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8/14/2019 (eBook - Ita - Filosofia La Logica Origin Aria in Heidegger
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La logica originaria in Heidegger
di Massimo Vignola
Facolt di Filosofia
Universit di Roma "La Sapienza"
Relatore: Paolo Vinci
Correlatore: Edoardo Ferrario
Anno accademico: 2004-2005
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La logica originaria in Heidegger
Indice:
1 - Introduzione .................................................................................................................. 2
2 - Il nella filosofia di Heidegger ............................................................................. 7
3 - Ordine e dovere...........................................................................................................27
3.1 Il problema della regola....................................................................................... 27
3.2 La mancanza dellessenza del regolare nella filosofia occidentale ..................... 36
4 - Il progetto di una ridefinizione del pensiero rigoroso ed il confronto con il
ragionamento normativo...................................................................................................53
5 - Logica originaria ......................................................................................................... 81
5.1 Apollineo ............................................................................................................. 82
5.2 Configurazione naturale - cosmica dellordine ................................................... 88
5.3 Ordine logico ....................................................................................................... 99
6 Conclusione .............................................................................................................. 111
Necessit.....................................................................................................................112
Bibliografia.....................................................................................................................121
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1 - Introduzione
A partire dalle opere giovanili, fino alle ultime conferenze, nel pensiero di Heidegger
emerge unistanza fortemente strutturante.
La questione di un ordine o di una regolarit si attesta con continuit, sia in modo diretto
come nellanalisi del , sia implicitamente nellarchitettura delle argomentazioni, nelle
scelte lessicali e negli ambiti semantici richiamati. Viene delineato un ordine determinante,
la cui stringenza per non risulta facilmente riconoscibile, e, comunque, non nella modalit
pi consueta di una causa efficiente: a suo riguardo una estensione generale pu essere
fraintesa con una sostanziale indifferenza, la sua preminenza e non deducibilit pu evocare
impropriamente lidea di assoluto.
Questa tesi si assume il compito di individuare ci che proprio di tale ordine, il suo tratto
caratterizzante e il senso del suo manifestarsi. Il tema della nostra analisi sar dunque la
configurazione originaria in cui lessere ed il pensiero si dispongono in base ad una
cogenza. Lattenzione verr cos rivolta alle dinamiche insite in quella nozione di
medesimo che il filosofo reputa massimamente degna di indagine nella quale, a
partire dallidealismo, non viene pi indicata la mera coincidenza delluguale ma si apre la
strada allinterpretazione di una coappartenenza, cui non sono estranee una contesa ed un
accordo.
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In virt del livello originario del tema, il significato di parole quali legge, ordine o regola
non pu essere semplicemente applicato a ci che esse devono descrivere. Di pari passo
con la chiarificazione della logica di Heidegger, infatti, i termini impiegati per definire il
tema saranno a loro volta pensati e parzialmente ridefiniti in base al loro oggetto. Gi a
livello procedurale si ha quindi a che fare con una petitio principi che segna
inequivocabilmente lo scarto rispetto al pensiero rigoroso tradizionale.
Lo stesso argomento che si intende affrontare, sebbene ad esso siano dedicati molti scritti,
e, in particolare, lilluminante corso del 44 sulla dottrina eraclitea del , non
preliminarmente del tutto acquisito. Infatti, uno studio che, come il presente, approfondisca
un aspetto allinterno di unampia impostazione di pensiero, e che quindi debba isolare una
questione nei limiti necessari ad unanalisi critica, ha bisogno di ribadire in modo esplicito i
propri presupposti. Ad imporre questa esigenza il passaggio dalla speculazione e dal
linguaggio heideggeriano ad un qualsiasi punto di vista che non si annulli nelladesione
completa alla prospettiva del filosofo. Pertanto, prima di considerare il senso della logica
originaria, bisogna comprendere in che modo si mostri un rapporto possibile tra
loriginariet da una parte ed il dover-essere che un ordine esprime dallaltra.
Il rapporto in questione sar pensato attraverso il concetto di regola o, meglio, attraverso
il regolare che rende il valore attivo del nel quale si verifica un ambiguo contatto
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tra senso e alterit. Il luogo teoretico della regola, in cui si dispiega loriginariet, si
riveler quindi essere la nozione di limite, intesa al modo greco come .
Si parla qui volutamente di luogo, seguendo la consuetudine di un tipo di pensiero
rappresentabile, nonostante Heidegger abbia scelto di percorrere con una drasticit ben nota
le vie rischiose dellimpensato, dove le etimologie alludono e danno segni incerti, e dove
frecce e grafici, che saprebbero dar conto perfino dellautorevole parola di Kant, si
dimostrano del tutto inutili. Nel pensiero del filosofo, infatti, lapprofondimento del
si rapporta alla riflessione sullo spazio, colto per a partire dal concetto di luogo che si
dischiude al soggiornare umano presso le cose. Per quanto concerne il , quindi,
avviene una localizzazione gi a livello antepredicativo, nel colpo docchio della
comprensione che pone luomo in un mondo oltre la geografia dello spazio oggettivo,
nellimplicita consapevolezza di una proggettualit in cui possibile muoversi. Il
viene pertanto interpretato, in primis, come struttura della comprensione.
Il dispiegamento del senso nella comprensione risulta tuttavia possibile solo in virt di una
disposizione strutturante che sia orientata dalla trasparenza della verit che si delinea nel
destino dellessere. Il viene quindi pensato come lordine originario dellessere stesso
e, di conseguenza, del modo in cui lessere si dona storicamente nelle varie epoche e del
rapporto tra uomo ed essere. In breve, il proprium del si raccoglie intorno al senso
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del destino: la Moira, rispetto al , esprime un condizionamento simile a
quellobbligo, a quel dover-essere, senza il quale una regola non sarebbe tale.
Nella logica originaria si radica cos un carattere di comando, nonostante valga una
reciprocit nel rapporto tra uomo ed essere nellEreignis, e nonostante lessere si dia.
Nelle stesse parole impiegate da Heidegger nellanalisi del si registra uninsistenza
su verbi quali governare ed ubbidire, nelle loro varie forme e declinazioni, e su
concetti quali legge, ordine e misura. La premessa allo studio sui pensatori aurorali,
il richiamo allapollineo, conferma, poi, ancora pi decisamente questinterpretazione.
Heidegger ha sempre manifestato lesigenza di una stringenza che orientasse il pensiero in
modo rigoroso, a partire dal progetto di unermeneutica della fatticit, quando, sulle orme
di Husserl, ha tentato di sviluppare un pensiero che fosse cogente senza essere incluso nel
modello logico scientifico e sottoposto quindi ai suoi assiomi.
Nella ricostruzione della storia del pensiero occidentale la legittimazione di una stringenza,
di un obbligo, che si distingua da quello inessenziale che vige nel paradigma onto-teo-
logico, si annuncia nellautonomia che permette al sia di provocare limposizione
della tecnica sia di portar fuori lessenziale al modo della poiesis greca. Nel modo pi
chiaro questo obbligo necessario cio radicato nella necessit dellessere viene
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tematizzato nelle ultime pagine di Introduzione alla metafisica, laddove la parabola della
metafisica viene letta in base alla delimitazione dellessere rispetto al dovere.
In conclusione, ci che si oppone alla logica tradizionale, ossia il pensiero definito dalla
logica originaria, risulter pi stringente in quanto orientato dal destino. Ed il tipo di
cogenza che si impone sar pi determinante poich, al contrario di un obbligo generico,
ininfluente come pu essere quello dellinevitabilit di un ordine pregresso essa
dipender dalla necessit dellessere.
Tale pensiero, pur rimanendo ad uno stadio preparatorio, pu essere presentato, in concreto,
attraverso i propri tratti fondamentali: in primo luogo esso non deve essere separato o
indifferente rispetto a ci che pensa, e la sua essenza deve essere poietica anzich tecnica;
viene cos ricercato un pensiero che sia rigoroso ma non oggettivo, che sia riflettente ma
non deduttivo e che sia in grado di affrontare il negativo senza superarlo, senza essere
dialettico. Un tale pensiero deve seguire un cammino senza per questo andare avanti e,
soprattutto, deve essere capace di pensare la propria origine ed il proprio altro.
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2 - Ilnella filosofia di Heidegger
Nellavvicinamento preliminare alla filosofia heideggeriana, si vuole evitare di
decontestualizzare il dallinsieme dei motivi ai quali legato, e pertanto, se possibile,
si lascer che il nostro tema dispieghi il proprio senso in base allintima necessit con la
quale viene incontrato.
Come si affaccia dunque il al pensiero della differenza?
La parola guida compare in riferimento alla comprensione, allinterpretazione e al
fondamento, ed da queste nozioni che, di conseguenza, prende lavvio il lavoro della
nostra tesi.
Il confronto con i termini chiave della filosofia presocratica, in primis la , il,il
, l e la , in un certo senso pi denso di implicazioni, ma il legame
del con il fondamento e la comprensione non verr meno neanche di fronte agli
sviluppi ultimi della domanda sullessere e allapprofondirsi della riflessione sullEreignis.
Tale riferimento pu essere, pertanto, preso come punto di partenza.
In realt linizio di unanalisi del possiede quella stessa componente di arbitrariet
insita nel voler accedere a un tutto strutturato, poich a tutto che il si collega porre
in rapporto, collegare, riferire sono infatti le sue accezioni originarie. In tale essere sotteso
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ad ogni relazione, il collegare autentico arretra sbiadendo apparentemente indifferente
alle differenze e si afferma un collegare a cui sono riconducibili sia il punto di vista
filologico che lo traduce discorso sia linterpretazione, che la logica formale ne fa,
intendendolo come lorigine ininfluente di un ramo della scienza che mira alla correttezza
formale.
A partire da queste premesse viene posta ora la domanda: cos il per Heidegger?
Come viene indicato nella conferenza omonima, in Saggi e discorsi, non si pu dire cosa
esso sia, giusto solo affermare che o , per parlarne bisogna riferirsi alla sua
attivit e non a delle eventuali propriet. Non ci si riferisce, infatti, ad una cosa, fosse
anche intangibile o generale.
Nella parola , il senso richiamato a proposito del il raccogliere.
Lego, , in latino legere, corrisponde, come parola, al nostro cogliere (lesen), cogliere delle spighe,
della legna, delluva, o anche scernere (auslese) [] Questa parola significa: porre una cosa vicino
allaltra, metterle insieme, in breve: raccogliere (sammeln); con ci le cose vengono contemporaneamente
distinte luna dallaltra.1
1Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
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Limpiego possibile, ladattabilit a pi contesti delle diverse eppure strettamente
collegate accezioni ampia. Nella lingua greca antica il termine compare in situazioni
relativamente eterogenee, se si tiene presente il significato specifico che oggi viene ad esso
attribuito. Nonostante ci si tende, in generale, ad associare alla grecit luso che della
parola si fatto nella teologia e nella filosofia successive, dando per scontata una
coincidenza nella comprensione delle diverse epoche.
In realt, piuttosto che con una coincidenza, si ha a che fare con uno sviluppo problematico,
che suscita il bisogno di capire come lantico significato abbia una continuit rispetto al
nuovo o, inversamente, in che modo sia giusto riconoscere nellinizio la premessa di quel
carattere individuabile alla fine della storia della metafisica.
Lessenza fondamentale del quindi posta in questione ripensando,
nellimpostazione invalsa, il senso dalla sua prima, decisiva manifestazione nella chiarit
del mattino.
Come si mostra il raccogliere allinterno del paradigma di pensiero occidentale? Quale
ruolo gioca nel sistema della metafisica?
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Il raccoglie ogni cosa in ci che generalmente fondato [grnded] e raccoglie ogni cosa a partire da
ci che unico giustificando la fondazione [begrndend].2
In base a questa indicazione che compare ne La costituzione onto-teo-logica della
metafisica, si pu guardare alla prima determinazione del problema, in Essere e Tempo:
qui il viene preso a tema nel suo rapporto con le nozioni, sopra presentate, di
giustificazione e fondazione.
La prospettiva da cui prende le mosse largomentazione heideggeriana quella della logica
tradizionale, ampiamente accettata ed applicata dalla filosofia. In essa, un giudizio
giustificato se formulato in conformit ad un processo corretto. Quando si ha conoscenza
di qualcosa, si asserisce, in modo giustificato, un giudizio vero, e quindi alla nostra
rappresentazione mentale corrisponde esattamente qualcosa di reale nel mondo esterno.
Ci che riceve giustificazione, in questo modo, la verit intesa come adequatio
dellintelletto alla cosa.
Contestando il presupposto della conoscenza tradizionale, vale a dire della verit come
adeguazione, Heidegger riferisce la giustificazione ad un altro modo di esprimere la verit
dellasserzione:
2 Identit e differenza, trad. di U.M. Ugazio, in aut aut, 1982, nn. 187-188, pp. 2-37, p. 34
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Ci che viene giustificato lessere scoprente dellasserzione.3
Non lesser vero tradizionale. daltronde estraneo allindagine fenomenologica,
particolarmente sentita in essere e tempo, un dualismo del tipo body/mind, cui il concetto di
verit come copia richiama. A garantire la conoscenza di qualcosa non pu essere una
corrispondenza rispetto ad una rappresentazione nel senso di unimmagine mentale o di un
processo psichico.
Il discorso del filosofo si trova gi in partenza al di qua di un dualismo, presso lente, e
nella giustificazione si deve mostrare il mostrarsi dellente, ossia lente nel come della sua
manifestazione, lente in quanto tale, lente come lo stesso di s, il medesimo. Tale
mostrare lo scoprire che giustificato in contrapposizione allesser vero scolastico -
metafisico.
Essa [lasserzione] trova la sua verifica nel fatto che lasserito, cio lente stesso, si manifesta come il
medesimo. Verifica significa: manifestarsi dellente nella sua identit. La verifica ha luogo sul fondamento
dellautomanifestarsi dellente.4
Laltro aspetto del , il fondamento, cui si allude brevemente, precede la
giustificazione: la base su cui essa viene compiuta.
3Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970 (XIV ristampa), p. 269
4Ibidem
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Il fondamento si collega alla manifestazione dellente, fonda perch d lappartenenza
dellente ad una comprensibilit, permette cio un riconoscimento in una coerenza, in una
dipendenza, gi al livello pre-predicativo dellin quanto apofantico non fonda nel senso
di istituire, di imporre una certezza positiva.
Non possibile un fuori del : la sua totalit coincide con lorizzonte umano;
unalogicit impossibile perfino nel caso in cui un Esserci rifiuti scetticamente la
conoscenza. Nella misura in cui fondare e giustificare fanno parte del modo involontario di
interpretare lessere-nel-mondo, luomo gi sempre governato dal .
Si pu indicare la necessit di appartenere alla struttura del con il Wittgenstein delle
Ricerche filosofiche, riconoscendo che il meccanismo che cerca un ordine , per cos dire,
sempre acceso. Sarebbe tuttavia un errore pensare che linvolontariet del ed il suo
essere una totalit includente definiscano o dicano molto a suo proposito: unampia
genericit potrebbe implicare unindifferenza, potrebbe essere un nome possibile dato ad un
limite mai esperito, ma il fatto che lappartenere al non inteso come un essere
incluso in un insieme geometrico, designa bens il modo pi decisivo in cui lessere-nel-
mondo articolato.
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Lasserzione, la sua struttura, lin-quanto apofantico, sonofondati nellinterpretazione e nella struttura, cio
nellin-quanto ermeneutico e, pi originariamente ancora, nella comprensione e nellapertura
dellEsserci.5
Il fondare appartiene allinterpretazione delle cose, al vederle come ci che sono e quindi,
primariamente a chi rende possibile questo processo: luomo. Vale a dire che lapertura
dellEsserci il fondamento della struttura dellasserzione.
Unapertura pu gi dare lidea di quale diverso significato di fondamento si abbia in vista,
pi simile forse ad un pericoloso essere sfondato.
Ci che nella gerarchia dei rimandi delle giustificazioni si trova al punto originario, non
quello stesso fondare a cui generalmente si lega la stabilit. Risalendo un meccanismo
stringente di deduzione, ci dovremmo arrestare nel momento in cui questo fondamento
sfondato fosse raggiunto. Laspetto pi rassicurante nella logica, il poter contare su una
certezza infrangibile, che pu sopravvivere agli uomini e che ha ricevuto una
legittimazione dai propri risultati quando stata usata dal sapere scientifico, qui affronta un
abisso. Cosa pu allora assicurare la verit, quando il modo di raggiungerla non pi un
calcolo, una deduzione o un processo esatto?
5 Ivi, p. 274 (Corsivo mio)
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In realt niente pu fornirla a buon mercato ed assicurarla, nel senso della certitudo propria
di un metodo: luomo, come sostiene Nietzsche, fa un tentativo con la verit. Si tratta di
una scommessa, in cui la posta in gioco lo stesso scommettitore, il quale garantisce in
base alla propria esistenza, nello strano modo in cui unapertura pu essere un fondamento
su cui basarsi. Il salto di cui Heidegger parla racchiude uninsicurezza fondamentale,
legata alla possibilit, tuttaltro che remota, del fallimento.
Questo coraggio dellerrore [] cio quello dellintimo sacrificio del proprio se stesso nella capacit di
ascoltare e di imparare.6
Il fatto che luomo, che non pu estraniarsi dal , possa perdersi nellerrore indica che
il stesso pu essere fallace.
Nel momento in cui il tradizionale luogo della verit appare tanto vero quanto falso, si
impone, prima di tutto, lurgenza di chiarire come bisogna intendere lesser vero e lesser
falso.
I nostri termini vero e falso, verit e falsit non coincidono con il senso che i Greci davano alle
loro espressioni - . Con queste espressioni i Greci intendono piuttosto qualcosa come: verit
uguale scoprimento o essere scoperto, e , falsit, uguale coprimento o simulazione.7
6Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 82
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La verit presupposta. Lesserci gi nella verit perch aperto e interpreta, non deve
ricomporre un dualismo ma la dimensione in cui si trova gi vera in quanto orizzonte o
sostrato, in un senso che non esclude paradossalmente la falsit di ci che vi si manifesta.
Il modo di essere vero degli enti in partenza anche falso, perch la verit, in cui ci si
muove, non trasparente: una apparenza ingannevole la dissimula senza nasconderla
completamente, rendendola del tutto separata, e la mostra nella maniera contraffatta della
parvenza.
Dunque la verit c, ma in modo travisato. Primariamente gli enti con cui si ha a che fare
si mostrano nel modo del coprimento. Ci che disponibile a portata di mano nasconde
tenacemente il proprio senso autentico e, di conseguenza, anche se si vive gi sempre nella
verit, per poterla raggiungere si impone uno sforzo, che si traduce in un sovvertimento
aggressivo del modo di interpretare ci che dato, lazione con cui ci si volge al
raggiungimento del senso autentico pu essere associata ad un furto, come Heidegger
sottolinea in riferimento allalfa privativo dell-.8
7 Ivi, p. 109
8Fink mostra questa idea radicalizzandola nella lettura del il frammento 26 di Eraclito (Luomo si accende
una luce nella notte, quando spento nelle sue possibilit di vedere): Il frammento allude allinstabile
posto delluomo fra notte e luce. E questo si rivela quando capace di schiarire [ lichten] la notte. Luomo
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Linterpretazione degli enti non pu quindi fare a meno di un continuo scavo che
nellinterpretare traccia un percorso completamente legato allio che lo compie (pu essere
un uomo come anche un popolo) e che nel fare questo conquista comunque un senso per la
prima volta, al modo di una creazione. La ricerca profonda, diretta alle cose stesse,
quando attenta alla manifestazione effettiva degli enti, scoprente.
C coprimento, invece, nel momento in cui il legame diretto con il senso si allontana, fino
a perdersi del tutto. Nellovviet generata dalla sicurezza, dal non bisogno di interrogare,
linterpretazione si cristallizza, mantenendo solo un collegamento apparente con la propria
origine.
Il mettere insieme dunque potenzialmente coprente.
Heidegger prova a chiarire la configurazione di un tale essere falso tramite lesplicitazione
di alcuni pronunciamenti aristotelici che compaiono nel De interpretazione, ricavandone
uno schema che si rivela come egli ammette ancora inadatto a cogliere la complessa
articolazione del fenomeno.
una sorta di prometeico ladro del fuoco. Dialogo intorno ad Eraclito, trad. di M. Nobile, a cura di M.
Ruggerini, Coliseum, Milano 1992, p. 229
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Il filosofo riassume quindi tre opposizioni: sintetico-diairetico, scoprente-coprente,
affermativo-negativo.
La capacit denotativa delle distinzioni si rivela limitata perch esse non sono esclusive e
quindi non permettono di spiegare in base ad una suddivisione quello a cui sono riferite.
Ci nonostante esse evidenziano alcune caratteristiche che contribuiscono a chiarire il
nostro tema nella sua generalit. I tratti della prima opposizione, in particolare,
soggiacciono alla base di tutte le altre e possono essere riscontrati tanto nella negazione e
nellaffermazione quanto nello scoprimento e nel coprimento. Viene infatti alla luce che la
e la non sono due forme ripartibili dellasserzione, ma sono
riconducibili ad ogni enunciazione, e quindi appartengono ad uno stesso ambito
[Zusammengehren] che unifica il fenomeno dellasserire.
Il mettere insieme del viene pensato attraverso il raccogliere della e
attraverso il separare del suo opposto, la , nel modo in cui Sammeln ed auslese
rientrano nel lesen.
In virt dellapprofondimento di tale dinamica interna si pu riflettere adesso sulla
apparente anomalia che si incontra nel riconoscere che c anche nella maniera del
coprimento:
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Il coprimento infatti (in quanto tale) sempre un mettere insieme (De anima, 6, 430 b 1).9
Si , tuttavia, sottolineato che
Il coprimento altrettanto quanto lo scoprimento avviene (sempre) nellambito del mettere insieme e del
separare (De interpretazione,1, 16a 12).10
Qual , dunque, il fenomeno unificante a cui lopposizione si riferisce? E come si configura
il mettere insieme unente separante rispetto a allessere vero o falso?
Si gi notato che la pienezza del mostrare nel consentita dalla contestualizzazione
dellintorno-a-che che circonda, accoglie e fonda linterpretazione; la sintesi e la
vanno allora riferite allin-quanto.
Nel comprendere siamo gi sempre oltre le cose circostanti, il coglierle quindi un
retrocedere che mette in rapporto con enti determinati nellin-quanto di ci che sono.
Riformulando allora gli interrogativi, ci chiediamo in che modo lopposizione interna al
mettere insieme possa e, ancora prima, debba riferirsi a questo comportamento
fondamentale dellesserci, definito come un retrocedere verso quel che viene in contro
trattenendosi gi sempre nel punto da cui provengono il significare ed il comprendere:
9Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 91
10Ibidem
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Ci da cui proviene il significato devessere condotto al che-cosa della significazione e collegato con esso
(), condurre e collegare in cui nel contempo incluso che la provenienza del significare e la cosa da
significare siano presi separatamente e debbano restare separati nel compimento della significazione. Questo
collegare [Zusammensetzen] e questo condurre [Zusammenbringen] sono possibili solo nel tener-separati
[Auseinanderhalten], e, allinverso, il tener-separati stesso a sua volta possibile solo come questo
determinato tener-separati in un inafferrabile tener-insieme [Zusammenhalten]. Si vede quindi come il
significare di fatto si possa cogliere grazie alla struttura di in-quanto con laiuto delle determinazioni formali
della e della .11
Gli enti possono non essere interpretati nel modo giusto quando si contravviene allordine
di aggregazione in cui compaiono, in base alla loro natura, un modo, questo, di chiudersi,
rifiutandone losservazione.12 Ma gi il pi semplice comprendere, pu essere vittima di un
errore, fraintendendo, in accordo con la coerenza dellin-quanto, lapparire di un ente con
un altro, dato che si comprende sempre, in un modo o nellaltro, perfino quando si
comprende di non aver compreso.
11 Ivi, p. 100
12(Met. 10, 1051 b 2-5) Questo per, ossia lo scoprimento e il coprimento, consiste in riferimento alle
cose essenti nel fatto che tali cose giacciano (gi) insieme o che siano prese nella loro contrapposizione,
cosicch scopre chi prende le cose contrapposte nel loro essere contrapposte e le cose che giacciono insieme
nel loro giacere insieme; mentre copre chi nel considerare qualcosa in quanto qualcosa, nel farla cio vedere
parlandone, si comporta in modo opposto rispetto allente. Tradotto da Heidegger in Logica, il problema
della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 111
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Lavventura dellinterpretazione allora, il salto, non del tutto disorientato, si deve
strutturare altres come una scelta, nel raccogliere, diretta verso lessere e la difesa
dallapparenza.
Il problema si configura in una dicotomia, una scelta esclusiva tra le due possibili vie
percorribili dalluomo: Heidegger rivolge il pensiero al poema di Parmenide, nel quale si
colloca la scelta obbligata tra la via dellessere, scoprimento, e quella del non essere,
nascondimento.
La via dello scoprire raggiunta solo nel , nella distinzione consapevole delle due possibilit enella decisione per la prima.13
Il decidersi per luna o per laltra appare come una scelta riguardo al (),ma lespressione parmenidea si avvicina ad una tautologia, poich il significato dello
scegliere stesso si avvicina qui alla determinazione del che distingue dando un ordine
gerarchico.
E affatto non deve labitudine assai cattivante costringerti in questa direzione,/ sicch tu ti perda in un
guardare a bocca aperta, senza vedere, e in un ascoltare frastornante,/ in un parlare facondo; ma tu risolviti
13 Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970 (XIV ristampa), p. 274
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distinguendo, raccogliendo insieme, e prospettandoti la rappresentazione del molteplice conflitto da me
offerta.14
Questa la via aperta sulla precariet dellessenza umana, la via cio che si fonda
nellapertura, e che diventa un percorso e non solamente uno spazio, solo nel momento in
cui raggiunge chiarezza, nella scelta, appunto, del modo fondamentale di essere dello
svelamento. Per poter dire tale chiarezza si deve essere giunti a vedere il rischio della
precariet da cos vicino che solo i pi arrischiati possono essere dicenti, ci spetta pertanto
ai poeti che hanno saputo cogliere il velamento dellessere nella sua forma pi radicale e lo
hanno riconosciuto come il senso profondo della nostra epoca: Heidegger risponde alla
domanda che Hlderlin pone nellelegia Pane e vino (perch i poeti nel tempo della
povert?) investendo chi pensa essenzialmente, in poesia, del compito di trasmettere agli
uomini un monito di salvezza che sorge dal fondo stesso del pericolo.
Heidegger lascia perci che siano i versi di un poeta, Rilke, ad esprimere linsicurezza
dellesistenza delluomo:
Come la natura abbandona gli esseri/ al rischio della loro sorda brama, e nessuno/ particolarmente protegge
nei solchi e sui rami,/ cos anche noi siamo, nel fondamento primo del nostro essere,/ non particolarmente
14 (Traduzione heideggeriana di Parmenide) Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi,
presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p. 180
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diletti. Siamo arrischiati. Soltanto che noi,/ pi ancora che pianta o animale/ su questo rischio andiamo, lo
vogliamo talvolta anche/ siamo pi arrischiati (non per nostro vantaggio)/ della vita stessa;
ci che, infine, ci custodisce/ il nostro essere senza protezione, e che noi/ ci siamo rivoltatinellAperto,.15
Luomo si trova di fronte ad un ente che si rifiuta, si ritrae. Egli si mantiene, in quanto
esser-ci, innanzi alla rinuncia allente ed esperisce, nel rifiutarsi dellente in mezzo alla
manifestativit, il rapporto al non dellessere. Le-sistere necessita luomo a non essere
lente che , per tanto la scelta tra la via dellessere e quella del non essere ha il carattere di
una de-cisione, della quale abbiamo evidenziato il modo non procedurale del suo
dispiegarsi, ossia il salto.16
Possiamo adesso, considerando la poesia di Rilke, determinare pi a fondo il passaggio che
avviene nello sprung: lassicurazione dello slancio e lindicazione della direzione da
prendere.
15Sentieriinterrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 255
16 Laccesso allessenza ha sempre qualcosa di immediato e ricorda sempre il momento creativo, liberamente
scaturito. Per questa ragione parliamo di un balzo, anzi di un balzo preliminare nel farsi-essenza della verit.
Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p. 144
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Tale movimento si svolge tra due inizi. Il primo, da cui trae lo slancio, quello in cui
laccesso originario alla verit stato concepito come correttezza. L, la verit -
copia, la correttezza non solo una degenerazione nellinterpretazione dell ma
gi presente presso i Greci, sebbene nellantichit essa fosse ancora ambiguamente
affiancata al suo fenomeno pi originario, come si riscontra, ad esempio, nel libro 10
della Metafisica. Il momento attuale, nel quale la tecnica domina, si raccoglie
completamente nella forza dellinizio, che ha inteso la verit come correttezza, limitandosi
a portare alle estreme conseguenze quel primo fondamentale passo: non c stato alcun
progresso, o evoluzione, a livello essenziale, si pu parlare piuttosto di una riaffermazione
radicale della profonda appartenenza metafisica dellet delle macchine alla propria antica
origine. La mancanza dellessere, nel tempo della povert, legata infatti a quelloblio
iniziale che avvenne gi necessariamente in Platone ed Aristotele. Di pi: solo adesso
che dellessere non ne pi niente, che stata cio dimenticata la mancanza dellessere
in quanto mancanza, si pu cogliere, nella risonanza di ci che nellinizio rimasto
impensato, quello che degno di essere domandato (Fragwrdigste).
La nostra epoca storica ha il compito di porre la domanda sullessere perch, nelloblio che
dimentica se stesso, il senso delloblio si dispiegato in modo completo, e dunque stato
guadagnato il punto pi perspicuo sulla perdita. Allo stesso tempo, per, questa postazione
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anche la pi necessaria nel porre la Seinsfrage: poich il negarsi dellessere si presenta
ora quanto mai lontano dallillusione di un sua possibile soluzione, si ha lopportunit di
pensare lessere in base alla necessit del suo abbandonare, senza riconoscere
nellabbandono il carattere difettivo di uno o pi impianti di pensiero affermatisi nella
storia della metafisica, bens cogliendo il bisogno nellessere, in s, di andare via da s.
Il salto che parte dallimpostazione dellinizio greco non si allontana nellignoto ma si
dirige verso quello stesso momento in cui lessere ha fatto la sua pi fulgida comparsa
nascondendosi; si volge al primo inizio, eppure ci a cui tende non potrebbe in alcun modo
essere una semplice ripetizione di quanto gi stato. Ci che si ha di mira , infatti, il non-
accaduto, ossia la ricerca, oltre la manifestativit dellente, dellintima connessione dello
svelamento con il velamento.
La meta dunque un altro inizio, il quale coincide con lappartenenza allaperto cantato
da Rilke.
La misura del salto viene data dallobiettivo, lapprodo il riferimento ma anche,
paradossalmente, la base, perch si ha in vista lappartenenza allorigine (Ur-sprung). Di
conseguenza, avere nella meta il principio autentico fa s che si prenda fondo in qualcosa
che ancora non c, che pu essere in qualche modo individuata sebbene manchi. Il
movimento assume cos un sviluppo circolare mostrando una dinamica sottesa al passaggio
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tra i due inizi, insita tanto nel fondare quanto, primariamente, nel modo in cui il nostro ci
corrisponde allevento dellessere: muoversi a partire dallassicurazione di un terreno
significa primariamente andare via da essa
Il compito richiesto a chi si trova nellavvento di una scaturigine quello di sopportare
linizialit. Di fronte al rischio preteso lardire di fondare il fondamento, il che
comporta il consentire alla filosofia di seguire il proprio corso; nellisolamento del
principio non vi nessun sostegno, se non in un senso particolare il destino, cio la
conformit alla natura, allordine intrinseco, alla necessit, in base alla quale si lascia che la
filosofia sia fondante. Obbedire al destino rende il fondare, nel suo dispiegarsi,
completamente estraneo allarbitrio di una mancanza di giustificazione, anche quando,
nellassenza di un appiglio, si afferra solo a se stesso. Pertanto il salto che sopporta
laperto, pur essendo compiuto nella distanza rispetto a ci che primo, in questa distanza
anche, tramite la costrizione del Geshick, nella prossimit dellinizio.
stato gi riconosciuto il fondamento ultimo nell apertura dellesser-ci, laperto che viene
ora nominato, come suggerisce facilmente la parola, da un lato ci che viene dischiuso
allapertura ma al contempo aggiunge qualcosa di non implicito nella forma verbale del
participio: Heidegger pone in secondo piano la deiezione e la trascendenza, per designare
con la parola il non oggetivizzabile per eccellenza nonch lappartenere allevento del
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dileguare indugiante dellessere. Linsieme che prima si poteva cogliere nellordine di un
orizzonte, ora delineato nei propri contorni dallaccecante bagliore di un fulmine e
dalloscurit che ne segue. Heidegger si orienta infatti verso levento come parola chiave
del proprio pensiero.
Nella posizione della coappartenenza delluomo allessere dellevento-appropriazione, il
fondamento si mostra in una determinazione ulteriore.
Heidegger collega, infatti, allEreignis un tratto dellenergheia, tradotto stare-in-opera, e
dellentelechia, aversi nella fine. Eignung, per il filosofo tedesco, dice la dynamis
aristotelica, attitudine come un modo di venire alla presenza, quindi Er-eignis/Er-
eignung rendere possibile che solo in virt del proprio divenire, solo in quanto non
ancora gi.
Si pu affermare quindi che il fondamento in ultima analisi il rifiutarsi dellessere e la
possibilit suprema.
Con lanalisi dei concetti heideggeriani di comprensione e di fondamento stato dunque
delineato il contesto problematico a partire dal quale il viene pensato: Il
raccoglie ogni cosa in ci che generalmente fondato [grnded] e raccoglie ogni cosa a
partire da ci che unico giustificando la fondazione [begrndend].
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3 - Ordine e dovere
3.1 Il problema della regola
La comprensione si fonda nellunione separante e nella separazione unificante dellin
quanto apofantico. il colpo docchio.
Al sorgere del significare noi ci troviamo per cos dire a casa nel mondo: nellinsieme dei
collegamenti, dei rimandi che si mostrano gi nel vedere senza guardare, viene affermato il
senso come sfondo, si cammina in esso come in un luogo, il mondo, appunto. Cogliendo il
mondeggiare si riuniscono le cose in un raccoglimento, il quale, a sua volta, praticabile
solo ammettendo una differenza, tra le stesse cose, tale che la loro molteplicit non possa
essere mai del tutto perduta in ununificazione.
Chiarificando la dinamica del Heidegger delinea un ordine. Ci non avviene
semplicemente perch lesplorazione filosofica di qualsiasi tema imponga inevitabilmente
di comporre una questione nella purezza di schemi teorici, ma ha una valenza ulteriore, non
scontata. Si tratta anzi di ordine nel modo pi estremo, la cui costituzione implica forse la
distanza del filosofo rispetto agli scritti giovanili di Nietzsche e al suo Dioniso.
Nel comprendere emerge la mondit, cio lassetto del mondo, la comprensibilit quindi
il riconoscimento di una regolarit: attraverso lordine, il mondo chiarisce il proprio
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movimento, diventa ci che perch viene compreso in quanto ci che , ha una forma ed
un limite perch, anche se appena accennata, una regolarit lo pervade.
Parlare di regola, tuttavia, particolarmente ambiguo. Sia linterpretazione tradizionale
del , sia quella originaria Heideggeriana potrebbero infatti essere espresse tramite
questa stessa parola, se le sue diverse accezioni non venissero esplicitate.
Cosa si comunica, dunque, nella comprensibilit, circa la configurazione di una legge o
regola?
Viene colta generalmente una distinzione tra un regolatore ed un regolato, rispetto ai quali
si pu intendere come regola tanto linsieme di entrambi, considerati come esempio,
modello, quindi norma e perci regola, quanto il rapporto che tra i due poli intercorre,
cio il regolare. Regola pu essere quindi limposizione di un ordine a qualcosa; la
descrizione di tale comando, cio una formula; oppure lo scaturire, lessere in atto,
efficiente dellordinare (nel duplice significato di configurare e di governare).
Del , come abbiamo precedentemente accennato, Heidegger non dice cosa
propriamente sia, ma sostiene che
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Alla domanda che chiede che cosa sia il , c solo una risposta adeguata. Per noi essa suona: o
.17
Similmente, per una regola che fosse al punto estesa da coincidere con il tutto (al pari del
v) non sarebbe giusto dire cosa essa sia ma, per coglierne lessenza, bisognerebbe dire
che essa regola.18
17Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 150
18 Useremo, dopo le dovute spiegazioni, regola e legge come sinonimi. Heidegger, nel rivolgersi ad un ordine
originario, impiega in genere la parola legge (Gesetz), mentre con regola (Regel) si riferisce ad un ordine
positivo, come, ad esempio, quello scientifico. (Linizio viene raggiunto solo quando noi facciamo
esperienza della sua legge, che non pu diventare una regola, ma rimane unicamente di volta in volta lunicit
del necessario. [ Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia,
Milano 2003, p 38] o la disciplina ha il sopravvento sulla cosa di cui la disciplina tratta. Ci che proprio
della cosa non lo stabilisce pi la cosa stessa, la sua legge essenziale o il suo fondamento essenziale ancora
nascosto. [Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 154]). Della legge il filosofo parla anche a
proposito del principi del pensiero (Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 151) dove
essa legge in quanto Ge-setz, insieme di ci che posto.
In Italiano, tuttavia, non possibile una traduzione della forma verbale di legge: essa suonerebbe legiferare
o legalizzare. Pertanto, quando spesso si vorr significare il movimento ordinante, si user il verbo
regolare o ordinare.
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Non si vuole banalmente sancire linsufficienza di ogni possibile descrizione riguardo ad un
oggetto eccelso, a cui si addica solo lauto-predicazione, si mira bens ad evitare il
laborioso affaccendarsi tipico proprio di un soggetto che la seconda accezione di regola
chiama in causa formalizzando la comprensione di un ordine. La formula che ne deriva
infatti una struttura operazionale vuota riferibile ad un contenuto: tra la formula ed il suo
possibile materiale presente una distanza perch si presuppone uno scarto tra un soggetto
che attribuisce la legge e un oggetto che la riceve.
chiaro che lo stile di pensiero che qui gioca quello della scienza moderna, e della logica
formale nella misura in cui le due dottrine condividono la loro impostazione. Ed
altrettanto ovvio che il problema della legge cos intesa, a seguito dalla separazione
rispetto alloggetto, non sostanzialmente quello di una eventuale arbitrariet nel compiere
il riferimento, giacch nessuno mette davvero in dubbio, ad esempio, che la gravitazione
universale si applichi alle masse. Il concetto di formula in realt inadeguato ad esprimere
il regolare nella sua vicinanza semantica al perch il che cosa, anzich essere
colto, viene appunto attribuito. In atri termini, attraverso la manipolazione operata dal
linguaggio della scienza la cosa viene resa comprensibile e quindi piegata alluomo, o
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meglio alla volont delluomo la stessa volont che, ad un livello pi profondo, per
mezzo delluomo, si vuole.19
Il legame tra il senso di regola che abbiamo menzionato per secondo e quello che si mostra
nellimporre un ordine piuttosto stretto.
Infatti cifre, quantit nel loro rapporto, valori possono apparire come uno scheletro da
infilare nella materia inerte al fine di articolarla e conferirle un comportamento osservabile,
ma ci che garantisce la funzionalit del processo una necessit attiva "per costruzione".
Si delinea, quindi, limposizione di un dovere al modo di unintrusione.
Rivolgersi invece a ci che nella regola il puro regolare esclude in partenza un ruolo per
elementi positivi o estranei allessenza, ma si pone il dubbio della effettiva percorribilit di
questa via, se cio in un certo modo lordinare sia impensabile senza una costruzione che lo
sostenga. Una risposta pu essere trovata nella trattazione heideggeriana del fondamento e
della giustificazione, i quali, in un certo senso liberano il per il suo raccogliere. La
19 La tecnica al tempo stesso lorganizzazione e lorgano che vuole il volere per il volere [Willen zum
Willen]. Le stirpi umane, i popoli e le nazioni, i gruppi e i singoli sono dappertutto soltanto voluti da questa
volont e non certo di loro iniziativa, vale a dire non traggono da se stessi lorigine e il centro di questo
volere, bens sono solo i suoi esecutori spesso perfino riluttanti. Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano
1993, p. 127
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possibilit della terza accezione di regola per sancita, ancora prima di ricorrere al
paragone con il che non vogliamo presupporre , se ad essere in questione una
regola totale: lordine articolato non deve ricercare la propria origine in un soggetto
osservatore che istituisce un dovere poich la legge cos estesa che cade essa stessa sotto
il proprio governare.
In tal senso si pu spiegare il capovolgimento/riappropriazione compiuto da Heidegger
rispetto alla definizione aristotelica di uomo, da = a =
.20 La struttura della comprensibilit del mondo comprende
anticipatamente ogni possesso umano. La legge il mondo stesso colto nel proprio
automovimento "vincolato".
Interpretando la regola nel suo vigere non si aggiunge nulla che non sia gi parte del
regolare stesso. dunque ugualmente sbagliato rappresentarla, ad esempio, come un
qualcosa che unifica, o -per cos dire- attraverso un filtro negativo, come lessere unificato
di ci che unificato: il regolare avviene nel margine di ci che qualcosa. Il limite che
20Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
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cos viene costituito non un semplice irrigidimento nella immobilit della sicurezza, ma
nella sua linea di confine si avvicina al senso greco di :
il fisso ha qui il significato del delimitare, del lasciar essere nei propri limiti (), del tracciare un
contorno. Nel senso greco, il limite non imprigiona, ma, nel suo esser-prodotto, immette lesser presente nella
sua apparizione.21
Il regolare dunque ci che nella differenza tra le cose che regola, originando allo stesso
tempo tale differenza. E altrettanto viene delineato a proposito del :
Il suo posare stesso , nella dia-ferenza, ci che regge. 22
Osservando, tuttavia, la questione concretamente come se la regola sparisse dentro alle
cose, senza lasciare traccia, oppure, il che paradossalmente lo stesso, sembra che siano le
cose a sparire, lasciando emergere solo il loro senso ossia la coerenza, la regolarit che la
legge esprime. Se, dunque, per limite si intende una separazione, essa non pu essere
situata tra la regola e le cose: la regola in un certo senso sola, essendo le cose gi regola
poich il loro essere posto dal senso che essa determina. Il significato di una legge,
21Sentieriinterrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 66
22Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 151
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quindi, non va inteso come il limite nel modo di un confine esterno, un contenimento, ma
come il tratto fondamentale del modo di essere, dellarticolazione.
Se si ricerca invece un confine, lo si pu trovare rispetto allessere-completamente-estraneo
al senso della regola. Questa totale alterit non esperibile in s, altrimenti sarebbe
compresa, ma viene ammessa nella maniera di un prima nella domanda riguardo
allinspiegabile origine del darsi di un senso. Il significare non infatti linsieme di un
percorso graduale, ma c un primo momento in cui il senso si da, per cos dire, dal nulla.
Nellinquietante contiguit di ci che separato da un confine abissale avviene dunque un
passaggio, sebbene laldiqu di questo passaggio sia, fin dallinizio, governato da un
ordine. Capire cosa sia lAltro pertanto precluso, ma il fatto che lordine e lAltro
condividano il proprio margine permette di cogliere lalterit dal punto di vista delper noi.
Ci che quindi misterioso e Fragwrdigste, nellorigine, riguardo alla legge, proprio la
necessit che la fa essere tale legge. Questa costrizione per noi il darsi dellalterit e, al
contempo, lessenza del regolare.
Nellanalisi del , il dovere in questione sar, allora, il criterio selettivo con cui leggere
la ricostruzione della storia della logica, e quindi della filosofia in toto, operata da
Heidegger.
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Non ignoriamo che, nel raggiungere questo punto di vista, venga compiuta una
semplificazione rispetto allinsieme delle determinazioni del : il da noi
chiarito, infatti, a partire da una delle diverse accezioni del regolare. Tale scelta, tuttavia,
non dettata dal bisogno di cercare un sinonimo che sostituisca la nostra parola guida,
sebbene anche una traduzione qualora possibile potrebbe essere utile a spiegarne il
significato; ma si fonda sulla convinzione che la restrizione del campo semantico compiuta
con lordinare, il regolare, comunichi lessenziale.
Non ignoriamo neanche che il filosofo rifiuta linterpretazione del come legge
universale, ma non a tale concezione che ci si riallaccia. Riferendoci al regolare nella sua
purezza, il concetto di legge viene inteso tramite una precisazione, una correzione: (1) la
legge non costruita, non positiva; (2) lapparire del suo ordinare dal nulla, senza un
appiglio a qualcosa che la preceda; (3) non usata, perch non applicabile n nel senso di
, n nel senso strumentale del paradigma scientifico, che la impiega per penetrare
manipolativamente la Terra o per fornire giustificazione.
Nellinsieme delle connessioni evocate dalla legge, ha cittadinanza tanto il pensiero
normativo, quanto quello originario; per mezzo di essa il viene posto in prossimit
dellambigua origine da cui si sviluppato, nella storia della filosofia, anche lorientamento
che ha condotto alla chiusura del linguaggio logico-scientifico.
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3.2 La mancanza dellessenza del regolare nella filosofia occidentale
Il nellantica Grecia aveva una gamma di significati molto vasta, alla cui radice
comune, come abbiamo segnalato precedentemente,23 Heidegger pone il mettere insieme.
Ma di primaria importanza anche il suo valore di linguaggio (per cui non esiste alcuna
altra parola sostitutiva) nonch limpiego come discorso e, conseguentemente, come
enunciato.
Insieme, poi, alla designazione di questo o quel singolo significato, nelluso del termine si
prevede un riferimento a qualcosa rispetto a cui il termine agisca, in virt della costruzione
. Viene cos richiamato il carattere ostensivo legato allispirazione profonda
del v.
Allinterno della filosofia, il indica specificamente uno dei tre ambiti in cui si
struttura la conoscenza: , accanto alla ed .
La tripartizione, secondo Sesto Empirico (Adv. Mathematicos VII, 16), fu esplicitata per
la prima volta da Senocrate, sebbene, di fatto, essa veniva rispettata gi a partire da
Platone.24
23 Cfr tesi, II.
24Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 5
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Fino ad oggi questa suddivisione rimane generalmente valida, tuttavia lampiezza e la
profondit che si dischiudono alle attuali dottrine della fisica, delletica e del
rispecchiano la codificazione, in senso riduttivo, di cui le parole greche di riferimento
(, , ) sono state oggetto nel corso della storia.
Allo scarto generato dalla differente interpretazione dei nomi delle varie scienze, va poi
aggiunto lulteriore mutamento di prospettiva che investe anche il loro stesso essere
scienze, cio :
Che cosa significa ? Il verbo corrispondente , vale a dire porsi qualcosa di fronte,
trattenersi presso di esso e stargli davanti affinch si possa mostrare. [] Traduciamo quindi con
avere un sapere di qualcosa [Sich-auf-etwas-verstehen] .25
lessenza tecnica della scienza moderna a segnare notoriamente, per il filosofo, la
differenza fondamentale rispetto alla conoscenza antica, nonostante tra le due concezioni ci
sia anche un nesso di derivazione.
In un modo che bisogna approfondire c infatti ancora un nucleo di nella
Wissenschaft, anzi, lo sviluppo sproporzionato della tecnica porta a maturazione una
connessione originaria rispetto alla .
25Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, pp. 126-7
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Nelletimo di risuona il verbo (generare), il quale pone in risalto laspetto del
portare fuori proprio di una generazione (ci si rileva, ad esempio, nella parola
architetto: da questultimo, in quanto l di un , nasce qualcosa come un
progetto26).
A differenza del generare naturale, per, usato in Greco per indicare unattivit
creatrice tipicamente umana, per mezzo della quale qualcosa viene posta nel non
nascondimento, e non scaturisce unicamente da s, nella maniera della natura. Essendo
questo immettere, la tecnica lorientamento che lo dispone e che, come proprio
carattere fondamentale, sa gestire il rapporto con il non nascondimento. Si mostra cos un
una capacit, simile ad una astuzia, che non ha nulla a che vedere con la moderna
mobilitazione totale (Ernst Jnger).27
26 Ivi, p. 133
27 Nel sapere della rientrano contemporaneamente arte, mestiere, abilit e furbizia, come avviene, ad
esempio, per linglese craft.
Nellattuale comprensione della tecnica, sono ancora mantenute alcune di queste sfumature, tuttavia si pu
cogliere una opposizione totale tra antico e moderno laddove nel primo si indica una manualit, mentre nel
secondo un impiego impersonale.
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Come si posta allora, alla luce del senso greco di scienza, l?
La filosofia ha elevato a sistema una dinamica gi presente nellesperienza generale del
, anche ad un livello comune ed immediato.
In base alla struttura del -, nello stabilire, nel contrapporre, nel misurare
quotidiano, un ordine sensato appare sempre riferito a qualcosa e, pertanto, individuare
lente con ragionevolezza al contempo far vedere ci a cui ci si riferisce, nel suo essere
compreso.
Il carattere apofantico poi, il mostrare, subisce dispiegandosi un lieve, eppur importante,
mutamento: diventa il dimostrare. Un ragionamento, e quindi il discorso in cui si esprime,
devono poter dare prova del proprio fondamento.
In egual modo, nella scienza logica, si manifesta una necessit di fornire ragione,
.
Il corrispettivo filosofico del comune bisogno di giustificazione per, molto di pi di una
semplice versione teorica di un uso della lingua. Piuttosto limpostazione data dal pensiero
platonico-aristotelico rappresenta quellinizio rivoluzionario, il primo inizio, che sancisce la
La tecnica alla greca anche, pi in generale, uno dei tratti dello stile di pensiero heideggeriano, riconosciuto
da Derrida nell artigianalit, del tutto particolare, con cui si dispiega. (ConfrontaLa mano di Heidegger, J.
Derrida, Laterza, Bari 1991.)
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fine della filosofia greca e linizio della metafisica. Il senso del dare ragione dunque
dipeso da tale determinazione, e pi in particolare dal modo in cui stata posta la domanda
metafisica fondamentale sulla verit: non stata interrogata lessenza della verit, bens
il vero sul quale sono posti il nostro agire ed il nostro essere.28
Lorizzonte della domanda quindi lessere dellente. La verit di un ente la sua
ostensione, lessente gi la pi semplice e forte dimostrazione di s.
In questo contesto la verit come adeguatio prende forma, ma non viene per fondata, non
ve ne bisogno proprio per la particolare posizione dellinizio: Aristotele non doveva
dimostrare lesser vero dell , poich egli viveva dentro alla verit in cui tale
evidenza si disvelata, cio la verit come disvelamento, l -.
La risposta alla domanda che chiede il fondamento dellessere dellente la ricerca
dellessenza.
Aristotele determina lessenzialit in quattro modi: il generale, la provenienza, ci che
rispetto alla cosa precedente e ci che le soggiace in quanto fondamunto; ma la risposta
28Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p. 35
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pi propria al cos, nonch la formulazione pi carica di conseguenze per la storia della
metafisica in cui i quattro modi si unificano , lidea.
Lessenza quel qualcosa che . E quel che il caso di volta in volta singolo lo incontriamo come quel che,
nel rapportarci a questo singolo caso, di volta in volta abbiamo nello sguardo. [] Una cosa vista quando si
vede cosa essa sia, il che cos, lessenza. Lessenza di una cosa quindi lidea, e inversamente: lidea,
ossia la cosa quando vista in questo determinato senso, laspetto offerto dalla cosa in quel che essa ,
lessenza della cosa.29
chiaro che, in conseguenza di queste premesse, una fondazione nel senso consolidato non
esiste:
Fornire [] la prova, mostrando nella sua essenza la cosa stessa nominata, ovviamente il modo pi sicuro
ed immediato di procurare allenunciazione il fondamento su cui poggia quel che essa dice, coincidendo quel
che essa dice con quel che si anticipatamente mostrato.30
Per provare ci che ai Greci era gi chiaro, si ricorre quindi allidea, cercando in essa una
base per il fondare che originariamente volto allaperto, ma il dare fondo consisteva
29 Ivi, p. 52
30 Ivi, p. 59
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appunto, in quanto idea, nel condurre anticipatamente allo sguardo lessenza, portandola
fuori dal suo essere nascosto.31
Si pu ora cogliere come il a cui Heidegger collega l abbia, nel processo
del giustificare, uninfluenza decisiva, poich la giustificazione pro-duce la cosa a partire
dal velamento.
A causa della propria particolare posizione nel-mezzo dellente, come il custode del non-
nascondimento, luomo non si pu adeguare alla misura della con lessere
semplicemente egli stesso. Per commisurarsi alla natura e comprenderla si
presuppone un distacco nei suoi confronti, sebbene, attraverso di esso, sia alla natura stessa
che ci si volge.
La tecnica quindi il sapere che comprende la cosa nel suo manifestarsi a partire dal
velamento, vale a dire, il sapere che coglie laspetto, l, lidea, tramite un produrre ed
un approntare, in corrispondenza alla totalit dellente nella quale luomo insediato.
Il modo di procedere di questo sapere per pu non dirigersi solo verso la comprensione
della :
31 Heidegger riassume in una sentenza il proprium dellapproccio greco: Gli antichi greci pensano con gli
occhi, ossia con gli sguardi. Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, pp. 141-2
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Nellessenza della come lavanzante ed allestente lasciar-imporsi il non-nascondimento dellente,
essenza richiesta dalla stessa, c la possibilit dellautonomia, della posizione di fini diversi e quindi
delluscita della svolta necessaria della necessit iniziale.32
La perdita della necessit iniziale coincide con la trasformazione dellidea in semplice
criterio e con loblio della verit come -, della quale si perde sia la tonalit emotiva
fondamentale sia la sua traccia nel linguaggio (si pensi alla veritas latina e alla Wahrheit
tedesca).
Lautonomia della tecnica, rispetto a ci a partire da cui, in precedenza, riceveva la misura,
investe lidea del compito di fornire la misura a sua volta e di essere quindi un modello, un
metro. Ma assumendo preliminarmente che sia ora un criterio in quanto tale a dare
levidenza, la giustificazione di questo procedimento pu essere trovata solo in base
allevidenza prodotta da un altro criterio; ed il canone dei canoni, lidea delle idee a cui in
questa maniera si giunge lidea del bene.
Il modo in cui Heidegger interpreta tale nozione si discosta dallesegesi platonica
tradizionale:
32Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p.
127
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Il significato autentico di : ci che idoneo a qualcosa e rende idoneo qualcosaltro con cui si possa
iniziare qualcosa [] non ha niente a che vedere con il significato del bene morale.33
Nella filosofia platonica, dunque.
L il normativo come tale, ci che conferisce allessere la potenza di essere (wesen) come idea
come modello.34
Nel criterio, che ha cos perduto il legame rispetto alla necessit iniziale, non si verifica
per unassenza di necessit, ma una diversa disposizione di essa: il modello impone infatti
il bisogno di essere corrisposto nel modo pi vincolante e rigoroso.
Tale mutamento risulta quindi in un rovesciamento rispetto al pensiero originario in cui si
fatta esperienza dell -: lidea non pi la suprema ostensione dellessere, nella cui
verit luomo si trova preliminarmente, ma il criterio a cui lessere deve ognora innalzarsi
per ottenere una legittimit che, invece, non gli pi riconosciuta.
Finalmente il ribaltamento compiuto dall ci pone di fronte alla comparsa
di quel dovere tratto originario del regolare che abbiamo posto come criterio selettivo
per ripercorrere linterpretazione heideggeriana della storia della metafisica.35
33Lessenza della verit, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1997, p. 133
34Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
201
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La limitazione dellessere rispetto al dovere, per il filosofo, appartiene interamente allet
moderna;36 nella caratterizzazione greca dell come possibile individuarne
solo una lontana prefigurazione. A differenza delle altre tre limitazioni37, che furono
riconoscibili gi a partire dallaurora del pensiero occidentale, questa prese piede
storicamente pi tardi, eppure anchessa, come le altre, appartiene in modo insolito
allessere:
Avvertiamo in queste formule qualcosa di pertinente in certo modo allessere, proprio in quanto da lui
differente, perlomeno come suo altro.38
Infatti, anche nellautonomia di una impostazione capovolta, nella quale il fondamento
ultimo sia posto in alto, oltre lessere,
lessere stesso che, proprio per via della sua specifica interpretazione come idea implica il riferimento a
qualcosa di esemplare, di dovuto.39
35 Cfr. tesi, III, 1, p. 33.
36Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
105
37 Essere e divenire, essere e apparenza, essere e pensiero.
38 Ivi, p. 103
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Lobbligo percepito dalluomo viene giustamente esperito, per la prima volta, solo quando
la verit non pi presupposto ma risultato, e ci avviene perch quello che si esperisce
non un semplice dovere, invece un dovere estraneo rispetto allessere/natura dellente.
Ci nondimeno una coniugazione di obbligo va ammessa come pertinente in certo modo
allessere, fin dallinizio, in quanto possibilit della propria estraneit, nello stesso modo
in cui la negazione dellessere implica la propria donazione epocale.
Anche nellessere-nel-mondo greco si attestava, dunque, un senso di dovere e si pu
supporre che fosse egualmente efficace ma non emergeva, poich era inevitabilit, stato
di cose. Il vincolo di ci che semplicemente si d non pu essere percepito come dovere:
non c obbligo, n costrizione. Per incontrare fenomenologicamente unimposizione
ignota bisogna trovarsi (involontariamente) a contravvenire al suo ordine, suscitando cos
una opposizione, una resistenza, un no insomma, solo a seguito del quale diviene
possibile interrogarsi sul senso della negazione ricevuta, e quindi sulla necessit del suo
prodursi.
39 Ivi, p. 201
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Quando qui parliamo della necessit come di quel che rende necessario quel che dotato, nella sua necessit,
della struttura pi alta, non intendiamo parlare di miseria e di carenza. Tuttavia pensiamo a un non, a qualcosa
che contiene una negazione.40
Per luomo moderno, nel tempo dellabbandono dellessere, il non il presupposto di un
dover-essere, non semplicemente il segno di una mancanza. Qui la negazione dellessere
ordina e determina, imponendosi perentoriamente come necessit (della mancanza di
necessit).
Il punto di vista che ha guidato lanalisi si trova ora di fronte a un ostacolo.
Abbiamo iniziato a interrogare la ricostruzione heideggeriana della filosofia occidentale
alla ricerca di un carattere di dovere, che appartiene allessere del . Come risultato,
per, il carattere in questione apparso, fin dallinizio, in una forma derivata, positiva,
separato ed estraneo rispetto alla legge essenziale della cosa.
La prima conseguente considerazione che dovere non la parola con cui il filosofo
designa quello che cerchiamo ammesso che egli dia a ci una parola, e che quindi essa
non diventi necessaria solo in una tesi su Heidegger (una interpretazione potrebbe infatti
40Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p.
108
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scuotere,41 per comprendere, il linguaggio heideggeriano, il quale si riassesterebbe, per
forza, in maniera minimamente sfalsata).
Non infatti nostra intenzione ignorare le diverse prospettive, i diversi interessi alla base
della sproporzione che in Introduzione alla metafisica, ad esempio, oppone le quattro
pagine della limitazione essere-dovere alle settantacinque di essere-pensare. Non
intendiamo pertanto scegliere luna strada anzich laltra. Ci non sarebbe neanche
possibile, poich tali diversi punti di vista non sono contraddittori ma coesistono
corrispondendosi.
Per di pi, oltre a non poter trovare una formulazione originaria della cogenza
dellordinare, riscontriamo anche che il dovere estrinseco, dopo la prima attestazione, si
afferma sempre pi saldamente.
Il momento chiave per lo sviluppo di questo obbligo nella metafisica rappresentato da
Kant. Limpronta del XVIII secolo incide infatti profondamente tanto sul percorso della
filosofia in generale, quanto sulla logica nel suo rapporto con la metafisica.42 Cos il
41 Cfr. Gesamtausgabe LXV, Beitrge zur Philosophie (Vom Ereignis), Klostermann, Frankfurt am Main,
1989
42 La rivoluzione del modo di pensare operata da Kant in filosofia, ha trovato il suo compimento proprio
nellambito della logica. Il passo decisivo [] il passaggio dalla logica tradizionale ad una nuova
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[Lappercezione] contiene il fondamento stesso dellunit di diversi concetti in giudizi, e perci [il
fondamento] della possibilit dellintelletto, persino nel suo uso logico. 44 (Critica della ragion pura)
Heidegger ne riassume il significato in questo modo:
Appercezione significa: 1. Essere anticipatamente presente, in quanto elemento unificante, in ogni
rappresentazione. 2. In tale anticipazione dunit, essere ad un tempo legati allaffezione. Lappercezione cos
intesa il punto pi alto nel quale (an dem) si deve fissare lintera logica.45
Nel a priori, a cui si allude nel punto 1, sentiamo risuonare il vedere-di-vedere proprio
dell greco, nel quale si arroccato il senso di criterio, mentre nel punto 2 viene
chiaramente richiamata lidea del bene come fondamento ultimo.
Il fondare dellappercezione trae i suoi contenuti da un noumeno in senso negativo, ossia
la x che solo pensato come ci che sta a fondamento delloggetto fenomenico. Lessere
cos separato dalla ragione e per essere esperito, conoscibile, per avere alcun valore, deve-
essere sempre altro, e cio pensiero:
Lessere e le sue modalit devono potere essere determinati a partire dal loro rapporto con lintelletto.46
44 Ivi, p. 408
45 Ivi, p. 409
46Ibidem (corsivo mio)
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Pi in generale, tuttavia, questa determinazione dellessere si verifica sullo sfondo di quella
comprensione metafisica che oppone un essere degradato, visto come natura appetitiva, al
dovere (Sollen) dellimperativo categorico.
Heidegger, analizza i postulati del pensiero empirico in generale di Kant per spiegare
propriamente le modalit dellessere nel pensiero critico. Egli considera tali postulati
come principi, Grund Satz (proposizioni fondamentali), fondamenti, e quindi come il
punto pi alto del pensiero.47
Tralasciando il chiarimento del titolo postulati, ricordando per che questo titolo si ritrova nel punto pi
alto della metafisica kantiana vera e propria, l dove si tratta dei postulati della ragione pratica.48
Ossia nel punto in cui viene posto al vertice della filosofia una nozione di libert
inseparabile dalla stretta necessit di attenersi ad una legge. Vedremo in seguito che questa
idea si riveler utile a fare chiarezza sulle nozioni heideggeriane di necessit e di libert.
Il passo successivo, ed ultimo, viene compiuto nel XIX secolo: lessere inteso al modo della
filosofia critica, ossia loggetto sperimentabile per le scienze, viene interpretato come
valore.
47 Ivi, p. 412
48 Ivi, p. 413
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Si ribadisce quindi pi direttamente il ruolo del dovere in quanto criterio base :
Il dovere deve sostenere la sua pretesa. Deve tentare di fondarsi in se stesso. [] Qualcosa come un doverenon pu che emanare da ci che in se stesso in grado di avanzare una tale pretesa, da ci che ha in s un
valore, che esso stesso un valore.49
Il valore nasce in opposizione allessere, poich esso non propriamente, ma vale,
tuttavia si finisce proprio con lidentificare i due opposti. Platone intese lessere come idea,
lidea come modello ed il modello come ci che d la misura; il valore cos, dal momento
che d una misura, viene equiparato allessere. In realt per esso esprime solo una vaga
forma di sussistenza, e pertanto
quando si arriva a parlare di un essere dei valori si arriva al colmo dellinconsistenza.50
In Nietzsche, infine, il filosofo in cui si mostra il compimento della metafisica, la suddetta
confusione ontologica ormai radicata gi il sottotitolo del suo progettato opus magnus,
La volont di potenza, suona infatti, significativamente, saggio di un rovesciamento di
tutti i valori.
49Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
202
50 Ivi, p. 203
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4 - Il progetto di una ridefinizione del pensiero rigoroso ed il confronto con il ragionamento
normativo
Nel primo paragrafo abbiamo equiparato il mettere insieme ad un ordinare, la cui necessit
si mostrata degna di essere domandata. Nel secondo abbiamo osservato che la necessit
del v viene posta in modo autonomo dalla componente tecnica del sapere filosofico.
Esaminiamo ora le conseguenze concrete di questa posizione nel tipo di ragionamento che
ne risulta determinato.
Dallinterpretazione platonica del alla volont di volont nietzscheana la filosofia
occidentale ha rivelato una specificit, che la ha distinta rispetto allo stile di pensiero delle
altre civilt, nonch rispetto agli stessi pensatori greci dellorigine; e ha avuto anche
ununit, che ha accomunato tutte le sue tappe interne, mostrandosi in pensatori e stili di
pensiero apparentemente inconciliabili tra loro, da Tommaso dAquino a Hegel, da Cartesio
a Nietzsche. Heidegger riconosce o pone, a seconda dei punti di vista questo carattere
fondamentale, e lo indica con la parola metafisica.
Limpiego ampliato del nome della filosofia prima lascia gi intendere che il filosofo
ripudia il suo significato consueto.
Per le esigenze del nostro lavoro siamo costretti a rinunciare in partenza ad un
approfondimento esaustivo di cosa sia metafisica per Heidegger. Ci limiteremo a
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considerare il modo essenziale in cui essa determina il dispiegarsi del pensiero occidentale,
ci rivolgiamo quindi al suo essere fondativa vale a dire, al suo rapporto con il .
Il fondamento la base su cui possibile costruire una conoscenza certa. Il bisogno di
certezza muove lattivit della fondazione.
In quella che si pu interpretare come una semplice fuga dallarbitrio, o come la pi folle
aspirazione a una correttezza assoluta, si manifesta il bisogno di poter riconoscere il vero
dal falso, di distinguere il discorso, . La metafisica, ricorrendo al fondamento,aspira a padroneggiare il tipo di pensiero pi rigoroso.
Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, come linterpretazione del subisca un
cambiamento quando il dimostrare prende il sopravvento sul mostrare. Il fornire
giustificazione ( ) si adegua infatti allidea secondo il dovere che da essa
emana in quanto modello, un dovere estraneo. Il pensiero cos determinato il normativo
per eccellenza, ossia la logica, una costruzione formale perfetta che serve ad ottenere la
verit, la cui strumentalit viene ritenuta neutralit.
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proprio a tale disciplina che la metafisica legata indissolubilmente fin dallinizio, 51 ed
tramite essa che la metafisica si muove nella dimensione della certezza.
Heidegger tuttavia nega che la certezza raggiunta comporti un maggior rigore e, al
contrario, la dottrina del corretto pensare segna, a suo parere, una decadenza rispetto al
originario.
Anch'egli afferma (1) il bisogno di un pensiero opposto nel modo pi netto all'arbitrio, e (2)
che questo pensiero per essere tale debba essere necessario, dovuto, sia soggetto quindi a
una coazione rispetto ad una legge inaggirabile. Lambito a cui si volge per un punto di
confine, che pu dialogare ma non si identifica propriamente con la metafisica: il di
Eraclito.
Ci chiediamo dunque: in cosa viene alla luce linsufficienza della logica? E quindi quali
dovrebbero essere invece le sue caratteristiche?
La questione non si riduce ad un discorso sul metodo ma gli esiti di tali domande
coinvolgono la filosofia nel suo insieme. Daltronde stabilire concretamente il modo in cui
una logica possa configurarsi in un pensiero stringente ma aperto, in opposizione e ai
51 Si pu dire che cos la metafisica solo chiarificando lessenza della logica. Ma nello stesso tempo
vero anche lopposto: che cos la logica si chiarisce solo a partire dallessenza della metafisica.Eraclito,
trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 166
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margini rispetto alla metafisica, un tema fortemente sentito da Heidegger, come
testimonia la ripetizione della domanda:
Comment sauver llment daventure que comporte toute recherche sans faire de la philosophie une simple
aventurire?.52
Vogliamo qui analizzare la logica heideggeriana in rapporto alla logica formale.
Ovviamente non ci riferiamo a un presunto organon di un presunto sistema questa
possibilit viene rifiutata dallo stesso filosofo ma ci rivolgiamo soprattutto al tentativo
compiuto, nei semestri estivi 43 44, di giungere ad una logica originaria attraverso
linterpretazione di Eraclito. La breve nota introduttiva alle lezioni suona infatti:
Il semplice intento di questo corso di lezioni quello di raggiungere la logica originaria. La logica
per originariamente il pensiero del , se ad essere pensato il originario e se questultimo nel
pensiero presente per il pensiero stesso.53
52 Domanda rivolta ad Heidegger da J. Beaufret, riportata in Lettera sullumanismo, M. Heidegger,
Adelphi, Milano 1995, p. 101
53Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 122
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Prima di poter entrare nel merito dei frammenti eraclitei necessario presentare la
distinzione tra le due dottrine, ma spingeremo lesame solo fin dove ci richiesto dal
confronto, senza tentare qui un chiarimento definitivo.
Prenderemo quindi le distanze dalla logica usando il suo stesso stile: formalizzando in una
lista di punti e in un linguaggio non completamente heideggeriano le differenze tra il
pensiero del filosofo e lo studio dei metodi e dei principi per distinguere il ragionamento
corretto da quello scorretto.54 Solo a partire da questa analisi sar possibile, nei capitoli
successivi, orientarci verso un pensiero determinato da una necessit originaria.
1 - Un pensiero non indifferente e separato da ci che pensa
La logica, allinterno della filosofia, ha tradizionalmente problematizzato aspetti metodici.
Pi precisamente, lanalisi logica, si rivolta e si rivolge ai meccanismi strutturali del
corretto pensiero, prima ed indifferentemente da una sua eventuale applicazione alle cose.
Una premessa dellapproccio logico dunque il distacco di ci che pensato da ci che .
54 (Manuale di logica):Introduzione alla logica, Irving M. Copi e Carl Cohen, Il Mulino, Bologna, 1999, p.
19
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La logica, come enucleazione delle leggi del pensare e come istituzione delle sue regole, non ha potuto
nascere se non dopo che la separazione fra essere e pensare si era gi compiuta55
Tale distacco a livello storico, si pu far risalire allorganizzazione del sapere nella scuole
platonica ed aristotelica. La logica ha d'altronde ancora un grande peso ed unampia
diffusione soprattutto nelle scuole, poich, non essendo collegata direttamente ai
contenuti delle questioni filosofiche, viene ritenuta propedeutica allesercizio del
ragionamento.
Heidegger, che ha spesso insistito sulla necessit di imparare a pensare, nel corso del
1925/26 ha distinto una logica scolastica tradizionale da una logica filosofante, 56
mantenendo comunque, per la logica, il compito di custodire il rigore del pensiero.
Per raggiungere il senso autentico della logica e criticare la concezione invalsa, egli
riconduce la dottrina del al stesso e quindi allo stadio del pensiero occidentale
in cui
la sola ed unica parola per essere e pensiero.57
55Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
130
56Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 10
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La fenomenologia si candidata a diventare una strada percorribile per fornire una visione
in grado di dare conto della compenetrazione dei due livelli ontologici, mostrando tanto i
contenuti noematici e le oggettualit in cui questi ultimi vengono costituiti, quanto gli atti
noetici costituenti.
Per allontanarsi dallarbitrio che appartiene tanto ad una normativit positiva quanto ad una
semplice descrittivit che presuppone delle norme anche quando si vuole attenere al dato
oggettivo Heidegger progetta negli anni venti di portare la fenomenologia alla vita. Il
motivo di una ermeneutica della fatticit la persuasione che il rigore del pensare sia
fornito dal riconoscimento della necessit che collega essere e pensiero.
La maggiore prossimit tra i due piani ontologici viene riscontrata nella grecit: allora la
loro interpretazione convergeva verso ununione
Di fatto ci imbattiamo in unoriginaria appartenenza di essere, e .58
57Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 189
58Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
132
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, per Heidegger, la parola con cui i Greci dicono lessere. Per gli antichi lessere ed
il sono il medesimo, come Parmenide afferma nel frammento V (
).
La coappartenenza dei termini nel medesimo, per, non si esaurisce nella mera uniformit
delleguale, la loro unione non semplice coincidenza ma turbamento. Essi corrispondono,
eppure devono differire.
La logica nomina in questo caso il luogo in cui di volta in volta si accende la contesa originaria tra pensiero
ed essere.59
viene significativamente tradotto apprendere. Viene cos sottolineato un aspetto di
de-cisione che nel deve dare, in qualche modo, prova di s.
non pu qui ora significare linsieme raccolto (die Gesammeltheit), come connessione dellessere,
ma, in quanto tuttuno con lapprensione, deve indicare quellatto di violenza (umano) in forza del quale
lessere viene raccolto nel suo insieme.60
Si ha, da una parte, lonnicomprensivo, inevitabile raccoglimento che forma il pensiero e,
dallaltra, il discernimento. Entrambi sono la , ma la contraddicono anche, come
59Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 189
60Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.
175 (qui ora si riferisce al primo verso del sesto frammento di Parmenide)
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diventa palese quando un atto umano si procura lordine, sebbene esso non faccia altro che
approfittare della possibilit insita, fin dallinizio, nella libert di riconoscere e scoprire il
senso, ossia di ubbidirgli. Latto umano che si rappresenta una logica ha il fondamento
nellautonomia per il lasciar-imporre il non-nascondimento dellente, che si mostra
completamente nella tecnica, e che gi si manifesta gi in quellordine (della
comprensione) che lascia riconoscere lordine stesso.
Per violenza intende solo la forza del distacco, il modo autentico di praticarla consiste
infatti in un lasciare