(eBook - Ita - Filosofia) Machiavelli E Spinoza

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La questione del rapporto di Machiavelli e Spinoza è stata per quasi due secoli presa in considerazione solo in termini negativi, per lo più dal- l’apologetica cattolica e riformata, ed è poi per tutto il Novecento rima- sta ai margini dell’imponente lavoro filologico e critico dedicato all’o- pera di Spinoza: si trovano assai più accenni ad una via da percorrere piuttosto che vere e proprie ricerche. Il primo ad occuparsene agli inizi del secolo fu Menzel che, pur sottolineando la grande importanza del pensiero machiavelliano nella costituzione della teoria politica del TP (non però del TTP, sul quale non rileva alcuna influenza di Machiavelli) 1 , non è andato oltre l’analisi delle due citazioni dirette 2 e l’enfatizzazio- ne di una comune Methode der Darstellung antiutopistica. Questo secon- do aspetto diverrà luogo comune degli studi italo-tedeschi tra le due guerre, alla cui fascinazione non sapranno sottrarsi Maggiore 3 , Sola- INTRODUZIONE 1 «[…] hat kein Politiker auf die Staatslehre Spinoza’s mächtiger eingewirkt als Machiavelli» (A. Menzel, Machiavelli und Spinoza, «Grünhuts Zeitschrift für das Privat und Öffentliches Recht der Gegenwart» 29 (1902), p. 567); «[…] in [TTP] noch keine Spur einer Einwirkung Machiavelli’s zu finden ist» (ivi, p. 571). 2 Esclusivamente all’analisi della prima delle due citazioni è dedicato l’articolo di Villa, il cui nucleo interpretativo risiede nella demarcazione dell’interpretazione spino- ziana del Principe da quella di tradizione repubblicana (Rousseau, Alfieri, Foscolo). Non dunque un’opera in cui si finge di insegnare ai re, per istruire in realtà il popolo, bensì la teoria delle condizioni di fatto tanto della tirannide quanto della libertà: «Come determinate cause creano la tirannide – scrive Villa –, così altre portano neces- sariamente alla libertà. La libertà è dimostrata possibile: ecco la massima apologia e glo- rificazione che di essa si possa fare e che il Machiavelli fece con profondità mirabile. In ciò consiste il merito del Machiavelli e, oso dire, anche il vero fine di tutta l’opera sua» (E. Villa, Di un giudizio dello Spinoza su Machiavelli, «Athenaeum» 7 (1919), 4, p. 195). 3 G. Maggiore, Due anniversari (Machiavelli e Spinoza), «Critica fascista» 5 (1927), 11, pp. 207-209.

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La questione del rapporto di Machiavelli e Spinoza è stata per quasi duesecoli presa in considerazione solo in termini negativi, per lo più dal-l’apologetica cattolica e riformata, ed è poi per tutto il Novecento rima-sta ai margini dell’imponente lavoro filologico e critico dedicato all’o-pera di Spinoza: si trovano assai più accenni ad una via da percorrerepiuttosto che vere e proprie ricerche. Il primo ad occuparsene agli inizidel secolo fu Menzel che, pur sottolineando la grande importanza delpensiero machiavelliano nella costituzione della teoria politica del TP(non però del TTP, sul quale non rileva alcuna influenza di Machiavelli) 1,non è andato oltre l’analisi delle due citazioni dirette 2 e l’enfatizzazio-ne di una comune Methode der Darstellung antiutopistica. Questo secon-do aspetto diverrà luogo comune degli studi italo-tedeschi tra le dueguerre, alla cui fascinazione non sapranno sottrarsi Maggiore 3, Sola-

INTRODUZIONE

1 «[…] hat kein Politiker auf die Staatslehre Spinoza’s mächtiger eingewirkt alsMachiavelli» (A. Menzel, Machiavelli und Spinoza, «Grünhuts Zeitschrift für das Privatund Öffentliches Recht der Gegenwart» 29 (1902), p. 567); «[…] in [TTP] noch keineSpur einer Einwirkung Machiavelli’s zu finden ist» (ivi, p. 571).

2 Esclusivamente all’analisi della prima delle due citazioni è dedicato l’articolo diVilla, il cui nucleo interpretativo risiede nella demarcazione dell’interpretazione spino-ziana del Principe da quella di tradizione repubblicana (Rousseau, Alfieri, Foscolo).Non dunque un’opera in cui si finge di insegnare ai re, per istruire in realtà il popolo,bensì la teoria delle condizioni di fatto tanto della tirannide quanto della libertà:«Come determinate cause creano la tirannide – scrive Villa –, così altre portano neces-sariamente alla libertà. La libertà è dimostrata possibile: ecco la massima apologia e glo-rificazione che di essa si possa fare e che il Machiavelli fece con profondità mirabile. Inciò consiste il merito del Machiavelli e, oso dire, anche il vero fine di tutta l’opera sua»(E. Villa, Di un giudizio dello Spinoza su Machiavelli, «Athenaeum» 7 (1919), 4, p. 195).

3 G. Maggiore, Due anniversari (Machiavelli e Spinoza), «Critica fascista» 5 (1927),11, pp. 207-209.

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ri 4, Ravà 5, Strauss e Gebhardt: la polemica di TP I, 1 sarebbe dunque di-rettamente ispirata dai celebri passaggi del Principe sulla verità effettuale.La sola nota di novità nell’analisi di questo tema è introdotta da Straussche nel suo celebre Religionskritik Spinozas als Grundlage seiner Bibelwis-senschaft rileva una differente tonalità nella polemica antiutopistica deidue autori: lucida e fredda quella di Machiavelli, che combatte l’utopianei suoi effetti esclusivamente pratici, dura e sarcastica quella di Spinoza,che la combatte in nome della filosofia e secondo un’attitudine fonda-mentalmente impolitica 6. Ma la discussione è esaurita da questo aspetto.Viene toccato in primo luogo il tema della concezione della virtù: tantoMaggiore quanto Ravà 7 mettono in rilievo l’influenza del concetto ma-chiavelliano sulla teoria spinoziana della virtus sive potentia, nel primonon senza un afflato di chiaro stampo fascista 8. In secondo luogo il temadella datazione dell’incontro Spinoza-Machiavelli: Ravà, sviluppando un’in-tuizione di Guzzo, si oppone alla tesi di Menzel di una limitazione del-l’influenza di Machiavelli al solo TP cogliendola invece all’opera già neicapitoli sulla storia ebraica del TTP 9. Il lavoro di Gebhardt, la Einleitung

zu den beiden Traktaten, fa il punto dei risultati raggiunti da questi studi:nell’inventario delle fonti delle due opere propone il primo scarno e lar-gamente incompleto elenco dei passaggi spinoziani ispirati a Machiavelli,senza peraltro dedicare al problema alcuna riflessione critica 10.

Dopo un lungo periodo intervallato dal libro di Gallicet Calvetti, chesarà preso in considerazione tra breve, una rinascita dell’interesse per ilmachiavellismo di Spinoza si deve al marxismo italo-francese di fine seco-lo. Alexandre Matheron, autore di importanti studi su Spinoza a cavallodegli anni Sessanta, ha mostrato come TP I, 2 sia riferito ai «machiavé-liens ordinaires» 11 e non al vero insegnamento di Machiavelli che è diportata assai più vasta 12. Egli ritiene che, attraverso un sovvertimento ra-dicale tanto della posizione dei filosofi quanto di quella dei politici (espo-ste nei primi due paragrafi di TP I), Spinoza oltrepassi il dilemma filoso-fia-politica, producendo un vero e proprio changement de terrain. Spino-za respinge la filosofia, in quanto produce una politica utopica, e inquanto alla politica, «conformément sans doute à l’enseignement de l’au-thentique Machiavel, fait apparaître les arcana ‘machiavéliens’ commedes recettes pragmatiques dérisoires» 13. Di una continuità tra il pensierodi Machiavelli e quello di Spinoza parla anche Laurent Bove, allievo diMatheron, prendendo in considerazione i concetti di prudenza, virtù enecessità nel filosofo olandese. Sulla falsariga della tesi interpretativa delsuo libro sulla teoria del conatus in Spinoza, Bove ritiene che «la lecturede Machiavel [confirme] pour Spinoza l’identification de l’essence ac-tuelle (le conatus) et d’une logique de l’existant s’efforçant de durer, quiest celle d’une dynamique stratégique déterminée d’affirmation et de ré-sistance» 14.

4 G. Solari, La dottrina del contratto in Spinoza, «Rivista di filosofia» 17 (1927), pp.317-353, poi in La filosofia politica, vol. I, Bari, Laterza, 1974, pp. 195-250.

5 A. Ravà, Un contributo agli studi spinoziani. Spinoza e Machiavelli, in Studi filoso-fico-giuridici dedicati a G. Del Vecchio, tomo II, Modena, Società tipografica modenese,1930, pp. 299-313, poi in Studi su Spinoza e Fichte, Milano, Giuffrè, 1958, pp. 91-113.Ravà fa nel debutto dell’articolo una affascinate promessa, che tuttavia non mantienenelle analisi successive: «Machiavelli – scrive – è una delle fonti principali del pensieropolitico di Spinoza, e non di quello politico soltanto» (ivi, p. 91, corsivo mio).

6 «Er bekämpft die Utopien also nicht so sehr im Interesse der Politik als im Inte-resse der Philosophie» (L. Strauss, Religionskritik Spinozas als Grundlage seiner Bibel-wissenschaft, Berlin, Akademie-Verlag, 1930, p. 220).

7 Ravà propone un parallelismo tra la virtù machiavelliana e la potentia spinozianaintendendole «come compendio delle attitudini di una persona alla riuscita nei contra-sti sociali» (A. Ravà, Un contributo agli studi spinoziani. Spinoza e Machiavelli cit., p.105).

8 «C’è qui altro che non sia implicito nel concetto di virtù del Machiavelli? La virtùè, per questi, azione, operazione, libertà in atto. E però lontano dalla virtù greca che,quando non venne confusa con la fredda saggezza, con la voluttà e l’apatia, stette a si-gnificare il giusto e temperato equilibrio tra due termini. Per essere virtuosi non bastaessere saggi, riposarsi sulle buone intenzioni, starsene in bilico tra il bene ed il male sul-l’orlo di un pensiero quasi pauroso di traboccarsi in azione; bisogna battersi contro lafortuna, ed osare, aggrapparsi a qualsiasi mezzo pur di raggiungere il fine, e guardare infaccia il male, invece di nascondere il viso al suo cospetto, per vincere e trasfigurarlo inbene» (G. Maggiore, Due anniversari (Machiavelli e Spinoza) cit., p. 208).

9 «Lo stesso Menzel, che ha studiato ex professo i rapporti tra Machiavelli e Spino-za, sostiene che l’influenza del fiorentino si fece sentire solo negli ultimi scritti di Spi-noza, e particolarmente sul TP, mentre nel TTP non ve ne sarebbe ancora traccia. Ep-pure a chi conosce sul serio i Discorsi, l’intero TTP appare come un tentativo di spiega-re le vicende del popolo ebreo, e trarne conclusioni politiche, col medesimo spirito di

indagine obiettiva con cui Machiavelli ha studiato la storia del popolo romano» (A.Ravà, Un contributo agli studi spinoziani. Spinoza e Machiavelli cit., p. 103). A. Guzzo inun’opera del 1924, riguardo alla storia del popolo ebraico presente nel TTP, avevascritto: «Qui lo Spinoza fa una serie di osservazioni acutissime e felicissime, che risento-no di una lettura accurata degli storici latini, Tacito specialmente, e del nostro Machia-velli» (A. Guzzo, Il pensiero di Spinoza, Firenze, La Nuova Italia, 1924, 19642, 19803, p.403).

10 C. Gebhardt, Einleitung zu den beiden Traktaten, in G, Band V, pp. 242-243.11 A. Matheron, Spinoza et la décomposition de la politique thomiste. Machiavélisme

et utopie, «Archivio di filosofia» (Lo spinozismo ieri e oggi) 47 (1978), 1, p. 43.12 «Il n’est pas question, bien entendu, de réduire Machiavel à ce squelette: si ces

différents traits sont effectivement revendiqués par lui, il les intègre, encore une fois,dans un ensemble beaucoup plus vaste; Spinoza le sait, qui laisse en suspens la questiondu sens véritable de l’œuvre du Florentin, y compris du Prince» (ivi, p. 49).

13 Ivi, p. 59.14 L. Bove, Le réalisme ontologique de la durée chez Spinoza lecteur de Machiavel, in

L. Bove (textes réunis par), La ‘recta ratio’. Criticiste et spinoziste?, Paris, Presses del’Université de Paris - Sorbonne, 1999, p. 49.

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Pervase da una sensibilità più teorica che storico-filosofica, le letturemarxiste di Negri e di Althusser, tese a individuare una tradizione di pen-siero materialistico e rivoluzionario, danno luogo a una perfetta simme-tria oppositiva. Negri nell’Anomalia selvaggia prima e nel Potere costi-tuente poi individua nella linea Machiavelli-Spinoza-Marx la tradizioneumanistica e rivoluzionaria che si oppone all’ideologia borghese domi-nante nel mondo moderno 15. Althusser in alcuni scritti postumi tratteg-gia invece una corrente sotterranea del materialismo, che egli definiscedell’incontro o aleatorio, in cui Machiavelli, Spinoza, Marx ed altri autorirappresentano una tradizione antiumanistica, in cui la realtà è pensata aldi fuori di ogni ordine teologico o teleologico e, per ciò stesso, di ogni le-gittimazione dell’esistente 16. Ad un allievo spagnolo di Althusser, Ga-briel Albiac, autore di un fondamentale studio sulle fonti marrane dellospinozismo, dobbiamo l’analisi di uno dei modi in cui questa correntesotterranea può essersi trasmessa. Nei testi di Abraham Pereira, tendentia ricostruire l’ortodossia rabbinica dopo due secoli di marranismo, Ma-chiavelli appare come il nemico giurato che fa della religione una puracouverture fonctionnelle de la domination 17. Proprio nel distaccarsi dalla

comunità ebraica di Amsterdam, Spinoza può aver fatto appello a questonemico giurato di ogni religione radicalizzandone la teoria: in questa pro-spettiva infatti «le chemin pour la formulation d’une conception rigou-reusement matérialiste de [la] virtù demeure ouvert. Après Machiavel,Spinoza est à l’affût. Avec lui s’opère la décomposition finale du princechrétien – et aussi du sujet, qui est son ombre» 18.

Tra questi due periodi si situa la ricerca di Carla Gallicet Calvetti,studiosa del pensiero spinoziano di orientamento cattolico e autrice dellasola monografia dedicata a questo tema nel XX secolo, Spinoza lettore delMachiavelli. Lo studio, che ha l’indiscusso merito di ampliare la rilevazio-ne dei punti di concordanza tra i due autori rispetto al lavoro di Geb-hardt, prende le mosse da un duplice presupposto interpretativo che necostituisce forse il limite più evidente: in primo luogo che l’influenza diMachiavelli su Spinoza sia rilevabile solo ad un livello politico e che pro-prio questa influenza del metodo della verità effettuale produca una frat-tura tra la politica e la metafisica 19; in secondo luogo che il rapporto sialeggibile nei termini di un inveramento 20.

Questa marginalità della questione Machiavelli-Spinoza rispetto allelinee fondamentali della ricerca spinoziana deve essere spiegata. È veroche, se si eccettuano le due lunghe citazioni del TP, nulla sembra collega-re il politico Machiavelli e il metafisico Spinoza. Ma la stessa prossimitànella teoria politica, segnalata esplicitamente dai due lunghi passi del TP,è restata a lungo in secondo piano nella considerazione della critica se pa-ragonata, per esempio, all’attenzione mostrata nell’analisi dei rapporticon Hobbes 21 ma anche con il giusnaturalismo in genere, in fondo allo

15 «La storia del pensiero moderno deve essere vista come problematica della nuo-va forza produttiva. Il filone ideologicamente egemone è quello funzionale allo svilup-po della borghesia: esso si piega nell’ideologia del mercato, nella forma determinata im-posta dal nuovo modo di produzione. Il problema è, come abbiamo ampiamente dimo-strato, l’ipostasi del dualismo del mercato nel sistema metafisico: da Hobbes a Rous-seau, da Kant a Hegel. Questo è dunque il filone centrale della filosofia moderna: la mi-stificazione del mercato diviene utopia dello sviluppo. Di contro la rottura spinoziana,– ma già, prima, quella operata da Machiavelli, poi, quella sancita da Marx. La disuto-pia del mercato diviene in questo caso affermazione della forza produttiva come terre-no di liberazione. Non insisterò mai a sufficienza su questa alternativa immanente epossibile nella storia del pensiero occidentale: essa è segno di dignità, quanto l’altra ten-denza è suggello d’infamia» (A. Negri, L’anomalia selvaggia. Saggio su potere e potenzain Baruch Spinoza, Milano, Feltrinelli, 1982, p. 255).

16 L. Althusser, Le courant souterrain du matérialisme de la rencontre, in Ecrits phi-losophiques et politiques, textes réunis et présentés par F. Matheron, tome I, Paris,Stock/Imec, 1994, pp. 539-576; L’unique tradition matérialiste, «Lignes» 18 (1993),janvier, pp. 71-119.

17 «C’est, avant tout, la volonté d’ériger la politique – chez Machiavel – en discipli-ne théorique, en marge des prétentions moralisantes ou des fondements transcendants,ce qui apparaît comme le péril qu’il faut écarter. La réduction de l’étude de la politiqueà une analytique des mécanismes du pouvoir, en fonction de leur stricte fonctionnalité,dans la mesure où elle exclut des processus historiques toute présupposition d’orienta-tion téléologique, laisse dans une situation difficile – il faudrait plutôt dire qu’elle ba-laie, fait disparaître pour toujours de l’horizon théorique – le vieux problème des di-mensions éthiques de l’acte de pouvoir: le bien et le mal font définitivement leur valiseset cèdent leur fortification théorique définitivement détériorée, à la dynamique subtiledes jeux de force et de domination. La virtù qui consiste à ‘conoscere i tempi e l’ordine

delle cose e accomodarsi a quello’ n’a plus aucun lien avec la tradition chrétienne; et,certainement, non plus avec aucune autre tradition sotériologique: il ne reste aucuneautre option, dans le terrain du pouvoir, que celle d’annihiler ou d’être annihilé. Virtùne veut dire que potenza. Tout le reste n’est que servitude» (G. Albiac, «Recuperar lopassado». L’axe épicurisme/machiavélisme dans l’histoire apologétique d’Abraham Pe-reyra, «Archives de Philosophie» 51 (1988), 1, p. 39).

18 Ivi, p. 52.19 «Ci sembra […] che, se in sede metafisica l’umana creatura, geneticamente con-

giunta alla divina sostanza e recante quindi le stigmate del divino, denuncia tuttavia unaspeciale degradazione del divino rappresentata appunto dalle ‘proprietà’ degli uominiesistenti, in sede politica poi tale degradazione assuma una più precisa fisionomia e ri-mandi ad una valutazione etica, non esente da ‘accorgimenti’ machiavellici» (C. Galli-cet Calvetti, Spinoza lettore del Machiavelli, Milano, Vita e Pensiero, 1972, p. 54).

20 «Il machiavellismo di Spinoza […] assume una fisionomia originale che rappre-senta talora la rielaborazione singolare del pensiero del politico italiano, talaltra il supe-ramento della sua posizione, talaltra ancora una specie di inveramento delle stesse con-vinzioni del Machiavelli in funzione dei propri assunti» (ivi, p. 65).

21 Cfr. M. Bertman - H. De Dijn - M. Walther (edited by), Hobbes and Spinoza,«Studia Spinozana» 3 (1987), pp. 21-347; D. Bostrenghi (a cura di), Hobbes e Spinoza.

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1716 INTRODUZIONE INTRODUZIONE

Scienza e politica, introduzione di E. Giancotti, Napoli, Bibliopolis, 1992; E. Giancotti,Studi su Hobbes e Spinoza, a cura di C. Santinelli - D. Bostrenghi, Napoli, Bibliopolis,1995; P. Di Vona, Aspetti di Hobbes e Spinoza, Napoli, Loffredo, 1990. Da ultimo Ch.Lazzeri, Droit, pouvoir et liberté. Spinoza critique de Hobbes, Paris, PUF, 1998.

22 Questa lacuna è stata in parte colmata dal numero speciale Spinoza, Epicure, Gas-sendi degli «Archives de Philosophie» 57 (1994), 3 e da F. Barbaras, Spinoza et Demo-crite, in F. Chiereghin - P.-F. Moreau - G. Vokos (édité par), Spinoza and ancient philo-sophy, «Studia Spinozana» 12 (1996), pp. 12-27.

23 Cfr. G.W.F. Hegel, Wissenschaft der Logik, Erster Band: Die Objective Logik, inGesammelte Werke, Band 11, herausgegeben von F. Hogemann - W. Jaeschke, Ham-burg, Meiner, 1978, pp. 376-378. Nell’Enzyklopädie Hegel sintetizza in poche righe ilcuore della sua lettura di Spinoza: «[…] a prescindere dal fatto che Spinoza non defini-sce Dio come unità di Dio e del mondo, bensì come unità del pensiero e dell’estensione(del mondo materiale), quest’unità, perfino quando viene presa in quel senso del tuttoidoneo, implica che nel sistema spinoziano è piuttosto il mondo ad essere definito sol-tanto come un fenomeno a cui non spetta realtà effettiva [als ein Phänomen, dem nichtwirkliche Realität zukomme], per cui questo sistema va considerato piuttosto come aco-smismo» (G.W.F. Hegel, Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grun-drisse, in Gesammelte Werke, Band 20, herausgegeben von W. Bonsiepen - H.-Ch. Lu-cas, 1992, p. 89, trad. it. Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, parte prima:La scienza della logica, a cura di V. Verra, Torino, UTET, 1981, p. 212).

stesso modo in cui non si è posta attenzione, se non negli ultimi anni, allasola corrente del pensiero antico per la quale Spinoza prende apertamen-te partito, l’atomismo 22. La possibilità poi di mostrare l’esistenza di unrapporto propriamente filosofico tra i due pensieri è stata solo suggeritada qualche critico e dunque al riguardo non si trovano che fuggevoli os-servazioni, frutto dell’intuizione più che della ricerca.

L’assenza di un’interrogazione di testi che nella loro stessa materialitàsembrano sollecitarla risulta, mi sembra, da rapporti di forze che attra-versano le interpretazioni di cui sono l’oggetto. Una potente interpreta-zione generale è infatti capace di eliminare la possibilità di una questioneparticolare, riducendo le tracce materiali, a partire da cui avrebbe potutoessere posta, al reperto di una diligente filologia. Ora, non è difficile i-dentificare nell’immagine romantica e, in particolare, hegeliana di Spino-za la causa d’una tale esclusione. In effetti è proprio Hegel che nella Wis-senschaft der Logik e nell’Enzyklopädie fissa le linee interpretative del pen-siero spinoziano per l’avvenire 23: questo vi è analizzato come una filoso-fia dell’infinito, in cui il passaggio al finito non è che verschwinden, dile-guarsi, e non aufheben, cioè superamento dialettico; una filosofia del-l’eternità senza temporalità, e dunque senza storia e senza politica; una fi-losofia di cui la malattia di Spinoza, la tisi (Schwindsucht, cioè, etimologi-camente, tendenza a scomparire), è il simbolo. Per lungo tempo questapotente ombra gettata sulla filosofia spinoziana dallo alles zermalmendesistema hegeliano ha orientato la ricerca della storiografia accademica ed

è stato necessario attendere gli anni Sessanta per veder emergere unaprospettiva nuova negli studi spinoziani. A quell’epoca i lavori svolti inparticolare da Gueroult, Matheron e Deleuze produssero un cambiamen-to nei rapporti di forza che compongono il campo delle interpretazionispinoziane, in un primo momento solo in Francia, poi in gran parte del-l’Europa. Per quanto riguarda il mio lavoro però, la pagina di gran lungapiù importante è quella, abbacinante e oscura, che Althusser dedica aSpinoza nelle prime pagine di Lire «Le Capital»:

Pensando al fatto che Spinoza, che per primo ha posto il problema delleggere, e conseguentemente dello scrivere, sia stato anche il primo almondo a proporre contemporaneamente una teoria della storia e unafilosofia dell’opacità dell’immediato; al fatto che in lui per la prima vol-ta al mondo un uomo abbia così saldato l’essenza del leggere e l’essen-za della storia in una teoria della differenza tra l’immaginario e il vero,possiamo capire come necessariamente Marx sia divenuto Marx solofondando una teoria della storia e una filosofia della distinzione storicatra l’ideologia e la scienza e come in ultima analisi questa fondazione sisia sostanziata nella lacerazione del mito religioso della lettura. 24

Questo détour althusseriano attraverso Spinoza permette di leggere se-condo una prospettiva del tutto nuova la teoria spinoziana del finito, nonpiù riducibile alla manifestazione universalizzata della noluntas schopen-haueriana. Metafisica e politica sono pensate l’una nell’altra in una teoriadella storia elaborata a partire dalla distinzione tra vero e immaginario,essa stessa resa possibile da un’analisi del discorso biblico come senso enon come verità. In questa prospettiva la questione del rapporto Spino-za-Machiavelli diventa centrale, se solo si pone mente al fatto che Spino-za riprende la distinzione tra immaginazione della cosa e verità effettualedal capitolo XV del Principe.

Certo Machiavelli non è un filosofo in senso stretto, è un pensatorepolitico. Ma, riprendendo una volta di più le indicazioni di Althusser diEst-il simple d’être marxiste en philosophie?, ho cercato dietro la politicadi Machiavelli la sua filosofia, ritrovando per quella via, in un circolo vi-zioso o virtuoso, la filosofia di Spinoza o almeno una sfumatura nuovadella filosofia spinoziana, cioè un nuovo modo di confrontarsi con la ma-terialità dei suoi testi. Ben inteso, una tale ricerca non pretende di essereil confronto oggettivo di due pensieri dati come totalità in sé conchiuse.È attraverso il passaggio continuo dall’uno all’altro, ciascuno preso in

24 L. Althusser et al., Lire «Le Capital», Paris, PUF, 19963, p. 8, trad. it. parziale,Leggere «Il Capitale», a cura di R. Rinaldi - V. Oskian, Milano, Feltrinelli, 1968, pp. 16-17.

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considerazione nella materialità di ogni frammento, che ho cercato unarisposta alle domande che ho posto. Domande che non sono puramentestoriografiche: nello Zwischen, che allo stesso tempo separa e lega i dueautori trattati, ho cercato i mezzi per pensare la storia indipendentementeda ogni filosofia della storia ma anche dalla stanca canzone della sua as-senza, intonata dal nichilismo.