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A ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 1 energia, ambiente e innovazion e editoriale nche in questo numero della Rivista torniamo a occuparci del tema dell’energia nucleare, or- mai da vari mesi di nuovo al centro dell’interesse del mondo politico, oltre che, ovviamente, di quello scientifico. I tre articoli iniziali riguardano gli aspetti della sicurezza che, senza alcun dubbio, rappresenta in que- sto campo uno di quelli più importanti e delicati, che si è posto fin dagli inizi della produzione da questa fonte onde prevenire possibili effetti negativi sulla popolazione e sull’ambiente. In questo quadro, una funzione decisiva è svolta dal processo di qualificazione di apparati e com- ponenti dei sistemi di sicurezza. L’articolo di Baccaro e D’Atanasio presenta le competenze plu- riennali di ENEA e le sue strutture sperimentali: il laboratorio per le Prove Dinamiche e Ambienta- li, quello per la Compatibilità Elettromagnetica, l’impianto per l’Irraggiamento Gamma Calliope. Si tratta di impianti in qualche caso unici in Italia e non molto comuni in Europa. Il primo dei due articoli di Ansaldo Nucleare SpA, di Fabrizio Bianco, illustra i programmi specifici di garanzia e controllo di qualità che i vari soggetti coinvolti nella gestione di componenti e si- stemi devono attuare per garantire che questi mantengano le loro prestazioni, per tutta la vita dell’impianto, anche in caso di incidente. Nel secondo, Federico Fortunato esamina gli impianti nucleari sviluppati dall’industria del settore negli ultimi anni, che presentano maggiori livelli di affidabilità e sicurezza, e ai quali l’industria italiana ha partecipato, in termini di ricerca e progettazione, mantenendo vive le conoscenze e competenze scientifiche e tecnologiche necessarie per i processi di qualifica di sistemi e compo- nenti dei reattori di nuova generazione. I trasporti, soprattutto quelli su gomma, rappresentano uno dei settori a maggior consumo ener- getico e a maggior impatto sull'ambiente, in termini di inquinamento atmosferico e di contribu- to ai cambiamenti climatici. L’individuazione di nuovi sistemi di trazione e di nuovi carburanti ap- pare dunque un’azione prioritaria per ridurre l’impatto del settore. Di Mario, Mattucci e Ronchet- ti affrontano in modo ampio e approfondito la questione e, per fornire ai lettori l’analisi in tut- ta la sua completezza, abbiamo deciso di pubblicarla in due parti. In questa prima parte gli auto- ri mettono a confronto le varie soluzioni tecnologiche più promettenti, individuandone i vantag- gi e i limiti attuali. Nel prossimo numero della Rivista, sarà pubblicata la seconda parte, che presen- terà le prospettive di mercato di tali tecnologie. Gli impianti per la produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili stanno incontrando in questi ultimi anni una crescente opposizione da parte delle popolazioni dei territori nei quali è prevista la loro installazione. Alessandro Caramis, dell’Università di Roma La Sapienza, ne individua il motivo nell’insufficiente attenzione posta da chi intende realizzare gli impianti, al territorio, ai suoi valori, alle sue vocazioni, al suo sviluppo. Tale carenza fa sì che interessi di carattere globale, qua- le ad esempio la lotta ai cambiamenti climatici, entrino in conflitto con quelli locali. Lo scorso anno abbiamo presentato un contributo che illustrava i risultati del sistema delle detra- zioni fiscali del 55% per gli interventi di risparmio energetico negli edifici esistenti, previste dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296. L’ENEA, che in base a tale legge è incaricata di presentare an- nualmente un rapporto di valutazione, ha presentato quello relativo all’anno fiscale 2008. Noce- ra e Rosciarelli, nel loro articolo, illustrano i dati salienti del rapporto, evidenziandone i risultati positivi, ma anche alcuni limiti sui quali occorrerebbe intervenire. Coletta, Daroda, Palma e Presenti analizzano il tema del trasferimento tecnologico e della compe- titività nel sistema agro-alimentare, che rappresenta un settore strategico nel Paese, evidenziando il ruolo svolto da ENEA in tale processo a favore della piccola e media industria. Loris Pietrelli, infine, presenta i risultati dell’utilizzo del chitosano per il trattamento dei reflui del- l’industria tessile. Il Direttore Responsabile Flavio Giovanni Conti

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A

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 1

energia, ambiente e innovazione

editoriale

nche in questo numero della Rivista torniamo a occuparci del tema dell’energia nucleare, or-mai da vari mesi di nuovo al centro dell’interesse del mondo politico, oltre che, ovviamente, diquello scientifico. I tre articoli iniziali riguardano gli aspetti della sicurezza che, senza alcun dubbio, rappresenta in que-sto campo uno di quelli più importanti e delicati, che si è posto fin dagli inizi della produzione daquesta fonte onde prevenire possibili effetti negativi sulla popolazione e sull’ambiente. In questo quadro, una funzione decisiva è svolta dal processo di qualificazione di apparati e com-ponenti dei sistemi di sicurezza. L’articolo di Baccaro e D’Atanasio presenta le competenze plu-riennali di ENEA e le sue strutture sperimentali: il laboratorio per le Prove Dinamiche e Ambienta-li, quello per la Compatibilità Elettromagnetica, l’impianto per l’Irraggiamento Gamma Calliope.Si tratta di impianti in qualche caso unici in Italia e non molto comuni in Europa.Il primo dei due articoli di Ansaldo Nucleare SpA, di Fabrizio Bianco, illustra i programmi specificidi garanzia e controllo di qualità che i vari soggetti coinvolti nella gestione di componenti e si-stemi devono attuare per garantire che questi mantengano le loro prestazioni, per tutta la vitadell’impianto, anche in caso di incidente.Nel secondo, Federico Fortunato esamina gli impianti nucleari sviluppati dall’industria del settorenegli ultimi anni, che presentano maggiori livelli di affidabilità e sicurezza, e ai quali l’industriaitaliana ha partecipato, in termini di ricerca e progettazione, mantenendo vive le conoscenze ecompetenze scientifiche e tecnologiche necessarie per i processi di qualifica di sistemi e compo-nenti dei reattori di nuova generazione.I trasporti, soprattutto quelli su gomma, rappresentano uno dei settori a maggior consumo ener-getico e a maggior impatto sull'ambiente, in termini di inquinamento atmosferico e di contribu-to ai cambiamenti climatici. L’individuazione di nuovi sistemi di trazione e di nuovi carburanti ap-pare dunque un’azione prioritaria per ridurre l’impatto del settore. Di Mario, Mattucci e Ronchet-ti affrontano in modo ampio e approfondito la questione e, per fornire ai lettori l’analisi in tut-ta la sua completezza, abbiamo deciso di pubblicarla in due parti. In questa prima parte gli auto-ri mettono a confronto le varie soluzioni tecnologiche più promettenti, individuandone i vantag-gi e i limiti attuali. Nel prossimo numero della Rivista, sarà pubblicata la seconda parte, che presen-terà le prospettive di mercato di tali tecnologie.Gli impianti per la produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili stanno incontrando inquesti ultimi anni una crescente opposizione da parte delle popolazioni dei territori nei quali èprevista la loro installazione. Alessandro Caramis, dell’Università di Roma La Sapienza, ne individuail motivo nell’insufficiente attenzione posta da chi intende realizzare gli impianti, al territorio, ai suoivalori, alle sue vocazioni, al suo sviluppo. Tale carenza fa sì che interessi di carattere globale, qua-le ad esempio la lotta ai cambiamenti climatici, entrino in conflitto con quelli locali.Lo scorso anno abbiamo presentato un contributo che illustrava i risultati del sistema delle detra-zioni fiscali del 55% per gli interventi di risparmio energetico negli edifici esistenti, previste dallalegge 27 dicembre 2006, n. 296. L’ENEA, che in base a tale legge è incaricata di presentare an-nualmente un rapporto di valutazione, ha presentato quello relativo all’anno fiscale 2008. Noce-ra e Rosciarelli, nel loro articolo, illustrano i dati salienti del rapporto, evidenziandone i risultatipositivi, ma anche alcuni limiti sui quali occorrerebbe intervenire.Coletta, Daroda, Palma e Presenti analizzano il tema del trasferimento tecnologico e della compe-titività nel sistema agro-alimentare, che rappresenta un settore strategico nel Paese, evidenziandoil ruolo svolto da ENEA in tale processo a favore della piccola e media industria.Loris Pietrelli, infine, presenta i risultati dell’utilizzo del chitosano per il trattamento dei reflui del-l’industria tessile.

Il Direttore Responsabile Flavio Giovanni Conti

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/20102

LA QUALIFICAZIONE DI COMPONENTI E SISTEMI PER LA SICUREZZANUCLEARE: COMPETENZE E STRUTTURE ENEA

COMPONENT AND SYSTEM QUALIFICATION FOR NUCLEAR SAFETY: ENEA EXPERTISE AND FACILITIES

Stefania Baccaro, Paolo D’Atanasio

6

primo piano

QUALIFICAZIONE NUCLEARE PER SISTEMI DI SICUREZZA ELETTRICI E DI AUTOMAZIONE E CONTROLLO IN CENTRALI NUCLEARI DI III-III+GENERAZIONE

NUCLEAR QUALIFICATION FOR ELECTRICAL SAFETY, AND AUTOMATION & CONTROL SYSTEMS IN III-III+ GENERATIONNUCLEAR PLANTS

Fabrizio Bianco

SCENARIO INDUSTRIALE PER LE ATTIVITÀ DI QUALIFICA DI SISTEMI ECOMPONENTI NEGLI IMPIANTI NUCLEARI

THE INDUSTRIAL SCENARIO FOR NUCLEAR PLANT COMPONENT AND SYSTEM QUALIFICATION

Federico Fortunato

LE POSSIBILI TECNOLOGIE VEICOLARI DEL FUTURO: CARATTERISTICHE E PROBLEMI APERTI

POSSIBLE FUTURE VEHICLE TECHNOLOGIES: CHARACTERISTICS AND PROBLEMS TO BE SOLVED

Francesco Di Mario, Antonio Mattucci, Marina Ronchetti

LE ENERGIE RINNOVABILI TRA OBIETTIVI GLOBALI E OPPOSIZIONI LOCALI:UNA VALUTAZIONE RETROSPETTIVA

RENEWABLE ENERGY AMONG GLOBAL OBJECTIVES AND LOCALOBJECTIONS: A RETROSPECTIVE EVALUATION

Alessandro Caramis

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28

33

50

riflettore su

sommario

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 3

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segue riflettore suLE DETRAZIONI FISCALI DEL 55% NEL 2008 PER LA RIQUALIFICAZIONEENERGETICA DEL PATRIMONIO EDILIZIO

55% TAX DEDUCTIONS FOR THE ENERGY REQUALIFICATION OF EXISTINGBUILDINGS IN 2008

Mario Nocera, Simone Rosciarelli

TRASFERIMENTO TECNOLOGICO E COMPETITIVITÀ NEL SISTEMA AGRO-ALIMENTARE: L’ESPERIENZA DELL’ENEA

TECHNOLOGY TRANSFER AND COMPETITIVENESS IN THE AGRO-FOODSECTOR: THE ENEA EXPERIENCE

Gaetano Coletta, Lorenza Daroda, Daniela Palma, Ombretta Presenti

84studi & ricerche

ADSORBIMENTO DI COLORANTI INDUSTRIALI SU CHITOSANO

DYESTUFFS ADSORPTION ON CHITOSAN

Loris Pietrelli

92cronache

DAL MONDO, DALL’ITALIA, DALL’ENEA, EVENTI

dal Mondo • CO2 che produce molecole energetiche 92• Studio AIE sul consumo energetico dei dispositivi elettronici

domestici 92dall’Italia • Energia solare per le isole minori italiane: concorso di idee

lanciato da Marevivo 93• Produzione più economica dei biocarburanti 93• Padova: il fotovoltaico va a scuola 94• In costruzione ad Arezzo il primo idrogenodotto urbano 94

dall’ENEA • Progetto pilota in scuole medie di La Spezia per valorizzare lediscipline scientifiche 95

• Visita in Italia della delegazione del GAO 95Eventi • TERRA FUTURA, mostra convegno delle buone pratiche

di sostenibilità 96• Le opportunità della ricerca industriale italiana nel settore

dell'energia 96

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Direttore responsabile Flavio Giovanni ContiComitato tecnico-scientificoOsvaldo Aronica, Paola Batistoni, Vincenzo Di Majo,Stefano Giammartini, Massimo Maffucci, Emilio SantoroResponsabile editorialeDiana SavelliCoordinamento redazionalePaola MolinasENEA – Lungotevere Thaon di Revel, 76 – 00196 RomaTel. 06-36272907 – e-mail: [email protected] Giuliano GhisuPromozione Paola CrocianelliTraduzioni Carla Costigliola

Progetto graficoBruno Giovannetti

Bimestrale dell’ENEAAnno 56, maggio-giugno 2010Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori.La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’ENEA.

www.enea.it

StampaFabiano Group srl - Regione San Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT)RegistrazioneTribunale Civile di Roma - Numero 148 del 19 aprile 2010 del Registro StampaPubblicitàFabiano Group srl - Regione San Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT)Tel. 0141 827802 - Fax 0141 827830 - e-mail: [email protected] annualeItalia € 21,00 + € 8,00 (spese di spedizione), Estero € 21,00 + € 15,00 (spese di spedizione); una copia € 4,20 - C.C.P. n. 12439121 intestato a Fabiano Group srlTel. 0141 8278234 - Fax 0141 8278300 - e-mail: [email protected]

Finito di stampare nel mese di giugno 2010

Lo staff della rivistaDa sinistra: Stefano Giammartini, Paola Molinas, Osvaldo Aronica, Paola Crocianelli, Massimo Maffucci, GiulianoGhisu, Vincenzo Di Majo, Diana Savelli, Flavio Giovanni Conti, Paola Batistoni, Emilio Santoro, Bruno Giovannetti(foto di Roberta Francescone)

In copertinaMacchina sperimentale Tokamak (foto di Riccardo de Angelis, ENEA)

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Stefania BaccaroENEA, Unità Tecnica Tecnologie dei Materiali

pag. 6

Antonio MattucciENEA, Unità Tecnica Fonti Rinnovabili

pag. 33

Fabrizio Bianco Ansaldo Nucleare SpA

pag. 22

Mario NoceraENEA, Unità Tecnica Efficienza Energetica

pag. 58

Alessandro CaramisUniversità di Roma “La Sapienza”, Facoltà diScienze della Comunicazione, Osservatorio diComunicazione Ambientale “CAMBIO”

pag. 50

Daniela PalmaENEA, Unità Tecnica Trasferimento Tecnologico

pag. 70

Gaetano ColettaENEA, Unità Tecnica Trasferimento Tecnologico

pag. 70

Loris PietrelliENEA, Unità Tecnica Tecnologie Ambientali

pag. 84

Paolo D’AtanasioENEA, Unità Tecnica Tecnologie dei Materiali

pag. 6

Ombretta PresentiENEA, Unità Tecnica Sviluppo Sostenibile ed Innovazione del Sistema Agro-Industriale

pag. 70

Lorenza DarodaENEA, Unità Tecnica Sviluppo Sostenibile ed Innovazione del Sistema Agro-Industriale

pag. 70

Marina RonchettiENEA, Unità di Progetto Ricerca di SistemaElettrico

pag. 33

Francesco Di MarioENEA, Unità Tecnica Fonti Rinnovabili

pag. 33

Simone RosciarelliENEA, Unità Tecnica Efficienza Energetica

pag. 58

Federico Fortunato Ansaldo Nucleare SpA

pag. 28

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 5

autori

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prim

opia

no La qualificazione di

componenti e sistemiper la sicurezza nucleare:competenze e strutture ENEA

Stefania BaccaroPaolo D’Atanasio

ENEA, Unità Tecnica Tecnologie dei Materiali

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/20106

riflettore su studi& ricerche

primo piano

Nella produzione di energia dafonte nucleare, quello dellasicurezza degli impianti è unodegli aspetti più delicati. Inquesto ambito, un ruolocentrale è svolto dal processodi qualificazione deicomponenti, degli apparati edei sistemi di sicurezza, nelquale l’ENEA vantacompetenze e strutture chepossono essere utilizzate per leprove sperimentali alle qualiquesti devono esseresottoposti per poternecertificare la piena funzionalità

Component and SystemQualification for Nuclear

Safety: ENEA Expertise and Facilities

One of the most delicate aspects of nuclear energyproduction is plant safety, where a key role is played by thequalification of components, equipment and safetysystems.ENEA’s expertise and facilities enable to performthe necessary experimental tests in order to obtain theiroperative certification

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La qualificazione di componenti e sistemi per la sicurezza nucleare: competenze e strutture ENEA

Ogni attività umana di trasformazione di materieprime, energia o anche beni immateriali presentasempre un duplice aspetto: accanto agli indubbibenefici e vantaggi sono possibili, talvolta inevita-bilmente, effetti negativi ed indesiderati sull’am-biente, sulla salute dei lavoratori o della popola-zione civile. Vero è che, in generale, le norme tec-niche, i regolamenti e, in ultima analisi, le leggitendono nell’assoluta maggioranza dei casi a limi-tare questi effetti negativi ed a tutelare nel più ele-vato grado possibile la sicurezza e la salute dellepersone. Tanto più è elevato il livello di pericolo-sità delle attività di produzione industriale, tantomaggiori sono la severità del legislatore nell’im-porre criteri e regolamenti di sicurezza e l’atten-zione della pubblica opinione sull’effettiva sorve-glianza da parte degli organi di controllo.La produzione di energia elettrica, quale che sia ilmetodo con cui essa viene prodotta, rientra nel-le categorie di attività per le quali occorre con-centrare la massima attenzione ai criteri di sicu-rezza di costruzione e gestione degli impianti alfine di prevenire effetti negativi sull’ambiente esulla popolazione. La produzione di energia elet-trica da fonti nucleari richiede livelli di precau-zione e severità ancora maggiori, poiché il pro-cesso fisico di fissione nucleare a catena è, persua intrinseca natura, estremamente delicato perdue motivi essenziali: la probabilità che la rea-zione a catena giunga ad uno stadio divergen-te ed incontrollabile, almeno nei reattori nonsubcritici quali sono i reattori attualmente rea-lizzabili (ovvero di terza generazione o di terzagenerazione avanzata), può essere resa estre-mamente piccola ma mai rigorosamente nulla;la reazione di fissione nucleare avviene a parti-re da elementi instabili e radioattivi, i cui pro-dotti di decadimento sono tutti a loro volta in-stabili e radioattivi, ragione che impone l’asso-luta necessità di progettare i reattori in modo

che questi elementi non possano mai essere di-spersi nell’ambiente.Il problema della sicurezza degli impianti nucleari èstato sollevato, sin dagli inizi della produzione dienergia da fonti nucleari per usi pacifici, come unodegli aspetti più delicati e sul quale è necessarioconcentrare il massimo degli sforzi e dell’attenzio-ne[1]. Nel 1989, l’Agenzia Internazionale per l’Ener-gia Atomica (IAEA) adottò, su proposta italiana efrancese, il principio dell’approccio deterministico,invece che probabilistico, nella gestione degli aspet-ti di sicurezza delle centrali elettronucleari[2].I principi e gli obiettivi della sicurezza nucleare sonoenunciati, nella forma più generale, dalla Conven-zione sulla Sicurezza Nucleare[3], che è stata recepi-ta dall’Italia con la Legge 19 gennaio 1998 n. 10.Numerosi altri documenti internazionali specificanopiù dettagliatamente tutte le implicazioni attuati-ve contenute in quei principi, che riguardano tuttele fasi dell’intera vita di una centrale elettronuclea-re: dalla progettazione, alla realizzazione, alla ge-stione operativa fino allo smantellamento.Tra le molte prescrizioni imposte ai progettisti del-le centrali elettronucleari e ai fornitori, un ruolocentrale è rivestito dal processo di qualificazionedei componenti, degli apparati e dei sistemi es-senziali per la sicurezza.In questo articolo verrà brevemente discusso ilconcetto di qualificazione nucleare e verrannopresentate le competenze e le strutture in dota-zione all’ENEA che possono essere utilizzate perle prove sperimentali alle quali i componenti ed isistemi di sicurezza devono essere sottoposti perpoterne certificare la piena funzionalità in ognicircostanza.

La qualificazione in ambito nucleare

La progettazione, la realizzazione e l’esercizio del-le centrali elettriche nucleari pongono rilevanti pro-

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blemi di sicurezza e affidabilità, rigidamente clas-sificati e regolamentati a livello nazionale e interna-zionale. Come stabilito dall’Agenzia Internaziona-le per l’Energia Atomica (IAEA), l’obiettivo gene-rale della sicurezza nucleare è quello di “(…) pro-teggere le persone, la società e l’ambiente predi-sponendo e mantenendo nelle installazioni nu-cleari sistemi efficienti di protezione contro i rischiradiologici (…)[4]”.In altri termini, la sicurezza nucleare prevede chel’esposizione alle radiazioni radioattive del persona-le professionalmente esposto e della popolazionesia mantenuta ai più bassi livelli possibili e sia com-pletamente evitato il rilascio indesiderato di ma-teriale radioattivo, riducendo al minimo la proba-bilità di un incidente nucleare.Questo approccio conduce alla strategia della “di-fesa in profondità”[5], il cui scopo è duplice: in pri-mo luogo, evitare gli incidenti e in secondo luo-go, se la prevenzione dovesse fallire, limitare leconseguenze e prevenire ogni evoluzione versocondizioni più serie. La prevenzione degli inciden-ti è, in ogni caso, la prima priorità. Perché siano assicurate “funzioni fondamentali disicurezza” (controllo del processo di fissione nu-

cleare, rimozione del calore dal nocciolo del reat-tore, confinamento della radioattività), la difesa inprofondità è organizzata su cinque livelli gerarchi-ci di apparati e sistemi, ognuno dei quali intervie-ne in caso di fallimento del precedente, con lo sco-po di mantenere la piena funzionalità ed affidabi-lità delle barriere fisiche interposte fra il materialeradioattivo e l’ambiente circostante durante le nor-mali operazioni, in caso di anomalie o di incidente.Posto che un incidente sia accaduto, il “livello 3”prevede che siano state progettate delle configu-razioni ingegneristiche di sicurezza e protezioneatte a prevenire l’evoluzione dell’incidente versoil livello di incidente grave e a confinare i materia-li radioattivi dentro il sistema di contenimento. Isistemi di sicurezza devono, dunque, mantenereil controllo della reattività, rimuovere il calore re-siduo e contenere rilasci radioattivi durante le fasidi pilotaggio e di conseguente mantenimento delreattore verso uno stato sicuro.L’affidabilità dei sistemi di sicurezza viene garantitaprogettando l’impianto secondo diversi principi (ri-dondanza dei sistemi di sicurezza; prevenzione deimodi comuni di guasto dovuti a rischi interni edesterni o a difetti di progettazione, costruzione e

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Tabella 1 – Sequenza tipica delle “prove di tipo” previste per la qualificazione nucleare

Prove Impianti e laboratori coinvolti

1. Acquisizione dati di base Strumentazione di misura

2. Prove funzionali durante l’invecchiamento da agenti fisici• Temperatura Forni termostatici• Umidità Camere climatiche• Cicli di temperatura/umidità• Vibrazioni Shaker elettrodinamici• Irraggiamento Impianto di irraggiamento Y• Irraggiamento incidentale Acceleratore β• Compatibilità elettromagnetica Camera semianecoica EMC/EMI• Suscettibilità elettromagnetica condotta e radiata Strumentazione di misura

3. Prove funzionali durante le fasi incidentali• Sisma Tavole vibranti• Caduta d’aereo Macchina da shock• Incidente base di progetto Impianto per prove LOCA

Fonte: ENEA

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manutenzione; automazione dei sistemi per la pre-venzione di errori umani; possibilità di eseguire con-trolli di funzionalità) tra i quali l’adozione della qua-lificazione dei sistemi, dei componenti e delle strut-ture per le specifiche condizioni ambientali di eserci-zio o dovute ad un incidente o ad un rischio esterno.Il processo di qualificazione nucleare è quindi unodei principi cardine di progettazione e realizzazionedelle centrali nucleari e consiste nel sottoporre tut-ti i sistemi, i componenti e le strutture rilevanti, ai fi-ni della sicurezza nucleare, ad un complesso siste-ma di prove sperimentali, alle specifiche condizioniambientali di esercizio o dovute ad un incidente oad un rischio esterno, per verificare che essi conti-nuino a svolgere le funzioni per le quali sono statiprogettati con la massima affidabilità, consentendodi mantenere sotto controllo il reattore in qualunquesituazione. Il processo è regolato da norme nazio-nali ed internazionali[6]-[8] che prevedono, essen-zialmente, quattro metodi generali: 1. prove di tipo; 2. esperienza operativa; 3. analisi; 4. qualificazione combinata. Il metodo con il minor margine di incertezza e che,per questo, è quello adottato nella grande mag-gioranza dei casi è il ricorso alle “prove di tipo”(cfr.[9], paragrafo 3.96). Questo implica la neces-sità di condurre attività sperimentali di misura eprove in laboratori adeguati.Una tipica sequenza delle prove di tipo previsteper la qualificazione nucleare è riportata nellatabella 1.

Competenze e strutture ENEA

Al di là delle riconosciute qualità tecnologiche, l’ef-fettiva capacità del sistema industriale nazionale dicompetere nel panorama europeo ed internazio-nale e di contribuire in misura rilevante al comples-so di forniture di componenti, dispositivi e sistemi diuna centrale elettrica nucleare dipende dalle op-portunità che vengono loro offerte di qualificare ipropri prodotti secondo le normative vigenti.

Presso il Centro Ricerche ENEA della Casaccia (Ro-ma) è concentrato in un unico sito un complesso diimportanti laboratori e infrastrutture sperimenta-li di prova in cui è possibile condurre l’intero proces-so di qualificazione nucleare di componenti, di-spositivi e sistemi inerenti la sicurezza nucleare, ef-fettuando le prove riportate nella tabella: il Labo-ratorio di Prove Dinamiche ed Ambientali, il Labo-ratorio di Compatibilità Elettromagnetica, l’Impian-to di Irraggiamento Gamma Calliope.La possibilità di poter eseguire tutte le prove diqualificazione previste dalle norme di sicurezzanucleare nello stesso sito costituisce quindi un’in-teressante opportunità per le industrie italiane.Il mantenimento ed il costante aggiornamentoe approfondimento delle competenze e delle sen-sibilità ereditate dalla sua storia pregressa comeComitato Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppodell’Energia Nucleare (CNEN) consentono inoltreall’ENEA di mettere a disposizione dell’industrianazionale tutto il suo patrimonio di professiona-lità e conoscenze, di avanzati e complessi labo-ratori ed infrastrutture sperimentali localizzati neidiversi Centri di Ricerca, per attività di studi, mi-sure e prove multidisciplinari, a supporto del pro-cesso di qualificazione nucleare. Una panorami-ca (peraltro non esaustiva) di tali competenze einfrastrutture è disponibile sul sito web ENEA al-l’indirizzo:

http://www.enea.it/produzione_scientifica/pdf_dossier/D21-Sistemi-Nucleare

Nel seguito vengono descritti i laboratori e gli im-pianti ENEA in cui è possibile eseguire misure eprove di qualifica nucleare. Per ciascuno di essi so-no presentati le caratteristiche principali, i possi-bili utilizzi, i potenziali utenti e alcuni esempi diapplicazioni e risultati conseguiti.Ai laboratori e impianti ENEA si affiancano gli im-pianti sperimentali di grande taglia della SIET (so-cietà per azioni partecipata da ENEA, ENEL, An-saldo, Politecnico di Milano e Tectubi-Raccordi), ingrado di simulare il comportamento termo-fluido-dinamico di componenti e sistemi di reattori ad

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La qualificazione di componenti e sistemi per la sicurezza nucleare: competenze e strutture ENEA

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201010

acqua leggera (Light Water Reactor, LWR) e di ese-guire prove per la sicurezza degli impianti nuclea-ri di potenza in condizioni operative reali. Questiimpianti sono descritti nell’articolo LWR avanzati:la sperimentazione condotta dalla SIET, di Gusta-vo Cattadori, Alfredo Luce e Stefano Monti, pub-blicato sul fascicolo 6-2009 di questo periodico.

Impianto di irraggiamento YCalliope

L’impianto di irraggiamento Y Calliope[10],[11] furealizzato nel Centro Ricerche della Casaccia nel1967-1968 per ricerche ed esperimenti pilota sultrattamento di prodotti agricoli con radiazioni ioniz-zanti. Negli anni 80 l’impianto è stato utilizzatoper ricerche sugli effetti delle radiazioni ionizzantisu materiali industriali (polimeri e fibre ottiche) esu sistemi destinati all’impiego in ambienti ostiliper la presenza di radiazioni ionizzanti (impiantinucleari, spazio, impianti per la Fisica delle AlteEnergie).Calliope è un impianto di irraggiamento di tipo “apiscina” dotato di una sorgente di radiazioni gam-ma di 60Co localizzata in una cella schermata digrandi dimensioni (7 x 6 x 3,9 m3). Attualmente, lasorgente ha una geometria cilindrica con 48 bar-re di 60Co, ciascuna contenuta in una doppia cami-cia di acciaio inossidabile, disposte in due cilindriconcentrici con raggio esterno di circa 20 cm edaltezza di 26 cm. La configurazione delle sorgen-ti gamma può, in ogni caso, essere modificata, di-sponendole su due file di una rastrelliera piana perconsentire l’irraggiamento di oggetti di grandi di-mensioni. La protezione biologica della cella di ir-raggiamento è stata ottenuta realizzando le pare-ti della cella in cemento baritico con uno spessorefino a 1,8 m.All’interno della cella di irraggiamento vengonomisurate e registrate l’umidità relativa dell’aria, latemperatura e la quantità di ozono; la registrazio-ne di questi dati consente, in caso di discesa im-provvisa delle sorgenti durante una sessione di ir-raggiamento, di determinare con precisione il mo-

mento dell’evento e di calcolare, quindi, la doseassorbita dall’inizio dell’irraggiamento fino all’in-terruzione.La radiazione da 60Co consiste di due fotoni Y da1,173 e 1,332 MeV, emessi in coincidenza conun’energia fotonica media di 1,25 MeV. La licenzadi esercizio dell’impianto Calliope prevede un’atti-vità massima della sorgente di 3,7 x 1015 Bq (100kCi); l’attività attuale delle sorgenti di 60Co instal-late è di 0,34 x 1015 Bq (9,2 kCi).Le tecniche dosimetriche utilizzate nell’impiantoCalliope sono la dosimetria assoluta di Fricke (20-400 Gy), dosimetria ad alanina (1 Gy-500 kGy) edosimetria RedPerspex (5-40 kGy).L’impianto è dotato di una piattaforma per posi-zionamento campioni, corredata di opportuni ri-ghelli che consentono un preciso posizionamen-to dei dosimetri e dei materiali da irraggiare; acompletamento di tale lavoro è stata sviluppatacon il CERN di Ginevra una simulazione con il me-todo Monte Carlo che ha permesso di ottenere lecurve isodose in 3D all’interno della cella di irrag-giamento, simulazione validata dalle misure di do-simetria effettuate presso i laboratori annessi al-l’impianto, altamente specializzati per la determi-nazione degli effetti pre- e post-irraggiamento me-diante caratterizzazione delle proprietà chimico-fisiche dei materiali, componenti o sistemi per ap-plicazioni in ambiente ostile.Le applicazioni principali dell’impianto Calliope,utilizzato per attività di ricerca e di servizio, riguar-dano:• lo studio degli effetti dell’irraggiamento Y sulle

proprietà chimico-fisiche dei materiali (polimeri,fibre ottiche, cristalli e amorfi)[11]-[21];

• esperienze in campo biologico finalizzate allamessa a punto di processi di risanamento nelsettore agroalimentare, ambientale e recupero dibeni culturali;

• l’irraggiamento di componenti dell’industria ae-rospaziale, nucleare ed elettronica in condizio-ni che riproducono l’ambiente radioattivo osti-le nel quale questi dispositivi si troveranno adoperare.

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L’impianto è stato impiegato, tra l’altro, per:• qualifiche di componenti elettronici per appli-

cazioni spaziali secondo normativa ESA 22900 eMIL-STD-883;

• progetti dell’Unione Europea JET e NET;• collaborazioni scientifiche e qualifiche di com-

ponenti e sistemi per esperimenti CMS, ATLASed LHCb presso LHC al CERN di Ginevra (2001-2007);

• coordinamento della collaborazione interna-zionale per l’ottimizzazione del cristallo ditungstato di piombo scelto per il calorimetroelettromagnetico dell’esperimento CMS pres-so LHC del CERN di Ginevra, così come te-sting, assemblaggio e realizzazione dei mo-duli del calorimetro (70.000 cristalli processa-ti con irraggiamento a campionamento)(1997-2008);

• la qualifica dello statore per Ansaldo Impianti(1982);

• qualifiche di componentistica elettrica di poten-za anche di grandi dimensioni per Nuova Pigno-ne (1981-1986);

• qualifiche di rivestimenti ottici, ottenuti median-te PVD, per applicazione in ambiente ostile qua-le telescopi spaziali (2004);

• collaborazioni con East China University of Scien-

ce and Technology of Shangai (ECUST) per laproduzione e sviluppo di chalcogenide glassesper diverse applicazioni;

• collaborazioni con il Dipartimento di Fisica del-l’Accademia delle Scienze di Praga e il Diparti-mento di Scienza dei Materiali dell’Università laBicocca (Milano) su scintillatori di ZnO, LuYAGe LuScAG:Ce3+, per la caratterizzazione delleproprietà di scintillazione, resistenza a radiazio-ne e messa a punto della composizione con ot-timizzazione del drogaggio (1999-2007);

• qualifiche ad irraggiamento per matrici cemen-tizie inglobanti rifiuti radioattivi per Nucleco SpA;

• attività di formazione presso altre istituzioni estage per studenti universitari e ricercatori pro-venienti da numerosi paesi.

I principali utenti dell’impianto Calliope e dei suoilaboratori sono università, enti di ricerca ed indu-strie, nazionali ed esteri.

Laboratorio di compatibilitàelettromagnetica[10],[22]

Il Laboratorio di Compatibilità Elettromagneticadel Centro di Ricerche ENEA della Casaccia nascenel 1983 per il supporto alle qualifiche di compa-tibilità elettromagnetica su componenti elettro-

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Figura 1Rastrelliera dell’impianto Calliope con sor-genti di 60Co e visione dell'effetto Che-renkovFonte: ENEA

Figura 2Vista della cella di irraggiamento e della rastrel-liera contenente le sorgenti di 60Co; in primo pianola piattaforma per il posizionamento dei campio-niFonte: ENEA

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meccanici ed elettronici per impianti nucleari o im-pianti industriali siti in aree critiche.Dal 2000, il laboratorio si è dotato della cameraschermata semi-anecoica Vecuvia per misure dicompatibilità elettromagnetica secondo le norma-tive civili e militari su componenti, apparati e si-stemi posti ad una distanza di 3 metri dalla sor-gente di radiazione, nella gamma di frequenze

comprese fra 10 kHz e 18 GHz. Le caratteristichetecniche della camera semi-anecoica Vecuvia so-no riportate nella tabella 2.Vecuvia viene impiegata per prove di emissione

ed immunità radiate e condotte; due ulteriori ca-mere schermate fino ad 1 GHz vengono utilizzateper l’esecuzione di prove di immunità ed emissio-ni condotte.

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Tabella 2 – Caratteristiche tecniche della camera semi-anecoica Vecuvia dell’ENEA

Descrizione Caratteristiche tecniche

Dimensioni esterne della camera (9,00 x 6,00 x 5,60) m3

Efficienza di schermatura > 80 dB (10 kHz – 100 kHz)> 100 dB (100 kHz – 18 GHz)

Attenuazione di sito normalizzata (NSA): ± 4 dB(in conformità alla norma ANSI C 63,4)

Rivestimento interno Mattonelle in ferrite TDK IB-011 di dimensioni (10 x 10 x 0,65) cm3

Coni assorbitori TDK IP-045C

Intervallo di frequenza 30 MHz – 18 GHz

Tavola rotante Heinrich Deisel DS420S Diametro: 2 mPortata max: 1.000 kgRisoluzione angolare: ± 1°

Supporto antenne Heinrich Deisel MA240 Elevazione: 1m–4mPolarizzazione: orizzontale e verticalePortata: 10 kg

Controllo remoto tavola e supporto antenne Connessione a fibra otticaHeinrich Deisel HD 100 Interfaccia IEEE 488

Fonte: ENEA

Tabella 3 – Prove EMC/EMI attualmente eseguibili nel Laboratorio di Compatibilità elettromagnetica

Descrizione delle prove Norme di riferimento

Prove su apparati militari (con alcune limitazioni strumentali) MIL STD 461 rev. C/D/E/FMIL STD 462 rev. C/D

Prove di emissione radiata e condotta EN 55022

Prove di immunità alla scarica elettrostatica ESD EN 61000-4-2

Prove di immunità radiata EN 61000-4-3

Prove di immunità ai transitori veloci (Burst) EN 61000-4-4

Prove di immunità condotta EN 61000-4-6

Prove di immunità radiata al campo magnetico a 50 Hz EN 61000-4-8

Prove su apparati per usi industriali, scientifici ed elettromedicali EN 55011

Prove su apparati avionici RTCA/DO-160E

Fonte: ENEA

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Il laboratorio può effettuare misure e prove di com-patibilità elettromagnetica (EMC/EMI) in confor-mità alle norme civili, militari ed avioniche secondoil quadro riportato nella tabella 3.Le infrastrutture sperimentali del laboratorio vengo-no utilizzate anche per misure di caratterizzazioneelettromagnetica di materiali (permittività dielettri-ca e permeabilità magnetica) e di antenne (diagram-mi di radiazione e misure di radar cross section).Tra le campagne di prove di maggior rilievo effet-tuate dal laboratorio si citano:• prove su apparecchiature scientifiche installate a

bordo dell’aereo Geophysica, utilizzato in cam-

• prove su vari apparati elettronici realizzati daaziende del gruppo Selex per le forze di sicu-rezza, la protezione civile e le forze armate.

Il laboratorio è stato inoltre coinvolto in iniziative diricerca e studio sui campi elettromagnetici e incampagne di misura ambientali e su dispositivi par-ticolari, fra cui:• realizzazione di codici di calcolo per la simula-

zione dei fenomeni di propagazione ed interfe-renza elettromagnetiche[23]-[25];

• progetto europeo CAPRI-ARTEMIS per lo svilup-po di codici paralleli di simulazione elettroma-gnetica;

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Figura 3Vista interna della camera semianecoica Ve-cuviaFonte: ENEA

Figura 4Vista della consolle di controllo installata abordo della portaerei CavourFonte: ENEA

pagne di misura stratosferiche sull’Antartide (Di-partimento di Fisica dell’Università La Sapienza diRoma);

• prove su apparati elettronici di monitoraggiodelle infrastrutture civili della linea ferroviaria adalta velocità Roma-Napoli;

• prove su una consolle di controllo installata abordo dell’incrociatore Garibaldi della MarinaMilitare Italiana;

• prove su una consolle di controllo installata abordo della portaerei Cavour della Marina Mi-litare Italiana;

• realizzazione del codice FDTD “Nemesis” di si-mulazione elettromagnetica;

• realizzazione di codici numerici di simulazio-ne elettromagnetica nell’ambito del Proget-to MIUR/CNR-ENEA Salvaguardia dell’uomoe dell’ambiente dalle emissioni elettro-magnetiche [26];

• in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sa-nità, prove sulle prestazioni di dispositivi com-merciali di abbattimento dei campi elettroma-gnetici generati da telefoni cellulari (cosiddetti“coccinelle”);

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• su mandato del Ministero dell’Ambiente, misu-re di rilevamento di campo elettromagnetico neidintorni della stazione radio vaticana di SantaMaria di Galeria;

• su incarico del Ministero dell’Interno (Polizia diStato), caratterizzazione elettromagnetica di undispositivo commerciale per la difesa persona-le (storditore elettrico);

• su mandato dell’Amministrazione Comunale,misure di rilevamento di campo elettromagneti-co in alcune zone del comune di Anguillara Sa-bazia (RM);

• nell’ambito dell’Accordo di Programma ENEA-Ministero dell’Ambiente, contributo alla stesuradelle specifiche tecniche per la realizzazione delCatasto Elettromagnetico Nazionale e dei Ca-tasti Elettromagnetici Regionali;

• prove di caratterizzazione elettromagnetica didispositivi biomedicali;

• misure di caratterizzazione elettromagnetica ditessuti biologici.

I principali utenti del laboratorio comprendono in-dustrie operanti nei settori dell’elettronica civile,militare, della pubblica sicurezza, avionica, biome-dicale, grandi infrastrutture di trasporto; Enti ed

istituzioni pubbliche; Enti ed istituzioni di ricercascientifica.

Laboratorio per qualifiche sismiche,vibrazionali, cadute ed urti,ambientali[10],[27]-[34]

Qualifiche sismicheIl laboratorio è dotato di due tavole vibranti a 6gradi di libertà, tra le più grandi d’Europa, checonsentono di effettuare prove sismiche trias-siali per:• qualifica sismica di sistemi e apparecchiature

per impianti nucleari (norme IEEE STD 344-2004,IEC 60980-1989);

• qualificazione di componenti e sistemi per ap-plicazioni industriali (normative MIL STD 167–1,AGERD A-0049), il trasporto ferroviario (norma-tive F.S.–I.S.402), l’industria aerospaziale (nor-mative DO-160C), l’ingegneria civile e la prote-zione del patrimonio artistico (normative OPCM-4274, OPCM-3431);

• caratterizzazione dinamica e verifica sperimen-tale dell’efficacia delle tecnologie innovative diprotezione sismica di apparecchiature delicate

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Figura 5Test dinamico/funzionale su componentistica elettro-nicaFonte: ENEA

Figura 6Test dinamico/funzionali su si-stema d’antenna radarFonte: ENEA

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e sistemi di controllo di infrastrutture strategi-che in fase post-sismica.

Le prove su tavola vibrante hanno una fondamen-tale importanza ai fini della comprensione delcomportamento dinamico delle strutture reali sot-to l’azione dei carichi sismici, consentendo anchela validazione dei modelli numerici poiché forni-scono i valori degli smorzamenti, delle frequen-ze critiche e dei principali modi di vibrare dellastruttura. Le due tavole vibranti in dotazione del laborato-rio consentono lo studio e la sperimentazione dinuove tecnologie e nuovi materiali per la prote-zione sismica di manufatti civili, industriali e stori-co-monumentali.Ha, come principali utenti, le PMI nazionali ed eu-ropee nei settori delle costruzioni e dell’industriameccanica e ferroviaria, istituzioni universitarie, il Di-partimento della Protezione Civile.

Qualifiche a vibrazioniGli impianti sperimentali consistono in shakerelettrodinamici che consentono la qualifica dicomponenti e sistemi rilevanti per la sicurezza, a fronte delle sollecitazioni vibratorie previstedurante l’esercizio in condizioni normali ed anormali. Un’apparecchiatura rilevante per la sicurezza de-

ve essere qualificata a fronte delle sollecitazionivibratorie previste durante l’esercizio in condizio-ni normali ed anormali. Vibrazioni tipiche di que-st’ultima classe sono quelle autoindotte nelle par-ti di impianto su cui l’apparecchiatura da qualifica-re deve essere installata e trasmesse all’apparec-chiatura stessa tramite le strutture di supporto.Per esempio, se l’apparecchiatura è montata sutubazioni, generatori o motori, le vibrazioni datenere in considerazione sono quelle prodotte dal-l’avviamento e dal funzionamento a regime dellemacchine, dalla circolazione del fluido nei tubi,dalle vibrazioni di apparecchiature vicine a quel-le da qualificare e dalle stesse parti costituenti diquest’ultima. Tra le attività di maggior rilievo condotte su-gli impianti si citano le qualifiche a vibrazioniper:• il microsatellite ALMASat QM-1 (specifiche ECSS-

E-10-02A ed ECSS-E-10-03A);• sistemi aeronautici FA ed HLA (specifiche M346

Thermal insulating for ECS pipes/ducts and cock-pit);

• lo Spettrometro Alpha Magnetic (AMS) per lastazione spaziale ISS (specifiche AMS-INFN inaccordo con DO-160C).

Principali utenti sono l’industria meccanica, aero-spaziale, dei trasporti e nucleare.

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Figura 7Microsatellite ALMASat QM-1Fonte: ENEA

Figura 8Spettrometro Alpha Magnetic (AMS)Fonte: ENEA

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Prove di caduta ed urtiPresso il laboratorio possono essere effettuateprove di caduta ed urti per la qualifica di com-ponenti e sistemi per applicazioni industriali (nor-mative MIL STD 167-1), nucleari (normative ANSI N14.5), il trasporto ferroviario (normativeF.S.-I.S.402) e l’industria aerospaziale (normati-ve DO-160C, ECSS-E-10).L’evento “caduta di aereo”, insieme con l’eventosismico e la rottura del circuito di raffreddamentodel reattore (Loss of Coolant Accident, LOCA), rien-tra tra gli incidenti base (Design Base Accident,DBA) postulati in fase di progetto. La prova con lamacchina da shock in dotazione al laboratorio ri-produce una delle condizioni incidentali previstenelle prove di tipo per la qualifica nucleare, per ve-rificare che le configurazioni ingegneristiche di sicu-rezza e protezione adottate siano idonee a preve-nire l’evoluzione verso il livello di incidente grave. Tra le attività maggiormente significative del labo-ratorio si citano le prove di tenuta su contenitore ditrasporto per soluzioni di plutonio, secondo la nor-mativa di riferimento ANSI N14.5-97 (AmericanNational Standard for Radioactive Material – Leaka-ge Test on Packages for Shipment).I principali utenti del laboratorio sono l’industriaelettronica, meccanica, aerospaziale, dei traspor-ti, nucleare.

Qualifiche climaticheIl laboratorio può effettuare la qualifica climaticadi componenti e sistemi nucleari mediante came-re climatiche, camere a nebbia salina, stufe ter-mostatiche e camere climatiche per prove combi-nate di invecchiamento termico e sollecitazionimeccaniche.

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Camere climatiche e camere a nebbia salina perqualifica ambientale di componenti e sistemi nu-cleariFonte: ENEA

Figura 9Test di caduta da 70 cmFonte: ENEA

La qualifica climatica consiste nel sottoporre icomponenti e sistemi in esame ad un processoaccelerato di invecchiamento termico per simu-lare in un breve periodo di tempo un funziona-mento di lunga durata. Le sollecitazioni impo-ste sono definibili con leggi di degradazione fisi-ca o chimica mediante parametri misurabili, alfine di ottenere proprietà fisiche e chimiche si-mili a quelle determinate da un lungo periododi utilizzo nelle condizioni di funzionamento diesercizio. Tra le più significative attività svolte dal laboratoriosi citano:• la qualifica ad urti, caduta e invecchiamento

termico di contenitori di trasporto per solu-zioni di plutonio (normative di riferimento: ANSI N14.5-1997, MIL STD 167-1, NuclecoIMIL-ILC 200.40.01. S 043, Nucleco IMIL-ILC

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20.01.02.10 Q 004 REV. 1, UNI ISO 4628, UNIISO 12944);

• prove RHEINMETALL (normativa di riferimento:MIL-STD 810 G).

Principali utenti sono l’industria elettronica, mec-canica, aerospaziale, dei trasporti, nucleare.

L’impianto, progettato da ENEA, è stato completa-to nel 1986 e potenziato nel 1992. È costituito daun pressurizzatore per impianti nucleari che fun-ge da generatore di vapore e serbatoio di accu-mulo. Alimenta, con portate regolabili di vaporeo acqua saturi, componenti e sistemi tipici dei cir-cuiti primari e secondari di impianti nucleari e diimpianti convenzionali, riproducendo le sollecitazio-ni di processo e le condizioni ambientali necessa-rie per la qualifica funzionale delle apparecchiatu-re in prova.L’elasticità d’esercizio è una caratteristica peculia-re di Vapore: essa, grazie anche alla configurazio-ne che presenta aspetti unici nel panorama degliimpianti similari (come ad es. la piscina di scaricotermicamente coibentata da 400 mc), consentedi effettuare prove funzionali in una vasta gam-ma di tipologie e prestazioni.Le prestazioni principali di Vapore sono:– pressione di esercizio: regolabile fino a 18 MPa;– temperatura di esercizio: da T ambiente a

357 °C; – portata vapore saturo: regolabile fino a 300 kg/s;– portata acqua satura: regolabile fino a 600 kg/s.L’impianto Vapore è stato impiegato, tra l’altro, per:• l’attività di verifica sperimentale del sistema di

scarico di reattore BWR General Electric;

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Figura 11Contenitore di trasporto per soluzioni di plutonio do-po la prova di caduta da 9 m e invecchiamento ter-mico a 800 °C per 30 minutiFonte: ENEA

Figura 12Allestimento sull’impianto Vapore di 4 valvo-le di sfioro-sicurezza destinate alla centralenucleare di Montalto di Castro. Anno 1987Fonte: ENEA

Impianto vapore per provetermomeccaniche e fluidodinamichesu componenti e sistemi[10],[35]-[39]

L’impianto Vapore è stato progettato per effettuareprove termomeccaniche e fluidodinamiche su com-ponenti e sistemi di impianti nucleari e convenziona-li. Può rappresentare, pertanto, un importante sup-porto per le industrie del settore dell’impiantisticae della componentistica meccanica e strutturale diprocesso, essendo l’accesso alle opportunità di mer-cato, presentate dal rilancio dell’opzione nuclearein Italia, subordinato all’offerta di componenti e si-stemi, anche innovativi, da qualificare in condizio-ni operative reali secondo regime di GQ. I suoi potenziali utenti sono industrie del settoredell’impiantistica e della componentistica meccani-ca e strutturale di processo.

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• la qualificazione in Gestione della Qualità, perconto di Nuovo Pignone, della fornitura di valvo-le di sfioro-sicurezza destinate alla centrale nu-cleare di Montalto di Castro;

• l’attività di qualifica in GQ, per conto di We-stinghouse, del sistema completo di depressu-rizzazione automatica del reattore PWR AP600e per la determinazione sperimentale delle sol-lecitazioni sulle strutture del piping e dell’edi-ficio reattore.

Laboratorio ingegneria dei sisteminucleari[10]

Il laboratorio effettua studi di sicurezza, incluso lavalutazione probabilistica del rischio (probabilisticrisk assessment – PRA) fino al livello 3, e offre sup-porto alla qualificazione analitica e sperimentaledi componenti e alla definizione delle condizionioperative per la qualificazione sperimentale di siste-mi e processi produttivi. Il laboratorio è dotato di competenze per analisi diaffidabilità e per l’implementazione di modelli inpiattaforme di codici sviluppati e validati in colla-borazioni europee per lo studio dell’evoluzioneincidentale di reattori ad acqua leggera (Light

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Figura 14Supporto alla qualificazione analitica e sperimentale di componenti e definizio-ne delle condizioni operative per la qualificazione sperimentale di sistemi e pro-cessi produttiviFonte: ENEA

Figura 13Prove del sistema automatico di depressuriz-zazione del reattore AP600 (Westinghouse).Vista d’assieme in una fase della campagnasperimentaleFonte: ENEA

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Water Reactor, LWR) di terza generazione e di ter-za generazione avanzata. Dispone delle basi datisugli impianti e sulla normativa per la classificazio-ne sismica e di sicurezza e per la qualificazione nu-cleare. Effettua analisi di sistema finalizzate all’av-viamento, all’esercizio, alla gestione degli eventibase di progetto (Design Basis Accident, DBA) eoltre (Beyond Design Basis Accident, BDBA).Costituitosi alla fine degli anni 80 per attività suireattori AP600 e SBWR (Simplified Boiling WaterReactor) nell’ambito della collaborazione di ENEA-ENEL-Ansaldo Nucleare con Westinghouse e Gene-ral Electric, è stato impegnato in:• accordo di programma MSE–ENEA linea pro-

grammatica 5: “Supporto all’Autorità istitu-zionale di sicurezza per gli iter Autorizzatividei reattori di III generazione. Comparazionedelle attuali opzioni scientifiche e tecno-logiche”;

• accordo ENEA–CIRTEN (Consorzio Interuniver-sitario per la ricerca tecnologica nucleare: Politec-nici di Milano e Torino e Università di Roma, Pa-lermo, Pisa, Bologna e Pavia);

• accordo di collaborazione ENEA-Commissariatà l’Energie Atomique;

• tutti i 12 gruppi di lavoro UNICEN finalizzati al-la qualificazione nucleare delle imprese.

Ha tra i principali utenti enti ed istituti per studisulla sicurezza, enti di ricerca, università, industriedel settore nucleare.

Conclusioni

La tecnologia della produzione nucleare di energiaelettrica, per la sua complessità e per gli strettivincoli di sicurezza, costituisce da sempre un po-tente volano per l’innovazione tecnologica chepuò senz’altro contribuire ad innalzare il livello dicompetitività dell’industria italiana anche in am-bito internazionale. Tenendo conto anche di que-st’ultimo aspetto, il programma di ripresa dellaproduzione di energia elettrica di origine nuclea-re in Italia non può prescindere dalla costituzio-ne di una rete di laboratori[40] in grado di esegui-re le prove di qualificazione nucleare richieste dal-le norme di sicurezza, a supporto delle impreseche già operano nel settore nucleare o che, forti diavanzate competenze tecnologiche, vogliano ini-ziare ad operarvi. In questo contesto, i laboratori dell’ENEA e dellesue partecipate possono ricoprire un ruolo impor-tante o addirittura preminente, grazie alla dota-zione di impianti sperimentali, alcuni dei quali uni-ci in Italia e tra i pochi in Europa.

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default/archivio/normativa/Convenzione_sulla_sicurezza_nucleare.pdf

[4] International Nuclear Safety Advisory Group,Basic Safety Principles for Nuclear Power Plants,75-INSAG-3 Rev. 1, INSAG-12, IAEA, Vienna,1999.

[5] International Nuclear Safety Advisory Group,Defence in Depth in Nuclear Safety, INSAG-10,IAEA, Vienna, 1996.

[6] International Electrotechnical Commission, Nu-clear power plants – Electrical equipment of thesafety system – Qualification, Norma tecnica IEC60780: 1998.

Bibliografia[1] E. Fermi, The Future of Atomic Energy, Rappor-

to tecnico MDDC-1, United States AtomicEnergy Commission, Washington DC, USA, 1946.

[2] V. Romanello, G. Lomonaco, E. Bomboni, N. Ce-rullo, Note sulla Sicurezza Nucleare, Rapportotecnico NT 1146(2007), Università degli Studi diPisa, Pisa, 2007.

[3] IAEA, Convention on Nuclear Safety, 17 giugno1994 – Disponibile nelle lingue ufficiali inglese,francese, cinese, russa, spagnola ed araba al-l’indirizzo: http://www.iaea.org/Publications/Documents/Infcircs/Others/inf449.shtml. La tra-duzione italiana è reperibile all’indirizzo: http://www.minambiente.it/opencms/export/sites/

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[7] Institute of the Electric and Electronic Enginee-ring, IEEE Standard for Qualifying Class 1EEquipment for Nuclear Power Generating Sta-tions, Norma tecnica IEEE Std 323-2003.

[8] Unione Normativa Italiana, Centrali elettronu-cleari. Metodi di qualificazione di apparecchia-ture elettriche rilevanti per la sicurezza, Normatecnica UNI 8704, 1985 (attualmente sottopo-sta a revisione).

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[12] S. Baccaro, P. D'Atanasio, P. Anelli, A. Lombar-di, Radiation and thermal degradation on poly-mers materials, Technical Documents Series,IAEA-TECDOC-551 (1990).

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[18] S. Baccaro, A. Cecilia, F. Cataldo, A. Cemmi, F.Padella, A. Santini, Interaction between reinfor-ce carbon black and polymeric matrix for indu-strial applications, Nuclear Instruments andMethods, B208, 191-194 (2003).

[19] S. Baccaro, Guorong Chen, An overview of re-cent developments in nanotechnology: parti-

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[24] P. Palazzari, P. D’Atanasio, Electromagnetic Si-mulations through the PQE1 Hybrid Parallel Ar-chitecture, in L.T. Yang, M. Paprzycki, L. Tarrico-ne (eds) “Practical Applications of Parallel Com-puting – 2002”, Advances in Computation:Theory and Practice, Vol. 1212, Nova Science Pu-blishers, New York, 2003, ISBN: 1-59033-532-5.

[25] P. Bernardi, M. Cavagnaro, P. D’Atanasio, E. DiPalma, S. Pisa, E. Piuzzi, FDTD, FDTD/Kirchhoff,Ray-tracing/FDTD: A Comparison on Their Ap-plicability for Human Exposure Evaluation”, Int.J. Numer. Model., 15, 579-593 (2002).

[26] P. D’Atanasio, Caratterizzazione e modellisticadei campi elettromagnetici (EM) e delle sorgen-ti di campo, Atti della Fondazione “Giorgio Ron-chi”, LIX, (12), 167-196 (2004).

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[28] C.A. Clarotti, G. Casadei, G. De Canio, CouplingMarkov and Foult tree tecniques for calculatingsystem reliability. Reliability data collection anduse in Risk and Availability Assessement, H.J.Wingender Editor, Springer Verlag, 1986.

[29] G. De Canio, N. Ranieri, E. Renzi, Shaking Tabletests of a passive controlled tank mock-up. 3rd

World Conference on Structural Control, Como,Italy, 7-12 April 2002.

[30] G. De Canio, N. Ranieri, E. Renzi, Dynamical te-

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 21

La qualificazione di componenti e sistemi per la sicurezza nucleare: competenze e strutture ENEA

prim

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iano

sts of a cylindrical tank mock-up. Structural Dy-namics, EURODYN2002, Grundmann & Schuellereds. 2002 Swets & Zeitlinger, Lisse, ISBN 90 5809510 X.

[31] V. Ciampi, M. Ciucci, M. De Angelis, R. Gianni-ni, G. Ludovisi, F. Paolacci, G. De Canio, N. Ra-nieri, Protezione sismica di serbatoi di impiantipetrolchimici mediante isolamento alla base:indagini sperimentali, 5th Conf. On Risk Asses-sment and Management in the Civil and Indu-strial Settlements, VGR 2006 17-19 ottobre 2006Pisa.

[32] G. De Canio, N. Ranieri, G. Fraraccio, A. Pog-gianti, Shaking table tests of innovative energydissipators and seismic isolators, LESSLOSS FinalWorkshop – Risk Mitigation for Earthquakesand Landslides 2007 19-20 July, Belgirate (VB)– Italy.

[33] M. Forni, A. Poggianti, G. De Canio, N. Ranieri,Shaking table tests on innovative anti-seismicsystems developed in the framework of the les-sloss european integrated project, 2008 ASMEPressure Vessel & Piping Conference July 27-31,2008, Chicago, Illinois, USA.

[34] G. De Canio, M. Baldini, A. Colucci, F. Di Biagio,G. Fabrizi, A. Picca, N. Ranieri, ECAL_CMSproject: anti vibration cage for transportingelectromagnetic calorimeter modules from C.R.Casaccia (Rome) to CERN (Geneva), 14th WorldConference on Earthquake Engineering, Octo-ber 12-17, 2008, Beijing, China.

[35] P. Incalcaterra, C. Kropp, Description of the au-tomatic depressurization system test for the AP-600 reactor at the VAPORE facility, 5th Confe-rence on nuclear engineering (ICONE 5), May26-30, Nice (France) (1997).

[36] P. Incalcaterra, C. Kropp, Description of the au-tomatic depressurization system test for the AP-600 reactor at the VAPORE facility, POST SMIRT14th International Seminar, Pisa, August 25-27th(1997).

[37] Sito WEB Westinghouse http://www.ap600.we-stinghousenuclear.com/G3.asp (Test Programs– ADS).

[38] P. Incalcaterra, C. Kropp, Automatic depressu-rization system and components tests for theAP600 Reactor at the Vapore facility, EnergiaNucleare, anno 13, n. 1 genn.-apr. (1996).

[39] P. Incalcaterra, C. Kropp, A. Villani, G. Proto,Blowdown tests on the Automatic Depressuriza-tion System of the AP600 Reactor, Proceedingof Intern. Conf. on Design and Safety of Advan-ced Nuclear Power Plants. Tokyo Oct. 25-29(1992).

[40] AA.VV., La qualificazione nucleare di compo-nenti e sistemi. Proposta per una Rete Nazio-nale di Laboratori di prova, Rapporto tecnicoredatto per la Commissione Tecnica UNI Ener-gia Nucleare (UNICEN), in attesa di pubblicazio-ne come Rapporto tecnico UNI-ENEA, 2010.

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riflettore

su Qualificazione nucleare

per sistemi di sicurezzaelettrici e diautomazione e controllo in centralinucleari di III-III+generazioneFabrizio Bianco

Ansaldo Nucleare SpA

riflettore su studi& ricerche

primo piano

I sistemi di sicurezza di unacentrale nucleare devonoessere qualificati in modo dagarantire il mantenimentodelle prestazioni in tutte lecondizioni operative e pertutto il ciclo di vitadell’impianto. Per raggiungerequesto obiettivo, gli attoricoinvolti nella loro gestionedevono realizzare programmispecifici di garanzia e controllodi qualità

Nuclear Qualification for Electrical Safety,

and Automation & ControlSystems in III-III+ Generation

Nuclear Plants A nuclear power plant must be equipped with qualifiedsafety systems so that a constant performance is ensuredunder all operative conditions and for the whole plantlifetime. Such a target can be achieved if all thestakeholders involved in nuclear plants managementadopt specific quality control and assurance programmes

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201022

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 23

Qualificazione nucleare per sistemi di sicurezza elettrici e di automazione e controllo in centrali nucleari di III-III+ generazione

ro richieste”, ed in “tutte le condizioni di eserci-zio” previste in un impianto nucleare.L’attività di qualificazione è regolata da norme na-zionali ed internazionali (tabella 1) che prevedo-no la possibilità di utilizzare diversi metodi di va-lutazione: • prove di tipo;• analisi;• esperienza di esercizio;• combinazione dei metodi precedenti.Nella qualificazione per “prove di tipo”, le presta-zioni di un (o più) prototipo del componente/si-stema vengono provate, secondo una ben defini-ta sequenza, nelle condizioni ambientali e di servi-zio previste nell’impianto.Nella qualificazione per “analisi”, mediante l’impie-go di teorie e modelli analitici, le prestazioni del com-ponente/sistema vengono valutate nelle condizioniambientali e di servizio previste nell’impianto.Nella qualificazione per “esperienza d’esercizio”le prestazioni del componente/sistema vengonoconfrontate sia con la documentazione che con idati raccolti durante l’esercizio, in condizioni ana-loghe a quelle per cui è richiesta la qualifica.

I componenti ed i sistemi di sicurezza di una cen-trale nucleare devono essere realizzati in modo damantenere le proprie prestazioni in tutte le condi-zioni operative, incluse quelle incidentali, e per tut-ta la vita dell’impianto. Per poter soddisfare questofondamentale requisito, tutti gli “attori” coinvoltinella gestione di tali componenti o sistemi devonorealizzare specifici programmi di Garanzia della Qua-lità e Controllo di Qualità atti a controllarne le fasi di:• progettazione;• produzione;• qualificazione;• trasporto;• installazione;• esercizio;• manutenzione; • prove periodiche di funzionamento.

Qualificazione nucleare

La qualifica nucleare è un processo di verifica a cuidevono essere sottoposti tutti i componenti ed isistemi che svolgono funzioni di sicurezza in unacentrale nucleare.

Tabella 1 – Qualificazione nucleare: norme di riferimento

Norma Titolo

IEC 60780 Nuclear Power Plants – Electrical equipment of the Safety System – Qualification

CEI 45-60 Centrali elettronucleari – Apparecchiature elettriche del sistema di sicurezza – Qualificazione

IEEE 323 IEEE standard for qualifying class 1E equipment for nuclear power generating stations

Fonte: elaborazione dell’autore

Per sistemi di sicurezza s’intendono tutti quei siste-mi che devono sia garantire la sicurezza del reatto-re (spegnimento e rimozione del calore residuo), siaevitare significativi rilasci di materiale radioattivo al-l’ambiente esterno (isolamento del contenimento).Lo scopo di tale processo è quello di dimostrare lacapacità di componenti e sistemi di svolgere le fun-zioni di sicurezza “tutte le volte che vengono lo-

Il metodo con il minor margine d’incertezza, equindi preferito dalle norme, è quello delle “provedi tipo”.

Prove di tipo

In questo metodo un (o più) prototipo, scelto se-condo opportuni criteri, del componente/sistema ri

flettore

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201024

• la descrizione del componente;• il numero dei campioni da provare;• i requisiti di montaggio, di connessione ed in

generale tutti i requisiti di interfaccia;• la/le procedure utilizzate per simulare l’invec-

chiamento;• le condizioni ambientali e operative da simulare;• le caratteristiche da misurare, i margini di pro-

va ed i criteri di accettazione;• i valori limite delle caratteristiche da misurare;• i requisiti dei dispositivi utilizzati nella prova;• le manutenzioni e sostituzioni ammesse duran-

te la prove;• la sequenza delle prove da eseguire sul campio-

ne(i);• la documentazione di prova.

Condizioni e monitoraggio della prova

Durante la prova devono essere applicate al cam-pione sia tutte le variabili (alimentazioni elettriche,segnali di ingresso/uscita, carichi) durante il fun-zionamento, sia tutte le condizioni ambientali (tem-peratura, pressione, umidità, vibrazioni, radiazioninucleari, getti di fluidi, agenti chimici in atmosfera)previste sull’ impianto.Nel corso della prova il campione/i deve essere mo-nitorato utilizzando una strumentazione con unarisoluzione adeguata a rilevare variazioni signifi-cative delle variabili monitorate.

Montaggio e connessioni

Il componente/sistema in prova deve essere instal-lato meccanicamente, in modalità e posizione, econnesso elettricamente come previsto sull’im-pianto, a meno che non sia dimostrabile che talicaratteristiche non ne influenzino le funzionalità.

Margini

Nella qualifica per test di tipo, devono essere con-siderati opportuni margini in modo da ottenereulteriori garanzie sui risultati della prove. Tali mar-gini possono essere ottenuti aumentando la seve-rità dei profili di prova in termini di: aumento del

viene sottoposto ad un programma di qualifica-zione basato su di una sequenza di prove rappre-sentative di tutte le condizioni di servizio. La se-quenza ed i requisiti delle singole prove sono stu-diati in modo da simulare delle condizioni d’eser-cizio ed ambientali conservative rispetto alle peg-giori condizioni previste dal progetto. Il caso piùcritico è quello in cui l’evento base di progetto si ve-rifichi alla fine della vita dell’impianto.

Programma di qualificazione

Il programma di qualificazione è sviluppato sullabase delle indicazioni riportate nell’analisi di sicu-rezza dell’impianto. In particolare, da tale analisisono recepiti:• eventi base di progetto;• funzioni di sicurezza;• i sistemi/componenti da qualificare in quanto

svolgono funzioni di sicurezza;• condizioni ambientali, in ogni ambiente dell’im-

pianto, presenti nei possibili scenari di servizio,normale, anormale, di evento base di proget-to, di incidente severo e di post-evento.

In base a quanto sopra, le informazioni essenzialidi un programma di qualificazione sono:• identificazione dei componenti/sistemi che svol-

gono funzioni di sicurezza;• le specifiche funzionali del componente/siste-

ma sotto qualifica compresi i requisiti delle fun-zioni di sicurezza svolte;

• descrizione delle condizioni ambientali di ser-vizio;

• piano delle prove;• documentazione comprovante l’esecuzione ed

i risultati della qualifica.

Piano delle prove

Nel processo di qualificazione per prove di tipo, laprima attività da eseguire è la preparazione delpiano delle prove. Tale piano deve descrivere neldettaglio le prove da eseguire e deve evidenziare larelazione tra le specifiche del componente/siste-ma ed i risultati delle prove. Le informazioni conte-nute riguardano:

Fabrizio Biancoriflettore

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 25

Qualificazione nucleare per sistemi di sicurezza elettrici e di automazione e controllo in centrali nucleari di III-III+ generazione

riflettore

su

Tabella 2 – EMC immunità: norme di riferimento

Norma Titolo

IEC 61000-4 Series Electromagnetic compatibility (EMC) – Part 4: Testing and measurement techniques

Fonte: elaborazione dell’autore

Tabella 3 – EMC emissioni: norme di riferimento

Norma Titolo

IEC EN 55022 Information technology equipment – Radio disturbance characteristics – Limits and methods of measurements

IEC EN 55021 Industrial, scientific and medical equipment – Radio frequency disturbance characteristics – Limits and methods of measurements

Fonte: elaborazione dell’autore

ve successive. In particolare, viene verificato il fun-zionamento del campione in caso di:• valori nominali di progetto;• valori limite di tutti i parametri previsti nella spe-

cifica funzionale;• quando soggetto a disturbi elettromagnetici ir-

radiati o condotti. Le prove d’immunità a disturbi di natura elettro-magnetica sono realizzate secondo le norme elen-cate in tabella 2.Un altro aspetto fondamentale della compatibilità

numero di cicli, aumento delle durate o incremen-to del valore delle variabili in gioco (figura 1).

Sequenza delle prove

Nell’approccio a test di tipo, il campione del com-ponente/sistema viene sottoposto ad una serie diprove eseguite in una ben determinata sequenza.Tale sequenza deve essere realizzata in modo daportare il campione nella peggior condizione di“stress”, sequenza di prove più severa, in cui po-trebbe trovarsi durante la sua vita qualificata pri-ma di essere esposto agli eventi base di progetto.Il campione sotto qualifica deve essere rappresen-tativo di quello realmente installato in campo intermini di stesso progetto, stessi materiali e stes-so processo produttivo.Nella maggior parte dei casi viene considerata co-me più severa, la seguente sequenza di prove:

Ispezione visiva inizialeViene verificata sia la congruenza del campione,con la documentazione di progetto, che l’in-tegrità meccanica.

Prove funzionali inizialiViene verificata la funzionalità del campione nellenormali condizioni di esercizio previste nell’instal-lazione in campo. Questa fase ha anche lo scopodi raccogliere i dati di riferimento, con campione“nuovo”, da utilizzare come riferimento per le pro-

Figura 1Esempio di margineFonte: IEEE Std 323-2003, IEEE Standard for qualifyingclass 1E equipment for nuclear power generating stations

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perature più alte di quelle d’esercizio per pe-riodi di tempo fissati in accordo alla legge diArrhenius. Durante il processo d’invecchiamen-to il componente/sistema può essere energiz-zato oppure no.

• Invecchiamento da irraggiamentoNel caso in cui componenti/sistemi contenga-no materiali particolarmente sensibili alle radia-zioni, o le cui funzioni di sicurezza possano es-sere degradate dall’esposizione alle radiazioni,devono essere irraggiati con ratei opportuni inmodo da simularne l’esposizione. Il campionesarà irraggiato nelle condizioni di servizio nor-male e anormale, e la dose integrata dovrà es-sere equivalente a quella subita durante l’eser-cizio in termini di tipo di radiazione e durata diesposizione. Durante il processo d’invecchia-mento il componente/sistema può essere ener-gizzato oppure no.

• Invecchiamento da cicli operativiNel caso di invecchiamento per cicli funzio-nali, il campione sarà sottoposto ad un nu-mero di cicli operativi, elettrici o meccanici,equivalenti a quelli previsti nell’impiego realesull’impianto.

• Invecchiamento da vibrazioni in esercizioNel caso in cui componenti/sistemi, in funzio-namento normale o anormale, siano soggettia vibrazioni meccaniche auto-indotte (motorio generatori) o di natura esterna (urti, solleci-tazioni generate da fluidi in movimento all’inter-no di tubazioni, vibrazioni indotte da apparec-chiature vicine) il campione deve essere sottopo-sto a prove che ne riproducano gli effetti me-diante tavole vibranti o shaker (eccitatori) elet-trodinamici.

• Invecchiamento da atmosfere aggressiveNel caso di componenti/sistemi esposti a spray,getti di vapore saturo contenente acido borico osoggetti ad immersione, il campione deve es-sere sottoposto a prove che simulino l’effettodi tale invecchiamento.

I requisiti ed i metodi di prova da adottare per laqualifica ambientale di componenti/sistemi ai di-versi stressors d’invecchiamento sono identificatinelle norme elencate in tabella 4.

elettromagnetica, non coinvolto direttamente nelprocesso di qualifica nucleare, è quello delle emis-sioni di disturbi. I metodi di misura ed i limiti diemissione sono indicati nelle norme elencate intabella 3.

InvecchiamentoPrima di sottoporre il campione alla prova sismi-ca e agli eventi base di progetto si deve proce-dere al suo invecchiamento in modo da portar-lo nelle condizioni di degrado corrispondenti aquelle che si avrebbero alla fine del periodo d'im-piego (vita di progetto). L’invecchiamento puòessere sia naturale che artificiale. Nel primo ca-so il campione, per poter essere inserito nel pro-cesso di qualificazione, deve aver funzionato incondizioni d’impianto non meno severe di quel-le previste dall’applicazione corrente e deve es-sere disponibile la documentazione relativa siaall’esercizio che alla manutenzione. Il vantaggio diavere a disposizione un campione invecchiatonaturalmente è quello di non dover eseguire stu-di preliminari per identificare i meccanismi più ri-levanti d’invecchiamento e le relazioni tra questie le cause di guasto.L'invecchiamento artificiale simula, nel minor tem-po possibile, l'invecchiamento naturale median-te l’applicazione di fattori (stressors) di opportu-na entità. L’entità degli stressors deve essere at-tentamente bilanciata tra la necessità di ottene-re l’invecchiamento accelerato e l’insorgenza dicondizioni di guasto non possibili nelle reali con-dizioni d’esercizio normale e anormale. Nel casod’invecchiamento artificiale è necessario uno stu-dio, una valutazione approfondita, per determi-nare quali stressor applicare, quale è quello domi-nante e quale è la sequenza di applicazione, piùstressor contemporaneamente oppure l’applica-zione successiva di singoli stressor. I principalistressors che sono considerati nella sequenza diinvecchiamento sono:• Invecchiamento termico

In questo caso il fattore invecchiante è la tem-peratura. L'invecchiamento naturale è simulatomediante trattamento termico del campionein camere climatiche, sottoponendolo a tem-

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201026

Fabrizio Biancoriflettore

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 27

Qualificazione nucleare per sistemi di sicurezza elettrici e di automazione e controllo in centrali nucleari di III-III+ generazione

riflettore

su

Tabella 4 – Qualifica ambientale, norme di riferimento per test climatici, meccanici e irraggiamento

Norma Titolo

IEC 60068-1 Series Environmental TestingIEC 60068-2 SeriesIEC 60068-3 Series

IEC 60544-2 Guide for determining the effects of ionizing radiation on insulating materials – Part 2: Procedures for irradiation and tests

Fonte: elaborazione dell’autore

ne la capacità di svolgere le proprie funzioni di si-curezza. Le prove devono prevedere le seguenticondizioni:• dose istantanea dovuta ad irraggiamento inci-

dentale;• rapido incremento di temperatura e pressione

per simulare l’incidente all’interno del conteni-mento;

• opportuni andamenti di pressione e tempera-tura per simulare le condizioni post-incidentali.

Ispezione finaleAl termine della prova di tipo il campione deve es-sere verificato visivamente, e se necessario smon-tato, in modo da poterne valutare lo stato delleparti elettriche e meccaniche.

Prove a forzante inerziale

Nel caso di prova a forzante inerziale il campione,mediante tavola vibrante, è sottoposto alle stessesollecitazioni indotte dal sisma previsto in sito e ri-ferite al pavimento del piano in cui è installato ilcomponente/sistema. Durante la prova il campione è monitorato perverificare la capacità di svolgere le proprie funzio-ni durante e/o dopo il sisma. I requisiti ed i me-todi di prova da adottare per la qualifica sismica dicomponenti/sistemi elettrici e di strumentazionee controllo sono identificati nelle norme elenca-te in tabella 5. Durante questa fase è anche possi-bile eseguire la prova a forzante impulsiva, simulan-do le sollecitazioni indotte da impatto aereo.

Tabella 5 – Qualifica sismica: norme di riferimento

Norma Titolo

IEC 60980 Recommended practices for seismic qualification of electrical equipment of the safety system for nuclear generating stations

IEEE 344 Recommended practices for seismic qualification of class 1E equipment for Nuclear Power Generating Stations

Fonte: elaborazione dell’autore

Prove in condizioni incidentali e post-incidentaliViene verificato il funzionamento del campione si-mulando le condizioni ambientali previste in casodi incidente grave, LOCA (Loss Of Coolant Acci-dent), o severo (fusione del nocciolo) all’internodel contenimento. Durante le prove il funziona-mento del campione viene monitorato per verificar-

Il superamento di tutte le prove previste comportala qualificazione del componente/sistema e ne cer-tifica una “vita qualificata”, corrispondente al pe-riodo di invecchiamento sostenuto dal campione.Tutte le fasi di qualificazione devono essere docu-mentate, e per ciascuna prova devono essere rac-colti tutti i dati atti a dimostrare l’adeguatezza delcomponente/sistema.

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riflettore

su Scenario industriale

per le attività di qualifica di sistemi e componenti negliimpianti nucleariFederico Fortunato

Ansaldo Nucleare SpA

riflettore su studi& ricerche

primo piano

L’industria del settore nucleareha sviluppato negli ultimi anniprogetti di reattori avanzaticaratterizzati da una maggioresicurezza e semplificazione, dicui si delineano in questocontributo caratteristiche eprocessi di qualifica di sistemi ecomponenti

The Industrial Scenariofor Nuclear Plant Component

and System Qualification In the last few years, the nuclear industry has developedsafer and simpler advanced reactor projects. Theircharacteristics are reported and the component and systemqualification processes described in this article

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201028

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 29

• ridondanza; • difesa in profondità.Principali caratteristiche degli impianti Passivi sono:• semplificazione (riduzione numero componenti);• sistemi passivi e difese in profondità.

Reattori di III generazione evolutiva: EPR

Il progetto EPR è basato sulla tecnologia PWR esi-stente e sull’esperienza operativa degli impiantistandardizzati francesi (N4) e tedeschi (KONVOI). Leprincipali caratteristiche in termini di sicurezza so-no riconducibili a:• ridondanza e separazione fisica dei sistemi di si-

curezza;• riduzione core damage frequency (CDF);• gestione incidenti severi ed eventi esterni; • qualifica ad impatto aereo;• riduzione esposizione personale.Sono previsti 4 treni di sistemi di sicurezza indi-pendenti e collocati in aree di impianto distinte e fi-sicamente separate (al di fuori del contenimentoprimario - vedi figura 1).

L’offerta industriale corrente si basa sulla realizza-zione di impianti di III generazione, i quali si diffe-riscono dai precedenti della II Generazione per l’ul-teriore innalzamento dei criteri di progettazionein termini di affidabilità e sicurezza cui devono sod-disfare, onde integrare i requisiti aggiuntivi elabo-rati a seguito degli incidenti di Three Miles Island eChernobyl.Tali impianti risultano pensati altresì per risponde-re ad esplicite domande del mercato dell’energiaquali:• economicità nel costo di impianto;• standardizzazione;• riduzione nei tempi di realizzazione;• utilizzo di tecnologie largamente provate.In ambito III Generazione la risposta industriale aqueste domande si è sviluppata principalmente indue filiere quali gli impianti Evolutivi (vedi EPR fran-cese) ed impianti Passivi (vedi AP1000 Westinghou-se) basati principalmente sul criterio di passivitàdei sistemi di sicurezza.Principali caratteristiche degli impianti Evolutivisono:• economia di scala (grande potenza);

Scenario industriale per le attività di qualifica di sistemi e componenti negli impianti nucleari

riflettore

su

Figura 1La centrale EPR Areva-Siemens (Nota: Nei diversi colori i 4 treni di sicu-rezza dell’EPR)Fonte: Quaderno Associazione Italiana Nucleare n. 3/2009

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a Sanmen (Cina), fornendo sia il contenitore metal-lico che lo scambiatore prototipico PRHR (Pressuri-zed Reactor Heat Removal).

Esempio applicativo dei concetti di qualifica a sistemi e componenti

Con lo scopo di rendere più chiara la fondamenta-le differenza tra tecnologie e filosofie di implemen-tazione dei requisiti di sicurezza, viene di seguitoesposto come i due impianti presi ad esempio so-no progettati per rispondere al medesimo eventoincidentale, la fusione del nocciolo.

EPRIn caso di fusione del nocciolo e sua completa fuo-riuscita dal vessel, il progetto del reattore è con-cepito in modo tale da evitare le situazioni chepossano portare al rilascio di importanti quantita-tivi di radioattività. In caso di fusione del nocciolo e di seguente co-lata del nocciolo fuso al di fuori del vessel, tale co-lata è incanalata e raccolta in una apposita zona

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201030

Reattori di III generazione: AP1000

Il progetto dell’AP1000 è un progetto basato sul-l’utilizzo della tecnologia dei sistemi di sicurezzapassivi. Le principali caratteristiche di sicurezza sono riassu-mibili nei seguenti concetti:• semplificazione dell’impianto;• funzione di contenimento passiva (non servo-

no interventi dell’operatore né intervento di si-stemi attivi);

• funzione di spegnimento del reattore a segui-to di qualsiasi scenario incidentale realizzato inmodo passivo, senza intervento dell’operatore,assicurando la in vessel retention del core;

• costruzione di tipo modulare sia per le opere ci-vili che per i sistemi meccanici ed elettrici;

• progetto dei maggiori componenti basato sutecnologia “provata”;

• qualifica ad impatto aereo sia per forzante di-retta che indiretta.

Va sottolineato che la joint venture Ansaldo-Man-giarotti partecipa alla costruzione della prima unità

Federico Fortunatoriflettore

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Figura 2EPR: raffreddamento di emergenza del corium fondenteFonte: Quaderno Associazione Italiana Nucleare n. 3/2009

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 31

La funzione di contenimento a seguito di qualsia-si scenario incidentale è garantita attraverso unflusso d’aria a circolazione naturale che, lambendola pelle esterna del contenitore, garantisce l’aspor-tazione di potenza generatasi all’interno di que-sto. Il nocciolo è contenuto nel vessel comunqueallagato da sistemi di iniezione passivi (caduta mas-

(core catcher) costituita da una grande vasca dota-ta di un intercapedine raffreddata. In tal modo èpossibile raffreddare la colata senza che questavenga a contatto con l’acqua di raffreddamento;tale acqua è tenuta in costante circolazione dapompe dedicate e raffreddata da appositi scam-biatori, come presentato nella figura 3.

Scenario industriale per le attività di qualifica di sistemi e componenti negli impianti nucleari

riflettore

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Tabella 1 – EPR e AP1000: principali caratteristiche dal punto di vista della componentistica qualificata

EPR AP1000

Generatori diesel Unità soggette a qualifica Unità non soggette a qualifica

Sistemi di emergenza Si basano su componenti attivi La presenza di componenti attivi qualificati quali: qualificati è limitata alle valvole di • accumulatori in pressione attuazione• valvole in apertura/chiusura La funzionalità di tali sistemi è garantita • pompe di emergenza da principi fisici passivi:

• gravità• circolazione naturale• condensazione

Sistema elettrico Necessitano di qualifica: Necessitano di qualifica:• quadri MT • quadri BT dc• quadri BT ac/dc • rack batterie• trasformatori MT/BT• rack batterie

Fonte: elaborazione dell’autore

Figura 3AP1000: rimozione della potenza di decadimento del noccioloFonte: Quaderno Associazione Italiana Nucleare n. 2/2009

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si indicative e non esaustive per un processo di qua-lifica specifico; la definizione del processo di qualifi-ca sarà sviluppata in accordo ai requisiti e concor-data tra il progettista e l’ente di controllo preposto.

Conclusioni

Dopo un lungo periodo di stagnazione, ci sonochiari segnali di una nuova, significativa ripresadelle attività per la produzione di energia da fontenucleare nel mondo.L’industria nucleare ha sviluppato negli ultimi anniprogetti di reattori avanzati caratterizzati da unamaggiore sicurezza, semplificazione, disponibilitàed economicamente più competitivi.Alcuni nuovi reattori della III Generazione (AP1000,EPR, ABWR) sono in fase di costruzione.I reattori del futuro dovranno rispondere ai nuoviobiettivi di sviluppo durevole e di minimizzazionedei rifiuti. I reattori di IV Generazione avanzata ne-cessitano ancora di intense attività di ricerca e spe-rimentazione come di prototipi dimostrativi, e sa-ranno quindi industrialmente disponibili solo do-po il 2020-2030.L’industria e la ricerca italiana hanno partecipatoin questi anni alle attività di progettazione e svi-luppo dei nuovi reattori e hanno quindi mantenu-to le competenze tecnologiche necessarie finaliz-zate a garantire un processo di qualifica e quindi direalizzazione in linea con i requisiti esistenti.

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201032

se d’acqua per gravità) che ne assicurano la suapermanente refrigerazione.A seguito di quanto sopra esposto si può quindiaffermare che le principali caratteristiche che dif-ferenziano i due impianti presi ad esempio dalpunto di vista della componentistica qualificatasono rappresentati in tabella 1.

Capacità industriali disponibili nelle qualificheIl processo di qualifica di sistemi e componenti,quando richiesto, non presenta differenze tra i dueimpianti. Tale processo comprende tipicamente leseguenti fasi:• prove di funzionamento, normali e limite (labo-

ratori di prova e collaudo, EMC);• processo di invecchiamento finalizzato alla cer-

tificazione di vita di progetto uguale a 60 anni;• termico con possibile presenza di ambienti cor-

rosivi (camere climatiche);• da irraggiamento (impianto ENEA Calliope);• vibrazioni e shock in esercizio (tavole vibranti

e/o elettrodinamiche);• qualifica a forzante inerziale - prova sismica (ta-

vole vibranti);• qualifica a forzante impulsiva generata da im-

patto aereo (tavole vibranti);• qualifica in condizioni di evento base di proget-

to, incidente severo e post-evento.Ovviamente le fasi sopra citate sono da considerar-

Federico Fortunatoriflettore

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riflettore

su Le possibili tecnologie

veicolari del futuro:caratteristiche e problemi aperti

Francesco Di Mario*Antonio Mattucci*Marina Ronchetti**

* ENEA, Unità Tecnica Fonti Rinnovabili** ENEA, Unità di Progetto Ricerca di Sistema Elettrico

riflettore su studi& ricerche

primo piano

Per migliorare la sostenibilitàdel trasporto stradale unadelle opzioni a disposizione ècostituita dall’adozione dinuove tecnologie veicolari. Un esame critico dellesoluzioni più promettentipermette di evidenziarne gliaspetti positivi e i limiti, anchealla luce dell’obiettivo dellaprogressiva riduzione delladipendenza dal petrolio

Possible Future VehicleTechnologies: Characteristics

and Problems to be SolvedTo improve the sustainability of road transport one of theavailable options is the adoption of new vehicletechnologies. To this purpose a description of mostpromising solutions is provided, highlighting theirstrengths and limitations, especially with a view to oildependence reduction

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 33

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cosa che ha comportato lo spostamento dell’atten-zione verso soluzioni diverse. Infatti, considerando lacomplessità del settore dei trasporti, sono moltepli-ci le soluzioni alternative ipotizzabili per ridurne l’im-patto, con l’adozione di tecnologie innovative siaper i veicoli che per i carburanti che potrebbero for-nire miglioramenti importanti. È quindi prevedibileche il futuro sarà caratterizzato da un altissimo li-vello di competizione il cui esito, nel senso di indivi-duare le tecnologie vincenti, non è al momentochiaro. Ognuna delle soluzioni tecnologiche possibi-li è caratterizzata infatti da vantaggi e punti di debo-lezza e da tempi più o meno lunghi per il possibiledecollo. Questa situazione di incertezza, abbinataalla necessità di dover trovare comunque risposteefficaci, è ovviamente causa di grande preoccupazio-ne, visti gli interessi e gli investimenti in gioco. L’i-nevitabile conflittualità tra i fautori delle diverse al-ternative (in particolare chi difende l’assetto attualee chi auspica cambiamenti più o meno radicali) po-trebbe anche far sì che le regole del gioco non sia-no sempre corrette, promuovendo scelte e soluzio-ni non provenienti da criteri rigorosi e trasparenti.In tal caso le tecnologie vincenti non sarebbero quel-le realmente più efficaci, ma quelle proposte daisoggetti economicamente e politicamente più for-ti, per cui anche il livello di sostenibilità che si potràraggiungere non sarebbe ottimale. Particolare at-tenzione dovrà essere quindi data non solo all’ana-lisi dei vantaggi e delle debolezze delle diverse tec-nologie, ma soprattutto all’individuazione di proce-dure di confronto capaci di rapportare tra loro le di-verse soluzioni in modo imparziale. Per esemplificare la complessità del sistema dei tra-sporti e scoprire le leve su cui si può più facilmen-te operare, ci si può riferire all’espressione di Kaya2

riportata di seguito e particolarizzata per le emis-sioni di CO2

[1]. L’emissione totale di CO2 (Emiss.CO2)che si può ottenere dal semplice prodotto del nu-mero di abitanti per l’emissione media per perso-na, può anche essere scritta come:

Emiss.CO2 = P * T * E * C

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201034

In questo articolo viene presentata la prima partedel lavoro che gli autori hanno dedicato alle tec-nologie capaci di rispondere ai problemi di soste-nibilità del settore del trasporto su strada. La se-conda parte sarà pubblicata sul prossimo nume-ro della Rivista.

Uno dei settori che presenta le caratteristiche disostenibilità meno soddisfacenti è il settore tra-sporti, dove il ricorso a nuove tecnologie potrebbeavere effetti benefici realmente importanti; ciò va-le in particolare per il trasporto stradale. In que-st’ambito, infatti, la gran parte del mercato è tipi-camente appannaggio di veicoli che usano carbu-ranti provenienti dalla raffinazione del petrolio(benzina e diesel). Il ricorso ai derivati del petrolioprovoca effetti particolarmente pesanti in terminidi inquinamento ambientale ed impatto sui cam-biamenti climatici, oltre a creare serie preoccupazio-ni per ciò che concerne la sicurezza degli approv-vigionamenti; per quest’ultimo aspetto occorre ri-cordare che il petrolio viene esportato da pochipaesi produttori, spesso caratterizzati da notevoleinstabilità politica. È perciò necessario affrontare da subito il proble-ma, cercando di individuare nuovi carburanti e si-stemi di trazione capaci di rendere meno negativol’impatto del sistema dei trasporti individuando lesoluzioni più efficaci. In passato un’opzione su cuisi è puntato, forse con una dose eccessiva di otti-mismo, è stata quella dell’idrogeno che permettedi ottenere emissioni nulle (con celle a combustibi-le) o molto ridotte (motori a combustione interna)per gli inquinanti atmosferici, di diminuire in ma-niera sensibile le emissioni di gas serra1 e di diver-sificare le fonti primarie utilizzabili per la sua produ-zione, creando quindi per l’Europa, e in particolareper l’Italia, condizioni ottimali per affrontare con-temporaneamente i problemi sopra indicati. Al mo-mento, però, si assiste ad un certo rallentamentonella spinta verso l’adozione dell’idrogeno, ancheperché si sono evidenziati alcuni elementi negativi(costi eccessivi, necessità di creare infrastrutture ecc.),

Francesco Di Mario, Antonio Mattucci, Marina Ronchettiriflettore

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1. Ciò nel caso sia prodotto da fonti fossili con cattura e sequestro della CO2 (CCS) oppure da fonti rinnovabili.

2. L’identità di Kaya permette di individuare e determinare i fattori legati all’impatto delle attività umane che pro-ducono effetti significativi sul clima.

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 35

specifiche devono essere fatte su tutti gli elemen-ti che concorrono alla sostenibilità del sistema deitrasporti.Alla luce di ciò sembra importante effettuare un’a-nalisi tra le tecnologie veicolari che al momento han-no la possibilità di conquistare un ruolo rilevantenel mercato del trasporto stradale, anche se taleanalisi sarà necessariamente abbastanza sintetica esi limiterà alle opzioni più promettenti.

Alternative tecnologiche veicolari

Veicoli a idrogeno L’idrogeno può essere impiegato in veicoli a com-bustione interna, sia puro che in miscela con gasnaturale, o in veicoli a celle a combustibile. Per da-re una visione sintetica dei possibili effetti dell’intro-duzione di tali veicoli ci si può riferire alla figura 1, incui diverse tipologie di veicoli ad idrogeno sono con-frontate con veicoli di tipo convenzionale. I dati ripor-tati in grafico sono tratti da uno studio, riferitoall’Europa, condotto da EUCAR, JRC e CONCAWE[2].

dove i simboli a destra del segno uguale rappresen-tano rispettivamente: P la popolazione, T la doman-da di trasporto (passeggeri e merci) per persona, El’intensità energetica del trasporto e C l’intensità dicarbonio. Trascurando la popolazione, per tutti gli altri parame-tri possono essere individuati meccanismi per ridur-ne il valore, in modo da ridurre l’emissione com-plessiva. In particolare il parametro T può diminuireattraverso una diversa pianificazione del territorio,che riduca gli spostamenti, o con un costo maggio-re del trasporto (ad esempio attraverso l’incremen-to della fiscalità) che scoraggi gli spostamenti me-no necessari; il parametro E può ridursi aumentan-do l’efficienza e il fattore di carico dei veicoli e fa-vorendo il ricorso a modi di trasporto a minore con-sumo specifico; infine il parametro C si può abbas-sare scegliendo combustibili con minore contenu-to di carbonio a parità di energia utilizzata. Riferendoci all’identità il contributo delle tecno-logie veicolari e dei carburanti agisce quindi inprevalenza sui termini E e C. Ovviamente analisi

Le possibili tecnologie veicolari del futuro: caratteristiche e problemi aperti

riflettore

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Figura 1Analisi dal “pozzo alle ruote”: consumi di energia ed emissioni di gas serra per veicoli di diversa tipologiaFonte: EUCAR/JRC/CONCAWE, marzo 2007

Analisi “dal pozzo alle ruote” - Consumi di energia Analisi “dal pozzo alle ruote” - Emissioni CO2

WTT: Pozzo-Serbatoio VCI: Veicoli a Combustione Interna CH2: Idrogeno compressoTTW: Serbatoio-Ruote VFC: Veicoli a Celle a Combustibile LH2: Idrogeno liquido

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la realizzazione di motori a idrogeno sia fattibile conle tecnologie attualmente disponibili, una volta chele condizioni al contorno (creazione delle infrastrut-ture di rifornimento e normative) siano tali da ge-nerare un sufficiente volume di mercato.La sperimentazione di autovetture o di autobuscon motore a combustione interna alimentati aidrogeno è stata condotta o è in corso principal-mente negli USA e in Europa, anche se l’impegnorimane contenuto e sensibilmente minore di quel-lo rivolto ai sistemi con celle a combustibile. Negliultimi anni attività di sviluppo sono state portateavanti da BMW, Ford Motor Company, Mazda eMAN (autobus). L’utilizzo dell’idrogeno nei motori a combustioneinterna riveste certamente molta importanza nellaprima fase di presa di mercato, perché fa riferimen-to a tecnologie del tutto similari a quelle dei veico-li convenzionali. In questa fase infatti, con un nu-mero necessariamente modesto di stazioni di ser-vizio capaci di erogare idrogeno, si potrebbe co-munque pensare a veicoli a doppia alimentazioneidrogeno-benzina, cosa che garantirebbe un am-pio livello di flessibilità, darebbe la possibilità di uti-lizzare il veicolo anche in aree non coperte da di-stributori e potrebbe non richiedere incrementi dicosto eccessivi. Nel lungo termine invece, in casodi successo e quindi con una buona rete di stazionidi servizio a idrogeno, la soluzione tecnologica nonpotrà che essere quella delle celle a combustibileche permettono rese energetiche più alte ed elimi-nano tutte le emissioni atmosferiche nocive, nondel tutto assenti nei veicoli a combustione interna.Per quanto attiene le emissioni di CO2 da parte deiveicoli, che sono invece da valutare sulla base dell’in-tera catena, si può arguire che i vantaggi sarannocomunque limitati o addirittura inesistenti, semprenell’ipotesi di un loro massimo utilizzo nel primoperiodo di dispiegamento dell’idrogeno. In tale fase,infatti, la produzione di idrogeno, soprattutto percontenere i costi, non potrà che essere basata sulle

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201036

Come si può notare, per i consumi di energia sul-l’intera catena i migliori risultati si ottengono perproduzione dell’idrogeno da gas naturale centraliz-zato e per elettrolisi on-site con elettricità prodottada fonte eolica3. Tuttavia, anche nelle migliori con-dizioni, i risparmi di energia risultano modesti.Ben diverso è il caso dell’emissione di CO2. In que-sto caso per i veicoli ad idrogeno l’emissione è le-gata solo alla porzione della catena Well To Tank(WTT), diversamente dai veicoli convenzionali doveaccanto a tale contributo, per altro modesto, si de-ve aggiungere quello Tank To Wheel (TTW). Si pos-sono avere catene in cui l’emissione complessivadella catena dei veicoli ad idrogeno risulta quasi nul-la, insieme con altre in cui invece l’emissione risultamolto alta. In particolare appare evidente come,tranne casi particolari, risulti del tutto sbagliato pro-durre idrogeno dal mix di produzione dell’elettri-cità, perché porterebbe ad un aggravio ingiustifica-bile delle emissioni di CO2. I consumi energetici e leemissioni di CO2, riportati nella figura, si riferisco-no ad autovetture a idrogeno in configurazionefull power (senza sistema elettrico di accumulo abordo); l’ibridizzazione porta ad un miglioramen-to dell’efficienza del veicolo e quindi ad una ridu-zione di questi parametri dell’ordine del 10-15%nel ciclo di riferimento utilizzato.

Veicoli a idrogeno a combustioneinternaL’idrogeno può essere impiegato nei motori a com-bustione interna. Esperienze significative sull’usodell’idrogeno sono state fatte con motori conven-zionali opportunamente modificati. Per sfruttareal meglio le potenzialità dell’idrogeno è però neces-sario che i motori vengano progettati ad hoc, te-nendo conto delle diverse caratteristiche energeti-che del vettore (più ampi campi di infiammabilità,minore energia di ignizione e velocità di fiammaquasi doppia).I maggiori costruttori automobilistici ritengono che

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3. L’ipotesi che si fa, chiaramente ottimistica, è che l’idrogeno sia prodotto quando esiste un surplus di energia elettrica, percui si può considerare come unitaria l’efficienza associabile alla produzione di elettricità. Ove così non fosse, ovverose si dovesse produrre ulteriore elettricità per soddisfarne la domanda, sarebbe più corretto prendere in considerazio-ne l’efficienza della tecnologia utilizzata per produrre una quantità di elettricità corrispondente a quella utilizzata per laproduzione di idrogeno. Ovviamente l’efficienza complessiva sarebbe significativamente più bassa.

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 37

corso (Progetto MHyBus in Emilia Romagna) o pre-viste in altre Regioni italiane. L’utilizzo delle miscele gas naturale/idrogeno puòavere un largo successo in Italia, perché di fatto po-trebbe avvenire senza costi addizionali eccessivi, al-meno dal punto di vista delle modifiche da apporta-re ai veicoli. Esiste infatti in Italia una flotta consi-stente di veicoli a gas naturale, insieme ad una retedi distribuzione del gas naturale abbastanza este-sa, che a sua volta potrebbe richiedere modifichemodeste per erogare le miscele invece del solo gasnaturale. Inoltre, l’utilizzo delle miscele non incontre-rebbe problemi di accettazione da parte degli uten-ti dei veicoli a gas naturale, che hanno già rimossola pregiudiziale di utilizzare un combustibile gasso-so nel proprio veicolo. Un primo utilizzo delle mi-scele potrebbe quindi agire come spinta fondamen-tale per rimuovere le prevenzioni degli utenti finalinei confronti dell’uso dell’idrogeno e favorirne lasua accettazione.

Veicoli a idrogeno a celle a combustibileL’impiego dei sistemi con celle a combustibile ali-mentati a idrogeno rappresenta una delle alternati-ve più promettenti nel medio-lungo termine per losviluppo di mezzi di trasporto efficienti ed a bassoimpatto ambientale. Le emissioni a livello locale so-no nulle, il rendimento è sensibilmente più elevatodi quello di un motore tradizionale (efficienza nelciclo urbano circa doppia) e le emissioni di CO2 ridot-te, anche a partire da combustibili fossili.La tipologia di cella a combustibile utilizzata è ge-neralmente quella ad elettrolita polimerico (PEFC), lecui caratteristiche (bassa temperatura di funziona-mento, elevata potenza specifica, rapidi tempi diavviamento e relativa semplicità costruttiva) soddisfa-no meglio i requisiti richiesti dalla trazione. Altra tec-nologia di cella ritenuta interessante è quella ad os-sidi solidi (SOFC). Quest’ultima, a causa dei lunghitempi di avviamento, è proponibile unicamente co-me sorgente di potenza ausiliaria su veicoli pesanti.Al momento la maggior parte dei prototipi è di tipoibrido: la trazione è affidata ad un motore azionatodalla cella ed un sistema di accumulo di energia(batteria o un supercondensatore) fornisce il comple-mento di energia necessario in caso di forti accele-

tecnologie consolidate che privilegiano le fonti fos-sili senza CCS, per cui, non essendo l’efficienza del-l’intera catena migliore di quella dei carburanti con-venzionali, si potrà avere in parecchi casi un aumen-to, sia pure modesto, delle emissioni di gas climalte-ranti. Questo fatto non deve costituire un elemen-to di freno, perché è regola generale che per ave-re dei miglioramenti nel lungo termine (con produ-zione dell’idrogeno sia da fonti rinnovabili che daquelle fossili con CCS) si debbano fatalmente pa-gare pedaggi significativi nelle fasi di primo dispiega-mento delle tecnologie.Sicuramente possibili sono vantaggi consistenti intermini di sicurezza degli approvvigionamenti, con-siderando che l’idrogeno può essere prodotto dasvariate fonti primarie e può quindi dare una fortespinta verso la diversificazione delle fonti energetiche.

Veicoli a combustione interna a miscelagas naturale - idrogenoAltra soluzione allo studio è quella che, sempre inmotori a combustione interna, prevede l’uso di idro-geno in miscela con gas naturale, in percentualevariabile, ma comunque non superiore al 30%, se sivogliono utilizzare le tecnologie motoristiche esi-stenti, mantenendo inalterate le prestazioni del vei-colo (accelerazione, ripresa, velocità massima) ri-spetto all’analogo a metano.L’aggiunta al metano dell’idrogeno, anche a bassepercentuali, ha effetti positivi sul funzionamento delmotore, riducendo le emissioni, non solo per la so-stituzione di una parte del carbonio con idrogeno,ma anche perché la presenza di quest’ultimo dàluogo ad una combustione più completa e veloce,con un aumento significativo dell’efficienza.Per contro, all’aumentare dell’idrogeno nella misce-la, mentre l’energia per unità di peso cresce, l’ener-gia per unità di volume della miscela diminuisce esi registra una riduzione della potenza massima delmotore[3]. Miscele metano-idrogeno sono oggetto di studioin Nord America, Europa e Cina. In Italia, su iniziati-va della Regione Lombardia, una flotta di 20 auto-veicoli sperimentali alimentati a metano/idrogenorealizzati dal Centro Ricerche FIAT e FIAT PowertrainTechnologies entrerà a breve in esercizio nell’areadi Milano ed attività dimostrative analoghe sono in

Le possibili tecnologie veicolari del futuro: caratteristiche e problemi aperti

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anche con diverse modalità seguite per determina-re i valori dei diversi indicatori. Nonostante i recenti progressi compiuti occorre-ranno ancora diversi anni prima che le auto concelle a combustibile siano pronte per la commer-cializzazione, non solo per difficoltà legate ad unosviluppo soddisfacente delle tecnologie delle celle acombustibile. È necessario, infatti, risolvere proble-mi di ordine tecnico ed economico; in particolareoccorre creare una diffusa rete di distribuzione erifornimento dell’idrogeno, disporre di tecnologieidonee a accumularlo in modo affidabile e sicuroa bordo del veicolo, ottenere durate accettabili del-lo stack a livello di sistema (almeno 5.000 ore) ecosti compatibili con il mercato dei veicoli, nonchéuna buona affidabilità.Un sistema a celle a combustibile, per essere compe-titivo rispetto ad un motore a combustione inter-na, deve raggiungere costi di 30 €/kW (100-150€/kW per mercati di nicchia tipo autobus, furgoni ecarrelli elevatori). Oggi, con bassi livelli di produzio-ne, si hanno costi di 2.000-3.000 €/kW, anche secon mercati dell’ordine di alcune centinaia di mi-gliaia di sistemi per anno le tecnologie attuali po-trebbero già avvicinarsi agli obiettivi fissati.La riduzione dei costi dello stack viene perseguitaintervenendo sia sui materiali dei componenti di cel-la (sono allo studio nuovi elettrocatalizzatori per glielettrodi e nuovi materiali per membrane e piattibipolari), sia sui processi di fabbricazione per ren-

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201038

razioni e consente il recupero di energia in frenata. In definitiva, la soluzione di veicoli a celle può forni-re i vantaggi più ampi per quanto attiene la sicu-rezza degli approvvigionamenti, l’emissione di in-quinanti atmosferici, l’elevata efficienza e soprat-tutto l’abbattimento della CO2; ciò sarà una direttaconseguenza del fatto che il mercato dei veicoli acelle a combustibile si potrà sviluppare più facilmen-te se la produzione dell’idrogeno sarà realizzata inmodo sostenibile, ovvero a partire da fonti rinno-vabili o da fossili con CCS.Nell’ultimo decennio, i governi dei maggiori paesiindustrializzati hanno avviato importanti programmidi ricerca, investendo parecchi milioni di dollari, equasi tutte le industrie automobilistiche hanno rea-lizzato e stanno provando prototipi (autovetture,autobus, veicoli speciali), con investimenti elevati (sistima che Daimler e General Motors abbiano inve-stito oltre un miliardo di dollari ciascuna negli ulti-mi anni). Alcune case automobilistiche (GM, Hyun-dai, Honda, Nissan e Toyota) al momento sviluppa-no in proprio le celle a combustibile, altre hannopreferito stringere accordi di fornitura con i diversiproduttori di stack: Daimler e Ford Motors sono le-gati alla Ballard Power Systems, il Centro RicercheFIAT utilizza sistemi della Nuvera Fuel Cells.Gli obiettivi dei principali programmi[4-6] in corso so-no riportati nella tabella 14. Come si può notare sianegli obiettivi che nei risultati conseguiti, si riscontra-no differenze tra i diversi paesi. Ciò può spiegarsi

Francesco Di Mario, Antonio Mattucci, Marina Ronchettiriflettore

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4. I costi riportati nella tabella e altrove nel testo si basano su un rapporto di cambio di 1 € pari a 1,35 $ e 122 ¥(valuta febbraio 2010).

Tabella 1 – Stato e obiettivi delle tecnologie delle celle a combustibile per applicazioni veicolari

Stati Uniti (DoE) Giappone (NEDO) UE (FCH JU)

Stato 2009 2010 2015 Stato 2008 2010 2015 2020 2015

Efficienza 59% 60% 60% 50% > 50% 60% 60% > 45%

Durata 2.000 h 5.000 h 5.000 h 2.000 h 3.000 h 5.000 h 5.000 h 5.000 h autovetture10.000 h autobus

Costo61 $/kW 45 $/kW 30 $/kW

–50.000-60.000 ¥/kW 10.000 ¥/kW 4.000 ¥/kW 100 €/kW

(45 €/kW) (33 €/kW) (22 €/kW) (410 - 492 €/kW) (82 €/kW) (32 €/kW)

(proiezioni per produzione (150.000 di 500.000 unità/anno) unità/anno)

Fonte: per gli Stati Uniti US Department of Energy[4]; per il Giappone NEDO[5]; per l’Unione Europea UE[6]

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dell’idrogeno nel settore dei trasporti. Le maggioridifficoltà connesse con l’accumulo dell’idrogenoderivano dalle sue caratteristiche chimico-fisiche:è un combustibile che presenta un’elevata densitàenergetica riferita alla massa, ma è anche quellocon una bassa densità energetica riferita al volu-me, sia allo stato gassoso che liquido. Da questoderiva che un accumulo di idrogeno risulta moltopiù voluminoso di un accumulo di pari energia rea-lizzato con un altro combustibile.I requisiti richiesti ad un sistema per usi veicolari so-no ovviamente molto più stringenti rispetto a quel-li di sistemi destinati ad applicazioni stazionarie. Lecaratteristiche tecniche, economiche e di sicurezza,devono essere tali da consentire prestazioni e funzio-nalità almeno analoghe a quelle dei veicoli conven-zionali. Si richiedono: elevata densità di energia edi potenza, buona efficienza energetica, basse per-dite per evaporazione in caso di accumulo in for-ma liquida, sufficiente durata in condizioni opera-tive, assenza di impatto ambientale e problemi disicurezza sia nell’uso che nella fabbricazione e smal-timento a fine vita, facilità di gestione delle operazio-ni di rifornimento e costi ridotti del sistema e delleinfrastrutture necessarie per la sua utilizzazione.Per l’accumulo varie soluzioni tecnologiche sono inuso e di nuove se ne stanno studiando in numero-si laboratori ed aziende sparse per il mondo, grazieanche al notevole impegno finanziario dei program-mi pubblici condotti negli Stati Uniti, in Giapponee in Europa. L’accumulo a bordo dell’idrogeno puòavvenire con modalità diverse: in forma gassosa, li-quida, chimica oppure assorbito/adsorbito su ma-teriali speciali (idruri metallici, idruri chimici, nano-strutture di carbonio). Le soluzioni proposte presen-tano aspetti favorevoli e svantaggi e, tutte, seppur inparte già utilizzate, richiedono ancora rilevanti sfor-zi di ricerca e sviluppo per un impiego su larga sca-la affidabile e competitivo.Gli obiettivi di ricerca, rivisti nel corso del 2009 sul-la base delle indicazioni fornite dai vari produttoriautomobilistici, attualmente puntano a svilupparesistemi di accumulo con una densità gravimetricafino al 1,5 kWh/kg (4,5% in peso di idrogeno) en-tro il 2010 e 1,8 kWh/kg (5,5%p H2) entro il 2015;l’obiettivo finale per l’introduzione nel mercato èfissato ad un valore di 2,5 kWh/kg (7,5%p H2)[7].

derli compatibili con una produzione di serie. Lostack richiede poi per il suo funzionamento tuttauna serie di componenti ausiliari (sistemi di umidifi-cazione, raffreddamento, alimentazione del com-bustibile e dell’aria) che vanno ottimizzati in termi-ni di ingombro, efficienza, costo e capacità di funzio-nare nelle diverse condizioni operative.Per quanto riguarda il mercato dei veicoli a celle acombustibile le previsioni sono molto diverse tra lo-ro. La maggior parte dei costruttori automobilisticiconcorda nel ritenere che una prima introduzionenel mercato non si avrà prima del 2015-2020 e che,rimossi gli ostacoli di natura tecnologica, occorre-ranno interventi pubblici per superare le resistenzederivanti non solo da eventuali maggiori costi delveicolo, ma anche dalla carenza di infrastrutture dirifornimento e di normative che regolino l’uso e lacircolazione dei veicoli e dalla mancanza di familia-rità con i cambiamenti imposti dai nuovi veicoli cir-ca le loro modalità d’uso.È probabile che saranno i mezzi adibiti al trasportopubblico o facenti parte di flotte aziendali che cir-colano in contesti urbani i primi veicoli a idrogeno adessere introdotti in maniera significativa, sia per mo-tivi tecnici (i problemi connessi con l’accumulo diidrogeno a bordo e la disponibilità di infrastrutturedi distribuzione sono più facilmente risolvibili), siaperché la loro diffusione può essere sostenuta dacontributi pubblici, soprattutto in virtù dei beneficiambientali ottenibili circa le emissioni locali di inqui-nanti atmosferici.Per favorire un progressivo ingresso nel mercato del-le nuove autovetture, si ritiene inoltre che in unaprima fase le celle a combustibile potrebbero tro-vare applicazione su veicoli industriali di piccole di-mensioni, come i carrelli elevatori, o su imbarcazio-ni, oggi equipaggiati con sistemi tradizionali di accu-mulo elettrico. Sfruttando questi mercati di nicchia,si potrebbe riuscire a ridurre il costo della tecnolo-gia grazie alle economie di scala, agevolare la pro-gressiva creazione di un’adeguata rete di distribu-zione dell’idrogeno e al tempo stesso facilitare l’ac-cettazione da parte del pubblico.

Accumulo e distribuzione dell’idrogenoLa mancanza di adeguati sistemi di accumulo è cer-tamente tra i maggiori ostacoli ad un uso diffuso

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l’idrogeno viene trasportato, nonché ovviamentedalle quantità in gioco. Attualmente l’idrogeno èdistribuito come gas compresso o in forma liquida.L’idrogeno compresso può essere trasportato e distri-buito tramite idrogenodotti (al momento copronopiù di 800 km in USA e quasi 1.600 km in Europa,con tubazioni che operano a pressioni di 10-20 bar)o su strada in carri bombolai (volumi da 2.000 a6.200 m3, corrispondenti a 150-500 kg di H2, a200-350 bar). Vari progetti stanno anche valutan-do la possibilità di utilizzare gli attuali gasdotti pertrasportare miscele gas naturale/idrogeno.L’idrogeno liquido, a temperature inferiori a –253°C, può essere trasportato su strada, per ferrovia oper nave. In questa forma l’idrogeno ha una den-sità molto più elevata di quella dell’idrogeno gas-soso (circa 800 volte, a pressione atmosferica), quin-di un’autocisterna per il trasporto di idrogeno liqui-do è in grado di trasportare una quantità di idro-geno sensibilmente maggiore di quella dell’idroge-no compresso (50.000 litri, corrispondenti a circa3.700 kg, quindi quasi 10 volte). A fronte di ciò bi-sogna però considerare il costo energetico della li-quefazione, che corrisponde a circa il 30% del con-tenuto energetico dell'idrogeno liquido, e le diffi-coltà tecnologiche di mantenere per lungo tempo

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Questi obiettivi tecnici hanno notevolmente amplia-to il ventaglio di soluzioni e materiali studiati con fi-nanziamenti pubblici, che nel solo programma ame-ricano gestito dal DoE (Department of Energy) per ilperiodo 2009-2010 si attestano sui 65 M€, men-tre la Commissione Europea nel solo 6° PQ ha in-vestito in totale circa 25 M€.La figura 2 riporta lo stato attuale della ricerca suimateriali e sistemi più interessanti proposti per rea-lizzare sistemi di accumulo di idrogeno che siano ingrado di assicurare un’autonomia di 480 km. Lamaggior parte dei veicoli a celle a combustibile at-tualmente sottoposti a prove su strada utilizzanoserbatoi in pressione (350 e 700 bar) realizzati inmateriale composito, che assicurano buone pre-stazioni ed autonomie superiori a 400 km. I costidel sistema si mantengono invece ancora elevati(2.300-3.000 € per veicolo) e devono essere ridot-ti di più di un ordine di grandezza per raggiungerela competitività. Un ampio uso dell’idrogeno come vettore energeti-co richiede una sua disponibilità su larga scala, perle diverse applicazioni e in prossimità del punto d’u-so. Le modalità di trasporto e distribuzione dell’i-drogeno sono diverse e sono condizionate sia dalledistanze da coprire, che dalla forma sotto la quale

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Figura 2Stato delle diverse tecnologie di accumuloFonte: US Department of Energy[7]

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idrogeno è associata alla generazione di energiaelettrica e calore (generalmente con sistemi con cel-le a combustibile), che diversi studi hanno ipotizza-to come la soluzione più efficiente, almeno nel bre-ve-medio termine. In generale, si può stimare che il trasporto e la di-stribuzione incidono sul costo dell’idrogeno percirca 15-20 €/GJ.Sulla base delle tecnologie attuali il costo dell’i-drogeno alla pompa può essere stimato in 35-70€/GJ a seconda dei processi di produzione e tra-sporto presi in considerazione al netto delle tas-se. Per un raffronto si può indicare che il costodella benzina alla pompa in Italia (circa 1,4 €/L,tasse incluse) corrisponde a circa 43 €/GJ, per cuic’è anche al presente una potenziale convenienzadell’idrogeno, se non tassato. Gli obiettivi indica-ti dal DoE nel medio termine danno 12-18 €/GJ[4],per cui la convenienza risulterebbe ancora piùmarcata ove tale obiettivo fosse effettivamenteraggiunto.Il problema degli investimenti necessari per la rea-lizzazione di un’infrastruttura per il trasporto e ladistribuzione dell’idrogeno è assai critico per il suosviluppo; anche se la crescita delle infrastrutturepotrà essere graduata in funzione dell’evoluzio-

l’idrogeno in forma liquida, anche impiegando tec-nologie criogeniche sofisticate. Da un punto di vista economico, il trasporto conidrogenodotti sembra essere in prospettiva l’op-zione più conveniente, anche se richiede investi-menti molto elevati nelle infrastrutture (tra 500 e1.500 k€/km). L’uso dell’idrogeno nel trasporto richiede inoltre lacreazione di un’adeguata rete di stazioni di rifor-nimento. Più di 180 stazioni sono operative nelmondo ed altre sono in corso di realizzazione (fi-gura 3)[8-9] nell’ambito di programmi dimostrativi. Leconfigurazioni che si possono adottare per una sta-zione di rifornimento di idrogeno sono molteplicie variano in funzione della tipologia dell’approvvi-gionamento (produzione on-site o centralizzata),della fonte primaria utilizzata (idrogeno prodottoda combustibili fossili o da rinnovabili), della formain cui l’idrogeno è erogato (idrogeno compressoe/o liquido), della modalità di immagazzinamentopresso la stazione. La scelta è determinata tra l’al-tro dal numero di utenti e quindi dalla quantità diidrogeno che l’impianto deve essere in grado difornire nell’arco della giornata.Sono state realizzate inoltre alcune stazioni cosid-dette Total Energy, nelle quali la produzione locale di

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Figura 3Stazioni di rifornimento di idrogeno operative e di prevista realizzazione (marzo 2010) Fonte: elaborazione ENEA da fonti diverse

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do da bioetanolo (la percentuale in volume dibio-ETBE considerata biocarburante è del 47%);

• bio-MTBE, metil-ter-butil-etere: MTBE prodottopartendo da biometanolo (la percentuale in volu-me di bio-MTBE considerata è del 36%);

• biocarburanti sintetici (BTL, biomass to liquids):idrocarburi sintetici o miscele di idrocarburi sin-tetici prodotti a partire dalla biomassa;

• bioidrogeno: idrogeno ricavato dalla biomassa,ovvero dalla frazione biodegradabile dei rifiuti;

• olio vegetale puro: olio prodotto da piante olea-ginose mediante pressione, estrazione o proces-si analoghi, greggio o raffinato ma chimicamen-te non modificato, qualora compatibile con il ti-po di motore usato e con i corrispondenti requi-siti in materia di emissioni.

Le prospettive più interessanti riguardano l’ETBE eil biodiesel. L’ETBE è un etere prodotto a partire dal bioetano-lo, un alcool etilico ottenuto mediante un proces-so di fermentazione di diversi prodotti agricoli: lecolture più adatte ai nostri climi per la sua produ-zione sono il mais, la barbabietola da zucchero e ilfrumento. Le filiere di produzione dell’etanolo so-no alquanto energivore rispetto a quelle della ben-zina tradizionale. Nonostante ciò, in termini di ener-gia di origine fossile utilizzata nell’intera catena ener-getica, si ha una riduzione rispetto alla benzina, so-prattutto se si considerano anche i sottoprodottidella lavorazione[2], per i quali si può avere un con-sistente risparmio di fonti primarie fossili rispetto al-la condizione di doverli produrre direttamente. Ri-guardo le emissioni di gas climalteranti l’utilizzo dibiomasse per la produzione di etanolo comportauna riduzione significativa di tali emissioni rispetto aicombustibili fossili. L’ETBE viene già miscelato allabenzina per aumentarne il potere antidetonante.Il biodiesel è un biocombustibile prodotto da olivegetali che, per le Regioni a clima più tempera-to, possono provenire da: olivo, soia, colza e gira-sole. I processi di produzione del biodiesel richiedo-no meno energia rispetto all'etanolo, essendo co-stituiti da fasi piuttosto semplici, spesso a bassatemperatura e pressione. Valgono pertanto le con-siderazioni precedenti in termini di efficienza, valu-tata sull’intera catena, che risulta decisamente piùbassa di quella del diesel, anche se riguardo l’utiliz-

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ne prevista per la domanda, sarà necessario inqualche modo anticipare la stessa, per consentirela diffusione dei veicoli e di altre applicazioni equindi attendere tempi di ritorno degli investi-menti più lunghi rispetto ai distributori tradizio-nali. Alcuni studi[10] hanno stimato che gli inve-stimenti necessari per la realizzazione di un’infra-struttura che soddisfi una penetrazione del 5%nella sola Europa EU15 nel 2020 sono dell’ordi-ne di 20-35 B€, mentre la realizzazione di unaflotta interamente ad idrogeno in Europa nel 2050richiederà un investimento totale valutabile in700-2.200 B€[11].

Veicoli a biocarburantiL’utilizzo di combustibili derivati dalle biomasse (bio-carburanti) rappresenta per l’Italia un’alternativapercorribile nell’ottica della diversificazione dellefonti e della sicurezza del sistema energetico, non-ché nel contenimento delle emissioni di gas climal-teranti. Tali carburanti, valutati nell’intero ciclo di vi-ta, ovvero dalla raccolta della biomassa fino al con-sumo nei veicoli, consentono di avere una ridottaemissione di CO2 rispetto a quelli di origine fossile.Infatti, alla quantità di CO2 prodotta dalla combustio-ne deve essere sottratta quella assorbita durante lacrescita della biomassa stessa, se proveniente dacoltivazioni, ovvero quella che verrebbe comunqueemessa nella decomposizione, qualora la biomas-sa provenisse da scarti o rifiuti non utilizzati a scopienergetici. Un ulteriore vantaggio dell’uso dei biocar-buranti è legato alle loro elevate proprietà ambien-tali di biodegradabilità e bassa tossicità in confron-to agli analoghi prodotti fossili. Sono consideratibiocarburanti i seguenti prodotti:• bioetanolo: etanolo ricavato dalla biomassa ov-

vero dalla parte biodegradabile dei rifiuti;• biodiesel: estere metilico ricavato da oli vegetali

o animali, utilizzati in motori diesel;• biogas: gas combustibile ricavato dalla biomas-

sa, ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti,trattato in un impianto di purificazione per otte-nere proprietà simili a quelle del gas naturale;

• biometanolo: metanolo ricavato dalla biomassa;• biodimetiletere (DME): etere dimetilico ricavato

dalla biomassa;• bio-ETBE, etil-ter-butil-etere: ETBE prodotto parten-

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re riguarda non solo la disponibilità di territorio, maanche l’esistenza delle condizioni climatiche per unsuo proficuo utilizzo e per consentire alle colture disvilupparsi in modo ottimale (ad esempio sufficien-te disponibilità di acqua). Ciò potrebbe ridurre sen-sibilmente le aree disponibili. Accanto a ciò si devecomunque tenere in debito conto che modifiche didestinazione d’uso del territorio potrebbero altera-re fortemente l’habitat preesistente e creare danniirreversibili, cosa ovviamente da evitare. Dovrebbe-ro perciò essere eseguite preventivamente analisiapprofondite per identificare le aree effettivamentea disposizione per la produzione dei biocarburanti,in modo da stabilire la possibile quota di mercatoper il loro utilizzo. Tali analisi dovrebbero anche ve-rificare in quali contesti applicativi si potrebbe averel’utilizzo più efficiente delle biomasse, per ottimizzar-ne la resa energetica, non essendo assolutamentecerto che ciò debba avvenire nel settore trasporti.

Veicoli a gas naturaleIl gas naturale, quasi esclusivamente in forma di gascompresso, rappresenta già attualmente un com-bustibile con un significativo grado di utilizzo perl’autotrazione, soprattutto attraverso dispositivi diconversione dei veicoli a benzina. I dati dell’Auto-mobile Club d’Italia del 2008 indicano che circolanoin Italia più di mezzo milione di autovetture, pari apoco meno del 2% del totale. In generale si tratta diveicoli a doppia alimentazione. La rete nazionale didistribuzione[12] consiste in 652 stazioni di servizioed è sicuramente molto ampia, soprattutto se para-gonata al resto dell’Europa, dove le stazioni sonocomplessivamente solo 1.191. I distributori sonoperò dislocati in modo disomogeneo, con Regioni earee meglio servite di altre; in particolare, si ha unarete abbastanza capillare in Emilia, Lombardia e Ve-neto, mentre è tipicamente insufficiente al sud eaddirittura nulla in Sardegna. Anche la rete auto-stradale non garantisce una diffusione di stazionidi rifornimento completamente soddisfacente (so-lo 28 punti vendita rispetto ai circa 500 dei carburan-ti convenzionali).Nell’anno 2008 il consumo stradale di metano[13] èstato pari a 671 milioni di m3, corrispondenti a cir-ca 0,6 Mtep, ovvero 0,52 Mt; tale consumo è pari acirca l’1% del consumo energetico del settore tra-

zo di fonti fossili si ha una minore incidenza[2].In termini di emissioni di gas serra si assiste anchein questo caso ad una considerevole minor emis-sione di CO2; occorre però dire che questo effettopositivo viene parzialmente limitato dalle emissionidi ossido nitroso che, avendo un alto potere climal-terante, pesano significativamente sull’emissionecomplessiva. D’altro canto la produzione di gliceri-na come sottoprodotto di lavorazione consente ridu-zioni sensibili di emissioni di gas serra. L’applicazio-ne del biodiesel nell’autotrazione comporta, perquanto attiene l’emissione di inquinanti atmosferi-ci nocivi, contributi sia positivi che negativi. Tra i pri-mi si hanno minori emissioni di idrocarburi (in parti-colare quelli aromatici), ossido di carbonio, partico-lati (anche se occorrerebbe analizzarne in maggio-re dettaglio le tipologie) e ossidi di zolfo, che sonocompletamente assenti. È invece negativo il contri-buto degli ossidi di azoto, che aumentano del10÷15%, in dipendenza della maggiore quantitàdi ossigeno presente nel biodiesel.In sintesi, un maggiore utilizzo di biocombustibilinell’autotrazione può contribuire a ridurre sia l’e-missione di gas serra, sia l’emissione di alcuni inqui-nanti atmosferici, sia infine l’importazione di petro-lio greggio, permettendo quindi di limitare la dipen-denza energetica nazionale. L’aspetto di maggiorecriticità è legato dalla larga estensione di territorioda adibire alla coltivazione delle colture energeti-che. Ciò impone, nel caso in cui né biomasse nébiocarburanti fossero importati, che un’ampia por-zione del nostro Paese debba essere destinata a col-tivazioni energetiche per permettere la produzionedelle colture necessarie, riducendo conseguente-mente l’area a disposizione per la produzione diprodotti utilizzabili per l’alimentazione. Situazionimigliori si potrebbero avere con l’avvento dei bio-carburanti provenienti da biomasse di seconda ge-nerazione, caratterizzate da resa maggiore e soprat-tutto dalla possibilità di essere prodotte in aree nonutilizzate per produzione agricola. Andando ad esa-minare l’aspetto relativo alla sostenibilità di una lar-ga introduzione dei biocarburanti nel trasporto stra-dale, in particolare per quanto attiene i biocarbu-ranti di seconda generazione, devono essere ana-lizzati specificatamente i contesti ambientali, eco-nomici e sociali. Il problema principale da affronta-

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vante degli idrocarburi non metanici, riduzione de-gli NOx e riduzione del CO.Riguardo la sicurezza degli approvvigionamenti l’u-so del gas naturale contribuisce a diversificare lefonti primarie con un potenziale miglioramentosotto tale profilo. Va però detto che l’Italia è giàfortemente dipendente dal gas naturale per quan-to attiene la produzione di elettricità e il residen-ziale; si potrebbe quindi ricreare nei fatti una situa-zione di rischio simile a quella già vista per il petro-lio. Le forniture di gas naturale, tra l’altro, essen-do al momento vincolate ai metanodotti, sono po-tenzialmente soggette a rischi anche perché le re-ti di trasporto attraversano regioni politicamentenon del tutto stabili. Sono in corso progetti per rea-lizzare impianti di rigassificazione del gas naturaleliquefatto da approvvigionare via mare; ciò potreb-be dare un’effettiva opzione per affrontare positiva-mente possibili periodi di crisi, aumentando il nume-ro di paesi fornitori.Un maggiore utilizzo del gas naturale potrebbe fa-vorire nel lungo termine anche il ricorso all’idrogeno,sia perché potrebbe rimuovere molte delle pregiudi-ziali che la cittadinanza ancora mantiene nei con-fronti dei combustibili gassosi, sia perché alcune del-le infrastrutture del gas naturale (metanodotti, sta-zioni di servizio ecc.) potrebbero essere rese disponi-bili con investimenti ridotti o addirittura nulli per ta-le vettore energetico, sia perché si potrebbero uti-lizzare da subito miscele gas naturale idrogeno neiveicoli a metano.

Veicoli elettrici Veicoli elettrici a batteria (BEV)La sostituzione dei motori a combustione internacon motori elettrici rappresenta da tempo un’op-zione interessante per affrontare e risolvere i pro-blemi del trasporto stradale. In passato tale opzionenon ha avuto grande successo soprattutto a causadelle caratteristiche delle batterie che non garantiva-no prestazioni accettabili non solo in termini di per-correnza tra due ricariche, durata e costi, ma an-che di tempi di ricarica, pesi e volumi. Ancora ades-so gli obiettivi di costo per unità di energia imma-gazzinata sono troppo distanti da quelli desiderati.

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sporti. Il potere calorifico del gas naturale è variabi-le, perché oltre al metano sono presenti sia altri gascome etano e propano con maggiore potere calori-fico sia gas inerti, per cui tale indicatore risulta es-sere diverso da quello del metano, pari a circa 50MJ/kg (potere calorifico inferiore)5. Nell’impiego nel-l’autotrazione il consumo di 1 kg di gas naturale ri-sulta essere equivalente a circa 1,5 litri di benzina,con un costo pari a poco più del 40%[14], grazie al-l’attuale ridotta incidenza delle accise. Il maggioreinconveniente, soprattutto per i veicoli convertiti,riguarda la necessità di installare sulle autovettureun certo numero di serbatoi in pressione (al mo-mento la pressione massima ammessa è 200 bar,anche se in altri paesi europei si possono utilizzareserbatoi a pressione più alta) che ne vanno ad au-mentare inevitabilmente il peso. In termini di effi-cienza non si hanno differenze sostanziali rispettoai veicoli convenzionali nel caso la motorizzazionedel veicolo a gas naturale sia progettata ad hoc,mentre si può avere una certa riduzione della stes-sa, allorquando viene effettuata la conversione diun veicolo esistente. Dal punto di vista della sicu-rezza, il metano dà sufficienti garanzie, soprattut-to perché è più leggero dell’aria e quindi in caso difuga si disperde abbastanza facilmente nell’atmo-sfera, minimizzando il pericolo di incendio.Tra i vantaggi dell’uso del gas naturale è certamen-te la minore emissione di CO2, conseguente ad unacomposizione molecolare in cui il rapporto H/C èpari a 4, mentre per i carburanti convenzionali sicolloca intorno a 2. Per dovere di completezza occor-re però considerare che, accanto alla riduzione del-la CO2, si potrebbe verificare un effetto opposto incaso di perdita in atmosfera di CH4, cosa che po-trebbe facilmente più che compensare tale benefi-cio, avendo il metano un potere climalterante pari acirca 20 volte quello della CO2. Occorre quindi usa-re tutti gli accorgimenti possibili per evitare o ridur-re a livelli trascurabili le fughe di metano.Dal punto di vista dell’inquinamento locale il ricorsoal gas naturale produce effetti molto positivi. Infat-ti riguardo l'emissione degli inquinanti atmosfericisi hanno i seguenti vantaggi: assenza di particola-to, assenza di idrocarburi aromatici, riduzione rile-

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5. Si è utilizzato nelle conversioni un valore del potere calorifico inferiore per il gas naturale pari a 47 MJ/kg.

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Le batterie litio-ione hanno invece le potenzialitàper diventare il riferimento per i veicoli elettrici fu-turi soprattutto perché garantiscono valori più altidi energia specifica. Inoltre, per alti volumi di pro-duzione, sembra che il loro costo possa ridursi dipiù rispetto a quelle a NiMH. Si hanno però limita-zioni che richiedono ancora molto impegno. In par-ticolare alcune caratteristiche possono impattarenegativamente sulla sicurezza, la durata, il ciclo divita ed il costo. C’è però una ragionevole speranzache si possa venire a capo di tali limitazioni, sia pu-re accettando qualche penalizzazione in termini dienergia specifica e vincoli per quanto attiene il lo-ro campo di funzionamento. Al momento, anche se c’è un notevole fermentoper una diffusione dei BEV, le limitazioni di percor-renza ne restringono l’utilizzo ai contesti urbani do-ve le eccellenti caratteristiche riguardo le emissio-ni nocive rendono molto interessante l’adozionedi tali veicoli.Andando ad esaminare i possibili impatti energeti-ci di una larga penetrazione dei BEV risulta difficilein molti casi effettuare un’analisi del tutto correttaperché, pur essendo semplice valutare i consumi“dalla batteria alle ruote”, risulta molto più com-plicato valutare la parte a monte, ovvero l’incidenza

In figura 4 è mostrato un diagramma[15] di confron-to di diversi tipi di accumulo elettrico. La potenzaspecifica di un motore convenzionale si colloca in2-3 kW/kg, per cui le differenze risultano essere ac-cettabili. È diverso il confronto con l’energia specifi-ca, dove i dati relativi ai veicoli a combustione in-terna indicano valori superiori a 1 kWh/kg che in-vece rimangono distanti di almeno un ordine digrandezza dalle prestazioni di tutte le batterie indi-cate in figura.Le batterie a nichel idruri-metallici (NiMH) e quelle allitio-ione si avvicinano agli obiettivi di prestazionedesiderati per i veicoli elettrici ed ibridi, mentre i su-percondensatori potrebbero fornire prestazioni ade-guate per quelli ibridi. Attualmente le batterie aNiMH dominano il mercato delle batterie per auto-trazione, principalmente per le caratteristiche di du-rata e sicurezza più favorevoli di quelle delle batte-rie al litio che, dopo un certo numero di ricariche,tendono a ridurre l’energia specifica immagazzina-ta. Le batterie NiMH potrebbero avere una vita si-mile a quella del veicolo, se gestite con attenzione.D’altro canto, però, le batterie NiMH sono ancoratroppo costose, pesanti ed ingombranti per poteressere considerate come una possibile soluzione perun ampio uso nella trazione stradale.

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Figura 4Prestazioni relative di diverse tecnologie di accumulo elettrico Fonte: V. Srinivasan[14]

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derando la ridotta autonomia, la necessità di creareex-novo le infrastrutture per la ricarica, i lunghi tem-pi per la ricarica, i possibili problemi per la disponibi-lità dei materiali costituenti le batterie, i costi, la du-rata delle batterie ecc. che fanno sì che difficilmen-te si possa pensare nel breve termine ad un uso deiveicoli elettrici al di fuori di un mercato limitato aicontesti urbani. È chiaro però che uno sviluppo deiveicoli elettrici potrebbe avere comunque effetti po-sitivi per altre tecnologie veicolari (ibridi, veicoli acelle a combustibile) che potrebbero beneficiare diriduzione per i costi di componenti (batterie, mo-tori elettrici ecc.).

Veicoli elettrici ibridi (HEV)Un veicolo ibrido è un veicolo dotato di almeno duesistemi di propulsione diversi. I sistemi di propulsio-ne ibridi al momento più interessanti utilizzano unmotore elettrico in aggiunta al motore termico, chepuò essere progettato per lavorare in un campo difunzionamento dove fornisce le rese energeticheed ambientali migliori. Nel corso degli ultimi annisono state proposte molte configurazioni di siste-mi di propulsione ibridi, alcune delle quali anchemolto complesse, ma tutte comunque derivabili dal-le due configurazioni base "serie" e "parallelo".Esistono al momento molte autovetture ibride pro-dotte da diverse case automobilistiche (Ford, Honda,Toyota ecc.) con un mercato annuale che nel 2008valeva circa mezzo milione di veicoli. In particolareToyota ha annunciato all’inizio del 2009 di aver mes-so in commercio più di 2 milioni di autovetture, so-prattutto grazie al modello Prius. Ciò dà l’idea che iHEV possono già rappresentare un’opzione fruibilenel mercato delle autovetture, non avendo le limita-zioni di percorrenza che invece condizionano i veico-li elettrici. Le autovetture ibride permettono infatti,grazie ai motori elettrici, buone prestazioni in fase diaccelerazione, mentre i motori termici vengono usa-ti soprattutto durante la marcia normale. Perciò,durante le soste, il motore termico può essere spen-to e il consumo di energia azzerato; al momentodella ripartenza viene normalmente attivato il moto-

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della ricarica della batteria sul consumo complessi-vo. Infatti in tal caso deve essere presa in considera-zione, sia per l’efficienza come pure per l’impattosui cambiamenti climatici, l’origine dell’elettricità.Istante per istante dovrebbe essere noto il tipo diimpianto utilizzato, insieme con la fonte primaria,visto che la ricarica potrebbe comportare una du-rata significativa. Anche il considerare la media delmix energetico, ipotesi che concettualmente sembraessere accettabile, potrebbe condurre a valutazio-ni distorte qualora la ricarica venisse fatta in parti-colari ore della giornata. Un vantaggio offerto dall’auto elettrica è la possi-bilità di effettuare la ricarica delle batterie presso lapropria abitazione nelle ore notturne, utilizzandol’energia elettrica in un periodo di minore richiesta econ una notevole eccesso di capacità produttiva,con positivi effetti anche in termini di economicità delsistema di produzione dell’energia elettrica. Malgrado i vantaggi citati, la caratteristica che osta-cola lo sviluppo commerciale dei veicoli elettrici èla scarsa autonomia energetica dovuta alla limitatacapacità di accumulo delle batterie attualmente di-sponibili.L’utilizzo dei veicoli elettrici può dare vantaggi si-gnificativi nei riguardi dei cambiamenti climatici, sel’elettricità è prodotta da fonti fossili con sequestrodella CO2 o da rinnovabili6, come pure nei con-fronti delle emissioni di inquinanti atmosferici che siriducono a zero al punto d’uso. Si può anche ave-re complessivamente un vantaggio considerevolein termini di inquinanti atmosferici, sia perché lecentrali di produzione sono spesso localizzate lon-tano dai centri abitati, e quindi l’emissione va adimpattare una quota modesta della popolazione,sia perché è senza dubbio più facile ed efficace ef-fettuare il controllo delle emissioni nelle centraliche sul parco degli autoveicoli. Anche per la sicurez-za degli approvvigionamenti si può avere una si-tuazione migliore, essendo fortemente limitata ladipendenza dal petrolio.È invece piuttosto complessa la situazione riguardola penetrazione su larga scala di tali veicoli, consi-

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6. Per quanto attiene le rinnovabili, in alcuni scenari futuri si ipotizza che le batterie potrebbero immagazzina-re il surplus di energia in caso di bassa domanda e renderla disponibile in un secondo tempo non solo alleautovetture, ma anche alla rete di distribuzione (smart grids).

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che decina di punti percentuali (ad es. la ToyotaPrius ha un H pari al 29%) anche per limitare il nu-mero delle batterie, ma ciò comporta altresì unapercorrenza ridotta nel modo solo elettrico. Tipi-camente, allorché il livello di carica delle batteriescende al disotto del limite inferiore, il motore ter-mico viene comunque attivato per ripristinare lostato di carica ottimale.C’è una ragionevole sensazione che i HEV possanoessere visti come una soluzione intermedia, in at-tesa dello sviluppo di sistemi più competitivi. An-che in questo caso l’elevato livello di elettrificazio-ne può creare le premesse per la futura penetra-zione di nuove tecnologie come ad esempio i veico-li a celle a combustibile, il cui utilizzo si basa moltosull’elettricità.L’utilizzo dei HEV può dare qualche vantaggio neiriguardi dei cambiamenti climatici, perché, essen-do più efficienti dei veicoli tradizionali, richiedonominori quantità di combustibili fossili e quindi dan-no origine ad emissioni ridotte di CO2. I vantaggisono invece significativi per quanto riguarda la ri-duzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici,che possono ridursi a valori prossimi allo zero nel-l’uso nelle aree urbane. Per quanto attiene la sicurez-za degli approvvigionamenti non si hanno vantag-gi rilevanti perché rimane, di fatto, la dipendenzadal petrolio.Si ritiene inoltre che la penetrazione di tali veico-li possa avvenire senza eccessive difficoltà, consi-derato che i maggiori costi, per altro abbastanzacontenuti, potrebbero essere compensati sia dal-la maggiore efficienza, sia dalle buone caratteristi-che ecologiche che potrebbero comunque con-sentirne l’utilizzo anche in caso di leggi ambienta-li più restrittive.

Veicoli Ibridi Plug-in (PHEV) Un veicolo ibrido plug-in è un veicolo ibrido con lacapacità di ricaricare le batterie dalla rete elettrica. Taliveicoli garantiscono una modesta percorrenza inmodo solo elettrico (dell'ordine di qualche decinadi km) e sono dotati di un motore a combustioneinterna di potenza limitata.Il PHEV offre una buona soluzione che integra lecaratteristiche positive in termini di prestazioni e co-sto dei HEV con quelle ambientali e di sicurezza de-

re elettrico, caratterizzato da migliore efficienza. Ingenere si possono attivare diversi programmi di ope-razione, a seconda del tipo di marcia del veicolo.Ad esempio in funzionamento in aree urbane si po-trebbe attivare un funzionamento con il solo mo-tore elettrico, consentendo il completo abbattimen-to delle emissioni inquinanti. Inoltre è anche impor-tante evitare che il motore termico sia utilizzato fre-quentemente in condizioni a freddo, perché in talcaso i dispositivi di abbattimento sarebbero menoefficaci; anche questo tipo di problemi viene nor-malmente gestito dal sistema di controllo.Occorre rilevare che, sebbene la fonte di energiautilizzata direttamente o indirettamente per gli spo-stamenti sia riconducibile a quella procurata dalcombustibile convenzionale (il motore termico, congli opportuni sistemi di conversione, è responsabi-le della ricarica delle batterie), con i HEV è possibi-le ottenere apprezzabili riduzioni del consumo ener-getico non solo perché il motore termico viene fat-to lavorare nelle condizioni di maggiore efficienza,ma anche perché, durante le fasi di frenata, il mo-tore elettrico può funzionare come generatore, re-cuperando parte dell’energia che viene immagaz-zinata nelle batterie e che altrimenti sarebbe per-sa. Le batterie, a loro volta, devono essere sotto-poste ad un controllo abbastanza stringente perevitare che in certe condizioni di funzionamentodel veicolo vengano scaricate al disotto di un certolimite o siano sovraccaricate ed in tal modo ridu-cano la loro vita. È chiaro che i migliori risultati si ottengono da unveicolo ibrido quando questo è utilizzato prevalen-temente nelle aree urbane; in un prolungato usoautostradale invece i vantaggi sopra menzionatiscompaiono ed anzi si può assistere alla loro comple-ta inversione. Un parametro significativo dei HEV è il cosiddettorapporto di ibridizzazione H definito come:

H = Pmotore_elettrico/(Pmotore_elettrico + Pmotore_termico)

dove Pmotore elettrico rappresenta la potenza del moto-re elettrico e Pmotore_termico quella del motore termi-co. Il valore del rapporto può evidentemente va-riare tra zero, il che corrisponde ad un veicolo con-venzionale, e 1, per un veicolo elettrico a batteria.La tendenza è quella di rimanere a valori di qual-

Le possibili tecnologie veicolari del futuro: caratteristiche e problemi aperti

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funzione fino al termine della missione; la curva deiconsumi di carburante è indicata dalla curva trat-teggiata in rosso, che comincia a crescere dopo lacommutazione. Il livello di carica delle batterie puòsubire delle variazioni, per effetto di frenate che au-mentano la carica o ripartenze dove invece vienedi norma utilizzato il motore elettrico.Dal diagramma si può capire come al termine dellamissione occorra generalmente procedere ad unaricarica delle batterie, cosa che viene fatta collegan-do opportunamente il veicolo alla rete elettrica. Sempre riferendosi al diagramma, tanto più è ampiala distanza percorribile mediante motore elettrico,tanto più il comportamento del veicolo risulta es-sere simile a quello di un veicolo elettrico e, vicever-sa, ad un veicolo convenzionale. La prima opzionecomporta l’installazione a bordo di un pacco con-sistente di batterie e quindi costi presumibilmentepiù alti. Si potrebbe però pensare di dimensionare laconsistenza delle batterie sulla base di valutazionidelle percorrenze tipiche del veicolo, ottimizzando-ne così le prestazioni. È chiaro quindi che diviene complicata e non deltutto attendibile una valutazione energetica e di ef-ficienza, essendo legata al rapporto tra la parte dipercorso effettuata in modo elettrico e quella inmodo termico. Dovrebbero a tal fine essere defini-ti dei cicli di riferimento su cui effettuare le valutazio-ni, che al momento non sono stati ancora indivi-duati. Comunque, anche in questo caso, sarebbedifficile pervenire in modo generale a stime attendi-bili, sempre per la difficoltà di valutare correttamen-te la porzione di percorso eseguita in elettrico. Ana-logo è il discorso per le emissioni di CO2, che risulta-no fortemente dipendenti dagli impianti effettiva-mente utilizzati per la produzione dell’elettricità uti-lizzata per la ricarica. Dovrebbero invece migliora-re senz’altro le emissioni locali di inquinanti atmosfe-rici e della sicurezza degli approvvigionamenti, so-prattutto nei casi in cui è alto percentualmente ilcontributo del modo elettrico.Dal punto di vista delle infrastrutture si può pen-sare che gli investimenti necessari siano contenu-ti, considerando che la ricarica potrebbe avvenirenei momenti in cui il veicolo è fermo (per esempiopresso la propria abitazione durante le ore nottur-ne, ovvero in prossimità del luogo di lavoro duran-

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gli approvvigionamenti di energia procurate dai BEV.Come il BEV, il PHEV possiede la capacità di sosti-tuire l'energia proveniente dal petrolio con l'ener-gia procurata dalla rete elettrica e, come l'HEV, ilPHEV non ha limitazioni di percorrenza.Il tipico funzionamento del PHEV prevede due mo-di per cui, con lo stato di carica (SOC) della batteriaal di sopra della soglia minima, il PHEV opera nelmodo "riduzione di carica", con la batteria che sifa carico della richiesta di potenza del veicolo. Unavolta raggiunta la soglia minima dello stato di cari-ca, il veicolo commuta nel modo "mantenimentodi carica" (figura 5) caratterizzato dall’uso del moto-re termico che diviene l’unico responsabile della ero-gazione di energia. Durante questa modalità opera-tiva, lo stato di carica viene mantenuto entro un in-tervallo di funzionamento ristretto, usando l'ener-gia immagazzinata nelle batterie solo per ottimiz-zare l'operazione del veicolo in casi particolari (adesempio nelle ripartenze ai semafori). Gli eventualiutilizzi delle batterie sono reintegrati attraverso il re-cupero di energia in frenata. Dalla figura si può evin-cere come nell’utilizzo del veicolo venga attivato ilmotore elettrico, alimentato a batteria, nella primaporzione dello spostamento; le batterie si scarica-no seguendo la curva continua. Allorché viene rag-giunta la soglia inferiore dello stato di carica vienemesso in funzione il motore termico che rimane in

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Figura 5Funzionamento PHEV Fonte: ENEA

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sentano promettenti opportunità di crescita indu-striale, creando quindi premesse importanti di svi-luppo della società. L’analisi di pregi e difetti delle diverse opzioni tec-nologiche, evidentemente non esaustiva, ha cer-cato di individuare criticità e vantaggi delle diverseopzioni. Alla luce di ciò si può ipotizzare che il fu-turo sarà presumibilmente caratterizzato da uncambiamento significativo dei sistemi di trazionedei veicoli; il risultato sarà la sostituzione totale oparziale del motore termico con sistemi in cui l’e-lettricità giocherà il ruolo principale. Le opzioni cheragionevolmente saranno in competizione e chepotranno coprire fette significative del mercatoavranno come fonte di energia l’elettricità fornitada batterie o l’idrogeno utilizzato nelle celle a com-bustibile. Una valutazione comparativa dei veicolie idrogeno e a batteria è stata quindi effettuata esarà oggetto di una memoria specifica, dove sa-ranno esaminati e valutati qualitativamente e quan-titativamente gli aspetti più importanti delle relati-ve tecnologie.

te le ore lavorative), rimanendo valido il concettoche il veicolo può anche essere utilizzato anche perevenienze impreviste, come veicolo termico. È pre-vedibile che, con un ampio mercato dei PHEV, unqualche potenziamento della rete elettrica si possarivelare necessario.Andando ad esaminare il livello di gradimento daparte degli utenti finali si può supporre che essonon si dovrebbe discostare da quello per i veicoliHEV, anche perché i costi dei veicoli PHEV dovrebbe-ro essere del tutto similari.

Conclusioni

In questo articolo sono state esaminate le alterna-tive veicolari che potrebbero contribuire a rendereil trasporto su strada ambientalmente più soste-nibile, limitando le emissioni a livello locale e glo-bale e riducendo i rischi associati alla sicurezza de-gli approvvigionamenti di petrolio e dei suoi deri-vati che provengono da aree spesso alquanto insta-bili. Tali opzioni, nella maggior parte dei casi, pre-

Le possibili tecnologie veicolari del futuro: caratteristiche e problemi aperti

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braio 2009; http://www1.eere.energy.gov/hydro-genandfuelcells/storage/pdfs/targets_onboard_hy-dro_storage.pdf

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ben_2007.pdf[14] http://www.metanoauto.com/index.php[15] V. Srinivasan, The Batteries for Advanced Transpor-

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riflettore

su Le energie rinnovabili

tra obiettivi globali e opposizioni locali: una valutazione retrospettiva

Alessandro Caramis

Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Scienze della Comunicazione,Osservatorio di Comunicazione Ambientale “CAMBIO”

riflettore su studi& ricerche

primo piano

Gli impianti energetici,compresi quelli a fontirinnovabili, non sono piùpercepiti dalle popolazionicome simboli di progresso esviluppo; al contrario,l’attenzione al proprioterritorio e a valori quali lasalute e l’autodeterminazione,rende le società locali moltopiù attente al rapporto costi-benefici nell’assumere l’oneredi ospitare tali impianti

Renewable Energy AmongGlobal Objectives and LocalObjections: a Retrospective

EvaluationEnergy facilities and plants, including renewable sources’,are no longer perceived as symbols of progress anddevelopment by the population. On the contrary, a greaterattention to the territory and to values like health andself-determination make local communities focus muchmore on the costs and benefits deriving from hosting suchfacilities

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te nel testo, anche per i parere discordi esistentisu questo tema. In questo articolo si presupporràche le caratteristiche della sindrome Nimby sianonote al lettore.D'altra parte l'interesse per questi temi è stato svi-luppato principalmente attraverso la collaborazio-ne, ormai quasi decennale, con il dr. Gaetano Bor-relli dell’ENEA, con il quale ho partecipato a studie ricerche sulle fonti di energia, in particolare lafusione termonucleare, il cui focus era la comuni-cazione, la partecipazione e il conflitto.La ragione per cui ritengo importante focalizzarsisulle opposizioni locali alle FER è riconducibile alfatto che oggi, oltre a fenomeni di conflitto scatu-riti attorno alle “grandi opere” ad elevato impat-to ambientale, assistiamo all’accendersi di nume-rosi contenziosi locali sorti attorno a progetti orien-tati al miglioramento generale della qualità del-l’ambiente. Tra questi figurano anche quelli riguar-danti l’implementazione di tecnologie a rinnova-bili la cui necessità, sia a livello di opinione pubbli-ca generale e sia nei diversi schieramenti politici èauspicata da tutti. Fenomeni forse meglio spiegabi-li con l’acronimo più neutro LULU (Local Unwan-ted Land Uses) stanno diventando quindi semprepiù frequenti, allargandosi dalle centrali a carbonee dai termovalorizzatori alle tecnologie “alterna-tive”: centrali geotermiche, eoliche, a solare ter-modinamico, solare fotovoltaico, impianti a bio-gas, di conversione delle biomasse in energia. Daidati rilevati dall’Osservatorio Nimby Forum[1] si no-ta come il trend di contestazione negli ultimi annialle centrali a fonti rinnovabili è in costante cresci-ta (le centrali a biomasse contestate sono passa-te da 23 nel 2007 a 70 nel 2009, quelle ai parchieolici da 5 nel 2008 a 20 nel 2009) e non è esclu-so che le proteste siano state ancora di più.Da questa situazione si può constatare che in cer-ti casi l’accettazione sociale verso le FER a livellodi politiche macro (nazionale o regionale) non coin-cide sempre con quella verso i singoli progetti ener-getici a livello micro.

Il recente accordo europeo preso sul pacchetto cli-ma ed energia (conosciuto come obiettivo del 20-20-20), il rispetto del Protocollo di Kyoto nonché ilrecente dibattito sull’opportunità o meno di rilan-ciare l’energia nucleare nel nostro paese hannoposto al centro dell’attenzione pubblica il ruolodelle fonti rinnovabili nel futuro delle politicheenergetiche in Italia.L’Italia, al pari degli altri paesi comunitari e tecno-logicamente avanzati, attraverso una serie di stru-menti e meccanismi di incentivazione ha intrapre-so la strada dell’investimento in nuove tecnologieenergetiche capaci di ridurre o azzerare le emis-sioni di CO2 nell’atmosfera. In uno scenario futu-ro di forte competizione tra diverse/alternative scel-te energetiche (CCS, energie rinnovabili, tecnolo-gie per l’efficienza energetica, idrogeno, fissionenucleare) l’opzione delle energie rinnovabili (daora FER) appare sempre più come una tra le sceltepiù percorribili ed a portata di mano. Le FER sonodestinate infatti a ricoprire una funzione semprepiù importante nei futuri assetti strategici del nostropaese. Le ragioni principali sono riconducibili alfatto di poter ridurre le emissioni di CO2 nell’at-mosfera, garantire la sicurezza e diversificazionedegli approvvigionamenti energetici, rilanciare gliinvestimenti nonché offrire opportunità di sviluppolocale a territori oggi in crisi.Fatta questa premessa, negli ultimi anni assistia-mo in Italia sempre di più ad situazione che chiamain causa non solo la fattibilità tecnico-economica(quali i limiti geografici, la natura intermittente ediscontinua delle fonti, l’efficienza, la convenienzaeconomica ecc.) di tali scelte strategiche, bensì neimplica direttamente l’aspetto connesso alla loroaccettazione sociale.La tematica delle contestazioni locali verso gli im-pianti energetici ha oggi una vasta trattazione neimedia e da buona parte del mondo politico, in ge-nere viene spiegata ricorrendo alla nota sindromeNimby (Not in my backyard). Tuttavia questo ar-gomento non potrà essere trattato esaustivamen-

Le energie rinnovabili tra obiettivi globali e opposizioni locali: una valutazione retrospettiva

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Se tutto ciò è vero, dal dibattito in corso è altret-tanto evidente come tra gli ostacoli alla loro diffu-sione si sia trascurata la dimensione sociale. Lastessa IEA, nel suo rapporto Deploying Renewa-bles: Principles for Effective Policies[3], riconosceper la prima volta la mancata accettazione socia-le come uno tra i principali ostacoli alla diffusio-ne delle FER. L’innovazione portata dalle tecno-logie a rinnovabili, per essere realmente tale, de-ve misurarsi con il sociale (residenti, portatori diinteressi e opinion leader locali). Tutto ciò vienepoco considerato sia dalle autorità predisposte adavviare le procedure di autorizzazione, sia dalleaziende proponenti dell’impianto. Trascurare que-sta dimensione è stato un errore perché, da quel-lo che vediamo, spesso è dalle comunità localiche vengono gli ostacoli maggiori alla realizzazio-ne di un progetto, o alla localizzazione di impian-ti “sostenibili” anche quando in termini di fatti-bilità economica, tecnico-organizzativa e di mer-cato non si dovrebbero incontrare difficoltà. Oltre al miglioramento dell’efficienza tecnica, al-la riduzione dei costi, al superamento degli ostaco-li amministrativi e quelli collegati alla rete nazio-nale di distribuzione dell’energia elettrica, occor-re prendere in considerazione anche fattori legatia logiche di natura sociale e comunicativa. Questiaspetti sono riconducibili a domande emergentidal territorio e verranno esposti sinteticamente nelresto di questo articolo.

Le barriere sociali alle tecnologie a rinnovabili

Verso la fine degli anni 90 in alcune ricerche “difrontiera” ci si è chiesto quali fossero gli impedi-menti di natura squisitamente sociale che ostaco-lavano la diffusione delle FER sul territorio. Dai risul-tati emerse come, a parte qualche elemento dinovità, i loro meccanismi di azione fossero analo-ghi a quanto precedentemente emerso nelle ricer-che condotte in tutto il mondo riguardo gli im-pianti energetici più convenzionali, per i quali sus-sistono gli stessi problemi di accettabilità sociale.Nessuna di queste spiegazioni ha la pretesa di es-sere esaustiva, a seconda dei casi potrà prevalerel’una o l’altra, e non è escluso che più d’una pos-

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La questione chiave che dobbiamo chiederci non èquindi se e quanto le politiche energetiche a livel-lo nazionale verso le FER siano auspicabili, bensìse e come singoli progetti energetici a livello loca-le possono essere socialmente desiderabili. Nell’opinione corrente si è portati a pensare chequesto sia un fenomeno esclusivamente italiano,riconducibile all’interno del panorama più vastodelle opposizioni locali verso qualsiasi opera dipubblica utilità. Tuttavia, anche nel resto d’Euro-pa si è andati incontro a simili situazioni ed anco-ra oggi fenomeni di opposizione locale verso la lo-calizzazione di parchi eolici, centrali a biomasseecc. non sono del tutto assenti negli altri paesi co-munitari. La vera differenza esistente tra l’Italia edil resto d’Europa si fonda semmai sul fatto che,mentre nel nostro paese studi e ricerche in meri-to si trovano tuttora in uno stato nascente, neglialtri si ragiona su questo fenomeno da circa undecennio, cercando di conoscerne le ragioni, sen-za etichettare il tutto dietro una sbrigativa “sin-drome Nimby”.Quali sono i motivi per cui questo campo di inda-gine è stato fino a poco tempo fa trascurato? Amio parere, sono da ricondurre principalmente atre: il primo è dovuto all’attitudine positiva ed allafondamentale adesione di principio, rilevata da di-versi sondaggi ed inchieste, che i cittadini (sia a li-vello nazionale sia a livello europeo) hanno mo-strato e mostrano verso le nuove fonti energeti-che alternative ai combustibili fossili[2]. Il secondoè legato alla natura stessa delle nuove tecnologiea fonti energetiche rinnovabili. Fino a poco tem-po fa tali fonti sono state considerate: • “pulite”, quindi esenti da rischi per la salute so-

cialmente percepiti; • promosse dalla “galassia” legata al mondo am-

bientalista, quindi sostenute e incoraggiate dainuovi movimenti sociali;

• prive di impatto sul territorio, quindi esenti daprocedure di valutazione di impatto ambientale.

Il terzo motivo è riconducibile all’opinione, piut-tosto diffusa, che le barriere interposte alla rapi-da diffusione delle FER fossero principalmente dinatura tecnica, economica e di mercato, e si so-no pertanto trascurati altri ostacoli di natura spic-catamente sociale.

Alessandro Caramisriflettore

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ti generali quali il riscaldamento globale, l’effettoserra, la lotta al cambiamento climatico) i medialocali sono più orientati ad approfondire aspetticontestuali quali gli interessi dei diversi attori incampo, le preoccupazioni dei cittadini sui rischitecnologici, l’occupazione, l’assetto e la regolazio-ne del territorio. L’informazione fornita sulle FERè strettamente legata a queste tematiche dallequali viene influenzata. È dunque evidente come il trascurare tale me-dium (da parte dei promotori di progetti) possarivelarsi una scelta poco lungimirante, soprattut-to in presenza di una carenza informativa riscon-trata sulle fonti e sulla natura delle nuove tecno-logie energetiche. La necessità di ricevere un’informazione adeguata,continua ed esauriente dai proponenti è un aspet-to significativo messo in luce dai residenti in areeadiacenti ad impianti esistenti e progettati e lamancanza di informazione (sia in termini quantita-tivi sia qualitativi) sulle FER non contribuisce a ren-dere consapevoli i cittadini dei potenziali vantaggie svantaggi derivati dalla loro introduzione nei pro-pri territori. Attraverso azioni volte a fornire mag-giori informazioni è possibile mettere il cittadinoin condizione di conoscere preventivamente le tec-nologie proposte nel territorio dove egli vive.

La percezione del rischioUn’altra barriera trascurata è legata all’opinione,largamente diffusa tra promotori e progettisti ditali impianti, che le tecnologie a rinnovabili nonpossano essere percepite come rischiose per viadelle ricadute generali e dei benefici positivi sul-l’ambiente. Questa convinzione ha portato i pro-motori di tali tecnologie a sottovalutare del tutto leattività di comunicazione sul rischio ambientale,relegando l’informazione e la comunicazione sul-l’impianto proposto esclusivamente nella fase fi-nale della progettazione, immediatamente prece-dente l’avvio dei lavori di costruzione. In questi ca-si inoltre, la comunicazione esclude del tutto lapossibilità delle nuove tecnologie di essere porta-trici di rischi (ambientali, sanitari, relativi alla qualitàdella vita) e si concentra esclusivamente sul lato“verde” di esse. Tuttavia, nelle ultime contestazio-ni mosse agli impianti a rinnovabili il termine “ri-

sano essere contemporaneamente valide in unastessa situazione.

La mancanza di informazioneIl ruolo dell’informazione nella diffusione e accet-tazione delle FER è stato nel passato fin troppotrascurato. L’informazione tecnico-scientifica deicittadini sulle energie rinnovabili gioca infatti unruolo di fondamentale importanza nel favorire omeno la desiderabilità verso di esse. Senza informa-zione non vi è consapevolezza e la cosciente ac-cettazione di un mutamento del proprio territo-rio, determinato dall’introduzione di una tecnolo-gia verde, è condizionata anche dal livello di infor-mazione posseduto dai cittadini. Da ricerche e son-daggi svolti in merito[6], si riscontrano risultati con-trastanti e per alcuni versi allarmanti: i risultati diqueste ricerche mettono bene in evidenza comeattorno alle FER ed alle nuove tecnologie che nefanno uso vi sia ancora poca conoscenza tra il pub-blico non esperto.Inoltre, da tutte le analisi del contenuto condottesul rapporto tra stampa e informazione ambien-tale emergono regolarmente due aspetti: • il rapporto tra fonti primarie di informazione (ad

esempio agenzie governative, scienziati, tecnici)e mass media è carente da un punto di vistaqualitativo e ciò rende difficile divulgare in ma-niera chiara ed esaustiva le notizie di carattereambientale, soprattutto se hanno un contenu-to tecnologico;

• la cultura ambientale dei mezzi di comunicazio-ne di massa è orientata prevalentemente al com-mento delle emergenze del momento e questocomporta una trattazione dei temi in termini dicronaca piuttosto che di discussione tecnico-scientifica[7].

Tutto questo è ancora più valido quando le FERvengono trattate nella stampa locale. Quest’ulti-ma rispetto a quella nazionale, rappresenta unamaggiore fonte di reperimento delle notizie per iresidenti, poiché vi si possono ricavare informazio-ni specifiche sui temi più strettamente attinenti alterritorio. Il ruolo di tale mezzo di comunicazioneè quindi particolarmente importante quando siparla di energie rinnovabili. A differenza dei me-dia nazionali (in cui si mettono in evidenza aspet-

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statori[9] affiora come sono proprio gli impatti so-ciali del progetto a costituire in certi casi la fonteprincipale di preoccupazione da parte di residentie portatori di interessi, mettendo a rischio la desi-derabilità economica e sociale dell’intervento. Nelcaso specifico della localizzazione di una nuovatecnologia energetica, una domanda da farsi infase di progettazione è: chi perde e chi guadagnadalla sua introduzione [10]? Il quesito assume rile-vanza perché non sempre i beneficiari di innova-zioni tecnologico-energetiche sono coloro che nesopportano anche i costi e molto spesso si generaun problema di equità tale da determinare fenome-ni di rifiuto. Per esempio, le possibili ripercussioni diun parco eolico o di una centrale a biomasse susettori strategici quali il turismo o l’agricoltura pos-sono influire notevolmente sulle percezioni di unasocietà locale. La paura di perdere una reale o po-tenziale fonte di guadagno, in un operatore turisti-co o agricolo, oppure in un commerciante, po-trebbe prevalere sul timore più lontano del riscalda-mento globale o della dipendenza dai combusti-bili fossili del proprio paese. La percezione di un’in-giustizia subita dalla comunità locale o da alcunedelle sue componenti può costituire quindi unaforte barriera anche alla diffusione di tecnologiea rinnovabili e la scarsa attenzione, da parte di chisi fa promotore di un’opera, alla distribuzione de-gli impatti sociali potrebbe contribuire ad alimen-tare fenomeni di rifiuto, anche laddove l’impian-to si configuri ambientalmente sostenibile.

Il processo decisionaleLe modalità attraverso le quali si arriva a deciderela localizzazione di un impianto possono costitui-re di per sé una barriera alla sua accettazione, chespesso pre-determina la gran parte delle variabilidiscusse nelle pagine precedenti. Dal processo didecision making dipenderà infatti una serie di altrifattori quali l’informazione, la percezione del ri-schio, una ripartizione equa degli impatti: il sen-so di ingiustizia percepito da una società locale èstrettamente correlato a tali modalità. Il caso ra-dicalmente più negativo è rappresentato da unadecisione presa totalmente a prescindere dall’infor-mazione, dal coinvolgimento e dall’avvio di pro-cessi comunicativi con i cittadini residenti nel terri-

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schio” ritorna prepotentemente. Così come pergli impianti energetici convenzionali, vi è la pauradi effetti negativi sull’ambiente, sulla salute, sullaqualità della vita determinati da parchi eolici, cen-trali a biomasse o geotermiche. Il problema, tut-tavia, non risiede solo nella sottovalutazione diquesto fattore, ma anche nel criterio utilizzatoper affrontarlo. La tendenza più diffusa è quelladi adottare un approccio “ingegneristico del ri-schio”, secondo cui il basso grado di consensoespresso da una comunità locale verso la localiz-zazione di una centrale energetica nel proprioterritorio è legato alla carenza di informazioni ri-cevute dai tecnici in merito alla bassa percentua-le di rischio introdotta. Il limite attuale della PRA (Probabilistic Risk Anali-sis) è quello di essere ancora utilizzata come unicametodologia per comunicare i possibili rischi, sen-za prendere in considerazione la dimensione uma-na della percezione del rischio, anche se questomodello esplicativo mostra oggi tutte le sue ca-renze. Il consenso di cui gode nel mondo tecnico epolitico è ancora tale come se da Chernobyl in poinulla fosse cambiato, quando fu proprio il disa-stroso incidente avvenuto alla centrale nuclearesovietica nel 1986 ad aprire un periodo in cui l’in-fallibilità della tecnica e della scienza furono mes-si definitivamente in discussione.Mary Douglas ha ben evidenziato come una pos-sibile fonte di pericolo si possa trasformare in ri-schio solamente mediante un processo di consa-pevolezza collettiva[8]. Il rischio quindi, non è al-tro che una “costruzione sociale” e la sua per-cezione dipende da una serie di processi e fatto-ri di diversa natura: culturali, comunicativi, mo-rali, valoriali. Per questo motivo le rassicurazionisulla base di stime quantitative e probabilistichenon bastano.

L’equa ripartizione dei rischi e beneficiSe l’impatto ambientale di una centrale a rinno-vabili è decisamente ridotto rispetto ad una cen-trale a gas o a carbone è anche vero che tecnolo-gie energetiche ambientalmente neutre vengonoproposte indipendentemente dal controllo degliimpatti sociali che possono produrre. Tuttavia, daun’analisi delle argomentazioni emerse dai conte-

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so delle FER la fornitura della materia prima avvie-ne in superficie, con un maggior impatto sul pae-saggio e sull’ambiente, e con una maggiore vici-nanza ai luoghi di residenza. Il fatto che oggi ilpaesaggio sia diventato un punto di riferimentoimportante per le società locali è un altro elemen-to ampiamente trascurato. Con il regredire delleappartenenze di classe e di quelle ideologiche, iluoghi sono diventati sempre più un “punto di ri-ferimento” per le persone, ed i processi di identi-ficazione con il territorio sono alla base di feno-meni di localismo e di riscoperta dei milieu locali.Una tecnologia tesa ad utilizzare a fini energeticirisorse naturali del territorio (sole, acqua, terra),può mettere in crisi tutto questo, proprio perchél’impatto visivo da essa derivato può modificarnela rappresentazione sociale. Ciò su cui più si vie-ne ad incidere è la funzione sociale di orientamen-to svolta dal paesaggio nei significati attribuiti dal-le persone. La Cecla[12] paragona il fenomeno dicrisi della presenza e angoscia territoriale evocatoda De Martino, al processo di perdita di orienta-mento verso spazi e simboli (quali il campanile delproprio villaggio) vissuto dai migranti negli anni50. Mentre in questi casi veniva a cadere la fun-zione di rassicurazione ed identità svolta dal luo-go di origine, allo stesso modo, la stessa sensazio-ne di estraniazione può verificarsi oggi senza spo-stamento dal luogo di residenza. In certi contestiquindi le tecnologie a rinnovabili possono essereritenute nocive non tanto per l’ambiente naturalebensì per l’atmosfera spirituale, lo stimmung dideterminati paesaggi[13]. Diverse ricerche in meri-to ne hanno sottolineato la rilevanza di questa di-mensione in diversi casi di contestazione[14].L’esistenza di territori e luoghi ai quali sono associa-ti valori non di uso o di scambio bensì valori d’esi-stenza, identitari, o di fruizione estetica, può dun-que vanificare il tentativo di arrivare ad un’equaripartizione dei costi e dei benefici, anche quan-do si faccia ricorso a processi decisionali corretti,perché la popolazione può assumere atteggiamen-ti meno negoziabili. Un fattore aggravante è co-stituito poi dalla diffusione di un immaginario pae-saggistico “idilliaco” fra i turisti, gli immigrati diritorno e i proprietari di seconde case. Questi nuo-vi residenti (così come gli operatori turistici) ten-

torio. Oppure da quanto si verifica quando la Re-gione e la Provincia supportano una decisioneaziendale in contrasto con l’amministrazione delComune. In tutti questi casi, l’unica forma di co-municazione avviene generalmente a decisionepresa, e la logica strategica sottintesa a questocomportamento segue il modello DAD (Decide,Announce, Defend). In questi casi il conflitto nonè causato tanto dal merito della decisione, bensìdal metodo mediante cui si è arrivati ad essa. Quel-lo che insegna la vicenda nei conflitti ambientalipiù recenti è che la gestione dei rischi tecnologici eindustriali in genere, nelle nostre società, richiedeil "coinvolgimento" del pubblico. Dalle esperienzedi successo presenti negli altri paesi dove il fenome-no dei conflitti ambientali non è nuovo (come laFrancia, gli Stati Uniti o la Gran Bretagna), è di-mostrato che, ai fini di prevenire o evitare tali si-tuazioni, è stata sperimentata una serie di stru-menti partecipativi che tentano in vari modi dicoinvolgere gli stakeholder al momento, e non altermine, della definizione di progetti di sviluppoche ricadono sul proprio territorio. Diversamente,il rischio verso cui incorrono piani che non vannoincontro ad una comunicazione e partecipazionerivolta a tutta la popolazione è la conflittualità (o labassa accettabilità di essi) che inevitabilmente siscatena tra i soggetti che propongono il proget-to e coloro che in esso non si riconoscono. In al-tre parole, la strategia classica del DAD che met-te la gente di fronte al fatto compiuto o ad alterna-tive già prefissate o non realmente tali è sostituitada modelli che mirano ad affrontare possibili si-tuazioni conflittuali attraverso processi negozialipreventivi che abbiano un carattere bi-direziona-le ed interattivo[11].

La percezione del territorioInfine, una delle caratteristiche distintive degli im-pianti a rinnovabili rispetto a quelli a combustibilifossili è il maggiore impatto visivo nel paesaggio.Questo naturalmente è relativo alla capacità ge-nerativa (per MWh) dell’impianto, ma l’aspettodella visibilità dipende anche dal fatto che - men-tre per i combustibili fossili o per l’energia nuclea-re l’estrazione è realizzata sotto la superficie ter-restre o comunque è invisibile ai cittadini - nel ca-

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Vediamo così come, nel caso dei conflitti ambien-tali aventi come oggetto la localizzazione di unacentrale energetica a fonti rinnovabili, ad obietti-vi ed interessi globali condivisi da tutti (riduzio-ne delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, riduzio-ne dalla dipendenza energetica da paesi terzi,mix energetico) si contrappongano pertantoobiettivi ed interessi locali quali: il rispetto dellevocazioni del territorio, l’uso della terra, le scel-te di sviluppo, la tutela del paesaggio, la qualitàdella vita. Sebbene questi fenomeni sembrino nuovi, già piùdi venti anni fa Gasparini[15] metteva in evidenzacome le stesse tecnologie create ad hoc per proteg-gere l’ambiente potevano produrre effetti negati-vi su di esso, per ragioni riconducibili all’insuffi-ciente contestualizzazione nell’ambito territorialenel quale venivano inserite, ed alle carenze previsio-nali riguardo gli effetti collaterali che potevano de-terminare nel sistema.L’attenzione al territorio, alle sue vocazioni ed aisuoi futuri sviluppi diventa quindi un elementonon trascurabile per chiunque voglia realizzare unimpianto energetico. Quello che occorre oggi èavere un approccio strategico capace di collocarel’impianto progettato in una prospettiva di svilup-po più vasta. L’accettazione sociale ottenuta di-penderà dalla capacità del proponente, e di chi èpredisposto ad avviare e condurre tutte le proce-dure di autorizzazione, di poter ideare un proget-to che, oltre ad essere vantaggioso, di per sé pos-sa prefigurare dei vantaggi socio-economici peril sistema sociale nel suo complesso. Per approcciostrategico si intende un modo di agire che, perevitare o mitigare la conflittualità ambientale ver-so un impianto energetico, offra alla popolazio-ne l’opportunità di inquadrarlo in una più ampiae complessiva strategia di sviluppo del territorioil più possibile vicina alla visione che ne sostiene ilmodello di sviluppo e – qualora non sia leggibilechiaramente la visione comune di una strategiadi sviluppo – il più possibile integrata in una pro-spettiva di crescita organica per la cittadinanza eper il territorio nel suo complesso. Da ciò discen-de l’importanza di una progettazione strategica,ma soprattutto di una presentazione dell’interopiano di intervento che consenta di leggervi – al di

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deranno a proteggere il loro investimento emo-zionale ed economico ogniqualvolta percepiran-no progetti di sviluppo o di attività che minaccianoil valore delle loro nuove case e l’immagine incon-taminata dei luoghi.

Conclusioni

Dalle considerazioni fatte possiamo vedere comel’accettazione sociale delle tecnologie a rinnova-bili è una delle condizioni imprescindibili per una lo-ro diffusione sul territorio. Questo articolo non hapreso in considerazione altri aspetti fortementecollegati alla diffusione di nuove tecnologie di di-stribuzione, come le smart-grid, piuttosto il passag-gio da un sistema elettrico a generazione centra-lizzata ad uno a generazione distribuita. Inoltre,le fonti rinnovabili sono diverse, come diversifica-te sono le tecnologie di conversione e gli utilizzienergetici finali, pertanto ogni caso di opposizio-ne può presentare caratteristiche non sempre ge-neralizzabili. Tuttavia, nonostante per il settoreenergetico si attenda per il prossimo futuro unarivoluzione sul modello di ciò che è successo perinternet, l’obiettivo dell’articolo è stato quello di fo-calizzare l’attenzione sull’antagonismo che a vol-te si presenta tra obiettivi globali ed esigenze loca-li. Mentre dei primi – per rispondere alle sfide fu-ture sulla sicurezza energetica e sul cambiamentoclimatico – non se ne può fare a meno, le secon-de non possono essere riconducibili sempre a sin-dromi da rifiuto, bensì nascono dal territorio e ri-guardano aspetti strettamente attinenti alle suecaratteristiche ed al suo futuro. Nel nostro tem-po, gli impianti energetici e gli insediamenti in-dustriali in genere non sono più percepiti auto-maticamente dalle popolazioni come simbolo diprogresso, modernità e sviluppo, con tutto l’ar-mamentario di valori materialisti che ne suppor-tava la loro diffusione. Al contrario, l’attenzioneal proprio territorio e a valori post-materialisti (qua-li la salute, l’autodeterminazione e la democra-zia) rende le società locali molto più attente alrapporto costi-benefici nel prendersi carico di ac-cettare determinate servitù territoriali, assumen-dosi l’onere di ospitare impianti di utilità genera-le, compresi quelli a fonti rinnovabili.

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percezione non è determinata unicamente dallaloro consistenza, ma soprattutto dalla loro effica-cia nel prospettare occasioni di sviluppo e di cre-scita del capitale sociale (A.R. Montani, 2008). Lasfida energetica ed ambientale del futuro dipen-de anche da questo.

là degli obiettivi globali – una proposta di trasfor-mazione territoriale di ampio raggio, che vadaverso la direzione di uno sviluppo locale di tuttele componenti del territorio. È all’interno di que-sta strategia che si colloca anche l’importanza del-la scelta degli “interventi compensativi”, la cui

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[8] M. Douglas, A. Wildavsky (1982), Risk and Cultu-re. An essay on the selection of technical and envi-ronmental dangers, p.6, University of CaliforniaPress, Berkeley, Los Angeles, London.

[9] C. Gross (2007), Community perspectives of windenergy in Australia. The application of a justiceand community fairness framework to increase so-cial acceptance, in Energy Policy n. 35, pp. 2727-2736, Elsevier, Amsterdam.

[10] Finsterbusch, K., Llewellyn, L., Wolf, C.P. (1983), So-cial Impact Assessment Methods, Sage Pubblica-tions, pp. 15,Beverly Hills/London/New Delhi.

[11] E. Conti (2006), La comunicazione ambientale, inInvernizzi E., Manuale di relazioni pubbliche II, pp.346-347, Mc Graw-Hill, Milano; D. Van der Horst(2002), Public participation in decision support forregional biomass energy planning, in Option Mè-diterranèennes, n. 48, 123-130, CIHEAM, Montpel-lier; M. Wolsink (2007), Planning of renewableschemes: Deliberative and fair decision-making onlandscape issue instead of reproachful accusationsof non-cooperations, in Energy Policy, n. 35, pp.2692-2704, Elsevier, Amsterdam.

[12] F. La Cecla (1988), Perdersi. L’uomo senza ambien-te, pp. 35, Laterza, Bari.

[13] G. Simmel (1907-1911-1913), Saggi sul Paesaggio,in Monica Sassatelli (a cura di), Armando Editore,Milano, 2006.

[14] Fedi A., Mannarini T. (2008), Oltre il Nimby. La di-mensione psico-sociale della protesta contro leopere sgradite, Franco Angeli, Milano; D. Van derHorst (2002), Public participation in decision sup-port for regional biomass energy planning, in “Op-tion Mèditerranèennes”, n. 48, 123-130, CIHEAM,Montpellier; M. Wolsink (2007), Wind power im-plementation: The nature of public attitudes:Equity and fairness instead of “backyards motives,in Renewable and sustainable Energy Reviews, n.11, pp. 1188-1207, Elsevier, Amsterdam.

[15] A. Gasparini, G. Marzano (1991, a cura di), Tecno-logia e società nella valutazione di impatto am-bientale, pp. 24-25, Franco Angeli, Milano.

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[2] Special Eurobarometer (2006), Attitudes towardsenergy, European Commission; Special Eurobaro-meter (2009), Europeans’ attitudes towards clima-te change, European Commission.

[3] IEA (2008), Developyng Renewables: Principles forEffective Policies.

[4] D. Van der Horst (2007), Nimby or not? Exploringthe relevance of location and the politics of voi-ced opinions in renewable energy siting contro-versies, in Energy Policy n. 35, pp. 2705-2714, Else-vier, Amsterdam; Wolsink M. (2000), Windy powerand the Nimby mith: institutional capacity and thelimited significance of public support, in Renewa-ble Energy, n. 21, pp. 49-64, Elsevier, Amsterdam.

[5] G. Borrelli (2008), La sociologia dell’ambiente: traanalisi del conflitto e studio delle realtà locali, inA. Angelini, Il Battito d’ali di una farfalla. Beni co-muni e cambiamenti climatici, Atti del Sesto Con-vegno Nazionale dei sociologi dell’ambiente, pp.585-587, Edizioni Fotograf, Palermo.

[6] S. Rugiero (2008), Sviluppo delle fonti rinnovabiliefficienza e risparmio energetico: i primi risultatidi una ricerca sugli atteggiamenti ed i comporta-menti delle famiglie italiane, in A. Angelini, Il Bat-tito d’ali di una farfalla. Beni comuni e cambia-menti climatici, Atti del Sesto Convegno Naziona-le dei sociologi dell’ambiente, Edizioni Fotograf,Palermo.

[7] A. Cianciullo (1998), L’anomalia italiana, in C. De-gano, A. Ferro, Dieci anni di comunicazione am-bientale, p. 26 Sperling & Kupfer Editori, Milano;Eurispes (2008), Il difficile rapporto tra ambiente estampa: in che modo la stampa italiana affronta lequestioni ambientali?, in 20° Rapporto Italia 2008,pp. 871-890, Eurilink, Roma; Eurispes (2008), Il ruo-lo della comunicazione nella diffusione delle ener-gie rinnovabili: la stampa e il solare, in 20° Rap-porto Italia 2008, pp. 1173-1185, Eurilink, Roma.

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su Le detrazioni fiscali

del 55% nel 2008 per la riqualificazioneenergetica del patrimonio edilizioMario Nocera Simone Rosciarelli

ENEA, Unità Tecnica Efficienza Energetica

riflettore su studi& ricerche

primo piano

L’articolo illustra gli ottimirisultati ottenuti dallacampagna nazionale didetrazione fiscale del 55% perinterventi di efficienzaenergetica nel corso dell’anno2008, evidenziandone alcontempo alcuni limiti: gliinterventi non sono adesempio sempre programmatiin chiave di efficienzaenergetica ma in funzionedella semplicità di esecuzione e del costo

55% Tax Deductions for theEnergy Requalification of

Existing Buildings in 2008This article evaluates the excellent results of the 200855% tax-allowance national policy for energy efficiency,trying at the same time to highlight some of its limits: forinstance, actions are not always planned in function oftheir energy efficiency but rather depending on theirconstructive simplicity and their cost

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il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finan-ze di concerto con il Ministro dello Sviluppo Econo-mico recante la data del 19 febbraio 2007 (c.d.“decreto edifici”), modificato ed integrato da undecreto omologo pubblicato in data 7 aprile 2008.L’agevolazione consiste in una detrazione dall’im-posta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), ov-vero dall’imposta sul reddito delle società (IRES) inragione delle spese sostenute entro il 31 dicem-bre 2010 ed effettivamente rimaste a carico delcontribuente ed è finalizzata alla realizzazione diinterventi di riqualificazione energetica sul territo-rio nazionale. Come per l’anno fiscale 2007, la de-trazione è fissata in base alla tipologia di interven-to eseguito entro limiti massimi variabili da 30.000€ e 100.000 €. A differenza di quanto previstoper l’anno precedente, però, la normativa vigen-te per l’anno 2008 prevede la suddivisione del be-neficio in rate annuali variabili in numero da unminimo di tre a un massimo di dieci. Tale beneficioinizierà ad essere erogato a cominciare dal periodod’imposta successivo a quello in corso al 31 di-cembre 2008 sino al raggiungimento del 55% delvalore massimo detraibile, valore calcolabile in re-lazione alla tipologia di intervento di riqualificazio-ne energetica effettuato. L’articolo 11 del suddet-to decreto edifici incarica l’ENEA di elaborare concadenza annuale una valutazione sinottica dellacampagna di monitoraggio: il presente articolo ètratto dal Rapporto Annuale relativo all’anno fi-scale 2008 ed ha quindi lo scopo di permettereuna lettura sintetica dei dati tecnici ritenuti mag-giormente significativi.

Il quadro normativo 2008 e il ruolo dell’ENEA

Il decreto edifici nella sua prima versione del 19febbraio 2007 (attuativo dei commi 344, 345, 346e 347 della Finanziaria 2007) è stato modificato

L’articolo è tratto dal Rapporto ENEA “Le detrazio-ni fiscali del 55% per la riqualificazione energeticadel patrimonio edilizio esistente nel 2008”.

Il sistema delle detrazioni fiscali del 55% della spe-sa sostenuta per la realizzazione di interventi di ri-sparmio energetico nel patrimonio immobiliarenazionale esistente è stato introdotto dalla legge 27dicembre 2006 n. 296 (Legge Finanziaria 2007).In dettaglio: • per la riqualificazione energetica globale dell’e-

dificio (art. 1 comma 344);• per interventi su strutture opache orizzontali,

strutture opache verticali e finestre comprensivedi infissi (art. 1 comma 345);

• per l’installazione di pannelli solari per la pro-duzione di acqua calda (art. 1 comma 346);

• per la sostituzione di impianti di climatizzazio-ne invernale con impianti dotati di caldaie a con-densazione o, in alternativa, con impianti dota-ti di pompe di calore ad alta efficienza ovverocon impianti geotermici a bassa entalpia (art. 1comma 347).

L’art. 1 commi 20-24 della Legge 24 dicembre2007 n. 244 (Legge Finanziaria 2008) ha proro-gato la detrazione del 55% per alcuni interventifinalizzati al risparmio energetico sino al 31 dicem-bre 2010, apportando anche dal 1° gennaio 2008una serie di modifiche alla disciplina del beneficio.Sotto il profilo tecnico, con il successivo Decreto11 marzo 2008 vengono definiti:• nuovi valori limite di fabbisogno di energia pri-

maria annua per la climatizzazione invernale nelcaso di interventi di riqualificazione energetica diedifici esistenti (comma 344);

• nuovi valori limite di trasmittanza termica perinterventi sull’involucro edilizio (comma 345).

Sotto il profilo procedurale, invece, il riferimentonormativo per poter accedere al beneficio fiscaleper gli interventi di riqualificazione energetica resta

Le detrazioni fiscali del 55% nel 2008 per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio

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nuova scheda informativa denominata allegatoF. Per queste due diverse tipologie di intervento,non è più richiesta la compilazione dell’Attestatodi Qualificazione Energetica (o allegato A), ed èquesto certamente un fattore degno di nota. Spe-cificamente per la sostituzione degli infissi in sin-gole unità immobiliari, inoltre, non risulta più stret-tamente necessaria l’asseverazione dell’interven-to da parte di un tecnico specializzato. Conse-guentemente a questo aggiornamento procedu-rale, anche la struttura del sito dedicato specifi-camente alla compilazione telematica degli alle-gati (http://finanziaria2008.acs.enea.it) è statamodificata così da permettere di inviare sia le pra-tiche semplificate descritte mediante l’allegato Fsia le pratiche standard, costituite cioè dai tradi-zionali allegati A ed E. Da un punto di vista normativo, va rilevato chealtri due nuovi allegati sono stati inseriti nel De-creto edifici versione 2008: l’allegato G e l’alle-gato H. Il primo è uno schema di procedura sem-plificata per la determinazione dell’indice di pre-stazione energetica per la climatizzazione inver-nale dell’edificio, limitatamente all’installazione digeneratori aventi una potenza nominale del foco-lare (ovvero una potenza elettrica nominale) nonsuperiore a 100 kW. Il secondo, invece, illustra ivalori minimi riferiti sia al coefficiente di prestazio-ne (COP) sia all’indice di efficienza energetica (EER),che le pompe di calore installate in un intervento diriqualificazione energetica (sia elettriche che a gas)e gli impianti geotermici devono garantire per po-ter beneficiare delle agevolazioni fiscali del 55%. Intal senso, è importante sottolineare come la con-ditio sine qua non affinché sia ammessa la detrai-bilità nel caso di sostituzione impiantistica conpompe di calore è che le stesse debbano “produr-re caldo” – e rispettare, quindi, i valori di COP –pur potendo anche (ma non solo) “produrre fred-do”, ossia rispettando i valori EER.Relativamente agli impegni formali da soddisfa-re, si ricorda che la documentazione in parte de-ve essere conservata a cura del contribuente edesibita a richiesta degli organi finanziari preposti al

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dal DM 26 ottobre 2007 e successivamente inte-grato con il DM 7 aprile 2008. Tali provvedimen-ti hanno apportato delle sostanziali modifichesemplificative e procedurali per gli interventi ef-fettuati nel corso dell’anno 2008. Infatti, in baseall’art. 9 bis comma 1, il contribuente può sce-gliere, nella dichiarazione dei redditi relativa al pe-riodo d'imposta in cui la spesa è stata sostenuta,di ripartire la detrazione spettante dal periodod'imposta in corso al 31 dicembre 2008, in unnumero di quote annuali di pari importo non infe-riore a tre e non superiore a dieci. Nel preceden-te anno, invece, la detrazione fiscale doveva es-sere ripartita necessariamente in tre rate annuali dipari importo. Altro aspetto di particolare rilievoriguarda i giorni utili per presentare la documen-tazione: 90 giorni dalla data di fine lavori (diffe-rentemente dai 60 inizialmente previsti dal decre-to edifici versione 2007). Inoltre, il beneficio fisca-le del 55% viene esteso anche a nuove tipologiedi intervento, prima non contemplate: sono in-fatti ammessi al beneficio gli impianti geotermicia bassa entalpia e l’installazione di pompe di calo-re ad alta efficienza in sostituzione del vecchiogeneratore termico (art. 1 comma 5). Parallela-mente, viene considerata la possibilità di poterusufruire della detrazione spettante per eventua-li interventi ancora in corso di realizzazione chesi protraggono oltre il periodo d’imposta, a condi-zione che si attesti che i lavori non sono ultimati(art. 4, comma 1-quater).Ulteriore modifica alla normativa 2007 è legataalla modalità di invio della documentazione: èinfatti ammesso unicamente l’invio telematico,tranne nei casi in cui la scadenza del termine ditrasmissione sia precedente al 30 aprile 2008,ovvero qualora la complessità dei lavori eseguitinon trovi adeguata descrizione negli schemi re-si disponibili dall’ENEA (art. 4, comma 1-ter). So-no infine state introdotte delle semplificazioniprocedurali riguardanti gli interventi di sostitu-zione degli infissi in singole unità immobiliari el’installazione di pannelli solari per la produzio-ne di acqua calda attraverso la stesura di una

Mario Nocera, Simone Rosciarelliriflettore

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una forte semplificazione procedurale nel casodi sostituzione di infissi in singole unità immo-biliari e installazione di pannelli solari per la pro-duzione di acqua calda sanitaria. Per necessitàdi sintesi all’interno del presente articolo, ci ri-feriremo alla tipologia di pratiche “semplifica-te” (allegato F) identificandole con la sigla PRSe alla tipologia standard (allegato A ed allegatoE) con la sigla PRQ. Da una prima analisi freddadella distribuzione quantitativa per tipologia spe-cifica di interventi, risulta che oltre il 70% di tut-te le pratiche inviate in modalità semplificata PRSriguarda interventi di sostituzione di finestre equasi il 30% riguarda interventi ai sensi del com-ma 346: da un punto di vista numerico, tali per-centuali si traducono in una distribuzione pari a98.000 per la prima tipologia di interventi, e ol-tre 36.000 per la seconda. Più in generale, daquanto evidenziato in figura 1, si evince che:

controllo delle dichiarazioni ed in parte invece de-ve essere inviata all’ENEA. Nello specifico, è daconservare:• asseverazione di un tecnico abilitato (in alcuni

casi questa può essere sostituita da una certifi-cazione del produttore);

• ricevuta del bonifico (bancario o postale) o, perle imprese, altra idonea documentazione;

• fatture o ricevute fiscali comprovanti le spesesostenute in cui sia chiaramente separato il co-sto del materiale da quello della manodopera;

• ricevuta informatica dell’invio della documen-tazione all’ENEA.

Di contro, all’ENEA va unicamente inviato:• attestato di qualificazione energetica, detto an-

che allegato A; • scheda informativa sull’intervento realizzato,

detta anche allegato E; • in alternativa ai due allegati sopra elencati è suf-

ficiente la redazione della sola scheda informa-tiva secondo l’allegato F per gli interventi pre-cedentemente definiti.

Analogamente a quanto svolto nel corso dell’an-no 2007, il Gruppo di Lavoro denominato “Effi-cienza Energetica” dell’ENEA ha proseguito nellavalutazione degli interventi eseguiti e nel moni-toraggio dei risultati ottenuti con la campagna didetrazioni fiscali del 55% sotto il profilo energeti-co, ambientale ed economico. Parallelamente atali attività, questo stesso gruppo di lavoro ha svol-to (e svolge tutt’oggi quotidianamente) serviziodi assistenza tecnica al pubblico e di diffusionedei risultati.

Distribuzione degli interventi

Il Decreto Ministeriale recante data 7 aprile 2008,come accennato, introduce all’art. 5 comma 4bis un’importante novità procedurale rispetto al-la normativa del 2007: viene introdotta infatti

Le detrazioni fiscali del 55% nel 2008 per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio

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Figura 1Caratterizzazione delle richieste di detrazione 2008in funzione della tipologia degli interventi effet-tuati Fonte: ENEA1

1. Le detrazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente nel 2008.Dicembre 2009. Rapporto redatto a cura di Mario Nocera e Simone Rosciarelli. ENEA, 2010.

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Valutazione comparativa biennio 2007-2008

Sulla base dei risultati ottenuti nel corso del bien-nio fiscale 2007-08, riteniamo doveroso effettua-re una panoramica sugli indicatori maggiormenterappresentativi del mercato dell’efficienza ener-getica connesso al sistema di incentivazione fisca-le. In questo senso, riteniamo particolarmente si-gnificativo esaminare i valori riscontrati anno peranno per ciò che concerne:• la distribuzione del numero delle pratiche;• il risparmio ottenuto in termini di energia pri-

maria;• le emissioni in atmosfera in termini di CO2;• gli investimenti connessi agli interventi effettuati.È importante premettere che, vista la variabilitàdegli interventi possibili, si è ritenuto auspicabileeffettuare tali valutazioni sulla base del comma ri-chiesto. A tal proposito, risulterà evidente al let-tore come, nei diagrammi che seguono, le cifrerelative al 2008 siano sostanzialmente inferiori ri-spetto al dato aggregato analizzato: ciò si spiega infunzione della quota “interventi multipli”, di cuinon è possibile fornire una maggiore specificazio-ne e che, conseguentemente, sono stati ripartitiin funzione della loro percentuale relativa.

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• la maggior parte delle pratiche ricevute da ENEAnel corso del 2008 è legata alla sostituzione de-gli infissi (48%), ossia quasi 120.000 interventisu un totale di 248.000 pratiche;

• il 29% del totale delle pratiche si riferisce allasostituzione dell’impianto di climatizzazione in-vernale;

• oltre 43.000 pratiche, ossia il 18% del totale,prevede l’installazione di pannelli solari per laproduzione di acqua calda sanitaria;

• circa il 5% di tutte le pratiche inviate riguardacoibentazione di strutture opache (orizzontali everticali, con le prime in lieve maggioranza ri-spetto alle seconde).

Ciò premesso, riteniamo interessante mettere inevidenza la distribuzione degli interventi in funzio-ne della fascia climatica di appartenenza degli im-mobili. Da quanto illustrato nel grafico in figura 2,risulta evidente come oltre il 60% delle pratichesiano state inviate relativamente ad immobili loca-lizzati in zona climatica E. Significativo risulta anche il contributo degli in-terventi realizzati in zona climatica D (circa il20% del totale); di contro, è da considerarsipraticamente nulla la voce specifica degli inter-venti effettuati in zona climatica A (3 pratichetotali).

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Figura 2Distribuzione degli interventi effettuati nel 2008 su immobili residenziali in fun-zione della zona climatica di appartenenza Fonte: ENEA1

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• interventi combinati +132%.In maniera particolare, va evidenziata tra questi laperformance dei pannelli solari le cui installazionisono cresciute di oltre due volte, incremento che èforse indicatore di una maggiore sensibilità verso lefonti energetiche rinnovabili.Entrando in merito al risparmio energetico otte-nuto con gli interventi (figura 4), i dati elaboratievidenziano – e ciò può risultare sorprendente –

Più nello specifico, entrando in merito al graficoin figura 3, i valori specifici di risparmio consegui-to rivelano un primo elemento degno di nota: tut-te le voci sono cresciute significativamente. Più indettaglio:• riqualificazione globale +140%;• interventi sull’involucro +166%;• pannelli solari +213%;• impianti termici +129%;

Le detrazioni fiscali del 55% nel 2008 per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio

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Figura 3Confronto della distribuzione di risparmio energetico conseguito nel biennio2007-2008 in funzione della tipologia di intervento effettuatoFonte: ENEA1

Figura 4Caratterizzazione del valore di risparmio medio annuo ottenuto nell’anno 2008per tipologia di interventoFonte: ENEA1

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medio associato all’intervento tipo sia nettamen-te inferiore, ad esempio, nel caso di sostituzionedegli infissi rispetto alle integrazioni delle presta-zioni termo igrometriche delle chiusure opache.I dati in nostro possesso, purtroppo, confermano

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come il beneficiario medio sia tendenzialmente in-dotto a privilegiare l’intervento meno efficiente.In altri termini, ad una prima lettura, potrebbe ri-sultare bizzarra la distribuzione numerica degli in-terventi, considerando che il valore di risparmio

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Figura 5Il beneficio ambientale in termini CO2 non emessa: confronto dei risultati otte-nuti nel biennio 2007-2008 in funzione della tipologia di intervento effettuatoFonte: ENEA1

Figura 6Il costo medio degli interventi: confronto dei dati dichiarati nel biennio 2007-2008 per ogni tipologia di intervento effettuatoFonte: ENEA1

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to a triplicare i benefici ambientali in termini di ridu-zione dei gas serra in atmosfera rispetto al 2007.Sotto il profilo dei costi medi specifici per interven-to (figura 6), i dati disponibili denotano una sostan-ziale invarianza fra 2007 e 2008 degli investimen-ti effettuati per lavori di efficientamento. L’aumen-to del 20% relativo alla sostituzione degli impiantitermici sconta, a parere di chi scrive, la nuova in-centivazione delle pompe di calore e degli impian-ti geotermici (tecnicamente più complessi e più co-stosi); di contro, l’unico dato in netta diminuzioneè quello relativo alla tipologia di interventi effet-tuati ai sensi del comma 344, per i quali non ci èpossibile avanzare ipotesi, stante l’estrema variabi-lità della tipologia di lavori effettuati. Una breve analisi in chiave macroscopica del ri-sparmio ottenuto dalle varie Regioni (figura 7) di-mostra chiaramente come questo parametro siadirettamente proporzionale al numero di interven-

che il numero di riqualificazioni energetiche ef-fettuate sul territorio nazionale risulti del tutto in-dipendente dall’effettivo risparmio energetico rea-lizzato. Parallelamente, sembrerebbe invece chegli interventi tecnicamente più articolati (ma piùefficaci sotto il profilo del risparmio energetico)risultino fortemente penalizzati proprio in ragionedella maggiore complessità esecutiva (tempi direalizzazione, necessità di cantierizzazione, com-plessità dell’iter procedurale e, non trascurabile,costo maggiore).Strettamente connessa alla lettura di questi ultimirisultati, è da considerare come i valori di anidridecarbonica non emessa in atmosfera (dati specificiriportati nel grafico in figura 5) siano in netto au-mento rispetto all’anno precedente per qualsiasitipologia di intervento tecnico considerato: ci piaceevidenziare, ad esempio, come l’incremento delleinstallazioni di impianti solari termici abbia porta-

Le detrazioni fiscali del 55% nel 2008 per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio

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Figura 7Il risparmio energetico ottenuto a seguito degli interventi effettuati nel corsodell’anno 2008: confronto dei dati regionaliFonte: ENEA1

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Figura 8Il beneficio ambientale ottenuto con gli interventi effettuati nel corso dell’anno2008 in termini di CO2 non emessa: confronto dei dati regionaliFonte: ENEA1

Figura 9Valutazione del costo medio degli interventi effettuati nel corso dell’anno 2008: confronto dei valo-ri medi regionali con i dati di reddito medio pro capiteFonte: ENEA1

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giungere a conclusioni certe, ma permette unica-mente di avanzare ipotesi relative alla maggiore ominore propensione ad investire nel settore spe-cifico dell’efficienza energetica da parte del bene-ficiario tipo: in funzione del numero di interventieffettuati e della potenziale disponibilità econo-mica, ci piace quindi segnalare l’ottima predisposi-zione a effettuare interventi nelle Regioni Lombar-dia, Trentino-Alto Adige, Piemonte ed Emilia-Ro-magna. Di contro, sotto il medesimo profilo, vasottolineato in negativo il comportamento non al-trettanto virtuoso riscontrato, ad esempio, nellaRegione Lazio, dove il valore medio di intervento ècomparabile soltanto con quello di altre Regioniin cui si registra un reddito pro capite nettamen-te inferiore.

Conclusioni

Il meccanismo delle detrazioni fiscali del 55% hacertamente avuto il merito di innovare la norma-tiva specifica degli incentivi per interventi di ri-strutturazione del patrimonio edilizio. Fino a tut-to il 2006, infatti, l'unica agevolazione fiscale pre-vista era la detrazione dal reddito imponibile del36% di quanto speso, mirata principalmente ainterventi di ristrutturazione edilizia. Da un puntodi vista dei contenuti della normativa, gli imme-diati motivi di interesse sono stati sia la compa-razione degli effetti delle due procedure, sia i risul-tati che si potevano ottenere. Dopo alcuni mesiin cui gli utenti e gli "addetti ai lavori" sono ri-masti quasi increduli di fronte all’inattesa novità,nell’autunno 2007 è letteralmente decollato quel-lo che è lecito definire come il ”mercato dell'ef-ficienza energetica” (ossia: materiali edili, impian-ti di climatizzazione invernale, pannelli solari per laproduzione di acqua calda sanitaria, includendochiaramente anche manodopera e prestazioniprofessionali), facendo registrare un cospicuo nu-mero di interventi.Il primo ottimo risultato (106.000 pratiche totalinel 2007), inizialmente del tutto inatteso, si è ri-velato del tutto compatibile con il successivo in-

ti effettuati. Dal grafico è palese che le Regioniche hanno ottenuto i maggiori risparmi energeti-ci sono nell’ordine: la Lombardia, il Veneto, il Pie-monte e l’Emilia Romagna. Queste quattro realtàregionali hanno ottenuto da sole più del 60% delrisparmio nazionale, il che, tradotto in cifre, corri-sponde ad un valore di circa 1.238 GWh a frontedi un totale nazionale di 1.961 GWh. Riteniamoquesto un importante elemento di riflessione intermini di distribuzione degli effetti dell’intera cam-pagna di incentivazione sul territorio nazionale.Il grafico relativo alla CO2 non emessa in atmosfe-ra (figura 8) è qualitativamente speculare a quellodel risparmio: non stupisce quindi vedere che leRegioni che non hanno emesso in atmosfera mag-giori quantitativi di CO2 sono nuovamente la Lom-bardia, il Veneto, il Piemonte e l’Emilia Romagna.Ricordando che il valore nazionale di anidride car-bonica non emessa in atmosfera per la campagna2008 è circa 418 chilo-tonnellate, il valore riferitoalle sole quattro Regioni prima menzionate è di263,7 kt/anno di CO2 (circa il 63% del totale).Analogamente a quanto sottolineato in preceden-za, non possiamo non portare all’attenzione dellettore tale aspetto come evidente segnale di unadistribuzione non omogenea dei risultati conse-guiti tra le varie realtà regionali.Entrando poi in merito al costo totale degli inter-venti, alla luce della forte diversità riscontrata nel-le varie Regioni italiane, riteniamo doveroso ap-profondire la lettura dei dati registrati in funzionedella capacità di spesa del beneficiario medio. Suscala regionale, il confronto (figura 9) tra il costomedio dichiarato per intervento e il reddito me-dio (fonte: dati ISTAT 2007) porta a delle conside-razioni interessanti: la prima, e forse più eviden-te, è che, in linea di massima, il costo degli inter-venti è inferiore al reddito medio annuo del po-tenziale beneficiario. A questa logica, sembrereb-be sfuggire soltanto il caso della Regione Campa-nia, in cui il valore medio registrato di investimen-to per intervento risulta leggermente superiore alreddito annuo pro capite. Evidentemente, la va-riabilità della tipologia di interventi non permette di

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nale è stata la sostituzione di infissi, ai sensi delcomma 345. Di contro, la tipologia di interventomeno diffusa è invece la riqualificazione globaledell’edificio ai sensi del comma 344, sicuramentea causa della maggiore complessità e onerosità.Va inoltre sottolineato come alle circa 248.000pratiche sia associato un valore complessivo degliinvestimenti pari a circa 3.500 milioni di euro. Aquesto dato si ricollega un importo portato in de-trazione complessivo pari a circa 1.925 milioni dieuro. Certamente non trascurabile è anche il va-lore complessivo relativo alle spese professionaliassociate agli interventi di riqualificazione energe-

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cremento registrato nella campagna del 2008: nelperiodo compreso tra l’1 marzo 2008 e il 31 mar-zo 2009 è giunto ad ENEA un numero di pratichepari ad oltre il doppio della campagna 2007.Dalla semplice lettura dei dati quantitativi conte-nuti nelle tabelle 1 e 2, è lecito dedurre che il si-stema incentivante così concepito abbia riscossoun enorme successo, al quale ha contribuito sen-za ombra di dubbio anche l’attività di forma-zione/informazione/assistenza svolta dal Gruppodi Lavoro “Efficienza Energetica” dell’ENEA.Tra tutte le tipologie di intervento possibili nel 2008,quella maggiormente diffusa sul territorio nazio-

Mario Nocera, Simone Rosciarelliriflettore

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Tabella 1 – Quadro sinottico relativo ai risultati ottenuti nell’anno fiscale 2007

Dati 2007

Spesa su cui calcolare Importo portatoRisparmio CO2 il 55% comprensiva in detrazione

Comma Documentazioni conseguito non emessa delle spese (55% dellaselezionato pervenute (GWh/anno) (kt/anno) professionali (€) spesa totale) (€)

Comma 344 3.180 68 14 136.000.000 74.800.000

Comma 345 39.220 186 40 482.000.000 265.100.000

Comma 346 20.140 93 20 139.000.000 76.450.000

Comma 347 27.560 268 57 280.000.000 154.000.000

Selezione multipla 15.900 173 37 416.000.000 228.800.000

Total 106.000 788 167 1.453.000.000 799.150.000

Fonte: ENEA1

Tabella 2 – Quadro sinottico relativo ai risultati ottenuti nell’anno fiscale 2008

Dati 2008

Spesa su cui calcolare Importo portatoRisparmio CO2 il 55% comprensiva in detrazione

Comma Documentazioni conseguito non emessa delle spese (55% dellaselezionato pervenute (GWh/anno) (kt/anno) professionali (€) spesa totale) (€)

Comma 344 5.700 163 35 177.000.000 97.350.000

Comma 345 112.600 495 105 1.395.000.000 767.250.000

Comma 346 37.100 288 61 258.000.000 141.900.000

Comma 347 57.700 614 131 688.00.000 378.400.000

Selezione multipla 34.700 401 85 982.000.000 540.100.000

Totale 247.800 1.961 418 3.500.000.000 1.925.000.000

Fonte: ENEA1

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semplicità di esecuzione e del costo dell’interven-to. In tale ottica, riteniamo che un ruolo non mar-ginale possa essere stato svolto dalle semplifica-zioni amministrative introdotte in chiave proce-durale: è giusto sottolineare che tali semplifica-zioni abbiano certamente contribuito nel secon-do anno di attività ad una ulteriore diffusione delmeccanismo fiscale stesso, ampliando decisa-mente la base dei cittadini che hanno potuto ac-cedervi. Venendo quindi a cadere i vincoli proce-durali e conseguentemente a ridimensionarsi lespese tecniche associate, i provvedimenti adot-tati hanno chiaramente fornito ai cittadini un si-gnificativo stimolo per investire sugli interventitecnicamente più semplici, come evidente dai da-ti sulla distribuzione quantitativa degli interventi.Le sostituzioni dei sistemi telaio-infissi, in parti-colare, proprio in funzione dell’enorme succes-so rilevato, rappresentano forse uno dei temi piùinteressanti dell’intera campagna e una grandepotenzialità in termini di risparmio in energia pri-maria, in funzione del successo numerico riscon-trato. Riteniamo che questa considerazione pos-sa assumere grande valenza,anche e soprattut-to in funzione delle future scelte relative ad unapossibile proroga di questo specifico sistema in-centivante.

tica: il dato medio nazionale, infatti, dimostra co-me alle diverse tipologie di intervento sia associa-to un valore di spesa variabile tra 579 € (per in-terventi di sostituzione di infissi) e 1.502 € (perinterventi di riqualificazione delle strutture opacheorizzontali).Sotto il profilo macroeconomico, non possono es-sere dimenticati i benefici indiretti ed indotti con-seguenti la proroga del meccanismo fiscale del55%: il significativo sviluppo della green economye del mercato collegato ha infatti avuto come con-seguenza diretta un aumento diretto di IRPEF eIRES dai suoi stessi operatori. Chiaramente, inquesta stessa ottica, non può essere trascuratal’emersione del cosiddetto “lavoro nero”, al qua-le necessariamente si associa anche un aumentorilevante di recupero dell’IVA. Conseguentemen-te alla messa in moto di masse monetarie impor-tanti, è ipotizzabile anche la creazione di nuoviposti di lavoro nello specifico settore dell’efficien-za energetica.Da quanto precedentemente rilevato, non puòche concludersi che le riqualificazioni energeti-che dell’involucro edilizio non sono programma-te – come riterremmo auspicabile – in funzionedella loro efficacia sotto il profilo squisitamentetecnico ma, evidentemente, in funzione della

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su Trasferimento

tecnologico ecompetitività nel sistema agro-alimentare:l’esperienza dell’ENEA

Gaetano Coletta*Lorenza Daroda**Daniela Palma*Ombretta Presenti**

* ENEA, Unità Tecnica Trasferimento Tecnologico** ENEA, Unità Tecnica Sviluppo Sostenibile

ed Innovazione del Sistema Agro-Industriale

riflettore su studi& ricerche

primo piano

L’analisi dell’attività ditrasferimento tecnologicodell’ENEA nella filiera agro-alimentare evidenzia come ilsuo carattere strategico ai finidello sviluppo dellacompetitività nazionale simanifesti soprattutto nelsostegno alle imprese nellosforzo di diversificare lapropria attività e nella capacitàdi saper integrare differentitecnologie “abilitanti”

Technology Transfer and Competitiveness in the

Agro-food sector: the ENEAExperience

The analysis of the ENEA technology transfer activities inthe agro-food sector highlights how their prominent role infostering Italy's competitiveness relies on support tobusiness diversification strategies, through the integrationof different general purpose technologies

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di principio un avanzamento. In realtà, riesce fa-cile dissipare l’apparente paradosso se solo si con-stata che i prodotti nuovi non sostituiscono sempli-cemente prodotti similari già esistenti, ma sono ilsegno più concreto della trasformazione qualita-tiva che accompagna lo sviluppo di un sistemaeconomico. Questa trasformazione è intrinseca-mente “storica”, e in essa è preminente il ruoloche fattori di tipo socio-culturale esercitano sulledinamiche dell’innovazione. La stessa storia dellacultura è anzi “storia delle innovazioni: quali so-no state proposte, quali hanno avuto fortuna eperché. La motivazione che conduce a creare oaccettare un’innovazione è più o meno sempre lastessa: si osserva un bisogno e si cerca di andar-gli incontro” (Cavalli Sforza, 2004, p. 11). Ciò tro-va d’altronde piena realizzazione in tutte le fasidel processo di industrializzazione, fin dai tempidella prima rivoluzione industriale. Queste fasi so-no per così dire scaturite dalla sintesi “felice” dinuove domande e tecnologie disponibili, lungoun percorso in cui di volta in volta si sono deter-minati i caratteri salienti dell’attività innovativa egli stessi successivi sviluppi della tecnologia (Ro-senberg, 1982; Maione, 2001; Addario, 2009).Ma ancor più essenziale è rilevare come, lungoquesto percorso, sia andata mutando anche la for-ma del processo di innovazione. Come più voltesostenuto da Paolo Sylos Labini, diversamente dal-le fasi originarie dello sviluppo industriale, nellequali l’attività inventiva degli scienziati era il pre-supposto di una qualche “rivoluzione tecnologi-ca”, il progresso tecnologico si è man mano im-posto in forme assai più composite (Sylos Labini,1989). La possibilità di distinguere la natura “in-ventiva” del progresso dalla sua dimensione inno-vativa collegata al mercato, è divenuta sempre piùsfumata, mentre si è andato estendendo il domi-

L’industria alimentare e le nuove frontiere del consumo

Con oltre 890 miliardi di euro di fatturato, 260mi-la imprese e un milione e mezzo di occupati, il set-tore alimentare si conferma al primo posto dell’in-dustria manifatturiera europea1, divenendo ogget-to di un rinnovato interesse da parte delle politi-che comunitarie. La rilevante dimensione econo-mica dell’industria alimentare in Europa si va infat-ti coniugando con un’offerta di beni sempre piùdiversificati e con caratteristiche di “tipicità” che sirichiamano a tradizioni profondamente radicate alivello territoriale (European Commission, 2007). Ilcambiamento in atto è indubbiamente significativo,ed è difficile negare che si tratti di una necessariastrategia di rinnovamento adottata in un settoreda tempo costretto a confrontarsi con una doman-da di mercato in progressiva saturazione. Ma con-siderare le caratteristiche assunte dall’industria ali-mentare in Europa, significa anche tornare a riflet-tere sulle trasformazioni che da sempre accompa-gnano lo sviluppo delle economie industrializzatee sul ruolo decisivo che in esse hanno svolto i pro-cessi d’innovazione tecnologica.Gli esperti e gli operatori del settore alimentare ri-badiscono oggi sempre più l’esistenza di uno stret-to legame tra “valori” della tradizione alimentaree “principi” dell’innovazione di prodotto che a ta-li valori debbono ispirarsi. In particolare, si vuolesottolineare come siano proprio le caratteristicheche fanno del prodotto il suo essere tradizionale, acostituire una base non trascurabile dell’innova-zione nell’industria alimentare. La logica su cuipoggia il concetto di “innovazione di prodotto”,sembra così essere contraddetta: il prodotto inno-vativo – si dice infatti – è tale in quanto diversodai prodotti già esistenti e ne rappresenta in linea

Trasferimento tecnologico e competitività nel sistema agro-alimentare: l’esperienza dell’ENEA

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1. I dati riportati sull’industria alimentare (basati sulle Structural business statistics dell’Eurostat) sono relativiall’Unione Europea a 15 stati e si riferiscono al 2007, ad oggi anno più recente disponibile nelle statisticheinternazionali. L’industria alimentare è identificata dal codice della classificazione delle attività economi-che NACE Rev. 1.1 DA “Food, beverage and tobacco”.

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po spesso è stato oggetto, è necessario innanzi-tutto un preciso richiamo al contesto industrialein cui l’innovazione si realizza, passando così at-traverso un esame preliminare delle caratteristichedi “sistema” dell’industria alimentare e della loroevoluzione più recente.

L’innovazione nell’agro-alimentaretra tradizione e paradigmitecnologici emergenti

Nell’ambito della celebre tassonomia dovuta a Pa-vitt (1984), relativa alle forme che l’innovazioneassume nei diversi settori economici, l’industria ali-mentare si colloca tra quelle aree produttive chemaggiormente beneficiano degli avanzamenti tec-nologici realizzati al loro esterno. A nulla, peral-tro, sono valse a smentire questa classificazione,le riflessioni che nel corso di più di vent’anni han-no accompagnato il dibattito sulle questioni meto-dologiche in ordine a detta tassonomia. Quali chesiano le considerazioni svolte, è netta la conclu-sione per cui l’industria alimentare non può esse-re inclusa nel novero dei settori che guidano l’e-voluzione tecnologica del sistema produttivo (Espo-sti, 2009). Non è possibile, inoltre, mettere in di-scussione questa conclusione se si ricorre alle in-dicazioni fornite dall’intensità della spesa in Ricer-ca e Sviluppo in rapporto ai livelli di attività pro-duttiva, essendo questa una classica misura concui si suole discriminare la capacità di un settoredi esser presente sulla frontiera tecnologica e sucui Pavitt stesso si appunta nell’individuare i set-tori a maggior potenziale innovativo, altrimentidetti science-based. Non meraviglia, dunque, chetutte le indagini condotte sull’innovazione nei set-tori produttivi, impostate sulla rilevazione di misu-re formalizzate dell’attività innovativa, nel caso del-l’industria alimentare abbiano restituito il quadro diun settore arretrato. Questo rilievo è comune atutti i paesi industrializzati ed appare indiscutibil-mente enfatizzato dall’intensa crescita registratadalle spese in Ricerca e Sviluppo e dall’attività dibrevettazione, specie laddove più estesa è la rap-presentatività dei settori science-based.La realtà riflessa dalle statistiche sull’innovazioneappare tuttavia contraddittoria rispetto allo straor-

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nio di una sofisticata progettazione tecnologica,supportata dalla disponibilità di una base ormaiallargata di conoscenze scientifiche ed orientataa tradurre la complessità delle istanze derivanti dauna nuova “domanda sociale”.Tornando all’industria alimentare, appare dunquerilevante valutare in che misura l’emersione e l’evo-luzione di una domanda avanzata di prodotti ali-mentari, sempre più articolata, possa dar contodei processi innovativi in atto. Il motto from forkto farm (“dalla tavola alla fattoria”), che sta ispi-rando in Europa le maggiori linee programmati-che di intervento indirizzate all’innovazione nelcomparto alimentare, appare in un certo sensoemblematico di tale questione. Ponendo all’origi-ne delle strategie innovative la figura del consu-matore, la moderna industria alimentare è chia-mata infatti a perseguire obiettivi di salvaguardiadella qualità e della sicurezza alimentari, con forteattenzione per le caratteristiche intrinseche dei ci-bi, ivi inclusa la “tipicità” della loro provenienza.La valenza “olistica” di questa “visione” è essen-ziale: la figura del consumatore non può esseresemplicemente ricondotta alle categorie propriedi un’intelligente strategia di marketing, ma deveessere piuttosto letta entro la concezione più am-pia di “mutamento strutturale” (in particolar mo-do qualitativo) del sistema economico nel corsodel tempo.È importante perciò comprendere come i nuoviambiti della domanda “alimentare” abbiano solle-citato le diverse “soluzioni innovative” e quali sia-no stati, in linea di principio, i fattori che hannomaggiormente concorso a questo processo di in-terazione. La promozione in sede europea di unquadro ampio di azioni di stimolo all’innovazionenell’industria alimentare, è certamente tra i termi-ni fondamentali di riferimento per questa analisi.Più in dettaglio, è necessario cogliere il senso del-le specifiche pratiche di intervento adottate e, traqueste, di quelle che rimandano al “trasferimento”di competenze tecnologiche dal “mondo della ri-cerca” a quello dell’industria, considerato il gran-de spazio che tale approccio occupa nelle politi-che europee per l’innovazione. Ma se si vuole evi-tare di incorrere nelle semplificazioni interpretativedi cui l’azione di “trasferimento tecnologico” trop-

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luppo di questa industria in rapporto ai settori amonte e a valle della produzione, vale a dire, ri-spettivamente, quello agricolo e quello del com-mercio e della distribuzione. Le trasformazioni re-gistrate dall’intero sistema agro-alimentare ci met-tono infatti nelle condizioni di apprezzare la dilata-zione dello spazio del consumo secondo caratteri-stiche che riassumono in maniera composita trefattori costitutivi della nuova qualità alimentare:la naturalità, rinvenibile in prodotti biologici e adenominazione d’origine o tipici; la funzionalità,relativa alla cura selettiva di principi nutritivi chefanno del cibo un supporto fondamentale al man-tenimento dello stato di salute; la “convenienza”,che traduce caratteristiche del prodotto funziona-li ad esigenze pratiche del consumatore. Tali tra-sformazioni possono essere ben rappresentate dauna ripartizione del fatturato per tipologia di pro-dotto, in cui i prodotti tradizionali classici (la pa-sta, le conserve, i formaggi, il vino, l’olio ecc.), purcostituendo ancora la quota maggioritaria, stan-

dinario slancio innovativo che si osserva nell’indu-stria alimentare nel corso dell’ultimo decennio e,conseguentemente, rispetto alla sempre più for-te attenzione che in aree sviluppate come quellaeuropea, come detto, si è riversata su tale indu-stria al fine di tessere nuovi percorsi di competitivitàe crescita economica. In maniera alquanto provo-catoria è stato fatto rilevare (Esposti, 2009) comeil giudizio sull’innovatività dell’industria alimenta-re basato sugli indicatori di Ricerca e Sviluppo sial’esito di una sorta di “illusione statistica”. La gran-de varietà di sempre nuovi prodotti alimentari con-tinuamente immessi sul mercato starebbe infattia testimoniare la continua “rigenerazione” del set-tore che riesce così a reagire a una domanda cheè non solo sempre più differenziata e segmenta-ta, ma anche rispondente a mutamenti degli stili divita nei paesi avanzati, tali da modificare il concet-to stesso di alimento, allargandone la valenza allasfera della salute e, più in generale, del benessere. Se si riesamina lo sviluppo dell’industria alimenta-re a partire dal secondo dopoguerra è possibile ineffetti riscontrarvi un rispecchiamento della “mi-gliore qualità della vita” collegata a trasformazio-ni sociali di straordinaria entità e profondità: l’av-vento e la diffusione dei sistemi di welfare allargalo stato di benessere a quote crescenti di popola-zione (in senso non solo complessivo ma ancherelativo, se si tiene conto della maggior partecipa-zione femminile al mondo del lavoro), mentre l’e-mergere di una nuova “domanda metropolitana”segna il passo della modernità. È quindi importan-te rimarcare come l’attuale fisionomia dell’indu-stria alimentare prenda le mosse da mutamentidella qualità della domanda molto articolati oltreche estesi e tali, soprattutto, da ricondurre il mi-glioramento della qualità alimentare ad una di-mensione ben più complessa di quella che pote-va essere rilevata nei precedenti periodi storici. Ilsenso di questa trasformazione emerge però so-prattutto da come si è andato evolvendo lo svi-

Trasferimento tecnologico e competitività nel sistema agro-alimentare: l’esperienza dell’ENEA

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Figura 1Mercato alimentare italiano per tipologia di pro-dotto (fatturato 20052)Fonte: elaborazione e stime Federalimentare

2. Il dato riportato è relativo all’Italia per il 2005, in quanto solo per quest’anno, e solo per l’Italia, è stata ela-borata dal Centro Studi Federalimentare la stima della ripartizione del fatturato dell’industria alimentare pertipologia di prodotto in funzione di specifiche caratteristiche di innovatività. Ciò nonostante, il dato assume unasignificativa rilevanza in quanto si distingue dalle statistiche tradizionali, basate sulle classiche tipologie mer-ceologiche (prodotti caseari, da forno, …), che non consentono di cogliere il processo di rinnovamento in atto.

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re l’innovatività del settore e mancare di riferimen-ti utili a comprendere il valore di qualsivoglia azio-ne di sostegno all’innovazione nello stesso.Il carattere multidimensionale che la nuova do-manda alimentare assume in termini di opzioni diqualità del consumo, rappresenta certamente ilpunto di partenza delle strategie di innovazione.La base di sviluppo della nuova domanda alimen-tare è infatti costituita proprio dallo spazio chequeste opzioni delimitano. La sfaccettatura di ogninuova soluzione innovativa entro questo spazio,appare così interpretabile secondo una logica inbase alla quale le esigenze del consumatore sonocolte in modo flessibile, esprimendo di volta in vol-ta un diverso profilo qualitativo della domanda(Esposti, 2009). Nello specifico, la possibilità di ot-tenere beni alimentari con tali caratteristiche in-novative è consentita dalla capacità di realizzarela produzione secondo un principio di modularità,in cui si riassumono massima adattabilità del pro-dotto alle esigenze del consumatore (customiza-tion) e contenimento dei costi, così da riuscire adintercettare mercati sempre più ampi.La filosofia della modularità consente pertanto diconsiderare l’innovazione in uno spazio continuo diprogettazione tecnologica. In questo processo ècruciale la capacità delle tecnologie disponibili diconvergere su soluzioni innovative in risposta allesollecitazioni che provengono dalla domanda. Sulfronte di questa convergenza sono del resto pre-senti “aree tecnologiche” vaste e con spiccate ca-ratteristiche di versatilità che ne accentuano il va-lore general purpose3. Questa precisazione serve achiarire la portata del potenziale innovativo che intale contesto si può generare. Fenomeni di “con-vergenza tecnologica” hanno infatti sotteso lo svi-luppo industriale fin dal suo nascere (Rosenberg,1982), ma il connubio tra opportunità tecnologicheed evoluzione della domanda si realizza oggi suben maggiori dimensioni e qualità della tecnolo-gia. Ciò lo si deve al concorso di più fronti tecno-logici (in particolare biotecnologie, nanotecnolo-

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no lasciando gradualmente sempre più spazio alcosiddetto “tradizionale evoluto” (dove si alter-nano diverse forme di qualità e fruibilità del pro-dotto anche in relazione a modifiche che riguar-dano le modalità di confezionamento), ai “nuoviprodotti” (che presentano caratteristiche di “fun-zionalità” rispetto alla salute) e a quelli “tipici” ebiologici (figura 1). In definitiva, in una prima fase della sua evoluzione,l’industria alimentare ha, almeno per una parte si-gnificativa, accresciuto la distanza dal settore agri-colo (allentando la dipendenza dagli input primariche questo le forniva attraverso una strategia disostituzione con ingredienti ed additivi di naturachimica), mentre successivamente, e in misura cre-scente nell’ultimo decennio, essa ha attuato unariconversione alle origini affatto particolare (Good-man, 2002; Wilkinson, 2002). D’altra parte, occor-re considerare che i legami tra i diversi ambiti dellafiliera alimentare sono cambiati soprattutto in ra-gione di un profondo mutamento qualitativo dellaproduzione alimentare nel suo complesso, e chequesti debbono essere analizzati in relazione allacapacità dell’innovazione tecnologica di dar formaa un vero e proprio knowledge-based agro-system,in cui appare sempre più difficile distinguere se-condo convezione attività di produzione “a monte”e “a valle” (Goodman et. al 1987). Va da sé chel’ottica dell’analisi per settori, accentuando unarappresentazione della filiera per comparti stagni,non consente di cogliere la crescente integrazionedel sistema agro-alimentare quale ci è restituita dal-le nuove traiettorie innovative. Il processo di inte-grazione tecnologica amplifica, a sua volta, le di-storsioni che le statistiche di settore ci rimandanoquando si pretenda di misurare le caratteristiche diinnovatività solo in base agli specifici indicatori del-la spesa in Ricerca e Sviluppo.Ma se tutto questo è vero, è oltremodo necessarioenucleare le principali direttrici lungo le quali l’in-novazione tecnologica prende corpo nell’attualesistema agro-alimentare, pena la rinuncia a coglie-

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3. Le General Purpose Technologies (dette anche tecnologie abilitanti o tecnologie orizzontali) sono tecnolo-gie che trovano applicazione in molti settori dell’economia e della società. Le tecnologie abilitanti che carat-terizzano il periodo attuale sono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), le biotecnolo-gie, le nanotecnologie e le neuroscienze.

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a questo punto di maggiore esplicitazione. In par-ticolare è rilevante chiedersi quali siano le condi-zioni sotto le quali le competenze tecnologiche diun paese siano idonee ad innescare un circuito vir-tuoso di ricerca e innovazione tecnologica che so-stenga lo sviluppo competitivo dell’agro-alimen-tare. In altri termini è necessario non correre il ri-schio di cedere all’“illusione statistica” della mi-nore dimensione tecnologica che emana dal setto-re e riflettere, piuttosto, sul valore che nelle nuovedinamiche tecnologiche assumono i diversi siste-mi nazionali d’innovazione.

Il trasferimento tecnologiconell’agro-alimentare: riflessioni sul suo ruolo strategico a partiredall’esperienza italiana dell’ENEA

Nell’ambito dell’industria alimentare europea l’I-talia occupa un posto di assoluta preminenza, col-locandosi terza dopo Francia e Germania. Ma an-cor più importante è la posizione che tale indu-stria detiene nel sistema manifatturiero del nostropaese, venendo al secondo posto dopo il settoremetalmeccanico ed assumendo un ruolo trainan-te nell’economia meno sviluppata delle regioni delMezzogiorno (figura 2). È quindi evidente che il

gie e information and communication technolo-gies) ognuno dei quali è di per sé rivoluzionario,ma tale al tempo stesso da non offrire un metroparadigmatico di sviluppo tecnologico. Ecco dun-que che è la dimensione modulare a guadagnarepreminenza nel processo innovativo, senza pre-clusioni di sorta su questo o quel tipo di tecnologiae, sotto quest’ultimo punto di vista, lasciando am-pi margini di integrazione e di “fertilizzazione incro-ciata” tra tecnologie avanzate (tipicamente appar-tenenti ai fronti di cui si è detto) e tradizionali.Nel sistema agro-alimentare la dimensione modu-lare del processo di innovazione tecnologica è giàfortemente presente, e possiede ottime prospet-tive di sviluppo grazie anche alla crescente doman-da di miglioramento della qualità e della sicurez-za alimentari. In questo senso non sembra ridut-tivo affermare che la sfida tecnologica del settoresi misura nel perseguire questi due obiettivi e cheuna sua nuova affermazione competitiva dipen-derà dal grado con cui le imprese che vi operanoriusciranno progressivamente a realizzarli. Questopassaggio, che è poi quello decisivo rispetto all’a-zione di stimolo all’innovazione nell’agro-alimen-tare che ha preso piede in Europa, rimanda tutta-via ad un quesito fondamentale, in parte già solle-vato nelle considerazioni svolte, ma che necessita

Trasferimento tecnologico e competitività nel sistema agro-alimentare: l’esperienza dell’ENEA

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Figura 2Quota percentuale degli occupati nell’industria degli alimenti, bevande e tabac-co sul totale manifatturiero nel territorio dell’Italia e nell’UE(15)Fonte: elaborazione ENEA su SBS Regional data EUROSTAT

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dalle nazioni industrializzate a quelle meno svi-luppate (Bozeman, 2000). Va da sé pertanto,che la valutazione dell’attività di trasferimentotecnologico nella sua accezione attuale rappre-senta una lente privilegiata di lettura dei mec-canismi che regolano lo sviluppo della competi-tività dei paesi avanzati.A livello europeo, dove il ritardo tecnologico ac-cumulatosi nei confronti di Stati Uniti e Giapponeè emerso come particolarmente gravoso, decisivoè stato il varo nel 2000 della strategia di Lisbona4

e centrale è divenuto l’obiettivo di “sostenere lacooperazione tra università, industrie, centri di ri-cerca e enti pubblici” per “rafforzare la competi-tività dell’UE nei settori scientifici e tecnologici”5,dando sempre maggiore impulso ad attività di tra-sferimento tecnologico.Le modalità con cui la strategia di Lisbona vieneattuata debbono essere naturalmente ricondot-te all’interno delle singole realtà nazionali. In Ita-lia il perseguimento degli obiettivi della strategia diLisbona appare attualmente sottolineato con for-za dall’attività dell’ENEA che, nelle more del suorecente mandato di “Agenzia”, promuove e svi-luppa tutta una serie di azioni tese al trasferimen-to di competenze tecnologiche all’industria, rivol-gendo una particolare attenzione al sistema dellePMI (piccole medie imprese) che della manifattu-ra nazionale costituisce la struttura portante. Nel-l’attività di trasferimento tecnologico l’ENEA van-ta d’altra parte una lunga e consolidata esperien-za, e l’impegno profuso in tal senso nel settoreagro-alimentare è indubbiamente tra i più signifi-cativi. Ma perché sia possibile inquadrare e valuta-re il ruolo che tale impegno riveste per lo sviluppodella competitività nazionale, è innanzitutto ne-cessario riflettere su che cosa attenga alla natu-ra dell’attività di trasferimento tecnologico. Va su-bito chiarito, infatti, che, sebbene la Commissio-ne Europea6 distingua il “trasferimento di cono-

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processo di rilancio che sta investendo tutto il set-tore agro-alimentare in Europa richiama fortemen-te la possibilità di far recuperare alla produzionemanifatturiera dell’Italia ampi e consistenti margi-ni di competitività. Come visto, l’azione di rinnovamento dell’interosistema agro-alimentare da un lato consente di in-tercettare le domande emergenti che scaturisco-no dalle modificazioni culturali e sociali in atto, edall’altro si realizza attraverso un processo di in-novazione che chiama in causa molteplici compe-tenze tecnologiche articolandole in forma com-plessa. Questo sta a significare che lo sviluppocompetitivo del settore contribuisce sia a superarei vincoli posti dalla saturazione della domanda, siaa rafforzare la base delle competenze tecnologi-che nazionali.In effetti, nel corso dell’ultimo trentennio, si èaccresciuta la consapevolezza che i vantaggi de-rivanti dal possesso di competenze tecnologichesono un importante tratto distintivo delle dinami-che competitive del mondo industrializzato, di-pendendo la potenzialità di sviluppo dei paesiavanzati dalla capacità di innovare continuamen-te il proprio sistema produttivo. In tale contestosi è andato producendo un incessante rafforza-mento dei legami tra ricerca scientifica e mon-do della produzione, con un ruolo sempre piùcentrale dell’attività di trasferimento tecnologicodalle istituzioni che generano conoscenza (univer-sità e centri di ricerca pubblici) a quelle che lautilizzano economicamente (imprese). In parti-colare occorre sottolineare come l’accezione percui l’attività di trasferimento tecnologico è rela-tiva al rapporto tra istituzioni di ricerca e impre-se, nasce proprio nell’ambito di questa nuovasensibilità per la competitività tecnologica. Finoagli anni 70, infatti, la maggior parte delle ana-lisi negli studi economici si concentrava sul trasfe-rimento tecnologico internazionale, tipicamente

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4. Programma di riforme economiche approvato a Lisbona dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europeanel marzo 2000, finalizzato a rendere l’Unione Europea “l’economia più competitiva del mondo”. La costru-zione di una “società della conoscenza” e la promozione di una crescita basata sullo sviluppo della conoscen-za e dell’innovazione sono i pilastri su cui è stata rilanciata la strategia di Lisbona nel 2005.

5. Cfr. http://europa.eu/legislation_summaries/research_innovation/general_framework/i23026_it.htm.

6. http://ec.europa.eu/enterprise/glossary/index_en.htm

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modalità che vanno dalla pubblicazione di docu-menti, al trasferimento di diritti di utilizzo e com-mercializzazione delle innovazioni, e dalle collabo-razioni di ricerca alla creazione di spin-off10. Siprenda il caso delle Società Consortili (Centri diCompetenza Tecnologica) e/o dei Consorzi, delleConvenzioni Quadro e dei Joint Lab (ENEA, 2008):un esempio è al riguardo il “Consorzio per la crea-zione di Incubatori di imprese innovative Biotec-nologiche” (In.Bio) che, attraverso la realizzazio-ne di incubatori, si pone l’obiettivo di promuovereed avviare nuove iniziative imprenditoriali innova-tive (spin-off) nel campo delle Biotecnologie col fi-ne di promuoverne lo sviluppo (Box 2). Uno di que-sti incubatori è costituito dal Centro di Innovazio-ne Integrato “Agrobiopolis” che, oltre ad ospitaresocietà di spin-off e start-up11, rappresenta ancheun caso di “Polo Tecnologico” finalizzato allo svi-luppo di tecnologie ‘abilitanti’ e di know-how diinteresse industriale attraverso la realizzazione diiniziative di R&S congiunte pubblico-private. L’o-biettivo di tali collaborazioni è quello di risponde-re alle nuove esigenze del mercato favorendo l’am-pliamento delle produzioni dell’industria agro-ali-mentare italiana, con una particolare attenzioneproprio alle Regioni meridionali. Un obiettivo cheviene perseguito puntando a garantire la qualità ele origini storiche e territoriali delle produzioni ti-piche, di cui è ricco tutto il territorio italiano, e afavorire la transizione del concetto di alimento dasemplice “nutriente” a quello più evoluto di “pro-dotto salutistico”. Come detto, ciò richiede unaconvergenza di tecnologie diverse, rendendo ne-cessario un approccio in cui si integrino compe-

scenza”7 (knowledge transfer) dal “trasferimentodella tecnologia”8 (technology transfer), conside-rando il primo concetto più ampio del secondo, ilproblema analitico costituito da tale differenza si ri-solve qualora si consideri come i due concetti diconoscenza e tecnologia non siano fra loro sepa-rabili (Bozeman, 2000). L’applicazione pratica del-la conoscenza (ovvero la tecnologia) non può avve-nire senza le conoscenze su cui tale applicazione sibasa. La tecnologia non è “scienza applicata”, macapacità di risolvere problemi complessi (Pavitt,1998); inoltre, gran parte della tecnologia, oltread essere specifica e complessa, è anche cumu-lativa nel suo sviluppo, nel senso che la cono-scenza alla sua base è accumulata anche attra-verso l’esperienza nella produzione e nell’impie-go della tecnologia stessa (Pavitt, 1987). Il rap-porto fra la tecnologia e la conoscenza scientifi-ca non è quindi di subordinazione, ma di com-plementarietà (Dosi et al. 2005). Le attività di tra-sferimento tecnologico sviluppate dall’ENEA nel-la filiera agro-alimentare debbono essere intese,dunque, sulla base di questa impostazione.L’adesione alla Piattaforma Tecnologica Food forLife (Box 1) consente innanzitutto all’ENEA di par-tecipare ai processi di definizione delle priorità di ri-cerca e sviluppo in Italia e in Europa. La base ispi-ratrice della piattaforma risiede, infatti, nell’ideache “solo una ricerca orientata strategicamentesulle scienze della nutrizione e sulle tecnologie ali-mentari potrà condurre allo sviluppo di nuovi pro-dotti e, quindi, ad un vantaggio competitivo perle nostre imprese nel mondo”9. L’attività di trasfe-rimento tecnologico si realizza poi secondo varie

Trasferimento tecnologico e competitività nel sistema agro-alimentare: l’esperienza dell’ENEA

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07. La conoscenza è l’accumulazione strutturata di informazioni rilevanti ed utili, basate almeno in parte sul-l’esperienza. Il trasferimento di conoscenza è riferito anche alle informazioni scientifiche e alle compe-tenze, codificabili o meno, che costituiscono la base delle applicazioni tecnologiche. Esso non includepertanto solo le attività commerciali, ma ne comprende anche altre, quali le collaborazioni di ricerca, iprocessi di mobilità dei ricercatori, la pubblicazione di documenti, la creazione di spin-off, e così via.

08. La tecnologia è per l’UE l’applicazione pratica della conoscenza. Il trasferimento tecnologico è il processocon cui si sviluppano applicazioni pratiche della ricerca scientifica e si realizza con il trasferimento dei di-ritti di utilizzo e commercializzazione di nuove scoperte ed invenzioni.

09. Italian Food for Life (2006), p. 2.

10. Uno spin-off è una nuova entità giuridico-economica (società di capitali o a responsabilità limitata) co-stituita ad opera di alcuni soggetti che abbandonano una precedente attività svolta all’interno di un’altraistituzione esistente (impresa, università o ente di ricerca).

11. Una start up è un’impresa appena costituita, ancora in fase di avviamento.

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Quanto affermato ci porta a modificare profon-damente la visione, per lo più diffusa, per cui iltrasferimento tecnologico, soprattutto se rivoltoalle PMI, sarebbe essenzialmente orientato ad ac-crescere la capacità di innovazione delle impreseagendo sulle inefficienze produttive che la loro di-mensione (piccola o piccolissima) comportereb-be. È necessario invece tener conto del fatto chela dimensione delle imprese è un dato relativo al-le caratteristiche tecnologiche e di mercato del

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tenze tipicamente biotecnologiche con quelle pro-venienti da altri ambiti quali, ad esempio, le ICT(bioinformatica, integrated supply chain12), lescienze e tecnologie dei materiali (nuovi materia-li per il packaging, per le tecnologie di processo,per il recupero dei sottoprodotti), le nanotecno-logie (per il controllo di processo, per la traccia-bilità, per la diagnostica), le tecnologie diagnosti-che chimiche e fisiche (NMR – Nuclear MagneticResonance ecc.).

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European Technological Platform Food for LifeLa Piattaforma Tecnologica Europea (ETP- European Te-chnology Platform) “Food for Life Vision for 2020 andbeyond”, è stata lanciata a Brussels il 5 luglio 2005. L’in-clusione di una ETP alimentare fra le 36 esistenti è giu-stificata, oltre che dalla dimensione, natura ed importan-za locale della filiera agro-alimentare, dalle opportunitàche la ricerca e l’innovazione in questo settore industria-le offrono per accrescere il benessere e la sicurezza sani-taria in Europa. Una ETP è, infatti, un’iniziativa finalizza-ta pan-europea volta a rafforzare la capacità europea diorganizzare e far nascere l’innovazione.

Italian Food for LifeLa Piattaforma Tecnologica Nazionale Italian Food for Li-fe – operativa dalla fine del 2006 – nasce come corri-spettivo nazionale della Piattaforma Tecnologica Euro-pea Food for Life.Promossa da Federalimentare e dalla CRUI (Conferenzadei Rettori delle Università Italiane), insieme all’Univer-sità di Bologna, all’ENEA Biotech e a Tecnoalimenti – riu-nisce i principali attori della filiera agroalimentare, dellaricerca e delle istituzioni, con l’obiettivo di aiutare le azien-de alimentari del nostro Paese, soprattutto le PMI, a re-cuperare competitività attraverso l’innovazione dei pro-dotti e dei processi.

Box 1

12. Dalla produzione delle materie prime alla distribuzione dei prodotti finali ai consumatori, ciascuna differen-te fase dell’intero processo produttivo è considerata come un anello di una catena, la catena di fornitura (sup-ply chain). La nuova enfasi sulla qualità, sicurezza, funzionalità e sostenibilità, che caratterizza il settoreagro-alimentare, pone in particolare una nuova domanda per lo sviluppo e l’adozione di catene di fornitu-ra tracciabili, e i progressi nelle ICT forniscono un’importante opportunità per lo sviluppo di innovazionitecnologiche dedicate alla tracciabilità.

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tri termini, esso è concepibile come innovazionevolta alla creazione di nuovi mercati e/o segmen-ti di mercato o all’entrata su mercati emergenti,fondamentale, sia al livello delle singole impreseche a livello economico generale13, per supera-re i vincoli posti alla crescita economica dalla pro-

settore di riferimento e che per questo non è inassoluto un ostacolo per la loro capacità di inno-vare e competere. Il carattere strategico del trasferimento tecnologi-co si appunta invece laddove è necessaria unadifferenziazione delle attività delle imprese. In al-

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Trasferimento tecnologico e competitività nel sistema agro-alimentare: l’esperienza dell’ENEA

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Consorzio per la Creazione di incubatori di Imprese innovative Biotecnologiche - In.BIO

Il “Consorzio per la creazione di Incubatori di imprese innovative Biotecnologiche –In.Bio” è nato per l’attuazione del Progetto “Creazione di incubatori di impresa in-novativa nel campo delle biotecnologie”, finanziato dal Ministero dello SviluppoEconomico, con l’obiettivo principale di promuovere e avviare iniziative imprendito-riali innovative nel campo delle Biotecnologie mediante la realizzazione di due in-

cubatori, localizzati in Basilicata (il Centro di Innovazione Integrato AGROBIOPOLIS del C.R. ENEA Trisaia) ein Abruzzo (il Consorzio di Ricerche Applicate alla Biotecnologia – CRAB – di Avezzano (AQ)). L’obiettivo è quello di divenire un importante punto di riferimento infrastrutturale, tecnico-scientifico ed orga-nizzativo nell’offerta di servizi tecnologici avanzati e specialistici nei confronti delle imprese operanti nel set-tore agro-alimentare nelle fasi di costituzione ed avvio e poter, quindi, contribuire alla crescita complessivadi un settore produttivo high-tech di importanza strategica per la competitività dell’industria italiana. È previsto anche lo svolgimento di attività di formazione e di supporto tecnico-scientifico ai ricercatori perciò che riguarda lo sviluppo delle nuove tecnologie e delle nuove idee progettuali.

Centro di Innovazione Integrato Agrobiopolis Il Centro AGROBIOPOLIS, presso il C.R. Trisaia (MT)dell'ENEA, costituisce un Polo Tecnologico con va-lenza multidisciplinare, aperto alle collaborazioni consoggetti pubblici e privati. In particolare, anche at-traverso l’offerta di servizi tecnologici avanzati e spe-cialistici, il Centro favorisce al suo interno la presen-za di laboratori di R&ST di imprese e l’ospitalità disocietà di spin-off e start-up. Il Centro è articolatoin tre aree funzionali comprendenti:• il complesso impiantistico multifunzionale, in

grado di configurare processi diversificati nel set-tore agro-alimentare e, più in generale, nell’am-bito dell’utilizzazione industriale delle biotecnologie;

• i laboratori specialistici, in grado di elevare la capacità di ricerca ed innovazione del centro, in settori e di-scipline coerenti con le specializzazioni produttive esistenti nelle regioni meridionali;

• il DemoCenter, l’area dedicata principalmente alla diffusione e al trasferimento dell’innovazione ed all’of-ferta di servizi avanzati.

Box 2

13. “In un mercato mondiale come quello di oggi, in cui dilagano i processi di saturazione rapida della do-manda di ogni dato tipo di prodotto, cresce l’importanza dell’innovatività rispetto alla produttività neldeterminare la competitività di ogni data fonte di offerta” (Becattini, 1999).

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Gaetano Coletta, Lorenza Daroda, Daniela Palma, Ombretta Presentiriflettore

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TRUEFOOD - Traditional United Europe Food Il progetto integrato TRUEFOOD ha puntato sulla qualità e la sicurezza alimentari, introducendo innovazioninella produzione europea dei cibi tradizionali, attraverso attività di ricerca teorica e applicata e attività di for-mazione, informazione e trasferimento tecnologico. Per prodotti tradizionali non si intendono solo i cibi tipi-ci, ma anche tutti i prodotti della tradizione culinaria locale. Il progetto ha voluto portare valore aggiunto siaai consumatori che ai produttori, promuovendo business plan ad hoc per tutti i componenti della filiera alimen-tare, attraverso l’approccio “dalla tavola alla fattoria”.I principali obiettivi strategici sono stati pertanto:• identificare e quantificare percezioni, aspettative e attitudini del consumatore, nei confronti di caratteristi-

che di qualità e di sicurezza nei cibi tradizionali e innovazioni che potrebbero essere introdotte nell’industriadei cibi tradizionali;

• identificare, valutare e trasferire alle industrie, le innovazioni che garantiscano la sicurezza alimentare, spe-cialmente per ciò che concerne i rischi microbiologici e chimici;

• identificare, valutare e trasferire alle industrie le innovazioni che migliorino le caratteristiche nutrizionali delprodotto riconosciute come plus valore dai consumatori;

• sostenere lo sviluppo del marketing e della catena di distribuzione dei prodotti tradizionali;• porre in essere un sistema di trasferimento tecnologico rivolto alle aziende di prodotti tradizionali, che sia

efficace, sostenibile e focalizzato sulle innovazioni sviluppate all’interno del progetto TRUEFOOD o nel-l’ambito di altri progetti di Ricerca e Sviluppo europei e nazionali.

Me.Di.T.A. - Metodologie Diagnostiche e Tecnologiche Avanzate per la qualità e la sicurezza di prodotti alimentari

del Mezzogiorno d’ItaliaIl progetto Me.Di.T.A. ha inteso studiare, sperimentare e proporre al settore agroindustriale nuovi strumentidiagnostici e tecnologie avanzate ed innovative, per il controllo ed il raggiungimento di quei livelli di qualità edi sicurezza alimentari richiesti dalla normativa vigente, dal mercato e dal consumatore. Gli obiettivi rispondo-no ad esigenze reali del mercato e sono caratterizzati da un’elevata innovazione nelle strategie adottate, siain termini di approccio originale alla risoluzione dei problemi che di scelte scientifiche identificate. Infatti, la va-lidità industriale del progetto è riconosciuta nella confluenza di tutte le linee di ricerca in un obiettivo globa-le di incremento della competitività della filiera agro-alimentare, soprattutto meridionale, verso prodotti apiù elevato valore aggiunto sul piano della qualità e della sicurezza alimentari. Fra i risultati: metodologie e sistemi analitici multiscreening (DNA-based e Protein-based); nuovi sistemi disterilizzazione e sanificazione del packaging alimentare e sistemi di igienizzazione degli ambienti di confe-zionamento; metodi di analisi della stabilità delle preferenze sensoriali e dell’effetto alle esposizioni ripetute aiprodotti in specifiche classi di età di consumatori.

VAL.GRA.SAR. - Valorizzazione del Grano Saraceno attraversol’innovazione di processo (macinazione) e di prodotto (alimenti

gluten-free e dietetico-funzionali)Il Progetto si è posto la finalità di contribuire alla qualità ed alla competitività delle produzioni agricole na-zionali attraverso la promozione del grano saraceno in località appenniniche. Gli obiettivi principali riguarda-no la realizzazione di una filiera “grano saraceno” (“dalla tavola alla fattoria”) per l’ottenimento di ingre-dienti arricchiti in sostanze bioattive da utilizzare per la produzione di alimenti (pasta, prodotti da forno, alimen-ti per l’infanzia e miele) ad elevato valore aggiunto quali gluten-free, dietetici e funzionali. Tali alimenti trova-no uno specifico impiego nel trattamento dietetico di patologie a grande incidenza nella popolazione occiden-tale e ad elevatissimo impatto sociale quali il diabete, l’ipertensione arteriosa, l’arteriosclerosi, l’ipercoleste-rolemia e la celiachia.

Box 3

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diversificare la propria attività, piuttosto che inquella di favorirne una maggiore efficienza pro-duttiva. La concreta realizzazione del necessarioprocesso di differenziazione, infatti, pone proba-bilmente maggiori ostacoli alle imprese, soprat-tutto alle PMI. Essa dipende, oltre che dall’esisten-za di una qualche opportunità tecnologica e/o didomanda, dalla struttura e dalle caratteristichetecnologiche che contraddistinguono i nuovi mer-cati o segmenti di mercato, anche in prospettiva.Da un punto di vista tecnologico, se si condividel’ipotesi che la conoscenza utilizzata nei processiproduttivi sia in gran parte specifica e quindi dinon facile trasmissione e riproduzione, la sceltadi diversificazione sarà significativamente corre-lata alla principale attività svolta nel passato. Inaltri termini, quello che le imprese “possono rea-listicamente tentare di fare tecnicamente nel futu-ro è fortemente condizionato da quello che so-no state in grado di fare tecnicamente nel passa-to”15. E ciò rappresenta un ostacolo soprattuttonel caso in cui il processo di differenziazione impli-chi lo sfruttamento delle opportunità offerte dal-la convergenza di tecnologie e competenze an-che molto diverse fra loro.

Conclusioni

L’attività di trasferimento tecnologico dell’ENEAnel settore agro-alimentare ben si inserisce nelcontesto della strategia europea finalizzata all’ac-crescimento della competitività dei paesi dell’U-nione. La difficoltà con cui opera il “trasferimen-to della conoscenza” dai ricercatori (pubblici) alsettore privato viene, infatti, considerata uno deivincoli principali alla competitività dell’economiaeuropea16; e i termini con cui si è dibattuto di ta-le difficoltà sono stati tali da arrivare a discuteredi un “paradosso europeo” (CE, 1995; Debacke-re e Veugelers, 2005), consistente nella “inspie-gabile” compresenza di leadership in campo scien-

gressiva saturazione della domanda nei settoriesistenti14.Questo aspetto del trasferimento tecnologico edella sua capacità di attivare nel sistema delle PMIimportanti processi di “rigenerazione” della pro-duzione, agendo su specifiche parti della filieradell’agro-alimentare, appare particolarmente espli-cito ed evidente in una serie di singoli progetti incui l’ENEA è stata coinvolta (Box 3). In particolare,l’attività del progetto TRUEFOOD (Traditional Uni-ted Europe Food) si è focalizzata sulla diagnosticae sulla conservazione degli alimenti, fornendo so-prattutto alle PMI gli strumenti per innovare i pro-dotti tradizionali, migliorandone la qualità, la si-curezza e le proprietà nutrizionali. Lo studio e lasperimentazione di nuovi strumenti diagnosticiper il controllo ed il raggiungimento di alti livelli diqualità e di sicurezza alimentare sono stati forte-mente presenti anche nel progetto Me.Di.T.A.(Metodologie Diagnostiche e Tecnologiche Avan-zate), nel quale un obiettivo fondamentale è ri-sultato essere quello di indurre una spostamentodell’offerta delle imprese, soprattutto del Mezzo-giorno italiano, verso prodotti a più elevato valo-re aggiunto. Il progetto Val.Gra.Sar. (Valorizzazio-ne del Grano Saraceno), infine, ha mirato a realiz-zare prodotti per nuovi segmenti di mercato par-ticolarmente vivaci, valorizzando una produzionetipica del territorio ed innovandone il processo ditrasformazione. Il sempre più ampio riconosci-mento dei problemi di allergia, intolleranza e, piùin generale, delle malattie e disfunzioni legate al-l’alimentazione (Peta, 2006) ha generato, infatti,una interessante domanda per alcuni prodotti co-me, ad esempio, quelli gluten-free e dietetico-funzionali.L’esperienza dell’ENEA nell’agro-alimentare condu-ce, allora, ad individuare il ruolo delle attività ditrasferimento tecnologico per lo sviluppo dellacompetitività nazionale soprattutto nel sostegnoche questo fornisce alle imprese nei loro sforzi di

Trasferimento tecnologico e competitività nel sistema agro-alimentare: l’esperienza dell’ENEA

riflettore

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14. Per un approfondimento del ruolo della creazione di nuovi mercati per lo sviluppo economico cfr. Pasinet-ti (1981 e 1993), Gualerzi (2001, 2010) e Coletta (2008).

15. Pavitt (1984), p. 353.

16. Truefood (2009), p. 7.

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frutti è che il patrimonio costituito dalle diversecompetenze e specializzazioni scientifiche sia pre-sidiato ed accresciuto nel tempo attraverso conti-nui e consistenti investimenti nella ricerca di ba-se. A dispetto della retorica sottostante il proces-so di estensione dei diritti di proprietà che ha ca-ratterizzato gli ultimi decenni, tali investimentinon possono però essere affidati alle imprese pri-vate17, richiedendo piuttosto un convinto soste-gno pubblico in funzione dell’utilità sociale chese ne può ricavare18.L’altro aspetto che non può essere trascurato nel-la costruzione di una strategia di rilancio dellacompetitività e che influisce in modo determinan-te sull’efficacia delle attività di trasferimento tec-nologico19 è l’esistenza di un tessuto industrialein grado di cogliere e gestire lungo le dimensio-ni finanziaria e manageriale le opportunità che simanifestano. Questo è un punto d'attenzione permolti paesi dell’Unione, ma è particolarmente do-lente per l’Italia20, le cui imprese sono state scar-samente presenti nei settori più dinamici degli ul-timi anni e nei rispettivi nuclei oligopolistici (Dosiet al., 2005; Ciriaci e Palma, 2008; Palma e Pre-zioso, 2010) e richiama la necessità di riconsidera-re per il nostro paese i termini e le forme dellapolitica industriale.

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tifico e fragilità competitiva del sistema produtti-vo. Tuttavia, e tanto più se la concezione di un“paradosso europeo” è il frutto di una diagnosierrata come una serie di evidenze sembrano faremergere (Dosi et al., 2005), una strategia a soste-gno della competitività non può considerare il tra-sferimento tecnologico come l’unica o la princi-pale chiave del processo innovativo.Se si tiene adeguatamente conto del fatto chel’attività innovativa delle imprese in cui si rivelastrategica l’azione di trasferimento tecnologico èanche quella relativa alla differenziazione delleattività, ovvero l’innovazione volta alla creazio-ne di nuovi mercati e segmenti, emerge con for-za la natura sistemica di tale processo e l’impor-tanza per la sua efficacia, in primo luogo, delladisponibilità di competenze tecnologiche multi-settoriali. Un carattere distintivo dell’esperienza ENEA nelleattività di trasferimento tecnologico nell’agro-ali-mentare, come visto, è proprio quello di saper in-tegrare i diversi approcci tecnico-scientifici pre-senti al suo interno, per giungere alla progetta-zione di soluzione innovative “complesse” in ri-sposta alla domanda espressa dal settore. Ma ilpresupposto perché quest’attività di trasferimen-to tecnologico continui al meglio a dare i suoi

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17. Negli Stati Uniti, nonostante le politiche introdotte a partire dagli anni 80 abbiano puntato a rafforzare i di-ritti di proprietà nel mondo della ricerca pubblica, l’incidenza dei fondi privati nella ricerca universitariaamericana non è andata molto oltre il 7%, mantenendosi poi costante nel corso degli anni 90 (Mowery etal., 2001). Il punto è che in genere i ritorni dei fondi spesi nella ricerca di base hanno un orizzonte troppolontano nel tempo per risultare attraenti a degli investitori privati (Rosenberg e Nelson, 1994), oltre a ri-sultare fortemente incerti: “la strada dalla scoperta all’applicazione è spesso lunga e tortuosa, implican-do lo spostamento di conoscenze, tecniche e strumenti da una disciplina all’altra. Tutto ciò rende laprevisione e la programmazione delle applicazioni della ricerca di base un compito difficile se non im-possibile” (Pavitt, 2001).

18. L’utilità sociale di una solida infrastruttura per la ricerca di base si manifesta sia nell’assimilare i risultatidella ricerca svolta altrove (il prodotto della ricerca di base può avere le caratteristiche di un bene pubblico,ma non è un bene libero) che nella diretta risoluzione dei problemi tecnici posti dal sistema sociale e produt-tivo (Pavitt, 2001).

19. Una struttura industriale non equilibrata potrebbe rivelarsi un ostacolo insormontabile allo sfruttamento delleopportunità tecnologiche e di domanda che si creano in conseguenza della divisione del lavoro che in ge-nere si determina fra le nuove piccole imprese e le grandi imprese affermate.

20. Per una panoramica sulla competitività tecnologica dell’Italia nei settori ad alta tecnologia si cfr. Ferrari,Guerrieri, Malerba, Mariotti e Palma (2007).

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Trasferimento tecnologico e competitività nel sistema agro-alimentare: l’esperienza dell’ENEA

riflettore

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Adsorbimento dicoloranti industriali su chitosanoLoris Pietrelli

ENEA, Unità Tecnica Tecnologie Ambientali

riflettore su studi& ricerche

primo piano

Il chitosano può essereutilizzato per il trattamentodei reflui dell’industria tessileal fine di recuperare l’acqua diprocesso. Durante le provesperimentali condotteutilizzando i colorantiindustriali più rappresentativi,sono state valutate la cineticadi adsorbimento, l’influenzadel pH, della temperatura edella concentrazione dicolorante. La rimozione delcolore e del TOC è statavalutata su un refluo reale

Dyestuffs Adsorption on Chitosan

Dyes are widely used in industrial sectors such as textile,leather, plastics and paper to color the final products. Inthe dyeing processes 10-15% of all dyestuffs, correspondingto about 100 kg COD/ton of treated fiber material, isbeing lost into wastewater. In this study the ability ofchitosan to remove acid, basic, reactive and directdyestuffs by adsorption was studied to assess whether it issuitable for application in the field of textile wastewatertreatment

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studi&

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mostrano una efficacia di rimozione a volte para-gonabile a quella dei CA[2]. Il chitosano (figura 1) è un polimero naturale ot-tenuto industrialmente dalla deacetilazione dellachitina, un polimero lineare dell’acetilamino-D-glu-cosio contenente gruppi funzionali amminici e os-sidrili, che rappresenta il secondo polimero più ab-bondante in natura dopo la cellulosa. Grazie allanotevole abbondanza della chitina (ad esempiocontenuta nei gusci di crostacei provenienti dagliscarti delle industrie alimentari), il chitosano è unmateriale piuttosto economico, non è tossico, èbiocompatibile e biodegradabile e presenta ancheproprietà antibatteriche[3].Tra le numerose applicazioni di questo polimeroin campo medico, cosmetico ed alimentare, risul-ta di notevole interesse il suo impiego nell’ambi-to della depurazione delle acque, vista la sua ca-pacità di rimuovere numerose sostanze inquinan-ti. In particolare il chitosano è stato sperimentatocon successo nella rimozione dei coloranti[4], deimetalli[5] e delle proteine[6], poiché i gruppi ammi-nici e idrossilici presenti nel polimero funzionanorispettivamente come siti di coordinazione e co-me siti di attrazione elettrostatica per ioni e mo-lecole. In particolare, grazie alla sua struttura mo-

Nel recupero e riciclaggio di acqua proveniente dareflui industriali trattati, il settore tessile riveste unnotevole interesse visto il consumo che può arri-vare, in alcuni casi, fino a 200 m3 d’acqua per ton-nellata di fibra trattata. In particolare, durante lefasi di lavorazione, fino all’80% della risorsa idricapuò essere utilizzata per operazioni secondariequali il risciacquo delle apparecchiature, il lavag-gio dei bagni di tintura e di finissaggio ecc. Perquesti usi pertanto, sarebbe auspicabile l’impiegodi acqua avente qualità inferiore, rispetto a quellaimpiegata per la preparazione dei bagni di tintura:ciò permetterebbe l’utilizzo di acqua riciclata nel-l’ambito dello stesso processo produttivo.In genere, la depurazione dei reflui tessili risultaproblematica in quanto sono presenti, oltre aicomposti chimici utilizzati come additivi, intensecolorazioni dovute all’impiego di coloranti perlo-più sintetici. I coloranti costituiscono infatti il prin-cipale fattore di impatto ambientale dei reflui tes-sili, visto che possono contenere quantità residuecomprese tra 10 e 50 mg/l: tali valori vanno con-siderati molto alti perché una concentrazione cor-risponde a 1 mg/l di colorante è già visibile ad oc-chio nudo[1]. I coloranti industriali, inoltre, posso-no contenere metalli pesanti, quali Cr, Cu e Zn,spesso refrattari ai sistemi di trattamento biolo-gici aerobici. Quando sono presenti nelle acquesuperficiali i coloranti possono generare fenome-ni di bioaccumulo, ionizzazione, ossidazione chi-mica e microbiologica, con relativa formazione dinumerosi derivati altrettanto inquinanti. Tra i processi di trattamento chimico-fisici impie-gati per la decolorazione, l’adsorbimento si è di-mostrato molto efficace, ed attualmente il carbo-ne attivo (CA) è il materiale adsorbente più comu-nemente impiegato per la rimozione di moltepliciinquinanti in genere presenti nei reflui industriali. Icosti elevati associati all’impiego del CA possonofavorire in alcuni casi l’uso di materiali più econo-mici quali torba, silice, fly ash, chitosano ecc., che

Adsorbimento di coloranti industriali su chitosano

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Figura 1Chitosano proveniente da gusci di granchioFonte: ENEA

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brane[7] o di perle[8,4] alterandone solo leggermen-te la capacità di adsorbimento dei metalli mentre,per i coloranti reattivi, si è potuta riscontrare perfi-no una capacità di adsorbimento maggiore per ilpolimero in forma cross-linked [8]. Il chitosano può essere pertanto efficacemente im-piegato per la rimozione di alcuni coloranti a costi

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lecolare, il chitosano presenta un’alta affinità convarie classi di coloranti, risultando poco efficacesolo con i coloranti basici[3].Per migliorare le sue capacità meccaniche, il ma-teriale, solitamente in forma di flakes, può esseretrattato con vari agenti leganti, come ad esempiola glutaraldeide, fino a ridurlo in forma di mem-

Loris Pietrellist

udi &

ricerc

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Tabella 1 – Coloranti industriali impiegati e lunghezza d’onda utilizzata per le analisi

Classe Nome commerciale e codice ditta fibra λmax (nm)

Basico Astrazon GTLN red Dystar Acrilico 485

Acido Telon B red Dystar Poliammide 493

Reattivo Remazol Gelb RR Granulat yellow Dystar Acrilico 495

Diretto Scarlatto BNL red diretto Chimica tessile 418

Fonte: ENEA

Figura 2Formule di struttura dei coloranti industriali utilizzatiFonte: ENEA

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 87

particolare, del rosso Astrazon che contiene unammonio quaternario carico anch’esso positiva-mente. Pertanto, considerando le differenze evi-denziate, sembrerebbe che la struttura molecola-re del colorante svolga un ruolo determinante nel-l’adsorbimento su chitosano: il rosso Telon, infatti,che presenta una struttura chimica più compatta emeno carica, quindi più mobile, viene adsorbitoin quantità maggiore e con tempi notevolmenteinferiori rispetto agli altri che contengono più cari-che elettrostatiche ed una componente alifaticamaggiore che rallenterebbe il processo diffusivo.

Influenza del pH

Come illustrato nella figura 4, l’adsorbimento deicoloranti su chitosano, a temperatura costante,per bassi valori di pH in alcuni casi (rosso Astrazone rosso diretto) si riduce, mentre a valori elevati dipH tutti i coloranti mostrano bassi valori di adsor-bimento.La protonazione dei gruppi amminici del chitosanoa pH acidi sembra risultare il maggiore responsabi-le dell’adsorbimento di coloranti aventi cariche ne-gative, quali ad esempio il giallo Remazol ed il ros-

contenuti e lo scopo di questo lavoro è stato quel-lo di caratterizzare ed ottimizzare il processo di ri-mozione di vari coloranti industriali presenti neireflui acquosi. In particolare, sono stati utilizzati icoloranti industriali più rappresentativi: diretti, reat-tivi, acidi, basici, le cui formule di struttura e ca-ratteristiche sono riportate in tabella 1 e figura 2.Parametri quali temperatura, pH, tempi di rimo-zione, ingombro sterico, polarità e dimensione delcolorante, sono considerati fondamentali per carat-terizzare il processo di adsorbimento.

Cinetiche di Adsorbimento

L’andamento della concentrazione del colorantein soluzione, in funzione del tempo, per le quat-tro categorie di coloranti studiate è riportato in fi-gura 3. I diversi tempi necessari per il raggiungi-mento dell’equilibrio probabilmente sono da met-tere in relazione sia al meccanismo di adsorbimen-to che alle caratteristiche dei singoli coloranti.Osservando le curve infatti, si può ipotizzare unimportante ruolo per il processo di diffusione cherallenterebbe l’adsorbimento, oltre alla repulsionedel gruppo amminico protonato nei confronti, in

Adsorbimento di coloranti industriali su chitosano

studi

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Figura 3Cinetiche di adsorbimento di coloranti industriali su chitosano a T=20 °CFonte: ENEA

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Sono stati utilizzati due modelli di isoterme di ad-sorbimento:

Langmuir:

che linearizzata diventa:

Freundlich:

che linearizzata diventa:

dove: a rappresenta la massima quantità di sostan-za che può essere adsorbita dall’unità di peso del-l’adsorbente, b rappresenta la costante di equili-brio dell’adsorbimento mentre k e n sono para-metri empirici relativi alla capacità di adsorbimen-to dell’adsorbente. È evidente che quanto mag-giore è k, tanto maggiore sarà la capacità adsor-bente del materiale. In tabella 2 sono riportati ivalori dei parametri sperimentali ottenuti seguen-do i due modelli di adsorbimento.

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201088

so Telon, come si evince anche dalla letteraturaper il chitosano in forma cross linked [8] e per i me-talli[9]. Anche il fattore sterico potrebbe influenza-re, essendo le molecole di questi coloranti piutto-sto “ingombranti”: in particolare il rosso Telondi struttura meno ramificata potrebbe migrarepiù facilmente verso i gruppi protonati, come sievidenzia anche dalla cinetica più veloce rispet-to agli altri. Per tutti i coloranti, il range ottimale di pH per lareazione di adsorbimento va oltre valori di pH>6, adimostrazione del fatto che il pK della reazione diprotonazione del chitosano è elevato (7.7, secon-do Muzzarelli 1977)[10] e pertanto a questi valoridi pH esisterebbero ancora molti gruppi protona-ti. Valori di pH>8 potrebbero essere quindi impie-gati per ottenere il desorbimento del colorante dalbiopolimero.

Isoterme di Adsorbimento

I risultati delle prove in batch a temperatura costan-te, pH=6 e concentrazioni di colorante compresetra 100 e 300 mg/l sono rappresentati nella figura 5.

Loris Pietrellist

udi &

ricerc

he

Figura 4Influenza del pH sulla percentuale di rimozione del colorante. Ccol=100mg/L, T= 20 °CFonte: ENEA

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 89

Desorbimento

Sebbene il costo del chitosano sia decisamente ri-dotto, il desorbimento del colorante ne consenti-rebbe comunque un riutilizzo fino ad esaurimen-to. Pertanto, considerando che l’incremento delpH sfavorisce il processo di adsorbimento, i test didesorbimento del colorante sono stati eseguiti apH basici: in queste condizioni, i gruppi amminicidel chitosano vengono deprotonati con conse-guente inibizione delle interazioni elettrostatiche,

Dai valori del coefficiente di correlazione R2 èpossibile osservare che nelle condizioni speri-mentali riportate, i quattro coloranti presenta-no un comportamento piuttosto simile tra loro,sebbene il modello di Langmuir approssimi me-glio il fenomeno dell’adsorbimento dei coloran-ti sul chitosano. Le capacità teoriche di adsorbi-mento ottenute secondo il modello di Langmuirsono risultate, inoltre, particolarmente elevatesoprattutto per il Telon red (145 mg/g) e per loScarlatto red (128 mg/g).

Adsorbimento di coloranti industriali su chitosano

studi

& ricerc

he

Figura 5Isoterme di adsorbimento. V = 50 ml, chitosano = 100 mg, T = 20 °CFonte: ENEA

Tabella 2 – Parametri del modelli di Langmuir e Freundlich per il chitosano

Langmuir Freundlich

Colorante T (°C) 1/a 1/ab R2 k 1/n R2

Yellow Remazol 20 0,0102 0,1346 0,9945 42,1401 0,3073 0,9925

Telon Red 20 0,0069 0,0104 0,9888 61,4793 0,2536 0,9613

Astrazon Red 20 0,017 0,9541 0,9958 3,4525 0,5073 0,9358

Scarlatto Red 20 0,0078 0,0161 0,8530 46,2333 0,3486 0,7056

Fonte: ENEA

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distintamente composti organici (grassi) ed inor-ganici (ioni metallici); ciò richiede pertanto unaverifica della presenza di eventuali fenomeni dicompetizione con altri ioni/sostanze presenti inun refluo. Le prove di trattamento di un refluoindustriale reale hanno evidenziato che sono ne-cessarie 1,5 ore per ottenere buoni risultati(>90%) in termini di rimozione del colore, men-tre la rimozione del TOC ancora dopo circa 4 orerisulta inferiore al 40% del valore iniziale (tabel-la 3). Considerando il confronto con le analisispettrofotometriche, il 15% della frazione di TOCrimossa è dovuto alla decolorazione pressochétotale, mentre il restante TOC rimosso può esse-re attribuito agli ausiliari presenti quali ad esem-pio i tensioattivi.

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201090

maggiori artefici dell’adsorbimento delle moleco-le di colorante[8]. Il rosso Telon si desorbe in quantità superiore ri-spetto al rosso diretto (figura 6), in quanto il mi-nore ingombro sterico e la minore carica (SO3

=)presente potrebbe favorire la migrazione verso l’e-sterno, così come favoriva la diffusione verso igruppi amminici protonati.Al contrario, la percentuale di desorbimento delrosso diretto è quasi trascurabile, non variando si-gnificativamente in campo alcalino le condizioniper favorire il meccanismo diffusivo.

Prove con il refluo reale

Il chitosano non è molto selettivo ed adsorbe in-

Loris Pietrellist

udi &

ricerc

he

Figura 6Desorbimento a pH=10 e T= 20 °CFonte: ENEA

Tabella 3 – Rimozione percentuale del colore e del TOC dal refluo reale (pH=8,06, TOC in=889 mg/l. Coloranti rosso Astrazon GTLN e yellow Remazol RR provenienti dal risciacquo di una fibra acrilica

Minuti Colore TOC

90 93.25 4.97

300 96.98 35.34

Fonte: ENEA

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 91

tenere un’ulteriore rimozione del COD e del colo-re, oppure come unico trattamento per reflui me-no “carichi”, come quelli ottenuti dopo le opera-zioni di lavaggio. La scelta del processo di tratta-mento di un refluo dipende, infatti, dalla sua com-plessità: reflui tessili provenienti da operazioni dilavaggio a fine macchina, contenenti soprattuttocoloranti residui, possono essere trattati con unasola operazione unitaria (adsorbimento su chito-sano, ossidazione chimica ecc). Reflui complessi,quali bagni esausti o effluenti misti, a causa del-l’alto carico inquinante, necessitano invece di piùoperazioni primarie in serie.Il costo contenuto, la facilità di gestione e le suecaratteristiche di biocompatibilità ne favorisconocomunque l’impiego, ed in particolare l’uso di chi-tosano cross-linked determinerebbe un sensibilemiglioramento della resistenza meccanica del po-limero, consentendone l’impiego in colonna.

Conclusioni

Le prove di adsorbimento su chitosano in flakeshanno evidenziato un’elevata capacità adsorben-te nei confronti di tutti i tipi di colorante, tranneche per i coloranti basici caratterizzati dalla pre-senza di sali di ammonio quaternario carichi po-sitivamente. La rimozione dei coloranti è influenzata dal tempodi contatto e soprattutto dal pH, a causa della pro-tonazione del gruppo amminico, ed in particola-re l’adsorbimento risulta maggiore a pH<8. L’adsor-bimento dei coloranti è ben approssimato dal mo-dello teorico di Langmuir, dal quale si ricavano ca-pacità di adsorbimento elevate. Sebbene i tempi di contatto siano piuttosto ele-vati, il chitosano in flakes potrebbe essere appli-cato con successo, nel caso di reflui complessi, co-me post-trattamento, poiché consentirebbe di ot-

Adsorbimento di coloranti industriali su chitosano

studi

& ricerc

he

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dal Mondo

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201092

CO2 che producemolecole

energeticheUn team di ricerca dei Sandia Na-tional Laboratories ha creato undispositivo in grado di utilizzareenergia solare concentrata pertrasformare la CO2 in monossidodi carbonio e produrre quindibiocarburanti o altri carburantiliquidi. Il prototipo sarà piena-mente funzionante entro l’annoe si chiamerà Counter RotatingRing Receiver Reactor Recupera-tor (abbreviato in CR5). Chimica-mente il processo rompe il lega-me carbonio-ossigeno dell’ani-dride carbonica, ottenendo mo-nossido di carbonio e ossigenofacilmente riducibili a gas sinte-tico (syngas). Il tutto utilizzandoenergia solare. La macchina si è

cro

nache comportata come previsto al pri-

mo test, la sfida consiste ora nelmigliorare l’efficienza del siste-ma, passaggio fondamentale perfar uscire la scoperta dal labora-torio e cominciare a pensare almercato, cui CR5 potrebbe arri-vare tra una quindicina d’anni.Ottenuti i finanziamenti neces-sari per assicurare la prosecuzio-ne della ricerca, l’obiettivo saràdi realizzare un nuovo prototi-po ogni tre anni, in grado di mo-strare sensibili incrementi di effi-cienza e decrementi di costi ri-spetto al precedente. CR5 è uncilindro metallico diviso in duecamere, in grado di innescaredelle reazioni termo-chimiche suuna superficie di ossido di ferro.Quando l’ossido di ferro è espo-sto a temperature molto alte,s’innescano reazioni che porta-no alla liberazione di molecoledi ossigeno, che vengono poi “ri-prese” quando il materiale si raf-fredda. I due processi avvengo-no in due camere separate e l’os-sigeno recuperato è quello sot-tratto all’anidride carbonica con-tenuta in una delle due camere;in questo modo la CO2 diventaCO (monossido di carbonio).Nella parte centrale del cilindrosi trovano, in serie, 14 dischi diossido di ferro che ruotano su lo-ro stessi compiendo un giro alminuto. I ricercatori sono riuscitia concentrare i raggi del Sole perportare una delle camere a 1.500gradi centigradi, in modo che laparte dei dischi che si trova inquell’area liberi le molecole di os-sigeno. Ruotando, i dischi porta-no la loro “zona calda” nella ca-mera opposta e il raffreddamen-to induce l’ossido di ferro a “ru-bare” molecole di ossigeno allaCOCO2, lasciando nella camera ilmonossido di carbonio. Questopuò essere poi combinato con l’i-drogeno per produrre syngas, dausare come vettore energetico.Gli impianti di rigenerazione diquesti combustibili potrebberosorgere a ridosso di centrali ter-

miche tradizionali, ma anched’impianti industriali produttoridi CO2. Il sistema, secondo i ricer-catori, potrebbe essere un’alter-nativa al sequestro di CO2 sotto-terra: invece di pompare il gassotto il suolo sarebbe così possibi-le usare il sole per ottenere una“combustione inversa” che tra-sforma l’anidride carbonica inmolecole energetiche.Fonte: Galileo net

Studio AIEsul consumo

energetico deidispositivi elettronici

domesticiL’Agenzia Internazionale dell’E-nergia ha recentemente pubbli-cato Gadgets and Gigawatts - Po-licies for Energy Efficient Electro-nics, dedicato al peso crescente,in termini di consumo energeti-co, dei dispositivi elettronici do-mestici (gadget). A fine 2010 cisaranno nel mondo 3,5 miliardidi utenti di telefoni cellulari, 2miliardi di TV e 1 miliardo di per-sonal computer. I dispositivi elet-tronici fanno ormai parte dellavita moderna e nelle case deipaesi più ricchi se ne possonocontare dai 20 ai 30. Ma anchein Africa si stanno diffondendo,ad es. viene usato un telefoninoogni 9 persone. Cresce la popo-larità dei gadget, ma anche laquota consumo energetico (elet-trico) per alimentarli. Il volumeIEA analizza i cambiamenti avve-nuti nel consumo elettrico resi-denziale nell’ultimo decennio enel ruolo giocato dai dispositivielettronici in questo ambito. So-no passate in rassegna le politi-che governative e la loro capa-cità di creare un mercato dei pro-dotti più efficienti dal punto divista energetico e vengono se-gnalate le opportunità per rea-lizzare case dai consumi ridotti eintelligenti.

dal Mondo

CO2 che producemolecole energetiche

Studio AIE sul consumoenergetico dei

dispositivi elettronicidomestici

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nache

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 93

to da CITERA (Centro di ricer-ca Interdisciplinare TerritorioEdilizia Restauro Ambiente del-l’Università di Roma La Sapien-za), ENEA, GSE-Gestore ServiziEnergetici, Ministero per i Be-ni e le Attività culturali (Direz.Gen. per la qualità e la tuteladel paesaggio, l'architettura el'arte contemporanee), e Mini-stero dell'Ambiente.Tre le tipologie di progetti am-messi al concorso: un oggettoche produce energia solare; unelemento di un sistema (adesempio una fotocellula); l'i-deazione di un impianto chesoddisfi la richiesta energeticadi un'intera isola.Vi possono partecipare studen-ti di architettura, ingegneria oindustrial design, professioni-sti, industrie, società di proget-tazione. I risultati più aderen-ti all'obiettivo del bando servi-ranno a promuovere l'innova-zione e il trasferimento di co-noscenze, nonché lo sviluppoindustriale di componenti ido-nei alla configurazione di nuo-ve soluzioni compatibili. Infat-ti, ai premi in denaro (di entitànon rilevante) per i primi e se-condi classificati delle catego-rie studenti e professionisti, siaggiunge la possibilità, per iprimi classificati tra gli studen-ti, di uno stage di 6 mesi pressoil GSE a Roma, mentre l'ENEAvaluterà la possibilità di inge-gnerizzare presso i suoi labo-ratori di ricerca l'idea vincen-te. La Direzione PaBaac del Mi-nistero dei Beni Culturali, inol-tre, pubblicherà i progetti vin-citori sul proprio sito web, qua-li esempi di buone pratiche.È possibile partecipare al con-corso inviando i progetti dal 13aprile fino al 6 settembre pros-simo, nelle modalità indicatenel bando disponibile sul sitowww.marevivo.it e sui siti de-gli Enti che hanno sottoscrittoil protocollo di intesa.La premiazione dei progetti ri-

tenuti migliori si svolgerà il 16ottobre a Capri, dove il proget-to (realizzato con il contributodella Regione Campania e il so-stegno dei Comuni di Capri eAnacapri) ha preso il via.Fonte: marevivo.it

Produzione piùeconomica deibiocarburanti

Nonostante abbiano registra-to rapidi progressi negli ultimianni, i biocarburanti ottenutidalla cellulosa (ossia la cosid-detta “seconda generazione”)non sono ancora riusciti ad es-sere competitivi commercial-mente, a causa dei costosi pro-cessi di produzione. Adesso, in-fatti, si procede alla produzio-ne attraverso l'idrolisi enzima-tica dei polisaccaridi, che ha bi-sogno di pre-trattamenti ter-mochimici e meccanici in gra-do di incidere per più del 30%sul costo del biocarburante.La rivista scientifica PNAS harecentemente pubblicato unostudio che indica una via all'ab-battimento di questi costi. Lostudio, effettuato da un grup-po di ricercatori del Diparti-mento di Biologia vegetale del-l’Università La Sapienza di Ro-ma, esaminando le interazionitra i microrganismi patogeni ele piante, afferma di aver com-preso come modificare la strut-tura della parete cellulare ve-getale in modo tale da rende-re più semplice l'estrazione de-gli zuccheri. L'idea è stata quel-la di modificare la pectina co-me normalmente fanno i mi-crorganismi che attaccano i tes-suti vegetali, con il risultato direndere le cellule più trattabiliper la bioconversione industria-le. Infatti, le pareti cellulari rap-presentano il 70-80% delle cel-lule vegetali e sono in grado difornire la quantità di zuccheri

dall?Italia

dall’Italia

Energia solare per leisole minori italiane:

concorso di ideelanciato da Marevivo

Produzione più economica dei

biocarburanti

Padova: il fotovoltaicova a scuola

In costruzione ad Arezzo il primo

idrogenodotto urbano

Energia solare perle isole minori

italiane: concorso diidee lanciato da

Marevivo“Energia solare per le isole mi-nori italiane” è il tema di unconcorso mirato a generare ea raccogliere idee e propostesu dispositivi, impianti o siste-mi impiantistici innovativi, ri-volti all'utilizzo dell'energia so-lare, applicabili al contesto del-le isole minori italiane, in Co-muni fino a 15.000 residenti.A lanciarlo è una larga intesatra numerose istituzioni e l'as-sociazione ambientalista Ma-revivo, che promuove il concor-so stesso. Il concorso è sostenu-

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dall’Italia

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201094

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nache necessaria alla produzione di

bioetanolo. Dal punto di vistastrutturale la parete è compo-sta da fibrille di cellulosa intrap-polate in lunghe catene di po-lisaccaridi chiamate emicellulo-se che sono tenute insieme, aloro volta, da un altro polisac-caride, la pectina, che funzionada “collante”, per manteneremolto compatta la parete. Pro-prio la compattezza della strut-tura rende difficile e dispendio-so dal punto di vista economi-co l'ottenimento e l'estrazionedegli zuccheri semplici da utiliz-zare per la fermentazione alco-lica. Utilizzando due differentiapprocci di tipo genetico – han-no spiegato i ricercatori roma-ni – si ottengono piante mag-giormente predisposte al pro-cesso di saccarificazione.Il primo approccio è stato di ti-po genetico: inserendo nellecellule vegetali un gene espres-so normalmente nei funghi, iricercatori hanno potuto inibi-re attraverso di esso il proces-so che consente il legame pec-tina-emicellulosa. Il secondometodo ha, invece, previsto lasomministrazione alla piantadi una sostanza in grado di ini-bire la reazione chimica cheporta al legame in preceden-za citato. Risultati che, tradot-ti sul piano industriale, limite-rebbero non poco i costi di la-vorazione per la produzionebiocarburanti.Fonte: Università Sapienzadi Roma, Dip. Biologia vegetale,prof. Cervone

Padova: il fotovoltaico

va a scuolaEntro il 2010 in 20 istituti scola-stici del Comune di Padova, dainidi alle medie, verranno instal-lati 29.000 m2 di pannelli foto-voltaici che produrranno circa

500 kW di picco di energia. IlComune sta realizzando il pro-getto definitivo delle installa-zioni con il quale potrà rivedereil contratto di efficienza ener-getica con ACEGAS-APS, che sifarà carico dei lavori benefician-do però di incentivi statali e te-nendosi l'energia prodotta.Installare i pannelli fotovoltai-ci sui tetti degli edifici scolasticicosterà ad ACEGAS-APS 2 mi-lioni e 500 mila euro, ma l'ope-razione consentirà di usufruiredi un 5% in più di incentivi sta-tali da inserire in conto energiaprevisti per la realizzazione diimpianti fotovoltaici su scuolee strutture ospedaliere.

In costruzione adArezzo il primoidrogenodotto

urbanoDa una partnership pubblico-privato è sorto nella zona indu-striale di Arezzo il primo idro-genodotto sotterraneo al mon-do in area urbana, per la coge-nerazione di energia elettricae calore per uso artigianale edomestico. Attraverso un per-corso di 1.000 metri di tubazio-ni del diametro di 10 cm, che sisnodano a una profondità dicirca 1,2 m, fluirà idrogeno pu-ro: ogni ora circa 16 m3 di gasa 3 atmosfere per un totale di53.000 m3 all'anno, destinatialle aziende orafe di Arezzo,all'HydroLAb (laboratorio di-mostrativo per l'idrogeno e leenergie rinnovabili, equipag-giato con due celle a combusti-bile da 1 kW e un impianto fo-tovoltaico per la produzione diidrogeno rinnovabile tramiteelettrolisi dell'acqua) e, prossi-mamente, anche alle abitazio-ni della zona di San Zeno.L'obiettivo del progetto “Idro-geno per Arezzo” è quello diaumentare il numero delle

aziende fornite e di arrivare aderogare almeno 100.000 metricubi. Sfruttando le peculiaritàdel distretto orafo di Arezzo(caratterizzato da oltre 700operatori artigianali ed indu-striali che già nel passato utiliz-zavano l'idrogeno per i loroprocessi produttivi), si sono po-tute creare le migliori condizio-ni per sperimentare le poten-zialità dell'idrogeno nella co-generazione di energia elettri-ca e calore, sia per l'utenza do-mestica che quella artigianale. La prima fase del progetto ri-sale all'aprile 2004 quando Re-gione Toscana, Provincia e Co-mune di Arezzo, Gruppo Sa-pio, Arcotronics Fuel Cells (og-gi Exergy Fuel Cells) e Coope-rativa del Sole hanno firmatol'“Accordo territoriale volon-tario inerente la realizzazionedi un progetto dimostrativo siaper l'utilizzo industriale che co-me vettore energetico dell'idro-geno ad Arezzo in Località SanZeno. La Regione Toscana hacofinanziato con un contribu-to di 400.000 euro sul totale di1,2 milioni di euro. Il Comuneha messo a disposizione i ter-reni. La Fabbrica del Sole hacoordinato tutto il progetto erealizzato l'HydroLAb, il COIN-GAS (consorzio pubblico deiComuni aretini per la distribu-zione del gas metano) ha rea-lizzato la tubazione, il GruppoSapio ha attuato il sistema didistribuzione dell'idrogenomentre Arcotronics Fuel Cellsha fornito ed installato le cellea combustibile. Delle numerosecondotte, esistenti al mondoper il trasporto dell'idrogenogassoso, lunghe talora centi-naia di km, nessuna è destinataalla distribuzione cittadina pres-so utenze disseminate. Il siste-ma di tubazioni consente di ot-timizzare la logistica e garanti-sce al territorio sicurezza ed au-tosufficienza energetica.Fonte: www.idrogenoarezzo.it

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nache

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010 95

Progetto pilota in scuole medie di La Spezia per

valorizzarele disciplinescientifiche

Per arginare il calo delle imma-tricolazioni nelle facoltà tecno-logico-scientifiche e creare neigiovani maggior interesse ver-so tali discipline, l’istituto secon-dario di primo grado “Mazzi-ni” di La Spezia, la Confindu-stria spezzina e l’ENEA hannopromosso un progetto pilotarivolto a studenti del primobiennio di licei classici e scien-tifici e delle classi terminali del-la media inferiore, che ha co-me obiettivo primario quello diindirizzare gli studenti verso un

percorso di crescita culturaletecnico-scientifica. È stato indi-viduato nella regione un Sitodi Importanza Comunitaria(SIC), quello di Maralunga, co-me luogo ideale per intrapren-dere questo percorso di ricercaattraverso un’analisi biologicae geologica del sito (raccoltadati, classificazione di flora efauna, riconoscimento dellerocce, valutazione dell’impat-to antropico ecc.). Il progettoallarga le proprie finalità stu-diando e progettando sistemidi energia rinnovabile, capacidi autosostenere le strutture diproprietà della Marina Milita-re presenti all’interno del SIC.Iniziando con un audit energe-tico sulle strutture della Mari-na Militare, al fine di insegna-re agli studenti le modalità diraccolta, analisi ed elaborazio-ne di dati energetici, si prose-guirà progettando interventidi razionalizzazione energeti-ca sia elettrica che termica, uti-lizzando fonti rinnovabili (so-lare termico, eolico, fotovoltai-co), integrato con le tecnologiepiù efficienti per l’illuminazio-ne (led, sensori di presenza ecc.)e con una gestione intelligen-te ed energeticamente efficien-te del sistema. Saranno coinvol-ti anche istituti tecnici e profes-sionali (geometri, periti) con lasimulazione di un progetto vir-tuale per la realizzazione di unporticciolo turistico che permet-ta agli studenti di acquisireesperienza nel progettare uti-lizzando tecniche, materiali esistemi che minimizzano l’im-patto della struttura sul terri-torio. All’attività didattica sonoassociate iniziative che preve-dono uscite guidate presso di-stretti industriali e centri di ri-cerca. Al progetto, in specifichefasi, partecipano ARPA Liguriaper la fase naturalistica, ACAMdi La Spezia per le fonti rinno-vabili, svolgendo anche attivitàdidattica direttamente sul terri-

torio provinciale con visite gui-date a campi eolici e fotovol-taici. L’obiettivo, oltre a stimola-re la curiosità dei ragazzi nellematerie scientifiche, è anchequello di avvicinare i ragazzi al-la conoscenza dell’energia, didiffondere la cultura dell’effi-cienza energetica e di stimola-re il lavoro in team tra gli stu-denti. Sarà infine realizzato unsito internet per rendere dispo-nibili agli studenti delle scuolepartecipanti al progetto leesperienze, i risultati consegui-ti e le attività didattiche svolte.(Antonio Mori, Stefania Martini)

Visita in Italiadella delegazione

del GAOIl 30 aprile si è svolto un incon-tro con una delegazione delGovernment AccountabilityOffice (GAO) degli Stati Unitisullo stato di attuazione degliaccordi di cooperazione in ma-teria di energia nucleare civile.Il GAO è un’agenzia indipen-dente che opera per il Congres-so americano e che tra i suoicompiti annovera lo studio de-gli accordi esistenti tra gli StatiUniti e le altre nazioni in mate-ria di nucleare a scopi pacifici.La delegazione italiana eracomposta da rappresentanti delMin. degli Affari Esteri, del Min.dello Sviluppo Economico, delMin. dell’Interno, dell’ISPRA edell’ENEA. L’incontro si è artico-lato in due fasi: una riunionepresso il MAE nel corso dellaquale le istituzioni italiane han-no presentato le attività sullagestione del materiale nuclea-re; una visita presso gli impian-ti nucleari del Centro ENEA Ca-saccia, orientato, in particolaresugli aspetti della nuclear secu-rity. Un rapporto relativo a tut-ti i Paesi visitati sarà presentatodalla GAO nei prossimi mesi.Fonte: RELINT

dall’ENEA

dall’ENEA

Progetto pilota in scuole medie di La Spezia per

valorizzare le disciplinescientifiche

Visita in Italia delladelegazione del GAO

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2010

Eventi

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/201096

TERRA FUTURA,mostra convegno

delle buonepratiche di

sostenibilitàDal 28 al 30 maggio si è svol-ta la settima edizione di TerraFutura, che ha registrato piùdi 92.000 visitatori. A Terra Futura si è parlato disviluppo sostenibile, biodiver-sità, cambiamenti climatici edel ruolo dell’agricoltura, dieconomia verde e green wa-shing, responsabilità socialed’impresa, coesione sociale,donne e sviluppo sostenibile,finanza pulita, azioni contro lapovertà e l’esclusione, sfide delWorld Social Forum, accesso al

cro

nache

credito, azionariato critico, ar-mi e finanza, pianificazione so-stenibile delle nostre città, le-galità e lotta alle mafie, web edemocrazia.Terra Futura per molte realtà èstata anche un’opportunità disocial e green business: attra-verso un calendario di 700 in-contri one to one, la “Borsadelle imprese responsabili” hamesso in contatto 110 realtà(aziende, pubblica amministra-zione, associazioni e coopera-tive) intervenute per concorda-re partnership, proporre i pro-pri servizi e prodotti, cercarefornitori socialmente e ambien-talmente responsabili. Grazie a precise scelte e azioniresponsabili, Terra Futura è sta-ta laboratorio di sostenibilitàessa stessa anche in quantoevento: carta certificata FSC peri materiali di comunicazione,gadget in plastica riciclata omateriali da recupero, ristora-zione equosolidale e biologi-ca, stoviglie biodegradabili, rac-colta differenziata, mezzi ditrasporto sostenibili, azzera-mento delle emissioni di CO2ecc. Terra Futura è infatti“evento green di eccellenza”,come conferma il PremioGreenmeeting ricevuto da Ita-lia For Events (IFE). Ufficio stampa Terra Futura: [email protected]

Le opportunitàdella ricerca

industriale italiananel settore

dell'energiaNell’ambito della Giornata AI-RI (Associazione Italiana per laRicerca Industriale) per l’inno-vazione industriale, tenutasi aRoma il 6 maggio scorso, sonostate illustrate le opportunitàdella ricerca italiana nel setto-

re dell’energia. Sono state pre-sentate le tecnologie che giànel medio-breve periodo tro-veranno applicazioni industria-li e anticipate ricerche in gra-do, nel medio-lungo termine,di generare innovazioni signi-ficative che possono produrrediscontinuità tecnologiche talida trasformare il settore. In am-bedue i casi, ha affermato ilpresidente AIRI Renato Ugo,occorre sostenere le ricerche dasubito, con un quadro di riferi-mento di politica energeticachiaro e condiviso.Aperti i lavori da Giovanni Lel-li, Commissario ENEA, si sonoalternate le presentazioni sul-le nuove tecnologie e i mate-riali avanzati (ENEA, INSTM,CSM), sulle prospettive nel fo-tovoltaico (Eni, STMicroelectro-nics e CRP - Gruppo Fiat) e infi-ne sulle evoluzioni nel campodell’energia eolica e del mare(Enel).A chiusura dei lavori è stato as-segnato ad Eni il Premio “OscarMasi 2009 per l’innovazione in-dustriale” per la ricerca di tec-nologie innovative nel campodelle energie rinnovabili e, inparticolare, del fotovoltaico. Ilprogetto vincitore riguarda losviluppo di concentratori solariluminescenti che, sfruttandoparticolari convertitori di spet-tro, riescono ad abbattere di 4volte il costo di produzione dienergia solare e migliorano ilrendimento delle celle fotovol-taiche sfruttando in modo ot-timale lo spettro di luce. L'invenzione permette di utiliz-zare ampie superfici di mate-riali a basso costo (le lastre fo-toluminescenti) per concentra-re la luce su piccole superfici dimateriali di costo elevato (lecelle solari). La produzione in-dustriale di tale sistema foto-voltaico potrà offrire, secondoEni, concrete prospettive appli-cative e importanti ricaduteeconomiche.

Eventi

TERRA FUTURA, mostra convegno delle

buone pratiche disostenibilità

Le opportunità dellaricerca industriale

italiana nel settoredell'energia