Eco Fedriga

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Editori Laterza Perché la filosofia Umberto Eco

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Perché la filosofia

Umberto Eco

Nel 2014 una nuova Storia della Filosofia,a cura di Umberto Eco e Riccardo Fedriga

Un grande disegno di storia del pensieronel panorama della storia della cultura europea,dall’antica Grecia a oggi

I contributi dei migliori studiosi italiani al serviziodell’insegnamento e dell’apprendimento scolastici

Laterza con Encyclomedia Publishers insiemein un grande progetto di didattica digitale

ISBN

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8421

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Editori Laterza

Perché la filosofia

Umberto Eco

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La meravigliae il naso del filosofo

Nella Grecia classica si riteneva che l’uomoiniziasse a filosofare (come diceva Aristotele)come reazione ad atti di meraviglia. Rispon-dono a un atto di meraviglia sia la domanda“chi ha fatto tutte le cose che ci circondano?”(domanda certamente filosofica, comune purea tutte le religioni) sia la domanda “come maii ruminanti hanno le corna, salvo il cam-mello?”, questione a cui Aristotele aveva ten-tato di rispondere ma che oggi noi affidiamoalla ricerca scientifica e non alla filosofia.

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Se è la scienza che oggi deve spiegarci originee natura dei ruminanti, e può dirci che essisono il prodotto dell’evoluzione naturale, restaancora una domanda prettamente filosofica, acui si risponde in modo assai vario, e cioè:“anche se i ruminanti fossero il prodotto del-l’evoluzione naturale, c’è un disegno intelli-gente che ha stabilito leggi di natura per cuiessi si sono evoluti in tal modo (per cui hacorna ciascun bue che nasca in ogni epoca e inogni luogo)?”. Vi renderete conto che questoè nient’altro che il problema dell’esistenza (omeno) di Dio.

La scienza può dirci che non è necessario ipo-tizzare un creatore per spiegare l’origine del-l’universo e della vita, ma non può dimostrareche Dio non c’è, così come non può dimostrareche ci sia. Se nel Medioevo san Tommasod’Aquino pensava che la ragione potesse con-fermare la fede e aveva elaborato cinque prove(filosofiche) dell’esistenza di Dio, nel Settecento

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Immanuel Kant ha sostenuto che questo tipodi prova non era razionalmente valido e che lapresenza di Dio poteva essere solo postulataper ragioni morali. Ed ecco come la filosofia,per quanto si espanda il territorio proprio dellascienza, mette (per così dire) il suo naso dap-pertutto.

Potremmo allora dire che se dall’antichità aoggi l’umanità ha delegato alla scienza la ri-sposta ad alcune domande, ce ne sono altreper cui la scienza non ha risposta e che sonooggetto perenne della ricerca filosofica. Tantoche qualcuno ha detto che la filosofia è la di-sciplina che si occupa delle domande per lequali non c’è risposta: possiamo dire meglioche la filosofia si occupa di domande a cui lealtre discipline non trovano risposta.

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Alcune domande

Che cosa significa essere? È diverso dire iosono (nel senso “io esisto”) o dire che i canisono mammiferi, oppure che io sono nato nel-l’anno tale, o ancora chiedersi che cosa sia iltempo? Ci sono due diverse ragioni per cui ac-cettiamo l’idea che un angolo retto abbia no-vanta gradi e quella che tutti gli uomini sianomortali? Se io penso che sia vero che i canisono mammiferi, che ora sta piovendo, che iRe Magi hanno visitato Gesù Bambino, cheNapoleone è morto a Sant’Elena e che l’angolo

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retto ha novanta gradi: tutte queste mie cre-denze sono “vere” nello stesso senso? E checos’è la verità? E alla domanda più dramma-tica, “perché esiste qualcosa piuttosto chenulla?”, come rispondere?

C’è una giustizia in questo mondo? Perchébisogna soffrire?

C’è una vita dopo la morte in cui le mie sof-ferenze saranno compensate? Il mio amato misembra il più bello di tutti, ma cosa vuole direbello? È meglio che tutti siano uguali o checiascuno venga compensato secondo i suoi me-riti? Un angolo retto ha novanta gradi (e io cicredo), ma che tutti gli uomini siano mortali èaltrettanto vero, o basterebbe un immortaleper rendere vana questa credenza? Se da undisco volante scendessero sulla Terra deglialieni penserebbero anche loro che un angoloretto ha novanta gradi? Chi ci ha detto che unangolo retto ha novanta gradi? Gli animali

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hanno un’anima? E io ce l’ho? E cosa èl’anima? E dove sta? E cosa è la memoria,visto che se uno perde del tutto la memoriasembra che non abbia neppure più un’anima?Perché piango sulle vicende di personaggi ro-manzeschi anche se so che non sono vere? Èmeglio diventar ricchi mandando al diavolotutti gli altri o vivere da altruisti? Mi diconoche un maiale è più intelligente di un cane, maperché io preferisco andare a spasso con uncane?

Dipende dall’amicizia, dall’amore, dalla iden-tificazione con qualcuno? Cosa sono amicizia,amore, identificazione? Perché penso che lapersona di cui mi sono innamorato sia la piùperfetta tra tutte, mentre se vivevo in un altroufficio o in un’altra città ne avrei amata un’al-tra? Che differenza c’è tra convincere me-diante dimostrazione di una verità matematica(per esempio il teorema di Pitagora) e persua-dere qualcuno (per esempio a votare un partito

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piuttosto che un altro)? Se dimostrare un teo-rema ci pare “razionale”, convincere a votaredipenderà da scelte “irrazionali”? O da sceltesoltanto “ragionevoli”? Quali differenze in-tercorrono tra ragione, intelletto, sentimento,convinzione, preferenza, scelta per abitudine?In che misura il nostro corpo interferisce colnostro cervello?

Si potrebbe continuare all’infinito: sono tuttequestioni filosofiche, e non bisogna essere pro-fessori di filosofia per porsele. Le questioni fi-losofiche interessano ciascuno di noi. Possiamocertamente decidere che tutte queste sono que-stioni che lasciano il tempo che trovano e chesi può vivere benissimo divertendosi, facendosoldi o morendo di fame senza che esse ci toc-chino da vicino. Ma – a parte che certi esseriumani non possono resistere alla meravigliache li porta a farsi queste domande – nel corsodella storia queste questioni “irrilevanti”hanno determinato il nostro modo di vivere,

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hanno spinto certi gruppi a guerre di religione,hanno influenzato profondamente le indaginidegli scienziati, hanno determinato il nostromodo di intendere la vita, il divertimento, ilguadagno e le nostre miserie, anche per coloroche non se ne sono mai resi conto.

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Bambini e filosofi

Accade che un bambino in tenera età possadire (estasiando i genitori) “dato che…” perarrivare a certe conclusioni. Il bambino pra-tica così il metodo logico dell’inferenza (sepiove allora sarà bagnato per terra, ma piove,allora sarà bagnato per terra ed è bene che nonesca a piedi nudi) o addirittura il sillogismo ari-stotelico (tutti i temporali bagnano il terreno,è previsto un temporale, dunque è da preve-dersi che sarà bagnato per terra). La logica èuno dei “capitoli” della filosofia e chiunque fa

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della logica, anche senza accorgersene. Salvoche ci sono ragionamenti logici sbagliati, come,per esempio: tutti i temporali bagnano il ter-reno, il terreno è bagnato, dunque c’è statoun temporale. Il ragionamento appare sba-gliato anche a chi non ha studiato logica, per-ché è ovvio che il terreno può essere bagnatoperché è passata una macchina innaffiatrice,ma la logica ha elaborato criteri rigorosi per di-mostrare perché questo ragionamento sia falso.

Il nostro bambino conosce poi un chihuahua,un mastino e un doberman e in breve è capacedi chiamarli tutti “cane”. La scienza, stu-diando le nostre strutture cerebrali, è pronta (oquasi) a rispondere come e perché questo ac-cade. Ma che cosa è questa idea di “cane” cheanche un bambino apprende nei primi anni divita? È un costrutto del nostro cervello, chefunziona in modo uguale in tutti i tempi e intutti i paesi? È qualcosa che esiste fuori delmondo (i platonici ci incoraggerebbero a dire

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che è una idea iperurania)? È una legge di na-tura che rimarrebbe valida anche se per acci-dente tutti i cani di questa Terra morissero peruna epidemia e al mondo non rimanesse piùun solo cane? È una costruzione della zoolo-gia? Come accade che il bambino comprendasubito che c’è un’identità di patrimonio gene-tico tra un cane lupo e un pechinese e non traun pechinese e un gatto soriano? Un filosofotradurrà questo problema nei termini di: “esi-stono gli universali, o sono un prodotto dellacultura e del linguaggio?”.

A una cosa la filosofia soprattutto ci abitua:al ragionamento astratto. Tutti noi ragioniamoattraverso astrazioni: per esempio, il veterina-rio che mi fa un’iniezione antirabbica, anchesenza aver visto il cane che mi ha morso, si ri-ferisce a un concetto di cane in generale (dellasua natura e abitudini) e sa che cosa potrebbeaccadere in genere se un cane ci mordesse. Maabitualmente il veterinario si occupa di questo

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o quel cane. Invece il filosofo è interessato nonsolo al concetto di “cane” ma al concetto diconcetto, e cioè alle ragioni per cui elaboriamoconcetti. Questo porta talora la filosofia a la-vorare su astrazioni che sfuggono alla nostracomprensione immediata, il che ci induce apensare che il filosofo viva fuori della realtà.Ma molte cose che hanno contato parecchioper la nostra realtà (comprese tante scopertescientifiche) sono state capite proprio lavo-rando a livelli di pensiero molto astratto.

Insomma, vale la pena di praticare la rifles-sione filosofica così come vale la pena di fareginnastica. Nel secondo caso si evita di in-grassare, nel primo si diventa più intelligenti.

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I Grecie il pensiero occidentale

C’è una ragione culturale per cui una storiadella filosofia inizia dai Greci. È stato il pen-siero greco a formare il modo di pensare delmondo occidentale, e solo comprendendo checosa avessero pensato i Greci noi possiamo ca-pire come abbiamo continuato a pensare negliultimi tre millenni circa. E se un occidentaleche va a lavorare in Cina dovrebbe capire qual-cosa della mentalità cinese, è certo che un ci-nese che viene a vivere tra noi dovrebbecomprendere le forme del pensiero occidentale

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nato in Grecia. Potrete pensare che questonon è giusto, ma è un fatto che migliaia e mi-gliaia di giovani orientali che vanno a studiarenegli Stati Uniti si addestrano a capire il pen-siero occidentale e su questa loro capacità sibasa il fatto che diventano più preparati deiloro coetanei americani e conquistano le mi-gliori posizioni in campo scientifico ed econo-mico.

Si è pensato che è a causa della struttura dellelingue occidentali (soggetto, copula e predi-cato, come ne “il fiume è fangoso”) che noi ve-diamo l’universo come una serie di cose a cuiattribuiamo certe proprietà. In certe lingueprimitive non si riconoscerebbero cose e pro-prietà ma eventi, e si parlerebbe non di unacosa-fiume che ha la proprietà di essere fan-gosa bensì di un fluire ininterrotto di acquasempre diversa (e in fondo anche Eraclito di-ceva che non ci bagniamo mai due volte nellostesso fiume). Nella filosofia occidentale si è

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parlato e si continua a parlare di cose o so-stanze o oggetti dotati di certe proprietà, e senoi non comprendiamo come sia nata con Ari-stotele la nozione di sostanza non capiremoneppure i casi in cui la fisica contemporaneala pone in questione.

Se il pensiero occidentale si rivelasse tuttaviacaduco, occorrerebbe conoscerlo per capire dadove veniamo e che cosa siamo. Se dicessimoa studenti e scolari che non vale la pena di stu-diare la mitologia greca perché è un cumulo difantasie, impediremmo loro di comprendere ipoemi di Omero o Virgilio; se a scuola nonparlassimo mai dell’Antico e del Nuovo Te-stamento, impediremmo ai giovani di capire ilnovanta per cento delle immagini create nelcorso della storia dell’arte, dalle Natività alleCrocifissioni.

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Uomini concreti,uomini del proprio tempo

I filosofi non sono mai vissuti con la testa frale nuvole, come vogliono le caricature fatte dailoro detrattori o la saggezza popolare che hasempre scherzato sul “professore distratto”. Èvero che Platone nel Teeteto raccontava cheTalete, mentre studiava gli astri e guardava inalto, era caduto in un pozzo. Però Aristotele,quasi a salvare Talete dalla reputazione di sa-piente con la testa fra le nuvole, riportava che,mentre i suoi contemporanei gli rinfacciavanol’inutilità della filosofia, egli, avendo previsto

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in base a calcoli astronomici un’abbondanteraccolta di olive, ancora in pieno inverno si eraaccaparrato con pochi soldi tutti i frantoi diMileto e di Chio così che, quando era giuntoil tempo della raccolta, li aveva affittati a granprezzo dimostrando che, se volevano, anche ifilosofi potevano arricchirsi.

Ogni filosofo è vissuto in un preciso ambientepolitico, sociale e culturale e il suo modo di fi-losofare non si è sottratto a influenze extra-fi-losofiche. I primi filosofi, mentre cercavano didare spiegazioni razionali del mondo che li cir-condava, vivevano in un contesto dove si pra-ticavano i riti misterici, si veneravano gli dèi,si facevano delle guerre, esistevano deglischiavi e degli uomini liberi, si praticava uncerto tipo di medicina. Gran parte della filo-sofia rinascimentale e post-rinascimentale èstata influenzata invece dalle scoperte astro-nomiche di Copernico, Galileo o Keplero. Ciòvale anche per i filosofi del nostro tempo,

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alcuni dei quali sono stati influenzati dai con-flitti sociali, dal sorgere delle dittature, dainuovi problemi posti dallo sviluppo della tec-nica.

Capire perché in un dato tempo si sia filoso-fato in un determinato modo è possibile dun-que allargando il nostro sguardo a nozioni cheapparentemente non appartengono alla storiadella filosofia ma alla medicina, alle costitu-zioni politiche, alla fisica, all’astronomia, allearti.

Forse ci sono altre e numerose ragioni per ca-pire e studiare la filosofia, ma speriamo chequesti pochi accenni siano sufficienti per in-vogliarci a comprendere che cosa voglia direpensare. Perché il pensare, e il pensare filoso-fico, è quello che distingue gli uomini daglianimali.

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