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Export... or not to export? Guida all'export USA: Cosa chiede la FDA? L'HACCP esiste ancora? Di quale fornitore darsi?

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Export... or notto export?Guida all'export USA: Cosa chiede laFDA? L'HACCP esiste ancora? Di qualefornitore �darsi? 

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Introduzione

L'autore

FSMA: caro importatore ti scrivo…

HACCP, GMP, GHP, PRP, FSMS e la Sicurezza Alimentare

HACCP vs HARPC

Esportazione negli Usa: come controllare il pericolomicrobiologico

USA: Come capire di quale fornitore ci si può fidare?

Allergen preventive controls: cosa chiedono gli americani

Vuoi saperne di più sull'Export USA?

Indice dei contenuti

Nel 2016 Il Made in Italy negli Stati Uniti vale 3.8 Miliardi di Euro

ovvero il 10% circa dell’intero export italiano nel mondo. Gli Stai Uniti

sono al 3 posto, dopo Germania e Francia, quali migliori buyer dei nostri

prodotti (al quarto posto la Gran Bretagna). I prodotti più apprezzati oltre

oceano sono:

A questi risultati ha fortemente partecipato l’amministrazione Obama

che, negli ultimi 8 anni, ha fatto registrare una crescita dell’export

italiano negli Stati Uniti del 73% e i primi dati del 2017 indicano ancora

un trend positivo. 

Questi dati ISTAT elaborati da Coldiretti (1) indicano chiaramente che il mercato

verso gli Stati Uniti è più vivo che mai nonostante il cambio di amministrazione

che sembra non preoccupare gli addetti ai lavori,

forti anche dell’apprezzamento dei prodotti italiani sul mercato statunitense.

Introduzione

Non dimentichiamo inoltre che l’Unione Europea sta negoziando dal 2013 con gli

Stati Uniti un accordo di partenariato sul commercio e sugli investimenti (TTIP

(2)) che, nel bene e nel male, faciliterà gli scambi commerciali con un impatto

importante su un mercato (UE e USA) che rappresenta il 50% del PIL mondiale. 

Il 2016 ha visto anche l’inizio dell’applicazione del Food Safety Modernization Act

(FSMA) la cui genesi è iniziata nel 2011 e che prevede una serie di aggiornamenti

normativi volti a prevenire i pericoli legati alla sicurezza alimentare.  

Manuela Vinay, Food Safety Expert e Lead Instructor per i corsi PCQI.

Collabora con il Gruppo Maurizi SrL dove è cresciuta professionalmente

assistendo le aziende alimentari per le diverse certificazioni in ambito Food (BRC,

IFS ecc).

Lead Auditor per la ISO 9001 e ISO 22000 per l’ente di certificazione Bureau

Veritas. 

Collabora con la rivista “Alimenti & Bevande” e “Cibaria”, ed è autrice del libro “Il

Manuale di Autocontrollo HACCP” edito dalla EPC periodici.  

Micologa, ha conseguito un Dottorato di ricerca in Biotecnologie dei funghi e un

Corso di Perfezionamento in Igiene e Tecnologie Alimentari.

L'autore

Sarebbe tuttavia meglio dire “caro importatore ti rispondo”; alcune (forse tutte)

le aziende che hanno rapporti commerciali con gli U.S.A. e che

importano/importeranno alimenti  in quel mercato, in questi giorni stanno

ricevendo delle comunicazioni da parte dei propri importatori sul territorio U.S.A.

che risuonano come un campanello d’allarme.

 

 

Il sunto di quanto scritto in queste comunicazioni è che le aziende devono

fornire agli importatori le garanzie necessarie per poter esportare i prodotti (il

tutto entro il 31 Maggio 2017); tali garanzie possono essere riassunte nei

FSMA: caro importatore tiscrivo…

seguenti punti:

Modificare le tabelle nutrizionali e adattarle alla nuova normativa;

Identificare un PCQI e completare il Food Safety Preventive Control Plan;

Gestire e ridurre al minimo il rischio di cross-contamination da allergeni;

Adeguarsi ai requisiti del FSVP;

Aggiornare la propria registrazione sul sito dell’FDA;

 

Niente panico! Tali comunicazioni sono solo l’effetto di una sovrapposizione di

scadenze.

Il FSVP è una norma il cui rispetto compete agli importatori e per la quale essi

devono fornire documentazione alla FDA.

La scadenza dell’applicazione si è verificata appunto lo scorso 31 Maggio, data

entro la quale gli importatori hanno avuto l’obbligo di soddisfarne tutti i

requisiti.

Tuttavia vi sono delle precisazioni da fare; questa data è stata pianificata circa 8

mesi dopo la scadenza imposta alle aziende per adeguarsi ai nuovi obblighi

dell’FSMA (Settembre 2016), perciò con un certo filo logico.

Non si è però tenuto conto delle deroghe previste per le piccole aziende

(presumibilmente il 99% delle aziende non operanti su suolo Statunitense) le

quali hanno avuto un anno in più di tempo per ottemperare alle novità

normative (Settembre 2017).

 

Si è creato quindi un apparente paradosso per il quale gli importatori stanno

chiedendo documenti e aggiornamenti per i quali non è ancora arrivata la data

ultima di adeguamento.

C’è da dire che gli importatori sanno perfettamente che molte aziende non

hanno ancora ottemperato agli obblighi del FSMA.

Questo traspare anche dal tono delle comunicazioni inviate che utilizzano molto

spesso il condizionale (should, could ecc.), ad indicare non tanto un obbligo

quanto una cortese richiesta.

Probabilmente la richiesta scaturisce dalla necessità di reperire i documenti al

più presto possibile, soprattutto per evitare l’accumularsi di scartoffie nei pressi

della data di scadenza.

Quello che le aziende possono/devono fare in questo caso èsolamente fornire i documenti già in loro possesso, comunicandoinoltre che la documentazione mancante sarà inviata, non appenapronta, entro la scadenza stabilita di Settembre 2017.

 

Per inciso, le novità relative alla tabella nutrizionale dovranno essere applicate

(sempre per le piccole aziende) a partire dal Luglio 2019, quindi ben oltre le

scadenze che abbiamo finora discusso.

È perfettamente legittimo infatti, fino a tale data, commercializzare alimenti con

la vecchia tabella nutrizionale.

Il mondo dell’Import Statunitense, come abbiamo visto, sta certamente

attraversando un momento di subbuglio, soprattutto alla luce delle tante novità;

quello che si sta portando avanti è un percorso che coinvolge tanto le aziende

quanto gli importatori e solo con la massima trasparenza e collaborazione si

potrà arrivare al traguardo!

 Gestione dei documenti per la SicurezzaAlimentare

Finalmente l’Unione Europea fa chiarezza 

 

Per gli addetti ai lavori HACCP, GMP, GHP, PRP, FSMS sono sigle note, ma tuttora a

volte confuse o utilizzate impropriamente, anche dai più esperti.

Una relazione del FVO (Food Veterinary Office, “Better HACCP Implementation”) ha

messo in evidenza luce e ombre di circa 15 anni di applicazione del sistema

HACCP nell’Unione Europea offrendo notevoli spunti di miglioramento.

D’altra parte la FDA con il suo FSMA (Food Safety Modernization Act)  o le note

norme volontarie private quali BRC e IFS fino alla norma internazionale per la

sicurezza alimentare ISO 22000, vanno tutte nella medesima direzione: fare

chiarezza e distinzione fra ciò che comprende o precede un efficace Sistema di

Gestione per la Sicurezza Alimentare.

Prima di addentrarci nella presentazione commentata dei singoli argomenti, ci

preme mettere in evidenza che, chi è da tempo abituato a progettare Manuali per

la gestione della Sicurezza Alimentare a certi livelli (es. secondo le norme BRC,

IFS e ISO 22000), troverà questo documento della Commissione quasi ovvio.

Ma la “piccola rivoluzione” è proprio questa: portare i concetti più fondanti e

HACCP, GMP, GHP, PRP, FSMS ela Sicurezza Alimentare

solidi della Sicurezza Alimentare ad un livello accessibile e condivisibile da tutti

gli addetti ai lavori, soprattutto per le Autorità competenti del settore alimentare

cui è principalmente rivolto questo documento.

 

Le novità e i contenuti 

Introduzione del concetto di PRP e Distinzione e legame fra FSMS, PRP, GHP,

GMP e Sistema HACCP

Il sistema HACCP è “solo” quello che parte dai passi preliminari fino

all’applicazione dei 7 principi  come da Codex Alimentarius.

Prima però di individuare un gruppo di lavoro che descriva il prodotto e ne

analizzi i possibili e probabili pericoli al fine di una loro gestione, è necessario

avere delle condizioni ambientali, infrastrutturali e comportamentali necessarie

e ovvie per la produzione di alimenti in modo sicuro.

In letteratura questi “programmi” o  “metodi” sono stati chiamati in diversi modi

creando a volte confusione.

Le “famose” GMP o Buone prassi di lavorazione (Good Manufacturing Practise) 

oppure le GHP (Good Hygiene Practise) ecc. (nell’appendice 1 sono descritte

tutte), insieme alla dovute e opportune condizioni strutturali nonché

comportamentali da parte degli operatori, costituiscono, in una parola sola, i PRP

ovvero i Programmi di Prerequisiti necessari per la definizione di un solido FSMS

(Food Safety Management System).

Di fatto quanto contenuto nell’Allegato II del Reg CE 852/04 è un elenco, non

esaustivo, di PRP.

 

Elementi di un sistema di gestione per la sicurezza alimentare (FSMS)

Gli  elementi necessari e minimi per la progettazione di un Sistema di Gestione

per la Sicurezza Alimentare (Food Safety management System) sono quindi i PRP

(Prerequisite Program) che comprendono tutte le precedenti sigle (GMP, GHP ecc)

e che riguardano anche sia la gestione degli ambienti di lavoro (infrastrutture,

attrezzature ecc) sia il personale (rispetto norme comportamentali e procedure).

Ma sono necessarie anche altre condizioni definite dal Sistema di Gestione per la

Sicurezza Alimentare (FSMS), come ad esempio la modalità di qualifica e gestione

dei fornitori, le procedure di sanificazione,  la lotta agli infestanti, ecc.

Un Sistema di gestione per la Sicurezza Alimentare (FSMS) non può essere

completo senza la sua opportuna e dovuta procedura di gestione della

Rintracciabilità e Ritiro e Richiamo ai sensi del Reg CE 178/02, che non è un PRP,

ma un adempimento normativo importante e fondamentale al quale è giusto

dare la doverosa enfasi.

Di seguito una rappresentazione grafica presente nel documento della

Commissione Europea che schematizza un Sistema di Gestione per la Sicurezza

Alimentare (FSMS).

Devono rientrare in questo schema tutti i Sistemi, dalle realtà più piccole a

quelle più complesse con le dovute e necessarie distinzioni (si veda il concetto di

Flessibilità di seguito illustrato).

 

Flessibilità nell’applicazione dei PRP  e dei Sistemi HACCP

Il Documento della Commissione Europea chiarisce subito che la Flessibilità,

tanto richiesta dagli addetti ai lavori, era già presente nel Reg CE 852/04, e che lo

stesso Regolamento si presenta in più parti volutamente generico proprio per

dare spazio alla giusta interpretazione nelle diverse situazioni.

La professionalità di chi progetta Sistemi di Gestione per la Sicurezza Alimentare

(FSMS) e di chi li controlla è proprio quella necessaria alla definizione del giusto

livello di richieste e relativa applicazione.

Flessibilità significa “garantire la proporzionalità nelle misure di controllo,adeguandole alla natura e alle dimensioni dello stabilimento”.

Non significa quindi “eliminare”  o non valutare determinate situazioni e pericoli.

In quest’ottica è possibile quindi che una accurata valutazione possa portare alla

definizione di un Sistema di Gestione per la Sicurezza Alimentare che si basa

solo ed esclusivamente su PRP  (che abbiamo visto possono essere molti e di

diversa natura) senza l’identificazione di CCP.

Chi andrà alla ricerca del binomio: Flessibilità = assenza di controlli rimarrà

deluso.

La Flessibilità espressa dal Documento della Commissione Europea infatti non si

pone l’obiettivo primario di ridurre i CCP, né di compromettere la solidità di un

Sistema per la Sicurezza Alimentare.

Attraverso questo capitolo e il successivo Allegato III, gli addetti ai lavori sono

invitati ad una realistica e concreta valutazione e applicazione dei PRP e del

sistema HACCP anche nelle realtà più semplici e piccole senza rincorrere

semplificazioni riduttive che portano all’assenza di registrazioni senza le

opportune valutazioni.

Un’attenta lettura dell’Allegato III sottolinea infatti come Flessibilità significa

rispettare tutta una serie di Raccomandazioni riportate nel cap.4.4 dell’Allegato

stesso che chiudono ogni possibilità a chi cerca una facile via di fuga e

semplicistica per le piccole realtà commerciali e produttive.

 

Conferma dei ruoli dei Manuali di Corretta Prassi Igienica

I Manuali di Corretta Prassi Igienica, soprattutto quelli validati dai relativi organi

di controllo (per l’Italia il Ministero della Salute), sono un valido supporto e

termine di confronto e paragone sia per chi progetta Sistemi di Gestione per la

Sicurezza Alimentare, sia per chi li deve controllare.

Questo tipo di documenti proprio per la loro caratteristica di essere stati redatti

da associazioni specifiche di categoria, possono essere un valido aiuto

soprattutto per l’analisi dei pericoli e la loro valutazione al fine di trovare un

punto di incontro in caso di disaccordo fra le parti.

 

Chiara relazione con alcune norme internazionali (Codex Alimentarius e ISO

della serie 22000)

Il Documento della Commissione Europea richiama chiaramente quanto espresso

dal Codex Alimentarius per quanto riguarda il sistema HACCP e richiama inoltre

le norme della serie ISO 22000 per la definizione e applicazione dei PRP.

Al fine di una ulteriore trasparenza per la corretta interpretazione e applicazione

dei Sistemi per la Gestione della Sicurezza Alimentare (FSMS) la Commissione

chiarisce che gli orientamenti forniti sono in linea con le norme internazionali

citate (Codex Alimentarius e ISO 22000) e che queste norme possono essere

utilizzare come “ulteriore fonte di ispirazione per l’applicazione di un FSMS”.

 

Maggior chiarezza sul ruolo della Formazione degli addetti e dell’OSA

La formazione rimane la chiave di volta per l’ottimizzazione di un sistema di

gestione per la Sicurezza Alimentare.

In questo contesto è ribadita la necessità di distinguere i diversi livelli della

formazione per le diverse mansioni e la necessità di istruire OSA e Resp. HACCP

sui principi che supportano un Sistema di Gestione per la Sicurezza Alimentare

compresi i PRP.

 

Ulteriori approfondimenti negli allegati riguardano:

I PRP: esempi concreti e pratici. Allegato I

L’allegato è un’ottima guida per comprendere  in maniera  molto pratica quali

sono i PRP ovvero quei programmi necessari ma non sufficienti per l’applicazione

di un Sistema di Gestione per la Sicurezza Alimentare.

Di fatto l’elenco commentato comprende quanto già definito e previsto

dall’Allegato II del Reg CE 852/04 e altro a completamento.

Per ulteriore chiarezza di termini, si riporta nelle note la definizione di PRP

presente nella norma internazionale ISO 22000:2005   a cui far riferimento anche

il presente documento.

 

HACCP, i 7 principi e i passi preliminari: orientamento per la loro applicazione

(con introduzione del concetto di PRP operativo e distinzione da CCP). Allegato

II

In questo Allegato è ripresentato il sistema HACCP e la sua realizzazione con la

differenza che è introdotto il concetti di PRP operativo quale modalità alternativa

ai CCP in alcune situazione.

Non è purtroppo presente nel Glossario (appendice 1) una definizione univoca di

PRP operativo che viene presentato quasi come una “via di fuga” per quelle

situazioni ove non è possibile identificare un limite critico.

La dissertazione presentata piacerà molto gli addetti ai lavori, noi ci limitiamo a

consigliare di andare a leggere la definizione di PRP operativo presente nella ISO

22000:2005 rispetto alla definizione di CCP.

La distinzione per la categorizzazione di una fase come CCP o come PRP

operativo sta nella certezza (nel caso del CCP) o nella probabilità (PRP operativo)

che si introduca un pericolo reale in una determinata fase.

 

Flessibilità nell’applicazione dei Regolamenti Europei per i sistemi di gestione

per la  Sicurezza Alimentare (FSMS e HACCP).  Allegato III

Ampio spazio è dato nel Documento al concetto di Flessibilità per l’applicazione

reale e concreta di tutti i principi enunciati anche nelle realtà più semplici e

piccole.

Si rimanda a quanto precedentemente descritto per il commento e ad una

lettura critica dell’intero Allegato.

 

Glossario con i nuovi termini introdotti (appendice 1).

Il Glossario è un aiuto fondamentale per fare chiarezza fra le diverse parole che

gravitano in tutti i Sistemi di Gestione per la Sicurezza Alimentare.

Sono presentate definizioni importanti quale ad esempio “Convalidare” 

“Sorvegliare” e “Verificare”; GMP e GHP ma anche PRP; FSMS e HACCP.

Purtroppo questo glossario non contiene la definizione di PRP operativo per il

quale si rimanda  alla definizione compresa nella ISO 22000:2005 descritta nella

nota 3 di questo articolo.

 

Esempio di matrice per la valutazione dell’analisi dei pericoli e albero delle

decisioni con introduzione PRP operativi (appendice 2 e 3)

Per completezza all’ottima trattazione presentata dalla Commissione Europea

con questa Comunicazione, non poteva mancare un esempio di matrice per la

valutazione quali e quantitativa dei pericoli e relativa probabilità di accadimento.

La matrice prescelta proviene da due  documenti (FAO/OMS) citati.  Di seguito si

riporta il metodo proposto.

P = probabilità= la probabilità che il pericolo si verifichi nel prodotto finale se lemisure di controllo specifiche considerate sono assenti o carenti, tenendo contodelle fasi successive del processo in cui è possibile procedere a un’eliminazione

o a una riduzione a livelli accettabili e dei PRP già attuati correttamente.

E = effetto= l’effetto o la gravità del pericolo per la salute umana.

PRP, programma di prerequisiti: Condizioni e attività di base (della sicurezza

alimentare) necessarie per mantenere un ambiente igienico lungo tutta la filiera

alimentare idoneo alla produzione, gestione e fornitura di prodotti finiti sicuri  e

alimenti sicuri per il consumo umano. Nota I PRP necessari dipendono dal

segmento della filiera alimentare in cui opera l'organizzazione e dal tipo di

organizzazione. Esempi di termini equivalenti sono: Buona pratica agricola (GAP),

Buona pratica veterinaria (GVP), Buona pratica di lavorazione (GMP), Buona

pratica igienica (GHP), Buona pratica produttiva (GPP), Buona pratica di

distribuzione (GDP) e Buona pratica commerciale (GTP).

 

PRP operativi; programma di prerequisiti operativo: PRP  identificato dall'analisi

dei pericoli come essenziale per controllare la probabilità di introdurre pericoli

per la sicurezza alimentare e/o la contaminazione o proliferazione di pericoli per

la sicurezza alimentare nel/i prodotto/i o nell'ambiente di lavorazione.

CCP; punto critico di controllo: Fase (della sicurezza alimentare) in cui può

essere applicato il controllo e che è essenziale per prevenire o eliminare un

pericolo per la sicurezza alimentare o ridurlo a un livello accettabile

PROBABILITÀ

1 = molto bassa

— Possibilità teorica – il pericolo non si è mai verificato in precedenza;

 

— nel processo produttivo esiste una fase successiva che eliminerà o ridurrà il

pericolo a un livello accettabile (ad esempio la pastorizzazione o la

fermentazione);

 

— la misura di controllo o il pericolo sono di natura tale che, quando la misura di

controllo è carente, non è più possibile continuare la produzione o i prodotti finali

non sono utili (ad esempio concentrazione troppo elevata di coloranti quali

additivi);

 

— si tratta di una contaminazione molto limitata e/o locale.

 

2 = bassa

— La probabilità che, a causa della carenza o dell’assenza dei PRP il pericolo si

verifichi nel prodotto finale è molto limitata;

 

— le misure di controllo per il pericolo sono di natura generale (PRP) e nella pratica

sono attuate in modo soddisfacente.

3 = reale

— La carenza o l’assenza della misura di controllo specifica non comporta la

presenza sistematica del pericolo nel prodotto finale, ma il pericolo può essere

presente in una determinata percentuale del prodotto finale nel lotto

corrispondente.

4 = elevata

— La carenza o l’assenza della misura di controllo specifica comporterà un errore

sistematico; la probabilità che il pericolo sia presente in tutti i prodotti finali del

lotto corrispondente è elevata.

EFFETTO (o gravità)

1 = limitato

— Per il consumatore non vi sono problemi di sicurezza alimentare (natura del

pericolo, ad esempio carta, plastica morbida, materiali estranei di grandi

dimensioni);

 

— il pericolo non può mai raggiungere una concentrazione pericolosa (ad esempio

coloranti, S. aureus in un alimento congelato in cui l’aumento della carica

batterica è estremamente improbabile o non può verificarsi per via delle

condizioni di magazzinaggio e della cottura).

2 = moderato

— Nessuna lesione e/o sintomo grave o solo in caso di esposizione a una

concentrazione estremamente elevata per un lasso di tempo lungo;

 

— effetto temporaneo ma evidente sulla salute (ad esempio pezzi piccoli).

3 = grave

— Un chiaro effetto sulla salute con sintomi a breve o a lungo termine, che

raramente causano mortalità (ad esempio gastroenterite);

 

— il pericolo ha un effetto a lungo termine; la dose massima non è nota (ad esempio

diossine, residui di pesticidi, micotossine ecc.).

4 = molto grave

— Il gruppo di consumatori appartiene a una categoria a rischio e il pericolo può

causare mortalità;

 

— il pericolo comporta sintomi gravi che possono causare mortalità;

 

— lesioni permanenti.

DETERMINAZIONE DEI CCP e dei PRP operativi, se pertinente

Livelli di rischio 1 e 2: nessuna azione specifica, controllo effettuato dai PRP.

Livelli di rischio 3 e 4: eventuali PRP operativi. Ulteriore domanda cui il gruppoHACCP deve rispondere: la misura o le misure di controllo generali descritte nelprogramma di prerequisiti (PRP) sono sufficienti per sorvegliare il rischioidentificato?

— Se SÍ: PRP

 

— Se NO: PRP operativo

Livelli di rischio 5, 6 e 7: CCP o, se non esiste alcun limite critico misurabile, puòessere applicato un PRP operativo (ad esempio controllo di un allergene).

 

 

Dal livello 3 è necessario rispondere alle domande dell’Albero delle Decisioni che

è stato opportunamente modificato nell’ultima domanda inserendo il concetto di

PRP operativo.

Un approccio semplificato propone una scala di valori del Rischio da 1 a 5

accorpando  i livelli 3 e 4 e senza contemplare il concetto dei PRP operativi.

 

Esempio di diagramma decisionale per l’ identificazione dei punti critici dicontrollo (CCP).

Le risposte alle domande sono fornite in sequenza

 

Esempio di diagramma decisionale semplificato:

HACCP vs HARPC

L’HACCP esiste ancora? O lo dobbiamo “rottamare” con l’ HARPC?

I sistemi di gestione per la sicurezza alimentare secondo il GFSI - quali gli

europei BRC e IFS - sono all’altezza del FSMA americano?

Per molte aziende che esportano negli USA (ma anche per il mercato interno

americano) è già in vigore il Preventive Controls for Human Food Regulations che

fa parte del FSMA (Food Safety Modernization Act); per la maggior parte delle

aziende (al di sotto dei 500 dipendenti), lo sarà entro settembre 2017.

Cosa chiede l’ HARPC rispetto all’HACCP?

Iniziamo intanto dall’acronimo:

HARPC: Hazard Analysis and Risk-based Preventive Controls for Human Food

HACCP:  Hazard Analysis and Critical Control Point

Dove sono spariti I Critical Control Point? E cosa sono I Preventive Controls?

Rassicuriamo subito il lettore affermando che, come per la prima legge della

termodinamica,  nulla si crea e nulla si distrugge, ma si tutto trasforma.

Se i Preventive Controls sono misure di controllo, queste comprenderanno tutti i

nostri CCP, PRPop, CP.

Quindi i Preventive Controls sono delle misure di controllo, e come tali devono

essere monitorate e registrate.

 

HACCP vs HARPC

Chi decide quali sono i Preventive Controls necessari perun’azienda di produzione alimentare?

Lo decide il PCQI (Preventive Control Qualified Individual) insieme al Team per la

sicurezza alimentare sulla base di un’analisi dei pericoli e valutazione dei rischi.

Rispetto al tipico approccio europeo, l’analisi dei pericoli, secondo il Preventive

Control for Human Food, è leggermente diversa ma non cambia nei concetti

fondamentali.

 

Risk-bases Preventive Controls:

è uno dei principi cardine, significa che bisogna avere un approccio proattivo,

quindi preventivo rispetto ai pericoli per la sicurezza alimentare e NON reattivo

ovvero aspettare che una cosa accada per porvi rimedio.

I Preventive Controls sono pensati e strutturati solo se  supportati da altri

Programmi quali le GMPs (tutti, senza esclusioni).

I più noti sistemi di gestione volontaria per la Sicurezza Alimentare (BRC, IFS o

ISO 22000) già adottano un sistema proattivo di misure di controllo basato su

GMPs e/o Prerequisite Programs.

I Prerequisite Programs o Programmi di Perequisiti sono tutte quelle procedure,

disposizioni o condizioni e attività di base, necessarie per mantenere un

ambiente di lavoro adatto, dal punto di vista igienico, alla produzione.

Sono ad esempio Programmi di Prerequisiti la maggior parte delle  prescrizioni

del nostro Allegato II del Reg 852/04/CE.

Sia i Programmi di prerequisiti che le GMPs sono la base fondamentale su cui si

può costruire un qualsiasi Sistema di Gestione per la Sicurezza Alimentare o

Food Safety System così come indicato dal Manuale del Preventive Controls for

Human Food Edizione 2016 (cap.1 pag 16)

 

Naturalmente in tutto questo non si deve dimenticare la presenza di un efficace

Piano di Recall ovvero un sistema di rintracciabilità e un Piano di Richiamo da

attuare sia secondo il Reg 178/02/CE che secondo BRC, IFS, ISO 22000.

Tale impostazione non è tanto  diversa da quella prevista da un importante

documento  che la Commissione Europea ha pubblicato introducendo il concetto

di Food Management System dove il Sistema, immaginato a forma piramidale,

vede una base di GMPs/Programmi di prerequsiti, affiancati da un sistema di

rintracciabilità sui quali poggia un sistema HACCP.

 

(tratto da: Comunicazione Commissione relativa all’attuazione dei sistemi digestione per la sicurezza alimentare riguardanti i programmi di prerequisiti (PRP)e le procedure basate sui principi del sistema HACCP, compresa l’agevolazione/laflessibilità in materia di attuazione in determinate imprese alimentari del 30luglio 2016 (2016/C 278/01)).

 

Che cosa richiede FSMA? Quali sono le novità rispetto adaltri sistemi?

Sicuramente l’approccio.

È un cambiamento di punto di vista; di prospettiva, la ricerca innanzi tutto di

un’analisi dei pericoli ampia come quella che siamo abituati a vedere nelle più

note norme volontarie.

Inoltre l’attenzione viene spostata non tanto sul nome della misura di controllo

(CCP, PRPop,CP ecc) quanto sulla sua efficacia in termini di prevenzione e il suo

monitoraggio, verifica e validazione.

La principale differenza sono i Preventive Controls ovvero quelle  misure di

controllo necessarie per ridurre ad un livello accettabile o eliminare, la

probabilità che un pericolo si presenti su un prodotto alimentare.

I Preventive Controls devono essere tutti registrati.

Di seguito la classificazione dei Preventive Controls:

1. Process Controls

2. Allergen Controls

3. Sanitation Controls

4. Supply-Chain Controls.

 

Process Preventive Controls

I Process Controls ovvero i controlli di processo includono tutte quelle procedure

e/o istruzioni scritte mirate al controllo dei parametri di processo dal punto di

vista della sicurezza alimentare.

I parametri già definiti con sistemi di gestione preesistenti di solito sono validi

anche per il Food Safety Plan.

Spesso i Process Preventive Controls comprendono CCP e PRPop ed è quindi

necessario individuare limiti critici.

Ma possono anche comprendere PRP o CP e sono quindi necessari dei limiti

operativi (e non critici).

Esempi di Process Preventive Controls possono essere:

Tempo-Temperatura, ph, quantitativo di un additivo, Aw, controllo del vuoto,

aggraffatura, funzionamento raggi x o metal detector e molti altri.

 

Allergen Preventive Controls

Negli USA c’è molta attenzione su questo tema.

Gli Allergen Controls includono tutte quelle procedure necessarie per tenere

sotto controllo il pericolo della  contaminazione involontaria da allergeni

(definita cross-contac) sia durante la produzione che durante altre fasi della

lavorazione come ad esempio  lo stoccaggio.

L’accurato controllo dell’etichettatura per l’esattezza degli allergeni, sia all’arrivo

di ogni lotto di packaging, che in fase di rilascio del prodotto, è una delle

particolari richieste di controlli registrati previsti dal Food Safety Plan.

In merito agli allergeni le regole dell’etichettatura USA non contemplano l’utilizzo

di frasi quali “May content” ovvero “può contenere tracce di…” è quindi

necessaria un’approfondita analisi del pericolo e relativo rischio e quindi

un’accurata gestione degli allergeni.

È necessario introdurre un Allergen Preventive Controls quando esiste la

possibilità che un allergene finisca su un prodotto per contaminazione

involontaria durante la lavorazione o per contaminazione da materia prima.

Quando è necessaria una operazione di pulizia tra una lavorazione e l’altra per

eliminare il pericolo di contaminazione da allergeni, questo tipo di operazione

verrà definita “Sanitation and Allegern  Controls”.

In merito agli Allergeni esiste un documento di approfondimento il Food Allergen

Labelling and Consumer Protection Act (FALCPA) scaricabile dal sito della FDA a

cui si rimanda.

Sicuramente le valutazioni eseguite sugli allergeni in un contesto BRC/IFS

certificato, saranno sufficienti purchè fatte sulla lista degli allergeni americana e

non solo europea viste le  importanti differenze fra le due liste.

È necessario documentare una formazione mirata e specifica sugli alimenti

considerati allergeni negli USA.

 

Sanitation Preventive  Controls

I Sanitation Controls ovvero Controlli di Sanificazione, includono procedure,

istruzioni o quant’altro (sempre documentato) mirate al controllo di

contaminazioni di tipo micorbiologico (da ambiente di lavoro, da personale) o

chimico compresi gli allergeni.

Potrebbe essere necessario introdurre un Sanitation Preventive Controls quando

è possibile la contaminazione per esempio da patogeni quali Listeria

monocytogenes e Salmonella su prodotti esporti Ready to eat (RTE); per Cross

Contamination da persone o attrezzature non sanificate; per prevenire la Cross

Contact ovvero la contaminazione involontaria da allergeni.

 

Supply-Chain Preventive Controls

Il Food Safety Plan richiede che ci sia un Supply Chain Preventive Controls ovvero

che i fornitori siano qualificati e controllati in modo che siano garantite le

materie prime che entrano in uno stabilimento di produzione.

Per ogni fornitore, e relativa materia prima, devono essere valutare le misure di

controllo necessarie e quindi attuarle.

Se ritenuto necessario devono essere effettuati audit a fornitore, meglio se

condotti da un organismo esterno.

Il principio su cui si basa, spesso  sottovalutato, è che capire a fondo i pericoli

associati ad una singola materia prima e l’impatto che il fornitore può avere sulla

sua gestione, può essere determinante per tenere sotto controllo il pericolo

stesso nelle fasi successive all’interno dello stabilimento di produzione.

 L’ottenimento di garanzie documentate da parte dei fornitori non è affatto

scontata e spesso ci sono degli intermediari che non facilitano il compito e che

non hanno interesse affinché sia svelato il nome del produttore.

Non è un caso che fra le novità del BRC versione 7 ci sia stato proprio un

approfondimento su questo tema con dei nuovi requisiti che a tutt’oggi non sono

di facile gestione.

In quest’ottica, l’approccio americano, vede nell’audit a fornitore, eseguito

preferibilmente da una persona indipendente, la soluzione per avere le

rassicurazioni necessarie a garantire la salubrità del prodotto finito.

Qualora dall’analisi dei pericoli si dovesse evidenziare che una fase successiva

del processo non è sufficiente per eliminare o ridurre a livello accettabile un

pericolo, in questo caso si dovrà applicare una misura di controllo sul fornitore:

Supply-Chain Preventive  Controls.

 

P.C.Q.I. (Preventive Control Qualified Individual).

Chi è il PCQI?

Per avere la qualifica è necessario seguire il corso previsto dal FSPCA (Food

Safety Preventive Controls Alliance)?

Il PCQI è una persona qualificata/preparata che ha superato con successo una

formazione per lo sviluppo e l’applicazione del Risk-based Preventive controls.

Tale percorso deve essere equivalente a quello riconosciuto dal FDA con il

termine “standardized curriculum”.

In alternativa al corso si deve dimostrare che si ha una preparazione

professionale tale da poter sviluppare e applicare un Food Safety Plan.

Sebbene apparentemente facile non è stato ancora chiarito come poter

dimostrare di avere le competenze professionali in linea con lo “standardized

curriculum” richiesto.

All’interno delle aziende italiane ma anche all’esterno (consulenti) ci sono

eccellenze professionali, tuttavia riteniamo utilissimo e necessario il corso

proposto proprio per capire la mentalità e il diverso punto di vista per la

redazione di un Food Safety Plan/System.

Sicuramente è una discriminante importane scegliere un corso che abbia come

un docente una persona con esperienza di consulenza e/o audit di altre norme

quali BRC, IFS, ISO 22000.

Senza tali competenze il corso può risultare banale e ovvio visto che affronta la

gestione della sicurezza alimentare sotto tutti i punti di vista.

I corsi per il titolo di PCQI possono essere fatti solo da Lead Instructor qualificati

da FSPCA su Preventive Controls for Human Food.

 

Si avvicina sempre più il termine ultimo, per le aziende che intendono

intraprendere il commercio di alimenti con gli Stati Uniti, per adeguarsi alle

nuove procedure legate alla sicurezza alimentare previste dal Food Safety

Modernization Act (FSMA).

Entro settembre 2017, per esportare gli alimenti nel territorio statunitense, sarà

necessaria la redazione di un Food Safety Plan da parte di un PCQI (Preventive

Control Qualified Individual) secondo quanto previsto dal Preventive Control for

Human Food Regulations.

Il FSMA e il Food Safety Plan prevedono che sia effettuata un’attenta e

approfondita valutazione dei pericoli, e l’attuazione di misure di controllo

(preventive control) necessarie per ridurre ad un livello accettabile o eliminare la

probabilità che un pericolo si presenti su un prodotto alimentare.

 

Esportazione negli Usa: comecontrollare il pericolomicrobiologico

 

Tra i pericoli che sicuramente mettono a rischio la sicurezza alimentare e che

pertanto devono essere presi in considerazione nell’analisi dei pericoli, in caso di

produzione di alimenti destinati al mercato USA, ci sono quelli microbiologici.

Secondo i rapporti del CDC (Centre for Disease Control and Prevention) sulla

ricorrenza delle patologie di origine alimentare, infatti, i pericoli microbiologici

rappresentano la principale causa di malattia correlata al consumo di alimenti

negli USA. 

L’analisi del pericolo microbiologico, deve essere effettuata per ciascuna linea di

produzione, identificando i possibili contaminanti presenti in ognuna delle

materie prime utilizzate.

Quindi deve essere presa in esame anche la possibilità di contaminazione

durante le varie fasi di lavorazione.

Laddove dall’analisi emerga la necessità di un preventive control e la necessità

di applicare lo stesso nella fase che si sta considerando, devono essere

esplicitati anche i seguenti aspetti:

il pericolo

i limiti critici

il sistema di monitoraggio che deve essere adottato

le azioni correttive

le attività di verifica

le registrazioni che devono essere effettuate.

 

I possibili pericoli microbiologici sono numerosi ed includono batteri, virus,

protozoi, lieviti e muffe.

È pertanto fondamentale che vengano identificati quei pericoli che sono così

rilevanti da dover essere gestiti usando un approccio preventivo, tenendo conto

anche delle allerte alimentari e delle informazioni circa l’incidenza di patogeni

che provengono da fonti autorevoli, quali ad esempio l’USDA (U.S. Department of

Agricolture) o l’ICMSF (International Commission on Microbiological Specifications

for Foods).

Il processo di analisi del pericolo è, perciò, un passaggio di estrema importanza

per identificare quelli che sono i pericoli che richiedono delle misure di controllo

perché possono influire sulla sicurezza del prodotto, sui quali andranno investite

le risorse aziendali.

In particolare, il Food Safety Plan dovrà porre l’attenzione agli alimenti che

potrebbero essere terreno favorevole per lo sviluppo di patogeni sporigeni

(Bacillus Cereus, Clostridium Botulinum, Clostridium Perfringens) e non sporigeni

(Campylobacter spp, E.Coli, Listeria monocytogenes, Salmonella spp Stafilococco

aureo).

I microrganismi sporigeni sono in grado di produrre spore che sono molto

resistenti al calore, alle sostanze chimiche e ad altri trattamenti che sono in

grado di distruggere gli altri patogeni. Proprio per questo motivo i trattamenti

necessari all’eliminazione delle spore sono spesso molto più severi rispetto a

quelli necessari a distruggere le cellule vegetative.

Le spore diventano pericolose nel momento in cui si instaurano le condizioni

favorevoli alla loro germinazione e alla crescita come cellule vegetative.

 

I patogeni principaliLe condizioni ideali per la crescita dei microrganismi, e la capacità di resistere ai

metodi di inattivazione, differiscono da microrganismo a microrganismo.

Proprio per questo è importante conoscere i patogeni di interesse per uno

specifico alimento e le condizioni che ne consentono la crescita, in modo da

poter selezionare le misure di controllo più idonee da attuare per controllarli.

Di seguito riportiamo le caratteristiche di alcuni patogeni che sono tra le più

comuni cause di patologie correlate al consumo di alimenti.

 

 

La Salmonella è uno dei più comuni patogeni alimentari ed è un patogeno

ambientale.

L’infezione causa diarrea, febbre, crampi addominali, vomito. Più raramente la

Salmonella può causare la morte. I sintomi compaiono generalmente dopo 12-72

ore dal consumo di cibo contaminato.

La principale fonte di Salmonella è rappresentata dall’intestino di molti animali,

quindi i prodotti crudi di origine animale (quale carne, pollame, uova, prodotti

derivati dal latte) sono frequentemente associati con l’insorgenza della

patologia. Anche frutta fresca, e vegetali possono essere contaminati durante la

coltivazione se non vengono applicate le Good Agricoltural Practise.

La Salmonella è in grado di crescere sia in presenza che in assenza di ossigeno, e

trova le condizioni ideali per la crescita alla temperatura del corpo umano,

mentre cresce molto poco alla temperatura di refrigerazione e non prolifera

sopra i 46°C. Viene facilmente distrutta dalle usuali temperature di cottura.

 

Il Clostridium botulinum è un microrganismo sporigeno che produce differenti

tipi di tossine.

I tipi A, B, E, F sono causa di una grave patologia chiamata botulismo. Tra i

sintomi della patologia ci sono vista appannata o sdoppiamento della vista,

secchezza della bocca, difficoltà di deglutizione, paralisi dei muscoli respiratori,

vomito e diarrea.

I sintomi insorgono dopo 18-36 ore (a volte giorni) dall’ingestione di alimenti

contaminati e se non si interviene con gli opportuni trattamenti si può arrivare

alla morte. Le spore del C. botulinum sono molto diffuse in natura e sono spesso

presenti nel suolo e nel tratto intestinale di alcuni animali.

Le spore sono resistenti al calore e nelle giuste condizioni, in assenza di

ossigeno, possono germinare e produrre la tossina. Per distruggere la tossina è

necessario raggiungere la temperatura di ebollizione per almeno 5 minuti.

Tra i fattori che inibiscono la produzione di tossina ci sono un pH inferiore a 4.6 e

l’utilizzo di nitriti di sodio (ad esempio negli alimenti stagionati).

 

Il C. perfringens è microrganismo anaerobio, sporigeno che causa diarrea e

dolori addominali, 6-24 ore dopo l’ingestione di alimenti contaminati da un

numero elevato di cellule vegetative (>106/g).

Lo sviluppo della malattia richiede pertanto la crescita del patogeno

nell’alimento.

Il C. perfringens è presente nel suolo e nel tratto intestinale di persone e animali.

Le spore sopravvivono alle normali condizioni di cottura, inclusa l’ebollizione. Le

spezie sono una potenziale fonte si C. perfringens poiché le spore possono

persistere nelle spezie per periodi di tempo prolungati.

Le principali cause di intossicazione da C. perfringens sono l’inadeguata

conservazione a caldo o l’inadeguato raffreddamento di alimenti cotti, in

particolar modo carne, stufati, pasticci di carne, condimenti, pratiche che

consentono la moltiplicazione dei batteri in quanto le spore possono

sopravvivere al processo di cottura.

Infine, il C. perfringens ha uno dei più rapidi tassi di crescita tra i patogeni

alimentari, e può raddoppiare in meno di 10 minuti alla temperatura ideale.

 

E.coli è un batterio che è normalmente presente nel tratto intestinale di esseri

umani e altri animali e la maggior parte dei ceppi di E.coli non sono associati a

malattie.

Alcuni ceppi però, come E.coli O157:H7, risultano pericolosi per l’uomo. E.Coli

0157:H7 produce una tossina chiamata tossina Shiga nell’intestino umano

causando una grave patologia.

I sintomi comprendono diarrea, che può essere emorragica, occasionalmente

febbre e compaiono generalmente 2-3 giorni dopo l’ingestione di alimenti

contaminati. L’insufficienza renale e la morte possono essere una conseguenza

della malattia soprattutto nei bambini.

La fonte principale di E.Coli O157:H7 è la contaminazione fecale.

Il consumo di hamburger crudi o non ben cotti, prodotti agricoli contaminati,

cavoletti, latte e succhi di frutta non pastorizzati sono frequentemente associati

alla patologia.

La condizioni ottimali per la crescita sono una temperatura vicina alla

temperatura del corpo umano, e un pH di 4.4.

 

Listeria monocytogenes può causare la meningite, una grave infezione con

sintomi che includono febbre improvvisa, mal di testa intenso, nausea, vomito,

delirio e coma in soggetti con sistema immunitario depresso.

Più di un terzo del persone ospedalizzate muoiono.

In una persona sana l’infezione può non causare sintomi o causare sintomi simili

all’influenza e diarrea.

Questo microrganismo rappresenta un problema principalmente per le donne in

gravidanza, in quanto causa di aborto spontaneo, e per gli anziani.

La malattia si manifesta circa 2 settimane dopo l’ingestione di alimenti

contaminati (o anche più) così capire la fonte della malattia può essere molto

difficile.

I prodotti a base di carne ready to eat, prodotti lattiero caseari non pastorizzati e

altri prodotti a bassa acidità pronti al consumo sono stati associati al

manifestarsi di listeriosi.

La L. monocytogenes è un patogeno ambientale, quindi la contaminazione può

verificarsi anche dopo la cottura sia da ambiente di lavoro, personale,

attrezzature, pareti, condensa dei frigoriferi.

Questo batterio non sporigeno è distrutto dalle temperature di pastorizzazione,

cresce sia in presenza che in assenza di ossigeno, e può crescere a temperature

di refrigerazione.  L. monocytogenes è molto resistente se confrontata con tanti

altri batteri, resiste a congelamento e scongelamento, e sopravvive per periodi

prolungati in ambienti secchi.

 

Quali sono le strategie per controllare i pericolimicrobiologici?Sicuramente la principale strategia da attuare per controllare i batteri patogeni

negli alimenti è la prevenzione della contaminazione.

Le strategie per la prevenzione della contaminazione sono indirizzate al controllo

degli ingredienti, del personale addetto alle lavorazioni e dell’ambiente e

attrezzature di lavoro.

Per tenere i patogeni lontani dagli alimenti sarà necessaria, quindi, l’attuazione

delle buone pratiche igieniche da parte degli addetti alle lavorazioni, la

prevenzione delle contaminazioni crociate attraverso procedure di sanificazione

efficaci e l’attuazione di una procedura per la qualificazione dei fornitori per

minimizzare l’introduzione di patogeni nell’azienda.

Altra strategia fondamentale è l’eliminazione o la riduzione dei patogeni ad un

livello tale da non rappresentare un pericolo.

La cottura è un trattamento frequentemente utilizzato per distruggere i patogeni,

altre tecniche applicate agli alimenti, per ridurre o eliminare il pericolo

microbiologico, sono l’irradiazione, i trattamenti ad alta pressione,

l’acidificazione, gli ultrasuoni e la luce pulsata (process preventive control).

Queste tecniche devono essere validate per lo specifico alimento e le specifiche

condizioni di lavorazione dell’alimento per assicurare che tali trattamenti siano

in grado di assicurare il controllo del pericolo nell’alimento in questione.

Per esempio perché la cottura sia efficace l’alimento deve raggiungere una

temperatura adeguata per un tempo sufficiente ad uccidere i microrganismi

patogeni di interesse.

La temperatura necessaria dipende dal tipo di alimento e dal tipo di patogeno di

interesse.

Bisogna tenere presente però che le spore sono più resistenti delle forme

vegetative dei batteri, e le temperature raggiunte in fase di cottura non sono

pertanto efficaci per la distruzione delle spore. Proprio per questo motivo nel

caso in cui dall’analisi dei pericoli emergesse la possibilità di contaminazione da

parte di microrganismi sporigeni, diventerebbe necessaria l’attuazione di una

misura di controllo da attuare sul fornitore (supply chain preventive control), per

garantire la sicurezza dei prodotti alimentari.

Altro fattore che deve essere tenuto presente è che spesso un’ulteriore causa di

patologie è rappresentata dalla ricontaminazione dei prodotti dopo la cottura o

altri trattamenti antimicrobici, è necessario prendere in considerazione e gestire

il pericolo della possibile reintroduzione del patogeno dopo la cottura o altri

processi di inattivazione tramite delle procedure di sanificazione (sanitation

control) mirate alla sanificazione delle superfici che entrano a contatto con gli

alimenti e alla prevenzione della cross- contaminazione.

Infine, uno strumento fondamentale per ridurre l’insorgenza di patologie

alimentari consiste nell’evitare la crescita dei microrganismi.

La prevenzione della crescita può ridurre il rischio di malattie alimentari perché

alcuni patogeni devono crescere ad un livello sufficientemente alto per

rappresentare una situazione di rischio.

Il controllo della crescita rappresenta uno strumento particolarmente importante

soprattutto nel caso in cui il normale processo di produzione dell’alimento non

uccide il potenziale patogeno (ad esempio le spore) o quando i prodotti possono

essere ricontaminati dopo un processo di distruzione (ad esempio i prodotti

ready to eat dopo la cottura).

I parametri che possono influenzare la crescita dei patogeni potenzialmente

pericolosi sono

tempo,

temperatura,

livello di acidità (pH),

acqua disponibile (aw),

livello di ossigeno,

presenza di competizione con altri batteri,

l’uso di conservanti.

 

In condizioni favorevoli i batteri cominciano rapidamente a crescere: un batterio

si divide in due, due in quattro, quattro in 8 e così via.

In condizioni ideali un batterio può raddoppiare ogni 20 minuti, quindi in 5 ore si

possono raggiungere i 30.000 batteri, e in 8 ore più di 16 milioni di batteri. La

formazione di tossine di solito avviene durante questa fase di crescita

esponenziale.

 

La crescita può essere prevenuta attraverso l’applicazione di misure di controllo,

quale il controllo della temperatura di conservazione degli alimenti.

Il range di temperatura in grado di supportare la crescita dei patogeni varia

considerevolmente in base allo specifico batterio (come riportato nella tabella),

ma in generale l’intervallo di temperatura tra 25° e 40°C consente una rapida

moltiplicazione dei microrganismi patogeni.

Conservare gli alimenti a temperature di refrigerazione consente il

rallentamento della crescita dei microrganismi e quindi riduce la probabilità di

insorgenza di patologie.

 

In conclusione quindi i pericoli microbiologici rappresentano un rischio per la

sicurezza alimentare se non opportunamente controllati.

Dal momento che l’applicazione di misure di controllo rappresenta per l’azienda

alimentare uno strumento fondamentale per la riduzione o eliminazione dei

pericoli microbiologici, e per garantire la sicurezza e la salute dei consumatori, la

valutazione delle misure di controllo da attuare deve essere effettuata tramite

un’adeguata ed attenta analisi dei pericoli che tenga conto della specifica

tipologia di prodotto e dei processi produttivi.

È prioritario pertanto che l’analisi dei pericoli e la stesura del Food Safety Plan

sia realizzata da una figura professionale qualificata, il PCQI (che potrà anche

essere esterno all’azienda), proprio per garantire che il piano sia adeguato alla

realtà aziendale e che le misure di controllo attuate siano realmente efficaci.

 

Scopri come il nostro personale qualificato PCQI può aiutarti nella stesura del

Food Safety Plan.

 

 

 

Per le aziende che esportano o che vogliono esportare gli alimenti nel territorio

statunitense, il FSMA e il Food Safety Plan (obbligatori ormai tra pochissimi mesi)

prevedono di effettuare un’attenta valutazione dei fornitori.

La valutazione deve essere conseguente all’analisi dei rischi effettuata sulle

diverse materie prime e semilavorati.

Studiando materia prima per materia prima, l’azienda deve valutare a quali

pericoli (microbiologici, chimici, fisici, allergeni) potrebbe essere soggetta la

stessa.

Questo deve essere effettuato attraverso un’attenta e approfondita hazard

analysis.

In particolare, il Food Safety Plan deve porre particolare attenzione sugli alimenti

che potrebbero essere terreno favorevole per lo sviluppo di patogeni vegetativi

o sporigeni (come Salmonella, Listeria monocytogenes, Clostridium botulinum).

L’analisi dei pericoli quindi determina e stabilisce quando un pericolorichiede l’applicazione di una supply-chain preventive control.

Questo è un aspetto relativamente innovativo - tranne per le aziende già

certificate secondo gli standard volontari BRC-IFS - portato dall’FSMA e che

potrebbe essere, almeno per alcune aziende italiane, di non semplice

applicazione (scopri come possiamo aiutarti noi).

 

USA: Come capire di qualefornitore ci si può fidare?

Innanzitutto: cosa significa SUPPLY-CHAINPREVENTIVE CONTROLS?

Non è altro che un controllo preventivo da applicare quando si individua un

pericolo su una  materia prima che deve essere quindi controllata prima della

sua ricezione.

Non tutte le materie prime devono essere soggette a un supply-chain preventive

controls: per esempio un ingrediente come l’aceto non viene associato a nessun

problema relativo alla sicurezza alimentare, quindi la sua produzione

normalmente può prevedere l’applicazione delle comuni GMP e il preventive

controls relativo al fornitore non è necessario.

La supply-chain preventive controls può non essere necessaria anche nei casi in

cui esiste la possibilità di un pericolo specifico su un dato alimento, ma è

possibile comunque ridurlo o eliminarlo all’interno dello stabilimento con uno o

più processi produttivi caratteristici del prodotto finito.

In altri casi invece, laddove il pericolo non può essere ridotto o eliminato in step

successivi e laddove i controllo del pericolo stesso può essere effettuato solo in

fasi precedenti alla ricezione,  il supply-chain preventive controls diventa

necessario.

I requisiti generali per l’applicazione di un SUPPLY-CHAIN PROGRAM sono

descritti di seguito.

 

E’ evidente come tutti i fornitori di materie prime o ingredienti che applicano un

controllo per un pericolo debbano essere approvati.

L’approvazione deve prevedere una verifica del fatto che il fornitore abbia

implementato dei controlli appropriati,  che questi siano applicati e documentati.

Le attività da intraprendere per l’approvazione del fornitore variano a seconda

della materia prima, del pericolo, e del food safety system implementato.

Le attività di verifica che devono essere previste devono prevedere una o più

delle seguenti attività:

Un audit annuale presso il fornitore per la verifica delle procedure messe in

atto per  la sicurezza alimentare. L’audit deve essere condotto da un auditor

qualificato. Ciò è necessario per i pericoli che possono causare gravi

conseguenze per la salute del consumatore, a meno che non sia

implementata una istruzione interna che descrive il motivo per cui gli audit

vengono effettuati con  frequenza minore

Campionare e analizzare il prodotto fornito dal fornitore, in merito al pericolo

preso in considerazione

Controllo delle registrazioni sulla sicurezza alimentare effettuate dal

fornitore, soprattutto per controlli di processo come tempo e temperatura

 

Eccezioni all’audit annuale sono ammesse solo se si dimostra e si da evidenza

del fatto che altre attività di verifica o audit meno frequenti provvedono

comunque ad una adeguata sicurezza.

L’audit deve essere effettuato da un auditor qualificato che abbia esperienza

tecnica in materia di sicurezza alimentare e sia in grado di comprendere e

valutare un’analisi dei pericoli.

L’audit è preferibile che sia condotto da un ente terzo esterno all’azienda,

indipendente, in modo che l’esito sia il più oggettivo possibile.

L’audit deve prevedere sia la verifica delle registrazioni e dei documenti sia la

verifica in campo dell’applicazione delle procedure e dei preventive controls

(allergeni, sanificazioni, controlli di processo, supply-chain, GMP, recall plan): solo

in questo modo si può avere una fotografia completa dell’azienda fornitrice e

quindi del prodotto o materia prima che si acquista.

In questo modo inoltre si può fare una valutazione del prodotto e quindi

confermarne o meno l’utilizzo e l’acquisto.

Naturalmente tutti i dati raccolti durante l’audit devono essere registrati.

Il Supply-chain program deve quindi prevedere l’implementazione di documenti

appositi, che prevedano l’indicazione almeno dei seguenti dati:

Ragione sociale e sito

Procedure secondo cui è stato svolto l’audit

Data dell’audit

Conclusioni dell’audit

Azioni correttive da intraprendere in risposta a significative carenze

identificate

Documentazione attestante che l’audit è stato eseguito da un auditor

qualificato.

Le aziende italiane, soprattutto quelle non certificate secondo lo standard

volontario BRC e/o IFS , devono iniziare quindi a cimentarsi con questa

valutazione dei fornitori, evitando quindi di richiedere semplicemente un

questionario informativo, come spesso è prassi comune!

 

Entro il 17 Settembre 2017 è necessario redigere il Food Safety Plan per

continuare le collaborazioni commerciali con gli USA.

E a redigerlo può essere solo una persona con il titolo di PCQI!

scopri come partecipare al nostro corso per il titolo di PCQI,

 

La prossima applicazione del Food Safety Modernization Act implica alcune

modifiche da applicare alle procedure interne aziendali messe in atto per la

sicurezza alimentare.

Le aziende che intendono quindi esportare i loro prodotti nel mercato

statunitense devono adeguare il proprio piano di autocontrollo a quanto previsto

dal Food Safety Modernization Act stesso.

Un argomento su cui Unione Europea e USA differiscono è la gestione allergeni,

anche detta Food Allergen Preventive Control.

La presenza di allergeni non dichiarati è una delle maggiori cause di richiamo di

prodotti alimentari negli USA.

La prima grande differenza è l’elenco degli alimenti che per gli Stati Uniti sono

considerati allergeni. L’FDA ha stabilito gli “8 major food allergen” che sono i

seguenti:

Allergen preventive controls:cosa chiedono gli americani

 

Come è evidente, alcuni alimenti definiti allergeni nell’Unione Europea non

vengono presi in considerazione (come per esempio la senape o i lupini).

E’ importante inoltre precisare che all’interno della categoria della frutta a guscio

gli statunitensi fanno rientrare anche le castagne, le noci di cocco e i pinoli (non

considerati invece allergeni in UE).

Così come viene considerato allergene l’alimento GRANO e non il glutine

(escludendo quindi tutti gli altri cereali che contengono glutine).

Queste differenze sono fondamentali e devono essere assolutamente prese in

considerazione nel caso di produzione di alimenti destinati al mercato

statunitense.

Come già abbiamo scritto in articoli precedenti, il Food Safety Modernization

Act (FSMA) prevede che le aziende implementino un Preventive Food Safety

Systems, che deve includere, tra gli altri aspetti, anche dei Food Allergen

preventive controls documentati per prevenire il cosiddetto cross- contact da

allergeni e per assicurare una corretta dichiarazione degli allergeni stessi al

consumatore.

Il primo passo che deve essere fatto è naturalmente l’analisi del rischio allergeni,

per ogni linea di produzione.

L’azienda deve procedere con la prima identificazione degli allergeni in ognuna

delle materie prime utilizzate.

Per fare questo naturalmente sarà fondamentale avere tutte le informazioni

necessarie dal fornitore.

FSPCA - Preventive controls for human food - first edition 2016

 

Il secondo passo previsto è quello di verificare la possibilità di contaminazione

durante le diverse fasi di lavorazione in cui vengono utilizzati ingredienti che

contengono allergeni.

Si deve procedere quindi all’analisi del rischio allergeni per ognuna delle diverse

fasi.

Laddove dall’analisi (effettuata secondo quanto previsto dal Preventive Food

Safety Systems) emerga la necessità di un preventive control e la necessità di

applicare lo stesso nella fase che si sta considerando, devono essere esplicitati

anche i seguenti aspetti:

il rischio

il criterio di valutazione utilizzato

il sistema di monitoraggio che deve essere adottato per ridurre al minimo al

rischio

le azioni correttive

le attività di verifica

le registrazioni che devono essere effettuate.

Da notare che tra le verifiche deve essere sempre presa in considerazione

l’attività di controllo effettuata dal PCQI (Preventive Controls Qualified

Individual), che deve avere una frequenza massima di 7 giorni lavorativi.

La gestione degli allergeni e la comunicazione al consumatore sono talmente

importanti da ritenere necessario il controllo del packaging in fase di

accettazione dello stesso, o al massimo prima di essere introdotto in produzione

per essere utilizzato.

Non è quindi sufficiente validare e approvare il packaging in fase di revisione

dello stesso, ma deve essere effettuato ad ogni sua stampa o consegna

 A seguito delle risultanze emerse dall’analisi del rischio, devono essere

implementate le procedure necessarie.

Devono essere quindi schedulate le diverse tipologie di prodotti in funzione degli

allergeni contenuti e quindi dovrà essere effettuata una pianificazione della

produzione in funzione degli allergeni presenti.

Se necessario, dovrà essere prevista la pianificazione della sanificazione

completa da eseguire tra una lavorazione e l’altra.

Tutte le procedure implementate devono essere naturalmente descritte e si deve

dare evidenza dell’applicazione delle stesse.

Viene prevista la compilazione dell’ Allergen Label Check Log (per la verifica

della correttezza delle etichette, per quanto riguarda la dichiarazione degli

allergeni),

 

FSPCA - Preventive controls for human food - first edition 2016

 

e l’Allergen Run Order Record (per la correttezza dell’applicazione della

pianificazione della produzione).

 

FSPCA - Preventive controls for human food - first edition 2016

 

Naturalmente bisognerà dare evidenza anche dell’avvenuta sanificazione, con

una registrazione giornaliera dell’avvenuta sanificazione.

Un’altra importante considerazione da fare riguarda la differenza di etichettatura

dei prodotti destinati al consumatore finale.

Il Food Allergen Preventive Control prevede in maniera chiara che diciture

precauzionali in etichetta relative a presenza accidentale di allergeni per cross-

contact (le comunissime diciture tipo “può contenere tracce di” molto diffuse in

Europa), non possono compensare una gestione delle GMP poco efficace.

L’azienda deve effettuare una valutazione accurata del rischio allergeni e quindi

stabilire delle procedure ben precise.

Gli USA sono talmente sensibili alla gestione degli allergeni, che alcune aziende

gestiscono l’indicazione degli allergeni in etichetta addirittura come un CCP,

gestione molto rara in Europa.

Restano naturalmente invariate tutti i principi basilari di buone norme di

lavorazione (come formazione del personale, abbigliamento del personale,

stoccaggio dei prodotti, ecc.) valide e assolutamente opportune sia in Europa che

negli USA.

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