazione (salito quasi al 14%), che in larga parte comprende la fascia giovanile. Numerosi i casi di persone che si sono bruciate vive per protesta e che sono, purtroppo, rimaste inascoltate, visto che le proteste con-­tinuano tuttora: in Tunisia si contano oltre 500 feriti e 234 morti.Viste le crescenti proteste il Presidente della Repubblica tunisino, Ben Ali, si è dovuto dimettere, dopo ben 24 anni di presidenza. Era in carica, infatti, dal 7 novembre 1987 allor quando riuscì ad ottenere il potere grazie al famoso “colpo di stato medico”, grazie al quale prese le redini del Paese, attraverso anche le pressioni effettuate su dei medi-­ci. Essi, infatti, dichiararono il Presidente uscente Habib Bourguiba inabile ad adempiere i doveri della presidenza con l'aiuto, probabile, di alcuni servizi segreti degli stati eu-­ropei, trai quali figura il nostro SISMI.Più feroci rivolte si sono viste in Egitto, che ha visto anch'esso la fine di un altro regime. Dopo 18 giorni in cui il paese è stato messo a ferro e fuoco dai manifestanti e in cui aveva tentato di rimanere attaccato al potere, vista anche una frangia di popolo a lui favorevole, il presidente Hosni Mubarak, in carica da trent'anni, si è dimesso ed ha lasciato il compito di governare il paese al suo vice Omar

Suleiman fino alle elezioni che si terranno in settembre. Sono stati giorni difficilissimi per l'Egitto, la cui popolazi-­one era ormai stanca dello strapotere di Mubarak, che aveva vinto le ultime elezioni con evidenti brogli. Dopo quasi tre settimane sono morte circa 300 persone: sangue versato dai giovani per il loro futuro, pieni di rabbia verso il Rais, che è poi diventata immensa gioia alla notizia del suo addio.Dubbi ora si hanno sull'esatta sede dell' "esilio" di Mubarak, forse a Sharm, forse in Germania, alcune voci lo danno addirittura in coma, forse dovuto ad un cancro che si sos-­petta avesse.Com'era prevedibile, anche l'ultimo grande parse del Maghreb è insorto. È in pericolo, infatti, la dittatura di Muhammar Gheddafi, che rischia ora di essere destituito come già successo ai suoi colleghi del Nord-­ Africa.Il paese è insorto alla metà di febbraio dalla città di Benga-­si (ora gestita da un comitato di 15 saggi) e fin primi giorni delle rivolte, in piazza ci sono sia manifestanti contro che pro Gheddafi, ci sono stati centinaia di morti e le maggiori città del paese sono in fiamme. L'esercito è sceso nelle piazze anch'esso e in alcuni casi si è perfino unito alla folla, mentre in altri casi ha, purtroppo, sparato sulla folla.Europa e Stati Uniti sono in apprensione per il continuo cambiamento della situazione e molti funzionari del gov-­erno Gheddafi e ambasciatori si sono dimessi, mentre il figlio del Rais in televisione parla di colpe contro la Libia. Resisterà il leader libico, barricato in un bunker? La riv-­oluzione in atto avrà ripercussioni sull'intero sistema po-­litico maghrebino e la situazione, che cambia di ora in ora, sarà chiara solamente a scontri finiti perché si sta riscriv-­endo in questi giorni l'intera storia di una parte d'Africa, attraverso cui l'Occidente si rifornisce di energia e senza la quale potrebbe avere un black-­out energetico senza prec-­edenti, che causerebbe un'altra difficile crisi.

Il Maghreb sta cercando di cambiare il suo volto sperando di arrivare ad essere una regione di Stati avanzati economi-­camente e socialmente: un'utopia o un obiettivo raggiungi-­bile? Stiamo a vedere.

ATTUALITÀ RIVOLUZIONI NEL MAGHREBDi Manuel Secci (3°C)

PAGINA 5

LA CULTURA DEL BACIAMANO POLITICA

Di Alessandro Iannamorelli (4°C)

Gheddafi è un leader di grande saggezza, parola del nostro Premier, alla prima venuta del capo libico in Italia. Il 13 feb-­braio 2010 si manifesta: “L’Italia è un Paese per donne”. Non lo è? Scandali, lavoro, televisione! È una brutta china, ma si precipita da molto. Si ricordi l’accoglienza preparata per Muammar Gheddafi nel lontano agosto 2010, il quale aveva richiesto di trovare al suo arrivo 500 ragazze italiane per impartire lezioni sul Corano, in vista di una conversione europea all’Islam. È subito polemica: l’ennesima mercifi-­cazione del corpo femminile e un’Italia che regredisce. Da bravi, tutto è predisposto. Il leader libico arriva con due amazzoni e trenta cavalli da far sfilare. Oggi la Libia è in subbuglio, più di Tunisia ed Egitto. E pensare che qualche anno prima era accolto così fastosamente, anche se già macchiatosi di violazione dei diritti umani: nel deserto della Libia esistono prigioni per i profughi, condannati dal Regime. Ma il nostro Premier, “eletto “ dal popolo italiano, esprime la sua stima per il capo Gheddafi. In questi giorni fa ridere un video che mostra il baciamano a Gheddafi da parte di Berlusconi. Il gesto sembra istintivo, in quanto non richiesto. Il filmato è però del 27 marzo 2010, quando la Lega Araba si è riunita a Sirte, città natale di Muammar Gheddafi, dal quale è stato invitato. La presenza del nostro leader era già mal sopportata da una certa stampa islamica, e per giunta dopo questo gesto la stampa internazionale ha deriso di nuovo il nostro Presidente del Consiglio. La fac-­cenda esce fuori oggi e il 23 febbraio 2011 l’onorevole Casini stigmatizza l’accaduto alla Camera.Sempre curiosando tra i video di Youtube, se ne trova uno

del 4 giugno 2008, in cui Berlusconi incontra Mubarak; cor-­nice ufficiale, neanche a dirlo. Silvio B. si ritaglia uno spazio e afferma: “Verrò a scuola da Lei per sapere come supera le questioni interne, visti i suoi quasi trent’anni di governo”. La verità è figlia del tempo, diceva Bacone in altre circostanze.È sconvolgente: un politico è bravo se mantiene il potere. Se leggiamo Machiavelli non risulta terribile, ma anzi molto ragionato per il periodo che viveva: era la crisi e un princeps doveva risollevare la sorte della triste Italia, grazie alla sua virtus. Machiavelli rimpiangeva però la repubblica romana,

la quale non era attuabile. Il nostro è un momento di crisi, dunque stiamo facendo morire la nostra democrazia per un princeps? Forse è una ten-­denza nello scenario politico quella di aumentare i poteri dello Stato per far fronte alla crisi economica. A mio parere, il princeps in questione non è machiavellico poiché, sebbene ritenga che non debba giustificare la sua azi-­one politica atta a mantenere il potere, non possiede la virtus. Come questa

virtus non era posseduta dai dittatori magrebini oggi detron-­izzati. Forse il modello è più quello del princeps legibus so-­lutus (libero dalle leggi), come in pieno assolutismo, l’ancien régime di Luigi XIV. Sicuramente non un princeps primus inter pares, in quanto nessuno sembra volersi mettere sul piano di Berlusconi o per non sporcarsi o per servilismo e defezione da un altro schieramento, oppure perché non c’è posto!Se delle persone si trovano su un ponte e si tengono per mano, appena una cade, l’altra può se fortunata tirare via repentinamente la mano, altrimenti ...

PAESE CHE VAI, MAFIA CHE TROVI SOCIETÀ

Di Monica Sanniti (3°E) Nell'immaginario collettivo ascoltando la parola "Mafia" si pensa subito al nostro tricolore. Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Camorra, l'equazione "Italia = Mafia" è lampante. Come un tumore, la Mafia ha attaccato e sfruttato non solo il Bel Paese, ma è dilagata in lungo e in largo.Di quale nazionalità è il più grande boss mafioso? "Italiano", potremmo rispondere istintivamente. O forse Americano? In fondo chi non ha presente "Il padrino"? Ebbene no, il più importante boss malavitoso della storia è ucraino. La rivista "Time", infatti, ha ‘incoronato’ Semion Mogilevich, conosciuto come "brainy don" (il don con il cervello), come il più inafferrabile e operativo capo mafioso. È uno dei mas-­simi ricercati e soprattutto un intoccabile, poiché godrebbe di una qualche immunità grazie alla possibilità di ricattare i potenti. Così, indisturbato, Semion Mogilevich può tranquil-­lamente agire inosservato e manovrare i suoi estesi traffici dalla Russia all'America. Ma all'apice della piramide mafiosa ci son anche Cinesi e Indiani. C'è da riconoscere che la va-­rietà di nazionalità non manca sotto questo punto di vista.Tutto ciò fa capire quanto la criminalità organizzata riesca a prender piede in più parti del mondo. Il bello è che non ce ne rendiamo conto neppure. Crediamo all'utopia che questo

tipo di cose capitano lontano da dove viviamo, ci rinchiudi-­amo in una bolla mentale in cui nulla può toccarci: ciò che sentiamo ai telegiornali è lontanissimo, ciò che leggiamo su internet non può neppure sfiorarci, alla fin fine, che importa se hanno catturato un boss mafioso o se un uomo è stato ucciso dalla Mafia perché non pagava il pizzo? È tutto lon-­tano, è solo un titolo di giornale, una vita spezzata che non ci sfiora...Oggi è toccato a quell'uomo, domani potrebbe capitare ad una persona più vicina a me, ma mai, mai potrà succedere a me.È questo il modo in cui ragioniamo tutti. E rimarremo a boc-­ca aperta quando qualcuno ci verrà a dire che a Tor Bella Monaca ci sono dei signorotti mafiosi a dar ordini e a ris-­cuoter il pizzo. Non è detto che questo sia vero, ma non è neppure detto che il luogo in cui viviamo sia libero da ogni forma di violenza e criminalità. Ci vuole solo un pizzico di consapevolezza in più, la voglia di aprire gli occhi e il corag-­gio di dire ciò che potrebbe aiutare la comunità ad esser più sicura: in fondo non c'è bisogno di viver a Scampia per venir a contatto con la mafia!

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LICEO

MEP: L’EUROPA A SCUOLADi Riccardo Mottarelli (3°M) - con la collaborazione di Giulio D’Alessandro (3°M) Come sviluppare una nuova strategia energetica per l'Unione Europea? Un piano dell'UE per rafforzare la sicurezza chi-­mica, biologica, radiologica e nucleare. La partecipazione dei cittadini europei attraverso l'iniziativa legislativa ed altre forme di democrazia.

No, non sono i programmi della Commissione Europea, ma sono gli argomenti che hanno dovuto affrontare i ragazzi che hanno aderito al M.E.P., proposta contenuta nel POF del nostro liceo. Il M.E.P.(Model European Parliament) è un progetto su scala europea che l'Amaldi propone ai suoi studenti oramai da parecchi anni. In breve consiste nel far simulare ai ragazzi il lavoro che svolgono le varie commis-­sioni all’interno dell'Unione Europea. Nel mese di Novembre le prof.sse Donatelli, Peruggia e Russo, quali referenti del progetto, hanno organizzato una presentazione sul M.E.P. (solo per i ragazzi del terzo anno), sulle abilità che esso sviluppa e sul valore formativo che of-­fre. Alla termine di questa “conferenza” le professoresse hanno raccolto le adesioni al progetto. Si è passati quindi alla fase “propedeutica” del lavoro: gli alunni partecipanti sono stati divisi nelle 10 commissioni, ognuna sotto la guida di un Chair. A ciascuna commissione è stato assegnato un preciso argomento da trattare in vista dell’Assemblea citta-­dina, svoltasi poi il 18 febbraio presso la Sala delle bandiere, assieme ai ragazzi di altre due scuole capitoline, il Liceo Talete e il Liceo Farnesina. Durante questo periodo, che va dalla formazione delle com-­missioni al giorno dell’Assemblea, gli studenti hanno appro-­fondito le tematiche della propria commissione, trovato i problemi e tentato di risolverli insieme, senza imporsi l’uno sull’altro. Purtroppo è proprio durante questa fase che la maggior parte dei ragazzi abbandona il progetto, che pure non rappresenta un impegno così gravoso, visto che non ha degli orari fissi ma gli appuntamenti possono essere de-­cisi dai ragazzi con i Chairs. Tutto il lavoro svolto durante questo periodo però è servito solo da fondamento ai raga-­zzi per arrivare preparati ai “lavori di commissione”, che si sono svolti tre giorni prima dell’Assemblea. Durante questi "lavori" i nostri studenti, uniti a quelli del Talete e del Farne-­sina, hanno ricominciato tutto daccapo con una piccola dif-­ferenza: questa volta hanno lavorato molto più in fretta. Alla

fine di queste intense giornate i ragazzi si sono resi conto che il tempo a disposizione è stato veramente molto ristretto. Finiti i lavori di commissione sono state stampate le risoluzi-­oni proposte e in seguito sono state consegnate ai “delegati”, con le quali si sono potuti preparare per il giorno del Gi-­udizio: l’Assemblea. Dopo aver passato altri due giorni im-­mersi, o per meglio dire sommersi, nella ricerca di norma-­tive, direttive, leggi e chi più ne ha più ne metta per cercare di trovare qualche crepa nelle risoluzioni delle altre com-­missioni e nello studio della difesa della propria, si è arrivati finalmente alla Sessione Cittadina.Qui sono state esaminate tutte le 10 commissioni (5 la mat-­tina e 5 il pomeriggio) con il solito susseguirsi di clausole, emendamenti, discorsi a favore, discorsi contro, discorsi finali, dibattiti e votazioni, in cui i ragazzi sono stati costan-­temente valutati dai Presidenti, dai Chairs e dai Professori, e l’insieme di tutti questi voti è andato a confluire nella valu-­tazione finale. Già, una valutazione in base alla quale si sce-­glieranno i 18 studenti (6 per scuola) che avranno "l'onore" di partecipare alla Sessione Nazionale. E non solo: i migliori della Nazionale avranno la possibilità di prendere parte alla Sessione Internazionale, ultima fase del progetto.La VI Sessione Cittadina del M.E.P. si è svolta nella set-­timana compresa tra 14 e 18 Febbraio e come al solito i nostri studenti si sono fatti valere, tant’ è vero che i “Meppi-­ni” dell’Amaldi hanno tenuto alto ancora una volta il nome della nostra scuola e hanno dimostrato il loro grande livello di preparazione e d’informazione. Tutti i ragazzi coinvolti da questa particolare esperienza, oltre a sviluppare capac-­ità quali il brainstorming, il problem solving e il lavoro di squadra, il confronto, il dibattito e l’arricchimento del pro-­prio patrimonio personale, si sono avvicinati ai temi dell’UE e alla democrazia e per la prima volta si sono affacciati su un possibile futuro di tipo giuridico o politico/diplomatico. Non è da sottovalutare, inoltre, che spesso i ragazzi instau-­rano tra loro dei legami molto forti, che non si fermano al progetto M.E.P., ma che proseguono per molto tempo.

Questo progetto dovrebbe essere una tappa fondamentale per il percorso scolastico di ogni ragazzo e si “caldeggia” (per usare un termine propriamente da M.E.P) che ogni stu-­dente possa partecipare, crescere e anche divertirsi grazie al M.E.P.

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ANGELI DIGITALI: PER UN WEB A PORTATA DI SENIOR! Di Andrea Di Romano (4°F) Che ci crediate o no il mese di febbraio per Roma è stato molto importante. Alla luce della cronaca non vanno sot-­tolineati solo i soliti battibecchi in politica o i sempre più frequenti casi che puntano i riflettori sul nostro presidente del consiglio...c'è stato qualcosa di molto speciale che è emerso da alcuni dei principali caffè del centro di Roma: uno tra tutti l'Espressamente Illy, che si trova nella galleria intitolata al grande Alberto Sordi.Tra i giorni 7 ed 11 febbraio i più importanti caffè di Roma hanno visto circolare molti ragazzi nelle vesti di Angeli digi-­tali per la settimana del Social Media Week (il Festival della Rete).Durante questi 5 giorni i tutor di Fondazione Mondo Digi-­tale sono entrati in azione per mostrare ai meno giovani le potenzialità di internet. Con questo evento è stato possi-­bile mettere in contatto ragazzi giovani,''esperti'' di computer, e le persone della terza età che per motivi anagrafici non hannoconosciuto fin da subito l'era della tecnologia.In queste giornate sono stati soprattutto sperimentati al-­cuni servizi che la Rete propone, ad esempio quelli che vanno dalla videochiamata gratuita alla fotografia digitale...

Cosa molto importante e da non sottovalutare è che nella prima giornata, quella del 7 febbraio, la nostra scuola E. Amaldi è stata scelta come protagonista, insieme ad un Is-­tituto tecnico con i suoi ragazzi.Non è stata cosa da poco, soprattutto se si considera che la nostra scuola è stata scelta tra le 200 che sono coinvolte nel progetto "Nonni in Rete"Al di là ora dei meriti che si possono attribuire al nos-­

tro lavoro, in realtà bisogna sottolineare che il progetto è davvero molto interessante per-­ché permette di avvicinare due mondi che, se non altro per la differenza d'età, possono essere visti come estremamente dis-­tanti. In questo progetto infatti lo scopoprincipale, attraverso 15 incon-­tri di due ore ciascuno, è quello di insegnare agli anziani l'abc del computer, dall'accensione alla navigazione in Internet.La collaborazione è molta, la pazienza necessaria altrettanta,

ma è grazie a questi progetti che Roma, come altre città europee e mondiali, può disporre di angeli digitali e pr-­ovare ad accorciare ladistanza tra le generazioni.

<<Le cicogne nere sono animali schivi, che fanno giri lunghissimi. Gli uomini sono come le cicogne, non cam-­minano mai sul rettilineo, ripassano negli stessi luoghi. Al-­lora tirano le somme anche se lo spazio ed il tempo sono cambiati, ed il conto torna solo se si accetta di sommare anche le sottrazioni.>> È questa la visione prospettiva del romanzo di Giulia Carcasi, “Tutto torna”.<<È un libro scritto per fare domande: –ha detto l’autrice stessa durante l’incontro con alcuni studenti della nostra scuola svolto il 18 febbraio-­ siamo capaci di dare risposte e troviamo più difficoltoso fare domande>>.La scrittrice era agitata, ma nonostante ciò è riuscita a dare un’esauriente spiegazione del suo romanzo, che altrimenti sarebbe risultato di difficile comprensione. “Tutto torna” è un salto nel passato. Si tratta di una storia d’amore basata non solo sulla passione carnale, ma anche sulla seduzione letteraria. I personaggi rappresentano certi aspetti della vita: l’assenza, la malattia, l’apparenza, la fra-­gilità. L’autrice si è immedesimata in alcune loro caratter-­istiche.

È un inno alla memoria, che non è questione di guerre. Ci sono persone che vivono la propria vita integralmente, altre invece dimenticano momenti e particolari, non viven-­do la <<parte atomica>> della vita. Non sapremo mai se la mancanza di qualcuno ci farà più bene o più male, perché se questo qualcuno non fosse mancato, noi non saremmo come siamo. <<La malattia non è un male, è essere diversi, e la diversità è ciò che ci salva dal conformismo.>>La scrittura ci cambia, ci fa sentire persi, non più padro-­ni dei nostri ricordi. A differenza dei due romanzi prec-­edenti, però, “Tutto torna” non racconta episodi vissuti, non spiega nulla, non ci sono aggettivi e l’ultima pagina stravolge tutto il passato, come un velo che spazza via le parole.Quando si scrive ci si lascia andare, ed è proprio quello che ha fatto Giulia Carcasi: si è lasciata andare, ci ha spro-­nato a non restare sulla porta dei problemi, anche se ren-­derne partecipi gli altri ci pone davanti a una scelta.

GIULIA CARCASI RACCONTA: L’INCONTRO A SCUOLA Di Federica Cerelli (3°E)

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LIBRI UN GRIDO ALLA VITADi Melissa Randò (3°E)

“Se amavate qualcuno, lo amavate e basta, e se non ave-­vate altro da offrirgli, continuavate a dargli amore”.

Diego è un professore universitario abituato ad annusare e inscatolare le parole, con le quali costruisce la sua vita, le sue esperienze e una barriera invalicabile. Si nasconde dietro alla magnifica fonte d’acqua, traboccante di sapere, di accostamenti sintattici, per accantonare in una angolo il suo passato da codardo e il suo presente da figlio non riconosciuto, assente. Antonia assomiglia in qualche modo alla donna angelicata adorata dalla letteratura, così impercettibilmente irraggiun-­gibile, un miracolo improv-­viso e sfolgorante, un rifugio dove accorrere e di cui non si riesce a fare a meno.Diego e Antonia.Precisa come non mai, la clessidra della vita si abban-­dona allo scorrere incessante dei suoi granelli di finissima sabbia grezza. Il destino di Diego verrà rivoluzionato da una potente folata di vento caldo e sensuale: non più uomo dedito alla soprav-­vivenza, egli vivrà.Un fortunato guasto, le luci vengono meno, il buio è pa-­drone delle tenebre e della sua vita: Diego sviene. “Il buio è femmina”. Una voce suadente rievoca il mare, es-­orta a pensarlo nella sua in-­finita perfezione.Il professore è riportato alla deriva: il suo risveglio segna il cambiamento, anche se non percepito come immediato. Il caso sta giocando con loro, scruta i loro occhi e ascolta i loro battiti per rivendi-­care la sua vittoria.Timidezza e dubbi rivelano un cuore difficile da con-­quistare, l’intraprendenza e la voglia di vivere colorano un cuore pronto a donarsi. Diego e Antonia abbattono le catene dell’incertezza e dell’errore, si fondono in un’identità unica e splendida; il tempo e il luogo diventa-­no relativi. Le loro labbra, prima intrepide e sconosciute, esplorano ormai territori familiari e amati. Antonia sem-­bra esserci sempre stata, una fiamma che è stata accesa solo per lui, alimentata dal loro genuino e immenso sen-­timento.

Ma l’amore esige onestà. Basta una menzogna per far cr-­ollare certezze, un “sentirsi traditi” per ritrovarsi a pren-­dere a calci il mondo, un’amante diversa da quella finora amata per annullare i sentimenti custoditi con gelosia ed egoismo. Basta la rabbia indomabile di chi è stato deluso a convincere se stessi che la verità è in realtà bugia.“Tutto torna” è un libricino corto e piacevole alla lettura. L’autrice, Giulia Carcasi, colpisce diritta al cuore, senza preamboli, grazie al suo stile non elaborato, scarno di de-­scrizioni minuziose e parole superflue. Fa riflettere, però,

la grandezza spropositata del carattere impiegato nella sua realizzazione: la carta utiliz-­zata sembra un modo per im-­pedire al lettore di capacitarsi dell’effettiva piccolezza del libro ed un grande senso di vuoto accompagna la lettura.Antonia e Diego sono i sim-­boli di due mondi diversi, retti uno dall’irrazionalità e l’altro da una razionalità spossante. Entrambi gli amanti adorano le parole, creano barattoli dove immergerle o ne inven-­tano per non rimanerne nudi e privi. Le parole rappresen-­tano le loro vesti, con le quali si mascherano per non rischi-­are di allontanare l’altro e si difendono dai colpi bastardi che la vita presenta sul loro conto. Il destino gioca con Antonia e Diego, così vicini e così lontani, impercettibile sarà la differenza. La Carcasi riesce a far immedesimare il lettore nella sua semplice e non pretenziosa storia, creata

dall’ispirazione della sua penna, tremendamente dolce ed eterea.Un finale inaspettato, la fiamma di un amore che non vuole spegnersi, un grido alla vita, semplicemente perché è più emozionante del sopravvivere.

AUTORE: Giulia CarcasiTITOLO: Tutto tornaEDITORE: Feltrinelli

NUMERO DI PAGINE: 122 pagineANNO DI PUBBLICAZIONE: 2010

PREZZO: 11,00 euro

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SIAMO TUTTI (O QUASI) SPIATI INTERNET

Di Claudio De Blasio (3°A) Evoluzione della specie:Anni ’60: “Mi dai l’indirizzo che ti mando una lettera?”Anni ’70 e ’80: “Mi dici il numero di casa che ti chiamo stasera?”Anni ’90: “Mi dai il numero di cellulare?”Anni 2000: “Che ce l’hai EMMESSENNE (MSN) che ti mando quelle foto che ti ho detto?”2010: “Che ce stai su Feisbuc? Dimme un po’ come te intitoli!”Ormai siamo tutti su Facebook e se non sei segnato nella community virtuale più famosa nel mondo sei fuori da esso.Facebook è diventato con il passare degli anni il por-­tale on-­line più famoso e frequentato di sempre: oltre cinquecento milioni di persone sono registrate ed è il sito più visitato di tutto il web preceduto soltanto da Google. Ma come tutti i grandi siti, ha dei problemi, numerosi problemi. Non si pensi soltanto alla lenta e pessima chat, ai continui errori di varia natura, ma anche alle difficoltà relative alla privacy. Infatti i continui aggiornamenti, che lo rallentano proporzionalmente alla fretta dell’utente, sono dovuti spesso alle modifiche per la protezione dei dati per-­sonali. La nuova filosofia adottata da Mark Zuckerberg è quella di far diventare il proprio portale un posto sicuro e con tutte le impostazioni ad hoc per garantire la privacy. Peccato che siano stati firmati degli accordi fra i vertici di Facebook e la polizia postale grazie ai quali il Ministero degli Interni può entrare nei profili degli Italiani senza avere un mandato della magistratura. Avete letto bene, la notizia è datata 2 novembre 2010, e nessuno finora ne ha parlato a sufficienza.Preso così com’è, l’accordo internazionale promette di ri-­durre notevolmente i tempi di indagine: se infatti qualche tempo fa per accedere a un profilo si doveva fare richi-­esta a un magistrato, inviare tutto in America e aspettare la rogatoria (procedimento che durava anche settimane);

ora invece non serve niente di tutto ciò. In poche parole un criminale che in una settimana poteva eliminare per quanto possibile le sue azioni sulla rete, ora sarà pratica-­mente colto in flagrante. Con questo sistema sono tenute sott’occhio le bande ultras degli stadi, le baby gang cinesi che terrorizzano i connazionali con estorsioni, o anche le band di writer o di spacciatori che si danno appuntamento in un determinato luogo.L’opinione della comunità virtuale è divisa in due: chi è favorevole a quest’uso “senza limiti”da parte delle forze dell’ordine di Facebook, e chi, la maggior parte, non tolle-­ra azioni simili, gridando ai quattro venti la violazione della privacy. Aristotele affermava “Il mezzo è la cosa migliore”. Se pensiamo, infatti, che in questo modo le procedure e i tempi si riducono drasticamente, è anche vero che la vio-­lazione della privacy potrebbe essere all’ordine del giorno. Si può pensare però ad una autoregolamentazione da par-­te delle forze d’ordine, cioè usare sempre come mezzo investigativo Facebook, ma con un mandato del giudice senza però dover richiedere la rogatoria internazionale. In questo modo non si allungherebbero di troppo i tempi dell’indagine e non si andrebbe contro la privacy del cit-­tadino.

GOOGLE ART PROJECT INTERNET

Di Andra Gabriela Tacea (2°B)

All'inizio di Febbraio Google, il celebre motore di ricerca, ha lanciato un nuovo progetto, chiamato "Google Art Proj-­

ect". Con questo innovativo metodo potremmo finalmente visitare diciassette tra i musei più famosi del mondo como-­damente da casa e per di più in maniera del tutto gratuita.Per motivi economici o per assenza di tempo non si posso-­no sempre visitare tutti i musei più interessanti del mondo, ma questo nuovo progetto, che sembra essere stato molto apprezzato dagli utenti, li rende accessibili.È possibile creare anche una collezione virtuale, che custo-­disca tutte le nostre inquadrature; inoltre ognuno dei dici-­assette musei ha selezionato un’opera inquadrata con una maggiore risoluzione rispetto alle altre che consente così di osservarla nei minimi particolari.Google Art Project ha avuto, fin della sua creazione, un enorme successo, destinato ad aumentare proporzional-­mente all’aggiunta di nuovi musei e gallerie.

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MOSTRE TEOTIHUACAN: LA CITTÀ DEGLI DEIDi Annibale Damiano (4°H)

Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita dal 9 no-­vembre 2010 al 27 febbraio 2011 un' esposizione dedi-­cata interamente alla civiltà precolombiana di Teoti-­huacan.La mostra presenta al pub-­blico la storia, l’arte e la cultura di uno degli imperi più misteriosi e affascinanti del centro America, che dominò l’intera area meso-­americana prima degli Az-­techi. Era conosciuta infatti da tutti i popoli che abita-­

vano nello stesso territorio e il rispetto per il suo nome si profuse in tutte le culture che occupavano quello che oggi è il Messico e parte dell’America centrale.Grazie ai numerosi reperti rinvenuti dal sito archeologico della città-­capitale (uno dei più importanti del Messico), la mostra, divisa in 7 gallerie riguardanti ognuno diversi

aspetti della civiltà di Teotihuacan (architettura, politica, guerra, sacrificio, religione, artigianato, vita nei palazzi) consente ai visitatori di entrare in contatto diretto con una delle società precolombiane i cui misteri ed enigmi, tutto-­ra irrisolti, continuano a suscitare un fascino ineguagliato. Tra i 400 capolavori esposti troviamo statuette in ossidiana e pietra verde, vasi in terracotta dipinta o intarsiata, brac-­ieri in terracotta con richiami antropomorfi, mitologici e rituali, reperti di scultura monumentale e rilievi in onice e pitture murali che riproducono credenze religiose e rac-­conti mitici come quello del serpente piumato Tlàloc.Questi reperti testimoniano la raffinatezza, la creatività e la passione per l’arte e la decorazione di un popolo la cui ca-­pacità espressiva, la sapienza, l’abilità e la cultura continu-­ano ad essere ammirate e studiate ancora oggi. L’impero eccelse in ogni genere di arte,con soluzioni originali ma anche con rielaborazioni di elementi provenienti da altre aree mesoamericane.La mostra ci consente di andare oltre agli stereotipi dell’arte greca e romana a cui siamo abituati, facendoci ammirare le magnifiche opere di un antico popolo extraeuropeo.

CINEMA VENDETTA CON GRINTADi Annibale Damiano (4°H)

“Vendicherò la morte di mio padre”Il 18 febbraio approda nelle sala cinematografiche il nuo-­vo film dei fratelli Coen, il Grinta, remake dell'omonima pellicola del 1969 diretta da Henry Hathaway con John Wayne, che per la parte ottenne l'unico premio Oscar della sua carriera.Il film si presenta all’altezza -­se non migliore-­ dell’originale anche per la sua candidatura a 10 premi Oscar.Mattie Ross (Hailee Steinfeld) è una quattordicenne fer-­mamente intenzionata a portare dinanzi al giudice, perché venga condannato alla pena capitale, Tom Chaney (Joshua Brolin) l'uomo che ha brutalmente assassinato suo padre. Per far ciò ingaggia lo sceriffo Rooster Cogburn (Jeffrey Bridges) non più giovane e alcolizzato ma ritenuto da tutti un uomo duro. Cogburn non vuole la ragazzina tra i piedi ma lei gli si impone. Così come, in un certo qual modo, gli verrà imposta la presenza del ranger texano La Boeuf (Matt Damon). I tre si mettono sulle tracce di Chaney che, nel frattempo, si è unito a una pericolosa banda.“I malvagi fuggono quando nessuno li insegue” con ques-­ta frase si apre il film dei Coen che riescono a costruire un'opera totalmente personale, moderna e complessa, donando un gradevole tocco dark all’ambientazione e ris-­pettando lo spirito del romanzo di Charles Portis a cui la sceneggiatura si ispira.

È un film sul distacco, sulla perdita e sulla separazione dove si affronta un viaggio in un genere destinato a pro-­porre, incontro dopo incontro e scontro dopo scontro, una riflessione su un modo di concepire il confronto so-­ciale non poi troppo distante da quello in atto in questi nostri difficili tempi.

Anche se non si è visto il film originale, si può tranquilla-­mente godere di questo solido western vecchio stampo, at-­traversato da una furbastra ma pungente ironia tipica della scrittura della coppia di cineasti.

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CINEFORUM LICEO

Di Lorenzo Viglietta (4°O)

Dopo dieci anni di silenzio riprende finalmente l'attività del cineforum. L'inaugurazione è avvenuta venerdì 20 febbraio con il film “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere” di Woody Allen.La proiezione dei film viene effettuata ogni venerdì alle 14.30, e sarà segnalata da una locandina posta nella bacheca vicino al gabbiotto. Saranno proiettati film di genere cult o d'azione. Per cult si intende film che ha segnato una generazione o fatto da un grande regista.

I registi presi in considerazione saranno ad esempio Tarantino, Scorzese, Allen e tanti altri... Ovviamente si è pensato anche alle femminucce: ver-­ranno proiettati anche film generazionali come ad es-­empio “Come te nessuno mai” di Gabriele Muccino.Per concludere vi dico che se un venerdì pomeriggio non sapete cosa fare, volete uscire e non sapete dove andare e avete voglia di conoscere gente nuova, il posto giusto è il CINEFORUM DELL'AMALDI!

SPIRALE PREVENZIONE

Di Chiara Perfetti (4°C)C’è poco da girarci intorno. La spirale intrauterina è un contraccettivo “intercettivo”. Già nell’antico Egitto era usanza tra le prostitute infilare corpi estranei nell’utero (come anelli o piccoli sassolini) per diminuire le prob-­abilità di gravidanza. Ora usiamo uno strumento più tecnologico: lo IUD (Intra Uterine Device), chiamato comunemente “spirale”. Questo può essere installato nell’utero solo da ginecologi, riduce il tasso di fertilità del 4-­5%, grazie all’azione degli ioni di rame che lo costituiscono; evita l’annidamento nell’utero dell’ovulo già fecondato, quindi di un EMBRIONE allo stadio pri-­mordiale di “morula” o “blastocisti”. Significa che il nu-­cleo spermatico aploide si fonde con il nucleo aploide dell’ovulo creando una combinazione genetica unica, la quale però non ha la possibilità di svilupparsi perché una spirale di plastica e rame ne impedisce l’annidamento. E’ come levare la sedia da sotto le gambe a qualcuno che si sta per sedere. “Lo IUD non è considerato un

contraccettivo abortivo – spiega la Dott.ssa Cinzia Ro-­scetti – perché, per definizione, la gravidanza inizia con l’annidamento dell’embrione nell’utero”.Inoltre la spirale non permette lo sviluppo solo di gravidanze in-­trauterine, quin-­di è inefficace sulle gravidanze e x t r a u t e r i n e (come ad esem-­pio quelle tubariche). È giusto che un’esatta informazione permetta alle don-­ne di porsi degli interrogativi etici e di prendere deci-­sioni con coscienza.

16 MARZO -­ "Siamo tutti romani. Giovani del mondo si confrontano sul futuro della città"È un evento organizzato dai giovani della Comunità di Sant'Egidio. Sarà un'occasione per esprimersi e confrontar-­si sui problemi dell'Urbe. Sono invitati a partecipare TUTTI gli studenti e giovani lavoratori di Roma e provincia. Ognuno può prendere la parola e portare il suo contributo sul tema (anche artistico). Questa "convention" si terrà a Termini, di mattina: si ricordi che la scuola è chiusa per Festa Nazionale. Si prevedono rappresentazioni teatrali, esposizioni e musica: saranno presenti i vincitori del concorso "Play music stop violence". Per informazioni contattare Alessandro Iannamorelli (4°C), del comitato organizzativo "Giovani per la Pace".

30 APRILE -­ Scade il termine di consegna degli elaborati per il concorso "La scienza narrata". Si tratta di produrre un testo narrativo, di qualsiasi forma o genere, purché narrativo e che abbia almeno un elemento scientifico. Può partecipare chiunque sia interessato, anche chi non ha aderito al progetto o non è studente presso la nostra scuola. Per partecipare e avere maggiori informazioni, contattare la professoressa Cunto.

EVENTI

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REDAZIONESe vuoi esprimere un parere, dare consigli, proporre argo-­menti, contatta la redazione all’indirizzo e-­mail: eco-­[email protected]

Cerchiamo giornalisti! Se ti piace scrivere e vuoi partecipa-­re a questo progetto, non esitare a contattarci.La redazione di Eco è aperta a tutti.

Hanno partecipato a questo numero i seguenti “giornalisti in erba”:Federica Cerelli (3°E)Annibale Damiano (4°H)Claudio De Blasio (3°A)Andrea Di Romano (4°F)Alessandro Iannamorelli (4°C)Iacopo Mosconi (3°E)Riccardo Mottarelli (3°M)Chiara Perfetti (4°C)Melissa Randò (3°E)Monica Sanniti (3°E)Manuel Secci (3°C)Andra Gabriela Tacea (2°B)Lorenzo Viglietta (4°O)

Vignetta di Ioana Loredana Mihoc (2°B)

Un rigraziamento speciale alle prof. di lettere Susanna Mattarocci, Maria Luisa Siclari, Laura Cunto e alladott.ssa Cinzia Roscetti.

Si ringraziano per le foto Elisa Kenyon e Alex Mezzenga

Professore referente del progetto: Alvaro VelleiRedattrice: Melissa RandòGrafica: Chen Laura Sarno

Il giornalino d’Istituto è un progetto scolastico aperto a tutti, coordinato dal gruppo Eco-­Amaldi.Gli articoli e le foto in questo numero non possono essere utilizzati o rielaborati senza il permesso degli autori.

Visitate il sito del gruppo Eco-­Amaldi, nel quale scaricare le copie digitali a colori anche dei numeri precedenti:ecoamaldi.altervista.org ecoamaldi.blogspot.com

Nell’aria, calda e leggera, aleggia una strana atmosfera, mai provata prima. Il preparatore atletico mi incoraggia urlandomi qualcosa contro. Vedo il cronometro giungere, lentamente, alla cifra 0. Penso: <<È fatta, devo dare il meg-­lio di me!>> Le dita si sollevano dal freno, una pedalata decisa ed inizio a scendere, prima lentamente poi sempre più veloce. Dopo un breve rettilineo e svariate sezioni tec-­niche composte di salti, parabole e cambi di pendenza, en-­tro nel bosco, dove spesso si fa la differenza in secondi e, a volte, in decimi. Durante la mia run ho pensato a quante stupende sensazioni e stati d’animo è in grado di regalare questo sport, il Downhill. Come ogni sport estremo anche questo proviene dagli Stati Uniti. Letteralmente il nome significa “giù dalla collina” ed, effettivamente, il significato di base è proprio questo. Per praticarlo occorre una bici molto particolare, dotata di una struttura robusta e super ammortizzata. Data l’alta pericolosità i piloti indossano numerose protezioni su tutto il corpo ma, spesso, ciò non basta. Nel downhill, infatti, ogni movimento va calcolato con largo anticipo e basta una mossa azzardata per ritro-­varsi a conoscere molto da vicino gli alberi. C’è da dire che nonostante i rischi, questo sport è in grado di far scoprire i propri limiti e di superarli. È una gara, non tanto tra con-­correnti, ma tra pilota e natura. La natura pone i propri

ostacoli che vanno superati nel minor tempo possibile e, ovviamente, cercando di uscirne tutti interi.Oltre a questo, il downhill contribuisce anche alla nascita di un forte spirito di gruppo tra i piloti che, col passare del tempo, diventano come una vera e propria famiglia. È uno sport difficile, pericoloso, abbastanza costoso, molto discusso, ma, ve lo posso assicurare, è uno dei pochi sport in cui il contatto tra uomo e natura è massimo e in cui l’adrenalina vi farà saltare dalla gioia.Provare per credere!

SPORT SALTI NELLA POLVEREDi Iacopo Mosconi (3°E)

Inserto al No. 14 di Eco

Questa lettera è stata scritta da un'insegnante del nostro liceo e ha l'ambizione di divenire una posizione uffi-­ciale della scuola, in quanto ritenuta condivisibile nei suoi punti. La lettera è rivolta a noi studenti e sottoscritta dagli insegnanti, finora in 54.

LETTERA AI NOSTRI STUDENTI

“Etica per un figlio “ è il titolo di un libricino che il filosofo Ferdinando Savater scrive per suo figlio Amador.Di che tratta? Libertà, Responsabilità, Cittadinanza, Politica, Umanità, Etica. Le sue, però, non sono lezioni dall’alto della cattedra, piuttosto consigli ragionati di un padre a suo figlio, una sorta di “baculum” ( bastone) a cui appoggiarsi per fare scelte ed orientarsi. Di più’, per conferire senso alla vita. Che è tanto più nostra quanto più è umana e condivisa.Può fidarsi Amador dei consigli di suo padre? Deve accettarli ciecamente? Questo figlio privilegiato ha il diritto di respingerli ma soprattutto il dovere di porsi domande.Per questo alla fine di ogni capitoletto il padre -­filosofo rimanda ad altri padri (Seneca, Voltaire, Tommaso Moro, Ghandi , Montesquieu) a cui chiedere, con cui confrontarsi.Un metodo eccellente, questo di Savater, per entrare in comunicazione autentica con suo figlio e farlo così partecipe delle comuni questioni umane, che non si limitano ai territori personali e familiari ma li collegano entrambi, padre e figlio, ai pilastri del pensiero umano . Sono così uomini fra gli uomini. Chiedono per comprendere il presente e pensare quindi il futuro: quello di Amador e di tutti gli altri giovani del mondo.Ma i nostri giovani hanno ancora padri?E ancora, chi li educa al futuro?La nostra società ha abdicato alla sua responsabilità fondamentale, famiglia e scuola sembrano talvolta aver smarrito il senso della loro funzione educativa, la società civile sonnecchia, uomini politici e istituzioni dor-­mono o, peggio, se ne infischiano. Sovente confondono o corrompono.E il futuro? E la felicità a cui naturalmente aspiriamo?Sono concetti, categorie da rimuovere. Purtroppo, già quasi compiutamente rimosse.Scissi dal passato viviamo l’onnipotenza dell’eterno presente che non permette sogni, progetti, cambiamenti, che blocca ogni crescita e autonomia. Scissi dal passato, eleviamo l’osanna alle divinità dell’oggi: soldi, suc-­cesso, sesso, eterna gioventù.E’ sembrato quindi facile passare dalla felicità al divertimento, alla festa perenne. Perseguire la felicità invece è cosa assai seria e riguarda non solo la sfera privata ma anche quella pubblica. Certamente non coincide con il frastuono e la volgarità.Prevede invece l’amor proprio e la passione vitale. “Senza amor proprio e passione vitale la vita è noia”. Prevede autostima. Prevede progetti concreti da sviluppare nelle scuole, nelle università e nel mondo del lavoro. Prevede che gli adulti consentano il cambio della guardia affinché i giovani possano diventare a loro volta adulti, maestri, per aprire strade nuove e diverse. Prevede onestà intellettuale e morale, e quindi il rifiuto di parole ambivalenti: nel gioco dell’intercambiabilità del loro significato, l’ingiustizia diventa giustizia, la corruzione beneficenza, l’arbitrio legge, l’ingenuità e la gioventù esperienza consumata e misera.E che dire della barbarie televisiva che trasforma le persone in personaggi, dove ogni pudore e sentimento privato diventa spettacolo, di cui teleutenti voyeur decreteranno il successo?.Profeticamente qualcuno aveva denunciato il suo “ disprezzo” per le madri acquiescenti. Ne troviamo oggi a migliaia (ormai lontanissime dall’Anna Magnani di Bellissima) che esultano per i successi televisivi di figlie e figli.

Siamo dunque all’ ipocrisia accattivante e sfacciata, al rovesciamento dei valori, allo smarrimento della cosci-­enza ed all’annullamento della responsabilità. Ma a questo punto si potrebbe obiettare che la nostra rifles-­sione contribuisca a rafforzare lo smarrimento e la confusione, l’indifferenza e il nichilismo.Al contrario punta invece alla ricostruzione e parte proprio dalla scuola pubblica, che non può e non vuole essere travolta dal disordine e dall’ insensatezza.La scuola infatti, consapevolmente rispettosa del pluralismo culturale e delle delle idee, trova il punto unifi-­cante proprio nel ruolo educativo che è chiamata a svolgere.Cultura e civiltà sono le sue armi e dichiara agli studenti che è a loro disposizione, attraverso il confronto e il dialogo.E’ un compito difficile ma doveroso e, al tempo stesso, una grande e bella scommessa. Ricordiamoci che a Barbiana questa scommessa fu vinta.E’ tempo infatti che la scuola si rimetta in gioco con forza e orgoglio, rivendicando la validità del sapere nella costruzione del nostro profilo civile e culturale.Si risponde così all’inettitudine cialtrona e al lasciar correre.E’ con quest’ impegno che si è fedeli alla Costituzione la quale, attraverso il diritto allo studio, garantisce promozione sociale, cittadinanza attiva e consapevole.Abbiamo aperto con un dialogo padre-­figlio e siamo convinti che la scuola questo debba fare sempre, dia-­logare con i “figli”, specialmente nei momenti critici.La scuola deve proporre e praticare un modello sereno e salutare di convivenza civile.La scuola, tornando alla grande e bella scommessa, deve aiutare i giovani ad essere protagonisti della loro vita attuandola in una nuova “cornice”. Proprio come fecero i giovani di Boccaccio che, non volendo essere contaminati dalla peste, le volsero le spalle.