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Anno 117 2 MARZO 2014 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 8 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 dal 1897 La Vita è on line clicca su www.settimanalelavita.it n anziano sociologo francese, Alain Tourai- ne, che ha seguito passo passo le grandi trasfor- mazioni registrate nel nostro tempo, non molti anni fa pubblicava un libro dal tito- lo La fine delle società, nel quale si sosteneva la tesi che ormai si era en- trati in un’epoca post-sociale, in cui sono praticamente scomparse tutte le categorie di natura comunitaria che hanno accompagnato l’umanità nel lungo cammino dei secoli passati: lo stato, la nazione, la democrazia, la classe, la famiglia, ultimo baluardo di una mentalità ormai tramontata per sempre. La vittoria più completa di quell’individualismo che aveva trovato nel cattolico E. Mounier il nemico più agguerrito e più severo, perché vedeva in esso l’attacco più pericoloso contro la persona umana, concepita come l’essere relazionale e comunitario per eccellenza. Le conclusioni dello studioso fran- cese potranno sembrare forse esagera- te, è apprezzabile però il suo grido di allarme e soprattutto il suo richiamo perentorio a una resistenza etica per la quale egli ha riconosciuto ultima- mente l’apporto straordinario del papa attuale. In realtà, dell’individua- lismo papa Francesco parla spesso nei suoi numerosi interventi, in partico- lare lo ha fatto nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium, sulla cui analisi noi insistiamo da tempo, per i molti suggerimenti in essa conte- nuti, da noi ritenuti degni della nostra massima attenzione. Anzi, in questo documento, è reperibile una frase che avvicina i pensieri dei due autori: “La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali” (n. 66). Un crisi dun- que che colpisce l’intera società e che non risparmia nemmeno la sua prima e fondamentale cellula. Non si tratta però, per papa Francesco, di una fine, ma di una crisi. Come dire che, se vo- gliamo, si è ancora in tempo a salvare questo bene prezioso, che ha dimo- strato anche nel tempo dell’attuale crisi la sua forza e il suo insostituibile valore. Il cammino tracciato dal papa è assai più convincente di quello del so- ciologo francese. Si tratta esattamente dell’affermazione della monocultura dell’individualismo, della dimenti- canza dell’altro, alla resa dei conti dell’insorgenza prepotente e organiz- zata dell’eterno egoismo che domina ormai incontrastato la cultura e la prassi del nostro tempo. Un egoismo che si chiama liberismo in economia, con l’affermazione dell’autonomia as- soluta dei mercati e della speculazione finanziaria; libertarismo in campo morale, dove tutto sembra permesso per la perdita dei principi morali che regolavano la vita personale, familia- re e sociale; consumismo che erige il benessere materiale a norma suprema dell’agire umano; edonismo come ricerca del piacere immediato e la U dimenticanza della rinuncia e del sa- crificio, senza dei quali non è possibile una vera e propria costruzione della persona e della società. In sostanza, una società, come dice il papa, “ma- terialista, consumista e individualista” (n 63). Ed ecco la ricetta in nome del mes- saggio cristiano: “L’azione pastorale deve mostrare ancora meglio che la re- lazione con il nostro Padre esige e in- coraggia una comunione che guarisca, promuova e rafforzi i legami interper- sonali. Mentre nel mondo, specialmen- te in alcuni paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di ricono- scere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, di stringere relazioni e aiutarci ‘a portare i pesi gli uni degli altri’ (Gal 6, 2)” (n. 67). L’apertura, la solidarietà, l’altruismo, la fraternità, la carità nel senso forte della parola: ecco la medicina necessaria per risalire la china. Che significa anche nel nostro linguaggio, ritorno al Vangelo o alme- no ai valori da esso annunciati. Perché continuiamo a ritenere possibile una vita morale, rispettosa dei valori e dei diritti altrui anche da parte di coloro che non credono in Dio, se mantengo- no una esatta concezione dell’uomo. Perché la voce della coscienza, presen- te in ogni essere umano, indica le stes- se strade di quelle richieste da Dio. Un pensiero, questo, che ci per- mette di approfondire la natura dei cosiddetti comandamenti, che vengono normalmente intesi come una proibi- zione cervellotica della volontà di Dio, il quale si diverte a limitare la nostra libertà e a privarci delle cose belle e buone che noi istintivamente deside- riamo. L’esatto rovescio della verità. Intanto Dio non comanda nulla, ma suggerisce, propone, indica la via da percorrere per la nostra vera realizza- zione; il rifiuto di quanto egli prospet- ta porta evidentemente delle conse- guenze, che noi siamo abituati a con- siderare come punizioni divine e che invece sono semplicemente gli effetti delle nostre trasgressioni. Il disordine non può che procurare ulteriore disor- dine. Il peccato è castigo a se stesso e neppure Dio può impedire le conse- guenze dei nostri atti. Lo vogliamo o no, questi ci seguono e dei loro effetti gli unici responsabili rimaniamo noi. Giordano Frosini CONTINUA L'APPROFONDIMENTO SULL'EVANGELII GAUDIUM Papa Francesco richiama l’attenzione sui contenuti fondamentali dell’evangelizzazione, facendo anche appello al ricorso alla bellezza PAGINA 2 LE FORTI PAROLE DEL PAPA AI NUOVI CARDINALI “Bando agli intrighi, alle chiacchiere, alle cordate, ai favoritismi e alle preferenze” PAGINA 4 CENTRO CULTURALE "j. MARITAIN" Due incontri straordinari: Venerdì 28 febbraio “Inchiesta su Maria” con Marco Vannini e Lucietta Scaraffia; venerdì 7 marzo “Etica e laicità” con l’ex ministro Giorgio Bogi e l’ex presidente della Fuci Stefano Ceccanti PAGINA 7 IL PROGRAMMA AMBIZIOSO DI MATTEO RENZI Scuola, riforma della Costituzione, problemi economici e dell’occupazione PAGINA 13 I NOSTRI DUE MARO' NON SARANNO GIUDICATI CON LA LEGGE ANTITERRORISMO PAGINA 15 Lo spettro dell’individualismo Emanuele Mounier, il grande nemico dell’individualismo che sta sommergendo la nostra società

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Anno 117

2 MARZO 2014

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

8VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10

dal 1897

La Vita è on lineclicca su

www.settimanalelavita.it

n anziano sociologo francese, Alain Tourai-ne, che ha seguito passo passo le grandi trasfor-mazioni registrate nel nostro tempo, non molti

anni fa pubblicava un libro dal tito-lo La fine delle società, nel quale si sosteneva la tesi che ormai si era en-trati in un’epoca post-sociale, in cui sono praticamente scomparse tutte le categorie di natura comunitaria che hanno accompagnato l’umanità nel lungo cammino dei secoli passati: lo stato, la nazione, la democrazia, la classe, la famiglia, ultimo baluardo di una mentalità ormai tramontata per sempre. La vittoria più completa di quell’individualismo che aveva trovato nel cattolico E. Mounier il nemico più agguerrito e più severo, perché vedeva in esso l’attacco più pericoloso contro la persona umana, concepita come l’essere relazionale e comunitario per eccellenza.

Le conclusioni dello studioso fran-cese potranno sembrare forse esagera-te, è apprezzabile però il suo grido di allarme e soprattutto il suo richiamo perentorio a una resistenza etica per la quale egli ha riconosciuto ultima-mente l’apporto straordinario del papa attuale. In realtà, dell’individua-lismo papa Francesco parla spesso nei suoi numerosi interventi, in partico-lare lo ha fatto nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium, sulla cui analisi noi insistiamo da tempo, per i molti suggerimenti in essa conte-nuti, da noi ritenuti degni della nostra massima attenzione. Anzi, in questo documento, è reperibile una frase che avvicina i pensieri dei due autori: “La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali” (n. 66). Un crisi dun-que che colpisce l’intera società e che non risparmia nemmeno la sua prima e fondamentale cellula. Non si tratta però, per papa Francesco, di una fine, ma di una crisi. Come dire che, se vo-gliamo, si è ancora in tempo a salvare questo bene prezioso, che ha dimo-strato anche nel tempo dell’attuale crisi la sua forza e il suo insostituibile valore.

Il cammino tracciato dal papa è assai più convincente di quello del so-ciologo francese. Si tratta esattamente dell’affermazione della monocultura dell’individualismo, della dimenti-canza dell’altro, alla resa dei conti dell’insorgenza prepotente e organiz-zata dell’eterno egoismo che domina ormai incontrastato la cultura e la prassi del nostro tempo. Un egoismo che si chiama liberismo in economia, con l’affermazione dell’autonomia as-soluta dei mercati e della speculazione finanziaria; libertarismo in campo morale, dove tutto sembra permesso per la perdita dei principi morali che regolavano la vita personale, familia-re e sociale; consumismo che erige il benessere materiale a norma suprema dell’agire umano; edonismo come ricerca del piacere immediato e la

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dimenticanza della rinuncia e del sa-crificio, senza dei quali non è possibile una vera e propria costruzione della persona e della società. In sostanza, una società, come dice il papa, “ma-terialista, consumista e individualista” (n 63).

Ed ecco la ricetta in nome del mes-saggio cristiano: “L’azione pastorale deve mostrare ancora meglio che la re-lazione con il nostro Padre esige e in-coraggia una comunione che guarisca, promuova e rafforzi i legami interper-sonali. Mentre nel mondo, specialmen-te in alcuni paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di ricono-scere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, di stringere relazioni e aiutarci ‘a portare i pesi gli uni degli

altri’ (Gal 6, 2)” (n. 67). L’apertura, la solidarietà, l’altruismo, la fraternità, la carità nel senso forte della parola: ecco la medicina necessaria per risalire la china. Che significa anche nel nostro linguaggio, ritorno al Vangelo o alme-no ai valori da esso annunciati. Perché continuiamo a ritenere possibile una vita morale, rispettosa dei valori e dei diritti altrui anche da parte di coloro che non credono in Dio, se mantengo-no una esatta concezione dell’uomo. Perché la voce della coscienza, presen-te in ogni essere umano, indica le stes-se strade di quelle richieste da Dio.

Un pensiero, questo, che ci per-mette di approfondire la natura dei cosiddetti comandamenti, che vengono normalmente intesi come una proibi-zione cervellotica della volontà di Dio,

il quale si diverte a limitare la nostra libertà e a privarci delle cose belle e buone che noi istintivamente deside-riamo. L’esatto rovescio della verità. Intanto Dio non comanda nulla, ma suggerisce, propone, indica la via da percorrere per la nostra vera realizza-zione; il rifiuto di quanto egli prospet-ta porta evidentemente delle conse-guenze, che noi siamo abituati a con-siderare come punizioni divine e che invece sono semplicemente gli effetti delle nostre trasgressioni. Il disordine non può che procurare ulteriore disor-dine. Il peccato è castigo a se stesso e neppure Dio può impedire le conse-guenze dei nostri atti. Lo vogliamo o no, questi ci seguono e dei loro effetti gli unici responsabili rimaniamo noi.

Giordano Frosini

CONTINUA L'APPROFONDIMENTO SULL'EVANGELII GAUDIUMPapa Francesco richiama l’attenzione sui contenuti fondamentalidell’evangelizzazione, facendo anche appello al ricorso alla bellezza

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LE FORTI PAROLE DEL PAPA AI NUOVI CARDINALI“Bando agli intrighi, alle chiacchiere, alle cordate, ai favoritismi e alle preferenze”

PAGINA 4CENTRO CULTURALE "j. MARITAIN"Due incontri straordinari: Venerdì 28 febbraio “Inchiesta su Maria” con Marco Vannini e Lucietta Scaraffia; venerdì 7 marzo “Etica e laicità” con l’ex ministro Giorgio Bogi e l’ex presidente della Fuci Stefano Ceccanti

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IL PROGRAMMA AMBIZIOSO DI MATTEO RENZI Scuola, riforma della Costituzione, problemi economici e dell’occupazione

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I NOSTRI DUE MARO' NON SARANNO GIUDICATI CON LA LEGGE ANTITERRORISMO

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Lo spettrodell’individualismo

Emanuele Mounier, il grande nemico dell’individualismo che sta sommergendo la nostra società

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2 n. 8 2 Marzo 2014 LaVitaprimo piano

l mandato missionario del Signore comprende l’appello alla crescita della fede quando indica: «inse-gnando loro a osservare tutto ciò

che vi ho comandato» (Mt 28,20). Così appare chiaro che il primo annuncio deve dar luogo anche ad un cammino di formazione e di maturazione. L’evan-gelizzazione cerca anche la crescita, il che implica prendere molto sul serio ogni persona e il progetto che il Signore ha su di essa. Ciascun essere umano ha sempre di più bisogno di Cristo, e l’evan-gelizzazione non dovrebbe consentire che qualcuno si accontenti di poco, ma che possa dire pienamente: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

Non sarebbe corretto interpretare questo appello alla crescita esclusiva-mente o prioritariamente come forma-zione dottrinale. Si tratta di «osservare» quello che il Signore ci ha indicato, come risposta al suo amore, dove risalta, insie-me a tutte le virtù, quel comandamento nuovo che è il primo, il più grande, quello che meglio ci identifica come discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). È evidente che quando gli autori del Nuovo Testamento vogliono ridurre ad un’ultima sintesi, al più essenziale, il messaggio morale cristiano, ci presentano l’ineludibile esigenza dell’amore del prossimo: «Chi ama l’altro ha adempiuto la legge ... pienezza della Legge è la carità» (Rm 13,8.10). «Se adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene» (Gc 2,8). «Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5,14). Paolo proponeva alle sue comunità un cammino di crescita nell’amore: «Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12).

D’altro canto, questo cammino di ri-sposta e di crescita è sempre preceduto dal dono, perché lo precede quell’altra richiesta del Signore: «battezzandole nel nome...» (Mt 28,19). L’adozione a figli che il Padre regala gratuitamente e l’iniziativa del dono della sua grazia (cfr Ef 2,8-9; 1 Cor 4,7) sono la condizione di possibilità di questa santificazione permanente che piace a Dio e gli dà gloria. Si tratta di lasciarsi trasformare in Cristo per una progressiva vita «se-condo lo Spirito» (Rm 8,5).

La viadeLLa beLLezza

È bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della bellezza” (via pulchritudinis). Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In

I

questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. Non si tratta di fomentare un relativismo estetico, che possa oscurare il legame inseparabile tra verità, bontà e bellezza, ma di recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto. Se, come afferma sant’Ago-stino, noi non amiamo se non ciò che è bello, il Figlio fatto uomo, rivelazione della infinita bellezza, è sommamente amabile, e ci attrae a sé con legami d’amore. Dunque si rende necessario che la formazione nella via pulchritudi-nis sia inserita nella trasmissione della fede. È auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in con-tinuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmet-tere la fede in un nuovo “linguaggio parabolico”. Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, e comprese quelle modalità non conven-zionali di bellezza, che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri.

Per quanto riguarda la proposta morale della catechesi, che invita a crescere nella fedeltà allo stile di vita del Vangelo, è opportuno indicare sempre il bene desiderabile, la proposta di vita, di maturità, di realizzazione, di fecondità, alla cui luce si può comprendere la nostra denuncia dei mali che possono oscurarla. Più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che pos-sano vederci come gioiosi messaggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita

fedele al Vangelo.

L’accompagnamento personaLe deiprocessi di crescita

In una civiltà paradossalmente fe-rita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contem-plare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In questo mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere presente la fragranza della presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo per-sonale. La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossi-mità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana.

Benché suoni ovvio, l’accompa-gnamento spirituale deve condurre sempre più verso Dio, in cui possiamo raggiungere la vera libertà. Alcuni si credono liberi quando camminano in disparte dal Signore, senza accorgersi che rimangono esistenzialmente orfani, senza un riparo, senza una dimora dove fare sempre ritorno. Cessano di essere pellegrini e si trasformano in erranti, che ruotano sempre intorno a sé stessi senza arrivare da nessuna parte. L’accompagnamento sarebbe contro-producente se diventasse una specie di terapia che rafforzi questa chiusura delle persone nella loro immanenza e cessi di essere un pellegrinaggio con Cristo verso il Padre.

Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove

spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per proteggere tutti insieme le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano di disgregare il gregge. Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sen-tire. La prima cosa, nella comunicazione con l’altro, è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spi-rituale. L’ascolto ci aiuta ad individuare il gesto e la parola opportuna che ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori. Solo a partire da questo ascolto rispettoso e capace di compatire si possono trovare le vie per un’autentica crescita, si può risvegliare il desiderio dell’ideale cristiano, l’ansia di rispondere pienamente all’amore di Dio e l’anelito di sviluppare il meglio di quanto Dio ha seminato nella propria vita. Sempre però con la pazienza di chi conosce quanto insegnava san Tommaso: che qualcuno può avere la grazia e la carità, ma non esercitare bene nessuna delle virtù «a causa di alcune inclinazioni con-trarie» che persistono. In altri termini, l’organicità delle virtù si dà sempre e necessariamente “in habitu”, benché i condizionamenti possano rendere diffi-cili le attuazioni di quegli abiti virtuosi. Da qui la necessità di «una pedagogia che introduca le persone, passo dopo passo, alla piena appropriazione del mistero». Per giungere ad un punto di maturità, cioè perché le persone siano capaci di decisioni veramente libere e responsabili, è indispensabile dare tem-po, con una immensa pazienza. Come diceva il beato Pietro Fabro: «Il tempo è il messaggero di Dio».

Chi accompagna sa riconoscere che la situazione di ogni soggetto davanti a Dio e alla sua vita di grazia è un mistero che nessuno può conoscere pienamente dall’esterno. Il Vangelo ci propone di correggere e aiutare a crescere una per-sona a partire dal riconoscimento della malvagità oggettiva delle sue azioni (cfr

Continua la nostra lettura delle parti principalidel documentodi Papa Francesco, che richiamal’attenzione sui contenutifondamentali dell’evangelizzazione,facendo anche appello alla bellezza

“EVANGELII GAUDIUM” DI PAPA FRANCESCO

Il contenutodell’evangelizzazione

Mt 18,15), ma senza emettere giudizi sulla sua responsabilità e colpevolezza (cfr Mt 7,1; Lc 6,37). In ogni caso un valido accompagnatore non accondi-scende ai fatalismi o alla pusillanimità. Invita sempre a volersi curare, a rial-zarsi, ad abbracciare la croce, a lasciare tutto, ad uscire sempre di nuovo per annunciare il Vangelo. La personale esperienza di lasciarci accompagnare e curare, riuscendo ad esprimere con piena sincerità la nostra vita davanti a chi ci accompagna, ci insegna ad essere pazienti e comprensivi con gli altri e ci mette in grado di trovare i modi per risvegliarne in loro la fiducia, l’apertura e la disposizione a crescere.

L’autentico accompagnamento spirituale si inizia sempre e si porta avanti nell’ambito del servizio alla missione evangelizzatrice. La relazione di Paolo con Timoteo e Tito è esempio di questo accompagnamento e di questa formazione durante l’azione apostolica. Nell’affidare loro la missione di fermar-si in ogni città per “mettere ordine in quello che rimane da fare” (cfr Tt 1,5; cfr 1 Tm 1,3-5), dà loro dei criteri per la vita personale e per l’azione pastorale. Tutto questo si differenzia chiaramente da qualsiasi tipo di accompagnamento intimista, di autorealizzazione isolata. I discepoli missionari accompagnano i discepoli missionari.

circa La paroLa di dio

Non solamente l’omelia deve alimentarsi della Parola di Dio. Tutta l’evangelizzazione è fondata su di essa, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata. La Sacra Scrittura è fonte dell’evangelizzazione. Pertanto, bisogna formarsi continuamente all’ascolto della Parola. La Chiesa non evangelizza se non si lascia continuamente evange-lizzare. È indispensabile che la Parola di Dio «diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale». La Parola di Dio ascoltata e celebrata, soprattutto nell’Eucaristia, alimenta e rafforza inte-riormente i cristiani e li rende capaci di un’autentica testimonianza evangelica nella vita quotidiana. Abbiamo ormai superato quella vecchia contrapposizio-ne tra Parola e Sacramento. La Parola proclamata, viva ed efficace, prepara la recezione del Sacramento, e nel Sacramento tale Parola raggiunge la sua massima efficacia.

Lo studio della Sacra Scrittura dev’essere una porta aperta a tutti i credenti. È fondamentale che la Parola rivelata fecondi radicalmente la cate-chesi e tutti gli sforzi per trasmettere la fede. L’evangelizzazione richiede la familiarità con la Parola di Dio e questo esige che le diocesi, le parrocchie e tutte le aggregazioni cattoliche propongano uno studio serio e perseverante della Bibbia, come pure ne promuovano la lettura orante personale e comunitaria. Noi non cerchiamo brancolando nel buio, né dobbiamo attendere che Dio ci rivolga la parola, perché realmente «Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato se stes-so». Accogliamo il sublime tesoro della Parola rivelata.

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32 MarzO 2014 n. 8VitaLa

A lato di un quadroPontile di Lido, 8.02.2014

Una ferita nel tempomi sequestra la vita.Ogni volta mi sentocome a lato di un quadro.Vorrei invece di dentrosmuovere l’ondedei miei sensi sommersi.

Simone Magliwww.simonemagli.blogspot.it

PoetiContemporanei

UN ESEMPIO LAICALE

Toniolo uomo completoa figura di Giuseppe Tonio-lo (1845-1918) ha cono-sciuto, in occasione della recente beatificazione, una

certa notorietà. Una fase d’interesse si è avuta in occasione del ritorno delle Settimane sociali con un preci-so richiamo nella Settimana a Pisa e Pistoia nell’ottobre 2007 sul tema: Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano.

In quell’occasione Benedet-to XVI ha riconosciuto come le Settimane sociali siano nate «per iniziativa soprattutto del professor Giuseppe Toniolo, luminosa figura di laico cattolico, di scienziato ed apostolo sociale, protagonista del Movimento cattolico sul finire del XIX secolo e agli albori del XX» (Be-nedetto XVI, Settimana Sociale 2007).

Nella visione di Toniolo il fattore economico, proprio per il richiamo all’etica, non può che essere fina-lizzato al bene comune e in questo consiste anche l’utilità dell’economia.

I grandi principi che reggono la Dottrina sociale cristiana trovano in Toniolo un fondamento di scienza e di pensiero: il bene comune oggi inteso come «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente» (Compendio della Dottrina sociale n. 164) trova nel suo pensiero e nella sua vita un valido sostegno e apre a una visione sociale dell’economico.

Il suo pensiero rappresenta un

L

incent Van Gogh nasce nel 1853 a Groot Zun-dert, un paesino del Brabante olandese non

lontano dalla frontiera belga. Figlio di un pastore protestante, sin da piccolo appare predisposto verso la natura, il bello. Ancora giova-nissimo viene colto da una crisi religiosa, studia teologia ma viene respinto agli esami. Frequenta allora una scuola di evangelizza-zione e si trasferisce nel Brabante del nord, una regione molto pove-ra del Belgio meridionale, dove si dedica interamente ai poveri. Nel frattempo realizza i primi disegni che riportano come soggetti i poveracci e i minatori. Il fratello minore Theo che lavora alla casa d’arte Goupil di Parigi comincia ad aiutarlo economicamente. Si trasferisce prima a Bruxelles, poi all’Aja, frequenta le accademie e prende lezioni di pittura. Poi torna in famiglia, comincia a dipingere scene di vita contadina e operaia. In seguito lo troviamo a Parigi, qui conosce Toulouse Lautrec, Bernard, molti impressionisti e anche Paul Gauguin. Organizza mostre con questi pittori, si dedica a ritratti e paesaggi. In seguito si sposta nel sud della Francia ad Arles in Provenza dove vuole costituire una comunità di artisti. Affitta la fa-mosa “casa gialla” e per un certo periodo vi coabiterà con Gauguin. Presto però inizieranno i guai, i

caratteri dei due sono incompa-tibili, nel contempo cresce anche l’instabilità psichica di Van Gogh: infatti una sera, dopo l’ennesima discussione, questi tenterà di ag-gredire con un rasoio Gauguin che torna immediatamente a Parigi. Viene ricoverato all’ospedale di Arles per essere poi internato nel manicomio di Saint-Remy, dove continua a dipingere, cipressi, giar-dini, oliveti. Nel frattempo si orga-nizzano le prime esposizioni delle sue opere a Parigi e a Bruxelles e finalmente anche i critici lo loda-no. Uscito dalla casa di cura viene ospitato nella casa del fratello Theo a Parigi e poi si stabilisce ad Auvers sur Oise dal dottor Guichet un medico omeopata amante dell’arte. Dopo qualche tempo decide di trasferirsi in una locanda vicina dove lavora instancabilmen-te, ma il suo equilibrio resta in-stabile, anzi peggiora giorno dopo giorno. La sua attività è febbrile e, quando non trova le tele o le tavo-le, dipinge anche sugli strofinacci della cucina. La sera del 27 luglio 1890, una domenica, dopo essere

uscito per dipingere i suoi quadri come al solito nelle campagne che circondavano il paese, rientra e si rifugia subito nella sua camera: al proprietario della Maison Ravoux che, non vedendolo per il pranzo, sale per accertarsi della sua sa-lute confessa di essersi sparato un colpo di rivoltella al petto in un campo vicino. Theo, da Parigi, accorre al capezzale di Vincent che muore due giorni dopo. In tasca del pittore viene trovata una lettera indirizzata proprio a Theo dove, insieme ad alcune con-siderazioni sull’arte, lascia scritto “…ti ho sempre detto… e te lo ripeto ancora che ti ho sempre considerato qualcosa di più di un semplice mercante di Corot… tu non sei fra i mercanti di uomini… comportandoti realmente con umanità.” Molte le biografie a lui dedicate, tra le più interessanti “Van Gogh il sublime pittore del sensibile” di Pierre Leprohon. Que-sti ci “romanza” una vita tragica e intensa, con un epilogo dramma-tico e assurdo, che inizia quando Van Gogh si taglia di netto un

orecchio per regalarlo a una don-na e finisce sul letto di una stanza disadorna, in una modesta locan-da di Auvers sur Oise, un paese trenta chilometri a nord di Parigi. Certo una fine disperata per un artista che viene ricordato da tutti come il mito dell’espressionismo. Ultimamente una sua tela dal ti-tolo “ L’homme est en mer” dipin-to a Saint Remy nel 1889 è stata battuta ad una asta londinese per 16.882500 sterline.

V Vincent Van Gogh...il mitodi Alessandro Orlando

di Ernesto Preziosi

modo, inquadrato nel panorama delle teorie e dell’economia reale del suo tempo, per dare corpo e spessore al «bene comune». La riflessione di To-niolo si basa sull’analisi della società concreta e rivela una non comune capacità di collocare i problemi in un’ampia prospettiva e di cogliere le conseguenze dei fenomeni. La sintesi si trova nel principio chiave dell’in-civilimento, inteso come sviluppo ordinato ed equilibrato della crescita della civiltà di un popolo.

Dopo un sostanziale oblio durato molti decenni, la figura di Toniolo, uomo dotato di un forte senso della realtà e studioso capace di elaborare proposte alternative sia all’ipotesi li-

berista, sia a quella socialista, può oggi essere riconsiderato insieme con il suo pensiero sociale ed ecomico. Egli utilizza un metodo originale per cui le leggi economiche, le tendenze storiche e le rilevazioni statistiche costituiscono il materiale che va riletto in chiave sociologica, perché possa fornire indicazioni per la sua proposta improntata in gran parte all’idealismo cristiano.

L’originalità del pensiero del Toniolo, in sintesi, consiste nel saper raccordare il discorso etico alle leggi economiche, evitando saggiamente il rischio di una morale economica che non tenga conto della realtà. Al di là di ogni forzata attualizzazione,

è evidente come possa essere utile lasciarsi interpellare da questo pen-siero anche nel corso del dibattito odierno.

Dalle biografie emerge poi il profilo di un uomo completo, figura centrale nelle vicende della presenza cattolica nel nostro Paese tra i due secoli.

Se riduciamo “in pillole” il pen-siero di Toniolo, scopriamo che i destinatari dell’azione economica dovranno essere quella «infinita mol-titudine dei proletari» di cui parlava la Rerum novarum. Di qui, da questa attenzione evangelica, potremmo dire, nasce la sensibilità che genera una «economia sociale» e che, per altro verso, chiede allo Stato di allar-gare il suo orizzonte e di perseguire il «bene comune».

Per Toniolo, la visione biblica di povero non coincide unicamente con quella economica: «Nei libri del Vecchio e Nuovo Testamento scrive - questa sollecitudine peculiare non abbraccia solo le moltitudini operose e diseredate, ma si estende a quanti sono umili, deboli, derelitti, all’ope-raio, all’agricoltore, al bisognoso, non meno che ai fanciulli, agli orfani, alle vedove, agli erranti, agli sventurati; e ciò per chiarire, che il titolo a questa speciale cura da parte di chi soprastà non è soltanto di inferiorità economica, ma qualunque deficien-za che richiede d’essere integrata dall’esuberanza od eccellenza altrui; e che inoltre il fine, cui convenga codesta azione verso gl’inferiori, non è soltanto di tutela a preservare l’incolumità, ma ancora di aiuto per favorirne il miglioramento».

Quaresimatempo anche

di silenziodi Vincenzo Arnone

orse in passato non si sentiva il bisogno di richiamare tale caratteristica, poiché il silen-zio avvolgeva le campagne, i

paesi e anche le piccole città, ma oggi in cui siamo un po’ tutti avvolti dal rumore, dal frastuono, dalle grida, dovremmo percepire ancora di più la necessità del silenzio come forma di quiete spirituale e morale. E per questo credo valga la pena dedicare una domenica di quare-sima al silenzio; chiamarla proprio così: domenica del silenzio.Non tanto e non solo per non ascoltare i canti, le parole che noi diciamo durante la celebrazione eucaristica, quanto per ascoltare il silenzio, per prestare orec-chio alla Parola di Dio in una maniera più accentuata e solenne e perché il Signore in una maniera simpaticamente umana e commossa, possa prestare l’orecchio alla nostra preghiera secondo il suggestivo salmo 5: “porgi l’orecchio Signore, alle mie parole, intendi il mio lamento” o al contrario secondo quanto Samuele osò dire al Signore Dio altissi-mo: “Samuele ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all’orecchio del Signore”.Che la quaresima sia il periodo della penitenza, del digiuno e della più forte preghiera è cosa risaputa; ma come si nutrono tutte queste cose se non con il silenzio? il silenzio del deserto, il silenzio della vita nascosta di Gesù, il silenzio del-la mistica, il silenzio della città, del paese, il silenzio nella celebrazione eucaristica.Forse si potrebbe celebrare, una do-menica di quaresima, in una maniera tale da ascoltare il silenzio che corre tra i presenti, il silenzio dei bambini, dei ragazzi, il silenzio delle parole scandite dal celebrante in maniera pacata, pausata, da entrare nelle viscere e nel cuore dei partecipanti e da dover dire dopo: non avevo pensato a questo o a quel gesto, a questa o quella parola; ascoltare il silenzio quasi surreale che corre tra le teste della gente nel tentati-vo di ruminare la sacre parole proposte dalla celebrazione. La poca abitudine al silenzio, interiore e d esteriore, ci porta a rincorrere la parola, il rumore e a farne quasi un mito. Apriamo invece le pagi-ne della Sacra Scrittura e ci rendiamo conto come tanti grandi eventi sono accaduti nel silenzio o comunque nel nascondimento.La domenica quaresimale del silenzio potrebbe aprire le porte al deserto che costruiamo nel periodo tra i più sacri dell’anno liturgico nell’orizzonte della luce pasquale.

F

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4 n. 8 2 Marzo 2014 LaVitaattualità ecclesiale

Il tuo aiuto, Padre miseri-cordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito» (Colletta).Questa preghiera, pro-

nunciata all’inizio della Messa, ci richiama ad un atteggiamento fonda-mentale: l’ascolto dello Spirito Santo, che vivifica la Chiesa e la anima. Con la sua forza creatrice e rinnovatrice, lo Spirito sempre sostiene la spe-ranza del Popolo di Dio in cammino nella storia, e sempre sostiene, come Paraclito, la testimonianza dei cristiani. In questo momento, tutti noi, insieme con i nuovi Cardinali, vogliamo ascoltare la voce dello Spi-rito che parla attraverso le Scritture proclamate.

Nella prima Lettura è risuonato l’appello del Signore al suo popolo: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,2). E Gesù nel Vangelo riecheggia: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Queste parole interpellano tutti noi, disce-poli del Signore; e oggi sono rivolte specialmente a me e a voi, cari Fra-telli Cardinali, in modo particolare a voi che ieri siete entrati a far parte del Collegio Cardinalizio. Imitare la santità e la perfezione di Dio può sembrare una meta irraggiungibile. Tuttavia, la prima Lettura e il Vangelo suggeriscono gli esempi concreti affinché il comportamento di Dio diventi regola del nostro agire. Ma ricordiamoci tutti noi, ricordiamoci che senza lo Spirito Santo sarebbe vano il nostro sforzo! La santità cristiana non è prima di tutto opera nostra, ma è frutto della docilità – voluta e coltivata – allo Spirito del Dio tre volte Santo.

Il Levitico dice: «Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello … Non ti vendicherai e non serberai rancore … ma amerai il tuo prossi-mo…» (19,17-18). Questi atteggia-menti nascono dalla santità di Dio. Noi invece solitamente siamo così diversi, così egoisti e orgogliosi… eppure la bontà e la bellezza di Dio ci attraggono, e lo Spirito Santo ci può purificare, ci può trasformare, ci può plasmare giorno per giorno. Fare questo lavoro di conversione, con-versione nel cuore, conversione che tutti noi – specialmente voi Cardinali ed io – dobbiamo fare. Conversione!

Nel Vangelo, anche Gesù ci parla della santità e ci spiega la nuova legge, la sua. Lo fa mediante alcune antitesi tra la giustizia imperfetta degli scribi e dei farisei e la superiore giustizia del Regno di Dio. La prima antitesi del brano odierno riguarda la vendetta. «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico: …se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra» (Mt 5,38-39). Non soltanto non dobbiamo restituire all’altro il male che ci ha fatto, ma dobbiamo sforzarci di fare il bene con larghezza.

La solenne lezione di Papa Francesco

ai cardinali:“si entra nellachiesa di Roma

non in una corte”

Servitori, non padroniIl mandato affidato da Papa Francesco ai nuovi cardinali

di Fabio Zavattaro

ervitori non padroni. È il compito che Francesco con-segna ai nuovi cardinali, ma ancor più è il compito che

il Signore affida ai suoi discepoli. Sia-mo ancora, per quanto riguarda le letture domenicali, nelle pagine che in Matteo fanno seguito al discorso della montagna, e a quella apparen-te contraddizione tra Antico e Nuovo Testamento, tra “avete inteso che fu detto” e il “ma io vi dico” di Gesù. Le norme introdotte nel testo biblico per impedire abusi e arbitrarietà, trovano nella parola del Signore un ulteriore passaggio per costruire un mondo più unito nell’amore: “Voi siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”. Ecco l’obiettivo cui tendere e che ha come presupposto quell’“amare i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” che si contrappone all’“amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico” iscritto nella legge del taglione, che voleva essere un freno imposto alla vendetta indiscriminata. Per essere suoi discepoli, Cristo ci dice che bisogna strappare dal cuore la radice stessa della vendetta e, dunque, riuscire ad amare anche il nemico.Ma anche nella lettera di Paolo ai Corinti troviamo una ricetta per es-sere discepoli: mai montarsi la testa.

«

SSe qualcuno si crede sapiente, si faccia stolto per diventare sapiente. Ma come si fa ad amare un nemico, come è possibile essere sapienti se ci facciamo stolti? Quello che Gesù ci dice è che un amore autentico non calcola ma si offre, non attende ma va incontro. Ed ecco che allora comprendiamo meglio l’affermazio-ne di Francesco all’Angelus, rivolta ai cardinali: “Debbono sentirsi servitori, non padroni”.Sedici nuovi porporati, più tre ultraot-tantenni, cioè non partecipanti a un eventuale Conclave in base alla nor-ma stabilita da Paolo VI. Già sabato alla cerimonia per la consegna delle berrette e dei titoli cardinalizi, Fran-cesco aveva detto ai cardinali che la Chiesa ha bisogno del loro coraggio per annunciare il Vangelo “in ogni occasione opportuna e non opportu-na”; ha bisogno “della vostra collabo-razione, e prima ancora della vostra comunione, con me e tra di voi”. Ha bisogno “di noi anche affinché siamo uomini di pace e facciamo la pace con le nostre opere, i nostri desideri,

le nostre preghiere. Fare la pace. Ar-tigiani della pace”.Sempre ai cardinali, ma all’Angelus, il Papa ricorda che “coloro che han-no ricevuto un ministero di guida, di predicazione, di amministrare i sacramenti, non devono ritenersi pro-prietari di poteri speciali, ma porsi al servizio della comunità, aiutandola a percorrere con gioia il cammino della santità”. E questa, spiega Francesco, è la condizione dei battezzati, e le differenze non possono “contraddire il fatto che tutti, per il Battesimo, abbiamo la stessa dignità: tutti, in Gesù Cristo, siamo figli di Dio”. Pro-prio il Concistoro e la celebrazione di domenica hanno offerto “un’occa-sione preziosa per sperimentare la cattolicità, l’universalità della Chiesa, ben rappresentata dalla variegata provenienza dei membri del Col-legio Cardinalizio”. Lo ricordiamo: otto sono gli europei, 7 provengono dall’America, uno solo dal Nord; e poi due dall’Africa e altrettanti dall’Asia.Lavorare per l’unità della Chiesa, dice Francesco nelle parole pronun-

ciate prima della preghiera mariana dell’Angelus. Lavorare per “costruire questa unità, perché l’unità è più importante dei conflitti. L’unità della Chiesa è di Cristo, i conflitti sono problemi che non sono sempre di Cristo”.Ciò che ci dice Francesco è che essere figli di Dio comporta a tutti i livelli un impegno maggiore rispetto a quanto il mondo chiede, perché siamo chiamati “a essere perfetti come perfetto è il Padre che abita nei cieli” e che “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”.Di qui la preghiera che il Papa ri-volge di sostenere e assistere nella preghiera i pastori, “affinché guidino sempre con zelo il popolo che è stato loro affidato, mostrando a tutti la tenerezza e l’amore del Signore”. La vocazione del vescovo, del cardi-nale, del Papa è questa, dice ancora Francesco: “Essere servitore, servire in nome di Cristo. Pregate per noi, perché siamo buoni servitori: buoni servitori, non buoni padroni”.

La seconda antitesi fa riferimento ai nemici: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (vv. 43-44). A chi vuole seguirlo, Gesù chiede di amare chi non lo merita, senza contraccam-bio, per colmare i vuoti d’amore che ci sono nei cuori, nelle relazioni uma-ne, nelle famiglie, nelle comunità e nel mondo. Fratelli Cardinali, Gesù non è venuto a insegnarci le buone maniere, maniere da salotto! Per questo non c’era bisogno che scendesse dal Cielo e morisse sulla croce. Cristo è venuto a salvarci, a mostrarci la via, l’unica via d’uscita dalle sabbie mobili del peccato, e questa via di santità è la misericordia, quella che Lui ha fatto e ogni giorno fa con noi. Essere santi non è un lusso, è necessario per la

salvezza del mondo. E’ questo che il Signore chiede a noi.

Cari Fratelli Cardinali, il Signore Gesù e la madre Chiesa ci chiedono di testimoniare con maggiore zelo e ardore questi atteggiamenti di santità. Proprio in questo supplemento di oblatività gratuita consiste la santità di un Cardinale. Pertanto, amiamo coloro che ci sono ostili; benedicia-mo chi sparla di noi; salutiamo con un sorriso chi forse non lo merita; non aspiriamo a farci valere, ma op-poniamo la mitezza alla prepotenza; dimentichiamo le umiliazioni subite. Lasciamoci sempre guidare dallo Spirito di Cristo, che ha sacrificato sé stesso sulla croce, perché possiamo essere “canali” in cui scorre la sua carità. Questo è l’atteggiamento, questa deve essere la condotta di un Cardinale. Il Cardinale – lo dico spe-

cialmente a voi - entra nella Chiesa di Roma, Fratelli, non entra in una corte. Evitiamo tutti e aiutiamoci a vicenda ad evitare abitudini e comportamenti di corte: intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze. Il nostro lin-guaggio sia quello del Vangelo: “sì, sì; no, no”; i nostri atteggiamenti quelli delle Beatitudini, e la nostra via quella della santità. Preghiamo nuovamente: “Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito”.

Lo Spirito Santo ci parla oggi an-che attraverso le parole di san Paolo: «Siete tempio di Dio … santo è il tempio di Dio, che siete voi» (1 Cor 3,16-17). In questo tempio, che siamo noi, si celebra una liturgia esistenziale: quella della bontà, del perdono, del servizio, in una parola, la liturgia dell’amore. Questo nostro tempio

viene come profanato se trascuriamo i doveri verso il prossimo. Quando nel nostro cuore trova posto il più piccolo dei nostri fratelli, è Dio stesso che vi trova posto. Quando quel fratello viene lasciato fuori, è Dio stesso che non viene accolto. Un cuore vuoto di amore è come una chiesa sconsacrata, sottratta al servizio divino e destinata ad altro.

Cari Fratelli Cardinali, rimaniamo uniti in Cristo e tra di noi! Vi chiedo di starmi vicino, con la preghiera, il consiglio, la collaborazione. E tutti voi, vescovi, presbiteri, diaconi, persone consacrate e laici, unitevi nell’invo-cazione dello Spirito Santo, affinché il Collegio dei Cardinali sia sempre più ardente di carità pastorale, più pieno di santità, per servire il Vangelo e aiutare la Chiesa a irradiare nel mondo l’amore di Cristo.

“Bando agli intrighi,alle chiacchiere,

alle cordate, ai favoritismi e alle preferenze”

UN CONCISTORO DI STRORDINARIA IMPORTANzA

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52 MarzO 2014 n. 8VitaLa

antifona d’Ingresso (Sal 17,19-20) è l’enunciazione del tema della meditazione che la Liturgia ci propone in questa domenica: «

Il Signore è mio sostegno, mi ha liberato e mi ha portato al largo, è stato lui la mia salvezza perché mi vuole bene». Della “presa in carico” da parte di Dio di noi e dei nostri problemi viene data una sola spiegazione: il suo amore precedente ogni nostro merito o demerito, ovverosia «perché mi vuole bene».La ragione ultima è che Dio è per noi allo stesso tempo padre e madre. Anzi, nell’ordine in cui la liturgia ce lo presenta, prima è madre e poi è padre. Sembra che si voglia sottolineare che la figura di Dio come madre è propria solo dell’an-tico testamento, in quanto nel nuovo se ne parla solo come padre.Il testo di Isaia (prima lettura, Is 49,14-15) è di una inimitabile e struggente dolcezza: un’ar-dente dichiarazione, o, meglio, un’appassionata protesta di amore. Cosa di più, infatti, potremmo desiderare come assicurazione dell’amore di Dio? Qualora avessimo la tentazione di dire: «Dio mi ha abbandonato», o «Io, per lui, non conto nien-te», dovremmo sentire rivolta a noi la consolante rassicurazione: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si di-menticassero, io invece non ti dimenticherò mai». Un’affermazione talmente decisa da non lasciare adito a dubbio. Anzi, in questo caso un dubbio, oltre ad essere palesemente infondato, sarebbe addirittura offensivo per un amore così totale ed incondizionato. Questa infinita tenerezza conti-

nua nelle parole del salmo responsoriale (61) che sono la constatazione che l’uomo, ispirato dallo Spirito Santo, è sicuro di poter fare in seguito alla dichiarazione di Dio, di cui, evidentemente, deve fidarsi: «Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare».È davvero stupefacente: Dio non solo manifesta il suo amore, ma ci incoraggia ad accettarlo e ad abbandonarci totalmente, con piena fiducia, in Lui. Da questo amore di dimensioni incredibili, nasce — e non c’è da meravigliarsene — l’esigenza di una risposta adeguata, senza compromessi. «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (lettura evangelica, Mt 6,24-34). La rivelazione dell’immenso amore di Dio Padre, già sufficientemente esplicita nell’Antico Testamento, viene completata dal dono del Figlio: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Neppure Dio avrebbe potuto dare una prova più grande del suo innamoramento della sua creatura prediletta, l’uomo.L’amore sconfinato che Dio ha per noi e che così efficacemente è descritto da Isaia, esige da

parte nostra fiducia incondizionata nella sua provvidenza. È Gesù a riprendere questo discorso: «Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? […] E per il vestito, perché vi preoccu-pate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?». A questo, Gesù aggiunge un invito a fare un passo avanti con lo smettere di preoccuparci delle no-stre necessità e concentrarci esclusivamente gli interessi di Dio, che poi, come risposta, risolverà anche i nostri problemi: «Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).I motivi che giustificano nell’antico testamento la più grande fiducia nell’amore misericordioso di Dio per l’uomo peccatore vengono moltiplicati all’infinito nel nuovo, perché essa si basa adesso sui meriti infiniti della passione di Cristo, come efficacemente spiega S. Bernardo: «Dove trovano sicurezza e riposo i deboli se non nelle ferite del Salvatore? Io vi abito tanto più sicuro, quanto più egli è potente nel salvarmi. Il mondo freme,

il corpo preme, il diavolo mi tende insidie, ma io non cado perché sono fondato su salda roccia. Ho commesso un grave peccato; la coscienza si turberà, ma non ne sarà scossa perché mi ricorderò delle ferite del Signore. Infatti “è stato trafitto per i nostri delitti” (Is 53, 5). Che cosa vi è di tanto mortale che non possa essere disciolto dalla morte di Cristo?».Non si tratta, però, di un automatismo: Dio, aven-doci creati liberi, ha voluto correre il rischio di essere da noi rifiutato. Per questo siamo chiamati a prendere posizione: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’al-tro». Il santo vecchio profeta Simeone lo aveva già annunciato: «A Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione”» (Lc 2, 33), concetto che verrà ripetuto da Gesù stesso: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde» (Lc 11,23). Lo slogan «Non potete servire Dio e la ricchezza» ci dice che questo Dio che ci ama senza riserve è un Dio geloso che pretende, come risposta, un amore ugualmente senza riserve. Lo hanno capito, e lo capiscono ancora, i “martyres”, cioè coloro che “testimoniano” la loro scelta di Dio fino alle estreme conseguenze, quando, cioè, la “ricchezza” a cui rinunciare non consiste solo in beni materiali, ma addirittura nella propria vita, indubbiamente la “ricchezza” più preziosa di cui l’uomo dispone, ma che deve essere pronto a perdere nel caso in cui l’unico modo per conservarla sia il rinnegare Dio ed il suo regno.

don Umberto Pineschi

La Parola e le paroleVIII DomenIca Del Tempo orDInarIo

anno aIs 49,14-15; Sal 61; 1 Cor 4,1-5; Mt 6,24-34

attualità ecclesiale

L’

n bilancio certamente positi-vo” delle prime tre sessioni di lavoro del Consiglio di cardi-nali, mentre il lavoro prosegue

“con speditezza, ma non con fretta, per la serietà della cosa”. A conclusione della terza riunione (17-19 febbraio), abbiamo incontrato monsignor Marcello Semeraro, segretario del Consiglio di cardinali. Nel colloquio il vescovo parla di tutti i temi sul tappeto: dagli obiettivi del Consiglio alla riforma della Curia, dal questionario del Sinodo alle attese create, dal lavoro futuro al primo anno di Pontificato di Francesco...

Qual è il bilancio di questi primi tre incontri?

“Il bilancio è certamente positivo. L’operosità del Consiglio di cardinali si sviluppa sui due versanti per i quali è stato istituito: la vita della Chiesa e la riforma della Curia romana. Quanto alla prima è noto che i cardinali hanno già formulato alcune proposte al Papa, come quelle riguardo alla prossima Assemblea del Sinodo dei vescovi e all’istituzione di una Commissione per la prote-zione dei fanciulli e l’attenzione pastorale per le vittime di abusi. Quanto alla Curia, gli otto stanno progressivamente vagliando i contributi derivati da una vasta consultazione fatta a suo tempo sia tra i capi Dicastero, sia fra gli episcopati delle aree geografiche di riferimento dei singoli cardinali membri del Consiglio”.

Ci sono parole-chiave per fotogra-fare il lavoro di questi mesi?

“L’istituzione degli otto ha certamente amplia-to per il Papa gli spazi del ‘consiglio’, aggiungendo a quelli già esistenti un organismo molto agile, rappresentativo del Collegio dei cardinali, ma anche

Per il segretario,monsignor Marcello

Semeraro, la consulenza degli otto cardinali

richiesta dal Papa, è un atto di profonda umiltà.Parole chiave nel lavoro di questi mesi: sinodalità

e pastoralitàdi Vincenzo Corrado

“U

dell’episcopato nelle grandi aree mondiali. Penso che, al riguardo, sinodalità sia una parola chiave per indicare il metodo del lavoro e che il termine pastoralità indichi con sufficiente chiarezza l’in-tenzione e lo scopo”.

Nel chirografo, con cui viene istituito il Consiglio, il Papa ne pun-tualizza anche le finalità: “Aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale” e “studiare un progetto di revisione della Costituzione apo-stolica ‘Pastor bonus’ sulla Curia romana”. Ci può chiarire i termini? Aiutare sottende incapacità?

“La virtù più necessaria a chi governa è, secon-do san Tommaso, la prudenza, che nella prospettiva di una virtù ‘politica’ è ordinata al bene comune. Tra le categorie che ne sostanziano il significato c’è anche l’umiltà che induce a domandare il consiglio ad altri. Altro che incapacità, dunque. La scelta del Papa è piuttosto esercizio di una virtù cardinale. Doveroso in chi è posto alla guida di una comunità”.

Molto interesse nell’opinione

pubblica ha suscitato il questionario diffuso a largo raggio per il prossimo Sinodo sulla famiglia. Una forma di consultazione nuova, che ha riscosso enormi consensi, ma anche critiche. Non c’è il rischio di aver creato un’at-tesa nella gente su punti delicati, quali la comunione ai divorziati, che poi non potrà essere soddisfatta?

“Il questionario è stato anche per le nostre Chiese in Italia un’importante occasione per un discernimento approfondito sulla situazione della famiglia e della pastorale per la famiglia. Esso è stato accolto con molto interesse e anche con gioia per lo stile di ascolto che comporta. Eventuali rilievi sono da ascriversi al desiderio di vedere ampliata questa possibilità di ascolto. Quanto alle aspettati-ve, quelle di un cristiano non potranno che essere di una sempre più approfondita conoscenza della volontà del Signore: cosa che si verifica sempre quando c’è il giusto clima spirituale, uno studio attento e competente e l’impegno di stare nella comunione ecclesiale. Sono sostanzialmente queste le vie che, secondo Dei Verbum 8, conducono la

DAL CONSIGLIO DEGLI OTTO

La riforma del Papa?“Prossimità,

cura e custodia”Chiesa verso la pienezza della verità”.

A proposito di riforma della Curia. A che punto si è giunti? Che tempi sono previsti?

“La riforma della Curia è la seconda delle finalità stabilite dal Papa nella costituzione del Consiglio. Dopo uno sguardo generale, la loro attenzione si è rivolta anzitutto alle singole Con-gregazioni che, come noto, sono nove. Su ciascuna di esse, sulla base di una relazione introduttiva, i cardinali hanno espresso le proprie considerazioni cercando sempre una convergenza in vista di pro-poste da presentare al Papa perché meglio esse corrispondano alle mutate e rinnovate esigenze poste dalla vita della Chiesa nel mondo intero. Il lavoro è impegnativo e intenso; i cardinali operano con speditezza, ma non con fretta, per la serietà della cosa. È già noto, tuttavia, il calendario di lavoro, che prevede già altre due sessioni in aprile e in luglio. Un ritmo, come si vede, ben cadenzato”.

Tra pochi giorni ricorre il primo anniversario dell’elezione di Papa Francesco. Cosa è cambiato per la Chiesa da quel 13 marzo 2013?

“Il succedersi di un nuovo Papa, per chi - come direbbe sant’Ignazio - ha il retto sentire cum Eccle-sia, è sempre un messaggio di Dio e pure una sua interpellanza alla Chiesa. Fin dal suo primo appa-rire, in Papa Francesco si è percepita l’intensità di un messaggio spirituale per cui tanta gente - non soltanto i cattolici - lo riconosce come autentica guida morale. Egli non ha cominciato con il pro-porre un programma, neppure di ‘riforma’ - questo, semmai, oggi lo si riconosce in Evangelii Gaudium, che è la energica spinta a un’uscita missionaria, poiché la gioia del Vangelo non può essere tratte-nuta - bensì con l’indicare uno stile, che rinnova per l’uomo l’antica storia del Samaritano: prossimità, cura e custodia. Egli, per di più, abita in questo stile”.

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6 n. 8 2 Marzo 2014 LaVita

Lettere in redazione

NELLA RICORRENzA DELLA CATTEDRA DI SAN PIETRO

Riflessione sul primato del Papa

MOVIMENTODEI FOCOLARI

L’amorereciproco

Incontro aperto a giovani e adulti, a Firenze il 2 marzo per riflettere sul

tema dell’annoomenica 2 marzo alle 15,15 a Firenze, al Cen-tro Mariapoli, si terrà un incontro di formazione alla

spiritualità dell’unità partendo dal tema dell’anno “L’amore reciproco”.

Recentemente Maria Voce, attuale presidente del movimento dei Focolari, in un’intervista rilasciata ad Avvenire, metteva in luce il carisma del movimen-to, l’unità, dono dello Spirito santo e l’at-teggiamento a servizio della fraternità universale e di quella chiesa-comunione che Gesù vuole e che comprende tutti. Oggi il movimento dei Focolari (Opera di Maria) è presente in 182 paesi, conta circa due milioni di aderenti e simpatizzanti, in prevalenza cattolici, ma non solo. Ne fanne parte a vario titolo migliaia di cristiani di 350 chiese e comunità ecclesiali, molti seguaci di varie religioni, tra cui ebrei, musulmani, buddisti, induisti, e persone di convin-zioni non religiose. Il movimento nasce nel 1944 a Trento, Chiara Lubich e le sue prime compagne, riunite intorno all’altare, al termine della messa si ritro-vano, senza quasi conoscere la portata della loro richiesta, a domandare a Dio di dare attuazione, anche attraverso loro, ad una frase ascoltata nel corso della liturgia “chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra”. D.R.

D

Ha ancora sensosposarsiin chiesa?Le statistiche dicono che negli ultimi 10 anni, gli italiani che hanno scelto di vivere da soli sono aumentati del 41%. Colpa della crisi economica? Colpa della paura di impegnarsi in prima persona, di fronte ad un’altra creatura umana e soprattutto di fronte a Dio? O più semplicemente per un’idea di libertà mal concepita, che induce al disordine morale ed al libertinaggio, dimenticando che la vera libertà è quella di amare un marito od una moglie, in maniera totale nella verità, perché questa è la vocazione dell’uomo, in quanto creato per amore, ad immagine e somiglianza di Dio, che è amore. Questo non significa che ogni perso-na è chiamata a sposarsi, ognuno ha la sua vocazione. Proviamo però, per un attimo, a pensare profondamente al concetto di libertà, una parola di grande dimensione sociale e morale.Io mi domando se è libertà essere schiavi dell’edonismo, del’alcol, del sesso, del vizio del gioco? Se è libertà seminare veleni, anziché grano e frut-ti, nella meravigliosa terra che Dio ci ha regalato? O forse è libertà erigersi a padroni della vita, arrogandoci il diritto di decidere chi deve nascere e chi deve morire? Sicuramente questa non è la libertà che il Signore ha pensato per noi nella creazione, ma è invece un’azione costante di distruzione della dignità umana ed una negazione di Dio. Penso che forse la misura è colma e sarà bene fermarsi ed incominciare da capo.

Si può e si deve ricominciare dalla famiglia, istituzione fondamentale anche della società civile: una sana famiglia impegnata a valorizzare i suoi componenti ed ad educarli ai valori del bene comune, della solidarietà, avrà un riverbero positivo su tutta la società. E’quindi necessario un cambio di rotta,che guardi verso Dio ed il prossimo, anziché verso il nostro egoismo. La sfiducia di molti cittadini verso l’istituzione famiglia passa attraverso i tanti divorzi e fal-limenti vari, ma anche i tanti esempi di mal costume, o mala politica, che mortificano le istituzioni pubbliche e ne minano la credibilità.Mi premeva parlare pubblicamente del sacramento del matrimonio, perché da alcuni anni, insieme a mia moglie, collaboro con don Alessan-dro Marini ai corsi, o meglio incontri prematrimoniali con i fidanzati nella parrocchia di San Benedetto, cercan-do di portare le mie esperienza ma-trimoniale di 37 anni, nella speranza di indurre i fidanzati a riflettere su questa importante vocazione, dono dell’amore infinito di Dio. Sottoline-ando marcatamente i cardini su cui poggia tale Sacramento. La fecondità, la indissolubilità, la fedeltà.Abbiamo notato in questi anni una oscillazione in più o in meno delle coppie partecipanti agli incontri, che andavano da un minimo di 10 coppie ad un massimo di 20. Tutt’oggi, tanti giovani coraggiosi scel-gono di giurarsi amore eterno e io ne sono testimone, come tutti quelli

che si impegnano nei corsi, nelle parrocchie di tutto il mondo. Nella stragrande maggioranza dei candidati sposi si nota fame e sete di cose sacre, fame di fede, prevalentemente molti di loro hanno riallacciato con più vigore il rapporto con la comu-nità cristiana, abbandonato spesso dopo la Cresima. Riscontriamo pure una maggiore maturità spirituale o comunque il desiderio sincero di migliorarsi alla luce di Cristo.Nel corrente anno, gli incontri nella nostra parrocchia si svolgono di domenica dalle 18 alle 20. Ogni anno alla fine del ciclo di 7 incontri, diviene palese il rammarico che questa bella esperienza si concluda. Per tutti noi questi scambi di esperienze, di aspirazioni ed anche di diversità, finiscono per arricchire il nostro ba-gaglio umano e spirituale. Per questo ringraziamo il Signore che ci ha voluti suoi collaboratori.

Enzo Romboli

Un ringra-ziamentoAl termine della partita Giorgio Tesi Group /Armani Group di lunedì sera, durante l’incontro di basket la mia autovettura è stata danneggiata con vetro spaccato ed altri fastidiosi inconvenienti. Trafugati anche agende ed effetti personali ai quali tenevo molto, poi recuperati dal signor An-drea Frescucci vivaista di Chiesina Montalese che intendo ringraziare e segnalare alla pubblica attenzione per

il pur piccolo ma significativo gesto di civismo e solidarietà.

Giorgio Federighi

Il saluto a don GiuseppeVignozziHo ricordo di don Giuseppe quando, qualche anno fa, veniva a celebrare la messa alla cappella dei caduti senza croce del Monte Oppio. Celebrava la messa con una certa commozione, perché era anche lui orfano di guerra. Il padre gli era morto al fronte du-rante il conflitto mondiale del 15-18. Ultimamente si era portato dietro un portafoglio di tela sdrucito che, durante l’omelia, aveva presentato come una reliquia. Si trattava dell’ul-tima cosa rimastagli del padre che, fra l’altro, in pratica non aveva nemmeno conosciuto.Tra i suoi ricordi più belli aveva, e lo ricordava con orgoglio e commozio-ne, la concelebrazione della messa con Papa Giovanni Paolo II nella cappella del Vaticano.Don Giuseppe è stato presidente della nostra associazione per la zona di Piteglio.Ciao don Giuseppe, prega per noi! Ma sappiamo che sarai sempre die-tro l’angolo per darci i tuoi preziosi consigli!

Giancarlo BrusoniAssociazione nazionale

famiglie dei caduti e dispersi in guerra

in dall’epoca patristica la chie-sa dedicava due festività alla “cattedra di San Pietro”. In memoria della cattedra di

Antiochia, dove l’apostolo evangelizzò quella comunità e la cattedra di Roma in cui venne martirizzato tra l’anno 64 e il 67 d.C. A seguito delle riforme conciliari la festività della cattedra di San Pietro viene liturgicamente celebrata in unico giorno, il 22 febbraio.

Monsignor Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, commenta in modo egregio per le nostre pagine questa festività.

Il giorno 22 febbraio di ogni anno ricorre la festività della cattedra di San Pietro, primo vescovo di Roma; per-ché la chiesa l’ha istituita?

La festività della cattedra di San Pietro ha radici lontane, infatti già nel se-colo IV i romani onoravano una cattedra di San Pietro come espressione della sua autorità apostolica e del suo magistero.

Questa festa aveva come oggetto il ministero di Pietro, un carisma unico e infallibile che permane nei suoi succes-sori. Quando si parla di cattedra significa dire luogo e spazio per ammaestrare, ed indica la funzione di un Magistero autorevole.

Nei secoli, insieme all’intenzione a venerare il primo apostolo, si è unita la venerazione ad una reliquia considera-ta come la cattedra, oggetto, o seggio

pontificio, attribuito piamente al primo vescovo di Roma e conservato nella Basilica Vaticana.

Oggi quale particolarità assume all’interno della vita liturgica della chiesa?

Io intravvedo diverse particolarità per la vita liturgica della chiesa. Prima

di tutto oggi questa festività assume uno speciale significato perché celebra il culto di un apostolo e di un martire, quale primo vescovo di Roma, che Gesù Cristo ha scelto come guida e roccia della sua chiesa.

Possiamo anche dire che la cattedra di San Pietro ci riconduce alla cattedra di Gesù Cristo: la prima grande e unica

Cattedra evangelica, dalla quale deriva quella di San Pietro e la cattedra di tutti gli apostoli e dei loro successori.

Un’altra particolarità è che ogni anno questa festa ci riconduce alla figura del Papa. La cattedra di San Pietro non è mai vuota, Pietro ha sempre avuto i successori, e per noi il Papa attuale è appunto colui che siede sulla cattedra di San Pietro.

Inoltre, questa festa della chiesa di Roma è festa anche della chiesa universale. I testi biblici di questa ricor-renza ci fanno riascoltare quello che nel vangelo, e nella chiesa primitiva, si dice dell’apostolo Pietro. Fra tutte le espres-sioni è centrale quella della professione cristologica di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

Qual è il messaggio intrin-seco di questa ricorrenza?

Il messaggio è quello di far memoria dell’origine della chiesa cattolica, che il ministero petrino esprime e garantisce. Questa origine si chiama Gesù Cristo, fondatore della chiesa; Cristo via, verità e vita, per tutti i credenti. Tale messaggio ci dice che, da Cristo si arriva alla chiesa e, nel contempo, dalla chiesa si giunge a Cristo.

Qual è la funzione più si-gnificativa del Pontefice nel collegio apostolico?

La funzione più significativa è quel-la di essere centro di unità. Il collegio

apostolico, come si sa, è costituito dai vescovi; il Pontefice, che nella storia si è definito il servo dei servi di Dio, è dentro il collegio apostolico come vescovo di Roma, ne condivide la missione evan-gelizzatrice, ed è fonte ed energia di comunione. Senza il Papa non ci sarebbe collegio apostolico e senza questo non ci sarebbe neppure il Papa. Pontefice e collegio apostolico sono realtà tra loro intrinsecamente unite e inseparabili, ma al Papa è affidato il compito di essere centro di unità e di verità per tutto il collegio apostolico.

Che significato hanno i pellegrinaggi alla Basilica di San Pietro e all’incontro con il Papa?

Prima di tutto ricordo che la Basilica di San Pietro non è stata costruita per custodire una eventuale o ipotetica cattedra del primo vescovo di Roma, ma come maestoso reliquiario della sua tomba e delle sue ossa.

Quanto ai pellegrinaggi, numerosissi-mi in Italia, ma a dimensione mondiale, guidati dai parroci e dai vescovi diocesa-ni, sono importanti perché uniscono una duplice venerazione, quella di un santo, cioè Pietro, primo vescovo di Roma, e quello del Papa, suo successore. Vedere il Papa è vedere Pietro. Questi pellegrinag-gi costituiscono come l’eco della grande verità cattolica, che professa la fede in Gesù Cristo, figlio del Dio vivente.

Carlo Pellegrini

S

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PistoiaSetteN. 8 2 MARZO 2014

enerdì 21 febbra-io, presso l’Aps Oscar Romero, si è svolta la tappa

pistoiese della campagna “Miseria ladra” promossa dal Gruppo Abele e Libera, e che è stata presentata dal responsabile nazionale Giu-seppe De Marzo.

Nel suo intervento De Marzo ha sottolineato come la costruzione dell’uguaglian-za e della giustizia sociale sia compito della politica nel senso più vasto del termine: quella formale di chi ammi-nistra e quella informale che ci chiama in causa tutti come cittadini responsabili.

A partire dagli asettici dati dell’Istat la campagna Miseria ladra propone la condivisione di un’analisi del fenomeno della povertà e proposte concrete per usci-re dalla crisi da rivolgere alla politica nazionale e europea ma anche alle amministra-zioni locali sulla base delle concrete esperienze di impe-gno nel sociale presenti nei territori.

Emiliano Brancaccio, Stefano Rodotà, Gad Lerner, Guido Viale, Gianni Minà, Cecilia Strada, Luisa Morgan-

tini sono i primi testimonial che hanno aderito a “Miseria Ladra”.

All’incontro pistoiese hanno portato il loro contri-buto Arci, Aps Oscar Rome-ro, associazione PortAperta, Caritas, Casa della solidarie-tà, Misericordia (in relazione agli sportelli antiusura e al microcredito), parrocchia di Santomato, Sunia, Wwf. Ha partecipato inoltre l’asso-ciazione La Bussola di Prato che ha espresso l’auspicio di realizzare anche su Prato l’iniziativa.

L’incontro si è concluso con un buffet realizzato con i prodotti Libera Terra prove-nienti dalle cooperative che lavorano sui beni confiscati alle mafie.

L’iniziativa si inserisce nei 100 passi verso la Giornata della memoria e dell’impe-gno in ricordo delle vittime delle mafie, promossa da Libera e Avviso pubblico, che quest’anno si svolgerà a Lati-na il 22 marzo.Per aderire alla campagna Miseria Ladra: http://www.miserialadra.it INFO: [email protected].

D.R.

i tratta di un con-fronto tra un uomo politico e un costitu-zionalista che si sono

incontrati e hanno collabora-to a Palazzo Chigi e al par-lamento e hanno percorso le vie dell’etica politica e dei valori umani, civili e istituzio-nali in uno stato di diritto e in una repubblica democratica. Ci diranno il loro pensiero su laicità ed etica che dovrebbe-ro basarsi sulla comprensio-ne ed il confronto.

La comprensione. “Lo storicismo porta il laico ad accettare il mondo in tutti i suoi aspetti. Certo, egli non lo approva affatto in tutto, anzi spesso lo disapprova: la dura, crudele e instancabile animalità del mondo e delle sue istituzioni colpisce e la-

CENTRO CULTURALE “J. MARITAIN”

Etica e laicità

S

scia sgomento il laico, non lo approva, però lo ‘compren-de’ e per sua natura predi-sposto a comprenderlo.”

Il confronto. Scoppola ha scritto: “il dialogo esige il rifiuto dell’integralismo, di ogni integralismo religioso o laico; dell’atteggiamento spirituale che nasce dalla pretesa di un possesso della verità come cosa propria e che perciò nega la trascen-denza”.

Solo la giustificazione che affronta il confronto aperto può trasformare il potere in diritto e l’ob-bedienza in dovere e può rendere consensuale ogni scelta giuridica anche for-malmente corretta e de-mocratica. A questo punto è necessario considerare se le culture, i mondi e i partiti laici e cattolici consentono questo tipo di rapporto-confronto nella ricerca della giustificazione e del consen-so della collettività.

I due relatori, Bogi e Ceccanti, hanno sicuramen-te avuto un percorso politi-co culturale diverso. L’uno ha vissuto la temperie dei valori del risorgimento, del mazzinanesimo, dell’azioni-smo, del repubblicanismo. L’altro il percorso dello stu-dioso di ispirazione cristiana e di tutore dei valori impre-scindibili della Costituzione della Repubblica italiana. Costituzione che ha in sé i fondamenti della convivenza

L’incontro-dibat-tito si terrà

venerdì 7 marzo 2014 alle 21

presso il semina-rio vescovile,

via Puccini 36.Introdurrano

Giorgio Bogi giàministro della Repubblica e

Stefano Ceccantidell’Università

La Sapienzadi Romadi RobertoBarontini

V

C

Venerdì 28 febbraio 2014, ore 21in seminario Pistoia

Incontro-dibattito sul tema:

Inchiesta su Mariadal libro di CORRADO AUGIAS

e MARCO VANNINI

Introdurranno MARCO VANNINI,

autore del libro e LUCETTA SCARAFFIAdell’Università

La Sapienza di Roma

Segue dibattito

La tappa pistoiesedella campagna“Miseria ladra”Promossa dal Gruppo Abele e

sostenuta da Libera, l’iniziativa si inserisce nei “100 passi verso la

giornata della memoria edell’impegno in ricordo delle

vittime di mafia”, che si svolgeràa Latina il 22 marzo

civile e della giustizia sociale, una giustizia sociale senza ag-gettivi.

GiorGio BoGi

Maturità classica, laurea in medicina e chirurgia, specia-lizzazioni in anestesiologia e malattie apparato respirato-rio. Primario di fisiopatologia respiratoria

Membro direzione nazio-nale del Partito repubblicano dal 1972 al 1994, segretario nazionale nel 1993-1994. De-putato dal 1972 al 2006 (per Prie, dopo scissione del par-tito, per Ds). Più volte sotto-segretario al ministero delle poste eTlc nel periodo 1980-1987 (con incarichi esclusivi attinenti a Tlc e sistema tele-visivo). Presidente della com-missione affari sociali della camera dei deputati dal 1987 al 1991. Sottosegretario alla presidenza del consiglio dei

ministri e ministro dei rap-porti con il parlamento nel governo Prodi (1996-1998).

Stefan o C eC C an ti Laureato in scienze poli-

tiche, è stato presidente della Federazione universitaria cat-tolica italiana (Fuci) dal 1985 al 1987. È stato senatore nella XVI legislatura in Piemonte. Nel 1993 è stato promotore del movimento dei Cristiano sociali, sotto le direzioni di Pierre Carniti, Ermanno Gor-rieri, Giorgio Tonini e Mimmo Lucà.

È professore ordinario di diritto pubblico comparato presso la facoltà di scienze politiche dell’università “La Sapienza” di Roma

Collabora con diverse ri-viste di settore ed è commen-tatore costituzionalista per diversi quotidiani nazionali e per la televisione.

Giorgio Bogi e Stefano Ceccanti

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8 n. 8 2 Marzo 2014 LaVital centro della ri-unione con tutti i cardinali nell’aula del Sinodo, in Vati-

cano, per riflettere sul tema della famiglia papa France-sco ha posto l’antropologia cristiana della famiglia e il suo rapporto con la cultu-ra secolarizzata attuale, gli ambiti della pastorale fami-liare, i divorziati risposati e le questioni sulla validità del matrimonio.

“La famiglia è la cellula fondamentale della società umana”. Le indimenticabili parole di Giovanni Paolo II sono risuonate sulla bocca di Papa Francesco nel breve intervento di apertura.

Il Papa ha detto che al centro della riflessione è “sempre presente la bellezza della famiglia e del matrimo-nio, la grandezza di questa realtà umana così semplice e insieme così ricca, fatta di gioie e speranze, di fatiche e sofferenze, come tutta la vita”. Per questo occorre “approfondire la teologia della famiglia e la pastorale che dobbiamo attuare nelle condizioni attuali”.

Un lavoro da portare avanti “con profondità e senza cadere nella ‘casistica’, perché farebbe inevitabilmente ab-bassare il livello del lavoro”. Insomma, una sorta di ‘ape-ritivo’ alle discussioni che si terranno poi nel Sinodo di ottobre, dedicato sempre al tema della famiglia, senza però anticiparne il lavoro.

comunità ecclesialeRIFLESSIONE

Sfide pastoralidella famiglia

i ricordi la casa ros-sa? lettera a mia ma-

dre” è il libro che l’attore Giulio Scarpati ha presentato lunedì 24 febbraio presso Lo spazio dell’Ospizio a Pistoia.

Nel libro racconta alla ma-dre, affetta dal morbo d’Alzhei-mer, la storia della sua famiglia.

È un memoriale commoven-te di un intelligente attore che riesce a raccontare una storia in cui tutti noi ci possiamo ritrovare, quella di un figlio che cerca di prendersi cura di un genitore affetto dal morbo di Alzheimer.

La presidente della Casa dell’Anziano-Monteoliveto, Carla Tarani, presente all’incontro, ne sottolinea l’importanza.

“Giulio Scarpati - afferma - ha messo in evidenza la sua difficoltà di rapporto con la ma-dre malata di Alzheimer e la sua ricerca di continuare il dialogo con lei facendole ascoltare la musica preferita, portandola nei luoghi che conosceva come la Casa Rossa, ricordata nel titolo del libro, dove, con la famiglia, trascorreva le vacanze”.

È un dialogo tra “sordi “, fra una persona che vive nel mondo reale e una che vive in un mondo tutto suo, con il familiare che cerca di riportare l’ammalato alla realtà, mentre questi non è in grado di seguirlo. Scarpati dice “Mamma, ti racconto una storia. Anche se la dimentichi già dopo quattro virgole”.

“Ti ricordi la casa rossa? lettera a mia madre”

da affrontare: “Una prospettiva ampia

sulla visione della famiglia” nell’ottica dell’antropologia cristiana;

“Una valutazione del rap-porto tra questa e il contesto della cultura secolarizzata che porta avanti delle visioni della realtà, della famiglia, della ses-sualità, della persona molto diverse”;

“La difficoltà della visione cristiana in una cultura che certamente prevalentemente va in altre direzioni”;

La pastorale della famiglia: ambiti, soggetti, gruppi di spiritualità, parrocchie ecc. insistendo prevalentemente sui temi della preparazione al matrimonio e della spiritualità coniugale e familiare.

Le famiglie di immigrati o di minoranze religiose;

La questione dei divorziati risposati e dell’ammissione ai sacramenti, tema molto interessante da trattare senza qualsiasi forma di “tensio-ne” o di “ansia”, ma con un “grande impegno di riuscire a coniugare la fedeltà alla Parola di Cristo e alla misericordia nella vita della chiesa”, con grande attenzione alle situa-zioni concrete;

Infine le procedure “per le questioni e le cause in cui si pone il problema della nullità”, come, cioè, “eventualmente migliorare, semplificare, ri-prendere in considerazione questo ambito”.

Paola e PieroPierattini

“La famiglia rappresenta nel mondo come il riflesso di Dio, uno e trino”, ha affermato Francesco; “fin dal principio il creatore ha posto la sua bene-dizione sull’uomo e sulla don-na affinché fossero fecondi e si moltiplicassero sulla terra”.

Oggi, tuttavia, la famiglia “è disprezzata, è maltrattata e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è bello,

vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è indispensabile questo per la vita del mondo, per il futuro dell’umanità”. Oggi - ha insistito il Pontefice - “ci viene chiesto di mettere in evidenza il luminoso piano di Dio sulla famiglia e aiutare i coniugi a viverlo con gioia nella loro esistenza, accompagnandoli in tante difficoltà e anche con

una pastorale intelligente, coraggiosa e piena d’amore”.

La scelta del Vangelo della famiglia è di vitale importanza per il ruolo che la famiglia stessa è andata assumendo nel mondo contemporaneo, perché, come già Wojtyla nella Familiaris Consortio aveva scritto: “La sorte del genere umano dipende dalla famiglia”.

Tra le tematiche principali

Nomine diMonsignoriQuattro nostri sacerdoti sono stati nominati cappellani di sua santità col titolo di monsignore. Sono: Romano Lotti, Aldo Magnanelli, Paolo Palazzi, Umberto Pineschi

Don RobertoRazzoli parroco diSantonuovoDal 15 febbraio, don Roberto Razzoli è il nuovo parroco di Santonuovo.La parrocchia di San Ger-mano in Santonuovo, nel vicariato foraneo del Piano, si era infatti resa vacante dopo la recente scomparsa del suo storico parroco, don Aldemiro Cinotti.

Corso per la cresimadegli adultiIn preparazione alla cresima agli adulti, che si svolgerà in Catterale l’8 giugno prossimo, a partire dal 14 marzo avrà inizio il corso che si svolgerà ogni venerdì in seminario alle 21.

PARROCCHIA DIVIGNOLE E CASINI

Momenti formativiGiovanni Paolo II e Giovanni XXIII saranno proclamati santi il 27 aprile 2014.Santi insieme i due ponte-fici ai quali papa Francesco maggiormente si ispira nella sua azione riformatrice e di apostolato nelle “periferie” esistenziali e geografiche. Le parrocchie di Vignole e Casini propongono alcuni momenti formativi per pre-pararsi a questo evento. Gli incontri si terranno a Vignole nei locali parrocchiali col seguente programma:Venerdì 28 febbraio ore 21: Incontro guidato da don Diego Pancaldo: “La bellezza dell’amore nel magistero di Giovanni Paolo II.Venerdì 7 marzo ore 21Incontro guidato da don Die-go Pancaldo: “L’amore come dono di sé”: il martirio di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), procla-mata dal papa Giovanni Paolo II compatrona d’Europa.Martedì 18 marzo ore 21Giovanni XXIII raccontato dall’esperienza di un prete missionario: don Enzo Be-nesperi.Domenica 11 maggioPellegrinaggio dalle missio-narie dell’Immacolata padre Kolbe a Borgonuovo (Bo) per approfondire il tema: «Il totale affidamento a Maria espresso da Giovanni Paolo II col motto “Totus tuus”.»Partenza da Vignole col pul-lman nel primo pomeriggio.

A

ASSOCIAzIONE“CASA DELL’ANzIANO- MONTEOLIVETO”

CENTRO DIURNO ALzHEIMER

Il Centro Diurno Alzhemeir è ormai un impor-tante punto di riferimento nella città.

Gli ospiti possono accedereal Centro in due modalità :

accesso come ospite privato - dopo essere stati sottoposti a visita geriatrica e multidisciplinare

da parte dell’ Equipe del Centro

accesso come ospite convenzionato - su segnala-zione dei Servizi Sociali dei Comuni Convenzio-

nati e dell’ Usl 3 di Pistoia

“TMentre una madre perde

inesorabilmente la memoria, il figlio non fa che ricordare, anzi impara a ricordare. Il raccon-to della Casa Rossa è questo emozionante e poetico viaggio inversamente proporzionale, perchè ora il tempo non fa più da fissativo, ma da solvente; il dissolversi delle memorie della madre è il set dei ricordi del figlio”

“Il problema dell’Alzheimer è un problema sociale, medico, - afferma Carla - ma è sopratutto familiare, di affetti, di rapporti all’interno della famiglia.

La persona che hai davanti

non è più la stessa, non riesci più a comunicare con lei, c’è il senso dell’impotenza, dell’inutilità del fare, dell’inadeguatezza di chi fa, del non vedere risultati, di non riuscire a bloccare un processo. È questo il dramma della malattia, non hai più la persona che ami, ma sei davanti ad un estraneo che talvolta ti rifiuta, non ti riconosce”.

A Pistoia dal 2004 è attivo un Centro Alzheimer voluto fer-mamente dal vescovo monsignor Simone Scatizzi quando si è reso evidente il problema sociale dei malati affetti dal morbo. Il Centro diurno Alzheimer è de-

dicato all’accoglienza diurna di ammalati nelle fasi della malattia caratterizzate da gravi disturbi del comportamento tali da non poter essere assistiti soltanto dai familiari. Ed è stato grazie alla partecipazione progettuale e finanziara della Fondazione

Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia che il Centro è stato rea-lizzato ed ora opera in un ala del Seminario vescovile di Pistoia con annesso giardino appositamente attrezzato per accogliere i malati in tutta sicurezza.

Daniela Raspollini

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92 MarzO 2014 n. 8VitaLa comunità ecclesialea vicenda storica e la croci-fissione di

Gesù”: questo è il tema che don Luca Carlesi ha svolto nell’incontro organizzato dalla Pastorale della terza età per proseguire il pro-gramma di approfondimento della conoscenza del Credo apostolico.

La relazione si è svolta su tre piani: la vicenda sto-rica della crocifissione di Gesù, la rilettura di questo evento dopo la resurrezione alla luce delle scritture; la ripresentazione della vicenda nella liturgia della Messa eu-caristica.

Sulla storicità dell’evento oggi non esistono più i dubbi che a partire dal secolo 19° e fino a metà del secolo scorso avevano indotto alcune correnti di studiosi: a ritenere che un Gesù sto-rico non fosse mai esistito. Fonti diverse, ritrovamento di nuovi documenti, scavi ar-cheologici nei luoghi dove si è svolta la vita di Gesù per-mettono oggi di affermare che i racconti dei vangeli si basano su un fatto realmen-te avvenuto.

I vangeli, pur non es-sendo libri storici nel senso che noi diamo oggi a questo termine, cioè di cronaca di eventi, hanno soprattutto il fine di raccontare la vita di Gesù per metterne in evidenza il “significato” alla luce della Parola di Dio. Tuttavia sono anche fonte storica. Sono come un vezzo di perle (i fatti storici) unite da un filo interpretativo (la Parola di un Dio che vuole farsi conoscere per la nostra salvezza).

Nel racconto degli ultimi giorni di vita di Gesù vi sono delle discordanze fra i van-geli sinottici (Marco, Matteo,

“L PASTORALE DELLA TERzA ETà

La vicenda storicae la crocifissione di Gesù

Luca) e il vangelo di Giovan-ni: ad esempio la colloca-zione temporale dell’ultima cena. Per i sinottici questa viene fatta la vigilia della Pasqua ebraica, per Gio-vanni nei giorni precedenti. Il racconto di Giovanni probabilmente è più atten-dibile, poiché difficilmente il giorno di Pasqua si sarebbe potuto fare il processo e poi la crocifissione. Queste discordanze fra i racconti mostrano come l’intento degli evangelisti non fosse di scrivere la cronaca dei fatti, ma di sottolinearne il significato che da questi fatti scaturiva. Per tutti gli evan-gelisti infatti l’ultima cena di Gesù con i discepoli è la sua Pasqua, il nuovo esodo ver-so la salvezza. Pasqua non solo per il popolo di Israele, ma per tutti i popoli, per l’intera umanità.

È in questa ultima cena che Gesù va oltre il rituale della tipica cena ebraica. Be-nedice il cibo, come abitual-mente viene fatto, ma dice anche parole nuove non rituali: spezza e distribuisce il pane dicendo “questo è il mio corpo”, e benedice l’ultima coppa di vino dicen-do “questo è il mio sangue, sparso per voi nella nuova alleanza”. Ed è in questa ulti-ma cena che, come racconta Giovanni, Gesù mostra il senso della nuova alleanza attraverso la lavanda dei pie-di ai discepoli. L’alleanza fra Dio e l’uomo è nel segno dell’amore e del servizio ai fratelli “Io vi ho dato l’esem-

all’umanità dal Padre “che ha tanto amato il mondo”, per amore dell’uomo, da lui creato, affinché si potesse attuare la salvezza promessa. Ed anche Gesù con la sua crocifissione tradisce (=con-segna) se stesso al Padre in favore dell’uomo, come dice Giovanni “Padre io per loro consacro (=consegno) me stesso”. E questo è il miste-ro che si cela dentro il fatto storico.

Di fronte a questo mi-stero della croce non pos-siamo rimanere neutrali: o il tutto o il nulla, come dice san Giovanni della Croce. Se non c’è niente dietro il fatto della crocifissione, Gesù è un fallito della storia, con le conseguenze che ne derivano poiché qualunque comportamento diviene le-cito, ma se dietro c’è invece un Dio innamorato dell’uo-mo la nostra vita cambia, potremo così incamminarci nella “vita nuova” dell’amore reciproco.

Questo stesso mistero della “notte in cui fu tradi-to” viene ripresentato, cioè vissuto nuovamente, nella Messa eucaristica, attraver-so la quale noi possiamo “gustare” la vita di Gesù, il dono che Dio Padre ci ha fatto per la nostra salvezza, e “vedere quanto è buono il Signore”.

Al termine il relatore, molto apprezzato, ha rispo-sto alle domande che sono state poste da parte di alcu-ni dei circa 60 presenti.

La Pastorale della Terza Età si è ritrovata giovedì 27 febbraio per il quinto incontro nel quale il vescovo Mansueto Bianchi ha pro-posto le sue riflessioni su “La resurrezione di Gesù. Il fondamento della fede”.

Paolo Gelli, Alberto Niccolai

n servizio dedica-to ai giovani che attraversano un periodo compli-

cato. Lo eroga il Centro fa-miglia Sant’Anna, che da anni è impegnato anche su questo versante.

A spiegare di cosa si tratta e fare il punto della situazione è Micaela Grazzini, responsa-bile del servio.

Come nasce il Servi-zio giovani?

L’attività del servizio ri-volto ai giovani del Cen-tro famiglia S. Anna nasce dall’esigenza di prendersi cura di individui con un mon-do interiore complesso e al tempo stesso ricco, che non siano considerati campioni di laboratorio ma persone che si trovano ad attraversare un periodo della vita complicato e faticoso, l’adolescenza e/o la giovinezza.

Quali sono gli obiet-tivi?

Il servizio giovani vuol of-frire esempio e ascolto in sen-

Quanti casi avete trattato?

Non ho numeri… penso poche decine

Qual è la causa che fa nascere nei giovani problematiche emotive e relazionali?

La prima causa è l’età stessa. L’adolescenza è un mo-mento nella vita dell’individuo di profondi cambiamenti este-riori e soprattutto interiori. Il conflitto interno tra la spinta all’indipendenza e il bisogno ancora di trovare negli adulti punti di riferimento rassicu-ranti e contenitivi produce un’alternanza di emozioni contraddittorie ed un senso di solitudine che talvolta spinge i ragazzi a trovare soluzioni inadeguate e talvolta peri-colose per la propria salute psicofisica.

È molto difficile per gli adulti dare un senso ai com-portamenti giovanili in conti-nuo mutamento, specialmente se rimaniamo ancorati all’idea di poter osservare i fatti di oggi con le chiavi di lettura di

ieri; molto spesso le famiglie, spiazzate dalle difficoltà di comunicazione che emergono al loro interno, attivano com-portamenti disfunzionali che alimentano ed aumentano la lontananza relazionale creata-si. Questo produce nei ragazzi a ricercare fuori dalla famiglia o dalle figure di riferimento, sollievo alle loro sofferenze, talvolta in modo inadeguato.

L’adolescenza è diventata un percorso lungo e dai con-fini sfumati e il rapporto con la famiglia e la realtà esterna crea delle problematiche.

Quale messaggio o consiglio può darci?

Il consiglio è promuovere dialogo attraverso l’ascolto incondizionato e scevro da giudizio. Cercare di com-prendere i ragazzi, imparare il loro linguaggio e dare valore ai loro contenuti. Ma soprattutto iniziare dalle famiglie con bambini in età scolare. Gli adolescenti sono il risultato di ciò che abbia-mo trasmesso loro in età precedenti.

U CENTRO FAMIGLIA SANT’ANNA

Servizio giovaniIntervista con Micaela Grazzini responsabile

del servizioa cura di Daniela Raspollini

pio, affinché come vi ho fatto io, facciate anche voi”.

Gli eventi precipitano; Gesù è catturato di sera nell’orto del Getsemani; vie-ne portato davanti al sommo sacerdote emerito Anna, quindi davanti al sommo sacerdote Caifa, genero di Anna (il nepotismo ha radici antiche!). Il processo davanti al Sinedrio viene condot-to con un unico obiettivo: trovare una motivazione

valida per poter chiedere all’autorità romana che Gesù sia messo a morte, poiché la predicazione di Gesù è percepita come un pericolo mortale per il potere reli-gioso del Tempio. Al mattino presto viene condotto al pretorio romano, gli accu-satori non entrano per non contaminarsi ed è Pilato ad uscire fuori. Il procuratore inizialmente sembra voler evitare la condanna a morte,

so clinico. La relazione d’aiuto in ambito clinico innanzitutto è una relazione, che si instau-ra a partire dall’assunto che il terapeuta rappresenta un punto fermo di riferimento sia in senso metaforico ma anche

fisico: esiste un posto per te, dove il tuo bisogno è accolto. Ascoltare significa creare una dimensione spaziale in cui può accadere qualcosa, od in cui ciò che accade può essere visto e se ne può condividere

il senso. Significa quindi creare un contenitore in cui il giovane possa portare la propria ango-scia, certo che verrà consolata e osservata con attenzione e restituita tradotta con nuovi significati

le accuse non gli sembrano sufficienti; propone quindi la scelta di liberare o Gesù o Barabba, secondo la tradizio-ne della Pasqua ebraica. La folla sceglie Barabba.

Pilato fa flagellare Gesù, ma questo tremendo sup-plizio non è sufficiente a placare gli accusatori. Infine di fronte al pericolo di es-sere accusato di tradimento nei riguardi di Cesare, Pilato cede e firma la condanna a morte per crocifissione. Po-tere religioso e potere po-litico, ambedue responsabili della morte di Gesù!

La crocifissione era la modalità di somministrare la pena capitale a coloro che non avevano la cittadinan-za romana. Provocava una morte lenta, in genere per soffocamento, man mano che le forze per sostenersi calavano. Poiché la Pasqua si avvicinava, per affrettare la fine furono spezzate le gam-be ai “due ladroni” crocifissi accanto a Gesù, per il quale questo non fu necessario poiché era già morto: la debolezza fisica indotta dalla flagellazione aveva accelera-to la fine! La sua morte fu constatata con un colpo di lancia nel costato, da dove uscì sangue e acqua.

Questa è la storia della crocifissione; ma quale ne è il senso?

Gesù è stato storica-mente tradito da Giuda e consegnato al Sinedrio, e poi crocifisso. E questo è un fatto. Ma Gesù è anche stato tradito (=consegnato)

Il Crocifisso “Il Coppo di Marcovaldo” che si trova nella nostra Cattedrale

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10 n. 8 2 Marzo 2014 LaVita

Crescono gliordinativi.Bene il settore dell’abbigliamento,stenta ancorail mobile.Il dato dell’occupazione rimane negativodi Patrizio Ceccarelli

ECONOMIA

Primi segnali di ripresa a Pistoia

Occorre fare il pos-sibile perché i segnali

rosegue la stretta sui finanziamenti concessi al sistema produttivo, anche se si intravedono

tenui segnali di miglioramento sul credito oltre il breve termine. Lo dicono i dati sull’andamento del credito a Pistoia e a Prato fino a ottobre 2013 elaborati dalle ri-spettive Confindustrie e illustrati nel corso di una conferenza stam-pa a Pistoia. La diminuzione ten-denziale dei finanziamenti accor-dati all’intero settore produttivo a Pistoia è stata del -6,4%, mentre a Prato ha raggiunto il -10,1%. Punte particolari di riduzione dell’ac-cordato (-15,8% a Pistoia, -16,4% a Prato) sono state raggiunte nel settore delle costruzioni dove, come evidente indicatore di ten-sione tra domanda e offerta, si

registra una impennata della quota di utilizzo (+9,9 punti a Pistoia, + 10,8 punti a Prato). La crescita de-gli importi in sofferenza nelle atti-vità industriali e stata inferiore alla media italiana (+18,1%), in modo sensibile a Pistoia (+5,7%), in mi-sura minore a Prato (+17,1%).

«La Banca d’Italia ha registrato nell’ultimo Bollettino allentamenti di tensione nei tassi d’interesse e maggiore liquidità sia a livello glo-bale che europeo: ma non in Italia - ha sottolineato il vicepresidente dell’Unione Industriale Pratese Andrea Tempestini. Questo ritar-do nella trasmissione di una poli-tica bancaria più espansiva costi-tuisce un elemento doppiamente negativo per le imprese italiane: da un lato non trovano fondi suffi-cienti per investire e agganciare la

ripresa, dall’altro la competitività rispetto alle altre imprese interna-zionali diminuisce a causa del gap sul costo del denaro. È indispen-sabile per imprese ma anche per le banche colmare rapidamente il divario che si è formato rispetto alle condizioni più favorevoli con-cesse dal sistema internazionale alle imprese non italiane, sennò forzando un po’ il concetto, di questo passo in Italia potrebbero non esserci più clienti-impresa nemmeno per le banche.” E Cri-stiana Pasquinelli, vicepresidente di Confindustria Pistoia, ha aggiun-to: «Se l’erogazione dei prestiti dovesse essere insufficiente a finanziare la ripresa nei prossimi due anni, si dovrà pensare a forme alternative di finanziamento per le aziende».

CREDITO

Stretta sui finanziamentia Pistoia e Prato

Allarme della Confindustria. «Se l’erogazione dei prestiti doves-se essere insufficiente a finanziare la ripresa si dovrà pensare a

forme alternative per le aziende»

P

«

SINDACATO

Cgil versoil congressoprovinciale

L’appuntamento è per il 4 e 5 marzoal Dopolavoro ferroviario di Pistoia

Il lavoro decide il futuro» è lo slogan del XIX Congresso pro-vinciale della Cgil di Pistoia, che si svolgerà il 4 e 5 marzo al Dopolavoro ferroviario di Pistoia. L’appuntamento è stato preceduto dai congressi provinciali di

tutte le categorie della Cgil. Oltre 400 le assemblee svolte in tutti i posti di lavoro nella provincia di Pistoia. Nell’occasione sono stati rinnovati o riconfermati i vertici delle categorie stesse. Nidil Cgil (lavoratori atipici, parasubordinati, disoccupati) ha svolto le proprie assemblee e ha tenuto il suo congresso provinciale. Sara Simboli, 38 anni, è stata rieletta, all’una-nimità, segretaria generale della categoria. Il compito che le spetta non è dei più facili vista la drammatica crisi economica che ha colpito così duramente i lavoratori e le aziende anche nel nostro territorio ma che ha reso ancora più difficile per i giovani trovare un lavoro o uscire dalla precarietà vedendosi riconosciuti diritti e tutele così da potere costruire un proprio futuro.Anche la Fillea Cgil (edilizia, legno, mobile tappezzato) ha svolto le pro-prie assemblee e ha tenuto il suo congresso provinciale. Marco Ballati, 42 anni, è stato rieletto, all’unanimità, segretario generale della categoria.

«

comunità e territorio

positivi non vengano dispersi, ma non basterà rimettere in moto gli impianti per recuperare i livelli degli anni passati. Occorrerà rico-struire la capacità produttiva persa. A Pistoia più che altrove questo significa anche, e forse soprattutto, offrire un territorio accogliente per gli investimenti». Lo ha detto Cristiana Pasquinelli, consigliere incaricato per il Centro Studi di Confindustria Pistoia, pre-sentando i dati della congiuntura per la provincia di Pistoia relativi al secondo semestre 2013, dai quali emergono i primi segnali di ripresa. Va bene in particolare il settore dell’abbigliamento, mentre conti-nua la fase negativa per quello del

mobile. Vanno meglio le aziende più strutturate, con più di 10 dipenden-ti, mentre faticano ancora quelle piccole. A far ben sperare è soprat-tutto l’andamento degli ordini, che è tornato a crescere, mostrando progressi leggermente superiori ri-spetto ai livelli produttivi. Per quan-to riguarda invece l’occupazione i segnali rimangono negativi.I dati di gennaio mostrano un si-stema che, messo probabilmente alle spalle il periodo peggiore della crisi, non ha ancora imboccato il sentiero della crescita. La ripresa mantiene contorni sfumati, non diversamente da quanto avviene in Italia, dove gli ultimi dati del 2013 hanno ridotto le speranze di un’ac-

ieci aziende pistoiesi del comparto ferroviario, tutte aderenti a Con-findustria, puntano sul

Canada per ottenere commesse nei settori navale, aerospazio, fer-roviario e infrastrutture. Il governo canadese, infatti, ha in ponte una serie di progetti navali, militari e civili, valutati oltre 35 miliardi di dollari, che svilupperà nell’arco dei prossimi 20-30 anni. Le 10 aziende pistoiesi (Mep Ferroviaria, Wood Line, Pce Computer System, Cei Impianti, Aditech, Miri, Elettromar, Pcchiarini e Bazzini, Comep, Lce), sostenute da Confindustria e Pro-vincia di Pistoia, hanno preso parte ad una missione che dal 23 febbraio al 1 marzo ha fatto tappa ad Holi-fax, Montreal, Vancouver e Toronto, con l’obiettivo di stringere accordi con aziende canadesi e visitare al-cuni dei principali cantieri già aperti.

«Il lavoro che ha preceduto questa missione - spiega Luciano Bertini, presidente del Compar-to ferroviario di Confindustria

Pistoia - è partito già da un anno e si è articolato in due missioni a settembre e ad ottobre che hanno portato ad oltre 300 contatti con aziende canadesi. Un mercato che non conoscevamo e che invece si è mostrato estremamente ricetti-vo per quanto riguarda le nostre aziende. Adesso l’obiettivo e di arrivare ad ottenere degli ordini di fornitura. Le prerogative per fare un buon lavoro ci sono tutte».

«Credo che questa visita – spiega Paolo Magnanensi, assessore provinciale allo sviluppo economico – sia foriera di commesse per il no-stro comparto meccanico e tecno-logico, un comparto che è in crisi, ma che ha potenzialità importanti».

«Queste aziende – sottolinea Federica Landucci. Presidente di Confindustria Pistoia – sono state aiutate da noi, anche con il contri-buto della Provincia ad avere con-tatti con queste realtà canadesi per cercare nuovi clienti e per diversifi-care il rischio d’impresa».

D

INDUSTRIA MECCANICA

Aziende pistoiesidel ferroviario

puntano sul CanadaMagnanensi (Provincia): «comparto in crisi

ma con grandi potenzialità»

celerazione già a partire dal nuovo anno.I dati sui livelli produttivi mostrano comunque qualche progresso in direzione della normalità. In effetti, la flessione tendenziale della pro-duzione si è ridotta nella seconda parte del 2013 e, nella media dell’intero anno, l’andamento della produzione industriale pistoiese (-4,8% tendenziale) non si è disco-stato troppo da quello dell’indice italiano (-2,6%).Il confronto diviene leggermente positivo se l’attenzione si sposta

sulle aziende «grandi», con più di 10 addetti, per le quali i livelli pro-duttivi hanno registrato una fles-sione sensibilmente inferiore nella media dell’intero anno (-1,7%) e si sono avvicinati alla stazionarietà durante la seconda parte (-1,0% tendenziale). L’invito di Cristiana Pasquinelli, che ricopre anche la ca-rica di vicepresidente di Confindu-stria Pistoia, agli associati è quello di guardare con più fiducia al futuro, mentre dal governo «ci spettiamo maggiore attenzione al mondo delle imprese».

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112 MarzO 2014 n. 8VitaLa comunità e territorio

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

CHIAzzANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAzzAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENzIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

PIANO SOCIO-SANITARIO REGIONALE

Fasce debolima denti sani

enti sani per le fasce più deboli. E’ questo, in sintesi, lo scopo del nuovo piano socio sanitario regionale. In buona sostanza il progetto cerca di adottare alcune iniziative volte ad am-pliare l’accesso alla prevenzione ed alle cure odontoiatriche,

in particolar modo per i bambini, gli anziani ed i malati cronici.Innanzitutto viene valutata l’efficacia delle strategie di prevenzione in essere nei confronti della popolazione più debole tipo migranti, giovani disagiati e persone disabili; successivamente si pensa di ampliare l’acces-so alle prestazioni con particolare riferimento ancora alle fasce deboli ma con distinzione per età o condizione economica con l’obiettivo di favorire e promuovere alcuni programmi di prevenzione oltre alla cura delle patologie più diffuse della bocca anche al fine di evitare il sorgere di alcune situazioni critiche o funzionali che peggiorino la già precaria salute di questa fascia di cittadinanza.“Nel 2013 – si legge in una nota diramata dall’ufficio stampa dell’Asl 3 di Pistoia – sono state svolte 15.696 prestazioni odontoiatriche contro le 15.513 del 2012. Il dottor Piunti spiega che in base alla legge regionale 163/2003 sono previsti tre livelli di assistenza: nel primo vengono garan-tite visite, estrazioni, prevenzione della carie e di malattie parodontali e protesi rimovibili; nel secondo livello sono assicurate ablazione tartaro, e cure conservative per quei soggetti in condizioni di disagio sociale per condizioni di tipo sanitario e per soggetti con gravi handicap infine nel terzo livello sono comprese le prestazioni di elevato impegno come ad esempio le protesi fisse riservate a tutti i cittadini residenti con paga-mento intero della tariffa stabilita dall’Asl.”Per quanto riguarda le visite urgenti come esempio gli ascessi si può aver accesso diretto durante le ore di apertura degli ambulatori mentre per le visite programmate ( come estrazioni, otturazioni, e devitalizzazioni ) è necessario l’appuntamento al Cup . Dopo la prima visita con gli specialisti viene stilato un piano di trattamento, oppure il paziente viene indirizzato verso altre strutture sempre del servizio pubblico per tutte quelle pre-stazioni che non possono essere eseguite negli ambulatori dell’Asl 3.Tutto il servizio è diretto dal dottor Artemio Piunti che è responsabile della struttura funzionale aziendale di odontoiatria, mentre gli altri den-tisti che collaborano sono Tommaso Girardi, Roberto Bruni, Luigi Vasco Nardi, Paolo Meggiboschi, Paolo Ruggiero e Daniele Dolci. Tutte le pre-stazioni si svolgono dove è presente l’ambulatorio odontoiatrico : Pistoia in Via della Quiete, Agliana presso la Casa della Salute, San Marcello pres-so il presidio integrato dell’ospedale Pacini.

Edoardo Baroncelli

TURISMO

Abetone punta sulla RussiaDopo l’educational tour promosso da Apm sulle piste delcomprensorio, adesso c’è attesa per la fiera Mitt di Mosca

al 17 al 21 febbraio il consorzio turistico Apm di Confcommercio, in collaborazione con la Camera di Commercio

di Pistoia, ha organizzato ad Abetone un educational tour rivolto ai tour operator russi incontrati durante le missioni promozionali dello scorso anno a San Pietroburgo e a Mosca.

L’invito è stato rivolto agli ope-ratori che hanno mostrato maggior interesse per i prodotti turistici proposti dal consorzio: «Sci & Città d’arte», «Sci & shopping», «Sci & terme».

Lo staff del consorzio Apm ha accompagnato gli ospiti russi sulle piste dell’Abetone, dove questi hanno potuto scoprire il prestigio della località sciistica nel cuore della Toscana, innamorandosi degli impian-ti, del comprensorio e dei paesaggi.

I tour operator hanno poi vi-sitato Pistoia, apprezzando i suoi tratti autentici e il suo life-style

D

ra basta: l’azien-da sanitaria di P i s to i a deve tornare a inve-

stire sulla nostra Montagna”. Così Tommaso Braccesi, 44 anni, candidato sindaco a Cutigliano, presentando la sua candidatura e intendendo subito dare “un segnale netto e deciso su uno fra i grandi temi che caratte-rizzeranno una campagna elettorale fatta con cittadini di cui avverto con chiarezza il forte disincanto nei confronti della politica e dei politici. Un disincanto – prosegue Braccesi – purtroppo motivato quando le istitu-zioni pubbliche danno l’impressione, e spesso non solo l’impressione, di abbandonare al suo destino un ter-ritorio così importante e dal quale, oltretutto, dipende il futuro anche della nostra pianura”.

Braccesi ha parlato, in uno dei locali che hanno fatto la storia di Cutigliano e della Montagna Pistoiese. Accom-pagnato da personalità del mondo politico non solo locale (“proprio per dare una evidente impressione – dice - che la battaglia per il futuro di questa piccola comunità è una battaglia da estendere a persone e ambienti extra montagna”), Tommaso Braccesi ha più volte sottolineato l’importanza di “invertire il cammino di marcia in modo da far tornare centrale, ad esempio nell’erogazione dei servizi pubblici partendo proprio da quelli socio-sanitari, una montagna oggi purtroppo abbandonata”. Da qui il forte appello a una azienda sa-nitaria negli ultimi tempi finita sotto fortissime critiche dagli abitanti della montagna. Nel sostenere le necessità di “una Montagna che non chiede

elemosine ma pretende rispetto per la dignità di chi, nonostante tutto, si ostina a vivere in territori così preziosi per tutti”, Braccesi ha sottolineato come “il ripensamento sulle politiche socio-sanitarie, com-prese quelle ospedaliere, nelle zone cosiddette periferiche possa e debba trovare alimento anche dalla circo-stanza che in Regione Toscana ancora non è stato varato un Piano sanitario nuovo e che dunque tutto possa e debba essere messo in discussione”.Braccesi, che nel frattempo si è dimesso da consigliere comunale a Pistoia, parla della sua candidatura come di “una avventura, certo carica di fatica e di oneri, che tocca le corde del mio cuore, la vicenda della mia famiglia, quel sentimento di amore per la gente di montagna che mi è stato trasmesso fin da piccolo”.

CUTIGLIANO

Tommaso Braccesi candidato a sindaco

“Un’avventura, certo carica di fatica e di oneri,che tocca le corde del mio cuore, la vicenda della mia famiglia”

“O

D

resentata dal sindaco di Agliana Eleanna Ciam-polini la nuova “squadra” che si occuperà dell’organizzazione del prossimo “Giugno aglia-nese”, il cui allestimento sarà curato dall’As-

sociazione Artigiano guidata dal presidente Luca Nesti.Questa decisione è dovuta alle difficoltà cui l’associazione L’Agorà si sarebbe trovata ad affrontare nell’organizzare il “Giugno”, a causa della persistente crisi economica che rende molto difficile reperire fondi da sponsorizzazioni in ambito locale e, soprattutto, per la cronica carenza di volontari a cui non è più possibile sopperire solo con l’impegno, talvolta totalizzante, di alcuni. Parole di gratitu-dine sono state espresse nei confronti dell’Associazione l’Agorà e del presidente Marco Grillini soprattutto per l’impegno, la serietà, la responsabilità e la sensibilità

dimostrate negli anni trascorsi. In considerazioni delle difficoltà del periodo, l’Amministrazione comunale ha deciso di convenire ad un accordo triennale con Nesti lasciando invariato l’importo di 10.000 euro quale con-tributo del Comune di Agliana per l’organizzazione degli eventi. “Con quest’accordo – spiega il sindaco Eleanna Ciampolini - ci rivolgiamo ad un professionista nel settore dello spettacolo e dell’organizzazione di eventi che ha il valore aggiunto di essere aglianese e che, proprio per questo motivo, potrà operare coniugando il suo sapere professionale, rivolgendosi ad un mercato più ampio alfine di ottenere fondi per finanziare il Giugno Aglianese, con il suo legame con Agliana che senza dubbio lo porterà a costruire una programmazione di eventi in sintonia con il territorio e la sua gente”. M. B.

AGLIANA

La nuova squadra del Giugno

P

«Per il consorzio Apm e per Abetone – si legge in una nota - questo educational rappresenta un ottimo risultato, abbiamo ospitato un gruppo di operatori russi numeroso ma soprattutto molto qualificato e specializzato nel trattare proposte e prodotti turistici in linea con il no-

stro territorio. Gli ospiti, con i quali abbiamo trascorso un’intera giornata, si sono dimostrati molto interessati al comprensorio e alle opportunità che offre per cui siamo piuttosto ottimisti riguardo al fatto di poter intraprendere un rapporto di lavoro proficuo con il turismo russo».

tipico toscano, e hanno usufruito dei trattamenti termali proposti anche all’interno dei suddetti pacchetti turistici.

Il successo dell’iniziativa permet-terà al consorzio di iniziare, fin dai prossimi giorni, a lavorare per la re-alizzazione di pacchetti turistici per-sonalizzati sulla base delle necessità

espresse dai tour operator ospitati.Inoltre, in occasione della fiera

Mitt di Mosca, in programma dal 19 al 22 marzo 2014, il consorzio Apm invierà sul luogo un delegato madrelingua russo con il compito di incontrare nuovamente gli operatori accolti con l’educational e concretiz-zare i contratti.

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12 n. 8 2 Marzo 2014 LaVita

nche a Pistoia c’è un’arti-sta alla quale è stato rico-nosciuto il vitalizio della legge Bacchelli, ovvero

del testo normativo n. 440 dell’8 agosto 1985 dedicato agli artisti prestigiosi nostrani. Un assegno straordinario che prende il nome di colui al quale fu ideato e per primo riconosciuto, lo scrittore Riccardo Bacchelli autore de “Il mulino del Po”, richiedente due requisiti fon-damentali per l’attribuzione: fama riconosciuta a livello nazionale ed uno stato di bisogno conclamato. Il vitalizio è stato riconosciuto a Deanna Milvia Frosini, autrice di ritratti in stile iperrealista, pittrice, scenografa e costumista per il tea-tro e per il cinema.

La richiesta, accolta dal Consi-glio dei Ministri, era sostenuta da numerosi intellettuali.

Collaboratrice del maestro Pier Paolo Pasolini e della scrittrice Da-cia Maraini in spettacoli teatrali, per la realizzazione di fondali e scene, Frosini ha lavorato come sceno-grafa anche nel cinema con i registi Marco Ferreri (“Il seme dell’uomo”, 1969), Francesco Maselli (“Lettera a un giornale della sera” 1970), i fratelli Paolo e Vittorio Taviani (“Sotto il segno dello scorpione”, 1969), Miklos Janeso (“Vizi privati,

pubbliche virtù”, 1976). Tra i suoi ritratti celebri, invece,

quelli di Pietro Nenni, Luigi Einaudi, gli ex presidenti della Repubblica Antonio Segni, Giuseppe Saragat e Giovanni Gronchi.

Classe 1940, nata a Pistoia, dall’età di vent’anni risiede a Roma. Pittrice figurativa, tra il 1987 ed il 1989 realizza appunto i ritratti degli ex capi di Stato esposti a Palazzo Chigi.

Autrice inoltre delle tele iper-realistiche esposte nella sala Nenni della storica sede nazionale del Partito Socialista Italiano in via del Corso a Roma, narranti la storia del movimento socialista italiano e dei suoi protagonisti.

L’allora segretario nazionale del Psi Bettino Craxi fu molto affezio-nato al suo ritratto realizzato da Deanna Frosini, tanto da portarlo con sé in esilio in Tunisia ad Ham-mamett, i due furono molto amici. Deanna è anche un’animatrice della vita artistica e culturale capitolina, tra gli anni ’50 e ’70, frequentando intellettuali come Alberto Moravia e Dario Bellezza. Con numero-si riconoscimenti e descrizioni dell’opera di Frosini da parte della critica, Pistoia può essere contenta di aver dato i natali a questa rico-nosciuta e pluripremiata artista.

comunità e territorio

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

a Pistoiese continua spedita la sua marcia da capolista solitaria. Cam-biano gli avversari ma il risultato è sempre lo stesso. L’ultima vittoria è

stata sul modesto Deruta allo stadio Melani, dove la squadra arancione ha conquistato l’undicesima vittoria sulle dodici gare giocate e di aver mantenuto l’imbattibilità. La classi-fica è rimasta quasi la stessa della settimana precedente: Foligno ed Arezzo hanno mante-nuto la medesima distanza, mentre la Pianese (sconfitta a Foligno) è scesa dal secondo al quarto posto, distanziata di ben 12 punti dalla Pistoiese. Non si può dire che sia fuori dai giochi ma quasi. Nell’ambiente arancione la fiducia cresce ma si tengono i piedi per terra, mancando ancora ben dieci partite da giocare. Tuttavia, la società non sta aspettando il verdetto finale ma si sta già attivando per il futuro, cioè (facendo i debiti scongiuri) per la serie C, come si chiamerà la prossima sta-gione, senza più la differenziazione tra Prima e Seconda Divisione. La differenza tra la C, terza categoria del calcio italiano,e la D, tra il professionismo e il dilettantismo è enorme. Aumentano i costi, aumentano le garanzie da dare, le regole da seguire sono molto più numerose e più rigide. E’ dunque un mondo molto diverso, più prestigioso ma di sicuro più difficile. La squadra, intanto, domenica 2 marzo affronta una delle trasferte più difficili, in casa

dell’Ostia Mare, squadra che si trova al sesto posto in classifica, appena un punto fuori dalla zona playoff e che all’andata, a Pistoia, lasciò un’ottima impressione.

Il Pistoia Basket ha perso a Cremona, confer-mando che la squadra di Moretti ha il mal di trasferta. Il bilancio della squadra biancorossa è di una sola vittoria in dieci partite. Per fortuna, quando gioca al PalaCarrara riesce a superare ostacoli apparentemente insormon-tabili. A Cremona è rimasta in gioco sino all’ul-timo minuto, poi un rimbalzo sbagliato e due prodezze dei cremonesi hanno fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte della squadra lombarda. E’ pur vero che il Pistoia Basket non è più la squadra brillante, fresca, persino im-prevedibile ammirata nella prima parte di cam-pionato. Come ha riconosciuto lo stesso co-ach Moretti, ci sono alcuni giocatori che sono carenti di…benzina, di energie fisiche e morali. Manca, insomma, quel ‘quid’ di forza, bravura e lucidità per avere ragione dell’avversario. La posizione in classifica è sempre buona, ha ben sei punti su Pesaro, ultimo della classe, che però sembra in ripresa come dimostra il suo successo su Montegranaro. Domenica 2 mar-zo i biancorossi, ospitando Reggio Emilia (20 punti), sono chiamati ad una nuova impresa al PalaCarrara. Se ce la faranno potranno dire di essere ormai in vista del porto della salvezza.

a presentazione di un evento, che interesserà il territorio pistoiese. Si è tenuta al Lidò Le

Panteraie di Montecatini Terme la presentazione dei Campionati Mondiali di Basket Over, che si svolgeranno a Montecatini nel 2017. Una manifestazione che coinvolgerà non soltanto la nota stazione termale, ma tutto il com-prensorio pistoiese. Il merito di questa illustrazione va ascritto al Panathlon Club International Pistoia – Montecatini, che ha dedica-to la consueta conviviale mensile alla pallacanestro. Presenti Alfio Dal Porto, addetto alla comunica-zione del Comune di Montecatini Terme e che ha eccezionalmente fatto le veci del sindaco Giusep-pe Bellandi, da poche settimane socio del Panathlon ma assente per precedenti impegni istituzionali, e due indimenticabili cestisti degli anni d’oro delle duellanti Montecatini e Pistoia, Mario Boni ed Eugenio Capone (anche quest’ultimo tesserato del club di Pistoia - Montecatini), saliti sul primo gradino del podio nell’ultima edizione dei Mondiali di Basket Over, tenutasi in Grecia l’anno passato. Boni e Capone, dopo essersi spesi sul terreno da gioco per centrare la conquista del titolo iridato nelle rispettive categorie (over 50 il primo, over 45 il secondo), hanno fornito un contributo decisivo affinché la 14° edizione dei Mondiali Over fosse assegnata a Montecatini Terme. Due testimonial importanti, che sono stati applauditissimi e non hanno mancato di dare ragguagli sulla manifestazio-ne, raccontando come e perché si è arrivati alla significativa scelta. Il Panathlon Club Pistoia - Mon-tecatini, da sempre partner convinto delle iniziative sportive che si svolgono nel nostro territorio, ha assicurato agli organizzatori della competizione il proprio contributo. Nel corso della serata, infatti, la presidentessa del club, Silvana Innocenti Giovannini (nella foto con il rinnovato consiglio dell’associa-zione), ha proposto di inserire il logo del Panathlon tra quelli dei collaboratori, al fine di promuovere concretamente uno dei principali obiettivi dell’attività istituzionale panathletica, il fair-play. Lo slogan, semplice ma rilevante, è infatti “Il Panathlon propone il fair-play, in campo e sugli spalti”.

Gianluca Barni

BASKET

Panathlon club, un plausoal “mondiale over”

L L

spor t pistoiese

A

Il vitalizio Bacchelliall’artista pistoiese

Deanna MilviaFrosini

di Leonardo Soldati

e questioni che intendo prendere in conside-razione con questo intervento sono relative

al sociale: in particolare riguardano la grave situazione economica in cui versa attualmente una fascia ampia di cittadini, transitati dalla fascia di povertà a quella di vera e propria miseria.

Dunque cittadini che hanno bi-sogni importanti, la cui condizione di indigenza deve essere portata sul piano dei diritti, in merito al suo su-peramento.

Si dirà, a questo proposito parti-colare, che il nostro Paese è coperto da una fitta rete di istituzioni pub-bliche e private che, in relazione alle loro competenze normative e statu-tarie, sono in grado di corrisponde-re adeguatamente alla domanda di assistenza.

Si dice tuttavia che, per motiva-zioni varie (senza fine), continuano a permanere situazioni particolar-mente gravi, molte delle quali sono dovute anche a sopravvenienze sanitarie e sociali improvvise e che sfuggono alla osservazione istituzio-nale .

Si dice, ancora, che sono ritenuti imperfetti i rapporti tra istituzioni pubbliche e private, deputate ai ser-vizi assistenziali, e i cittadini biso-gnosi di aiuto, e che questa imperfe-zione sarebbe dovuta alla mancanza o limitazione di dialogo.

Viene quindi spontanea la do-manda se, al riguardo, vi possono

essere soluzioni.Indubbiamente è prioritaria

la soluzione politica: s’intende a questo proposito l’approvazione di leggi che effettivamente si dirigano verso l’assunzione di iniziative, di provvidenze, di prestazioni sociali di tipo penetrante, al di fuori delle scel-te generiche, dei piani e programmi, delle commissioni, degli osservatori sociali, e così via, ma dirette a entra-re all’interno dei problemi sociali.

Un ulteriore aspetto d’impor-tanza sostanziale è dato dalle com-petenze istituzionali dei Comuni, da soli o in Unione di Comuni. Questi Enti infatti sono dotati anche di competenze organizzative rispetto ai vari presidi sociali presenti nei loro territori, in modo da evitare sacche assistenziali.

Assume, in questo ambito di assistenza sociale a livello locale, importanza l’accertamento diretto e individuale delle condizioni di bi-sogno dei cittadini e quindi l’associa-zione tecnica tra i piani di assistenza integrata (Comuni, associazioni, istituzioni sanitarie ecc.) e i piani individuali compilati dai Servizi sociali dei Comuni o delle Unione di Comuni.

Questi piani individuali, appunto per essere individuali, richiedono particolari attenzioni soggettive al di là dei questionari preordinati.

Si dirà, in relazione alle iniziati-ve suddette, che mancano i mezzi finanziari, che i bilanci sono stretti all’essenziale per riduzione delle

risorse statuali, che non esistono le condizioni economiche generali della popolazione per ricorrere alle risorse derivanti dalle briciole nor-mative sull’autonomia finanziaria dei Comuni.

In genere si dicono molte cose per giustificare assenze, limitazioni d’intervento ecc.

Indubbiamente si dicono molte cose, come da sempre, per giustifica-re le carenze funzionali.

Queste cose tuttavia devono essere rimosse da una politica atten-ta ai problemi sociali dei cittadini, con la conseguente eliminazione del-le spese che permangono facoltative, degli interventi sussidiari pubblici in settori diversi dal sociale, delle strutture sovra dimensionate in par-ticolare dopo la introduzione delle procedure informatiche e semplifica-te e così via.

Bisogna, in conclusione, pen-sare profondamente che esistono molti cittadini che vivono malamen-te per mancanza di risorse, che sono costretti a pagare medicine e prestazioni sanitarie non coperte dagli interventi gratuiti o facilitati del Servizio sanitario nazionale, che non hanno i soldi per pagare i con-ti delle forniture di servizi (acqua, luce, immondizie, telefono ecc.).

Bisogna, conseguentemente, gestire la spesa pubblica in modo da favorire prioritariamente gli inter-venti sociali a favore dei cittadini che versano in stato di bisogno.

Mario Agnoli

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Problemi socialie povertà

L

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132 MarzO 2014 n. 8VitaLa dall’Italia

e il Governo che si annun-cia, vorrà avere “ambizioni smisurate” o essere espres-sione di un’Italia “semplice

e coraggiosa”, come afferma il se-gretario del Partito Democratico, nel-la “lista” delle cose da fare nei primi 100 giorni, dovrà porre una priorità: quella della povertà. Se questo non accadesse, tutti i discorsi sulla cre-scita, sullo spread, sul fiscal compact, sulla rinegoziazione dei rapporti con l’Europa, sarebbero senza senso. Per non parlare delle riforme costituzio-nali: né una nuova legge elettorale né la riforma del titolo V o quella del Senato, possono incidere sul dram-ma - hic et nunc - da affrontare, che nelle regioni del centro-sud è di portata devastante e può diventare esplosivo per le sorti del Paese.Il rapporto della Comunità di Sant’Egidio documenta che nella sola Roma sono 30mila i bambini in povertà assoluta. Nel Lazio, 37mila bambini - 8,69% del totale - soffrono di indigenza alimentare. Nella Capitale, dove vivono 910mila minori, “non esistono adeguate reti di supporto per le famiglie - si

S Aggredire subitola povertà

Una richiesta disperata dal Sud per i primi 100 giorni del nuovo Governodi Roberto Rea

Occorre prendere sul serio le parole e gli impegnidel presidente del Consiglio dei ministri, soprattuttoquando afferma che “questo è il tempo del coraggio,

che non esclude nessuno e non lascia alibi a nessuno”.di Domenico Delle Foglie

SCUOLA

Punto fermo cercasi

di Alberto Campoleoni

n altro cambio di governo. E la scuola torna nel vortice, perché ogni volta sembra di dover ricominciare.

Provando a ragionare “dal punto di vista della scuola”, il primo pensiero è che i continui cambi di direzione non hanno fatto bene negli anni passati, con un avvicendamento di riforme dichiarate o meno, che hanno sostanzialmente disorientato il mondo dell’istruzione. Questo non perché la scuola debba essere “un mare calmo” - l’esperienza insegna che è piuttosto un magma in continua ebollizione proprio al suo interno, con energie ed entusiasmo inaspettati - piuttosto perché avrebbe bisogno non di continuare a mirare tanti grandi obiettivi differenti, ma provare piuttosto a raggiungerne qualcuno an-che limitato, ma concretissimo.Un esempio: continuare sulla strada del recupero dell’edilizia scolastica, della messa a norma degli edifici, del consolidamento strutturale (che vuol dire anche cura delle dotazioni di base, comprese le connessioni internet, per intenderci), vale probabilmente di più, in questo momento, che immaginare una “rivoluzione” dei percorsi scolastici per accorciarli di un anno. Intendiamoci, non che questo non sia importante e magari necessario - se ne discute da oltre un decennio - ma raggiungiamo un punto fisso, prima. Senza precludere lo sguardo ampio, l’occhio all’orizzonte. E anche qui l’esperienza insegna che i proclami, ogni volta bellissimi, si sono sempre impantanati nelle sabbie mobili quotidiane, piccole e insidiose.Così, alla vigilia di nuovi cambiamenti di governo, e di nuovi impegni sulla necessità di “ripartire dalla scuola”, vorremmo ricordare gli step da non dimenticare. Edilizia scolastica, diceva-mo. Lotta alla dispersione, verrebbe da aggiungere, potenziamento delle infra-strutture tecnologiche... cose concrete, che peraltro sembravano essersi avviate negli ultimi mesi, anche con qualche risorsa economica stanziata in più dal governo. E poi bisogna puntare sulla formazione dei docenti, probabilmente rivedere le questioni che riguardano la selezione e la scelta, la valutazione del loro operato. C’è il grande capitolo della cosiddetta “scuola digitale”, da affronta-re con lucidità, tenendosi lontani dagli estremi di chi immagina già gli istituti “total tablet” e di chi, al contrario, ne vede solo i pericoli. È vero che l’Italia sconta una perdita di credibilità nei confronti della scuola. È vero che l’opinione pubblica nei confronti degli insegnanti, ad esempio, soffre di luoghi comuni squalificanti. Per tornare a pensare positivo, però, oltre a ribadire che la scuola è il futuro del Paese, servono azioni e politiche concre-te. Ritocchi anche piccoli, ma efficaci. In alcune direzioni il ministro Carrozza ha fatto fare qualche passo avanti e vale la pena che gli eventuali avvicendamenti in viale Trastevere ne tengano conto. In sostanza, chi arriva al vertice, non si senta in dovere di ricominciare tutto da capo, secondo un’usanza italica che ha spesso prodotto danni. Poi, c’è da augurarsi che per un po’ di tempo ci sia stabilità, così da inserire i “ritocchi” in una prospettiva di più ampio respiro, con la possibilità di raggiungere (e ve-rificare) qualche risultato importante.

MARTEDI 25 FEBBRAIO 2014: NUOVO GOVERNO

Il vero coraggio?Partire dalla scuola

legge nel rapporto. Si aggiunge: “tale assenza di reti, parentali in primo luogo, ma anche amicali e di vicinato, che rappresentano la prima risorsa delle famiglie italiane, non sempre ha potuto trovare sostegno in un’offerta di servizi pubblici spesso inadatta a rispondere ai nuovi bisogni. Pensiamo solo alla carenza di posti negli asili nido: secondo i dati dell’Agenzia per la qualità di Roma Capitale una fa-miglia su 3 che ne fa richiesta viene esclusa”. Secondo l’Istat il 41,2% delle famiglie del Lazio nel 2013, contro il 32,8 della media nazionale, con almeno una persona disabile, avrebbe avuto bisogno di assistenza domiciliare ma non ne ha usufruito.L’Istat, nel rapporto “Noi Italia”, rile-va che nel Mezzogiorno si registra una media di oltre un quarto di fa-

miglie povere. La percentuale di in-dividui che non possono permettersi di mangiare carne o pesce ogni due giorni, è molto più alta rispetto alla media nazionale: i l 24,9% contro il 16,8%, sostiene la Confederazione italiana agricoltori. Tra il 2010 e 2012, il numero degli indigenti è cresciuto del 33% e nell’ultimo anno gli italiani costretti a rivolgersi agli enti caritativi per un pasto gratuito o un pacco alimentare hanno superato quota 3,7 milioni (+9%). Il 62% delle famiglie riduce quantità e qualità del cibo acquistato, percentuale che supera il 70% nel Mezzogiorno. Oltre la metà delle famiglie (il 53%) compra quasi esclusivamente prodot-ti in promozione, scontati e in offerta speciale, mentre il 29% abbandona del tutto i marchi commerciali per

‘‘no logo’’ e prodotti di “primo prez-zo”. Oltre il 16% delle famiglie ha detto addio a pranzi e cene fuori dalle mura domestiche.Insieme ad interventi che incidano sulla disoccupazione, soprattutto gio-vanile e degli over 45, sono urgenti e non più rinviabili provvedimenti seri di sostegno alle famiglie, che affrontino la fragilità dei servizi di Welfare - tra il 2008 e il 2011, è stata dell’85% la diminuzione di trasferimenti dallo Stato centrale alle Regioni - che la politica di austerità ha quasi raso al suolo. Lo Stato ha l’obbligo di dare aiuti concreti e di estendere il più possibile la tutela sociale, emulando l’opera preziosa delle organizzazioni private di volon-tariato e di assistenza. Non c’è altro tempo da perdere.

difficile sostenere che Matteo Renzi non abbia coraggio. Certamente non bastano i suoi 39 anni a

dare conto della voglia di metterci la faccia per cambiare il Paese. Il coraggio è una dote dell’umano che non si impara, soprattutto quando sulle spalle piovono responsabilità grandi. Quando la sfida riguarda il destino di un popolo intero, chiamato a rimboccarsi le maniche per tirarsi fuori dalla crisi economica e sociale più lunga dal dopoguerra in poi.

Tutto questo ci fa dire che oc-corre prendere sul serio le parole e gli impegni del giovane presidente del Consiglio dei ministri. Sia quando afferma che “questo è il tempo del coraggio, che non esclude nessuno e non lascia alibi a nessuno”, sia quando con un pizzico di enfasi sostiene che “se questa sfida la perderemo, la colpa sarà mia”. Linguaggio giovanile? Beata incoscienza? Difficile dirlo. Di sicuro ci sembra di percepire, in questa nuova generazione politica, la con-sapevolezza della responsabilità. È la loro grande occasione per fare il bene dell’Italia. Dobbiamo sinceramente augurarci che, per il bene di tutti, facciano tutto quanto è necessario per togliere la ruggine agli ingranaggi che inceppano la vita del Paese. Non è voglia di nuovismo a tutti i costi. È piuttosto la drammatica consapevo-lezza che i tempi nuovi richiedono nuove sensibilità, nuove energie, nuove prospettive, nuovi orizzonti.

E di coraggio bisogna averne tanto per affermare che l’Italia deve ripartire dalla scuola. Il fiorentino Renzi non può non ricordare la le-zione di Giorgio La Pira e di don Lo-renzo Milani, ma non si fa scudo delle loro parole e delle loro figure tanto care al mondo cattolico. Lui parla di scuola e poi anche di cultura, come necessità per un Paese moderno che vuole giocare la propria partita in Europa e nel mondo. Da protagonista perché, sono parole sue, “i valori della cultura fanno di noi una superpoten-za mondiale”. Tornare dunque a inve-stire sulla scuola, anche nelle mura che ospitano i nostri figli e nipoti, è un segno inequivocabile. Abbiamo ancora impresse nel cuore e nella mente le parole severe pronunciate in proposito da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana: “La scuola non può essere il bancomat da cui, attraverso i tagli, attingere il denaro da sprecare in altre direzioni”. Certo, basta con l’Italia degli sprechi perché ogni euro speso male o spre-cato è un atto di ingiustizia verso i più poveri e deboli fra noi.

Il presidente ha poi inanellato tutte le riforme che vuole varare, dalla legge elettorale alla revisione del Titolo V, dalla giustizia civile alla riduzione in doppia cifra del cuneo fiscale, dal rinnovamento dei dirigenti dello Stato alla creazione di un fisco non più ostile ma “consulente dei cittadini”, dallo sblocco totale dei de-

È

U

biti della pubblica amministrazione al fondo di garanzia per le piccole e me-die imprese. A dire il vero, Renzi non ha indicato dove conta di recuperare le risorse necessarie, calcolabili in decine di miliardi di euro, per mette-re in campo le riforme economiche. Di questo certamente sapremo di più nei giorni a venire. E su questo versante fanno bene le opposizioni a incalzarlo senza fargli sconti. So-prattutto perché nessun governante responsabile può pensare di sottrarsi alla responsabilità di non accumulare altro debito pubblico, anzi di dover fare un’azione lungimirante per ridurlo. In tutta questa operazione non basterà la buona volontà del governo, ma conteranno molto le condizioni esterne e le aperture di credito in Europa che il governo saprà conquistarsi.

Infine un’annotazione genera-le sul discorso di Renzi. La sua è davvero la prima generazione post-ideologica che si affaccia al potere. Può quindi permettersi di evocare Gigliola Cinguetti (“non ho l’età…”) a proposito dei suoi 39 anni che

gli impediscono di essere eletto al Senato, o di chiamare in causa Papa Francesco (“Internet è un dono di Dio”) a riguardo del rapporto da semplificare, attraverso la Rete, fra Stato e cittadini. O di ricordare la signora che lo ha fermato all’uscita dalla Messa (ci vuole un bel coraggio a riferirlo nell’aula del Senato) e lo ha apostrofato con una battuta: “se lo fa lei, il presidente del Consiglio, lo possono fare tutti”.

Ecco, sarebbe un errore pensare che tutto questo sia frutto dell’in-genuità di un quasi quarantenne. No, Renzi è figlio del suo tempo: ha lasciato in soffitta le ideologie per tentare di risolvere i problemi armato solo dei suoi valori e della borsa “politica” degli attrezzi. Per queste ragioni può anche evocare, senza che l’aula reagisca, la questione dei diritti civili, per i quali chiede a tutti “lo sforzo di ascoltarsi”. Ecco, è già una buona cosa saper ascoltare. Il Paese sa parlare. Che ci sia un presi-dente del Consiglio che ha voglia di ascoltare senza pregiudizi, è un inizio incoraggiante.

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14 n. 8 2 Marzo 2014 LaVitael 1974 don Giovanni Iviglia, parroco di Mu-risengo, in provincia di Alessandria, circa 1.600

anime negli anni Settanta, oggi 1.400, inaugurava la “Casa degli anziani” nella convinzione che i vecchietti stessero meglio in compagnia e potessero, condividendo l’abitazione e l’aiuto di volontari, sconfiggere la solitudine e affrontare meglio il venir meno delle forze. Nel 1978, qualche anno dopo nella più grande Roma, la Comunità di Sant’Egidio muoveva i primi passi nel campo della coabitazione per gli over 65. Nel 2013 la popolazione ultrases-santacinquenne in Italia raggiunge gli 11,9 milioni (il 20% degli italiani per l’Istat), di cui 2,5 vivono da soli e 1,4 da soli in case con più di quattro stanze (associazione Gianfranco Imperatori). E la coabitazione tra anziani torna come “silver cohou-sing”, fenomeno in forte crescita nel settentrione d’Europa, ma non sconosciuto al Belpaese.

di necessità virtùLa solitudine, una pensione il cui

70% si perde in spese fisse (secondo l’Istat, nel 2012, il 21,3% delle spese degli over 65 soli andava in cibo e il 47,8% in abitazione ed energia), la capacità di badare a se stessi che vie-ne meno, l’impossibilità economica di provvedere alla manutenzione di abitazioni divenute troppo grandi o di pagare una badante, sono criticità a cui la convivenza tra anziani può porre rimedio. “Un anziano non autosufficiente - spiega Silvia Ma-rangoni, coordinatrice del servizio anziani della Comunità di Sant’Egidio - che ha la casa, ma non le risorse per garantirsi la badante, accoglie un altro che invece ha problemi abitativi. Supportati dalla rete che la comunità può attivare, includendo anche risorse inerenti a quartiere, negozianti, servizi, abbiamo realizzato micro-esperienze che con il giusto sostegno, perché coabitare non è facile per nessuno, hanno risolto problemi enormi, anche perché non sempre c’è una famiglia o una rete di vicinato a garantire il mantenimento a casa”. Non è solo l’anziano a trarre beneficio dalla permanenza in un contesto sociale libero e autonomo, ma anche le istituzioni risparmiano risorse. “A Padova - afferma Maran-goni - è il Comune che ha messo a disposizione un alloggio, sarebbero stati anziani per i quali l’ammini-strazione avrebbe dovuto senz’altro impegnarsi economicamente molto di più. Sono soluzioni promettenti e sostenibili, ci piacerebbe essere imitati su questa strada”.

Un modeLLo repLicabiLe

A Milano è stata la Comunità di Sant’Egidio locale a prendere spunto dall’esperienza a Roma e a livello nazionale, allestendo nel 2011 un appartamento in un bene confiscato alla mafia. “Abbiamo voluto - rac-conta Riccardo Mauri, responsabile del progetto - sperimentare la pos-sibilità per l’anziano di rimanere a casa propria o in una soluzione più possibile vicino a casa. La scommessa è pensare che la soluzione non debba essere per forza sanitaria. Attualmen-te ospitiamo quattro persone, tre donne e un uomo, la più anziana ha 96 anni e 87 la più giovane. Non si rallenta o cancella l’invecchiamento, ma la sfida è provare a fare le cose

dall’italia

ltre la metà delle misu-re adottate dai governi Monti e Letta – nono-stante avessero carat-

tere d’urgenza o fossero estrema-mente importanti (almeno per chi le aveva adottate) – sono ancora in sala d’attesa. In attesa, appun-to, di trasformarsi da desiderata politici a norme operative. E non aspettano il mago Zurlì, ma che la macchina burocratica che sta tra politica e cittadini le trasformi in tali.È un bel dire, e un bel volere, che si farà questo e quello in tempi ristretti, anzi subito o quasi. Le cose poi non funzionano così. Giustamente, perché ogni decisio-ne va armonizzata con le prece-denti, resa fruibile e spiegata nei dettagli; ma la macchina burocra-tica italiana sa metterci del suo un carico da undici ogni volta che si muove, zavorrando tutto e tutti.È la sua forza, inscalfita e appa-rentemente inscalfibile. Quella schiera di dirigenti ministeriali, alti funzionari, grand commis che filtrano - a loro piacimento, con i loro tempi - qualsiasi decisione venga presa dai governanti. Un groviglio di competenze, di stra-tificazioni legislative, di poteri

ECONOMIA

La ragnatelaburocratica

Dinanzi a tanto strapotere... la politica spesso soccombedi Nicola Salvagnin

d’intervento e di veto; una massa di successivi chiarimenti e spiega-zioni; un’incapacità (spesso voluta) di fare le cose per bene. Perché se le decisioni politiche diventassero speditamente realtà, con procedu-re facili e linguaggio comprensibile ai tutti, dove finirebbe l’enorme potere che questi fantasmi della burocrazia italica hanno da decen-ni? Un potere che rende la nostra pubblica amministrazione, oltre che mastodontica e inestricabile, indispensabile e irriformabile. Ma cambiamola!, si dirà. Già, ma per cambiare qualcosa bisogna prima conoscerla a fondo, sapere come agire, avere i rimedi giusti e le persone perfette all’uopo. Qui un ministro, un presidente del Consiglio non fa in tempo a capire le dimensioni della ragnatela, che

ha già le valigie pronte. Quindi alla burocrazia basta pazientare e nel frattempo confondere un po’ le acque: i riformatori spariranno prima di diventare pericolosi. Se anche riuscissero a incidere, non sarà difficile in un secondo mo-mento troncare e sopire, sopire e troncare.D’altra parte, non è che la sempli-cità sia sempre la ricetta migliore. La realtà è complessa, ed è giusto affrontarla così. Un esempio? La regione Veneto ha recentemente prorogato per la terza volta il co-siddetto Piano Casa, con una no-vità. Per aggirare gli ostacoli che ne avevano limitato l’efficacia, il legislatore ha deciso che le norme di quella legge non dovevano co-noscere alcun ostacolo: quel che era scritto, si poteva fare. Punto.

Quindi si può costruire libera-mente in gioielli urbanistici quali Cortina o Asolo, per non dire Venezia? Mmh. Quindi si può avere mani libere in ogni centro storico, in ogni contesto? Mmh. Quindi non vanno valutati quei rischi idrogeologici di cui tanto ci lamentiamo quando poi assistiamo ad alluvioni e frane? Mmh. Quindi la politica urbanistica e i piani regolatori dei Comuni finiscono tutti in ripostiglio? Insomma, un mezzo disastro, con sindaci infu-riati e troppi dubbi da parte di troppe persone. Cambiare le cose quindi è difficile e complesso. Ma non impossibile: basta farlo bene. E non permette-re ai troppi ragni-parassiti di av-viluppare tutto nelle loro paraliz-zanti ed autoreferenziali ragnatele.

N UNA BELLA INIzIATIVA SOCIALE

Contro la solitudine case famiglia per anziani

O

Già nel lontano 1974 la prima esperienza in Italia. Poi l’impegno della Comunità

di Sant’Egidio a Roma e Milano.L’idea di fondo è quella di rispondere

con una vita comunitaria ai rischi delladepressione e del disagio sociale,legati soprattutto all’isolamento

e alla mancanza di servizi e relazioni.La ricetta: a ciascuno il proprio spazio

e il clima familiare. Una chance anche per i giovani

di Giuseppe Del Signore

le risorse e può essere una strategia vincente non solo per gli anziani. Le famiglie unipersonali sono costituite anche da giovani, che sono più esposti agli accidenti della vita, dal lavoro alla

malattia. La coabitazione è meglio che affrontare la vita da soli”. In fondo l’uomo è un animale sociale, lo aveva capito Aristotele, lo sapeva don Giovanni Iviglia.

come se si fosse a casa propria”. Non la panacea contro il tempo che passa, ma un modo diverso di farlo passare: “All’uomo - conferma Mauri - dicevo ‘qui non ti curano il mal di gambe, ma hai qualcuno a cui dirlo’. È l’importanza di entrare in un circuito che consente di sconfiggere la solitudine”. La stessa intuizione che portò alla nascita della “Casa degli anziani” di Murisengo. “L’idea - dichiara Ignazio Zonca, presidente della Confraternita di san Michele che la gestisce, attualmente 17 ospiti in due grandi appartamenti - era costituire una casa famiglia, non un ospizio. Nel tempo abbiamo cercato di non perdere questa conforma-zione caratteristica di ‘famiglia’, un luogo in cui uno si trova con la sua

camera, il suo bagno, la macchina, come se fosse a casa propria. Tanti vecchietti non hanno riferimenti e sono soli a casa, ma non vogliono né finire in casa di riposo né avere una badante. Questa è una soluzione alternativa”. Che allontana il male di vivere, perché - aggiunge Zonca - “da noi vengono quelli che sono soli e cadono in depressione. Un anziano depresso qui trova un’assistenza familiare”.

Uno per tUtti, tUtti per Uno

Insieme si vive meglio, anche senza essere anziani. “Per come sta evolvendo la struttura familiare del Paese - dice Marangoni - coabitare consente non di dividere, ma di unire

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152 MarzO 2014 n. 8VitaLa

Dal mondodall’estero

Terrore e speranze

a terribile esecu-zione di Jang Song-thaek, zio del ditta-tore nord coreano

Kim Jong –un, il dossier delle Nazioni Unite che accusa il regime di Pyongyang di crimini contro l’umanità, le minacce sempre incombenti di un rilancio dell’attività nucleare hanno riportato alla ribalta la Corea del Nord, Paese non più circondato dall’alone di mistero determinato dalla sua dittatura dinastica, ma che resta comunque una incogni-ta sotto il profilo politico e internazionale.

“La pubblica umiliazione e l’uccisione di Jang hanno diffu-so paura e shock a ogni livello della società nordcoreana”, scrive l’analista statunitense

L

inqUinamento in cinaAllo scopo di spingere le industrie al rispetto del pianeta, la Cina, preoccu-pata per l’aumento dell’in-quinamento, ha ideato un sistema che da marzo individuerà ogni azienda sulla base dell’impatto am-bientale prodotto sul ter-ritorio; le classificherà, così da distinguere quelle più meritevoli di finanziamenti governativi e bancari: ogni impresa avrà un bollino rosso se inquina di più, un bollino verde se invece è attenta alla sostenibilità. Si tenderà a bloccare quelle attività non rispondenti al parametri ambientali fissati dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), le aziende meno virtuose cer-cheranno di riqualificarsi, e tanto da ridurre l’inqui-namento del 45% entro il 2020.

africa, terra di promessePer la Cina, l’Africa è una terra di conquista econo-mica. Il nuovo presidente del gigante asiatico, Xi Jin-ping, ha visitato in gennaio la Tanzania, il Sudafrica e la Repubblica Democratica del Congo. In virtù della concessione di linee di credito a fondo quasi per-duto, Pechino ha assunto ormai stabile e prospera presenza in Africa grazie alle commesse di lavoro per la costruzione di stra-de, edifici e stadi, e mercé l’approvvigionamento, a basso costo, di petrolio e minerali vari. Nel presente, i maggiori partner africani della Cina sono l’Angola, il Sudan e il Sudafrica. I primi due sono i maggiori forni-tori di petrolio della Cina, il Sudafrica è il sito finan-ziario, dove i capitali cinesi ben si collocano.

agricoLtUra eUropeaPer favorire lo scambio di buone pratiche finalizzate alla produzione biologica e alla promozione del territori rurali d’Europa, l’accademia europea per i territori rurali ed il comu-ne lucano di Sant’Angelo Le Fratte insieme ad altri partner europei (Turchia, Ungheria, Slovacchia, Slo-venia) hanno stabilito ad Adana (Turchia) le linee di un progetto che, favorendo il confronto fra i sistemi rurali europei, promuove lo sviluppo economico e so-ciale, agevola la crescita e la valorizzazione dei cittadini, degli operatori economici, delle organizzazioni e degli enti pubblici degli stessi territori. Il piano permette il consolidamento di ogni singola rete di collegamen-to nazionale con analoghe realtà europee.

L’incognita di Pyongyang nel

panoramainternazionale richiede una

messa a fuoco sulla regione

di Angela Carusone

s s u r d a e a l l u -c i n a n -te”: così

il premier Matteo Renzi, parlando oggi al Senato, ha definito la vicenda che da due anni tiene bloccati in India i due marò italiani Salvatore Girone e Massimi-liano Latorre. “Ieri arrivato a Palazzo Chigi ho scelto di fare alcune telefonate simboliche. E ho scelto di chiamare i due marò che da troppo tempo sono bloccati a Nuova Delhi da un’assurda e allucinante vicenda per la quale garantisco il mio personale impegno e quello del governo”, ha detto il premier. Una precisazione che giunge nel giorno del ventisettesimo rinvio della magistratura indiana sul caso, anche se stavolta è arrivata la rinuncia indiana al ricorso al “Sua Act”, la legge antipira-teria del 2002, che secondo la difesa sarebbe equivalso a considerare l’Italia uno Stato terrorista.

nUovo rinvioEra grande l’attesa per l’udienza di questo pomerig-gio (le 9.30 in Italia) a Nuova Delhi che si è aperta con la consegna alla Corte dell’af-fidavit con cui il ministero della Giustizia ha riconosciu-to l’inapplicabilità del “Sua Act”, che prevede anche la pena capitale, al caso dei due fucilieri accusati della morte di due pescatori indiani uc-cisi al largo del Kerala nel febbraio 2012, chiedendo nel contempo che a formulare i capi d’accusa sia la Nia, la

“A NO ALLA LEGGE ANTITERRORISMO

Ultima giravolta della corteindiana sui marò italiani

Riconosciuta l’inapplicabilità della legge antipirateria che prevede anche la pena capitale. Tuttavia la magistratura indiana ha chiesto che a

formulare i capi d’accusa sia l’unità antiterrorismo della polizia.Per l’avvocato dei marò, è “impossibile” attribuire la giurisdizione a una

polizia antiterrorismo fuori dal quadro della legge antipirateriadi Daniele Rocchi

Scott Snyder, secondo il quale l’esecuzione “ha seminato il terrore e svelato il carattere del giovane dittatore nordco-reano, ma anche la debolezza della sua leadership”. In Corea del Nord, due anni dopo la morte di Kim Jong-il, lo scon-tro tra la fazione intransigente delle forze armate e quella più moderata e filocinese guidata da Jang è diventato molto serio: con un inasprimento della lotta tra Jang e i falchi militari, inten-zionati a diventare gli uomini di fiducia del regime. Ma il clima di paura nel Paese non gioverà alla produttività, ostacolando l’obiettivo di costruire una na-zione forte e prosperosa, pro-messo dal giovane dittatore.

Secondo le regole del governo ereditario della Co-rea del Nord, Kim Jong-un ha preso il posto del padre senza poter contare su una base di sostenitori, ma grazie all’aiuto dello zio Jang, il cui orientamento moderato è stato osteggiato dai militari più estremisti, che alla fine ne hanno preteso la testa. “Con

la dittatura di Kim Jong-un le decisioni politiche repentine e imprevedibili continueranno a cogliere di sorpresa il resto del mondo”, sostiene l’analista Sonny Lo, nonostante la Cina abbia tentato e stia tentando di aumentare la sua influenza sulla Corea del Nord anche attraverso la cooperazione economica.

Quando a Pyongyang c’è una crisi politica – rilevano gli osservatori – di solito il gover-no tenta di dissimularla con-vincendo l’opinione pubblica del fatto che le forze straniere non potranno mai vincere lo spirito unitario del Paese. Ma questa volta si è come aperta una crepa in questo schema. “Contrariamente all’opinione diffusa – scrive lo storico An-drei Lankov – il regime non è un blocco monolitico, ma una sorta di policrazia mo-nolitica”, un insieme di gruppi di interesse che sono andati crescendo nel corso degli anni mantenendo un forte grado di compattezza al loro interno e tra di loro.

Il potere ha promosso l’economia a tutti i livelli, e l’operazione di rilancio della produzione ha avuto successo. Al tempo stesso il governo ha confermato gli interessi eco-nomici e finanziari dell’esercito (un milione di soldati), che mantengono i propri privilegi ma si impegnano a rimanere neutrali di fronte alla nuova politica. “Kim Jong-un – spiega Patrick Maurus, professore francese di Civiltà orientali – sa perfettamente quel che voglio-no e quel che non vogliono i ceti medi, che sono tra il 20 e il 25 per cento della popolazio-ne: i quadri, gli abitanti regolari delle grandi città e i lavoratori in contatto con l’estero. E ha deciso di incarnarne i desideri. Tuttavia – sottolinea – mentre il Paese dà prova di un evidente dinamismo economico, la di-rezione attuale fa fatica a dare una forma giuridica alla sua politica”. Se i quadri dirigenti si scontrano, quindi, è sull’evo-luzione del Paese, ben più che sull’apparato di potere.

Negli ultimi anni la Cina

ha cercato di aumentare la sua influenza economica anche per mettere fine alle provoca-zioni di Pyongyang attraverso il nucleare e i test missilistici, “ma per il momento – secon-do Snyder – non ha ottenuto grandi risultati”. La scorsa primavera, quando la Corea del Nord ha minacciato di colpire con armi nucleari gli Stati Uniti e ha dichiarato di voler continuare lo sviluppo dei suoi armamenti, Kim Jong-un, segnala lo studioso, si è guadagnato una pessima repu-tazione tra gli osservatori della Corea del Nord, “e da allora è considerato un’incognita più imprevedibile e pericolosa del padre”.

Il consolidamento del po-tere dello spericolato Kim Jong-un – avvertono gli os-servatori – porterà solo ad altre provocazioni ed errori di valutazione, mentre le epura-zioni e il terrore non faranno altro che indebolire il regime all’interno, con il rischio di ri-trovarsi una variabile impazzita nella regione.

di omicidio. Il 22 febbraio prende avvio la querelle giudiziaria: da una parte New Delhi che annuncia che vuole applicare le leggi indiane, dall’altra l’Italia per la quale va applicato il diritto in-ternazionale. Il 30 maggio l’India concede la libertà su cauzione a Girone e Latorre, che vengono trasferiti all’am-basciata italiana a New Delhi. Il 20 dicembre l’Alta Corte del Kerala accorda ai marò il permesso di rientrare in patria per due settimane. Un mese dopo, gennaio 2013, la Corte Suprema indiana dispone l’istituzione di un Tribunale speciale. A marzo l’Italia fa sapere che non farà tornare in India i marò, rimpatriati per un secondo permesso, così da poter votare alle elezioni. New Delhi reagisce limitando i movimenti dell’ambasciatore italiano. Girone e Latorre ri-partono per l’India, mentre il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, si dimette. Porta la data del 1° aprile le deci-sione del governo indiano di affidare nuove indagini alla

Nia. La vicenda fa segnare altre tappe importanti nel 2014, il 20 gennaio, quando la Corte Suprema chiede al governo indiano di pre-sentare le accuse entro il 3 febbraio, giorno in cui viene deciso un nuovo rinvio. Il 10 febbraio in udienza l’accusa insiste per il ricorso al “Sua Act”, respinto invece dalla difesa. Si va, quindi, al giorno 18. Nel frattempo l’Italia riceve la solidarietà dell’Ue, della Nato e, dopo una ret-tifica dello stesso segretario generale Ban Ki-moon, anche dell’Onu. Il 18 febbraio scatta l’ennesimo rinvio da parte della Corte Suprema indiana, che aggiorna l’udienza al 24, in attesa di ascoltare il pare-re del suo governo. L’Italia richiama l’ambasciatore a New Delhi e convoca alla Farnesina quello indiano a Roma. Si arriva così al 24 febbraio: il governo indiano comunica alla Corte supre-ma la rinuncia a incriminare Girone e Latorre sulla base del “Sua Act”, la legge antipi-rateria che prevede anche la pena di morte.

COREA DEL NORD

National Investigative Agency, l’unità antiterrorismo della polizia. Una richiesta osteg-giata dall’avvocato dei marò, Mukul Rohatgi, per il quale è “impossibile” attribuire la giurisdizione a una polizia antiterrorismo fuori dal qua-dro della legge antipirateria. A quel punto il giudice ha chiesto alla difesa di presen-tare entro una settimana le motivazioni del suo rifiuto di un coinvolgimento della Nia e da quel momento l’accusa avrà un’ulteriore settimana per mettere a punto la sua linea su cui si pronuncerà la Corte Suprema, stavolta

composta da tre giudici.

Le tappe deLLa storiaTra crisi diplomatiche, bat-taglie legali e rinvii da parte della magistratura indiana, la vicenda dei due marò sembra non avere mai fine. Queste le tappe principali della storia. Il 16 febbraio 2012 i due fuci-lieri di Marina, imbarcati sulla petroliera “Enrica Lexie”, aprono il fuoco e uccidono due pescatori scambiati per pirati. Il 19 febbraio i marò scendono dalla nave, torna-ta nel frattempo indietro, e sono fermati con l’accusa

Page 16: e dal 1897 e - settimanalelavita.it · Perché la voce della coscienza, presen-te in ogni essere umano, indica le stes-se strade di quelle richieste da Dio. Un pensiero, questo, che

16 musica e spettacolo n. 8 2 Marzo 2014 LaVita

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n secolo fa nasceva Martin Ritt, uno dei registi più signi-ficativi della Hol-

lywood liberal-democratica, quando termini come “poli-tically correct”, uguaglianza sociale, tolleranza razziale ed altri slogan filolibertari non andavano proprio così di moda. E’ forse il motivo principale per cui, nonostan-te le non eccezionali doti registiche, è stato per tanti anni il direttore preferito da Paul Newman, altro grande paladino dei diritti civili ne-gli Stati Uniti dei tempi di Kennedy, Martin Luther King, Malcolm X. Già l’esordio è un film interessante -considerato da Leonard Maltin, grande firma statunitense, con ter-mini iperbolici, addirittura un capolavoro-, “Nel fango della periferia”, che è quantomeno film seminale, se è vero che parla dell’amicizia tra un bian-co e un nero -interpretato da Sidney Poitier, e c’è da scom-metterci poiché per vent’anni almeno è stato l’unico attore afroamericano a poter ambire a parti da protagonista. Nei

CINEMA

Martin Ritt, unliberal-democratico

a HollywoodU

vialetti di Hollywood -tanto per dare l’idea del razzismo strisciante ma nemmen poi tanto censurato dell’epoca- ai tempi de “La parete di fango” (un film di un altro celebre autore liberal, Stanley Kramer) circolava questa barzelletta :-Hanno chiesto a Marlon Brando di recitare con un nero. Ha risposto “Solo se la parte del negro la faccio io”. Stessa domanda a Robert Mitchum. Risposta :”Volen-

tieri. Ma a patto che faccia io tutti e due i ruoli”-. Le cose stavano così, c’è poco da fare e gente come Martin Ritt ha contribuito a far progredire, se non l’arte hollywoodiana, certo l’umanità e l’apertura dell’industria cinematogra-fica alla comunità di colore. Quando, poi, nel 1964, Sidney Poitier sarà il primo vincitore dell’Oscar nero, da protagoni-sta, allora cambierà qualcosina, ma per arrivare ad oggi -dove,

a classifica finale conferma che il Festi-val di Sanremo 2014 ha cambiato pelle,

perdendo la sua connotazione di gara fra “canzonette” e (ri)qualificandosi come kermesse animata da ospiti, comparse, battute, sketch e autopromozio-ni, in cui ad attirare l’attenzione del pubblico non sono più le abituali melodie d’amore e di sentimento ma gli esperimenti che giocano con le note cer-cando a tutti i costi qualcosa di alternativo.Arisa (“Controvento”), Raphael Gualazzi (“Liberi o no”) e Renzo Rubino (“Ora”) hanno conqui-stato i primi tre gradini del podio cantando pezzi che si distinguo-no più per quanto mettono alla prova la voce dei loro rispettivi interpreti che per il testo, la me-lodia o gli arrangiamenti. Buona parte del Festival sanremese appena concluso ha seguito questo copione, scompaginando deliberatamente l’impostazione tradizionale e “stressando” gli scarti dalla regola per cercare il favore del pubblico. Quest’ultimo, dal canto suo, ha snobbato la kermesse come mai era successo nelle ultime edizioni, sanzionan-do la mancanza di idee e il mix troppo eterogeneo delle serate

con un netto calo di audience.Il filo conduttore delle cinque serate avrebbe dovuto essere - come dichiarato in apertura - quello della “bellezza”, ma se n’è vista ben poca. Certo, il palcosce-nico del Teatro Ariston era stato allestito in modo elegante e l’aria patinata che aleggiava intorno alla kermesse ha fatto la sua parte, ma troppe esibizioni sono state tutt’altro che belle, come pure certe ospitate. Tralasciando la presenza di Enrico Brignano e Terence “Don Matteo” Hill, evidentemente lì per promuovere il nuovo programma del primo e la ormai consolidata fiction del secondo, molto del resto è stato una continua autocitazione della coppia Fazio-Littizzetto e di “Che tempo che fa”, la trasmissione che li vede protagonisti su Rai 3.I sessant’anni della Rai –nata ufficialmente il 3 gennaio 1954– hanno indotto gli autori a pun-tare molto sull’idea del revival e sui personaggi che hanno fatto la storia della tv pubblica italiana. Ed ecco sfilare Raffaella Carrà, il Mago Silvan; Renzo Arbore, Gino Paoli, le Gemelle Kessler e Franca Valeri (autrice, lei sì, di una grande performance autoironica sul palco), capaci sì di strappare qualche sorriso ma non di scacciare la sensazione

del “già visto” nonostante il loro encomiabile impegno nell’auto-citazione.Al faldone del “dejà vu” appar-tengono la protesta degli operai sulle impalcature, gli anatemi di Beppe Grillo fuori dall’Ariston, i vestiti e le acconciature improba-bili di certi cantanti, le parolacce e i doppi sensi della Littizzetto, le polemiche sui compensi di lei e di Fazio, le lungaggini per alimentare la finta suspense sul voto, i battibecchi da copione fra i presentatori, la presenza della bellezza straniera di turno (Letizia Casta).Alla vigilia, Fazio aveva pru-dentemente messo le mani avanti dichiarando che lui e gli autori del Festival non volevano essere schiavi degli ascolti e che avevano progettato una manife-

stazione rivoluzionaria rispetto alle precedenti. In realtà, troppo convinti di ripetere il successo dell’edizione 2013, hanno dato la sensazione d’improvvisare molto e il meccanismo delle votazioni non li ha certo aiutati a mantenere ogni serata alto quel ritmo che avrebbe dovuto solleci-tare l’attenzione degli spettatori.Hanno un bel dire i vertici di Rai Uno, quando si affrettano a confermare che si tratta di un calo fisiologico e che non sono gli ascolti a dare la misura della qualità della manifestazione. Gli investitori pubblicitari, che hanno speso milioni di euro per assicurarsi spazi di promozione all’interno della diretta del Festi-val, non la pensano allo stesso modo. Il “bis” evidentemente non paga.

L

Il 2 marzo sono cent’anni dalla

nascitadi Francesco Sgarano

DENTRO LA TV

Festival da archiviareSanremo 2014, firmato Fazio-Littizzetto, perde ascolti e qualità musicale

di Marco Deriu

addirittura, le cose si sono esasperate nell’altro sen-so- sono dovuti trascorrere quarant’anni.Non vorrei dare l’impressione di aver divagato ma la reale importanza storica di Ritt sta qui, nell’aspetto filantropico: quella di aver mostrato una possibilità di impiego dei neri nei film di grossa produzione. Accade, per esempio, in un gustoso filmetto caro ai jaz-zofili, “Paris blues”, in cui -col pretesto della musica- vengo-no messi in scena Newman e Poitier, due suonatori di jazz, con tanto di comparsata di Louis Armstrong, impegnato in una jam-session poderosa. Altrove si è occupato delle tensioni razziali trasudanti negli stati del Sud, in due film tratti dalla penna impareg-giabile di William Faulkner: “La lunga estate calda” e “L’urlo e la furia”. Lasciando stare quest’ultimo, che poco poteva sperare di ottenere dall’improponibile confronto

col capolavoro assoluto della letteratura americana della prima metà del ‘900, “L’urlo e il furore”, forse è più giusto battere l’accento sul primo, recitato sempre da Joanne Woodward, accanto al futu-ro marito Newman (qui un ex-piromane!!), buona analisi di una famiglia corrosa dagli scontri padre-figlio, secondo la migliore tradizione dramma-turgica americana. Ma ci sono stati anche titoli filo-indiani, come “Hombre” (sempre Newman, che gli offrì i servigi anche per “Hud il selvaggio”), quando ancora la moda del sottogenere non era ancora esplosa con “Soldato blu” e via dicendo; poi “I cospiratori”, film attento ai problemi dello sfruttamento dei lavoratori, maltrattati e sottopagati, in una miniera della Pennsylva-nia di fine ‘800. Tema, questo -le battaglie sindacali- che, con qualche variante (siamo

in una filanda), tornerà in un bel film che dette il primo Oscar a Sally Field, attrice oggi praticamente scomparsa: “Norma Rae”. Ritt, memore inoltre del tenebroso periodo della crociata anticomunista maccartista, che aveva toccato anche lui negli anni ‘50 (e Zero Mostel, interprete del film -è il comico che si suicida) riflette sull’argomento assecondando, più che altro, le trovate del folletto Woody Allen ne “Il prestanome”, un grande, mai troppo visto lavoro in cui un tema scottante viene rivisi-tato con ammirevole levità. L’ultimo titolo di riguardo, anch’esso inerente problemi sociali, è “Pazza”, palcosce-nico per la canterina Barbra Streisand in cui può mostrare anche le solide capacità dram-matiche. Insomma, Ritt è stato un regista medio ma un nome assai importante nella storia del cinema americano.