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  • 8/14/2019 (eBook - Ita - Filosofia La Logica Origin Aria in Heidegger

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    La logica originaria in Heidegger

    di Massimo Vignola

    Facolt di Filosofia

    Universit di Roma "La Sapienza"

    Relatore: Paolo Vinci

    Correlatore: Edoardo Ferrario

    Anno accademico: 2004-2005

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    La logica originaria in Heidegger

    Indice:

    1 - Introduzione .................................................................................................................. 2

    2 - Il nella filosofia di Heidegger ............................................................................. 7

    3 - Ordine e dovere...........................................................................................................27

    3.1 Il problema della regola....................................................................................... 27

    3.2 La mancanza dellessenza del regolare nella filosofia occidentale ..................... 36

    4 - Il progetto di una ridefinizione del pensiero rigoroso ed il confronto con il

    ragionamento normativo...................................................................................................53

    5 - Logica originaria ......................................................................................................... 81

    5.1 Apollineo ............................................................................................................. 82

    5.2 Configurazione naturale - cosmica dellordine ................................................... 88

    5.3 Ordine logico ....................................................................................................... 99

    6 Conclusione .............................................................................................................. 111

    Necessit.....................................................................................................................112

    Bibliografia.....................................................................................................................121

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    1 - Introduzione

    A partire dalle opere giovanili, fino alle ultime conferenze, nel pensiero di Heidegger

    emerge unistanza fortemente strutturante.

    La questione di un ordine o di una regolarit si attesta con continuit, sia in modo diretto

    come nellanalisi del , sia implicitamente nellarchitettura delle argomentazioni, nelle

    scelte lessicali e negli ambiti semantici richiamati. Viene delineato un ordine determinante,

    la cui stringenza per non risulta facilmente riconoscibile, e, comunque, non nella modalit

    pi consueta di una causa efficiente: a suo riguardo una estensione generale pu essere

    fraintesa con una sostanziale indifferenza, la sua preminenza e non deducibilit pu evocare

    impropriamente lidea di assoluto.

    Questa tesi si assume il compito di individuare ci che proprio di tale ordine, il suo tratto

    caratterizzante e il senso del suo manifestarsi. Il tema della nostra analisi sar dunque la

    configurazione originaria in cui lessere ed il pensiero si dispongono in base ad una

    cogenza. Lattenzione verr cos rivolta alle dinamiche insite in quella nozione di

    medesimo che il filosofo reputa massimamente degna di indagine nella quale, a

    partire dallidealismo, non viene pi indicata la mera coincidenza delluguale ma si apre la

    strada allinterpretazione di una coappartenenza, cui non sono estranee una contesa ed un

    accordo.

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    In virt del livello originario del tema, il significato di parole quali legge, ordine o regola

    non pu essere semplicemente applicato a ci che esse devono descrivere. Di pari passo

    con la chiarificazione della logica di Heidegger, infatti, i termini impiegati per definire il

    tema saranno a loro volta pensati e parzialmente ridefiniti in base al loro oggetto. Gi a

    livello procedurale si ha quindi a che fare con una petitio principi che segna

    inequivocabilmente lo scarto rispetto al pensiero rigoroso tradizionale.

    Lo stesso argomento che si intende affrontare, sebbene ad esso siano dedicati molti scritti,

    e, in particolare, lilluminante corso del 44 sulla dottrina eraclitea del , non

    preliminarmente del tutto acquisito. Infatti, uno studio che, come il presente, approfondisca

    un aspetto allinterno di unampia impostazione di pensiero, e che quindi debba isolare una

    questione nei limiti necessari ad unanalisi critica, ha bisogno di ribadire in modo esplicito i

    propri presupposti. Ad imporre questa esigenza il passaggio dalla speculazione e dal

    linguaggio heideggeriano ad un qualsiasi punto di vista che non si annulli nelladesione

    completa alla prospettiva del filosofo. Pertanto, prima di considerare il senso della logica

    originaria, bisogna comprendere in che modo si mostri un rapporto possibile tra

    loriginariet da una parte ed il dover-essere che un ordine esprime dallaltra.

    Il rapporto in questione sar pensato attraverso il concetto di regola o, meglio, attraverso

    il regolare che rende il valore attivo del nel quale si verifica un ambiguo contatto

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    tra senso e alterit. Il luogo teoretico della regola, in cui si dispiega loriginariet, si

    riveler quindi essere la nozione di limite, intesa al modo greco come .

    Si parla qui volutamente di luogo, seguendo la consuetudine di un tipo di pensiero

    rappresentabile, nonostante Heidegger abbia scelto di percorrere con una drasticit ben nota

    le vie rischiose dellimpensato, dove le etimologie alludono e danno segni incerti, e dove

    frecce e grafici, che saprebbero dar conto perfino dellautorevole parola di Kant, si

    dimostrano del tutto inutili. Nel pensiero del filosofo, infatti, lapprofondimento del

    si rapporta alla riflessione sullo spazio, colto per a partire dal concetto di luogo che si

    dischiude al soggiornare umano presso le cose. Per quanto concerne il , quindi,

    avviene una localizzazione gi a livello antepredicativo, nel colpo docchio della

    comprensione che pone luomo in un mondo oltre la geografia dello spazio oggettivo,

    nellimplicita consapevolezza di una proggettualit in cui possibile muoversi. Il

    viene pertanto interpretato, in primis, come struttura della comprensione.

    Il dispiegamento del senso nella comprensione risulta tuttavia possibile solo in virt di una

    disposizione strutturante che sia orientata dalla trasparenza della verit che si delinea nel

    destino dellessere. Il viene quindi pensato come lordine originario dellessere stesso

    e, di conseguenza, del modo in cui lessere si dona storicamente nelle varie epoche e del

    rapporto tra uomo ed essere. In breve, il proprium del si raccoglie intorno al senso

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    del destino: la Moira, rispetto al , esprime un condizionamento simile a

    quellobbligo, a quel dover-essere, senza il quale una regola non sarebbe tale.

    Nella logica originaria si radica cos un carattere di comando, nonostante valga una

    reciprocit nel rapporto tra uomo ed essere nellEreignis, e nonostante lessere si dia.

    Nelle stesse parole impiegate da Heidegger nellanalisi del si registra uninsistenza

    su verbi quali governare ed ubbidire, nelle loro varie forme e declinazioni, e su

    concetti quali legge, ordine e misura. La premessa allo studio sui pensatori aurorali,

    il richiamo allapollineo, conferma, poi, ancora pi decisamente questinterpretazione.

    Heidegger ha sempre manifestato lesigenza di una stringenza che orientasse il pensiero in

    modo rigoroso, a partire dal progetto di unermeneutica della fatticit, quando, sulle orme

    di Husserl, ha tentato di sviluppare un pensiero che fosse cogente senza essere incluso nel

    modello logico scientifico e sottoposto quindi ai suoi assiomi.

    Nella ricostruzione della storia del pensiero occidentale la legittimazione di una stringenza,

    di un obbligo, che si distingua da quello inessenziale che vige nel paradigma onto-teo-

    logico, si annuncia nellautonomia che permette al sia di provocare limposizione

    della tecnica sia di portar fuori lessenziale al modo della poiesis greca. Nel modo pi

    chiaro questo obbligo necessario cio radicato nella necessit dellessere viene

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    tematizzato nelle ultime pagine di Introduzione alla metafisica, laddove la parabola della

    metafisica viene letta in base alla delimitazione dellessere rispetto al dovere.

    In conclusione, ci che si oppone alla logica tradizionale, ossia il pensiero definito dalla

    logica originaria, risulter pi stringente in quanto orientato dal destino. Ed il tipo di

    cogenza che si impone sar pi determinante poich, al contrario di un obbligo generico,

    ininfluente come pu essere quello dellinevitabilit di un ordine pregresso essa

    dipender dalla necessit dellessere.

    Tale pensiero, pur rimanendo ad uno stadio preparatorio, pu essere presentato, in concreto,

    attraverso i propri tratti fondamentali: in primo luogo esso non deve essere separato o

    indifferente rispetto a ci che pensa, e la sua essenza deve essere poietica anzich tecnica;

    viene cos ricercato un pensiero che sia rigoroso ma non oggettivo, che sia riflettente ma

    non deduttivo e che sia in grado di affrontare il negativo senza superarlo, senza essere

    dialettico. Un tale pensiero deve seguire un cammino senza per questo andare avanti e,

    soprattutto, deve essere capace di pensare la propria origine ed il proprio altro.

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    2 - Ilnella filosofia di Heidegger

    Nellavvicinamento preliminare alla filosofia heideggeriana, si vuole evitare di

    decontestualizzare il dallinsieme dei motivi ai quali legato, e pertanto, se possibile,

    si lascer che il nostro tema dispieghi il proprio senso in base allintima necessit con la

    quale viene incontrato.

    Come si affaccia dunque il al pensiero della differenza?

    La parola guida compare in riferimento alla comprensione, allinterpretazione e al

    fondamento, ed da queste nozioni che, di conseguenza, prende lavvio il lavoro della

    nostra tesi.

    Il confronto con i termini chiave della filosofia presocratica, in primis la , il,il

    , l e la , in un certo senso pi denso di implicazioni, ma il legame

    del con il fondamento e la comprensione non verr meno neanche di fronte agli

    sviluppi ultimi della domanda sullessere e allapprofondirsi della riflessione sullEreignis.

    Tale riferimento pu essere, pertanto, preso come punto di partenza.

    In realt linizio di unanalisi del possiede quella stessa componente di arbitrariet

    insita nel voler accedere a un tutto strutturato, poich a tutto che il si collega porre

    in rapporto, collegare, riferire sono infatti le sue accezioni originarie. In tale essere sotteso

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    ad ogni relazione, il collegare autentico arretra sbiadendo apparentemente indifferente

    alle differenze e si afferma un collegare a cui sono riconducibili sia il punto di vista

    filologico che lo traduce discorso sia linterpretazione, che la logica formale ne fa,

    intendendolo come lorigine ininfluente di un ramo della scienza che mira alla correttezza

    formale.

    A partire da queste premesse viene posta ora la domanda: cos il per Heidegger?

    Come viene indicato nella conferenza omonima, in Saggi e discorsi, non si pu dire cosa

    esso sia, giusto solo affermare che o , per parlarne bisogna riferirsi alla sua

    attivit e non a delle eventuali propriet. Non ci si riferisce, infatti, ad una cosa, fosse

    anche intangibile o generale.

    Nella parola , il senso richiamato a proposito del il raccogliere.

    Lego, , in latino legere, corrisponde, come parola, al nostro cogliere (lesen), cogliere delle spighe,

    della legna, delluva, o anche scernere (auslese) [] Questa parola significa: porre una cosa vicino

    allaltra, metterle insieme, in breve: raccogliere (sammeln); con ci le cose vengono contemporaneamente

    distinte luna dallaltra.1

    1Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

    133

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    Limpiego possibile, ladattabilit a pi contesti delle diverse eppure strettamente

    collegate accezioni ampia. Nella lingua greca antica il termine compare in situazioni

    relativamente eterogenee, se si tiene presente il significato specifico che oggi viene ad esso

    attribuito. Nonostante ci si tende, in generale, ad associare alla grecit luso che della

    parola si fatto nella teologia e nella filosofia successive, dando per scontata una

    coincidenza nella comprensione delle diverse epoche.

    In realt, piuttosto che con una coincidenza, si ha a che fare con uno sviluppo problematico,

    che suscita il bisogno di capire come lantico significato abbia una continuit rispetto al

    nuovo o, inversamente, in che modo sia giusto riconoscere nellinizio la premessa di quel

    carattere individuabile alla fine della storia della metafisica.

    Lessenza fondamentale del quindi posta in questione ripensando,

    nellimpostazione invalsa, il senso dalla sua prima, decisiva manifestazione nella chiarit

    del mattino.

    Come si mostra il raccogliere allinterno del paradigma di pensiero occidentale? Quale

    ruolo gioca nel sistema della metafisica?

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    Il raccoglie ogni cosa in ci che generalmente fondato [grnded] e raccoglie ogni cosa a partire da

    ci che unico giustificando la fondazione [begrndend].2

    In base a questa indicazione che compare ne La costituzione onto-teo-logica della

    metafisica, si pu guardare alla prima determinazione del problema, in Essere e Tempo:

    qui il viene preso a tema nel suo rapporto con le nozioni, sopra presentate, di

    giustificazione e fondazione.

    La prospettiva da cui prende le mosse largomentazione heideggeriana quella della logica

    tradizionale, ampiamente accettata ed applicata dalla filosofia. In essa, un giudizio

    giustificato se formulato in conformit ad un processo corretto. Quando si ha conoscenza

    di qualcosa, si asserisce, in modo giustificato, un giudizio vero, e quindi alla nostra

    rappresentazione mentale corrisponde esattamente qualcosa di reale nel mondo esterno.

    Ci che riceve giustificazione, in questo modo, la verit intesa come adequatio

    dellintelletto alla cosa.

    Contestando il presupposto della conoscenza tradizionale, vale a dire della verit come

    adeguazione, Heidegger riferisce la giustificazione ad un altro modo di esprimere la verit

    dellasserzione:

    2 Identit e differenza, trad. di U.M. Ugazio, in aut aut, 1982, nn. 187-188, pp. 2-37, p. 34

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    Ci che viene giustificato lessere scoprente dellasserzione.3

    Non lesser vero tradizionale. daltronde estraneo allindagine fenomenologica,

    particolarmente sentita in essere e tempo, un dualismo del tipo body/mind, cui il concetto di

    verit come copia richiama. A garantire la conoscenza di qualcosa non pu essere una

    corrispondenza rispetto ad una rappresentazione nel senso di unimmagine mentale o di un

    processo psichico.

    Il discorso del filosofo si trova gi in partenza al di qua di un dualismo, presso lente, e

    nella giustificazione si deve mostrare il mostrarsi dellente, ossia lente nel come della sua

    manifestazione, lente in quanto tale, lente come lo stesso di s, il medesimo. Tale

    mostrare lo scoprire che giustificato in contrapposizione allesser vero scolastico -

    metafisico.

    Essa [lasserzione] trova la sua verifica nel fatto che lasserito, cio lente stesso, si manifesta come il

    medesimo. Verifica significa: manifestarsi dellente nella sua identit. La verifica ha luogo sul fondamento

    dellautomanifestarsi dellente.4

    Laltro aspetto del , il fondamento, cui si allude brevemente, precede la

    giustificazione: la base su cui essa viene compiuta.

    3Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970 (XIV ristampa), p. 269

    4Ibidem

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    Il fondamento si collega alla manifestazione dellente, fonda perch d lappartenenza

    dellente ad una comprensibilit, permette cio un riconoscimento in una coerenza, in una

    dipendenza, gi al livello pre-predicativo dellin quanto apofantico non fonda nel senso

    di istituire, di imporre una certezza positiva.

    Non possibile un fuori del : la sua totalit coincide con lorizzonte umano;

    unalogicit impossibile perfino nel caso in cui un Esserci rifiuti scetticamente la

    conoscenza. Nella misura in cui fondare e giustificare fanno parte del modo involontario di

    interpretare lessere-nel-mondo, luomo gi sempre governato dal .

    Si pu indicare la necessit di appartenere alla struttura del con il Wittgenstein delle

    Ricerche filosofiche, riconoscendo che il meccanismo che cerca un ordine , per cos dire,

    sempre acceso. Sarebbe tuttavia un errore pensare che linvolontariet del ed il suo

    essere una totalit includente definiscano o dicano molto a suo proposito: unampia

    genericit potrebbe implicare unindifferenza, potrebbe essere un nome possibile dato ad un

    limite mai esperito, ma il fatto che lappartenere al non inteso come un essere

    incluso in un insieme geometrico, designa bens il modo pi decisivo in cui lessere-nel-

    mondo articolato.

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    Lasserzione, la sua struttura, lin-quanto apofantico, sonofondati nellinterpretazione e nella struttura, cio

    nellin-quanto ermeneutico e, pi originariamente ancora, nella comprensione e nellapertura

    dellEsserci.5

    Il fondare appartiene allinterpretazione delle cose, al vederle come ci che sono e quindi,

    primariamente a chi rende possibile questo processo: luomo. Vale a dire che lapertura

    dellEsserci il fondamento della struttura dellasserzione.

    Unapertura pu gi dare lidea di quale diverso significato di fondamento si abbia in vista,

    pi simile forse ad un pericoloso essere sfondato.

    Ci che nella gerarchia dei rimandi delle giustificazioni si trova al punto originario, non

    quello stesso fondare a cui generalmente si lega la stabilit. Risalendo un meccanismo

    stringente di deduzione, ci dovremmo arrestare nel momento in cui questo fondamento

    sfondato fosse raggiunto. Laspetto pi rassicurante nella logica, il poter contare su una

    certezza infrangibile, che pu sopravvivere agli uomini e che ha ricevuto una

    legittimazione dai propri risultati quando stata usata dal sapere scientifico, qui affronta un

    abisso. Cosa pu allora assicurare la verit, quando il modo di raggiungerla non pi un

    calcolo, una deduzione o un processo esatto?

    5 Ivi, p. 274 (Corsivo mio)

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    In realt niente pu fornirla a buon mercato ed assicurarla, nel senso della certitudo propria

    di un metodo: luomo, come sostiene Nietzsche, fa un tentativo con la verit. Si tratta di

    una scommessa, in cui la posta in gioco lo stesso scommettitore, il quale garantisce in

    base alla propria esistenza, nello strano modo in cui unapertura pu essere un fondamento

    su cui basarsi. Il salto di cui Heidegger parla racchiude uninsicurezza fondamentale,

    legata alla possibilit, tuttaltro che remota, del fallimento.

    Questo coraggio dellerrore [] cio quello dellintimo sacrificio del proprio se stesso nella capacit di

    ascoltare e di imparare.6

    Il fatto che luomo, che non pu estraniarsi dal , possa perdersi nellerrore indica che

    il stesso pu essere fallace.

    Nel momento in cui il tradizionale luogo della verit appare tanto vero quanto falso, si

    impone, prima di tutto, lurgenza di chiarire come bisogna intendere lesser vero e lesser

    falso.

    I nostri termini vero e falso, verit e falsit non coincidono con il senso che i Greci davano alle

    loro espressioni - . Con queste espressioni i Greci intendono piuttosto qualcosa come: verit

    uguale scoprimento o essere scoperto, e , falsit, uguale coprimento o simulazione.7

    6Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 82

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    La verit presupposta. Lesserci gi nella verit perch aperto e interpreta, non deve

    ricomporre un dualismo ma la dimensione in cui si trova gi vera in quanto orizzonte o

    sostrato, in un senso che non esclude paradossalmente la falsit di ci che vi si manifesta.

    Il modo di essere vero degli enti in partenza anche falso, perch la verit, in cui ci si

    muove, non trasparente: una apparenza ingannevole la dissimula senza nasconderla

    completamente, rendendola del tutto separata, e la mostra nella maniera contraffatta della

    parvenza.

    Dunque la verit c, ma in modo travisato. Primariamente gli enti con cui si ha a che fare

    si mostrano nel modo del coprimento. Ci che disponibile a portata di mano nasconde

    tenacemente il proprio senso autentico e, di conseguenza, anche se si vive gi sempre nella

    verit, per poterla raggiungere si impone uno sforzo, che si traduce in un sovvertimento

    aggressivo del modo di interpretare ci che dato, lazione con cui ci si volge al

    raggiungimento del senso autentico pu essere associata ad un furto, come Heidegger

    sottolinea in riferimento allalfa privativo dell-.8

    7 Ivi, p. 109

    8Fink mostra questa idea radicalizzandola nella lettura del il frammento 26 di Eraclito (Luomo si accende

    una luce nella notte, quando spento nelle sue possibilit di vedere): Il frammento allude allinstabile

    posto delluomo fra notte e luce. E questo si rivela quando capace di schiarire [ lichten] la notte. Luomo

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    Linterpretazione degli enti non pu quindi fare a meno di un continuo scavo che

    nellinterpretare traccia un percorso completamente legato allio che lo compie (pu essere

    un uomo come anche un popolo) e che nel fare questo conquista comunque un senso per la

    prima volta, al modo di una creazione. La ricerca profonda, diretta alle cose stesse,

    quando attenta alla manifestazione effettiva degli enti, scoprente.

    C coprimento, invece, nel momento in cui il legame diretto con il senso si allontana, fino

    a perdersi del tutto. Nellovviet generata dalla sicurezza, dal non bisogno di interrogare,

    linterpretazione si cristallizza, mantenendo solo un collegamento apparente con la propria

    origine.

    Il mettere insieme dunque potenzialmente coprente.

    Heidegger prova a chiarire la configurazione di un tale essere falso tramite lesplicitazione

    di alcuni pronunciamenti aristotelici che compaiono nel De interpretazione, ricavandone

    uno schema che si rivela come egli ammette ancora inadatto a cogliere la complessa

    articolazione del fenomeno.

    una sorta di prometeico ladro del fuoco. Dialogo intorno ad Eraclito, trad. di M. Nobile, a cura di M.

    Ruggerini, Coliseum, Milano 1992, p. 229

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    Il filosofo riassume quindi tre opposizioni: sintetico-diairetico, scoprente-coprente,

    affermativo-negativo.

    La capacit denotativa delle distinzioni si rivela limitata perch esse non sono esclusive e

    quindi non permettono di spiegare in base ad una suddivisione quello a cui sono riferite.

    Ci nonostante esse evidenziano alcune caratteristiche che contribuiscono a chiarire il

    nostro tema nella sua generalit. I tratti della prima opposizione, in particolare,

    soggiacciono alla base di tutte le altre e possono essere riscontrati tanto nella negazione e

    nellaffermazione quanto nello scoprimento e nel coprimento. Viene infatti alla luce che la

    e la non sono due forme ripartibili dellasserzione, ma sono

    riconducibili ad ogni enunciazione, e quindi appartengono ad uno stesso ambito

    [Zusammengehren] che unifica il fenomeno dellasserire.

    Il mettere insieme del viene pensato attraverso il raccogliere della e

    attraverso il separare del suo opposto, la , nel modo in cui Sammeln ed auslese

    rientrano nel lesen.

    In virt dellapprofondimento di tale dinamica interna si pu riflettere adesso sulla

    apparente anomalia che si incontra nel riconoscere che c anche nella maniera del

    coprimento:

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    Il coprimento infatti (in quanto tale) sempre un mettere insieme (De anima, 6, 430 b 1).9

    Si , tuttavia, sottolineato che

    Il coprimento altrettanto quanto lo scoprimento avviene (sempre) nellambito del mettere insieme e del

    separare (De interpretazione,1, 16a 12).10

    Qual , dunque, il fenomeno unificante a cui lopposizione si riferisce? E come si configura

    il mettere insieme unente separante rispetto a allessere vero o falso?

    Si gi notato che la pienezza del mostrare nel consentita dalla contestualizzazione

    dellintorno-a-che che circonda, accoglie e fonda linterpretazione; la sintesi e la

    vanno allora riferite allin-quanto.

    Nel comprendere siamo gi sempre oltre le cose circostanti, il coglierle quindi un

    retrocedere che mette in rapporto con enti determinati nellin-quanto di ci che sono.

    Riformulando allora gli interrogativi, ci chiediamo in che modo lopposizione interna al

    mettere insieme possa e, ancora prima, debba riferirsi a questo comportamento

    fondamentale dellesserci, definito come un retrocedere verso quel che viene in contro

    trattenendosi gi sempre nel punto da cui provengono il significare ed il comprendere:

    9Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 91

    10Ibidem

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    Ci da cui proviene il significato devessere condotto al che-cosa della significazione e collegato con esso

    (), condurre e collegare in cui nel contempo incluso che la provenienza del significare e la cosa da

    significare siano presi separatamente e debbano restare separati nel compimento della significazione. Questo

    collegare [Zusammensetzen] e questo condurre [Zusammenbringen] sono possibili solo nel tener-separati

    [Auseinanderhalten], e, allinverso, il tener-separati stesso a sua volta possibile solo come questo

    determinato tener-separati in un inafferrabile tener-insieme [Zusammenhalten]. Si vede quindi come il

    significare di fatto si possa cogliere grazie alla struttura di in-quanto con laiuto delle determinazioni formali

    della e della .11

    Gli enti possono non essere interpretati nel modo giusto quando si contravviene allordine

    di aggregazione in cui compaiono, in base alla loro natura, un modo, questo, di chiudersi,

    rifiutandone losservazione.12 Ma gi il pi semplice comprendere, pu essere vittima di un

    errore, fraintendendo, in accordo con la coerenza dellin-quanto, lapparire di un ente con

    un altro, dato che si comprende sempre, in un modo o nellaltro, perfino quando si

    comprende di non aver compreso.

    11 Ivi, p. 100

    12(Met. 10, 1051 b 2-5) Questo per, ossia lo scoprimento e il coprimento, consiste in riferimento alle

    cose essenti nel fatto che tali cose giacciano (gi) insieme o che siano prese nella loro contrapposizione,

    cosicch scopre chi prende le cose contrapposte nel loro essere contrapposte e le cose che giacciono insieme

    nel loro giacere insieme; mentre copre chi nel considerare qualcosa in quanto qualcosa, nel farla cio vedere

    parlandone, si comporta in modo opposto rispetto allente. Tradotto da Heidegger in Logica, il problema

    della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 111

    19

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    Lavventura dellinterpretazione allora, il salto, non del tutto disorientato, si deve

    strutturare altres come una scelta, nel raccogliere, diretta verso lessere e la difesa

    dallapparenza.

    Il problema si configura in una dicotomia, una scelta esclusiva tra le due possibili vie

    percorribili dalluomo: Heidegger rivolge il pensiero al poema di Parmenide, nel quale si

    colloca la scelta obbligata tra la via dellessere, scoprimento, e quella del non essere,

    nascondimento.

    La via dello scoprire raggiunta solo nel , nella distinzione consapevole delle due possibilit enella decisione per la prima.13

    Il decidersi per luna o per laltra appare come una scelta riguardo al (),ma lespressione parmenidea si avvicina ad una tautologia, poich il significato dello

    scegliere stesso si avvicina qui alla determinazione del che distingue dando un ordine

    gerarchico.

    E affatto non deve labitudine assai cattivante costringerti in questa direzione,/ sicch tu ti perda in un

    guardare a bocca aperta, senza vedere, e in un ascoltare frastornante,/ in un parlare facondo; ma tu risolviti

    13 Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970 (XIV ristampa), p. 274

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    distinguendo, raccogliendo insieme, e prospettandoti la rappresentazione del molteplice conflitto da me

    offerta.14

    Questa la via aperta sulla precariet dellessenza umana, la via cio che si fonda

    nellapertura, e che diventa un percorso e non solamente uno spazio, solo nel momento in

    cui raggiunge chiarezza, nella scelta, appunto, del modo fondamentale di essere dello

    svelamento. Per poter dire tale chiarezza si deve essere giunti a vedere il rischio della

    precariet da cos vicino che solo i pi arrischiati possono essere dicenti, ci spetta pertanto

    ai poeti che hanno saputo cogliere il velamento dellessere nella sua forma pi radicale e lo

    hanno riconosciuto come il senso profondo della nostra epoca: Heidegger risponde alla

    domanda che Hlderlin pone nellelegia Pane e vino (perch i poeti nel tempo della

    povert?) investendo chi pensa essenzialmente, in poesia, del compito di trasmettere agli

    uomini un monito di salvezza che sorge dal fondo stesso del pericolo.

    Heidegger lascia perci che siano i versi di un poeta, Rilke, ad esprimere linsicurezza

    dellesistenza delluomo:

    Come la natura abbandona gli esseri/ al rischio della loro sorda brama, e nessuno/ particolarmente protegge

    nei solchi e sui rami,/ cos anche noi siamo, nel fondamento primo del nostro essere,/ non particolarmente

    14 (Traduzione heideggeriana di Parmenide) Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi,

    presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p. 180

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    diletti. Siamo arrischiati. Soltanto che noi,/ pi ancora che pianta o animale/ su questo rischio andiamo, lo

    vogliamo talvolta anche/ siamo pi arrischiati (non per nostro vantaggio)/ della vita stessa;

    ci che, infine, ci custodisce/ il nostro essere senza protezione, e che noi/ ci siamo rivoltatinellAperto,.15

    Luomo si trova di fronte ad un ente che si rifiuta, si ritrae. Egli si mantiene, in quanto

    esser-ci, innanzi alla rinuncia allente ed esperisce, nel rifiutarsi dellente in mezzo alla

    manifestativit, il rapporto al non dellessere. Le-sistere necessita luomo a non essere

    lente che , per tanto la scelta tra la via dellessere e quella del non essere ha il carattere di

    una de-cisione, della quale abbiamo evidenziato il modo non procedurale del suo

    dispiegarsi, ossia il salto.16

    Possiamo adesso, considerando la poesia di Rilke, determinare pi a fondo il passaggio che

    avviene nello sprung: lassicurazione dello slancio e lindicazione della direzione da

    prendere.

    15Sentieriinterrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 255

    16 Laccesso allessenza ha sempre qualcosa di immediato e ricorda sempre il momento creativo, liberamente

    scaturito. Per questa ragione parliamo di un balzo, anzi di un balzo preliminare nel farsi-essenza della verit.

    Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p. 144

    22

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    Tale movimento si svolge tra due inizi. Il primo, da cui trae lo slancio, quello in cui

    laccesso originario alla verit stato concepito come correttezza. L, la verit -

    copia, la correttezza non solo una degenerazione nellinterpretazione dell ma

    gi presente presso i Greci, sebbene nellantichit essa fosse ancora ambiguamente

    affiancata al suo fenomeno pi originario, come si riscontra, ad esempio, nel libro 10

    della Metafisica. Il momento attuale, nel quale la tecnica domina, si raccoglie

    completamente nella forza dellinizio, che ha inteso la verit come correttezza, limitandosi

    a portare alle estreme conseguenze quel primo fondamentale passo: non c stato alcun

    progresso, o evoluzione, a livello essenziale, si pu parlare piuttosto di una riaffermazione

    radicale della profonda appartenenza metafisica dellet delle macchine alla propria antica

    origine. La mancanza dellessere, nel tempo della povert, legata infatti a quelloblio

    iniziale che avvenne gi necessariamente in Platone ed Aristotele. Di pi: solo adesso

    che dellessere non ne pi niente, che stata cio dimenticata la mancanza dellessere

    in quanto mancanza, si pu cogliere, nella risonanza di ci che nellinizio rimasto

    impensato, quello che degno di essere domandato (Fragwrdigste).

    La nostra epoca storica ha il compito di porre la domanda sullessere perch, nelloblio che

    dimentica se stesso, il senso delloblio si dispiegato in modo completo, e dunque stato

    guadagnato il punto pi perspicuo sulla perdita. Allo stesso tempo, per, questa postazione

    23

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    anche la pi necessaria nel porre la Seinsfrage: poich il negarsi dellessere si presenta

    ora quanto mai lontano dallillusione di un sua possibile soluzione, si ha lopportunit di

    pensare lessere in base alla necessit del suo abbandonare, senza riconoscere

    nellabbandono il carattere difettivo di uno o pi impianti di pensiero affermatisi nella

    storia della metafisica, bens cogliendo il bisogno nellessere, in s, di andare via da s.

    Il salto che parte dallimpostazione dellinizio greco non si allontana nellignoto ma si

    dirige verso quello stesso momento in cui lessere ha fatto la sua pi fulgida comparsa

    nascondendosi; si volge al primo inizio, eppure ci a cui tende non potrebbe in alcun modo

    essere una semplice ripetizione di quanto gi stato. Ci che si ha di mira , infatti, il non-

    accaduto, ossia la ricerca, oltre la manifestativit dellente, dellintima connessione dello

    svelamento con il velamento.

    La meta dunque un altro inizio, il quale coincide con lappartenenza allaperto cantato

    da Rilke.

    La misura del salto viene data dallobiettivo, lapprodo il riferimento ma anche,

    paradossalmente, la base, perch si ha in vista lappartenenza allorigine (Ur-sprung). Di

    conseguenza, avere nella meta il principio autentico fa s che si prenda fondo in qualcosa

    che ancora non c, che pu essere in qualche modo individuata sebbene manchi. Il

    movimento assume cos un sviluppo circolare mostrando una dinamica sottesa al passaggio

    24

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    tra i due inizi, insita tanto nel fondare quanto, primariamente, nel modo in cui il nostro ci

    corrisponde allevento dellessere: muoversi a partire dallassicurazione di un terreno

    significa primariamente andare via da essa

    Il compito richiesto a chi si trova nellavvento di una scaturigine quello di sopportare

    linizialit. Di fronte al rischio preteso lardire di fondare il fondamento, il che

    comporta il consentire alla filosofia di seguire il proprio corso; nellisolamento del

    principio non vi nessun sostegno, se non in un senso particolare il destino, cio la

    conformit alla natura, allordine intrinseco, alla necessit, in base alla quale si lascia che la

    filosofia sia fondante. Obbedire al destino rende il fondare, nel suo dispiegarsi,

    completamente estraneo allarbitrio di una mancanza di giustificazione, anche quando,

    nellassenza di un appiglio, si afferra solo a se stesso. Pertanto il salto che sopporta

    laperto, pur essendo compiuto nella distanza rispetto a ci che primo, in questa distanza

    anche, tramite la costrizione del Geshick, nella prossimit dellinizio.

    stato gi riconosciuto il fondamento ultimo nell apertura dellesser-ci, laperto che viene

    ora nominato, come suggerisce facilmente la parola, da un lato ci che viene dischiuso

    allapertura ma al contempo aggiunge qualcosa di non implicito nella forma verbale del

    participio: Heidegger pone in secondo piano la deiezione e la trascendenza, per designare

    con la parola il non oggetivizzabile per eccellenza nonch lappartenere allevento del

    25

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    dileguare indugiante dellessere. Linsieme che prima si poteva cogliere nellordine di un

    orizzonte, ora delineato nei propri contorni dallaccecante bagliore di un fulmine e

    dalloscurit che ne segue. Heidegger si orienta infatti verso levento come parola chiave

    del proprio pensiero.

    Nella posizione della coappartenenza delluomo allessere dellevento-appropriazione, il

    fondamento si mostra in una determinazione ulteriore.

    Heidegger collega, infatti, allEreignis un tratto dellenergheia, tradotto stare-in-opera, e

    dellentelechia, aversi nella fine. Eignung, per il filosofo tedesco, dice la dynamis

    aristotelica, attitudine come un modo di venire alla presenza, quindi Er-eignis/Er-

    eignung rendere possibile che solo in virt del proprio divenire, solo in quanto non

    ancora gi.

    Si pu affermare quindi che il fondamento in ultima analisi il rifiutarsi dellessere e la

    possibilit suprema.

    Con lanalisi dei concetti heideggeriani di comprensione e di fondamento stato dunque

    delineato il contesto problematico a partire dal quale il viene pensato: Il

    raccoglie ogni cosa in ci che generalmente fondato [grnded] e raccoglie ogni cosa a

    partire da ci che unico giustificando la fondazione [begrndend].

    26

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    3 - Ordine e dovere

    3.1 Il problema della regola

    La comprensione si fonda nellunione separante e nella separazione unificante dellin

    quanto apofantico. il colpo docchio.

    Al sorgere del significare noi ci troviamo per cos dire a casa nel mondo: nellinsieme dei

    collegamenti, dei rimandi che si mostrano gi nel vedere senza guardare, viene affermato il

    senso come sfondo, si cammina in esso come in un luogo, il mondo, appunto. Cogliendo il

    mondeggiare si riuniscono le cose in un raccoglimento, il quale, a sua volta, praticabile

    solo ammettendo una differenza, tra le stesse cose, tale che la loro molteplicit non possa

    essere mai del tutto perduta in ununificazione.

    Chiarificando la dinamica del Heidegger delinea un ordine. Ci non avviene

    semplicemente perch lesplorazione filosofica di qualsiasi tema imponga inevitabilmente

    di comporre una questione nella purezza di schemi teorici, ma ha una valenza ulteriore, non

    scontata. Si tratta anzi di ordine nel modo pi estremo, la cui costituzione implica forse la

    distanza del filosofo rispetto agli scritti giovanili di Nietzsche e al suo Dioniso.

    Nel comprendere emerge la mondit, cio lassetto del mondo, la comprensibilit quindi

    il riconoscimento di una regolarit: attraverso lordine, il mondo chiarisce il proprio

    27

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    movimento, diventa ci che perch viene compreso in quanto ci che , ha una forma ed

    un limite perch, anche se appena accennata, una regolarit lo pervade.

    Parlare di regola, tuttavia, particolarmente ambiguo. Sia linterpretazione tradizionale

    del , sia quella originaria Heideggeriana potrebbero infatti essere espresse tramite

    questa stessa parola, se le sue diverse accezioni non venissero esplicitate.

    Cosa si comunica, dunque, nella comprensibilit, circa la configurazione di una legge o

    regola?

    Viene colta generalmente una distinzione tra un regolatore ed un regolato, rispetto ai quali

    si pu intendere come regola tanto linsieme di entrambi, considerati come esempio,

    modello, quindi norma e perci regola, quanto il rapporto che tra i due poli intercorre,

    cio il regolare. Regola pu essere quindi limposizione di un ordine a qualcosa; la

    descrizione di tale comando, cio una formula; oppure lo scaturire, lessere in atto,

    efficiente dellordinare (nel duplice significato di configurare e di governare).

    Del , come abbiamo precedentemente accennato, Heidegger non dice cosa

    propriamente sia, ma sostiene che

    28

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    Alla domanda che chiede che cosa sia il , c solo una risposta adeguata. Per noi essa suona: o

    .17

    Similmente, per una regola che fosse al punto estesa da coincidere con il tutto (al pari del

    v) non sarebbe giusto dire cosa essa sia ma, per coglierne lessenza, bisognerebbe dire

    che essa regola.18

    17Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 150

    18 Useremo, dopo le dovute spiegazioni, regola e legge come sinonimi. Heidegger, nel rivolgersi ad un ordine

    originario, impiega in genere la parola legge (Gesetz), mentre con regola (Regel) si riferisce ad un ordine

    positivo, come, ad esempio, quello scientifico. (Linizio viene raggiunto solo quando noi facciamo

    esperienza della sua legge, che non pu diventare una regola, ma rimane unicamente di volta in volta lunicit

    del necessario. [ Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia,

    Milano 2003, p 38] o la disciplina ha il sopravvento sulla cosa di cui la disciplina tratta. Ci che proprio

    della cosa non lo stabilisce pi la cosa stessa, la sua legge essenziale o il suo fondamento essenziale ancora

    nascosto. [Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 154]). Della legge il filosofo parla anche a

    proposito del principi del pensiero (Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 151) dove

    essa legge in quanto Ge-setz, insieme di ci che posto.

    In Italiano, tuttavia, non possibile una traduzione della forma verbale di legge: essa suonerebbe legiferare

    o legalizzare. Pertanto, quando spesso si vorr significare il movimento ordinante, si user il verbo

    regolare o ordinare.

    29

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    Non si vuole banalmente sancire linsufficienza di ogni possibile descrizione riguardo ad un

    oggetto eccelso, a cui si addica solo lauto-predicazione, si mira bens ad evitare il

    laborioso affaccendarsi tipico proprio di un soggetto che la seconda accezione di regola

    chiama in causa formalizzando la comprensione di un ordine. La formula che ne deriva

    infatti una struttura operazionale vuota riferibile ad un contenuto: tra la formula ed il suo

    possibile materiale presente una distanza perch si presuppone uno scarto tra un soggetto

    che attribuisce la legge e un oggetto che la riceve.

    chiaro che lo stile di pensiero che qui gioca quello della scienza moderna, e della logica

    formale nella misura in cui le due dottrine condividono la loro impostazione. Ed

    altrettanto ovvio che il problema della legge cos intesa, a seguito dalla separazione

    rispetto alloggetto, non sostanzialmente quello di una eventuale arbitrariet nel compiere

    il riferimento, giacch nessuno mette davvero in dubbio, ad esempio, che la gravitazione

    universale si applichi alle masse. Il concetto di formula in realt inadeguato ad esprimere

    il regolare nella sua vicinanza semantica al perch il che cosa, anzich essere

    colto, viene appunto attribuito. In atri termini, attraverso la manipolazione operata dal

    linguaggio della scienza la cosa viene resa comprensibile e quindi piegata alluomo, o

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    meglio alla volont delluomo la stessa volont che, ad un livello pi profondo, per

    mezzo delluomo, si vuole.19

    Il legame tra il senso di regola che abbiamo menzionato per secondo e quello che si mostra

    nellimporre un ordine piuttosto stretto.

    Infatti cifre, quantit nel loro rapporto, valori possono apparire come uno scheletro da

    infilare nella materia inerte al fine di articolarla e conferirle un comportamento osservabile,

    ma ci che garantisce la funzionalit del processo una necessit attiva "per costruzione".

    Si delinea, quindi, limposizione di un dovere al modo di unintrusione.

    Rivolgersi invece a ci che nella regola il puro regolare esclude in partenza un ruolo per

    elementi positivi o estranei allessenza, ma si pone il dubbio della effettiva percorribilit di

    questa via, se cio in un certo modo lordinare sia impensabile senza una costruzione che lo

    sostenga. Una risposta pu essere trovata nella trattazione heideggeriana del fondamento e

    della giustificazione, i quali, in un certo senso liberano il per il suo raccogliere. La

    19 La tecnica al tempo stesso lorganizzazione e lorgano che vuole il volere per il volere [Willen zum

    Willen]. Le stirpi umane, i popoli e le nazioni, i gruppi e i singoli sono dappertutto soltanto voluti da questa

    volont e non certo di loro iniziativa, vale a dire non traggono da se stessi lorigine e il centro di questo

    volere, bens sono solo i suoi esecutori spesso perfino riluttanti. Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano

    1993, p. 127

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    possibilit della terza accezione di regola per sancita, ancora prima di ricorrere al

    paragone con il che non vogliamo presupporre , se ad essere in questione una

    regola totale: lordine articolato non deve ricercare la propria origine in un soggetto

    osservatore che istituisce un dovere poich la legge cos estesa che cade essa stessa sotto

    il proprio governare.

    In tal senso si pu spiegare il capovolgimento/riappropriazione compiuto da Heidegger

    rispetto alla definizione aristotelica di uomo, da = a =

    .20 La struttura della comprensibilit del mondo comprende

    anticipatamente ogni possesso umano. La legge il mondo stesso colto nel proprio

    automovimento "vincolato".

    Interpretando la regola nel suo vigere non si aggiunge nulla che non sia gi parte del

    regolare stesso. dunque ugualmente sbagliato rappresentarla, ad esempio, come un

    qualcosa che unifica, o -per cos dire- attraverso un filtro negativo, come lessere unificato

    di ci che unificato: il regolare avviene nel margine di ci che qualcosa. Il limite che

    20Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

    181

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    cos viene costituito non un semplice irrigidimento nella immobilit della sicurezza, ma

    nella sua linea di confine si avvicina al senso greco di :

    il fisso ha qui il significato del delimitare, del lasciar essere nei propri limiti (), del tracciare un

    contorno. Nel senso greco, il limite non imprigiona, ma, nel suo esser-prodotto, immette lesser presente nella

    sua apparizione.21

    Il regolare dunque ci che nella differenza tra le cose che regola, originando allo stesso

    tempo tale differenza. E altrettanto viene delineato a proposito del :

    Il suo posare stesso , nella dia-ferenza, ci che regge. 22

    Osservando, tuttavia, la questione concretamente come se la regola sparisse dentro alle

    cose, senza lasciare traccia, oppure, il che paradossalmente lo stesso, sembra che siano le

    cose a sparire, lasciando emergere solo il loro senso ossia la coerenza, la regolarit che la

    legge esprime. Se, dunque, per limite si intende una separazione, essa non pu essere

    situata tra la regola e le cose: la regola in un certo senso sola, essendo le cose gi regola

    poich il loro essere posto dal senso che essa determina. Il significato di una legge,

    21Sentieriinterrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 66

    22Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 151

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    quindi, non va inteso come il limite nel modo di un confine esterno, un contenimento, ma

    come il tratto fondamentale del modo di essere, dellarticolazione.

    Se si ricerca invece un confine, lo si pu trovare rispetto allessere-completamente-estraneo

    al senso della regola. Questa totale alterit non esperibile in s, altrimenti sarebbe

    compresa, ma viene ammessa nella maniera di un prima nella domanda riguardo

    allinspiegabile origine del darsi di un senso. Il significare non infatti linsieme di un

    percorso graduale, ma c un primo momento in cui il senso si da, per cos dire, dal nulla.

    Nellinquietante contiguit di ci che separato da un confine abissale avviene dunque un

    passaggio, sebbene laldiqu di questo passaggio sia, fin dallinizio, governato da un

    ordine. Capire cosa sia lAltro pertanto precluso, ma il fatto che lordine e lAltro

    condividano il proprio margine permette di cogliere lalterit dal punto di vista delper noi.

    Ci che quindi misterioso e Fragwrdigste, nellorigine, riguardo alla legge, proprio la

    necessit che la fa essere tale legge. Questa costrizione per noi il darsi dellalterit e, al

    contempo, lessenza del regolare.

    Nellanalisi del , il dovere in questione sar, allora, il criterio selettivo con cui leggere

    la ricostruzione della storia della logica, e quindi della filosofia in toto, operata da

    Heidegger.

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    Non ignoriamo che, nel raggiungere questo punto di vista, venga compiuta una

    semplificazione rispetto allinsieme delle determinazioni del : il da noi

    chiarito, infatti, a partire da una delle diverse accezioni del regolare. Tale scelta, tuttavia,

    non dettata dal bisogno di cercare un sinonimo che sostituisca la nostra parola guida,

    sebbene anche una traduzione qualora possibile potrebbe essere utile a spiegarne il

    significato; ma si fonda sulla convinzione che la restrizione del campo semantico compiuta

    con lordinare, il regolare, comunichi lessenziale.

    Non ignoriamo neanche che il filosofo rifiuta linterpretazione del come legge

    universale, ma non a tale concezione che ci si riallaccia. Riferendoci al regolare nella sua

    purezza, il concetto di legge viene inteso tramite una precisazione, una correzione: (1) la

    legge non costruita, non positiva; (2) lapparire del suo ordinare dal nulla, senza un

    appiglio a qualcosa che la preceda; (3) non usata, perch non applicabile n nel senso di

    , n nel senso strumentale del paradigma scientifico, che la impiega per penetrare

    manipolativamente la Terra o per fornire giustificazione.

    Nellinsieme delle connessioni evocate dalla legge, ha cittadinanza tanto il pensiero

    normativo, quanto quello originario; per mezzo di essa il viene posto in prossimit

    dellambigua origine da cui si sviluppato, nella storia della filosofia, anche lorientamento

    che ha condotto alla chiusura del linguaggio logico-scientifico.

    35

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    3.2 La mancanza dellessenza del regolare nella filosofia occidentale

    Il nellantica Grecia aveva una gamma di significati molto vasta, alla cui radice

    comune, come abbiamo segnalato precedentemente,23 Heidegger pone il mettere insieme.

    Ma di primaria importanza anche il suo valore di linguaggio (per cui non esiste alcuna

    altra parola sostitutiva) nonch limpiego come discorso e, conseguentemente, come

    enunciato.

    Insieme, poi, alla designazione di questo o quel singolo significato, nelluso del termine si

    prevede un riferimento a qualcosa rispetto a cui il termine agisca, in virt della costruzione

    . Viene cos richiamato il carattere ostensivo legato allispirazione profonda

    del v.

    Allinterno della filosofia, il indica specificamente uno dei tre ambiti in cui si

    struttura la conoscenza: , accanto alla ed .

    La tripartizione, secondo Sesto Empirico (Adv. Mathematicos VII, 16), fu esplicitata per

    la prima volta da Senocrate, sebbene, di fatto, essa veniva rispettata gi a partire da

    Platone.24

    23 Cfr tesi, II.

    24Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 5

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    Fino ad oggi questa suddivisione rimane generalmente valida, tuttavia lampiezza e la

    profondit che si dischiudono alle attuali dottrine della fisica, delletica e del

    rispecchiano la codificazione, in senso riduttivo, di cui le parole greche di riferimento

    (, , ) sono state oggetto nel corso della storia.

    Allo scarto generato dalla differente interpretazione dei nomi delle varie scienze, va poi

    aggiunto lulteriore mutamento di prospettiva che investe anche il loro stesso essere

    scienze, cio :

    Che cosa significa ? Il verbo corrispondente , vale a dire porsi qualcosa di fronte,

    trattenersi presso di esso e stargli davanti affinch si possa mostrare. [] Traduciamo quindi con

    avere un sapere di qualcosa [Sich-auf-etwas-verstehen] .25

    lessenza tecnica della scienza moderna a segnare notoriamente, per il filosofo, la

    differenza fondamentale rispetto alla conoscenza antica, nonostante tra le due concezioni ci

    sia anche un nesso di derivazione.

    In un modo che bisogna approfondire c infatti ancora un nucleo di nella

    Wissenschaft, anzi, lo sviluppo sproporzionato della tecnica porta a maturazione una

    connessione originaria rispetto alla .

    25Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, pp. 126-7

    37

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    Nelletimo di risuona il verbo (generare), il quale pone in risalto laspetto del

    portare fuori proprio di una generazione (ci si rileva, ad esempio, nella parola

    architetto: da questultimo, in quanto l di un , nasce qualcosa come un

    progetto26).

    A differenza del generare naturale, per, usato in Greco per indicare unattivit

    creatrice tipicamente umana, per mezzo della quale qualcosa viene posta nel non

    nascondimento, e non scaturisce unicamente da s, nella maniera della natura. Essendo

    questo immettere, la tecnica lorientamento che lo dispone e che, come proprio

    carattere fondamentale, sa gestire il rapporto con il non nascondimento. Si mostra cos un

    una capacit, simile ad una astuzia, che non ha nulla a che vedere con la moderna

    mobilitazione totale (Ernst Jnger).27

    26 Ivi, p. 133

    27 Nel sapere della rientrano contemporaneamente arte, mestiere, abilit e furbizia, come avviene, ad

    esempio, per linglese craft.

    Nellattuale comprensione della tecnica, sono ancora mantenute alcune di queste sfumature, tuttavia si pu

    cogliere una opposizione totale tra antico e moderno laddove nel primo si indica una manualit, mentre nel

    secondo un impiego impersonale.

    38

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    Come si posta allora, alla luce del senso greco di scienza, l?

    La filosofia ha elevato a sistema una dinamica gi presente nellesperienza generale del

    , anche ad un livello comune ed immediato.

    In base alla struttura del -, nello stabilire, nel contrapporre, nel misurare

    quotidiano, un ordine sensato appare sempre riferito a qualcosa e, pertanto, individuare

    lente con ragionevolezza al contempo far vedere ci a cui ci si riferisce, nel suo essere

    compreso.

    Il carattere apofantico poi, il mostrare, subisce dispiegandosi un lieve, eppur importante,

    mutamento: diventa il dimostrare. Un ragionamento, e quindi il discorso in cui si esprime,

    devono poter dare prova del proprio fondamento.

    In egual modo, nella scienza logica, si manifesta una necessit di fornire ragione,

    .

    Il corrispettivo filosofico del comune bisogno di giustificazione per, molto di pi di una

    semplice versione teorica di un uso della lingua. Piuttosto limpostazione data dal pensiero

    platonico-aristotelico rappresenta quellinizio rivoluzionario, il primo inizio, che sancisce la

    La tecnica alla greca anche, pi in generale, uno dei tratti dello stile di pensiero heideggeriano, riconosciuto

    da Derrida nell artigianalit, del tutto particolare, con cui si dispiega. (ConfrontaLa mano di Heidegger, J.

    Derrida, Laterza, Bari 1991.)

    39

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    fine della filosofia greca e linizio della metafisica. Il senso del dare ragione dunque

    dipeso da tale determinazione, e pi in particolare dal modo in cui stata posta la domanda

    metafisica fondamentale sulla verit: non stata interrogata lessenza della verit, bens

    il vero sul quale sono posti il nostro agire ed il nostro essere.28

    Lorizzonte della domanda quindi lessere dellente. La verit di un ente la sua

    ostensione, lessente gi la pi semplice e forte dimostrazione di s.

    In questo contesto la verit come adeguatio prende forma, ma non viene per fondata, non

    ve ne bisogno proprio per la particolare posizione dellinizio: Aristotele non doveva

    dimostrare lesser vero dell , poich egli viveva dentro alla verit in cui tale

    evidenza si disvelata, cio la verit come disvelamento, l -.

    La risposta alla domanda che chiede il fondamento dellessere dellente la ricerca

    dellessenza.

    Aristotele determina lessenzialit in quattro modi: il generale, la provenienza, ci che

    rispetto alla cosa precedente e ci che le soggiace in quanto fondamunto; ma la risposta

    28Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p. 35

    40

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    pi propria al cos, nonch la formulazione pi carica di conseguenze per la storia della

    metafisica in cui i quattro modi si unificano , lidea.

    Lessenza quel qualcosa che . E quel che il caso di volta in volta singolo lo incontriamo come quel che,

    nel rapportarci a questo singolo caso, di volta in volta abbiamo nello sguardo. [] Una cosa vista quando si

    vede cosa essa sia, il che cos, lessenza. Lessenza di una cosa quindi lidea, e inversamente: lidea,

    ossia la cosa quando vista in questo determinato senso, laspetto offerto dalla cosa in quel che essa ,

    lessenza della cosa.29

    chiaro che, in conseguenza di queste premesse, una fondazione nel senso consolidato non

    esiste:

    Fornire [] la prova, mostrando nella sua essenza la cosa stessa nominata, ovviamente il modo pi sicuro

    ed immediato di procurare allenunciazione il fondamento su cui poggia quel che essa dice, coincidendo quel

    che essa dice con quel che si anticipatamente mostrato.30

    Per provare ci che ai Greci era gi chiaro, si ricorre quindi allidea, cercando in essa una

    base per il fondare che originariamente volto allaperto, ma il dare fondo consisteva

    29 Ivi, p. 52

    30 Ivi, p. 59

    41

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    appunto, in quanto idea, nel condurre anticipatamente allo sguardo lessenza, portandola

    fuori dal suo essere nascosto.31

    Si pu ora cogliere come il a cui Heidegger collega l abbia, nel processo

    del giustificare, uninfluenza decisiva, poich la giustificazione pro-duce la cosa a partire

    dal velamento.

    A causa della propria particolare posizione nel-mezzo dellente, come il custode del non-

    nascondimento, luomo non si pu adeguare alla misura della con lessere

    semplicemente egli stesso. Per commisurarsi alla natura e comprenderla si

    presuppone un distacco nei suoi confronti, sebbene, attraverso di esso, sia alla natura stessa

    che ci si volge.

    La tecnica quindi il sapere che comprende la cosa nel suo manifestarsi a partire dal

    velamento, vale a dire, il sapere che coglie laspetto, l, lidea, tramite un produrre ed

    un approntare, in corrispondenza alla totalit dellente nella quale luomo insediato.

    Il modo di procedere di questo sapere per pu non dirigersi solo verso la comprensione

    della :

    31 Heidegger riassume in una sentenza il proprium dellapproccio greco: Gli antichi greci pensano con gli

    occhi, ossia con gli sguardi. Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, pp. 141-2

    42

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    Nellessenza della come lavanzante ed allestente lasciar-imporsi il non-nascondimento dellente,

    essenza richiesta dalla stessa, c la possibilit dellautonomia, della posizione di fini diversi e quindi

    delluscita della svolta necessaria della necessit iniziale.32

    La perdita della necessit iniziale coincide con la trasformazione dellidea in semplice

    criterio e con loblio della verit come -, della quale si perde sia la tonalit emotiva

    fondamentale sia la sua traccia nel linguaggio (si pensi alla veritas latina e alla Wahrheit

    tedesca).

    Lautonomia della tecnica, rispetto a ci a partire da cui, in precedenza, riceveva la misura,

    investe lidea del compito di fornire la misura a sua volta e di essere quindi un modello, un

    metro. Ma assumendo preliminarmente che sia ora un criterio in quanto tale a dare

    levidenza, la giustificazione di questo procedimento pu essere trovata solo in base

    allevidenza prodotta da un altro criterio; ed il canone dei canoni, lidea delle idee a cui in

    questa maniera si giunge lidea del bene.

    Il modo in cui Heidegger interpreta tale nozione si discosta dallesegesi platonica

    tradizionale:

    32Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p.

    127

    43

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    Il significato autentico di : ci che idoneo a qualcosa e rende idoneo qualcosaltro con cui si possa

    iniziare qualcosa [] non ha niente a che vedere con il significato del bene morale.33

    Nella filosofia platonica, dunque.

    L il normativo come tale, ci che conferisce allessere la potenza di essere (wesen) come idea

    come modello.34

    Nel criterio, che ha cos perduto il legame rispetto alla necessit iniziale, non si verifica

    per unassenza di necessit, ma una diversa disposizione di essa: il modello impone infatti

    il bisogno di essere corrisposto nel modo pi vincolante e rigoroso.

    Tale mutamento risulta quindi in un rovesciamento rispetto al pensiero originario in cui si

    fatta esperienza dell -: lidea non pi la suprema ostensione dellessere, nella cui

    verit luomo si trova preliminarmente, ma il criterio a cui lessere deve ognora innalzarsi

    per ottenere una legittimit che, invece, non gli pi riconosciuta.

    Finalmente il ribaltamento compiuto dall ci pone di fronte alla comparsa

    di quel dovere tratto originario del regolare che abbiamo posto come criterio selettivo

    per ripercorrere linterpretazione heideggeriana della storia della metafisica.35

    33Lessenza della verit, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1997, p. 133

    34Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

    201

    44

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    La limitazione dellessere rispetto al dovere, per il filosofo, appartiene interamente allet

    moderna;36 nella caratterizzazione greca dell come possibile individuarne

    solo una lontana prefigurazione. A differenza delle altre tre limitazioni37, che furono

    riconoscibili gi a partire dallaurora del pensiero occidentale, questa prese piede

    storicamente pi tardi, eppure anchessa, come le altre, appartiene in modo insolito

    allessere:

    Avvertiamo in queste formule qualcosa di pertinente in certo modo allessere, proprio in quanto da lui

    differente, perlomeno come suo altro.38

    Infatti, anche nellautonomia di una impostazione capovolta, nella quale il fondamento

    ultimo sia posto in alto, oltre lessere,

    lessere stesso che, proprio per via della sua specifica interpretazione come idea implica il riferimento a

    qualcosa di esemplare, di dovuto.39

    35 Cfr. tesi, III, 1, p. 33.

    36Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

    105

    37 Essere e divenire, essere e apparenza, essere e pensiero.

    38 Ivi, p. 103

    45

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    Lobbligo percepito dalluomo viene giustamente esperito, per la prima volta, solo quando

    la verit non pi presupposto ma risultato, e ci avviene perch quello che si esperisce

    non un semplice dovere, invece un dovere estraneo rispetto allessere/natura dellente.

    Ci nondimeno una coniugazione di obbligo va ammessa come pertinente in certo modo

    allessere, fin dallinizio, in quanto possibilit della propria estraneit, nello stesso modo

    in cui la negazione dellessere implica la propria donazione epocale.

    Anche nellessere-nel-mondo greco si attestava, dunque, un senso di dovere e si pu

    supporre che fosse egualmente efficace ma non emergeva, poich era inevitabilit, stato

    di cose. Il vincolo di ci che semplicemente si d non pu essere percepito come dovere:

    non c obbligo, n costrizione. Per incontrare fenomenologicamente unimposizione

    ignota bisogna trovarsi (involontariamente) a contravvenire al suo ordine, suscitando cos

    una opposizione, una resistenza, un no insomma, solo a seguito del quale diviene

    possibile interrogarsi sul senso della negazione ricevuta, e quindi sulla necessit del suo

    prodursi.

    39 Ivi, p. 201

    46

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    Quando qui parliamo della necessit come di quel che rende necessario quel che dotato, nella sua necessit,

    della struttura pi alta, non intendiamo parlare di miseria e di carenza. Tuttavia pensiamo a un non, a qualcosa

    che contiene una negazione.40

    Per luomo moderno, nel tempo dellabbandono dellessere, il non il presupposto di un

    dover-essere, non semplicemente il segno di una mancanza. Qui la negazione dellessere

    ordina e determina, imponendosi perentoriamente come necessit (della mancanza di

    necessit).

    Il punto di vista che ha guidato lanalisi si trova ora di fronte a un ostacolo.

    Abbiamo iniziato a interrogare la ricostruzione heideggeriana della filosofia occidentale

    alla ricerca di un carattere di dovere, che appartiene allessere del . Come risultato,

    per, il carattere in questione apparso, fin dallinizio, in una forma derivata, positiva,

    separato ed estraneo rispetto alla legge essenziale della cosa.

    La prima conseguente considerazione che dovere non la parola con cui il filosofo

    designa quello che cerchiamo ammesso che egli dia a ci una parola, e che quindi essa

    non diventi necessaria solo in una tesi su Heidegger (una interpretazione potrebbe infatti

    40Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p.

    108

    47

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    scuotere,41 per comprendere, il linguaggio heideggeriano, il quale si riassesterebbe, per

    forza, in maniera minimamente sfalsata).

    Non infatti nostra intenzione ignorare le diverse prospettive, i diversi interessi alla base

    della sproporzione che in Introduzione alla metafisica, ad esempio, oppone le quattro

    pagine della limitazione essere-dovere alle settantacinque di essere-pensare. Non

    intendiamo pertanto scegliere luna strada anzich laltra. Ci non sarebbe neanche

    possibile, poich tali diversi punti di vista non sono contraddittori ma coesistono

    corrispondendosi.

    Per di pi, oltre a non poter trovare una formulazione originaria della cogenza

    dellordinare, riscontriamo anche che il dovere estrinseco, dopo la prima attestazione, si

    afferma sempre pi saldamente.

    Il momento chiave per lo sviluppo di questo obbligo nella metafisica rappresentato da

    Kant. Limpronta del XVIII secolo incide infatti profondamente tanto sul percorso della

    filosofia in generale, quanto sulla logica nel suo rapporto con la metafisica.42 Cos il

    41 Cfr. Gesamtausgabe LXV, Beitrge zur Philosophie (Vom Ereignis), Klostermann, Frankfurt am Main,

    1989

    42 La rivoluzione del modo di pensare operata da Kant in filosofia, ha trovato il suo compimento proprio

    nellambito della logica. Il passo decisivo [] il passaggio dalla logica tradizionale ad una nuova

    48

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    [Lappercezione] contiene il fondamento stesso dellunit di diversi concetti in giudizi, e perci [il

    fondamento] della possibilit dellintelletto, persino nel suo uso logico. 44 (Critica della ragion pura)

    Heidegger ne riassume il significato in questo modo:

    Appercezione significa: 1. Essere anticipatamente presente, in quanto elemento unificante, in ogni

    rappresentazione. 2. In tale anticipazione dunit, essere ad un tempo legati allaffezione. Lappercezione cos

    intesa il punto pi alto nel quale (an dem) si deve fissare lintera logica.45

    Nel a priori, a cui si allude nel punto 1, sentiamo risuonare il vedere-di-vedere proprio

    dell greco, nel quale si arroccato il senso di criterio, mentre nel punto 2 viene

    chiaramente richiamata lidea del bene come fondamento ultimo.

    Il fondare dellappercezione trae i suoi contenuti da un noumeno in senso negativo, ossia

    la x che solo pensato come ci che sta a fondamento delloggetto fenomenico. Lessere

    cos separato dalla ragione e per essere esperito, conoscibile, per avere alcun valore, deve-

    essere sempre altro, e cio pensiero:

    Lessere e le sue modalit devono potere essere determinati a partire dal loro rapporto con lintelletto.46

    44 Ivi, p. 408

    45 Ivi, p. 409

    46Ibidem (corsivo mio)

    50

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    Pi in generale, tuttavia, questa determinazione dellessere si verifica sullo sfondo di quella

    comprensione metafisica che oppone un essere degradato, visto come natura appetitiva, al

    dovere (Sollen) dellimperativo categorico.

    Heidegger, analizza i postulati del pensiero empirico in generale di Kant per spiegare

    propriamente le modalit dellessere nel pensiero critico. Egli considera tali postulati

    come principi, Grund Satz (proposizioni fondamentali), fondamenti, e quindi come il

    punto pi alto del pensiero.47

    Tralasciando il chiarimento del titolo postulati, ricordando per che questo titolo si ritrova nel punto pi

    alto della metafisica kantiana vera e propria, l dove si tratta dei postulati della ragione pratica.48

    Ossia nel punto in cui viene posto al vertice della filosofia una nozione di libert

    inseparabile dalla stretta necessit di attenersi ad una legge. Vedremo in seguito che questa

    idea si riveler utile a fare chiarezza sulle nozioni heideggeriane di necessit e di libert.

    Il passo successivo, ed ultimo, viene compiuto nel XIX secolo: lessere inteso al modo della

    filosofia critica, ossia loggetto sperimentabile per le scienze, viene interpretato come

    valore.

    47 Ivi, p. 412

    48 Ivi, p. 413

    51

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    Si ribadisce quindi pi direttamente il ruolo del dovere in quanto criterio base :

    Il dovere deve sostenere la sua pretesa. Deve tentare di fondarsi in se stesso. [] Qualcosa come un doverenon pu che emanare da ci che in se stesso in grado di avanzare una tale pretesa, da ci che ha in s un

    valore, che esso stesso un valore.49

    Il valore nasce in opposizione allessere, poich esso non propriamente, ma vale,

    tuttavia si finisce proprio con lidentificare i due opposti. Platone intese lessere come idea,

    lidea come modello ed il modello come ci che d la misura; il valore cos, dal momento

    che d una misura, viene equiparato allessere. In realt per esso esprime solo una vaga

    forma di sussistenza, e pertanto

    quando si arriva a parlare di un essere dei valori si arriva al colmo dellinconsistenza.50

    In Nietzsche, infine, il filosofo in cui si mostra il compimento della metafisica, la suddetta

    confusione ontologica ormai radicata gi il sottotitolo del suo progettato opus magnus,

    La volont di potenza, suona infatti, significativamente, saggio di un rovesciamento di

    tutti i valori.

    49Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

    202

    50 Ivi, p. 203

    52

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    4 - Il progetto di una ridefinizione del pensiero rigoroso ed il confronto con il ragionamento

    normativo

    Nel primo paragrafo abbiamo equiparato il mettere insieme ad un ordinare, la cui necessit

    si mostrata degna di essere domandata. Nel secondo abbiamo osservato che la necessit

    del v viene posta in modo autonomo dalla componente tecnica del sapere filosofico.

    Esaminiamo ora le conseguenze concrete di questa posizione nel tipo di ragionamento che

    ne risulta determinato.

    Dallinterpretazione platonica del alla volont di volont nietzscheana la filosofia

    occidentale ha rivelato una specificit, che la ha distinta rispetto allo stile di pensiero delle

    altre civilt, nonch rispetto agli stessi pensatori greci dellorigine; e ha avuto anche

    ununit, che ha accomunato tutte le sue tappe interne, mostrandosi in pensatori e stili di

    pensiero apparentemente inconciliabili tra loro, da Tommaso dAquino a Hegel, da Cartesio

    a Nietzsche. Heidegger riconosce o pone, a seconda dei punti di vista questo carattere

    fondamentale, e lo indica con la parola metafisica.

    Limpiego ampliato del nome della filosofia prima lascia gi intendere che il filosofo

    ripudia il suo significato consueto.

    Per le esigenze del nostro lavoro siamo costretti a rinunciare in partenza ad un

    approfondimento esaustivo di cosa sia metafisica per Heidegger. Ci limiteremo a

    53

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    considerare il modo essenziale in cui essa determina il dispiegarsi del pensiero occidentale,

    ci rivolgiamo quindi al suo essere fondativa vale a dire, al suo rapporto con il .

    Il fondamento la base su cui possibile costruire una conoscenza certa. Il bisogno di

    certezza muove lattivit della fondazione.

    In quella che si pu interpretare come una semplice fuga dallarbitrio, o come la pi folle

    aspirazione a una correttezza assoluta, si manifesta il bisogno di poter riconoscere il vero

    dal falso, di distinguere il discorso, . La metafisica, ricorrendo al fondamento,aspira a padroneggiare il tipo di pensiero pi rigoroso.

    Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, come linterpretazione del subisca un

    cambiamento quando il dimostrare prende il sopravvento sul mostrare. Il fornire

    giustificazione ( ) si adegua infatti allidea secondo il dovere che da essa

    emana in quanto modello, un dovere estraneo. Il pensiero cos determinato il normativo

    per eccellenza, ossia la logica, una costruzione formale perfetta che serve ad ottenere la

    verit, la cui strumentalit viene ritenuta neutralit.

    54

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    proprio a tale disciplina che la metafisica legata indissolubilmente fin dallinizio, 51 ed

    tramite essa che la metafisica si muove nella dimensione della certezza.

    Heidegger tuttavia nega che la certezza raggiunta comporti un maggior rigore e, al

    contrario, la dottrina del corretto pensare segna, a suo parere, una decadenza rispetto al

    originario.

    Anch'egli afferma (1) il bisogno di un pensiero opposto nel modo pi netto all'arbitrio, e (2)

    che questo pensiero per essere tale debba essere necessario, dovuto, sia soggetto quindi a

    una coazione rispetto ad una legge inaggirabile. Lambito a cui si volge per un punto di

    confine, che pu dialogare ma non si identifica propriamente con la metafisica: il di

    Eraclito.

    Ci chiediamo dunque: in cosa viene alla luce linsufficienza della logica? E quindi quali

    dovrebbero essere invece le sue caratteristiche?

    La questione non si riduce ad un discorso sul metodo ma gli esiti di tali domande

    coinvolgono la filosofia nel suo insieme. Daltronde stabilire concretamente il modo in cui

    una logica possa configurarsi in un pensiero stringente ma aperto, in opposizione e ai

    51 Si pu dire che cos la metafisica solo chiarificando lessenza della logica. Ma nello stesso tempo

    vero anche lopposto: che cos la logica si chiarisce solo a partire dallessenza della metafisica.Eraclito,

    trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 166

    55

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    margini rispetto alla metafisica, un tema fortemente sentito da Heidegger, come

    testimonia la ripetizione della domanda:

    Comment sauver llment daventure que comporte toute recherche sans faire de la philosophie une simple

    aventurire?.52

    Vogliamo qui analizzare la logica heideggeriana in rapporto alla logica formale.

    Ovviamente non ci riferiamo a un presunto organon di un presunto sistema questa

    possibilit viene rifiutata dallo stesso filosofo ma ci rivolgiamo soprattutto al tentativo

    compiuto, nei semestri estivi 43 44, di giungere ad una logica originaria attraverso

    linterpretazione di Eraclito. La breve nota introduttiva alle lezioni suona infatti:

    Il semplice intento di questo corso di lezioni quello di raggiungere la logica originaria. La logica

    per originariamente il pensiero del , se ad essere pensato il originario e se questultimo nel

    pensiero presente per il pensiero stesso.53

    52 Domanda rivolta ad Heidegger da J. Beaufret, riportata in Lettera sullumanismo, M. Heidegger,

    Adelphi, Milano 1995, p. 101

    53Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 122

    56

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    Prima di poter entrare nel merito dei frammenti eraclitei necessario presentare la

    distinzione tra le due dottrine, ma spingeremo lesame solo fin dove ci richiesto dal

    confronto, senza tentare qui un chiarimento definitivo.

    Prenderemo quindi le distanze dalla logica usando il suo stesso stile: formalizzando in una

    lista di punti e in un linguaggio non completamente heideggeriano le differenze tra il

    pensiero del filosofo e lo studio dei metodi e dei principi per distinguere il ragionamento

    corretto da quello scorretto.54 Solo a partire da questa analisi sar possibile, nei capitoli

    successivi, orientarci verso un pensiero determinato da una necessit originaria.

    1 - Un pensiero non indifferente e separato da ci che pensa

    La logica, allinterno della filosofia, ha tradizionalmente problematizzato aspetti metodici.

    Pi precisamente, lanalisi logica, si rivolta e si rivolge ai meccanismi strutturali del

    corretto pensiero, prima ed indifferentemente da una sua eventuale applicazione alle cose.

    Una premessa dellapproccio logico dunque il distacco di ci che pensato da ci che .

    54 (Manuale di logica):Introduzione alla logica, Irving M. Copi e Carl Cohen, Il Mulino, Bologna, 1999, p.

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    La logica, come enucleazione delle leggi del pensare e come istituzione delle sue regole, non ha potuto

    nascere se non dopo che la separazione fra essere e pensare si era gi compiuta55

    Tale distacco a livello storico, si pu far risalire allorganizzazione del sapere nella scuole

    platonica ed aristotelica. La logica ha d'altronde ancora un grande peso ed unampia

    diffusione soprattutto nelle scuole, poich, non essendo collegata direttamente ai

    contenuti delle questioni filosofiche, viene ritenuta propedeutica allesercizio del

    ragionamento.

    Heidegger, che ha spesso insistito sulla necessit di imparare a pensare, nel corso del

    1925/26 ha distinto una logica scolastica tradizionale da una logica filosofante, 56

    mantenendo comunque, per la logica, il compito di custodire il rigore del pensiero.

    Per raggiungere il senso autentico della logica e criticare la concezione invalsa, egli

    riconduce la dottrina del al stesso e quindi allo stadio del pensiero occidentale

    in cui

    la sola ed unica parola per essere e pensiero.57

    55Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

    130

    56Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 10

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    La fenomenologia si candidata a diventare una strada percorribile per fornire una visione

    in grado di dare conto della compenetrazione dei due livelli ontologici, mostrando tanto i

    contenuti noematici e le oggettualit in cui questi ultimi vengono costituiti, quanto gli atti

    noetici costituenti.

    Per allontanarsi dallarbitrio che appartiene tanto ad una normativit positiva quanto ad una

    semplice descrittivit che presuppone delle norme anche quando si vuole attenere al dato

    oggettivo Heidegger progetta negli anni venti di portare la fenomenologia alla vita. Il

    motivo di una ermeneutica della fatticit la persuasione che il rigore del pensare sia

    fornito dal riconoscimento della necessit che collega essere e pensiero.

    La maggiore prossimit tra i due piani ontologici viene riscontrata nella grecit: allora la

    loro interpretazione convergeva verso ununione

    Di fatto ci imbattiamo in unoriginaria appartenenza di essere, e .58

    57Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 189

    58Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

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    , per Heidegger, la parola con cui i Greci dicono lessere. Per gli antichi lessere ed

    il sono il medesimo, come Parmenide afferma nel frammento V (

    ).

    La coappartenenza dei termini nel medesimo, per, non si esaurisce nella mera uniformit

    delleguale, la loro unione non semplice coincidenza ma turbamento. Essi corrispondono,

    eppure devono differire.

    La logica nomina in questo caso il luogo in cui di volta in volta si accende la contesa originaria tra pensiero

    ed essere.59

    viene significativamente tradotto apprendere. Viene cos sottolineato un aspetto di

    de-cisione che nel deve dare, in qualche modo, prova di s.

    non pu qui ora significare linsieme raccolto (die Gesammeltheit), come connessione dellessere,

    ma, in quanto tuttuno con lapprensione, deve indicare quellatto di violenza (umano) in forza del quale

    lessere viene raccolto nel suo insieme.60

    Si ha, da una parte, lonnicomprensivo, inevitabile raccoglimento che forma il pensiero e,

    dallaltra, il discernimento. Entrambi sono la , ma la contraddicono anche, come

    59Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 189

    60Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

    175 (qui ora si riferisce al primo verso del sesto frammento di Parmenide)

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    diventa palese quando un atto umano si procura lordine, sebbene esso non faccia altro che

    approfittare della possibilit insita, fin dallinizio, nella libert di riconoscere e scoprire il

    senso, ossia di ubbidirgli. Latto umano che si rappresenta una logica ha il fondamento

    nellautonomia per il lasciar-imporre il non-nascondimento dellente, che si mostra

    completamente nella tecnica, e che gi si manifesta gi in quellordine (della

    comprensione) che lascia riconoscere lordine stesso.

    Per violenza intende solo la forza del distacco, il modo autentico di praticarla consiste

    infatti in un lasciare