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Il tradimento del nuovo mito di Europa La crisi dell’aspetto politico e culturale che vive il progetto europeo, può essere letta come un aspetto del tradimento del mito fondatore dell’Europa comunitaria. Non dimentichiamoci che l’intenzione dei suoi padri nobili, Spinelli, Schuman, era quella di costruire una Istituzione radicalmente nuova, che intendeva ripensare il mitologema stesso sul quale si concepiva l’unità del continente. Il mito di Europa, infatti, è intriso di violenza: come narra Ovidio, Zeus se ne invaghì e si mostrò a lei sotto le sembianze di un toro. Europa gli salì sul dorso, e questi la portò attraverso il mare fino all'isola di Creta. Qui giunti Zeus rivelò la sua vera identità e tentò di violentare la ragazza che, malgrado fosse al cospetto del re degli dei, rifiutò le sue proposte. Europa dunque si difese, e Zeus fu costretto a trasformarsi in aquila per così, sotto le spoglie di uno spietato predatore armato di artigli, riuscire a possederla. Chi ha avuto sotto mano le monete da due Euro di conio greco, ha trovato raffigurato proprio questo mito. La vicenda di Europa si snoda in seguito tra l’isola di Creta, ed apre la catena di vendette divine che caratterizzeranno, in una lunga sequela di tragedie, la storia di questo mito fondatore. È in onore di questa donna che i Greci diedero il nome Europa al continente che si trovava a nord di Creta. Questa breve disanima del mito chiarisce che il nostro continente, le sue radici, sono piantate in un terreno di violenza sopraffattrice e di inganni, cui seguono tradimenti e vendette. Nel corso della sua storia, fedele al mitologema originario, la «macchina mitologica» dei poteri europei, ha finito per identificare se stessa con l’essenza violentatrice insita nel mito, riproponendo così, anche nelle forme simboliche che vanno dall’impero romano sino al Reich nazista ed alla mistica fascista della Nuova Roma, la sottomissione delle genti del continente alle ragioni della forza. Da sempre, infatti, chi ha voluto unificare l’Europa, lo ha fatto con gli stessi mezzi con i quali era stata trattata colei che le aveva dato il nome. Ecco dunque, che dopo la seconda guerra mondiale, ma già in gestazione durante la prima ed il ventennio totalitario, si alza sulle macerie del continente la voce di chi propone una immagine diversa, una visione dell’unità continentale fatta dai popoli e per i popoli, democratica, partecipata, uno spazio di pace che, molto simbolicamente, rinasceva mettendo in comune ciò per cui si era combattuto nel recente passato, il carbone e l’acciaio, e l’energia del futuro, un atomo che ancora si voleva come potenza curatrice. Ma il

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Il tradimento del nuovo mito di Europa

La crisi dell’aspetto politico e culturale che vive il progetto europeo, può essere letta come un aspetto del tradimento del mito fondatore dell’Europa comunitaria. Non dimentichiamoci che l’intenzione dei suoi padri nobili, Spinelli, Schuman, era quella di costruire una Istituzione radicalmente nuova, che intendeva ripensare il mitologema stesso sul quale si concepiva l’unità del continente. Il mito di Europa, infatti, è intriso di violenza: come narra Ovidio, Zeus se ne invaghì e si mostrò a lei sotto le sembianze di un toro. Europa gli salì sul dorso, e questi la portò attraverso il mare fino all'isola di Creta. Qui giunti Zeus rivelò la sua vera identità e tentò di violentare la ragazza che, malgrado fosse al cospetto del re degli dei, rifiutò le sue proposte. Europa dunque si difese, e Zeus fu costretto a trasformarsi in aquila per così, sotto le spoglie di uno spietato predatore armato di artigli, riuscire a possederla. Chi ha avuto sotto mano le monete da due Euro di conio greco, ha trovato raffigurato proprio questo mito. La vicenda di Europa si snoda in seguito tra l’isola di Creta, ed apre la catena di vendette divine che caratterizzeranno, in una lunga sequela di tragedie, la storia di questo mito fondatore. È in onore di questa donna che i Greci diedero il nome Europa al continente che si trovava a nord di Creta. Questa breve disanima del mito chiarisce che il nostro continente, le sue radici, sono piantate in un terreno di violenza sopraffattrice e di inganni, cui seguono tradimenti e vendette. Nel corso della sua storia, fedele al mitologema originario, la «macchina mitologica» dei poteri europei, ha finito per identificare se stessa con l’essenza violentatrice insita nel mito, riproponendo così, anche nelle forme simboliche che vanno dall’impero romano sino al Reich nazista ed alla mistica fascista della Nuova Roma, la sottomissione delle genti del continente alle ragioni della forza. Da sempre, infatti, chi ha voluto unificare l’Europa, lo ha fatto con gli stessi mezzi con i quali era stata trattata colei che le aveva dato il nome. Ecco dunque, che dopo la seconda guerra mondiale, ma già in gestazione durante la prima ed il ventennio totalitario, si alza sulle macerie del continente la voce di chi propone una immagine diversa, una visione dell’unità continentale fatta dai popoli e per i popoli, democratica, partecipata, uno spazio di pace che, molto simbolicamente, rinasceva mettendo in comune ciò per cui si era combattuto nel recente passato, il carbone e l’acciaio, e l’energia del futuro, un atomo che ancora si voleva come potenza curatrice. Ma il tentativo di rifondare il mito sul quale costruire un’altra Europa, quella luce quasi mistica che irradiava dalle parole dei padri fondatori, si perde quasi subito negli occhi dei governanti chiamati a gestire il processo, incapaci di portare ad effetto la gigantesca visione che veniva loro proposta. Ed allora, in qualche punto della storia invisibile del nostro continente e del suo facimento unitario, qualcosa si spezza, si perde, oscurando così la stella polare sulla quale orientare la rotta anche nei momenti difficili; bisogna ritrovare quella strada.

Raffaele K Salinari