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rivista di ostetricia ginecologia pratica e medicina perinatale Organo Ufficiale dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani e dell’European Society of Breast Echography TrimestraleVol. XXIV n° 2 2009- Poste Italiane spa - Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Roma 2 contiene I.P.

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rivista di ostetriciaginecologia praticae medicina perinatale

Organo Ufficiale dell’Associazione Ostetrici

Ginecologi Ospedalieri Italiani e dell’European

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I.P.

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IndiceOrgano Ufficiale dell’Associazione OstetriciGinecologi Ospedalieri Italiani e dell’EuropeanSociety of Breast Echography

Trimestrale - Vol. XXIV n°2 2009

rivista di ostetriciaginecologia praticae medicina perinatale

Direttore ScientificoFelice Repetti

Comitato ScientificoGiovanni BrigatoAntonio ChiànteraCarlo Sbiroli

Direttore ResponsabileEva Antoniotti

Coordinamento redazionaleArianna Alberti

PubblicitàPubliem SrlCentro Direzionale ColleoniPalazzo Perseo 1020041 Agrate (Milano)Tel. 039.6899791 - Fax 039.6899792

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Via Vittore Carpaccio, 18 - 00147 RomaTel. 06.594461 Fax [email protected]

Progetto graficoSilvia de Toma

StampaArtigrafiche srlPomezia (Rm)

Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)

Art. 1, comma 1, DCB Roma

Reg. Trib. di Milano del 30.07.1986 n. 425

Finito di stampare: settembre 2009Tiratura 6.500 copie

In copertina, particolari delle seguenti opere:Giovanni da MilanoNatività, 1365Giovanni FattoriRitratto della figliastra, 1889Leonardo da VinciStudio per una testa di donna, 1483Egon SchieleWally in camicia rossa, 1913Gino SeveriniBambina con coniglio, 1922

Raffaello SanzioMadonna del Granduca, 1506Amedeo ModiglianiRitratto di giovinetta, 1916Gustav KlimtGiuditta, 1918Arnold SchonbergRitratto di Gertrud Schonberg, 1930Daniele Gabriele RossettiPandora, 1879

Tamara de LempickaLe due amiche, 1928Johannes VermeerRagazza con turbante, 1660Felix VallottonDonna con cappello nero, 1908Raffaello SanzioLa Velata, 1514SassoferratoMadonna 1670

2Risonanza magnetica nello studio fisiopatologicodel pavimento pelvico

R. Zarbo, S.R.M. Abruzzo, T.G. Tomaselli, A. Garufi, G.D. Priolo,M.L. Mandala’ , P. Scollo

8Tecnologie biomolecolari nella diagnosi delle neoplasieginecologiche: dalla PCR alla real time

A. Tinelli, G. Leo, C. Petrelli, S. Malerba, G. Capone, F. Storelli, M. Pisanò

15Screening ecografico nel I trimestre: nostra esperienza

R.M. Di Lauro, C. Matarazzo, M. Foppoli, E. V. Scotti, Benedetto De Pasquale

20Trattamento scleroembolizzante del varicocele pelvico femminilee della sindrome da congestione pelvica

A. Tinelli, R. Prudenzano, M. Torsello, F. Nicolaci, C. A. De Marzi, F. Totaro Aprile,A. Malvasi, F. G. Tinelli

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INTRODUZIONE

Le disfunzioni del pavimento pelvico inclu-dono un eterogeneo gruppo di condizionipatologiche molto frequenti e prevalenti nel-le donne pluripare ed in peri e postmeno-pausa, anche se non ne sono affatto esenti ledonne più giovani. Tali disfunzioni sono par-ticolarmente correlate al danno neuromusco-lare dello elevatore dell’ano (che rappresen-ta il maggiore supporto statico e dinamicodegli organi pelvici) ed alla lesione acuta e/ocronica dei supporti fasciali e ligamentosi deivisceri.Il fattore etiopatogenetico più importante èil parto; altri importanti fattori di rischio so-no la menopausa, l’obesità, le malattie respi-ratorie croniche ostruttive e tutte le altre con-dizioni acute o croniche che determinano au-mento della pressione addominale.Le alterazioni della statica pelvica possonoesprimersi come prolasso genitale, inconti-nenza o ritenzione urinaria o fecale, dolorepelvico cronico e disfunzioni sessuali (preva-lentemente dispareunia).Data l’incompleta comprensione della fisio-patologia e non indifferente tasso di recidi-va, le tecniche d’ imaging possono dare unnotevole ausilio nella valutazione e obietti-vazione dei casi clinici, specialmente quellipiù complessi con deficit multicompartimen-tali, influenzando le scelte terapeutiche e for-nendo metodi obiettivi di valutazione dei ri-sultati.

I metodi d’imaging più adottati sono quelliforniti dalla radiologia tradizionale (uretroci-stografia minzionale e a catenella, defecogra-fia e la uretrocistocolpodefecografia o peri-neografia sec. Betoux) e dall’endoscopia (ure-trocistoscopia e anorettoscopia).Metodiche più recentemente adottate in que-sto ambito sono l’ecografia e la risonanza ma-gnetica (RM) pelviperineale.La RM, tecnica diagnostica basata sull’uso dicampi elettromagnetici, consente un imagingmultiplanare (immagini secondo piani sagit-tali, coronali, assiali e obliqui), multiparame-trico e con elevata risoluzione di contrasto.La possibilità di ottenere acquisizioni sui treassi corporei principali garantisce una com-pleta ed anatomicamente precisa raffigura-zione dei compartimenti pelvici anteriore,centrale e posteriore.Il recente sviluppo di sequenze rapide (fastimaging) permette di valutare, in un unicoesame e in tempi brevi, l’intera pelvi, sia dalpunto di vista morfologico che dinamico (2).L’accettabilità è elevata, a meno che la pa-ziente non sia claustrofobica; non si utilizza-no mezzi di contrasto, non espone a radia-zioni ionizzanti ed, infine, ha tempi di ese-cuzione relativamente brevi .La RM ha delle controindicazioni assolute (pa-zienti portatrici di pace-maker e di protesi va-scolari metalliche ferromagnetiche) ed è me-todica ad alto costo, quindi non sempre dis-ponibile nel territorio.

Risonanza magnetica nello studiofisiopatologico del pavimento pelvico

Rosario Zarbo, Simona Rosa Maria Abruzzo, Tiziana Grazia Tomaselli, Antonio Garufi*,Maria Luisa Mandalà*, Paolo Scollo*

* U.O.C. Diagnostica per Immagini - A.O.”Cannizzaro”- Catania**U.O.C. Ostetricia e Ginecologia - A.O.”Cannizzaro”- Catania

RiassuntoObiettivo: Lo studio si propone di valutare leinformazioni acquisite mediante imaging conRisonanza Magnetica del pavimento pelvicofemminile sia statica che dinamica mediantedifferenti stimoli fisiologici e provocati.Materiali e metodi: Sono state studiate 25donne, di età compresa tra 28 e 62 anni, plu-ripare con patologia del pavimento pelvico.La RM è stata effettuata con magnete super-conduttivo da 1,5 Tesla (Philips INTERA, Eind-hoven NL) e le immagini sono state ottenuteutilizzando la bobina per il corpo (Phased Ar-rary) a quattro canali. Sono state eseguite se-quenze morfologiche, seguite dalla fase distudio dinamico basata sull’acquisizione d’im-magini con sequenze veloci T2, Single ShotTurboSpin Echo fast 2D pesate in T2 (TR 1247TE 325 - TSE factor 136 – FOV 375 - Flip angle9 - NEX 1) eseguite sul piano sagittale in trediverse fasi funzionali: durante il riposo, il pon-zamento e la contrazione.Risultati: Lo studio RM, utilizzando piani di ri-ferimento tracciati sulle immagini T2 sagitta-li (linea pubococcigea e reperi mobili H ed M),ha evidenziato 5 casi di ipermobilità uretra-le, 12 casi di cistocele 4 casi di patologia delcompartimento medio (2 isterocele e 2 pro-lasso di cupola), 2 di rettocele di grado mo-derato, 1 caso di enterocele ed infine 1 ca-so di grave ernia perineale.Conclusioni: Le sequenze dinamiche RM per-mettono una innovativa visualizzazione del

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Altro aspetto, relativamente, negativo è de-terminato dal fatto che l’esame viene condot-to in posizione clinostatica per cui un even-tuale “descensus” può venire sottostimato. At-tualmente, studi condotti con magneti open,che consentono la posizione semiassisa del-la paziente, non determinano sostanziali van-taggi (1).

MATERIALI E METODI

Presso la sezione di Risonanza Magnetica del-l’U.O. di Diagnostica per Immagini dell’Az.Ospedaliera “Cannizzaro” di Catania sono sta-te studiate 25 donne, di età compresa tra 28e 62 anni, pluripare con patologia del pavi-mento pelvico. Di queste, 10 erano già statesottoposte a cistografia minzionale, 3 a defe-cografia e 20 a studio urodinamico. Tutte era-no state valutate clinicamente dal punto divista uro-ginecologico.La RM è stata effettuata con magnete super-conduttivo da 1,5 Tesla (Philips INTERA, Eind-hoven NL) e le immagini sono state ottenuteutilizzando la bobina per il corpo (Phased Ar-rary ) a quattro canali.In tutte le pazienti, a digiuno da 12 ore, è sta-to eseguita distensione della vescica con ac-qua tramite catetere trans-uretrale ed in alcu-ne pazienti si è provveduto all’introduzionedi gel in canale rettale. In tre pazienti con so-spetto isterocele è stato introdotto gel in va-gina. Quindi le pazienti, con vescica repleta,

sono state posizionate sul lettino della RM,supine e con ginocchia semiflesse.L’esame ha previsto sia una fase di studiomorfologico, che una fase di studio dina-mico.La fase di studio morfologico è stata esegui-ta utilizzando tecnologia SENSE con sequen-ze T1 assiali (TR550 ms TE14 ms flip - Angle90° - FOV 350 - Matrice 256 x256 - NEX 3 )T2 sagittali TSE ed in soppressione del segna-le del grasso (SPIR) ed assiali TSE (TR 3500TE 90 – Filp Angle 90° - TSE factor18 matri-ce 256 x 256).La fase di studio dinamico è basata sull’ac-quisizione d’immagini con sequenze veloci,registrate sul piano sagittale in tre diverse fa-si funzionali: durante il riposo, il ponzamen-to e la contrazione, ottenendo in tal modoun’acquisizione cine-dinamica.Sono state quindi eseguite sequenze SingleShot TurboSpin Echo fast 2D prevalentemen-te pesate in T2 (TR 1247 TE 325 - TSE factor136 - FOV 375 - Flip angle 90 - NEX 1 ) 15slice sui piani sagittali sia in fase di riposoche durante ponzamento. Ogni sequenza harichiesto mediamente 20 secondi.Per ogni paziente, sulle immagini sagittali, so-no tracciati punti di repere che permettonodi diagnosticare alla RM la presenza di even-tuali prolassi dei visceri pelvici (figg. 1-2).Il primo punto di repere è la linea pubo-coc-cigea (PCL), tracciata dal margine inferiore

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pavimento pelvico, e quindi aggiunge im-portanti dati nella valutazione delle diver-se interazioni delle strutture e del grado diprolasso.

Parole chiaveRisonanza MagneticaSequenze dinamichePavimento pelvicoProlasso

SummaryMagnetic Resonance in the static anddynamic study of pelvic floorPurpose: the purpose of this study is to eva-luate the information acquired by imagingthrough magnetic resonance (MR) of the fe-male pelvic floor – static and dynamic – un-der different physiological and induced sti-muli.Materials and methods: 25 multiparous wo-men aged between 28 an 62 with pelvic floordisease have been examined. MR was carriedout with a super-conductive magnet of 1,5Tesla (Philips INTERA, Eindhoven NL) and theimages were obtained with a 4 channel bob-bin for the body (Phased Arrary). The morfo-logical sequences were followed by a dyna-mic phase based on quick sequence imagesT2 Single Shot TurboSpin Echofast 2D in T2(TR 1247 TE 325 - TSEfactor 136 – FOV 375 -Flip angle 9 - NEX 1) upon a sagittal surfacein three different conditions: at rest, understress and contracted.Results: MR using two reference surfaces onT2 sagittal images (H ed M) has evidenced 5cases of metrial hypermobility, 12 cases of ci-stocele, 4 cases of median compartment’s pa-thology (histerocele and proplapse of the va-ginal cupola), 2 of moderate rectocele, 1 ca-se of enterocele and 1 severe case of perinealhernia.Conclusions: Dynamic MR sequences offer aninnovative presentation of the pelvic floorand thus adds important data regarding struc-tural interactions and prolapse grades.

KeywordsMagnetic ResonanceDinamyc SequencesFemale Pelvic FloorProlapse

FIGURA 1. Rappresentazione schematica dei reperi anatomici e delle lineeutilizzate (3)

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della sinfisi pubica all’ultima articolazione delcoccige, e rappresenta il livello del pavimen-to pelvico (1-5).La distanza tra tale linea e il collo vescicale,la cervice e la giunzione ano-rettale vengo-no misurate sulle immagini ottenute a ripo-so e sotto sforzo e quantificano il grado diprolasso.Il grado di prolasso è stato classificato, in ba-se alla discesa del viscere al di sotto di talelinea, come lieve, se esteso per meno di 3 cm(gradi 1-2 della classificazione di Baden-Wal-ker), moderato se tra i 3 e i 6 cm (grado 3 diBaden-Walker) e grave se oltre i 6 cm (gradi3-4 della classificazione di Baden-Walker) (5).Altre misurazioni (reperi mobili) sono rap-presentate dalla linea H e dalla linea M cheaiutano nella conferma della lassità del pavi-mento pelvico.La linea H definisce la larghezza antero-po-steriore dello iato elevatore ed è tracciata dalmargine inferiore della sinfisi pubica alla pa-rete posteriore del retto a livello della giun-zione ano-rettale. La linea M, tracciata per-pendicolarmente alla PCL si congiunge alpunto più posteriore della linea H e defini-sce la discesa del piano elevatore al di sottodella PCL (3).Entrambi queste linee si allungano durantemanovra di Valsalva se è presente una lassi-tà del pavimento pelvico.

Si valuta quindi la larghezza dello iato eleva-tore, misurata nel punto di maggiore esten-sione nelle immagini in sezione assiale, a li-

vello del collo vescicale e dell’uretra prossi-male e la variazione dell’angolazione dell’as-se uretrale all’aumentare della pressione ad-dominale; tale parametro (valore normale in-feriore a 115°) serve per la diagnosi della sin-drome da ipermobilità uretrale.Sulla base dei reperi RM, è stato definito il ti-po (anteriore, centrale, posteriore), l’entità(lieve, moderato, grave) del prolasso e l’or-gano/i prolassato/i.In genere la migliore valutazione delle strut-ture pelviche e’ ottenuta mediante immaginisagittali, mentre la visualizzazione del piat-to dell’elevatore dell’ano e l’opportunità diapprezzarne l’integrità ed il posizionamen-to ed eventuale asimmetria del perineo di-scendente viene valutata secondo piani co-ronali (Figura 3).Con le sequenze assiali si visualizza il nor-male aspetto a farfalla della vagina quandola “fionda” puborettale è integra. La porzio-

ne antero-esterna dello sfintere uretrale e illigamento trasverso uretrale supportano laporzione anteriore dell’uretra e fanno par-te dei meccanismi di continenza estrinseca(Figura 4).

RISULTATI

L’indagine RM è risultata, in tutti i casi, diqualità sufficiente a consentire la visualizza-zione delle strutture anatomiche normali del-la pelvi e le variazioni fisiologiche indotte dal-la manovra di ponzamento addominale.La valutazione RM ha evidenziato:1. ipermobilità uretrale: 5 casi2. alterazioni isolate del compartimento an-

teriore: 12 casi di cistocele3. alterazioni isolate del compartimento me-

dio: 4 casi, di cui 2 di isterocele e 2 diprolasso di cupola

4. alterazioni isolate del compartimento po-steriore: 3 casi, di cui 2 di rettocele di gra-do moderato e 1 caso di enterocele

5. alterazioni pluricompartimentali: 1 casodi grave ernia perineale.

Le dimensioni delle linee H ed M sono va-lutabili in cm. 6 e cm. 2 circa e sono aumen-tate in modo più netto durante ponzamen-to nel gruppo di donne con prolasso.In tutti i casi la RM ha confermato i dati evi-denziati dall’esame obiettivo pelvico; in par-ticolare i dati di gravità clinica del prolas-so, definiti sulla base della classificazionedi Baden-Walker, sono risultati sovrapponi-bili alla gradazione RM della gravità del pro-lasso. In 7 casi la RM ha rivelato la presen-za di alterazioni associate (isterocele ed en-terocele) non diagnosticati all’esame obiet-tivo.

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FIGURA 2. PCL: linea pubococcigea.H: distanza tra pube e canale analeposteriore. M: misura deldescensus dell'elevatore dalla PCL

FIGURA 3. RM coronale: elevatore dell’ano e l’angolo dell’elevatore dell’ano

FIGURA 4. RM coronale: pazienteincontinente con perineodiscendente e perdita dell’angoloelevatore dell’ano

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DISCUSSIONE

La RM si è, quindi, dimostrata metodica digrande rilevanza per lo studio e per la com-prensione della complessa patologia disfun-zionale della pelvi.La multiplanarità e l’elevata risoluzione dicontrasto permettono di visualizzare con-temporaneamente le componenti visceralie molte delle strutture muscolo-legamento-se dei tre compartimenti pelvici, superan-do i limiti delle altre metodiche sopramen-zionate.L’evoluzione tecnologica ha consentito l’u-so di sequenze veloci ideali per eseguire stu-di dinamici durante la manovra di Valsalvae in fase minzionale o defecatoria, in gradodi riprodurre le situazioni fisiologiche re-sponsabili della comparsa dei sintomi (2).La RM dinamica si è dimostrata metodica diimaging di scelta per la valutazione e la sta-diazione della disfunzione del pavimentopelvico e per la pianificazione preoperato-ria in pazienti che sono stati sottoposti a pre-cedenti interventi sul pavimento pelvico.Il nostro studio è stato focalizzato soprattut-to alla patologia del compartimento pelvicoanteriore, ove la RM ha permesso di studia-re in particolare l’ipermobilità uretrale ed ilcistocele.L’ipermobilità uretrale è caratterizzata daun’eccessiva variazione dell’asse uretrale conl’incremento della pressione addominale: ariposo l’uretra è in posizione normale, masotto sforzo si disloca inferiormente. Ciò èdovuto principalmente ad una lesione deisupporti anatomici che stabilizzano l’uretraprossimale determinando una discesa rota-zionale dell’uretra, del collo vescicale e del-la base della vescica nello spazio retropubi-co. Ne consegue che la pressione vescicalesupera quella uretrale con conseguente pos-sibile fuoriuscita involontaria di urina (5).In 5 pazienti l’uretra, in posizione regolarea riposo, sotto stress si dislocava inferior-mente con conseguente modificazione del-l’angolo vescico-uretrale i cui valori risulta-vano superiori a 115°, riferiti come valori so-glia (Figura 5).Il cistocele (Figure 6 a,b) è ben documenta-bile in RM grazie alle immagini dinamicheeseguite a riposo e sotto stress sulla basedell’iperintensità di segnale dell’urina.

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FIGURA 5. RM dinamica T2: Cistocele di grado moderato (inclinazione dell’asseuretrale > a 115°)

FIGURA 6A. RM sagittale dinamica: cistocele di II grado

FIGURA 6B. RM sagittale dinamica: cistocele di III grado

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Nei casi più gravi la parete posteriore dellavescica si sposta in basso e posteriormentesino a protrudere dall’ostio vaginale mentre,in condizioni normali, rimane al di sopra del-la linea pubo-coccigea.Per quanto riguarda il compartimento medio,la RM nelle immagini sagittali bene eviden-zia come normalmente la porzione prossima-le della vagina risulti orientata posteriormen-te con asse orizzontale (4).Nelle pazienti con prolasso, la vagina perdequesto normale orientamento, dislocandosiinferiormente con verticalizzazione del suoasse (Figura 7).Poiché le strutture pelviche sono rese solida-li dalle strutture muscolari e ligamentose, l’i-sterocele si associa alla discesa di altri orga-ni; infatti l’indebolimento del sistema di so-spensione e/o di sostegno provoca quasi sem-pre modificazioni anche nella posizione del-le altre strutture.Il rettocele è una protrusione anteriore delcontorno del retto per più di 2-3 cm al da-vanti di una linea tangente alla parete del ca-nale anale (Figura 8).Questa alterazione del compartimento poste-riore è ben documentabile con la RM dina-mica anche in corso di defeco-RM.Più che per l’evidenza degli organi prolassa-ti, apprezzabili anche con le altre metodichedescritte in precedenza, la RM si è dimostra-ta metodica utile per la possibilità di visua-lizzare, in modo panoramico, anche le strut-ture muscolo-legamentose, con il vantaggiodello studio morfologico dei prolassi e dellealterazioni disfunzionali del pavimento pel-vico (3).L’analisi combinata delle immagini RM stati-che e dinamiche di pazienti con patologia delpavimento pelvico ha permesso l’identifica-zione delle anomalie morfologiche con le spe-cifiche disfunzioni.Un limite non indifferente della RM è costi-tuito dalla incompleta riproducibilità di alcu-ne situazioni fisiologiche (ortostatismo, fasi min-zionale e/o defecatoria), che sono, a volte, lesole in grado di rendere evidente un deficit fun-zionale altrimenti non individuabile.Già da diversi anni, però, è stata proposta laRM a paziente seduto all’interno del gantrycon magneti aperti a basso e medio campo(0.5 Tesla) (1).Recentemente, l’avvento di magneti aperti ad

FIGURA 7. Prolasso vaginale; aumento dell’angolo dell’asse vaginalesotto ponzamento (P. isterectomizzata)

FIGURA 8. RM dinamica sagittale: rettocele

FIGURA 9. RM dinamica coronale: protrusione e prolasso vescica e anseintestinali accentuati dopo ponzamento (ernia perineale).Assottigliamento e bulging del m.elevatore dell’ano

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alto campo (1.5Testa) ha sicuramente miglio-rato la qualità delle immagini specie per ilmiglioramento della risoluzione spaziale ol-tre che, ovviamente, della risoluzione di con-trasto.

CONCLUSIONI

La nostra esperienza, con casistica varia, malimitata, pur evidenziando bene le patologieriscontrate e esplicitando le notevoli poten-zialità della metodica, in particolare nelle im-magini dinamiche, non permette di avanza-re proposte conclusive in quanto necessita diun ampliamento delle osservazioni al fine diottenere delle valutazioni statistiche affidabi-li; pertanto è da considerare work in progress.

Ci siamo programmati, infatti, di ampliare lostudio al fine soprattutto di validare il ruolodella metodica RM nella valutazione pre epostchirurgica e nel follow-up della patolo-gia del pavimento pelvico.

BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

Il termine “oncologia” deriva dal greco ón-cos = massa e logos = studio ed è quella bran-ca della medicina che si occupa dello studiodelle neoplasie. L'oncologia si divide a suavolta in due discipline che hanno caratteristi-che diverse ma sono tra loro complementa-ri. L’oncologia sperimentale che individuatutte quelle specialità che studiano i mecca-nismi molecolari alla base delle neoplasie,e l’oncologia clinica che individua tutte quel-le specialità mediche che si occupano delladiagnosi e del trattamento terapeutico deitumori.Dal punto di vista biologico, un tumore ma-ligno è caratterizzato da una incontrollata ri-produzione cellulare, a sua volta determina-ta da una cessazione di risposta ai meccani-smi di controllo di proliferazione, per dannia carico del patrimonio genetico cellulare.I tumori, nonostante il meccanismo biologi-co di sviluppo sia unico, possono manifestar-si in molteplici modi; costante è però l’au-mento del numero di cellule cancerose, do-vuto alla maggiore velocità di riproduzionecellulare, motivo per cui un maggior nume-ro di cellule tumorali si moltiplica ed un mi-nor numero di esse muore, mentre quelle chesopravvivono continuano a moltiplicarsi. Lacrescita tumorale segue una impostazionegeometrica: è molto lenta all'inizio, ma acce-lera all'aumentare della massa del tumore. Ladimensione critica di un tumore è di circa 1

centimetro cubico, raggiunta tale dimensio-ne il tumore inizia a crescere molto veloce-mente e a dare luogo ai primi sintomi, e di-venta diagnosticabile mediante visite medi-che ed analisi biochimiche e strumentali. Al-l’anatomia patologica spetta il compito di con-fermare la natura, il grado di malignità (o gra-ding) e l’estensione (o staging) del tumore,in particolare attraverso l’esame istologico deitessuti che ormai viene integrato da tecni-che molecolari di indagine gnomica che scan-dagliano gli acidi nucleici (DNA ed RNA) e/osi concentrano sullo studio proteomico del-l’espressione proteica.In questo articolo, spiegheremo meglio qua-li sono le indagini strumentali molecolari piùutilizzate in ambito genomico per lo studiodelle neoplasie ginecologiche (1-3).

LA SCOPERTA DELLA PCRNELLA DIAGNOSTICA MOLECOLARE

Nel 1983 Kary Banks Mullis, un biochimicostatunitense, risolveva il problema principa-le della genetica del tempo, cioè quello del-le troppo esigue quantità di DNA di cui glioperatori disponevano per effettuare i lorostudi sul genoma. I metodi allora esistenti,per aumentare la quantità di DNA, infatti era-no lunghi, molto complessi, imprecisi e co-stosi.Lo scienziato ispirandosi ai meccanismi di re-plicazione del DNA, che avvengono nella cel-lula, per la prima volta parlò di PCR (Polime-

Tecnologie biomolecolari nella diagnosidelle neoplasie ginecologiche:dalla PCR alla real time

Andrea Tinelli, Maurizio Pisanò°, Sara Leo°, Valeria Mezzolla°, Stefania Malerba°, Claudia Petrelli°,Marilena Galante°, Fabio Storelli°, Giuseppe Leo°

Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia, Ospedale Vito Fazzi, ASL Lecce° Laboratorio di Biologia Molecolare e Oncologia Sperimentale (LBMOS), Ospedale Vito Fazzi, ASL Lecce

RiassuntoUna neoplasia è caratterizzata da una in-controllata riproduzione cellulare, per unacessazione di risposta ai meccanismi di con-trollo di proliferazione, in seguito a dan-ni a carico del patrimonio genetico cellu-lare. Lo studio di tali passaggi prevede l’u-tilizzo corrente di tecniche di biologia mo-lecolare, attualmente imprescindibile inogni determinazione clinico-scientifica.La moderna biologia molecolare si avvaledi sistemi di clonazione e di studio geno-mico degli acidi nucleici messi a punto agliinizi degli anni 80 e via via sviluppati sinoai giorni nostri, sulla scorta di geniali in-tuizioni e ripetuti tentativi in laboratorio.In questo articolo parleremo della nascitadella PCR (Polimerase Chain Reaction), delsuo continuo sviluppo sino alla messa apunto della metodica automatizzata del-la Real Time, delle varie indagini moleco-lari sul DNA e sull’mRNA, mediante il re-cupero da frammenti congelati o paraffi-nati o da sangue o campioni tissutali.

Parole chiaveOncologia ginecologicaDNAmRNABiologia molecolareReal TimeParaffina

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rase Chain Reaction) e, in una delle più an-tiche e prestigiose riviste americane di divul-gazione scientifica, Scientific American, pub-blicò un articolo in cui scriveva: “Iniziandoda una singola molecola di DNA, la PCR è ingrado di generare 100 bilioni di molecole si-mili, in un solo pomeriggio. La reazione èsemplice da eseguire. Essa richiede solo unaprovetta, alcuni semplici reagenti e una fon-te di calore. Il DNA che si desidera copiarepuò essere puro, oppure può essere una pic-cola parte di una miscela estremamente com-plessa di materiale biologico. Il DNA può pro-venire da un campione tissutale ospedaliero,può essere prelevato da un singolo capello,da una goccia di sangue essiccato rilevato sul-la scena del crimine, può provenire da tes-suti celebrali imbalsamati o da fossili di restidi mammouth congelati nei ghiacciai e risa-lenti a 40.000 anni fa”.Con queste brevi righe lo scienziato mettevaquindi in risalto, non solo l’estrema sempli-cità della tecnica, ma anche la sua enormeversatilità e molteplicità di impiego. (4)Il 13 ottobre 1993 la Royal Swedish Academyof Science assegnò il premio Nobel per laChimica al Dr. Mullis, per la sua invenzionesulla PCR e al Professor Michael Smith per lamessa a punto di tecniche di mutagenesi si-to specifiche.È da tale momento che la biologia moleco-lare ricevette un forte sviluppo, tale da cam-biare radicalmente l’approccio allo studio de-gli acidi nucleici, conclusosi poi con il pro-getto Genoma Umano (con una non previ-sta grande accelerazione sui tempi di attua-zione).La possibilità di disporre di quantità virtual-mente illimitate di un determinato frammen-to di DNA, anche nel caso di materiale di par-tenza estremamente esiguo o danneggiato daprocessi di degradazione, ha di fatto reso que-sto procedimento come una delle scopertepiù importanti di tutti i tempi nel campo del-la biologia molecolare.Dal punto di vista tecnico, la PCR è un pro-cesso in vitro che permette, attraverso l’uti-lizzo di una DNA Polimerasi, l’amplificazio-ne di un target a DNA o anche ad RNA, pre-via retrotrascrizione in cDNA, utilizzando l’en-zima Retrotrascrittasi (RT-PCR). (5-7)Nelle prime tecniche di amplificazione veni-va usata la DNA Polimerasi I di E. Coli, un

enzima di 109 kDa privato però, dei primi323 amminoacidi posti all’N-terminale. Conun enzima dotato di tale attività infatti, si an-dava incontro al rischio della degradazionedei primers, quindi è stato preferito andare amodificare tale proteina rimuovendo questaparte cataliticamente scomoda.Per tale motivo, si è assegnato a questa Po-limerasi, il nome di Frammento di Klenow,rappresentando essa, solo una parte (un fram-mento appunto) dell’intero enzima. Tuttaviaun limite importante di questa Polimerasi mo-dificata era la sua termolabilità alle alte tem-perature raggiunte durante le fasi di denatu-razione, che costringeva l’operatore a dover-la aggiungere a ogni ciclo e che impediva al-l’intero metodo di essere duttile (8).La soluzione a tale problema si ebbe più tar-di, con la scoperta, nelle calde acque dellesorgenti geotermiche del Parco Nazionale diYellowston (uno dei più grandi ecosistemiintatti della zona temperata presenti sullaTerra, negli USA) di una forma di vita estre-mofila, un batterio, il Thermophilus aquati-cus. (4,9).Nel 1969 due ricercatori, Thomas Brock eHudson Freeze, che lavoravano per l’Univer-sità dell’Indiana, riportarono in letteratura, l’e-sistenza di questo batterio a cui si interessòin particolar modo Mullis che all’inizio deglianni ’80 stava tentando di perfezionare il me-todo della PCR.In quel periodo, Mullis lavorava per la Ce-tus Corporation, in California, una delle piùantiche e importanti compagnie bio-tecnolo-giche del Mondo; il dr. Mullis intuì che, uti-lizzando la DNA polimerasi del Thermophi-lus aquaticus, avrebbe potuto evitare di ag-giungere a ogni ciclo l’enzima, in quanto, laTaq -nome che fu dato a questa polimerasi -era termostabile e manteneva la sua attivitàfino a una temperatura massima di 97,5°C peralmeno 5-6 minuti. A temperature leggermen-te più basse, invece, la funzione enzimaticaviene conservata per tempi maggiori e piùprecisamente a temperature di 92°C si osser-va un dimezzamento dell’attività catalitica do-po ben 130 minuti, mentre a 95°C dopo 40minuti. Inoltre l’efficienza dell’enzima, calco-lata come numero di nucleotidi incorporatial secondo, aumentava proporzionalmentecon la temperatura e mostrava un optimuma 72°C ( con 150 nt/sec): a 55°C si aveva un

SummaryBiomolecular Technologies inGynecological Tumor Diagnosis:from PCR to Real TimeA tumor is characterized by an uncontrol-led cellular reproduction, for a stop in theproliferating control mechanisms, for aDNA damaging in the genomic heritage.The study of such passages foresees the uti-lization of techniques of molecular bio-logy, currently strictly linked to each scien-tific and clinical evaluation.The modern molecular biology avails ofcloning systems and of genomic study ofnucleic acids, adjusted since the beginningof 80’, and successively developed till toour days, basing on genial intuitions andrepeating laboratory attempts. In this ar-ticle, we discuss on the newborn of PCR(Polimerase Chain Reaction), on its deve-loping till to the current automatic methodcalled Real Time, of the various molecularexams on DNA and mRNA, by their reco-vering in frozen sections or in paraffinedtissues or in bloody samples or in tissue col-lections.

KeywordsGynecologic oncologyDNAmRNAMolecular biologyReal TimeParaffine

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efficienza di 24nt/sec, mentre a 70°C di60nt/sec. (4,10)Con tali evidenze, Mullis realizzò la possibi-lità di automatizzare il processo di amplifica-zione del DNA, riuscendo a coniugare velo-cità e specificità, in quanto difficilmente le al-te temperature consentono la formazione diappaiamenti aspecifici fra gli acidi nucleici.Questo permetteva ai primers di andare a le-garsi a regioni specifiche del DNA, che quin-di venivano duplicate esponenzialmente aogni ciclo. (10,11)

L’UTILITÀ DALLA CLASSICA PCRE LIMITI DELLA TECNICA

Da quanto enunciato, appare evidente che laPCR resta una tecnica molecolare che per-mette di amplificare selettivamente, median-te una reazione a catena, sequenze di DNAo RNA di interesse clinico, che successiva-mente possono essere processate in mododiverso in base al tipo di scopo.La possibilità di automatizzare tale processomediante l’utilizzo della Taq, ha portato all’i-deazione di una macchina programmabile, iltermociclatore, grazie alla quale si possonoimpostare le diverse temperature del proces-so insieme ad altri parametri (tempo, ramprate, ect…)(12).Il processo di amplificazione si articola in trefasi distinte che avvengono a temperature dif-ferenti:• Denaturazione (94-95°C): durante questa fa-

se si ha l’apertura della doppia elica diDNA, quindi il DNA passa da doppio a sin-golo filamento.

• Annealing (40-68°C): la temperatura dellafase di annealing può variare e viene cal-colata sulla base della temperatura di mel-ting dei primers, che viene chiamata tem-peratura di dissociazione ed è indicata con“Td”. La temperatura di dissociazione equi-vale alla temperatura alla quale i primerssi trovano per il 50% della loro lunghezza,in forma denaturata. Il calcolo che vieneeseguito per stabilire la temperatura di an-nealing, cioè la temperatura alla quale i pri-mers andranno ad appaiarsi con il DNAstampo (o template).

• Estensione (70-74°C): a questo punto si atti-va la Taq polimerasi che provvede ad al-lungare la sequenza di DNA a partire dal-l’estremità 3’-OH dei primers.

Grazie a questa cascata di eventi, tale tecni-ca appare dunque estremamente versatile eprecisa, giacché, a partire anche da una sin-gola molecola di DNA stampo, la PCR è ingrado di aumentare esponenzialmente laquantità di acido nucleico. (4,9,12)Partendo da una singola molecola di DNAdoppio strand, alla fine del processo, dopoun numero predefinito di cicli (n° cicli), siottengono un numero di copie dello stampopari a 2n.In questo modo, teoricamente, dopo 20 cicli,da una sola copia se ne sono formate 10 6 ,dopo 30 cicli 10 7, e così via di seguito. Ta-le andamento esponenziale spiega la grandesensibilità della PCR nella messa in evidenzadi quantità anche minime di DNA.Il numero di cicli impostabili, inoltre, varia aseconda delle necessità e della quantità dipartenza del campione di acido nucleico. Unciclo completo di amplificazione che com-prende le tre fasi, di denaturazione, annea-ling ed estensione, viene ripetuto solitamen-te da 25 a un massimo di 40 volte. Il limitesuperiore è imposto da alcuni problemi, cheelencheremo di seguito:• ingombro sterico (che aumenta la proba-

bilità di appaiamenti aspecifici dei primers)• terminazione dei primers nella mix di rea-

zione• diminuzione dell’efficienza dell’enzima nel

tempo. Inoltre l’accumularsi a ogni ciclo,di gruppi fosfato derivati dai precursori(dNTP), a seguito dell’incorporazione diquesti nel neo-filamento è anche un fatto-re che influisce negativamente sull’attivitàcatalitica dell’enzima che di conseguenzaviene inibita.

Da quanto detto appare evidente che è inu-tile superare i 40 cicli; nel caso in cui sia stret-tamente necessario disporre di una maggiorquantità di prodotto, la maniera corretta diprocedere consiste nell’allestire una secondareazione di PCR partendo dal primo amplifi-cato (4,13-15).

EVOLUZIONE DELLA PCR CLASSICA

NELLA ATTUALE METODICA DI

UTILIZZO

Il metodo proposto da Mullis, per superare ilimiti della classica PCR ha rivoluzionato, labiologia molecolare e la genetica, non soloper la sua estrema utilità e sensibilità, ma an-

che per la sua semplicità di realizzazione,considerando il numero limitato di reagentie di strumentazione richiesta.La miscela di reazione deve contenere sol-tanto:• DNA target, rappresentato da molecole di

DNA, cDNA, o da frammenti di questi chefanno da stampo per l’enzima. L’estratto diDNA può essere lineare o circolare, monoo bicatenario, integro o degradato.

• Primers (forward e reverse), cioè coppie disequenze oligonucleotidiche ottenute persintesi chimica e disegnate in modo tale dalegarsi specificamente al template delimi-tando la zona di interesse da amplificare.Ogni coppia di primers ha le sue concen-trazioni e condizioni ottimali di reazione,da determinare di volta in volta sperimen-talmente ai fini della messa a punto di unprotocollo di lavoro definitivo. Il disegnodei primers, oltre a essere deciso sulla ba-se dell’importanza clinico-diagnostica deltratto di DNA che si vuole amplificare, de-ve anche tener conto di altri parametri co-me la lunghezza e la composizione in ba-si. Primers che superino di molto i 16nt diampiezza o che contengano tratti di se-quenze complementari alle due estremità,possono formare strutture secondarie ab-bastanza stabili causate da appaiamenti in-tramolecolari che diminuirebbero di con-seguenza, la loro capacità di legarsi al tem-plate, quindi l’efficienza della reazione.

• Desossiribonucleotidi, i “mattoni” con i qua-li la polimerasi costruisce ex novo, parten-do dal primer e scorrendo lungo il target,nuove sequenze nucleotidiche.

• DNA polimerasi; è importante ricordare cheoltre alla Taq, sono oggi disponibili diver-se Polimerasi termostabili (estratte da altrimicrorganismi termofili) solitamente inge-nierizzate per migliorarne le performances.

• Soluzione tampone per PCR, costituita daKCl, Tris-HCl e MgCl2 in concentrazioni di-verse in relazione al protocollo sperimen-tale. Molto importante è la concentrazionedello ione magnesi che va ottimizzata inrelazione alla presenza di agenti chelanti(EDTA) e di ioni carichi negativamente.

Con questi accorgimenti Mullis poteva dis-porre, con la PCR, in non più di tre ore, dinotevoli quantità di DNA, da sfruttare per of-frire importanti informazioni diagnostiche e

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di studio (4,9-12).Usando primer specifici egli poteva identifi-care la presenza di un virus o di batteri, an-che in quei pazienti in cui non si era ancoraespressa una risposta immunitaria. (16,17)Con la PCR si possono attualmente identifi-care inoltre mutazioni a carico di alcuni ge-ni per il controllo della crescita cellulare, equindi implicati nell’insorgenza dei tumori(18-22).L’analisi di sangue e di campioni di sperma-tozoi attraverso la PCR può fornire informa-zioni in casi di aggressioni e violenze carna-li; inoltre, tale metodica, permette l’analisi ela ricostruzione del DNA prelevato da cam-pioni antichi, amplificandone i rari frammen-ti sopravvissuti (10,23).

NASCITA DEI SISTEMI REAL TIME

Arrivati a questo punto, è necessario specifi-care, che come tutte le tecniche sperimenta-li innovative, anche la PCR è andata incon-tro a un processo di evoluzione che permet-te oggi di distinguere fra PCR classica e siste-mi Real Time.La differenza fra le due tecniche è nel meto-do adottato per la rilevazione, che nel primocaso viene effettuata recuperando l’amplifi-cato al termine della PCR (appunto per que-sto, la PCR classica viene anche chiamata PCRall’end point) (4,24).Quindi, gli amplimeri vengono fatti correreall’interno di un gel per elettroforesi di aga-rosio o di poliacrilammide (PAGE) in base altipo di definizione che si vuole ottenere.È possibile di conseguenza, fare analisi qua-litative e quantitative del prodotto riservan-do uno o più pozzetti del gel per il carica-mento di controlli, che possano essere da ri-ferimento per stabilire la lunghezza dei fram-menti amplificati e indicativamente la loroconcentrazione (25).Nel sistema Real Time l’analisi quantitativaavviene già durante il processo di amplifica-zione e viene direttamente rilevata da un soft-ware, in quanto il Light Cycler è collegato aun computer, che permette all’operatore divisualizzare l’andamento della reazione sul-lo schermo (26).L’analisi quantitativa è estremamente precisae al termine del processo di amplificazione ilsistema calcola la temperatura di melting del-l’amplimero, cioè quella temperatura alla qua-

le il frammento di DNA amplificato è per il50% della sua lunghezza denaturato.La temperatura di melting è una misura im-portante in quanto permette di fare l’analisiqualitativa del prodotto di amplificazione el’utilizzo dell’HRMM, si basa proprio sull’e-laborazione fine di questo parametro.La possibilità di disporre già durante il pro-cesso di amplificazione, di informazioni quan-titative, è data su un dispositivo di rilevazio-ne della fluorescenza, che viene emessa daopportuni fluorofori, che vengono aggiuntialla miscela di reazione (27,28).Per meglio chiarire quanto detto sul sistemadi rilevazione è bene approfondire le carat-teristiche dei fluorofori utilizzati nei sistemiReal Time, considerando vari aspetti, tra cuiaccuratezza e costi, cercando magari di evi-denziare nell’HRMM il giusto compromessotra l’alta risoluzione dell’informazione data eil risparmio economico.

REAL TIME CON LA SYBR GREENSi tratta di un noto colorante fluorescente uti-lizzato nella biologia molecolare per vari sco-pi, quali identificazione delle bande di DNAnella gel elettroforesi, analisi quantitative diDNA in soluzione e nella Real Time viene im-piegato per seguire le reazioni di amplifica-zione.Si tratta di un composto organico aromaticofacente parte del gruppo delle canine asim-metriche, molecole dotate di attività fluoro-fora.Per le sue caratteristiche il SYBR GREEN è uncolorante aspecifico simile all’etidio bromu-ro, ma presenta una sensibilità nella rileva-zione, 25 volte maggiore rispetto all’etidiobromuro e si pensa sia meno pericoloso ri-spetto a quest’ultimo, che viene indicato co-me potente mutageno.Ufficialmente, il SYBR GREEN viene conside-rato “non pericoloso”, ma in virtù dell’eleva-ta affinità con la quale lega il DNA occorrecomunque prestare attenzione quando lo simaneggia, evitando assolutamente il direttocontatto con la pelle.Un’altra caratteristica, che lo rende privilegia-to rispetto al suo predecessore etidio bromu-ro, deriva dal fatto che la sua presenza nelDNA non impedisce l'attività di numerosi en-zimi, tra cui quelli di restrizione, le ligasi e leDNA polimerasi, né impedisce il trasferimen-

to dell'acido nucleico a membrane per ibri-dizzazioni (Southern Blot) se viene aggiunto0,1%-0,3% di SDS nei buffer di ibridizzazio-ne; inoltre tale molecola è membrana-per-meabile, cioè in grado di entrare in celluleancora in vita.Il SYBR GREEN si intercala nel DNA, prefe-ribilmente quando questo si trova nella suaforma a doppio strand e quindi non è moltoadatto per quantizzazioni di RNA o altro DNAcontaminante a singolo filamento (primers,dNTP derivanti da PCR).Una volta inseritosi all’interno della doppiaelica si viene così a formare il complessoSYBR GREEN-DNA, che presenta un massi-mo picco di assorbimento nel blu, a 488 nm.Segue un decadimento radioattivo con emis-sione di luce nel verde, e più precisamentecon un picco massimo a 522 nm. Altri picchidi assorbimento, sebbene più deboli, si tro-vano nella regione dell'ultravioletto (λ= 284nm e 382 nm).Oltre al SYBR Green originale, sono stati svi-luppati altri fluorofori simili leganti gli acidinucleici, tra cui:• SYBR Green II (lega preferenzialmente

DNA a singolo filamento e RNA); ha carat-teristiche simili al SYBR Green I ma ha unpicco di assorbimento a 497 nm)

• SYBR Gold• SYBR Safe (4,29)

REAL TIME CON LA HRMMHRMM (High Resolution Melting Master 480)è un prodotto che, mediante l’utilizzo delnuovo sistema denominato LightCycler 480real-time PCR, permette di ottenere curve dimelting estremamente accurate, tali da con-sentire l’individuazione di polimorfismi a sin-golo nucleotide (Single Nucleotide Polymor-phisms, o “snips”), cioè variazioni puntifor-mi della sequenza.Più precisamente l’HRMM è un fluoroforo chelega il DNA nella sua forma a doppio strand,e appartiene a una nuova famiglia di interca-lanti, che legano il template saturandolo, cioèinserendosi base-base lungo la sequenza delDNA.La formula chimica di questo intercalante, co-sì come le sue caratteristiche chimico-fisiche,sono attualmente un segreto industriale. Ladifferenza con i fluorofori tradizionalmentein uso, come SYBR GREEN ed Etidio Bromu-

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ro, è che questi si inseriscono in maniera ran-dom e non saturante nella doppia elica.Grazie a questa sua caratteristica saturante,rispetto ai suoi predecessori, l’HRMM è in gra-do di rilevare la presenza di eteroduplex chesi formano durante la PCR (per es. se il cam-pione è un eterozigote per una particolaremutazione).L’intercalante può essere utilizzato a elevateconcentrazioni in quanto non interferisce conil funzionamento della polimerasi.Fino ad oggi questa nuova generazione difluorofori è stata testata per svariati scopi, ot-tenendo ottimi risultati seppur con qualchelimitazione, che sarà approfondita più avan-ti (30,31).

INDAGINI MOLECOLARI

SU ACIDI NUCLEICI

Il primo passo verso l’indagine molecolaresugli acidi nucleici parte dall’estrazione e dal-la purificazione di questi dal campione, cheviene eseguita facendo uso di enzimi proteo-litici e solventi organici (10).Solitamente i campioni che giungono al la-boratorio sono prelievi di sangue, sia midol-lare che periferico (questo naturalmente di-pende dal tipo di ricerca che si sta conducen-do), scraping superficiali (ad esempio di cer-vice uterina o vulva), e tessuti di vario tipo(32-35), che prima di essere sottoposti al pro-tocollo di estrazione del DNA, vanno incon-tro a un trattamento preliminare più o menolungo, in base alle necessità imposte dalle ca-ratteristiche del tessuto stesso o a eventualitrattamenti precedenti del tessuto che, peresempio, può essere stato incluso in paraffi-na per esame istologico (36).Illustreremo, dunque, i vari protocolli adotta-ti in base al tipo di campione da analizzare.

RECUPERO DI DNA DA TESSUTI

INCLUSI IN PARAFFINA E DEPOSTI SU

VETRINO

La paraffina è un materiale ceroso, quindi in-solubile in acqua, è costituita da una misce-la di idrocarburi a catena lunga e solidi a tem-peratura ambiente.Tale composizione la rende particolarmenteresistente all’attacco di solventi chimici acidie spesso viene utilizzata per includere tessu-ti biologici in modo tale da ottenere, median-te taglio al microtomo, sottilissimi strati di tes-

suto che vengono depositati su vetrini e, pre-via colorazione, osservati al microscopio perindagini istologiche.Occorre innanzi tutto rimuovere, con vari pro-cedimenti, tale componente dal campione:questo è reso possibile solo mediante l’utiliz-zo di solventi organici date le caratteristichechimico-fisiche della paraffina.

RECUPERO DI DNADA TESSUTI CONGELATI

Fra i campioni pervenuti al laboratorio dibiologia molecolare, alcuni consistono dibiopsie di tessuti neoplastici generalmenteasportati a seguito di intervento chirurgicoo biopsia.I campioni vengono subito processati, oppu-re dopo conservazione a -80°C, per ritardareovviamente i processi di degradazione. Il pre-lievo del campione per la diagnosi moleco-lare è effettuato in area neoplastica, evitan-do per quanto possibile, zone necrotiche ocomponenti tissutali normali.La massa tumorale si presenta frequentemen-te come un tessuto eterogeneo: accanto adaree carcinomatose, possono essere presen-ti aree di necrosi, aree flogistiche e compo-nenti tissutali normali. La possibilità di indi-viduare mutazioni geniche, naturalmente ri-sente molto della percentuale di cellule mu-tate nel campione e quindi delle caratteristi-che dell’area di tessuto destinata all’analisi mo-lecolare.Tali caratteristiche prima dell’estrazione delDNA, devono essere accuratamente valutate:una volta individuata l’area esatta da sottopor-re ad analisi, questa è sminuzzata con bisturimonouso fino a farle assumere la consisten-za di un omogenato.Seguono i vari passaggi qui sotto elencati:• un volume pari a circa 50 µl dell’omogena-

to ottenuto è trasferito in sarsted da 1,5 ml,al quale si aggiungono 100 µl di soluzionedi lisi e 4 µl di proteasi, per favorire l’ulte-riore lisi del tessuto e la proteolisi delledeossiribonucleasi lisosomiali, che si libe-rano durante il trattamento.

• il campione è quindi incubato in termo-block a 55°C per 3 ore e successivamentetrasferito in stufa a 37°C overnight. Alcunicampioni richiedono un tempo maggioredi incubazione, della durata anche di dueo di tre giorni. A distanza di tempo è ne-

cessario andare ad aggiungere nuova solu-zione di lisi e proteasi, a causa dell’inatti-vazione di quella messa precedentemente.

• una volta ottenuta la completa liquefazio-ne del tessuto si può procedere alla fasesuccessiva, che prevede l’inattivazione del-la proteasi mediante denaturazione a 95°Cper 10 minuti. Questo è importante, inquanto, lo scopo finale è quello di andarea effettuare un’amplificazione utilizzando,ad esempio, l’HRMM e questo comporta l’u-tilizzo della Taq Polimerasi, che altrimenti,verrebbe degradate dalla proteasi al mo-mento dell’allestimento dei capillari per lareazione.

• il campione, a questo punto, dopo oppor-tuni lavaggi con acqua, è conservato a-20°C (11-15,37).

RECUPERO DEL DNA DA CAMPIONI DI

SANGUE

I campioni di sangue sono generalmente uti-li per diagnosticare la presenza di mutazionigenetiche nel paziente o di anomalie biomo-lecolari determinate dalle metastasi.Il sangue pervenuto in laboratorio viene tra-sferito all’interno di provette Vacutainer da4ml contenenti l’anticoagulante sodio-epari-na e un gel (a base di ficoll) che funge damezzo di separazione delle diverse popola-zioni di cellule in base alla loro densità.La tecnica adottata per isolare le cellule è lacentrifugazione isopicnica in gradiente di den-sità, dove il gradiente preformato è rappre-sentato da un gel. Dopo una centrifugazionea 3100 rpm per 21 minuti, gli eritrociti agglu-tinati e i granulociti si troveranno al di sottodel gel, mentre le cellule mononucleate (mo-nociti, linfociti e altre cellule) si posizioneran-no al di sopra di esso.Il plasma sovrastante viene aspirato e allon-tanato fino a giungere in prossimità dell’anel-lo linfocitario che appare come una nuvolet-ta bianca sospesa all’interno del mezzo al disopra del gel, che quindi deve essere recupe-rato in una sarsted da 1,5 ml. Seguono unaserie di lavaggi con acqua.Il campione di cellule viene conservato a -2°C nell’attesa di essere processato (13,38,39).

CONCLUSIONI

Da quanto detto appare chiaro che la moder-na biologia molecolare si avvale di sistemi

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estremamente sofisticati e automatizzati, do-tati di complessi software e di materiali deli-cati e complessi. Sin dalle origini, i ricercato-ri che si sono avvalsi della biologia moleco-lare nello studio dei tumori, si sono dovuticonfrontare con notevoli complessità e diffi-coltà nella messa a punto delle tecniche. Do-po anni di sperimentazioni e tentativi, si èpoi giunti, finalmente, alla nascita della PCR,che, dopo notevoli e progressivi perfeziona-menti, si è trasformata nella moderna mac-china replicante quale è. Da tale scoperta sipoi passati alla nascita della Real Time, in cuiil processo di amplificazione viene diretta-mente rilevato da un computer che permet-te all’operatore di visualizzare l’andamentodella reazione sullo schermo, con estremaprecisione.Entrambe i metodi permettono di disporre dinotevoli quantità di DNA tumorale, da sfrut-tare per scopi diagnostici e di studio, quali,ad esempio, l’identificazione di mutazioni ge-niche implicate nel controllo della crescitacellulare e, quindi, nell’insorgenza tumorale.Al giorno d’oggi non è pensabile ipotizzarelo studio dei tumori senza la presenza di que-sti presidi biomolecolari, che permettono l’i-dentificazione di situazioni gnomiche non al-trimenti individuabili in altro modo.

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INTRODUZIONE

Lo screening ecografico per la sindrome diDown si basa sull’esecuzione di un’ecografianel primo trimestre della gravidanza allo sco-po di identificare alcuni segni correlati allasindrome e ad altre cromosomopatie. I segniecografici che vengono valutati sono: lo spes-sore della translucenza nucale e la presenzadell’osso nasale, come valutazione di I livel-lo. Altre valutazioni ecografiche di livello su-periore (flusso tricuspidalico, flusso nel dot-to venoso) sono effettuate da personale e dacentri più specificatamente addestrati.La translucenza nucale è la misurazione del-lo spessore della cute a livello della nuca, chepuò risultare aumentato per un accumulo diliquidi dovuto a varie cause (in 1/3 delle ano-malie cromosomiche, affezioni cardiovasco-lari e polmonari, displasie scheletriche, infe-zioni congenite, malattie metaboliche ed ema-tologiche).In occasione di quest’esame viene comunqueeffettuata una valutazione morfologica del fe-to, grazie anche all’alta qualità degli ecogra-fi attualmente in uso che permettono una de-finizione migliore delle strutture esaminate.L’epoca di esecuzione dell’ecografia delloscreening è compresa tra 11 + 3 e 13 + 6 gior-ni. In questo periodo è più facilmente realiz-zabile un’adeguata misurazione della trans-lucenza nucale, ed è possibile visualizzare al-cune strutture fetali rendendo possibile la dia-gnosi di molte anomalie maggiori ( ad esem-

pio: onfalocele, anencefalia, anomalie degliarti, visualizzazione di stomaco e vescica, vi-sualizzazione delle 4 camere cardiache) ( 1).In questo lavoro sono stati analizzati i datidella nostra casistica da quando abbiamo ini-ziato l’attività di screening ecografico, istituen-do un ambulatorio per l’esecuzione delloscreening, gestito da personale addestrato,certificato e sottoposto ad audit periodico daparte della Fetal Medicine Foundation di Lon-dra. Questo Istituto provvede a fornire aglioperatori certificati il software utilizzato peril calcolo del rischio personalizzato per la Sin-drome di Down e per le trisomie 13 e 18.Un importante requisito, come raccomanda-to dal gruppo di studio della Fetal MedicineFoundation, è costituito dall’addestramentodegli ecografisti che eseguono lo screening(2). Il training è basato su un corso teorico epratico in cui vengono fornite le istruzioni sucome si ottiene una corretta misurazione del-la translucenza nucale e la visualizzazionedell’osso nasale. L’ecografista in seguito sot-topone alcune immagini al giudizio degliesperti della Fetal Medicine Foundation e pe-riodicamente sottopone la casistica persona-le e le foto ( audit). Questo sistema garanti-sce uniformità nell’acquisizione delle imma-gini, fattore fondamentale nell’utilizzo del pro-gramma di screening (3,4,5,6).Nella nostra casistica, limitata per ragioni geo-grafiche e di bacino d’utenza, abbiamo co-munque avuto modo di considerare che l’e-

Screening ecografico nel I trimestre:nostra esperienza

Rosa Maria Di Lauro*, Concettina Matarazzo*, Mariapia Foppoli, Ermete Valter Scotti,Benedetto De Pasquale

U.O. di Ostetricia e Ginecologia Azienda Ospedaliera della Valtellina e Valchiavenna ,Presidio Ospedaliero di Sondalo (Direttore: Dott. B. De Pasquale)*Operatori accreditati dalla Fetal Medicine Foundation

RiassuntoNegli ultimi anni è stato divulgato dallaFetal Medicine Foundation lo screeningecografico per le anomalie cromosomicheche si basa sull'esecuzione di un'ecografia,effettuata da medici adeguatamente ad-destrati e certificati, e valuta il rischio dipatologia cromosomica personalizzato perogni paziente.Nella nostra esperienza l'introduzione del-lo screening ecografico per la Sindrome diDown ci ha permesso di osservare che l'e-cografia per la translucenza nucale con-sente una prima indagine morfologica fe-tale in un'epoca precoce, grazie alla mi-gliore qualità degli ecografi, all'epoca ge-stazionale (11–14settimane) e all'addestra-mento degli ecografisti secondo i criteridella Fetal Medicine Foundation

Parole chiaveScreening ecograficoTranslucenza nucaleMalformazioni fetali

SummaryFirst trimester ultrasonograficscreening: our experienceIn the last years the Fetal Medicine Foun-dation has divulged the sonographic scree-ning for chromosomal abnormalities. Suchscreening, that is based on an sonographicexamination carried out by duly trained

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cografia di screening nel primo trimestre hapermesso di porre diagnosi in epoca preco-ce di alcune malformazioni maggiori che sa-rebbero state diagnosticate in epoca succes-siva ed erano sfuggite al momento dell’ese-cuzione della prima ecografia in gravidanzaeffettuata in un’epoca più precoce rispetto aquella dello screening.Al di là del calcolo del rischio per la sindro-me di Down, l’ecografia della translucenzanucale ci ha permesso di effettuare una pri-ma valutazione morfologica del feto, comeprevede il programma di screening divulga-to in tutto il mondo dalla Fetal MedicineFoundation ( 1).

MATERIALI E METODI

Dal mese di aprile del 2005 nella nostra Uni-tà operativa di ostetricia ginecologia è statoistituito un ambulatorio dedicato per l’esecu-zione dell’esame della translucenza nucale.Il personale addetto all’esecuzione dell’esa-me, nei mesi precedenti, aveva completato ilpercorso formativo per l’esecuzione dell’esa-me secondo i criteri della Fetal MedicineFoundation. L’esame viene proposto comeesame di screening a tutte le gravide, indi-pendentemente dall’età anagrafica, in occa-sione della prima visita o della prima ecogra-fia in gravidanza. Alle gestanti viene conse-gnata un’informativa nella quale è spiegatoin termini semplici e comprensibili lo scopodi quest’esame, le possibilità diagnostiche ei rischi sulla base dei dati estrapolati dalla let-teratura. Molte pazienti non hanno conoscen-za dell’esame e l’informativa, unitamente alcolloquio con il medico, è necessaria per chia-rire che i test di screening esprimono un ri-sultato statistico di probabilità. Prima dell’e-same si fa firmare un consenso informato nelquale si specifica che la translucenza nucaleè un esame non diagnostico per le malattiecromosomiche ma che può costituire un’in-dicazione ad un’indagine prenatale invasiva,sempre rispettando la volontà della coppia.Contestualmente all’esame della translucen-za, viene offerta la possibilità di effettuare ilprelievo per il Bi–Test, per il dosaggio dellaPAPP–A e della Beta HCG libera nel siero ma-terno.I dati anagrafici della paziente e il risultatodell’esame ecografico, vengono inseriti nelprogramma computerizzato fornito dalla Fe-

tal Medicine Foundation e gli operatori cheeseguono l’esame sono regolarmente sotto-posti ad audit periodico con controllo dellacasistica e della qualità delle foto ottenute.Durante l’esame l’ecografista non si limita avalutare la translucenza nucale, ma effettuauna valutazione morfologica del feto segna-lando la normalità o anormalità di varie strut-ture: encefalo, stomaco, vescica, arti, estre-mità, osso nasale, parete addominale, quan-tità del liquido amniotico.Per poter ottenere questi dati è necessario untempo adeguato di osservazione, un’apparec-chiatura di buona qualità ed esperienza del-l’operatore (Figura 1).L’ecografo utilizzato è un apparecchio dell’A-LOKA (pro sound alfa 10), dotato di sondatrans addominale e transvaginale video- loope seconda armonica.Il rischio cut-off utilizzato per l’esecuzionedell’esame diagnostico invasivo di amniocen-tesi o di villocentesi è il rischio superiore a1:350 o la translucenza nucale uguale o mag-giore a 2,5 mm. Alle pazienti con translucen-za nucale aumentata viene inoltre offerta lapossibilità di una valutazione eco-cardiogra-fica, anche in epoca precoce, presso un cen-tro di II livello.

RISULTATI

Da Aprile 2005 fino ad aprile 2009 sono sta-te effettuati 651 esami di translucenza nuca-le su un totale di 1450 parti, pari al 44,8% del-le gravide seguite dal nostro centro, registran-do un trend in aumento delle richieste ( dal36,6 % del 2005 al 56,90 % del 2008).In tutte le pazienti esaminate si è ottenutaun’adeguata misurazione della translucenzanucale secondo i criteri della Fetal MedicineFoundation.L’età media delle pazienti esaminate è di 30,93anni, con un minimo di 19 ed un massimo di44 anni. La maggior parte delle pazienti esa-minate ha ottenuto un rischio calcolato bas-so; infatti 616 pari al 94,6 % del totale hannoun rischio > 1:1000.Di queste pazienti 120 hanno un età maggio-re a 35 anni (18,4% delle pazienti esamina-te). Sulla base della distribuzione dell’età ma-terna ci si aspetta che la popolazione esami-nata contenga 1,8 casi di trisomia 21 e ap-prossimativamente lo stesso numero di casidi cromosomopatie.

and certified doctors, assesses the risk ofchromosomal patology for each patient.In our experience, the introduction of theultrasound screening for the Down syndro-me gave us the chance to observe that thesonographic examination for the nuchaltranslucency allows an early fetal morfo-logic investigation, thanks to a number offactors such as the better quality of ultra-sound machines, the gestational age (11-14 weeks) and the training of the sonogra-phers, according to the criteria set out bythe Fetal Medicine Foundation.

Key wordUltrasonografic ScreeningNuchal translucencyFetal abnormalitiesi

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Nelle pazienti esaminate si sono riscontrati21 feti (pari a 3,2 % dei casi esaminati) conuna misurazione della translucenza nucalemaggiore o uguale a 2,5 mm. L’età media diqueste pazienti è di 32,4 anni, con un mini-mo di 21 ed un massimo di 44 anni.Le pazienti risultate a rischio per cut-off >1:350 sono 23 (3,5%) con un’età media di 35,2anni, le pazienti a rischio per NT > o = a2,5mm sono 16 ( 2,5%) con un’età media di32,6 anni. Le pazienti a rischio per entrambii fattori 15 mentre 5 solo per NT aumentata.Nel totale delle pazienti esaminate sono sta-ti accertati 5 casi di anomalie cromosomiche(0,76%), 2 pazienti hanno interrotto la gravi-danza senza accertamento del cariotipo feta-le e di una paziente non abbiamo il follow-up. Le 5 anomalie cromosomiche accertatesono: 3 trisomie 21, una traslocazione bilan-ciata, ed un cariotipo 47xxy. 2 delle tre triso-mie (66,6%) presentavano un aumento dellatranslucenza nucale (2,6 mm in una pazien-te di 33 anni e 5,3 mm in una paziente di 41anni) e sono state identificate in epoca pre-natale mediante villocentesi; il terzo caso ditrisomia 21 presentava una translucenza nor-male (2,1 mm), con età materna di 36 anni,ed è stato diagnosticato alla nascita (unicocaso falso negativo pari al 5,6% della casisti-ca). Le altre due cromosomopatie sono statediagnosticate mediante amniocentesi, effet-tuata nel caso della traslocazione bilanciataper scelta della coppia, nel caso del carioti-po 47 XXY per bi test risultato a rischio.Con l’esame ecografico, sono state diagnosti-cati 5 feti affetti da anomalie strutturali: 3 car-diopatie (di cui due con cariotipo normaleed un canale atrioventricolare associato a tri-somia 21), un onfalocele con erniazione ditutti gli organi endoaddominali e un caso diectromelia, con assenza di un arto inferioredi un gemello (in una gravidanza gemellarebiamniotica, bicoriale) (Figure 2,3,4). Non èstato diagnosticato un caso di spina bifidacon mielomeningocele, diagnosticato all’eco-grafia morfologica del II trimestre.

DISCUSSIONE

Dalla valutazione dei dati in nostro possessosi evince che lo screening ecografico delleanomalie cromosomiche da noi eseguito haportato alla diagnosi precoce di 7 casi di fe-ti patologici (1% delle gravide esaminate): 2

con trisomia 21 e 5 feti con malformazionimaggiori.Su 21 casi con translucenza nucale aumenta-ta, 4 sono risultati patologici (per anomaliacromosomica o per cardiopatia) con un tas-so di falsi positivi del 2,6%, mentre nelle pa-zienti con rischio > 1:350 i falsi positivi sonostati il 2,9% dei casi. Questo perché nel cal-colo del rischio conta l’età materna che au-menta il numero dei falsi positivi.Tenendo conto che la popolazione da noistudiata è una popolazione a basso rischio,con un’età media di 30,93 anni, l’esame del-

la translucenza nucale si è rivelato utile nonsolo ai fini della diagnosi di trisomia 21, conun solo caso falso negativo, ma ci ha permes-so la diagnosi precoce di alcune malforma-zioni maggiori. Il 98,3 % delle pazienti ha ef-fettuato un esame ecografico precedente al-l’esame della translucenza nucale. Le malfor-mazioni diagnosticate erano dunque sfuggi-te al primo esame per l’epoca gestazione pre-coce.Segnaliamo in particolare il caso della gravi-danza gemellare con un feto affetto da ectro-melia. La paziente dopo l’esecuzione dell’e-

FIGURA 1. Esempio di misurazione corretta della translucenza nucalecon contemporanea visualizzazione dell’osso nasale

FIGURA 2. Gravidanza gemellare bicoriale, biamniotica, con un feto affettoda ectromelia

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cografia per la translucenza nucale è stata va-lutata presso un centro di II livello dove hapotuto effettuare un’interruzione selettiva. Haportato avanti la gravidanza fino al terminedel II gemello sano, evitando una gravidan-za gemellare con un feto affetto e con mag-giori rischi materni e fetali.

CONCLUSIONI

Lo screening ecografico per le anomalie cro-mosomiche nel primo trimestre ha il vantag-gio di una diagnosi prenatale più precoce

consentendo una gestione meno traumaticadelle coppie che decidono d’interrompere lagravidanza. Ha lo svantaggio potenziale diidentificare anche i casi che andrebbero in-contro ad un aborto spontaneo (approssima-tivamente il 30% dei feti affetti tra 12 settima-ne e il termine)(7).D'altra parte lo screening non invasivo ha per-messo di ridurre la quota di test invasivi nel-la popolazione a basso rischio (annullandoil numero di perdite fetali iatrogene) e con-sentito di scegliere il tipo di esame diagno-

stico invasivo (villocentesi o amniocentesi)sulla base di una personalizzazione del ri-schio.L’accuratezza diagnostica dello screening eco-grafico della malformazioni fetali varia a se-conda del rischio della popolazione esami-nata. Nelle pazienti ad alto rischio lo scree-ning è più semplice, essendo note le anoma-lie da ricercare. Lo screening ecografico suuna popolazione ostetrica a basso rischio èpiù complesso dovendo prevedere un’accu-rata e sistematica valutazione dell’anatomiafetale. Tenendo conto però che l’80-90% deicasi di malformazioni si verifica nella popo-lazione a basso rischio (8), l’esecuzione del-l’esame di translucenza nucale consente dieffettuare anche un primo screening morfo-logico nelle gravide a basso rischio.La translucenza nucale può essere misuratanel 99% dei casi. Lo screening ecograficoidentifica circa il 75% dei feti affetti da triso-mia 21 con un tasso di falsi positivi di circail 5%. Nella nostra casistica sono stati iden-tificati 2 su 3 casi di sindrome di Down(66,6%) e 5 feti affetti da patologie morfolo-giche maggiori con un solo caso di spina bi-fida non diagnosticato all’epoca dello scree-ning.Considerando il basso rischio della popola-zione che afferisce al nostro centro, si puòconcludere che l’esame della translucenzanucale ci ha permesso di implementare lenostre capacità diagnostiche, anche graziealla acquisizione corretta della tecnica di ese-cuzione dell’esame e di anticipare diagnosidi malformazioni maggiori, non evidenziabi-li nelle ecografie precedentemente eseguite.

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FIGURA 3. Stesso caso della figura 2: feto affetto da ectromelia.Si nota l’assenza di un arto inferiore

FIGURA 4. Caso di onfalocele. Erniazione degli organi endoaddominali

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INTRODUZIONE

Il varicocele femminile, meglio definito co-me insufficienza venosa pelvica, fu descrittoper la prima volta da Taylor nel 1949 e, anco-ra adesso, è una patologia tuttavia meno co-nosciuta, e quindi meno studiata, del varico-cele maschile (1).Il varicocele pelvico femminile si associa, nel100% dei casi, a dolore pelvico cronico, e talepatologia viene definita, a livello internaziona-le, come “Pelvic congestion syndrome” (PCS);essa è facilmente riscontrabile in coincidenzacon il ciclo mestruale, si associa a dispareunia,nel 40% dei casi, e a dismenorrea nel 15% deicasi, ma non si associa mai a problemi di in-fertilità (2).Al contrario, nel 60% delle PCS si riscontranovaricosità diffuse con presenza di ectasia deiplessi venosi dei seguenti distretti: ovarici, ipo-gastrici, iliaci esterni, perineali, vulvari, emor-roidari, inguinali e sovrapubici, associati, o me-no, a incontinenza safenica, incontinenza dicollaterali di crosse ed esiti di safenectomia in-terna (3). Difatti, dal punto di vista fisiopatolo-gico, si è in presenza di varici quando le val-vole per la continenza venosa, che aiutano ilritorno venoso al cuore contro la forza di gra-vità, si sfiancano e non si chiudono più in ma-niera corretta; ciò permette al sangue di rista-gnare nelle vene, determinando un aumentopressorio intravenoso con l’insufficinenza chesostine la sindome varicosa pelvica.

PELVIC CONGESTION SYNDROME

(PCS)Dalla letteratura scientifica in merito viene ri-portato che circa un terzo delle donne, du-rante il corso della propria vita, riferisconoalgie pelviche ricorrenti non meglio definite.Molte di queste pazienti vengono inquadra-te addirittura come pazienti con algie “psico-somatiche”, ma recenti riscontri scientifici han-no inquadrato e classificato tali disturbi co-me riferibili a varicosità venose pelviche, me-glio definite, dal punto di vista terminologi-co, come PCS (pelvic congestion sindrome).L’origine della PCS è da ricercarsi nella mo-dificazione pascolo-ormonale determinata dal-la gravidanza e dall’assenza congenita di val-vole delle vene ovariche, che generano unrigurgito di sangue venoso a livello pelvico,con reflusso a livello delle vene iliache inter-ne (4).L'incontinenza delle vene ovariche, con il con-seguente reflusso a valle nelle vene del siste-ma salpingo-ovarico, determina dunque laPCS con dolore pelvico cronico, associato avarici del pavimento pelvico (vulvari e peri-neali) e varici ectopiche delle vene della co-scia con le quali comunicano (5).Le cause, quindi, delle algie pelviche croni-che femminili sono varie, ma spesso si asso-ciano alla presenza di varicosità venose deiplessi ovarici e pelvici, giacchè le manifesta-zioni cliniche della PCS sono simili a quelle

Trattamento scleroembolizzantedel varicocele pelvico femminilee della sindrome da congestione pelvica

Andrea Tinelli, Raffaele Prudenzano °, Massimo Torsello °, Flaviano Nicolaci, Cristiano Alex De Marzi,Fabrizio Totaro Aprile, Antonio Malvasi °°, Francesco Giuseppe Tinelli

Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia, Ospedale Vito Fazzi, ASL Lecce° Unità Operativa di Radiologia, Ospedale “Vito Fazzi”, Lecce°° Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia, Clinica Santa Maria, Bari

RiassuntoIl dolore pelvico cronico è un problema co-mune e complesso che colpisce il 2-10%della popolazione ambulatoriale femmini-le e si sviluppa nel 15% delle donne fra i18 e i 50 anni. In più del 90% dei casi, talialgie pelviche croniche possono essere as-sociate a congestione pelvica venosa.Qualora la diagnosi differenziale abbiaescluso altre patologie, le algie associatea varicocele possono riflettere una Pelviccongestion syndrome (PCS), patologia as-sociata ad incompetenza ovarica con do-lore pelvico di intensità variabile, che in-crementa con il flusso mestruale, con la po-sizione eretta, con l’affaticamento e con ilcoito.La PCS si associa anche a tensione pelvicao perineale, a urgenza vescicale, mentre ildolore da PCS può essere mono o bilatera-le, acuto e severo o cronico e fastidioso.La diagnosi di varicocele pelvico e di PCSviene generalmente effettuata con ecogra-fia transvaginale con eco ColorDoppler, masi giova anche di venografia renale e diRMN e di TC.Il trattamento della PCS avviene general-mente occludendo il varicocele, mediantetrattamento chirurgico o radiologico inter-ventistico, ma è quest’ultimo quello attual-mente più utilizzato, in quanto permettedi superare agevolmente lo scoglio della

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delle varicosità venose femminili agli arti in-feriori (4).La PCS dimostra un aumento della frequen-za nella vena ovarica sinistra per ragioni ana-tomiche: la vena ovarica di sinistra drena di-rettamente nella vena renale sinistra, mentrea destra drena direttamente nella vena cava,inferiormente alla vena renale destra (6).Pos-sono essere presenti varianti anatomiche inuna discreta percentuale di casi (10-35%).A livello pelvico, le varicosità venose si ri-scontrano a livello ovarico principalmente,poi a livello di utero e vulva, ma tutte deter-minano dolore pelvico (4).

EPIDEMIOLOGIA DEL VARICOCELE

PELVICO E DELLA PCSDal punto di vista statistico, la distribuzioneepidemiologica del varicocele pelvico non èfacilmente inquadrabile.In accordo con la Society of InterventionalRadiology (SIR) annualmente migliaia di don-ne si sottopongono ad interventi chirurgiciper trattare disturbi della fertilità e, una par-te di queste presenta occasionalmente un va-ricocele pelvico (8).Difatti, sempre secondo statistiche radiologi-che, circa il 15% delle pazienti fra i 20 e i 50anni presenta delle varicosità venose pelvi-che, anche in assenza di sintomatologia algi-ca; inoltre la presenza di varicocele pelvicoè correlata a pregresse gestazioni, per cui,maggiore è il numero di gravidanze espleta-te, maggiore è il rischio di varicocele pelvi-co, soprattutto a livello ovarico (9).In seguito a tali premesse è facilmente com-prensibile come la PCS sia inusuale in don-ne che non hanno mai partorito, mentre lealgie pelviche croniche collegabili a tali dis-turbi siano molto diffuse, sino a comprende-re il 15% dei disturbi lamentati dalle pazien-ti dalle pazienti che si sottopongono a visitaginecologica.Report scientifici riferiscono che circa il 30%delle pazienti con algie pelviche cronichehanno dunque una PCS come unica e solacausa del disturbo, mentre il 15% di questepresentano una PCS associata ad un’altra pa-tologia pelvica. 10I maggiori fattori di rischio della PCS sonodunque: due o più gravidanze con variazio-ni additive dei livelli ormonali basali, rigon-

fiamento delle vene degli arti inferiori, ovaiepolicistiche e disturbi dei livelli basali ormo-nali, con eccessiva fluttuazione nella produ-zione degli stessi (11).

SINTOMATOLOGIA

DEL VARICOCELE PELVICO

Dal punto di vista sintomatico, nella defini-zione del quadro clinico di “dolore pelvicocronico” femminile, soprattutto della giova-ne donna multipara, generalmente non vie-ne ricercata la presenza di dilatazioni varico-se delle vene ovariche.Molte delle pazienti che lamentano tale dis-turbo riferiscono anche dolore pelvico monoo bilaterale, cronico e fastidioso, associato omeno a algie a localizzazione peri ovarica,senso di peso addominale, irritabilità vesci-cale e gonfiore al basso ventre (10).Il dolore pelvico cronico che si associa al va-ricocele pelvico femminile o alla PCS è soli-tamente un fastidio noioso e doloroso, si ge-nera a livello del basso addome e si riflette alivello lombo-sacrale, con aumento dell’in-tensità nel periodo intermestruale o mestrua-le, dopo eccessiva stazione eretta, in seguitoa sforzi fisici, a fine giornata, nel corso dellagravidanza o durante o alla fine dei rapportisessuali, successivamente alla penetrazione einseguito alle spinte intravaginale del penesulla cervice uterina e nella pelvi (12).Altri sintomi potenzialmente presenti in que-sta patologia includono l’AUB (abnormalmenstrual bleeding), le perdite vaginali atipi-che, le varicosità venose vulvari, perineali operi-anali, motivo per cui molte delle pazien-ti affette da PCS sono spesso ansiose e facil-mente irritabili (13).E’ inoltre di comune riscontro la possibile for-mazione di recidive di varici in pazienti giàsottoposte ad interventi per la correzione divarici degli arti inferiori, espressione del re-flusso proveniente dal plesso ovario o ipoga-strico (13).

DIAGNOSTICA

DEL VARICOCELE PELVICO

La diagnosi di varicocele pelvico origina qua-si sempre dalla sommatoria di due parame-tri: il dato sintomatologico e il dato morfolo-gico, derivante da un’immagine di vene ova-riche incompetenti o dilatate, associate a con-

sala operatoria e dell’anestesia generale,con l’embolizzazione delle vene ovaricheo iliache, da eseguire in breve tempo e inanestesia locale.

Parole chiaveVaricocele pelvicoDolore pelvico cronicoPelvic congestion sindromeecoColor DopplerEmbolizzazione

SummaryScleroembolization Treatment ofPelvic Female Varicocele and ofPelvic Congestion SyndromeChronic pelvic pain is a common and se-rious problem among women, it accountsfor 2–10% of outpatient gynecological con-sultations and it is said to occur in 15% ofall women between the ages of 18 and 50years. Many epidemiological gynecologi-cal reports showed that, in more than 90%of cases, this chronic pain is associated toa marked pelvic venous congestion, as pel-vic varicocele.Whenever it is excluded other diseases, pa-tient affected by pelvic venous congestionshows a Pelvic congestion syndrome (PCS),a condition associated with ovarian veinsincompetence.This syndrome shows a pelvic pain of va-riable intensity that is heightened beforeor during menses and that is aggravatedby prolonged standing, fatigue, and co-itus, women affected by PCS also may re-port pelvic or perineal heaviness and blad-der urgency.The pain associated with PCS, which maybe unilateral or bilateral, can be acute andsevere or has been described as being chro-nic and dull.The pelvic varicocele and PCS diagnosis maybe done by ultrasonography by transvagi-nal ecoDoppler or by renal vein contrasto-graphy or by CT. The varicocele treatmentcan be done by ligature of expanded vesselsof varicocele, either by surgery or radiology;this last radiological approach is currently themore indicated, since overpass the surgicaltheatre and the general anesthesia, by ova-rian veins and iliac vein embolization, to per-form in a short time and in local anesthesia.

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Key wordPelvic varicoceleChronic pelvic painPelvic congestion sindromeecoColor DopplerEmbolizationi

gestione venosa pelvica (14).In presenza della suddetta sintomatologia al-gica femminile, la diagnosi viene sempre con-fermata con l’imaging; l'eco-color-dopplertransvaginale è l’esame principe, per facilitàdi esecuzione e riproducibilità, che forniscecon alta attendibilità diagnostica un quadrocompleto dell’anatomia delle vene pelvichee delle loro anastomosi con le vene addomi-nali e degli arti inferiori (15, 16).Altro esame che conferma tale sospetto pa-tologico è la flebografia renale e selettivaovarica.Tale indagine un tempo “gord standard” è og-gi ritenuta obsoleta e completamente sop-piantata dalla angio-RM ad elevato campo-gradiente, mentre la TC (tomografia compu-terizzata) con mezzo di contraso iodato at-tualmente riveste scarso significato diagno-stico 17.La RM (meglio angio-RM) è attualmente l’e-same di II istanza di riferimento per quantoriguarda lo studio del varicocele pelvico edell’apparato genitale femminile in genere,l’utilizzo di sonde dedicate endocavitarie neha ulteriormente ampliato i confini diagnisti-ci specialmente per lo studio della patologianeoplastica.Con tale metodica è possibile, attraverso lostudio miltiplanare diretto prima, e con rico-struzioni in post-processing poi (MIP-3D), ot-

tenere una esatta rappresentazione di tutto ilterritorio vascolare venoso pelvico nonché ditutte le possibili varianti anatomiche che rap-presantano ancora oggi la principale causadi insueccesso tecnico di scleroembolizzazio-ne retrograda.È quindi auspicabile eseguire questo esamepreliminare oltre che un eccolordoppler en-docavitario che rispetti i requsiti mini di qua-lità.

I TRATTAMENTI DEL VARICOCELE

PELVICO: METODICHE A CONFRONTO

Scopo del trattamento cruento è l’interruzio-ne del flusso venoso a carico della vena ova-rica.Tale blocco può avvenire mediante legaturachirurgica della vena ovarica interessata o conl’interruzione del flusso con occlusione del-la vena mediante iniezione di sostanze scle-rosanti.

TRATTAMENTO CHIRURGICO DEL

VARICOCELE PELVICO

Si rende quindi necessario accesso laparoto-mico al fianco, in anestesia generale, con suc-cessiva legatura diretta della vena ovarica, an-che se tale intervento è stato poi sostituito daquello laparoscopico.La laparoscopia operativa viene generalmen-te eseguita in anestesia generale, con intuba-

FIGURA 1. Immagine ecografica transvaginale, con colorDoppler,di Varicocele Pelvico Sx in paziente di 38 anni, pluripara(2 parti: uno spontaneo e un taglio cesareo), con spiccata PCS

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zione endotracheale; l’intestino tenue vienegeneralmente mobilizzato, per meglio iden-tificare la fossa mesenterico-parietale nellaplica duodenale inferiore.La vena ovarica destra viene approcciata in-cidendo il peritoneo posteriore che ricoprela vena cava inferiore 2 cm sotto la fossa me-senterico-parietale. L’uretere destro vieneidentificato e dislocato lateralmente; si clam-pa la vena ovarica, liberata dal tessuto areo-lare retro peritoneale, con 2 o 3 clips posi-zionate vicino all’origine della vena, in pros-simità della cava inferiore.La vena ovarica sinistra può essere anche ap-procciata a livello ovarico, liberata dal tessu-to periareolare retro peritoneale, proceden-do distalmente sino alla vena renale di sini-stra. In alternativa, la vena ovarica sinistrapuò essere intercettata incidendo il peritoneoposteriore che ricopre l’aora addominale 2cm sotto la plica duodenale; dopo aver iden-tificato l’uretere sinistro, l’arteria e la vena me-senterica inferiore, la vena ovarica sinistra vie-ne identificata mediante trazione con pinza

atraumatica, per poter dunque osservare ilconsensuale movimento dell’ovaio. Una vol-ta sicuri di aver intercettato la vena ovaricadi sinistra, si applicano 2 o 3 clips all’originedella vena ovarica, in prossimità della venarenale sinistra.Alcuni Autori hanno riportato in letteratura laloro esperienza laparoscopica, mediante ap-plicazione di clips sulle vene ovariche, dis-secate laparoscopicamente dalle omologhearterie o mediante coagulazione e sezionedelle vene con pinze elettrocoagulanti e for-bici (18).In alcuni centri, la terapia del varicocele pel-vico consiste nella sclerosi endovasale per-cutanea e tale intervento viene eseguito sen-za necessità di anestesia generale in Day Ho-spital (19).La sclerosi laparoscopica del varicocele pel-vico è una procedura che richiede circa 3giorni di ricovero; difatti, anche se resta untrattamento mini-invasivo, tale tecnica com-porta il ricovero ospedaliero, gli esami di rou-tine e l’esecuzione di un’anestesia generale,

con i giorni di degenza nel post-operatorio.

TRATTAMENTO RADIOLOGICO-INTERVENTISTICO DEL VARICOCELE

PELVICO

Dal punto di vista terminologico, il trattamen-to percutaneo del varicocele pelvico femmi-nile viene definito come: “Non-surgical pro-cedure for painful ovarian varicose veins”(20).La scleroembolizzazione retrograda appartie-ne a questo gruppo di procedure “non sur-gical”, altrimenti dette “mini-invasive”, ese-guite senza alcun accesso chirurgico, sottoguida fluoroscopica a raggi X.Si esegue inizialmente una anestesia localein sede ingunale dx, successivamente si in-cannula la vena femorale comune e si posi-ziona un intruduttore venoso: attraverso taleintroduttore si fa avanzare il catetere che in-cannulerà la vena renale sn e successivamen-te la vena ovarica.Per eseguire il cateterismo superselettivo del-la vana ovarica può essere di ausilio una gui-da angiografica idrofilica; si esegue la flebo-grafia ovarica con documentazione di tutto ildistretto venoso patologico annessiale e dieventuali varianti anantomiche (vena ovari-ca doppia, tripla,a nastomosi ovo-ovariche,anastomisi patologiche con rami della venaipogastrica,delle vene sacrali o del distrettomesenterico) (21).Una volta raggiunto il distretto venoso pao-logico in sede annessiale e si inietta la sostan-za sclerosante che determina occlusione esclerosi immediata del circolo venoso pato-logico (22).Successivamente si esegue sclerosi della ve-na ovarica fino a poco sotto l’origine dallavena renale (5-10 cm) iniettando la schimadal catetere portante.L’iniezione finale di mdc iodato dal catetereportante né visualizzerà il ristagno segno del-l’avvenuta sclerosi; si lascia, infine, in sede ilcatere portante in occlusione per circa 5-10min che poi verrà rimosso.La paziente viene dimessa quindi dopo qual-che ora dopo dalla procedura e consigliatoriposo domiciliare per 2 giorni e successivaripresa della vita normale, con astensione daattività sportive e fisiche importanti per 3 set-timane.La ripresa funzionale dell’ovaio colpito dal

FIGURA 2. Immagine angiografica di Varicocele Pelvico Sx in paziente di 38anni, pluripara (2 parti), con spiccata PCS; è ben visibile nella parte sinistradel riquadro la dilatazione del plesso venoso ovarico sx, dopo iniezione delmezzo di contrasto iodato

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varicocele, grazie ai circoli collaterali, è ge-neralmente immediata, non produce anoma-lie nella produzione ormonale e, solo in ca-si sporadici, sono stati riscontrati casi di malfunzionamento ovarico.

SCLEROEMBOLIZZAZIONE DEL

VARICOCELE PELVICO FEMMINILE:NOSTRA ESPERIENZA

Nel nostro Ospedale, grazie alla collabora-zione con l’U.O. di Ginecologia e Ostetriciae l’U.O. di Radiodiagnostica, a partire dal 2006abbiamo già eseguito varie procedure mini-invasive per il trattamento di alcune patolo-gie ginecologiche e, in particolare, anche incaso di varicocele pelvico.La nostra collaborazione premette un totaleaccordo e condivisione dei protocolli diagno-stico-operativi; difatti, dopo aver eseguito tut-te le visite e gli accertamenti di rito, con par-ticolare riguardo ad un eco colorDoppler ova-rico bilaterale, la paziente viene ricoverata inregime di Day Hospital-Day Surgery gineco-logico-chirurgico, con la diagnosi di varico-cele pelvico destro o sinistro.La procedura di programmazione del ricove-ro richiede alcune puntualizzazioni; innanzi-tutto la paziente deve eseguire, nel pre-ri-covero, gli esami essenziali per poter rice-vere il mezzo di contrasto e cioè il dosag-gio della creatininemia, l’elettroforesi pro-teica ed un ECG, associando sempre un RXtorace (per eventuale intervento dell’ane-stesista) e un adeguato consenso informa-to alla procedura.Si ricorda che gli esami preliminari per ilmezzo di contrasto devono sempre essereeffettuati in quanto, nel corso della proce-dura viene sempre introdotto, nel torrentecircolatorio, del comune mezzo di contra-sto iodato idrosolubile, identico a quellousato per la TC.Al momento del ricovero, prima di espletarela procedura, alla paziente viene eseguitoun’eco pelvico con color-Doppler che con-ferma la presenza del varicocele (Figura 1)e, successivamente, viene incannualta unavena periferica; prima di eseguire la scleroem-bolizzazione è sempre consigliabie eseguireuna depilazione in sede inguinale destra.Eventuali allergie al mezzo di contrasto o al-l’anestetico locale o eventuali atopie generi-che devono essere segnalate per poter una

preparazione “short term” anti-allergica, nelpre-operatorio.È consigliabile, a volte, somministrare unadose di benzodiazepina, preferibilmente Mi-dazolam (Ipnovel), mezz’ora prima di inizia-re la procedura, al fine di tranquillizzare ladonna, se agitata.Come antibiotico-terapia è preferibile utiliz-zare l’eritromicina per os, 1 grammo per 2volte al giorno, sia un giorno prima della pro-cedura che per i 4 giorni successivi o, in al-ternativa, il ceftriaxone.Si può anche associare una profilassi antiem-bolica, sulla scorta delle esperienze dei variCentri; noi consigliamo 4000 U.I. di eparinaa basso peso molecolare la mattina prima del-l'embolizzazione e 2000 U.I. al giorno per al-tri due giorni dopo la procedura.Consigliabile sempre una gastroprotezioneun giorno prima della procedura e per gli al-tri 5-7 giorni successivi.Per l’eventuale dolore iniziale da procedura,noi abbiamo effettuato una terapia antiflogi-stica-analgesica con FANS per i successivi 5-7 giorni successivi alla procedura mentre peril possibile dolore durante l’esecuzione del-

la scleroembolizzazione è possibile utilizza-re una flebo con ketorolac o tramadolo du-rante l’embolizzazione.Discutiamo ora le modifiche da noi introdot-te nella tecnica classica sulla scorta dell’espe-rienza acquisita e confrontata con quella del-la letteratura scientifica.Dopo aver posizionato la paziente sul cam-po operatorio, disinfettato la zona di introdu-zione del catetere e applicato il campo steri-le, una volta eseguita l’anestesia locale in se-de inguinale dx, generalmente incannuliamola vena femorale comune e posizioniamo l’in-troduttore venoso (Cordis da 6F).Attraverso tale via di accesso, si fa avanzareun catetere (di Cook) con cateterismo dellavena renale sn e successivamente la vena ova-rica e, in ausilio al cateterismo superselettivodella vena ovarica, utilizziamo una guida an-giografica idrofilica (Terumo 35J; 150 CM).Una volta eseguita la flebografia ovarica condocumentazione di tutto il distretto venosopatologico annessiale (Figura 2) e di even-tuali varianti anatomiche, facendo avanzareil microcatetere coassiale (Progreat Terumo2.7 F, 130 CM) per raggiungere il distretto ve-

FIGURA 3. Immagine angiografica di Varicocele Pelvico Sx della stessapaziente con spiccata PCS; è ben visibile nella parte sinistra del riquadro lachiusura, dopo iniezione di sostanza sclerosante, del plesso venoso ovaricosx, escluso dal mezzo di contrasto iodato

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noso patologico in sede annessiale, si iniet-ta una miscela di atossiclerol 3% e aria inschima (2cc+2cc) con conseguente occlusio-ne e sclerosi immediata del circolo venosopatologico.Dopo tale manovra, terminiamo la procedu-ra con la sclerosi finale della vena ovarica si-no a poco al di sotto dell’origine dalla venarenale (a 5-10 cm) iniettando la “schiuma” dalcatetere portante in uscita.L’iniezione finale di pochi cc di m.d.c. ioda-to dal catetere portante visualizza il ristagnoche è il segno diretto dell’avvenuta sclerosie occlusione venosa (Figura 3); il tutto termi-na con il catetere portante lasciato in occlu-sione per circa 5-10 min e successiva rimo-zione dal corpo della paziente.Al termine della procedura non è mai neces-sario applicare punti di sutura in quanto nonvi è alcuna incisione chirurgica né esposizio-ne di strutture anatomiche, tranne l’esecuzio-ne di un piccolo accesso, di circa 1 mm, conpuntura percutanea in sede inguinale.Nel decorso post-operatorio, già dopo 2-3 oredalla procedura le pazienti possono alzarsi inpiedi, andare in bagno a svuotare la vescicae consumare un pasto leggero già a distanzadi 6 ore dalla procedura.Generalmente la maggior parte delle pazien-ti vengono dimessa alcune qualche ora do-po la fine della procedura, mentre qualcunapreferisce la mattina successiva.Riesaminando i risultati delle pazienti da noioperate, è possibile affermare che tutte le pa-zienti riportano la guarigione dai fastidi e l’as-senza di complicanze importanti nel post-operatorio, tranne un caso di febbre (< a38°C) e algie pelviche, entrambe regreditecon trattamento farmacologico.Alle pazienti viene consigliato il riposo do-miciliare per i 2 giorni successivi alla dimis-sione, con successiva ripresa della normaleattività nel terzo giorno, astenendosi dall’at-tività sportiva e dal lavoro fisico pesante perle tre settimane post-intervento.La ripresa dell’attività sessuale invece è statainvece praticamente immediata e, a quantoriferito dalle nostre pazienti, non più doloro-sa e alquanto soddisfacente.Il controllo ecografico del varicocele pelvico,con eco-colorDoppler, deve sempre essereeseguito alla dimissione, dopo 30 giorni e,facoltativamente, dopo 6 mesi dal trattamen-

to, in quanto il monitoraggio degli esiti per-mette di conoscere adeguatamente il gradodi risoluzione del problema.

ESPOSIZIONE RADIOLOGICA PER

SCLEROEMBOLIZZAZIONE DEL

VARICOCELE PELVICO

L’esposizione radiologica degli operatori edella paziente è notevolmente ridotta graziealla estrema velocità con cui si esegue la pro-cedura vera e propria; difatti, gli operatoriraggiungono la vena ovarica in breve tempograzie anche ai nuovi materiali sempre piùbiocompatibili e flessibili e alle scopie “a bas-so dosaggio” ma ad alta risoluzione.Il tempo medio di scopia, per singola pazien-te, è variabile da 50 secondi fino a 10 minu-ti nei casi più complessi, ma con una mediadi 3-4 minuti a paziente (21).La RM eseguita preventivamente può ridurrenettamente i tempi di scopia per la preventi-va visualizzazione esatta della sede dell’ostiodella vena ovarica e di eventuali piccole ano-malie che ne “allungherebbero” inutilmentei tempi e l’esposizione radiologica.

COMPLICANZE DELLA PROCEDURA

E RECIDIVE.Nel 7-10% dei casi, per la presenza di varian-ti anatomiche o vere e proprie anomalie va-scolari, non è possibile entrare con il catete-re nella vena ovarica e la paziente verrà quin-di trattata con metodiche chirurgiche alter-native (22).La visualizzazione della vena ovarica alla an-gio-RM può ridurre fino ad azzerare gli in-successi.Le recidive ad un anno, dopo sclero-embo-lizzazione, sono alquanto rare, se non ecce-zionali.La procedura è stata sviluppata infatti propriocome trattamento elettivo delle recidive post-operatorie e si è ovviamente estesa al varico-cele primitivo, per la sua ridottissima invasi-vità anche in virtù dell’utilizzo dei nuovi ma-teriali angiografici sempre più flessibili e bio-compatibili.Ciononostante, sono sempre possibili com-parse di recidive, anche a distanza di 10-20anni dal trattamento (23).Avendo però superato il periodo fertile, lepossibili ma improbabili recidive rivestonogeneralmente scarso significato clinico, di-

fatti la menopausa di per sé riduce nettamen-te i sintomi da varicocele pelvico.

CONCLUSIONI

La scelroembolizzazione retrograda del vari-cocele pelvico è oggi in trattamento di scel-ta per la ridotta invasività, per l’assenza diesposizione chirurgica di strutture anatomi-che e di complicanze post-operatorie impor-tanti.La semplicità, l’essenzialità, l’assenza di qual-siasi problematica legata all’enestesia gene-rale, nonché l’elevato indice di gradimeto daparte delle pazienti, ha decretato obsoletaqualsiasi altra alternativa terapeutica invasi-va del varicocele pelvico, determinandone lapreferenza per questa procedura che, in ma-no esperte, rappresenta oggi una dei tanti“traguardi” della medicina moderna.

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INTRODUZIONE

Le malformazioni fetali rappresentano un ca-pitolo rilevante per prevalenza, importanzaclinica e impiego di risorse economiche peril servizio sanitario nazionale. Determinantisono la definizione eziologica, l’ottimizzazio-ne perinatale della prognosi fetoneonatale ela quantizzazione del rischio di ricorrenza.Nella Figura 1 è indicato il percorso diagno-stico messo in atto allorquando si evidenziun’anomalia strutturale fetale o comunque visia il sospetto di una malformazione, pur va-riando i percorsi in relazione al tipo di ano-malia, all’epoca di gravidanza e alla storia fa-miliare. Un elemento centrale in diagnosi pre-natale è il fattore tempo che impone l’esecu-zione e, quindi, la diagnosi e la definizionedella prognosi entro un lasso di tempo bre-ve. La diagnostica per immagini e la biologiamolecolare comunque rendono possibili stu-di di elevata qualità, ma rimane sempre no-tevolmente stressante per la coppia la pienacomprensione dell’iter diagnostico sviluppa-to in tempi così brevi.Il problema più gravoso é definire la progno-si fetale. L’ottimizzazione della prognosi nelneonato malformato non può prescindere dal-la definizione della prognosi di base, dall’i-dentificazione di indicatori di rischio per pos-sibili complicanze feto-neonatali e dalla dis-ponibilità di competenze e terapie efficaci,soprattutto dalla comprensione se la lesionesia isolata o inserita in un quadro sindromi-

co. Sono, quindi, particolarmente rilevanti:a) la qualità dell’assistenza prenatale e del

follow-up in utero per prevenire compli-canze in utero o MEF

b) la prevenzione del parto pretermine e del-l’ipoplasia polmonare

c) la terapia in utero, nei rari casi in cui èindicata

d) il management prepartaleg) la sede ed il timing del partoh) la stabilizzazione del neonato critico con

adeguato management postnatale.È ormai evidente che la prognosi è necessa-riamente legata a fattori legati alla qualità del-l’assistenza prenatale (diagnostica perinata-le) offerta dal sistema sanitario, ma sopratut-to alla patologia di base (gravità dell’anoma-lia strutturale, letalità, funzione dei vari orga-ni e QI al follow-up, etc), sebbene la defini-zione di qualità di vita e di normalità stessarisenta delle notevoli limitazioni dello studioprenatale, ma anche di fattori culturali, chepossono modificare significativamente il vis-suto dell’anomalia e della gravità clinica peri genitori. Questo è particolarmente eviden-te nelle società multiculturali; altri elementida considerare sono la qualità di vita dei pae-si nei quali è posta la diagnosi e l’equo ac-cesso alle cure mediche.Nella definizione della severità del quadroclinico non possono non essere presi consi-derazione, sempre in relazione alla storia na-turale della malattia sospettata, la fase dello

Diagnosi e management perinataledelle malformazioni fetali.Dall’anomalia morfologicaalla sindromologia fetaleFranco Pepe, Francesco De Luca*, Francesco Scavone, Gian Carlo Di Renzo°

UOC Ostetricia e Ginecologia, Ospedale Santo Bambino Catania*UOC Cardiologia Pediatrica, Ospedale Ferrarotto, Catania°SC Clinica Ostetricia e Ginecologia, Università di Perugia

RiassuntoIl 3% circa dei nati presenta un’anomaliamaggiore e in circa il 5% alla fine verràdiagnosticato un difetto congenito. La cau-sa rimane spesso sconosciuta nonostante iprogressi dell’imaging fetale e della gene-tica molecolare. Sono comunque disponi-bili un numero sempre maggiore di mar-kers per definire specifiche malformazio-ni o condizioni sindromiche e questo rap-presenta uno dei campi in maggiore espan-sione in diagnosi prenatale. Lo scopo diquesto studio è di descrivere il work-up pe-rinatale finalizzato alla diagnosi delle sin-dromi fetali al fine di definire corretta-mente la prognosi fetale, effettuare unaconsulenza appropriata e definire il rischiodi ricorrenza.

Parole chiaveAnomalia fetaleMalformazioneSindromologia fetaleSindromiUltrasuoni in ostetricia

SummaryPerinatal diagnosis andmanagement of fetal malformations.From anomalies to fetal syndromesApproximately 3% of newborns have a re-cognizable major anomaly, and at least 5%will be ultimately diagnosed with a con-

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genital defects. The underlying cause re-mains uncertain in the majority of cases,despite new advances in fetal imaging andmolecular genetics. A growing number ofgenetic markers are available for detec-tion of specific malformation or syndro-mic conditions, and this is one of the mostrapidly advancing fields of prenatal dia-gnosis. The aim of this paper is to descri-be the importance of perinatal work-up todetect fetal syndrome. The objects are theaccurate definition of fetal prognosis, anadequate counselling for the couple andthe evaluation of recurrence.

Key wordFetal anomaliesMalformationFetal syndromeSyndromeObstetric ultrasound

sviluppo anatomico fetale e della fisiologiafetale in cui è posta la diagnosi, la possibileassociazione con ipoplasia polmonare iatro-gena (sempre più rara e pressoché eccezio-nale) o legata alla patologia di base od allasindrome associata e le implicazioni dell’a-nomalia sul futuro sviluppo.Da un punto di vista ecografico le malforma-zioni fetali possono essere classificate in re-lazione all’organo sede della lesione (anoma-lie del sistema nervoso, dell’apparato dige-rente, dell’apparato respiratorio, dell’appara-to genitourinario, dell’apparato locomotore,cardiache, del movimento, sindromi da scom-penso cardiaco, igroma-idrope, etc). Questaclassificazione descrittiva ha il merito di ri-chiamare l’attenzione sulla lesione principa-le, rilevando essenzialmente la sede dell’ano-malia morfologica. Nulla dice sull’eziopato-genesi e soprattutto al possibile interessamen-to multisistemico.Un’altra classificazione distingue l‘epoca dicomparsa dell’anomalia, sottolineando la par-ticolare attenzione che l’ecografista deve por-re nei tre trimestri di gravidanza nella ricer-ca di anomalie:classe 1: anomalia insorta precocemente, dia-gnosticabile già nel primo trimestre (olopro-sencefalia, anencefalia, etc)classe 2: anomalia transitoria che può essereevidenti ad un primo esame per poi risolver-si completamente o parzialmente (cisti deiplessi coroidei, NT ispessita, igroma, versa-mento, etc)classe 3: anomalia che si manifesta in diffe-renti epoche di gravidanza (idrocefalia, erniadiaframmatica, etc)classe 4: anomalia ad insorgenza tardiva (mi-crocefalia, coartazione aortica, etc).Questa classificazione si correla con lo stu-dio della fisiopatologia dello sviluppo fetalee della storia naturale della patologia.In relazione alla severità della lesione é pos-sibile distinguere:tipo 1: anomalia incompatibile con la vitapostnatale (anencefalia, agenesia renale bila-terale, limb body wall complex, etc)tipo 2: anomalia con ridotta aspettativa di vi-ta, ad esempio, gravi cardiopatie per le qua-li sono disponibili solo trattamenti palliativitipo 3: anomalia con normale sopravvivenzacon handicap fisici severi (motricità, funzio-ne renale, genitale, intestinale, etc), ma nor-

male sviluppo mentale (sindrome da regres-sione caudale, etc)tipo 4: anomalia con grave e profondo ritar-do mentale (HPE, del 4p)tipo 5: anomalia compatibile con una vita nor-male con o senza trattamento.

IN RELAZIONE ALL’EPOCA

DI DIAGNOSI DELL’ANOMALIA

È POSSIBILE DISTINGUERE:tipo A: anomalia diagnosticata in epoca pre-coce di gravidanza, suscettibile, se indicatodi interruzione di gravidanzatipo B: anomalia diagnosticata in epoca pre-coce di gravidanza, suscettibile di manage-ment in grado di migliorare la prognosi o co-munque con prognosi non sfavorevoletipo C: anomalia, anche a prognosi sfavore-vole, diagnosticata in fase avanzate di gravi-danza nelle quali non è possibile, per legge,l’interruzione di gravidanza. In questa eve-nienza è da valutare l’utilità di esami a finidiagnostici non in grado di modificare il ma-nagement e, quindi, la prognosi fetale.È tuttavia evidente che non sempre é possi-bile formulare queste classificazioni di ordi-ne clinicopratico in utero, ma quando sonoevidenti chiari elementi di giudizio essi pos-sono essere dirimenti per la coppia, sebbe-ne ciò sia possibile solo in una parte dei ca-si. Per di più alcune scelte determinanti, qua-le l’interruzione della gravidanza è peculiaredi ogni normativa e non prende in conside-razione la differente legislazione dei paesi eu-ropei e la mobilità sanitaria esistente, che puòampliare o restringere le scelte della coppia.Dallo studio delle malformazioni diagnosti-cate in 20 registri europei delle malformazio-ni é stato evidenziato che il 50% circa dellesindromi riconosciute con anomalia maggio-re é diagnosticata in diagnosi prenatale. So-no importanti la popolazione studiata ed il ti-po di anomalia strutturale rilevata:- su 2.454 cardiopatie 479 sono sindromiche(375 con anomalie dei cromosomi e 104 sen-za anomalie dei cromosomi) e di queste 49diagnosticate in epoca prenatale- su 1.130 malformazioni renali 192 sono sin-dromiche (128 con anomalie dei cromosomie 64 senza anomalie dei cromosomi) e l’84,4%di queste é diagnosticato in epoca prenatale- su 250 malformazioni degli arti 54 sono sin-dromiche (16 con anomalie dei cromosomi e

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38 senza anomalie dei cromosomi) e di que-ste il 38,9% é diagnosticato in epoca prena-tale- su 243 malformazioni dell’addome 57 so-

no sindromiche e di queste l’84,2% é dia-gnosticato in epoca prenatale

- su 349 malformazioni dell’intestino 64 so-no sindromiche e di queste il 37,5% é dia-gnosticato in epoca prenatale

- su 188 anencefalie, tutte sindromiche, il100% é diagnosticato in epoca prenatale

- su 290 spine bifide 18 sono sindromiche edi queste il 100% é diagnosticato in epocaprenatale.

Questi dati rilevano, quindi, come la diagno-si di sindromi in utero non sia rara nella real-tà diagnostica prenatale europea attuale e sot-tolineano soprattutto la necessità di distin-guere le anomalie strutturali isolate da quel-le espressioni di sindromi, per le quali la pro-gnosi è legata spesso alla storia naturale del-la sindrome stessa.Rimane sempre, quindi, la preoccupazionemaggiore che l’anomalia strutturale eviden-ziata possa essere espressione di una sindro-me poiché in non pochi casi i segni dismor-fici con definizione della diagnosi sono evi-denti alla nascita o solo successivamente, an-che a distanza di anni, quando la diagnosiclinica diviene ovvia. In altri casi vi è l’evi-denza ecografica di un quadro sindromico,ma la diagnosi rimane inconclusiva. Teorica-mente in diagnosi prenatale il rischio di sin-drome non può mai essere considerato nul-lo anche nella negatività della storia familia-re e di tutti gli esami prenatali effettuati.

DALLA DISMORFOLOGIA

ALLA SINDROMOLOGIA FETALE

L’approccio pluridisciplinare in diagnosi pre-natale richiede necessariamente la valutazio-ne congiunta del caso clinico da parte dell’e-cografista, dell’ostetrico, del neonatologo, delgenetista (clinico e molecolare) dedicato al-la diagnosi prenatale, del cardiologo perina-tale, del chirurgo pediatra o di volta in voltadi altro specialista. Si tratta, cioè, del lavoromultidisciplinare di un team specificamentededicato e competente per questo segmentodella patologia fetoneonatale.In attesa del miglioramento della qualità distudio del feto, vanno valorizzati lo studio ap-profondito dell’anamnesi e delle note dismor-

fiche familiari, sebbene la maggior parte deifeti sindromici non nasca da famiglie con ri-schio noto, un adeguato studio ecograficoche miri, mediante specifiche competenze eapparecchi di elevata qualità all’identificazio-ne di tutti gli elementi utili alla diagnosi. Nel-la tabella 1 è indicato, ad esempio, quanto èo potrebbe essere possibile studiare o sospet-tare nel feto ad un approfondito e particola-reggiato esame prenatale.Queste brevi osservazioni rendono evidentecome l’approccio alla malformazione fetalesia estremamente complesso e lo è molto dipiù in dismorfologia. Un dettagliato studiodel feto eseguito con apparecchiature eco-grafiche di ultima generazione permette un’ac-curata valutazione dismorfologica del feto edappare indispensabile la videoregistrazionecon rivalutazione off-line. Nelle famiglie a ri-schio per una specifica sindrome questi ele-menti possono essere utili per la diagnosi diricorrenza nella successiva gravidanza, mavanno sempre presi in considerazione l’e-spressività fenotipica della malattia in utero(spesso rilevabili solo le forme più severe edin fase avanzata di gravidanza), l’epoca dicomparsa dei segni in utero, la predittivitàdei segni ecografici della lesione e la rarità ele notevoli difficoltà di tali diagnosi. Le dia-gnosi sono, comunque, facilitate nelle fami-glie a rischio nelle quali si conosce la sindro-me con certezza (compresa la conferma mo-lecolare) e si dispone della letteratura scien-tifica per tempo. Se si conosce l’anomalia mo-lecolare della sindrome è possibile conferma-re la diagnosi ecografica oppure effettuare ladiagnosi prenatale nella gravidanza a rischiomediante prelievo di villi coriali in fase pre-coce di gravidanza; vanno ben conosciute co-munque le correlazioni cariotipo-fenotipo ogenotipo-fenotipo e l’approccio é valido neicasi in cui si conosca la mutazione familiare,la mutazione sia predittiva del fenotipo e lamalattia sia di gravità tale da giustificare ladiagnosi prenatale.La sindromologia fetale comincia a rappre-sentare una branca consistente della diagno-si prenatale nella quale confluisce il lavorodi più specialisti. Nella tabella 2 sono indica-te ad esempio le eziopatogenesi, compresele cause sindromiche di alcune delle malfor-mazioni fetali meno rare, nelle quali è stataposta diagnosi prenatale o perinatale di sin-

drome. Si tratta comunque spesso di case re-port in famiglie a rischio.È indispensabile la creazione di centri di ri-ferimento su territori estesi, anche regionali,affinché si possano concentrare i casi sospet-ti ed avviare adeguati studi. A tutt’oggi per-sistono numerose difficoltà nella compren-sione dell’ eziopatogenesi delle malformazio-ni fetali in relazione ai differenti pathwaysmetabolici coinvolti, alle modificazioni epige-netiche con rilevanti interazioni tra patrimo-nio genetico fetale, placentare, ambientale ematerno, ma indubbiamente sono stati com-piuti numerosi progressi ed il nostro bagaglioculturale si è accresciuto a dismisura. La col-laborazione tra più centri aumenta la possibi-lità di diagnosi corretta e l’acquisizione di da-ti singolarmente rari nei singoli centri.

CONCLUSIONI

Molte delle anomalie strutturali a carico ap-parente di un solo organo, non eccezional-mente si associano ad anomalie multiorganoo multistemiche con coinvolgimento di seve-rità differente e non di rado possono essereinquadrabili in un quadro clinico ben defini-to o sindromico. È per questo motivo, grazieanche alla migliorata qualità della diagnosti-ca prenatale, che è possibile dedicare parti-colare attenzione a ciò che oggi potrebbe es-sere definita sindromologia fetale con l’im-plementazione dei centri dedicati.In conclusione possono essere poste alcuneconsiderazioni conclusive:- la diagnosi prenatale si avvale di una equi-

pe pluridisciplinare con centri con bacinod’utenza almeno regionale per identificarecasi clinici complessi e rari che richiedonospecifiche e complesse competenze teori-che e laboratori attrezzati

- la rarità della malattia non sempre signifi-ca impossibilità nel porre il sospetto dia-gnostico; quanto maggiore è il bagaglioculturale dell’equipe perinatale ed il suoinserimento in uno specifico network la-vorativo, tanto maggiore è la probabilità diporre diagnosi. In non pochi casi, nelle fa-miglie a rischio per malattie genetiche ra-re, il percorso prevede l’acquisizione di da-ti di imaging utili da confrontare con lo stu-dio molecolare anche a posteriori

- posta la diagnosi ecografica, quando pos-sibile, è indispensabile la conferma mole-

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colare, tenendo a mente la complessità dialcune diagnosi, la variabilità fenotipica emolecolare e la complessità dei pathwaysmetabolici coinvolti

- la malformazione in utero, anche quandoapparentemente isolata, va considerata co-me spettro di malattia, nel senso che la se-verità dell’anomalia strutturale può variare

nel contesto della stessa anomalia e la stes-sa anomalia può fare parte di numerosesindromi, delle quali nel periodo fetale puòrappresentare l’unica manifestazione rile-vabile all’imaging

- la lesione fetale evidenziata è parte dellospettro della sindrome diagnosticata in ute-ro; da questo punto di vista la prognosi va

espressa con cautela- il mancato rilievo di altre anomalie, oltre

quella diagnosticata con gli ultrasuoni, nonne escludere altre di lieve entità o la succes-siva manifestazione; la gravità della progno-si non sempre si correla al quadro ecografi-co in un dato momento della gravidanza.

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FIGURA 1. Modello di flow-chart nel feto con anomalia strutturale

definire se l’anomalia è:

isolata od associata ad altre anomalie strutturali

se presente cardiopatia

se associata ad anomalie dei cromosomi

se inquadrabile in una sindrome o sequenza od anomalia di area di sviluppo (studi epidemiologici, albero genealogico,studimolecolari, biochimici, etc); delineare la storia naturale, evolutività in utero, possibilità di modificare la storia naturale coninterventi medici, letalità

prospettare le complicanze materne (distocia del parto per voluminosa massa fetale, sindrome dello specchio, etc)

prevedere le complicanze fetali della permanenza in utero (ipoplasia polmonare, anomalo sviluppo massa indotto)

PROGNOSIA) sfavorevole con possibilità di interruzione della gravidanza—IVGB) sfavorevole senza possibilità di interruzione della gravidanzaC) favorevole senza terapia prenataleD) favorevole con miglioramento della prognosi con adeguato management prenataleE) favorevole con miglioramento della prognosi con adeguato management peri o postnatale

EPOCA DEL PARTO interruzione iatrogena dellagravidanza

Con parto pretermineparto a termine

INDICAZIONEAL PARTO fetale o materna al parto

MODALITA’ DEL PARTO spontaneotaglio cesareo

SEDE DEL PARTO centro di riferimentoNon centro di riferimento

TERAPIA in uteroprepartalepostnataleconferma diagnosticastabilizzazione del neonato

astensione terapeutica terapia indicata(letalità) follow-up terapia

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TABELLA 1. Segni rilevabili all’imaging del feto. Alcune anomalie sono così lievi da essere valutabili solo in casiselezionati in famiglie a rischio e/o nella revisione delle registrazioni. In altri casi l’anomalia è evidente anche all’ esamesuperficiale con apparecchiatura di bassa qualità. L’elenco delle anomalie rilevabili o sospettabili non é esaustivo, marende evidente l’importanza di un buon esame dismorfologico.

Idrope ed edemi generalizzati: sono dovute a più di cento cause

Cranio: presenza, assenza, dimensioni e morfologia, anomalie, dismorfismiAnomalie strutturali maggiori. anencefalia, exencefalia, meningocele, encefalocele, idrocefalia (malattie cromosomiche, ge-netiche, infezioni, tumori, anticorpi antipiastrine), schizencefalia, craniosinostosi, microcefalia, macrocefalia/macrocrania,asimmetrica cranica, anomalie della conformazione (brachicefalia, dolicocefalia, scafocefalia, trigonocefalia, fronte promi-nente/bozze frontali prominenti, turricefalia, plagiocefalia, ritardata chiusura delle fontanelle/suture ampie, ossa wormia-ne), iperostosi/sclerosi ossa cranichebrachicefalia: presente in numerose sindromidolicocefalia: presentazione podalicacranio a limone: l’ 1% dei feti normali e la maggior parte dei feti con spina bifida apertacranio a trifoglio (da idrocefalo associato a stenosi congenita delle suture coronale e lamboidea): acrocefalosindattilie (Crou-zon, Pfeiffer, Carpenter, craniosinostosi tipo 2), sindrome camptomelica,ridotta ecogenicità teca cranica: osteogenesis imperfecta, acondrogenesi, ipofosfatasemiadeformabilità del cranio alla pressione con la sonda: osteogenesis imperfecta

Facies: rapporto neuro-splancnocranico, asimmetria, appiattita, rotondeggiante, grossolana, triangolare, schisi, etcprofilo del volto: normale; anomalie fronte, radice nasale, mento, labbra e palato; tumefazioni, protrusioni dal cavo orale(lingua, masse, etc)schisi facciale atipica, schisi facciale tipica schisi mediana o cleft face syndromeanomalie strutturali maggiori: schisi, tumefazioni, ipoplasie, craniosinostosi, displasie ossee

Cervello: tappe dello sviluppo embriologiche, scissure e circonvoluzioni, strutture della linea medianaanomalie strutturali maggiori: idranencefalia, megaencefalia, ventricolomegalia, anomalie della linea mediana, ACC, lipo-mi, anomalie della fossa cranica posteriore, brain disruption, anomalie dello sviluppo delle circonvoluzioni, schizencefalia,etc

Orecchi: forma, dimensioni, micro-anotia, appendici preauricolari; padiglioni auricolari a basso impianto, inclinati all’indie-tro, grandi/prominenti; altre anomalie dei padiglioni auricolari e dell’orecchioorecchi: cromosomopatie, anomalie genetiche; in alcune sindromi esistono dismorfismi specifici degli orecchidepressioni, appendici cutanee o cisti preauricolari: sindromi cromosomiche (trisomia 13,18, 21 e t (11;22) e genetiche (sin-dromi di Fraser, Goldenhar, Nager, Treacher-Collin, brachiootorenale, sindrome dell’occhio del gatto, spettro fenotipico fa-cioauricolovertebrale), ma presenti anche in soggetti normali

Orbite: numero, sede, sviluppo, dimensioni, distanza interoculare, cristallino, palpebre, arteria ialoideafenotipo: descritte anomalie con arcate sopraciliari prominenti, ipoplasiche, altre anomalieciclopia: malattie genetiche associate ad HPEipotelorismo: anomalie cromosomiche (trisomia 13, trisomia 13 ad anello, altre anomalie cromosomiche) e genetiche (sin-drome di Meckel-Gruber), anomalie strutturali a carico del SNC (HPE)ipertelorismo anomalie cerebrali, cromosomiche (es trisomia 13) e genetiche (sindrome di Neu-Laxova, Apert, Opitz; displa-sia frontonasale, sindrome della schisi facciale mediana)

Globo oculare: presenza/assenza, numero, dimensioni, prominenti/esoftalmo, infossati/enoftalmo, micro-anoftalmia, cristal-lino (presenza, assenza, cataratta), anomalie della retina; mobilità dell’occhioanoftalmia, microoftalmia, criptoftalmo: sindrome di Fraser, del interstiziale 3q27 (ove mappa il gene SOX2), infezioni

Retina: sindrome di Walker-Warburg

Palpebre: rime palpebrali (movimenti di apertura e chiusura), anomalie dell’apparato lacrimale (tumefazioni)

Cataratta: infezione fetale (toxoplasmosi, CMV, rosolia), cromosomopatie (trisomia 13, sindrome di Down), sindromi (SAF,COFS, Neu-Laxova, Lowe; WAGR, condrodisplasia punctata, Beckwith-Wiedeman, Walker-Warburg, Warburg, MICRO, Mart-solf, CAHMR, Larsen)

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Ghiandola lacrimale: dacriocistoceli; altre tumefazioni

Naso: assenza dell’osso nasale in trisomia 21, 18, displasia frontonasale; schisi; naso prominente/grande, a pappagallo, pic-colo/corto, largo, sottile, sella nasale ipoplasica/infossata, sporgente, narici anterverse, anomalie delle ali del nasoPonte nasale depresso/ipoplasiamascellare: cromosomopatia (del 11q o sindrome di Jacobsen, trisomia 21, trisomia 13), ano-malie strutturali (HPE), sindromi (CHARGE, acondroplasia, condrodisplasia punctata, displasia tanatofora, displasia campto-melica, atelosteogenesi, Apert, Carpenter, Pfeiffer, disostosi cleidocranica, Larsen, Freeman-Sheldon)

Atresia delle coane: sindromi (CHARGE, Larsen, Treacher-Collins, Marshall-Smith, Walker-Warburg), cromosomopatie (triso-mia 18)

Labbra: fini, grosse/carnose, fossette labiali, schisi tipica, mediana ed atipica, tumefazioni

Filtro: lungo, corto, ipoplasico, prominente, largo, anomalie nel contesto di schisi, tumefazioni

Bocca: piccola, grande, asimmetrica, labioschisi con o senza palatoschisi, palatoschisi, macroglossia, anomalie della lingua,tumori del cavo orale; microstomia e macrosomia presenti in specifiche sindromi

Lingua: macroglossia nelle sindrome di Beckwith-Wiedeman e Perlman, ipotiroidismo, linfangioma lingualeMascella: ipoplasia malare, trisomia 21, acrocefalosindatilia, dopo assunzione di farmaci (acido valproico, carbamazepi-na,idantoina) o di sostanze voluttuarie (alcool), sindrome di Binder ed in specifici quadri sindromici

Mandibola: rapporto con neurocranio, apertura e chiusura, micrognazia e/o retro grazia, agnazia-otocefalia, prognatismo,schisisequenza di Pierre-Robin: ipoplasia mandibolare con schisi palatinaneuroartrogriposi: la paralisi del muscolo massetere riduce o impedisce del tutto i movimenti temporomandibolari con se-condaria micrognazia e nei casi più gravi microstomiamicrognatia: vedi tabella successiva

Collo: nuchal translucency ispessita nel primo trimestre e plica nucale nel secondo, igromi, cisti laterali del collo, collo corto,pterigio del collo, forma anomala per presenza di anomalie delle vertebre (iniencefalia, sindrome di Klippel-Feil), teratomi olinfangioni del collo, gozzo tiroideoanomalie strutturali maggiori: schisi, angiomi, igromi, teratomi

ANOMALIE DEL SISTEMA RESPIRATORIO

torace/colonna/bacino: anomalie vertebre, clavicole, scapole; pectum excavatum/carenato; torace stretto, tronco corto, ano-malie di curvatura della colonna vertebrale, anomalie forma, numero ed ecostruttura delle coste, anomalie delle vertebre,anomalie del bacino; nel torace displasico aspetto del profilo toracoaddominale a tappo di champagne per la sproporzionetra i due diametri (grave displasia ossea ed ipoplasia polmonare); a granchio nella sindrome di Jarcho-Levin, etc; coste cor-te, spesse, sottili, a rosario, difettose, svasate, irregolari nel numero, nella disposizione e nell‘orientamento e nell’articola-zione con le vertebre; deficit di mineralizzazione anche localizzatianomalie strutturali maggiori: ernia diaframmatica, CAM e sequestro, tumori, ipoplasia, idrotorace isolato, pentalogia diCantrellschisi del torace: sindromi della linea mediana e schisi sternale isolata; ectopia cordistumefazioni toraciche: linfangiomi isolati od espressione della sindrome di Klipple-Trenaunay-Weber; igromi, tumori, depres-sioni gabbia toracicadeformità colonna vertebrale: anomalie del SNC, emivertebre, agenesia vertebre (sindrome da regressione caudale), disor-ganizzazione vertebrale, difetti di mineralizzazione anche localizzati, anomali rapporti con altri segmenti ossei, azioni mu-scolari asimmetriche (LBWC); la statica e la morfologia della colonna vertebrale possono essere alterate da emivertebre overtebre a farfalla per fallimento della formazione dei segmenti vertebrali con conseguente cifosi, scoliosi, lordosi, accorcia-mento della colonnaemivertebre e/o fusione vertebrale: associazione VATER, sindrome da regressione caudale, sindrome di Noonan, estrofiacloacale, sindrome di Marfan, sindrome o malformazione di Klippel-Feil:scapola e clavicola: agenesia od ipoplasia in specifiche sindromimuscoli pettorali: ipo-aplasia nell’ anomala di Polandtimo: cardiopatie troncoconali, infezioni, sindromi genetiche

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Anomalie cardiovascolari: isolate, associate ad altre anomalie, sindromiche, da teratogeni

Apparato digerente: sviluppo embriologico, studio dell’anatomia e morfologia dei vari distretti; peristalsi, tumefazioni,quantità del liquido amniotico, colecisti, via biliareanomalie strutturali maggiori: labiopalatoschisi, onfalocele, gastroschisi, schisi parete, tumefazioni, atresia anale, epa-to/splenomegalia, ascite, ostruzione intestinale, altre anomalie intestinali; altre malformazioni

Genitali: ipospadia/genitali ambigui, criptorchidismo, ipertrofia del clitoride, altre anomalie

Apparato scheletricoarti: agenesia o difetto di formazione trasversale, deficit differenziazione distale, duplicazione, sovracrescita, ridotto svilup-po, amelia, acheiria, focomeliadita: forma, numero (duplicità) e dimensioni (lunghezza, aracnodattilia), morfologia, fragilità/frattura, incurvamento, eco-struttura; clinodattilia o camptodattia e/ o sovrapposizione delle dita; mano chiusa a pugno; polidattilia, sindattilia, combi-nazione polidattilia-sindattilia, ectrodattilia; ipo-aplasia di tipo preassiale, ipo-aplasia di tipo trasverso/postassiale/intercalare,anomalie delle epifisi, anomalie delle ossa del carpo, polidattilia, sindattilia, alluce/pollice grande o doppio, anomalie di po-sizione pollice/allucepiedi: torti, piede a dondolo, piede talo, deformità a sandalo, siremomeliabacino: anomalie di forma, calcificazioni, ecogenicità, distanza tra ali ischiatiche, etcdeformità posizionali degli arti o contratture articolari multiple: da 1) anomalia di sviluppo, 2) deficit della muscolatura stria-ta, 3) malattie genetiche ( displasia diastrofica, condrodisplasia punctata rizomelica, etc), 4) cromosomopatie, 5) anomaledella pressione intrauterina (oligoamnios, anidramnios, tumori uterini, briglie amniotiche) causa di deformazione, 6) formeisolate ad eziologia sconosciuta. Multiple deformità in flessione di arti, mani e piedi con immobilità degli arti; possibile losviluppo di pieghe cutanee (pterigi) a livello delle articolazioni; le cause neonatali più frequenti sono le malattie del SNC,(55%), le malattie del connettivo (11%), le malattie neuromuscolari periferiche (8%), le malformazioni scheletriche od altreanomalie (19%); la frequenza della cause in utero può essere differentearticolazioni: contratture multiple/rigidità/limitazioni movimenti articolari, pterigi articolari, lussazioni articolari, anomaliedel gomito, piede tortoMuscoli scheletrici: riduzione/assenza di movimenti, ipotrofia spiccata, movimenti a scatti

Reni e della via urinaria: sviluppo e funzione dei reni, vescicaanomalie strutturali maggiori: agenesia, ipoplasia, duplicazioni, rene a ferro di cavallo, altre anomalie renali; idronefrosi edilatazione via urinaria, megavescia, schisi parete addominale, cisti renali, tumorisesso: maschile, femminile, anatomicamente indeterminabile, ambiguità dei genitali, sex reversal; criptorchidismo (isolato,associato ad altre malformazioni o cromosomopatie o sindromi genetiche); scroto a scialle

Cute ed annessi: neoplasie che alterano la regolarità del piano cutaneo o dermopatie restrittive con tipico aspetto della cu-te (anche nelle labbra); igroma, linfangioma, tumefazioni dei tessuti molli nella sindrome di Klippel-Trenaunay-Weber o nel-la sindrome PROTEUS

MAF: (corpo in toto, arti, gabbia toracica): ridotti nella SAF, in presenza di pliche cutanee, sindrome da regressione caudaleo nella sofferenza fetale; a scattianomalie di posizione del corpo fetale: estremità inferiori a rana nella sindrome da regressione caudale; aderenza alla pla-centa, ipomobilità e scoliosi grave della colonna vertebrale nel limb body wall, complex; ipomobilità arti inferiori se gravilesioni al midollo (DTN); sirenomelia con aspetto anomalo estremo caudale del corpo

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TABELLA 2. L’eziologia delle anomalie strutturali fetali é molteplice, riconoscendo causa ambientali e genetiche;l’associazione con anomalie cromosomiche e sindromi genetiche varia notevolmente in relazione al tipo di anomaliastrutturale, ma anche della qualità dello studio effettuato, come dimostrato, ad esempio, nell’ernia diaframmatica nellaquale la frequenza di anomalie cromosomiche valutate mediante mediante aCGH è elevata

microcefalia ACC ernia diaframmatica atresia esofagea schisi facciale micrognaziatrisomia 13 trisomia 13 dupl 1q25q31.2 triploidia trisomia 10 trisomia 10trisomia 18 trisomia 8 del 1q41-q42 trisomia 18 trisomia 13 trisomia 18trisimia 22 trisomia 8 a mosaico del o dupl 2q37 trisomia 2 trisomia 18 trisomia 9del 4p del 4p del 3q22 del 22q11 trisomia 22 del 11qdel 59 45XO del 4p16 del 17q22q23.3 trisomia 9 del 4pdel 18p XXXXY del 6p25 del 13q del 4p trisomia 13del 18q del Xp22.3, Xp13-q2 del 6q25.3 del 13q32 HPE triploidiamonosomia 21 del 6p23 del 8p23.1 sirenomelia 49,XXXXYdisruption cerebrale du 8(p21p23) dupl 8p21-p23.1 isotretinoinaalcool du11(q23qter) del 11p13 fenilchetonuriaradiazioni trisomia par 7p del 8q22q23 maternaidantoina dupl 12pamninopterina dupl 15q26rosolia dupl 22qter-q11CMVToxoplasmaHerpes

secondaria a cardiopatie con ridotto afflusso cerebrale secondaria a schisi cranica primaria

Coffin-Siris Miller-Dieker Pierre Robin CHARGE CHARGE acondrogenesiRubistein Taybi Rubistein Taybi Rubistein Taybi Potter MURCS displasiaNeu-Laxova Zellweger Cantrell associazione-schisi SLO camptomelicaLanger-Giedon Meckel-Gruber PAGO Walker-Warburg atelosteogenesiCockayne acro-callosa Goldenhar VATER-VACTERL van der Woude RobertsCAMAK Fryns Fryns Down Fryns displasiaCAMFAK Walker-Warburg Klippel-Feil Feingold Gorlin tanatoforaMenkes Marden-Walker Beckwith-Wiedeman Fanconi Roberts ipoplasiaBloom Andermann Pallister-Killian AEG Goldenhar, femoraleDubowitz Neu-Laxova Cornelia de Lange atresie multiple Pierre Robin facciaRoberts Joubert Stickler intestinali Pena-Shokeir insolitaJohanson-Blizzard idrocefalo X-linked recessivo Matthew-Woods orofaciodigitale II displasiaCornelia de Lange deficit piruvato-deidrogenasi disostosi Nager camptomelicaMICRO - X-linked spondilo-costale Cantrell displasiaGalloway Varadi-Papp Meckel-Gruber diastroficaFanconi FG Marfan costa corta-Paine Toriello-Carey Neu-Laxova polidattilia

Lissencefalia-X-linked pterigi multipli ipoplasiaAicardi idroletale Nager

artrogriposi Treacher-Larsen CollinEEC Freeman-Klippel-Feil Sheldoncosta corta- Frynspolidattilia Goldenhardisplasia diastrofica Dubowitzcamptomelica Seckelipoplasia-femore otopalato--faccia inusuale digitale IIbanda amniotica cerebro-Crouzon costo-

mandibolareCarpenterCrouzonCornelia-deLangeJoubertMeckel-GruberSAFpterigi multipliNeu-LaxovaPena-ShokeirSLOSShprintzengenito-palatocardiacaLarsenCHARGEspettrofenotipicooromandibolo-ipoplasia artirene polisticoautosomicorecessivo

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BIBLIOGRAFIA

I riferimenti bibliografici sono disponibili suFranco Pepe, Francesco De Luca, Francesco Scavone, Giancarlo Di Renzo: DIAGNOSI E MANAGEMENT PERINATALE DELLE MALFORMA-ZIONI FETALI, Verduci Editore, Roma, 2009

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I dattiloscritti vanno inviati al Comitato Editoriale AOGOI -presso la Segreteria Nazionale, via Giuseppe Abamonti 1, 20129Milano - all’attenzione della Direzione scientifica. Non si rispon-de della reperibilità di materiale inviato o consegnato ad altriindirizzi. L’accettazione dei lavori è subordinata al parere deireferees appositamente incaricati. La lettera di accompagnamentodeve indicare un autore come corrispondente, recapito telefoni-co e postale.

Si prega di allegare:l. titolo del lavoro (in italiano e in inglese)2. nomi e cognomi degli autori per esteso3. enti o istituti di appartenenza4. riassunto in italiano5. parole chiave in italiano6. summary in inglese7. key words in inglese8. bibliografia completa in tutte le voci (vedi sotto)9. se ci sono tabelle devono essere complete di titolo, eventualelegenda e riferimento nel testo10. se ci sono illustrazioni devono essere complete di didascalia,eventuale legenda e riferimento nel testo.

La chiarezza e la completezza nella presentazione dei testi, tabellee figure contribuisce ad accelerare i tempi di pubblicazione.L’autore è responsabile di tutto il contenuto del testo pubblicato.Si dà per scontato che i testi proposti non siano già stati pubblicati,né simultaneamente inviati ad altri editori.

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