Ecclesia Agrigenti. Note di storia e archeologia urbana

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La Ecclesia Agrigenti intesa come “comunità di credenti”, ma anche nel senso di “organizzazione gerarchica” sotto la guida vigile di un vescovo, è ricordata per la prima volta nel tardo VI secolo, nel Registrum di Gregorio Magno. Eppure le evidenze archeologiche nell’area dell’esteso cimitero cristiano attestano la presenza di una comunità di fedeli già organizzata tra la fine del III e gli inizi del IV secolo. La realtà funeraria agrigentina nella sua evoluzione - dal nucleo sub divo alla catacomba comunitaria, dagli ipogei a carattere privato agli spazi esclusivi per il rituale - si conferma pertanto la testimonianza più forte della presenza cristiana nella città almeno fino alla fine del VII secolo. La ricerca si avvale della rilettura incrociata di dati storici, agiografici, archivistici, topografici ed archeologico-monumentali e sfrutta il potenziale delle informazioni disponibili cercando di superare le carenze presenti nelle diverse linee di indagine, per riconoscere quei

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ecclesia agrigenti.

note di storia e archeologia urbana

giuseppina schiro

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Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di PalermoQuaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra

Volume realizzato con il contributo dei fondi Ricerca Scientifica ex 60% - Prof. R.M. Carra -Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo

Ringrazio il Dott. Arch. Pietro Meli, già Direttore del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei

Templi e Soprintendente per i Beni Culturali di Agrigento, sotto la cui giurisdizione ricadeva la tutela

delle aree oggetto della ricerca (Lettera di autorizzazione Prot. n. 4247/VIII del 26 Aprile 2011).

“Calati juncu ca passa la china” (Pitrè 1880)A mio padre, che ha sempre tenuto duro ma ci ha lasciato troppo presto.

In copertina: Agrigento, panoramica tra gli ipogei M e P sulla “via dei sepolcri”

In quarta di copertina: Agrigento, Latomia Mirabile. Ipogeo II: arcosolio II.A2

Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i PaesiAntipodes s.a.s. via Toscana 290144 Palermowww.antipodes.itE mail: [email protected]

ISBN 978-88-96926-50-5

Giuseppina Schirò, Ecclesia Agrigenti. Note di storia e archeologia urbana, Antipodes, Palermo 2014.

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ABSTRACT

KEYWORDS: Ecclesia Agrigenti, bishop’s series, ecclesiastic limits, Triocala, christian to-

pography.

The study aims to outline the role of the diocese of Agrigento and to appreciate the potential of

the different expressions of Christianization. The Ecclesia Agrigenti, by number of archaeological

evidence and monuments in Christian Sicily, only follows the Diocese of Syracuse. It is mentioned

for the first time in the Registrum of Gregory the Great (late VI cent.), but the archaeological

data coming from the burial areas, between the end of the III and the half of the IV cent., prove

the presence of a supervising authority, the episcopus, and of a large community. The problems

relating the birth of the first Christian community of Agrigento, in some respects controversial,

are examined starting from the term ecclesia both in the meaning of a community of believers

who adhere to the principles of the new faith that in the sense of a hierarchical organization led

by a Bishop. Another major issue is the hypothesis on the definition of the territorial boundaries

which also concerns, diachronically, the diocese of Triocala. Trough the criss crossed re-reading

of hagiographical sources and archaeological evidence it is possible to present new considera-

tions on the bishop’s series and its characters, Libertino, Pellegrino and Gregory. The analysis

of the Christian presence in the topography of Agrigentum is also extended to the Emporion in

order to seize the aspects of continuity or change with respect to the greek-roman period. The

more representative sensor of the Christian space are the burials with the sub divo nucleus, the

Fragapane catacomb, the “ipogei minori” and the so called byzantine arcosolia along the an-

cient southern walls. The only visible witness of religious building is the greek temple called

“della Concordia”, turned at the end of the sixth century into the Basilica of SS. Peter and Paul.

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Giuseppina Schirò

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Premessa

Il lavoro si pone in prosecuzione con gli studi sulle vicende dell’Ecclesia Agri-

genti1, all’interno di un’ampia diacronia che dalle origini arriva all’epoca dellarifondazione normanna, sul cui sfondo interagiscono la realtà insediativa e fu-neraria in stretto rapporto con la viabilità tardo antica e medievale della Siciliacentro-meridionale. La scelta di un così esteso arco cronologico ha trovato giusti-ficazione nell’intento di offrire un quadro informativo generale, che catalizzasselo stimolo ad approfondimenti successivi sulla strutturazione del fenomeno cristianoin questa area. Una sorta di status quo da cui prendere le mosse2. Con questo stu-dio si intende invece circoscrivere il limite temporale fra le prime testimonianzecristiane ed il pontificato di Gregorio Magno, fra il VI ed il VII secolo. Quest’ul-timo periodo, infatti, è ritenuto convenzionalmente il termine cronologico duranteil quale muovono i primi passi le tendenze generali di un cambiamento “epocale”fra la tarda antichità e l’alto medioevo3. Nello specifico caso agrigentino, comeper altre realtà ecclesiastiche siciliane, l’età gregoriana rappresenta un momentocentrale della parabola evolutiva le cui peculiarità di certo sono state alla basedel sistema amministrativo ed ecclesiastico almeno fino all’istituzione del thema

bizantino (692/695)4. È proprio alla fine del VII sec. che si individua il periodo di rottura della koinè

mediterranea con il processo di militarizzazione dell’Isola e il diverso assetto deipossedimenti fondiari5. La situazione geo-politica dell’isola muta sensibilmente,e al momento poco chiare risultano le dinamiche che hanno interessato la nostraarea. La conquista araba prima e l’arrivo dei Normanni poi, fra IX ed XI sec.,

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1 Schirò 2007, pp. 1940-1949; 2012a, pp. 377-382.Desidero in particolare esprimere la mia gratitudine alla prof.ssa Rosa Maria Carra per l’incorag-

giamento e gli spunti offerti nella stesura del lavoro; alla prof.ssa MariaVittoria Strazzeri e al prof.Horst Enzensberger per le loro stimolanti conversazioni storiche; al prof. Philippe Pergola e allaprof.ssa Lucrezia Spera per i suggerimenti in merito all’analisi dei dati topografici. Ringrazio, infine,gli amici agrigentini Marco Falzone, Anna Montana Lampo, Marialuisa Zegretti per la generosa di-sponibilità, e tutti coloro che a vario titolo mi sono stati accanto. Sono grata soprattutto alla mia fa-miglia per la forza trasmessami.

2 Per questo quadro preliminare si rimanda alle pagine degli Atti del IX ACNAC tenutosi adAgrigento nel novembre del 2004: Carra et alii 2007, pp. 1925-1967.

3 All’interno dell’ampia bibliografia sull’argomento si vedano: Mazza 1986, pp. 66-84; CraccoRuggini 1993, pp. XXXIII-XLV; 1997-1998, pp. 243-269; 2004, pp. 15-24; 2008, pp. 320-326;Vera 1997-1998, pp. 52-60; Burgarella 1999, pp. 9-32; Giardina 1999, pp. 157-180; 2004, pp.41-46; Vera-Cracco Ruggini 2002, pp. 349-379; Bowersock 2004, pp. 7-14; Marcone 2004, pp.25-36; 2012, pp. 263-277.

4 Borsari 1954, pp. 133-158; Fasoli 1958, pp. 156-159; Oikonomidès 1964, pp. 121-130; Mazza1986, pp. 45-46, 83-84; Nichanian-Prigent 2003, pp. 97-241; Burgarella 2004, pp. 67-74.

5 Cracco Ruggini 1980, pp. 38-40; Nef-Prigent 2006, pp. 9-64. Una posizione diversa è inAgnello 2002, pp. 17-29, che individua il punto di svolta nell’arrivo degli Arabi.

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porranno in essere nuove istanze storico-politiche e religiose con ulteriori con-seguenze sull’assetto urbano e territoriale6.

L’obiettivo principale di questa ricerca è la comprensione delle origini del-l’Ecclesia agrigentina, intesa nelle diverse accezioni di aggregazione di fedeliaderenti ai principi del nuovo credo, di organizzazione strutturata gerarchica-mente sotto la guida spirituale e materiale dell’episcopus, ed anche nelle sueespressioni architettonico-monumentali7. Nella consapevolezza che il costituirsidell’una non corrisponde automaticamente all’istituzione dell’altra8, poiché nellefasi iniziali non ci sono presupposti comuni, ci si è posti nella prospettiva di in-terpretare il modo in cui il processo di cristianizzazione dalla sede diocesana, ur-bana, si sia tradotto in termini concreti in un programma di “proiezioneterritoriale”. In tal senso è stato dato spazio all’analisi delle questioni connesseall’estensione dell’area sottoposta alla competenza giuridico-amministrativa eliturgica del vescovo agrigentino, e quindi al complesso ambito della geografiapolitico-ecclesiastica dai parametri interni molto fluidi e difficilmente definibili.Nonostante ciò, la circoscrizione agrigentina è stata riconosciuta, con le debiteprecauzioni, fra il corso del Platani ad Ovest e quello del Salso ad Est, e a Nordnella zona di Castronovo di Sicilia. Un breve accenno è dedicato anche allafinitima diocesi rurale di Triocala9.

La ricerca si è avvalsa in modo proficuo della correlazione incrociata di datistorici, agiografici, archivistici, topografici ed archeologico-monumentali, sfrut-tando al meglio il potenziale di informazioni disponibili. Ed è a questo continuodialogo che è stato chiesto di superare le carenze presenti nelle diverse lineedi indagine, lamentate da tempo, e di individuare quei marcatori dello spaziocristiano urbano che ne segnano la progressiva definizione come paesaggioantropico e religioso10.

All’interno di queste categorie dalla forte incidenza morfogenetica, fra cuidistinguiamo in generale edifici di culto, battisteri, monasteri, ad Agrigento learee destinate ai defunti sono il sensore più rappresentativo delle trasformazionidell’antico assetto urbano, come le recenti indagini archeologiche hanno di-mostrato11.

Alla luce di queste linee programmatiche sono state affrontate le problematicheinerenti la nascita della prima comunità cristiana agrigentina nei termini in cuiabbiamo inteso il concetto di ecclesia, tentando di sviscerarne i punti nodali senzatuttavia arrivare a conclusioni risolutive. Qualche nuovo spunto di riflessione siavanza a proposito della cronotassi episcopale attraverso la rilettura delle fontiagiografiche i cui protagonisti: Libertino, Pellegrino e Gregorio sono stati perlungo tempo pedine silenziose di ricostruzioni non sempre rispettose dei dati in-terni ai documenti scritti e delle evidenze archeologiche. Queste ultime, sebbenenon numerose, correlate criticamente alla documentazione scritta riescono ad

6 Lanzoni 1927; Carra 1999, pp. 167-180; 2002, pp. 105-117; Maurici 2000, pp. 69-88; Nef2003, pp. 177-196; Arcifa 2013, pp. 161-181.

7 Voelkl 1954, pp. 113-114; van den Bosch 1959, pp. 66-67; Mohrmann 1977, pp. 217-220.8 Otranto 1991a, pp. 45-79; 2007, p. 12.9 Lanzoni 1927, pp. 642-644; De Fino 2009, pp. 31-55.10 Per il concetto di spazio cristiano si rimanda a Testini 1985, pp. 31-48.11 Agrigento 2007; SdA3.

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Giuseppina Schirò

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offrire validi elementi per delineare una proposta più coerente della storia delprimo cristianesimo siciliano, capace di superare la lunga e reiterata posizionedelle origini apostoliche12. Il passo successivo è stato quello di rintracciare inmodo graduale e progressivo il materializzarsi della presenza cristiana nellatopografia di Agrigentum, cogliendone, ove possibile, quei fenomeni di conti-nuità ovvero di cambiamento nella struttura urbana tardo antica rispetto al-l’impianto greco-romano.

I - La prima comunità cristiana

I.1 - L’Ecclesia: i termini di un problema

L’interesse per la storia della diocesi agrigentina è maturato abbastanza tardi-vamente, nonostante per il numero di testimonianze archeologiche e monumentalisia seconda alla chiesa di Siracusa e rivesta un ruolo di primaria importanza nelquadro più generale del cristianesimo siciliano13. Soltanto negli anni ’40 del XXsec., infatti, ha visto la luce lo studio monografico di C. Mercurelli dedicato ad“Agrigento paleocristiana”, pubblicato nell’VIII volume delle Memorie dellaPontificia Accademia Romana di Archeologia14. Prima, come affermato dallostesso autore, non è stata mai scritta «un’opera particolare, che studi in tutte lesue manifestazioni il primitivo cristianesimo agrigentino», ma i diversi ambitidell’argomento sono stati affrontati in trattazioni specifiche relative all’agiografia,alla storia ecclesiastica e in minima parte alle evidenze archeologiche15. Rispettoa tali studi parziali, gravati anche da istanze apologetiche e campanilistiche, illavoro del Mercurelli ha ampliato la prospettiva facendo dialogare con spiccatosenso critico le fonti testuali e le testimonianze archeologiche. I risultati di taleimpostazione metodologica per molti aspetti si mantengono tuttora validi. Lo stu-dioso si è avvalso da un lato della documentazione materiale relativa alle testi-monianze funerarie, seppur incompleta, acquisita fra ‘800 e ‘900 dal Vigo, dalCavallari, dal Salinas e soprattutto dal tedesco J. Führer, e dall’altro ha superatoi limiti dell’opera di F. Lanzoni strettamente ancorata ad una visione storico-agiografica, erede della passata tradizione ecclesiastica16. In tal modo ha segnatoun punto di partenza imprescindibile per le successive ricerche agrigentine.Quest’approccio pluridirezionale ed innovativo è stato proseguito gradualmentenei decenni successivi, anche se per altri lavori di sintesi si dovranno aspettare lepubblicazioni degli anni ’80 di “Agrigento paleocristiana e bizantina” e di “Agri-

gento paleocristiana”, curate rispettivamente da E. De Miro e da R. M. Carra17.

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12 Com’è noto il problema ruota attorno alla breve sosta siracusana dell’apostolo Paolo, duranteil viaggio verso Roma (Atti degli Apostoli 28, 11–12). In merito alla questione cfr. Lancia diBrolo 1884, I, pp. 32-50; Rizzo 2005-2006, I, pp. 103-105. Più in generale, sulle problematichedel primo cristianesimo siciliano: Pincherle 1964-1965; Rizzo 1986; 1988-1989; 2005-2006 (conampia bibliografia di riferimento).

13 Carra 2007a, p. 1925.14 Mercurelli 1948.15 Mercurelli 1948, pp. 4-5.16 Lanzoni 1927, pp. 639-641. Per una revisione dell’opera dello studioso faentino cfr. Ferrua

1970, p. 216; Otranto 2007, pp. 7-9. Sulla personalità e l’opera di F. Lanzoni cfr. Ferrini 2009.17 De Miro 1980; Carra 1987.

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I risultati delle diverse campagne di scavo e di restauro condotte fino ad annirecenti nell’area della Valle dei Templi e presso l’Emporion hanno arricchito ilquadro complessivo delle testimonianze dell’ecclesia agrigentina, dimostrandonetutto il potenziale18. Partendo da queste feconde ricerche storico-archeologichela presente indagine si prefigge un passo in avanti, tentando di approfondire l’im-

put lanciato da Mercurelli sul composito e scomodo problema della geografia ec-clesiastica in rapporto alle vicende organizzative della diocesi19.

***

Ẻκκλησία è un termine polisemico che interessa trasversalmente sia la sferamateriale, nel senso di edificio cultuale20, che quella metaforica legata alla di-mensione comunitaria dell’aggregazione dei fedeli che condividono i principicristiani, di ascendenza vetero e neo testamentaria21. In questo secondo caso rientraanche il carattere istituzionale e gerarchico della diocesi. Sintesi completa di en-trambe le accezioni è l’ecclesia episcopalis, sede del capo spirituale della comu-nità che qui assolve i compiti primari del suo ministero: la liturgia ebdomadaria,la catechesi battesimale ed ordinaria, il governo amministrativo e pastorale dellacircoscrizione a lui sottoposta22. Nelle uniche testimonianze scritte attendibili cheriguardano Agrigento - lettere del Registrum di Gregorio Magno - è interessanterilevare che il pontefice nel riferirsi esplicitamente al vescovo e/o alla diocesi,accanto all’espressione in genitivo Agrigentinae ecclesiae23, impiega in modoequivalente quella di Agrigentinae civitatis24. L’uso cristiano di quest’ultimolemma sottolinea, sulla scorta di quanto già documentato da Gregorio di Toursper la Gallia poco tempo prima, l’intimo legame identificativo fra il centro urbanoe la sede episcopale25. Inoltre, com’è noto, alla fine del VI sec. la documentazionetestuale impiega la voce ecclesia anche per indicare l’ambito di competenza diun vescovato26.

Tale approccio implica prima di tutto l’analisi del rapporto fra la città e la strut-tura ecclesiastica gerarchizzata. È necessario distinguere fra l’adesione più omeno convinta ai nuovi principi del cristianesimo, cioè la conversione, che è allabase della formazione della prima comunità dei fedeli, e la nascita dell’istituzionediocesana27. Entrambi i fenomeni, in ogni caso, vanno letti in riferimento al

Giuseppina Schirò

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18 Agrigento 1995; Agrigento 2007; SdA3.19 Proprio di recente M. De Fino ha defintio l’argomento «scomodo»: De Fino 2012, p. 203.

Una rassegna bibliografica sui distretti ecclesiastici si legge in Cosentino 2008, pp. 411-414. 20 Glossarium IV, cc. 2220-2238; Voelkl 1954, pp. 113-114; van den Bosch 1959, pp. 66-67;

Mohrmann 1977, pp. 217-220; Iogna Prat 2006; 2010, pp. 192-194. Si veda anche Falzone inquesto stesso volume.

21 Van den Bosch 1959, pp. 65-67; Mohrmann 1977, pp. 212-220, 230; Duval 1991, pp. 50-69;Cantino Wataghin 1995, p. 202. Le due accezioni emergono sia nelle fonti letterarie che in quelle epi-grafiche, come dimostrano i recenti lavori di De Santis 2010, pp. 160-164; Falzone 2011, pp. 20-37.

22 Pani Ermini 1989, pp. 58-87.23 Greg. I, Ep. V, 12.24 Greg. I, Epp. III, 12; IV, 36. Per alcuni confronti per tale significato del termine nel Registrum

cfr. Epp. II, 6,7 (Messina); 11,6 (Rimini). 25 Battisti 1959, pp. 655, 665.26 Cosentino 2008, p. 31, pp. 30-31.27 Cracco Ruggini 2002, pp. 99-100. Per il concetto di conversione cfr. Lewis-Rambo-

Charles- Farhadian 20052, III, coll. 1969-1974, 1969.

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II.2b - Le aree cimiteriali comunitarie sub divo

Il cimitero a cielo aperto di Agrigento occupa un’ampia fascia racchiusa all’in-terno dell’antico circuito murario, la cui estensione era limitata ad Ovest dal tempiodi Ercole e ad Est da quello della Concordia (Fig. 37). Rispetto al più ampio quadrosiciliano di testimonianze funerarie di questo tipo, la nostra realtà rappresenta unafelice eccezione per lo stato di conservazione, l’estensione e lo studio sistematico.L’intera area si articola in tre nuclei distinti topograficamente e cronologicamente,con una progressione che si può seguire da Ovest verso Est e in direzione Sud allimite del costone roccioso497. Il primo nucleo, più antico e consistente, è costituitoda due parti distribuite rispettivamente ad Ovest e a N-NE della c.d. Grotta di Fra-gapane, indagato in parte dal Griffo negli anni ’50 in occasione degli interventiper la realizzazione della Via Sacra498. I lavori ripresero a partire dal 1985 con lecampagne di scavo nell’area a NE dell’ipogeo comunitario, dove si concentranoben 95 tombe lungo i lati del corridoio di accesso (Figg. 40-41-42). E soprattuttoè stato indagato l’intero settore occidentale, esteso lungo il banco calcareniticolievemente digradante verso N-NO, composto di 35 tombe, a circa 8 metri dal-l’ambulacro499. Il limite del nucleo cimiteriale, servito dalla “via dei sepolcri”,corre a Nord lungo una fila di tombe a cassa dalle pareti lisce, definite sarcofagi,poste su un basso basamento ed orientate in senso E-O. Al momento dello scavole stesse erano già violate e strutturalmente distrutte (in rosso nella Fig. 41)500.

La più diffusa fra le tipologie tombali è la forma, a sezione trapezoidale eorientata in senso S-N, che segue la pendenza naturale del banco roccioso501.

Fig. 42.

Agrigento,

necropoli subdivo:

settore ovest

(Archivio fotogra-

fico Dip. Culture e

Società)

Ecclesia Agrigenti. Note di storia e archeologia urbana

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497 Carra 1990, pp. 391- 412.498 Griffo 1952, pp. 191-199.499 Carra 1995a, pp. 5-6, 38-39.500 Carra 1995a, p. 33.501 Da tale disposizione derivava che il capo degli inumati veniva a trovarsi nel punto a quota

maggiore e cioè a Sud o ad Ovest, cfr. Carra 1995a, p. 33.

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Rispetto al gruppo limitaneo le tombe sul piano di roccia erano per la maggiorparte sigillate da lastre di calcarenite locale, legate con malta e rivestite unifor-memente da uno spesso strato di intonaco di colore bianco502. L’apertura di alcuneformae ha consentito di assumere informazioni sul loro “uso”, ed è emerso chein più casi sono presenti deposizioni plurime503. Un piccolo numero di tombe sidispone, in senso E-O, all’interno dello spazio di risulta lasciato libero fra i sar-cofagi e le altre formae S-N (in verde nella Fig. 41)504. L’assetto distributivo e latipologia trovano stringenti confronti con la necropoli africana di Salsa a Ti-pasa505, oltre che con diversi cimiteri a cielo aperto della cuspide sud-orientaledella Sicilia506. All’interno dell’indistinta serie di formae si trovano alcune tombecon peculiari sistemi di copertura: una tomba a cupa (E-O) -T21- ancora chiusa,realizzata su uno zoccolo risparmiato direttamente sulla roccia con conci bensquadrati, su cui si imposta la particolare copertura semicircolare (in blu nellaFig. 41). A Sud di essa si trova una piccola nicchia (Fig. 43). Questa tipologia ri-chiama, come è noto, diversi contesti funerari dell’area mediterranea, dalle costenordafricane, alla Spagna, alla Sardegna e alla stessa Sicilia507. La T28 ad Est è mo-numentalizzata da un segnacolo di pietre a forma troncoconica, legato con malta ecocciopesto; un altro tumulo di pietrame alto circa m 0,40 evidenzia la T12508.

Fig. 43.

Agrigento,

necropoli subdivo:

tomba T21

“a cupa”

(Archivio fotogra-

fico Dip. Culture e

Società)

Giuseppina Schirò

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502 Le formae T3, T4, T5, T6, T7, T8, T10, T11, T14, T15, T16, T19, ancora chiuse al momentodella scoperta, sono state indagate. È stato effettuato il prelievo osteologico per analisi paleoan-tropologiche e paleonutrizionali, cfr. Carra 1995a, p. 34, n. 6; Rocco 1995, pp. 328-356.

503 Per esempio T11 e T15, Carra 1995a, pp. 36-37. Per l’impiego del termine “uso” in ambitofunerario cfr. Cavada 1998, p. 124, tab. 1. In alcuni casi la presenza di consanguinei in una stessatomba lascia pensare a sepolture familiari, Carra 1995a, p. 41.

504 Carra 1995a, p. 33, si tratta delle T11, T17, T18, T26.505 Christern 1968, pp. 193-258; Février 1970, pp. 191-195; Bouchenaki 1975.506 Carra 1995a, p. 40.507 La tomba non è stata indagata per preservarne la struttura architettonica, cfr. Carra 1995a,

pp. 34, 37. Per le diverse regioni chiamate a confronto si rimanda a Giuntella et alii 1985, pp.31-33; (Cornus) Bernabò Brea 1988, p. 96 (Lipari, Predio Zagami); Pelagatti-Di Stefano 1999,pp. 25-26, fig. 10a (Kaukana); e di recente Vitale 2012, pp. 91-93 (Sabratha). In generale, per laparticolare tipologia, che ad Agrigento trova confronti nella tomba addossata all’edificio funerarioabsidato sito nella zona del Vallone S. Biagio, si vedano i contributi di Bacchielli 1986, pp. 303-319; Baratta 2006, pp. 1669-1681; Romanò 2009, pp. 149-217.

508 Carra 1995a, p. 34. Questo tipo di copertura si ritrova nella necropoli sarda di Cornus, e inSicilia in quella di c.da S. Agata nel territorio di Piana degli Albanesi (PA): cfr. Giuntella et alii

1985, pp. 17, 25; Greco et alii 1991, pp. 163-165.

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È da segnalare infine la disposizione in gruppo di tre formae - T19, 20, 22 - ilcui rivestimento di intonaco delle lastre di copertura circoscrive una superficieomogenea funzionale alla deposizione del corredo rituale per l’espletamento delrefrigerium509. La lastra di copertura della T19 presenta un foro di condotta idricain corrispondenza del petto dell’inumato, funzionale alla libagione510. Lungo illato orientale vi è un breve muro su cui è posto il segnacolo della T22 che assumeil profilo di una piccola nicchia per le offerte (in viola nella Fig. 41; Fig. 44)511.

Il settore testé descritto, sulla base dei materiali recuperati nelle campagnedi scavo, si è impiantato fra il terzo venticinquennio del III sec. d. C. e l’etàcostantiniana512. I materiali ceramici e vitrei, rinvenuti all’esterno delle tombe,

Fig. 44.

Agrigento,

necropoli subdivo: T22

(da Agrigento

1995)

Ecclesia Agrigenti. Note di storia e archeologia urbana

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509 Anche in questo caso le tombe non sono state indagate: Carra 1995a, pp. 34, 37.Una situa-zione analoga è documentata per le tombe 34-35-36 del cimitero tardo antico sub divo di PredioZagami, a Lipari: Meligunìs Lipára VII, p. 28, tavv. IV, 2; XV, 1.

510 Per la tomba cfr. Carra 1995a, p. 36; per il dispositivo rituale cfr. Stasolla-Marchetti 2010,p. 132.

511 Carra 1995a, pp. 34, 37, fig. 9.512 Per altri contesti cimiteriali precostantiniani a carattere misto nell’isola si vedano la realtà

siracusana (Vigna Cassia, S. Maria del Gesù, primo impianto di S. Lucia): Agnello 1954, pp. 7-60; 1957, pp. 235-243; 1971, pp. 25-54; Greco 1999; quella lilibetana (Corso Gramsci): Carra1993-1994, pp. 1457-1464; 2003b, pp. 821-827; Giglio 2007, pp. 1793-1794.

Page 14: Ecclesia Agrigenti. Note di storia e archeologia urbana

avvalorano l’ipotesi sull’espletamento del rituale del refrigerium513. Fra i vetri èpresente vasellame da mensa (bottiglie, bicchieri, coppe), prodotto in vetro sof-fiato trasparente, dalle pareti molto sottili, nei colori azzurro, verde e giallo-ver-dognolo, vetri conici, forse lampade sospese dentro un anello metallico e lucernetroncoconiche su base apoda, con minuscole anse verticali al di sotto dell’orlo514.Le forme documentate si attribuiscono al IV-V sec., alcune di importazione dalVicino Oriente, dalla Gallia e dall’Africa515. La produzione ceramica, presentecon diverse classi, rappresenta un importante indicatore delle linee di scambiodei traffici nell’area mediterranea che facevano tappa ad Agrigento attraverso ilsuo scalo sulla costa516. I reperti numismatici confermano il suddetto arco crono-logico, si tratta infatti di esemplari bronzei circolanti fra IV-V sec.: dagli antoni-niani di Tetrico I, di modulo ridotto e peso leggero, stile barbaro (III-IV sec. inSicilia), ai folles di Costantino nei tipi PROVIDENTIAE CAESARUM e GLO-RIA EXERCITUS, emessi dalle zecche di Roma e Costantinopoli fra il 326-327d.C. Il gruppo più consistente è quello delle monete di Costanzo II, del tipo FELTEMP REPARATIO, con l’imperatore che si avventa sul nemico caduto da ca-vallo517. Il dato temporale più basso è fornito dalla presenza di alcuni AE4 di Teo-dosio I, di Arcadio ed Onorio, delle serie SALVS REIPVBLICAE (388-395),SPES ROMANORUM (392-394), SALVS REIPVBLICAE (423-425), e dai mi-nimi di V secolo. L’ultimo momento di frequentazione viene posto pertanto nel

corso della prima metà del V sec., caratteriz-zato da una forte discontinuità documentataanche da uno spesso strato di bruciato518. Vigenella necropoli il più assoluto anonimato e lasemplicità nelle deposizioni dei defunti, nonsono stati rinvenuti infatti titoli epigrafici osimboli riferibili all’orizzonte cristiano519; ne-anche oggetti appartenenti al corredo perso-nale degli inumati, eccetto l’orecchino acerchio aureo di forma circolare, con chiusuraa gancio e perlina passante di pietra leggera odi osso rivestita in oro, proveniente dalla

T10520 (Fig. 45) e databile sulla base dei confronti con esemplari rinvenuti in altricontesti cimiteriali siciliani (Sofiana, Salemi) al V secolo521.

Fig. 45.

Agrigento,

necropoli subdivo:

orecchino aureo

dalla T10

(da Agrigento

1995)

Giuseppina Schirò

92

513 Per i materiali cfr. Ardizzone 1995; Carra 1995a, pp. 141-190; 207-235; Lima 1995, pp.237-292. In generale, sull’argomento si vedano Spera 2005, pp. 26-32; De Santis 2008, p. 4537;Rubio Navarro 2008, pp. 4477-4479 e la relativa bibliografia di riferimento.

514 Esemplari simili a Cornus, databili fra IV-V secolo, cfr. Giuntella et alii 1985; Giuntella1990; 1999.

515 Ardizzone 1995, pp. 126-140.516 Cfr. infra III - “L’Ẻμπορῖον”.517 Macaluso 1995, pp. 303-323; 2007, pp. 310, 316, tabella 17. 518 Carra 1995a, p. 33, n. 1.519 Carra 2008, pp. 222-223.520 Ardizzone 1995, pp. 294, 299, nr. 85.602, tav. XVIII, 8.521 Orsi 1942, p. 146, tav. XI, 6; Bonomi 1964, p. 194, fig. 30; Carra 1984, p. 23, nr. 23. Un

esemplare simile al nostro, ma con un vago passante di pasta vitrea, proviene dalla necropoli pu-gliese della Masseria Basso nel territorio di Canne, cfr. Campese Simone 2003, p. 110, fig. 75.