ECHI LIBERI - Ottobre 2012

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“Jeff, un giorno capirai che è più difficile essere gentili che intelligenti ” fumo e le annunciò con grande enfasi: “Hai perso nove anni della tua vita!”. Nonostante i suoi calcoli accurati, la rea- zione non fu quella che si aspettava: sua nonna scoppiò in lacrime. Il nonno allo- ra accostò e chiese al giovane Jeff di scendere. E gli insegnò una lezione che, ormai miliardario, decise di condividere con la classe del 2010: «Mio nonno mi guardò e, dopo un po’ di silenzio, gentil- mente e con calma disse: “Jeff, un giorno capirai che è più difficile essere gentili che intelligenti”». Io mi fermo qui, Taylor prosegue raccontando un altro aneddoto questa volta riguardante suo padre, l’acquisto di una nuova macchina, un’emergenza sanitaria risolta felice- mente . Ritengo gli esempi sopra riporta- ti sufficienti per riflettere e per chiederci, insieme all’autore dell’articolo: “Che cosa nel business rende così difficile essere gentili?” e ancora “E che tipo di uomini di affari siamo diventati se questi piccoli atti di gentilezza sono diventati così rari?”. Bill Taylor è cofondatore di Fast Company Magazine e autore di testi sui nuovi metodi di management aziendale. Naturalmente, lui pone il quesito dal punto di vista del business. Io invece lo analizzo dal punto di vista della vita quo- tidiana, quella che tutti i giorni ti pone davanti situazioni in cui puoi scegliere se essere gentile o intelligente o, meglio ancora, furbo. Molto spesso, nel corso della mia vita, mi sono rimproverata l’ec- cessiva sensibilità nei confronti del pros- simo. Dopo aver letto questo articolo, ho deciso di smettere di fustigarmi. Panera Bread. Purtroppo, Panera vende la zuppa di vongole solo il venerdì ma il giovane non si arrese. Telefonò al Panera più vici- no e parlò con la responsa- bile del negozio, Suzanne Fortier, la quale non si limitò a far preparare la zuppa espressamente per la nonna di Brandon, ma aggiunse anche una scatola di biscotti come dono da parte del personale. Questa bella storia non finisce qui. Un piccolo gesto di gentilez- za e sensibilità non avrebbe certo fatto notizia se il ragazzo non avesse deciso di raccontarlo sulla sua pagina Facebook, mentre sua madre Gail descrisse quanto accaduto sulla pagina fan di Panera. Il resto è storia “social media”. Il messaggio di Gail ha generato oltre 500.000 “mi piace” e più di 22.000 commenti sulla pagina Facebook Panera. I guru del marketing hanno citato questa “case history” come un esempio del potere dei social media e del passa-parola virtuale per aumentare la reputazione di un’a- zienda. Ma l’autore vede la reazione al gesto di Sue Fortier come un esempio di qualcosa d’altro, e cioè della fame dei clienti, dei dipendenti e di tutti noi di sta- bilire con le aziende relazioni che vadano oltre la semplice transazione misurata in termini di dollari e centesimi. E, sempre citando l’autore, “in un mondo che viene Nel mio quotidiano girova- gare tra i vari siti Internet, Blog e Social, rimbalzando da un articolo di approfondi- mento a una “discussione” su Linkedin, da un annuncio di webinar a una statistica sui nuovi media, mi sono imbattuta in un articolo che sulle prime ha catturato la mia attenzione per il titolo: “È più importante essere gentili o intelligenti?”. Ho poi scoperto che l’articolo era firmato da Bill Taylor, pubblicato il 23 agosto scor- so sull’Harvard Business Review Blog Network e l’im- magine che mi è apparsa sullo schermo mi ha convin- to a proseguire nella lettura. Un’invitante scodella di crema d’avena o qualcosa di simile, e chi resiste a un invito così a metà mattina, quando si comincia ad avvertire un certo languorino? Proseguo dunque nella let- tura, aiutata anche dal provvidenziale supporto offerto dal traduttore di Google Chrome. Apro una parentesi: se non avete mai utilizzato questo browser, vi invito a provarlo. Ha meno funzioni rispetto agli altri (Safari, Firefox, Explorer…) ma questa del traduttore è una vera genialata: appare una stringa in alto che vi chiede se desiderate tradurre la pagina in lingua straniera e, con diver- si gradi di approssimazione, devo dire che svolge un buon lavoro. Traduce in italiano praticamente da ogni lingua. Naturalmente poi ci dovete mettere anche del vostro, poiché si ottiene una traduzione letterale con diverse parole ancora in lingua originale. Ma torniamo all’articolo. Taylor narra una bellissima storia, di quelle che ti fanno sentire meglio, quando hai finito di leggere. In questa storia ci sono un nipote, una nonna morente, una ciotola di zuppa di vongole da Panera Bread (franchising di caffè-panetterie). La storia è questa: Brandon Cook, da Wilton (New Hampshire, Usa) era in visita alla nonna ricoverata in ospedale, malata terminale di cancro, che gli confidò di desiderare disperatamente il suo piatto preferito, una ciotola di zuppa di vongole da 42 rimodellato dal progresso inarrestabile della tecnologia, ciò che spicca sono atti di compassione e di connessione che ci ricordano ciò che significa essere umani”. Ma adesso viene il bello, l’epilo- go dell’articolo che consentirà di com- prenderne, finalmente, il titolo. Dopo aver letto la storia di Brandon e della nonna, Taylor si è ricordato di una confe- renza tenuta due anni fa da Jeff Bezos, fondatore e Ceo (Chief Executive Officer, in pratica amministratore delegato) di Amazon.com, società di e. commerce tra le prime a vendere merci su Internet, ai laureandi dell’Università di Princeton. Bezos è “semplicemente” un maestro della tecnologia che ha costruito la sua azienda e la sua fortuna grazie alla cre- scita di Internet e al suo intelletto. Ma quel giorno non parlava di potenza di cal- colo e capacità intellettuali, bensì di sua nonna e di quello che ha imparato quan- do la fece piangere. Quando era un ragaz- zo di dieci anni, a quanto pare, Bezos aveva una mente formidabile e la passio- ne per macinare numeri. Nel corso di un viaggio estivo con i suoi nonni, il giovane Jeff era stufo del fatto che la nonna con- tinuasse a fumare in macchina e decise di fare qualcosa al riguardo. Dal sedile posteriore, calcolò il numero di sigarette fumate dalla nonna ogni giorno, quante volte aspirava il fumo dalla sigaretta, il rischio per la salute di ogni boccata di Solo buone notizie o, quantomeno, ci proviamo. Ne abbiamo bisogno, per ripartire, per tornare a credere in qualcosa. - Patrizia Kopsch - 43 Solbiate Olona - via IV Novembre,70 Info: cell.347 9117488 Gli effetti collaterali del social media Periodico di informazione indipendente Autorizzazione Tribunale di Busto A n° 1/05 del 18/01/2005 - Redazione - Sede operativa c/o Golf Club Le Robinie Via per Busto Arsizio, 21058 Solbiate Olona tel. 345 9917434 mail: [email protected] - Redazione - Sede Legale c/o casa editrice di Merlo Loredana & C. Via L. Da Vinci, 40 Saronno -VA- tel. 345 9917434 Direttore Responsabile Vincenzo Ciaraffa Opinionisti Matteo Inzaghi, Francesco Cosimato, Paola Casoli Collaborazione di: Paolo Golino, Sergio Belvisi, Icaro, Dedalo, Gloria Garbellini, Azzurra, Marino Bianchi, Patrizia Kopsch, Renzo Del Bergiolo, Lorenzo Corsini, Loredana Merlo, Veruscha Sartor, Irene Adler, Pacifico, Attilia Marnoni, Giorgio Anelli, Paolo Franzato, Ciccio Servizi fotografici Marino Bianchi, Gloria Garbellini, Renzo Del Bergiolo, Lorenzo Corsini Paolo Franzato, Luigi Cilona Tipografia Grafica Bottigelli via Lombardia, 55 21015 Lonate Pozzolo -VA- Staff redazionale immagine occasionale scaricata da Internet immagine occasionale scaricata da Internet

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“Jeff, un giornocapirai che è piùdifficile essere

gentili che intelligenti ”

fumo e le annunciò con grande enfasi:“Hai perso nove anni della tua vita!”.Nonostante i suoi calcoli accurati, la rea-zione non fu quella che si aspettava: suanonna scoppiò in lacrime. Il nonno allo-ra accostò e chiese al giovane Jeff discendere. E gli insegnò una lezione che,ormai miliardario, decise di condividerecon la classe del 2010: «Mio nonno miguardò e, dopo un po’ di silenzio, gentil-mente e con calma disse: “Jeff, un giornocapirai che è più difficile essere gentiliche intelligenti”». Io mi fermo qui,Taylor prosegue raccontando un altroaneddoto questa volta riguardante suopadre, l’acquisto di una nuova macchina,un’emergenza sanitaria risolta felice-mente . Ritengo gli esempi sopra riporta-ti sufficienti per riflettere e per chiederci,insieme all’autore dell’articolo: “Che cosanel business rende così difficile esseregentili?” e ancora “E che tipo di uomini diaffari siamo diventati se questi piccoliatti di gentilezza sono diventati cosìrari?”. Bill Taylor è cofondatore di FastCompany Magazine e autore di testi suinuovi metodi di management aziendale.Naturalmente, lui pone il quesito dalpunto di vista del business. Io invece loanalizzo dal punto di vista della vita quo-tidiana, quella che tutti i giorni ti ponedavanti situazioni in cui puoi scegliere seessere gentile o intelligente o, meglioancora, furbo. Molto spesso, nel corsodella mia vita, mi sono rimproverata l’ec-cessiva sensibilità nei confronti del pros-simo. Dopo aver letto questo articolo, hodeciso di smettere di fustigarmi.

Panera Bread. Purtroppo,Panera vende la zuppa divongole solo il venerdì ma ilgiovane non si arrese.Telefonò al Panera più vici-no e parlò con la responsa-bile del negozio, SuzanneFortier, la quale non silimitò a far preparare lazuppa espressamente per lanonna di Brandon, maaggiunse anche una scatoladi biscotti come dono daparte del personale. Questabella storia non finisce qui.Un piccolo gesto di gentilez-za e sensibilità non avrebbecerto fatto notizia se ilragazzo non avesse deciso diraccontarlo sulla sua paginaFacebook, mentre sua

madre Gail descrisse quantoaccaduto sulla pagina fan di Panera. Ilresto è storia “social media”. Il messaggiodi Gail ha generato oltre 500.000 “mipiace” e più di 22.000 commenti sullapagina Facebook Panera. I guru delmarketing hanno citato questa “casehistory” come un esempio del potere deisocial media e del passa-parola virtualeper aumentare la reputazione di un’a-zienda. Ma l’autore vede la reazione algesto di Sue Fortier come un esempio diqualcosa d’altro, e cioè della fame deiclienti, dei dipendenti e di tutti noi di sta-bilire con le aziende relazioni che vadanooltre la semplice transazione misurata intermini di dollari e centesimi. E, semprecitando l’autore, “in un mondo che viene

Nel mio quotidiano girova-gare tra i vari siti Internet,Blog e Social, rimbalzandoda un articolo di approfondi-mento a una “discussione”su Linkedin, da un annunciodi webinar a una statisticasui nuovi media, mi sonoimbattuta in un articolo chesulle prime ha catturato lamia attenzione per il titolo:“È più importante esseregentili o intelligenti?”. Hopoi scoperto che l’articoloera firmato da Bill Taylor,pubblicato il 23 agosto scor-so sull’Harvard BusinessReview Blog Network e l’im-magine che mi è apparsasullo schermo mi ha convin-to a proseguire nella lettura.Un’invitante scodella dicrema d’avena o qualcosa di simile, e chiresiste a un invito così a metà mattina,quando si comincia ad avvertire un certolanguorino? Proseguo dunque nella let-tura, aiutata anche dal provvidenzialesupporto offerto dal traduttore di GoogleChrome. Apro una parentesi: se nonavete mai utilizzato questo browser, viinvito a provarlo. Ha meno funzionirispetto agli altri (Safari, Firefox,Explorer…) ma questa del traduttore èuna vera genialata: appare una stringa inalto che vi chiede se desiderate tradurrela pagina in lingua straniera e, con diver-si gradi di approssimazione, devo direche svolge un buon lavoro. Traduce initaliano praticamente da ogni lingua.

Naturalmente poi ci dovete mettereanche del vostro, poiché si ottiene unatraduzione letterale con diverse paroleancora in lingua originale. Ma torniamoall’articolo. Taylor narra una bellissimastoria, di quelle che ti fanno sentiremeglio, quando hai finito di leggere. Inquesta storia ci sono un nipote, unanonna morente, una ciotola di zuppa divongole da Panera Bread (franchising dicaffè-panetterie). La storia è questa:Brandon Cook, da Wilton (NewHampshire, Usa) era in visita alla nonnaricoverata in ospedale, malata terminaledi cancro, che gli confidò di desideraredisperatamente il suo piatto preferito,una ciotola di zuppa di vongole da

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rimodellato dal progresso inarrestabiledella tecnologia, ciò che spicca sono attidi compassione e di connessione che ciricordano ciò che significa essereumani”. Ma adesso viene il bello, l’epilo-go dell’articolo che consentirà di com-prenderne, finalmente, il titolo. Dopoaver letto la storia di Brandon e dellanonna, Taylor si è ricordato di una confe-renza tenuta due anni fa da Jeff Bezos,fondatore e Ceo (Chief Executive Officer,in pratica amministratore delegato) diAmazon.com, società di e. commerce trale prime a vendere merci su Internet, ailaureandi dell’Università di Princeton.Bezos è “semplicemente” un maestrodella tecnologia che ha costruito la suaazienda e la sua fortuna grazie alla cre-scita di Internet e al suo intelletto. Maquel giorno non parlava di potenza di cal-colo e capacità intellettuali, bensì di suanonna e di quello che ha imparato quan-do la fece piangere. Quando era un ragaz-zo di dieci anni, a quanto pare, Bezosaveva una mente formidabile e la passio-ne per macinare numeri. Nel corso di unviaggio estivo con i suoi nonni, il giovaneJeff era stufo del fatto che la nonna con-tinuasse a fumare in macchina e decise difare qualcosa al riguardo. Dal sedileposteriore, calcolò il numero di sigarettefumate dalla nonna ogni giorno, quantevolte aspirava il fumo dalla sigaretta, ilrischio per la salute di ogni boccata di

Solo buone notizie o, quantomeno, ci proviamo. Ne abbiamo bisogno, per ripartire, per tornare a credere in qualcosa.- Patrizia Kopsch -

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