è carbo- L'importanza dell'imperfezione S è nelle...

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SCIENZA PER 11111AGINI L'importanza dell'imperfezione nelle gemme Minuscole intrusioni e difetti nella crescita dei cristalli, formatisi nelle profondità della Terra nell'arco di milioni di anni, conferiscono alle gemme un fascino che va oltre il loro valore pecuniario Testo e fotografie di Willy Andergassen norme diversificazione della vita sul no- stro pianeta e forse anche altrove. S e questo è vero, possiamo chiederci: avrebbero le gemme, senza imper- fezioni, i colori che tanto ammiriamo? O meglio: esiste una gemma perfetta? Si può tranquillamente rispondere: no, non esiste. Piuttosto, esistono gemme con difetti minori. Per la loro forma e composizione chi- mica possiamo distinguere una stella da un pianeta, un diamante da un rubino, e possiamo constatare, ad esempio, che un certo rubino proviene dalla miniera di Mogok nel Myanmar (ex Birmania), dato che nel suo interno è possibile leg- gere la sua genesi proprio grazie a sin- gole imperfezioni: i difetti nella costru- zione del suo reticolo cristallino, o la presenza di ospiti quali piccoli cristalli di altra natura, o anche ferite, fessure provocate da eventi tellurici, cristalli negativi, ovvero cavità contenenti liqui- di e bolle di gas. Questi e altri ancora sono tutti fattori diagnostici che deter- minano la provenienza di una gemma. Anche se estratte dalla stessa miniera, non esistono due gemme perfettamente identiche; ognuna è un esemplare unico, con un'impronta digitale sua propria. Un diamante dichiarato «puro» è so- lo una convenzione, essendo la purezza stabilita in base a quanto visibile a 10 ingrandimenti, osservato con il lentino o al microscopio; a ingrandimenti supe- riori, ad esempio 25, 30 o 100, le impu- rità diventano visibili, trascurando le imperfezioni non rilevabili al microsco- pio, come atomi mancanti nella sequen- za del reticolo, oppure intere zone del cristallo distorte o sotto stress. Chimicamente il diamante è carbo- nio puro; nel suo reticolo gli atomi so- no ordinati in modo che ognuno di essi risulta al centro di un tetraedro ai cui vertici sono posti gli atomi contigui. La cella elementare del reticolo è cubica a facce centrate e la distanza interatomi- ca è di soli 0,1542 nanometri. Il legame covalente, insieme con un raggio tanto piccolo e la disposizione cubica, fa del diamante il materiale più duro che si conosca. Malgrado l'impac- camento così fitto, gli atomi di carbo- nio occupano solo il 36 per cento dello spazio disponibile: il resto dell'edificio è vuoto, ma non del tutto, nel senso che in questi spazi si annidano inquilini «indesiderati». Sono stati individuati fi- no a oggi 13 elementi diversi, non tutti necessariamente presenti in una singo- la gemma. Quanto al colore, nel dia- << L a Nona » di «L Ba ee c th aopy p en ila è spetrii na è perfetta.» Nel lin- guaggio comune persino un pallonetto di Del Piero o il fisico di Naomi Camp- bell - o di Michael Jordan, secondo i gusti - diventano «perfetti». Non di ra- do questo prezioso attributo è affibbia- to a una scultura, a una macchina o, per entrare in argomento, a una gemma. In realtà, il giudizio viene espresso dai nostri sensi, che sono purtroppo li- mitati, oppure viene influenzato dall'o- pinione di altri che a loro volta reputa- no una certa cosa «perfetta». Una parte di colpa, a dire il vero, si può attribuire anche alla carenza del nostro linguag- gio, che qualche volta ci fa usare la stessa parola un po' a sproposito, o per- lomeno in senso non proprio letterale. La perfezione, in natura, non esiste, almeno a quanto ne sappiamo: la mate- ria si trasforma, muta, evolve, nasce, muore e rinasce continuamente. Forse, anzi, è proprio l'imperfezione la chiave di tutto: una leggera vibrazione, una singolarità, ha permesso non solo l'e- vento del big bang, ma l'intera forma- zione dell'universo e l'evolversi di in- numerevoli forme per arrivare all'intel- letto dell'uomo. Le piccole e grandi imperfezioni, mutazioni, ci hanno por- tati al punto nel quale ci troviamo; for- se nei piccoli difetti o imperfezioni del DNA, e nella replica di questi, sta l'e- Mica biotite. La mica si trova inclusa, in forma di piccoli cristalli, in molte gemme. L'immagine rappresenta per- ciò inclusioni nell'inclusione. Le forme tondeggianti sono provocate in genere, per un fenomeno detto «effetto Fraun- hofer», da microcristalli di zircone. 72 LE SCIENZE n. 342, febbraio 1997 LE SCIENZE n. 342, febbraio 1997 73

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SCIENZA PER 11111AGINI

L'importanza dell'imperfezionenelle gemme

Minuscole intrusioni e difetti nella crescita dei cristalli, formatisinelle profondità della Terra nell'arco di milioni di anni, conferiscono

alle gemme un fascino che va oltre il loro valore pecuniario

Testo e fotografie di Willy Andergassen

norme diversificazione della vita sul no-stro pianeta e forse anche altrove.

Se questo è vero, possiamo chiederci:avrebbero le gemme, senza imper-

fezioni, i colori che tanto ammiriamo?O meglio: esiste una gemma perfetta?Si può tranquillamente rispondere: no,non esiste. Piuttosto, esistono gemmecon difetti minori.

Per la loro forma e composizione chi-mica possiamo distinguere una stella daun pianeta, un diamante da un rubino, epossiamo constatare, ad esempio, cheun certo rubino proviene dalla minieradi Mogok nel Myanmar (ex Birmania),dato che nel suo interno è possibile leg-gere la sua genesi proprio grazie a sin-gole imperfezioni: i difetti nella costru-zione del suo reticolo cristallino, o lapresenza di ospiti quali piccoli cristalli

di altra natura, o anche ferite, fessureprovocate da eventi tellurici, cristallinegativi, ovvero cavità contenenti liqui-di e bolle di gas. Questi e altri ancorasono tutti fattori diagnostici che deter-minano la provenienza di una gemma.Anche se estratte dalla stessa miniera,non esistono due gemme perfettamenteidentiche; ognuna è un esemplare unico,con un'impronta digitale sua propria.

Un diamante dichiarato «puro» è so-lo una convenzione, essendo la purezzastabilita in base a quanto visibile a 10ingrandimenti, osservato con il lentinoo al microscopio; a ingrandimenti supe-riori, ad esempio 25, 30 o 100, le impu-rità diventano visibili, trascurando leimperfezioni non rilevabili al microsco-pio, come atomi mancanti nella sequen-za del reticolo, oppure intere zone delcristallo distorte o sotto stress.

Chimicamente il diamante è carbo-nio puro; nel suo reticolo gli atomi so-no ordinati in modo che ognuno di essirisulta al centro di un tetraedro ai cuivertici sono posti gli atomi contigui. Lacella elementare del reticolo è cubica afacce centrate e la distanza interatomi-ca è di soli 0,1542 nanometri.

Il legame covalente, insieme con unraggio tanto piccolo e la disposizionecubica, fa del diamante il materiale piùduro che si conosca. Malgrado l'impac-camento così fitto, gli atomi di carbo-nio occupano solo il 36 per cento dellospazio disponibile: il resto dell'edificioè vuoto, ma non del tutto, nel senso chein questi spazi si annidano inquilini«indesiderati». Sono stati individuati fi-no a oggi 13 elementi diversi, non tuttinecessariamente presenti in una singo-la gemma. Quanto al colore, nel dia-

<< La Nona »di«LBaeecthaopypeenilaè spetrii

na è perfetta.» Nel lin-guaggio comune persino un pallonettodi Del Piero o il fisico di Naomi Camp-bell - o di Michael Jordan, secondo igusti - diventano «perfetti». Non di ra-do questo prezioso attributo è affibbia-to a una scultura, a una macchina o, perentrare in argomento, a una gemma.

In realtà, il giudizio viene espressodai nostri sensi, che sono purtroppo li-mitati, oppure viene influenzato dall'o-pinione di altri che a loro volta reputa-no una certa cosa «perfetta». Una partedi colpa, a dire il vero, si può attribuireanche alla carenza del nostro linguag-gio, che qualche volta ci fa usare lastessa parola un po' a sproposito, o per-lomeno in senso non proprio letterale.

La perfezione, in natura, non esiste,almeno a quanto ne sappiamo: la mate-ria si trasforma, muta, evolve, nasce,muore e rinasce continuamente. Forse,anzi, è proprio l'imperfezione la chiavedi tutto: una leggera vibrazione, unasingolarità, ha permesso non solo l'e-vento del big bang, ma l'intera forma-zione dell'universo e l'evolversi di in-numerevoli forme per arrivare all'intel-letto dell'uomo. Le piccole e grandiimperfezioni, mutazioni, ci hanno por-tati al punto nel quale ci troviamo; for-se nei piccoli difetti o imperfezioni delDNA, e nella replica di questi, sta l'e-

Mica biotite. La mica si trova inclusa,in forma di piccoli cristalli, in moltegemme. L'immagine rappresenta per-ciò inclusioni nell'inclusione. Le formetondeggianti sono provocate in genere,per un fenomeno detto «effetto Fraun-hofer», da microcristalli di zircone.

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Queste fotografie illustrano la morfo-logia esterna di diamanti grezzi. Leimmagini sono state ottenute median-te la tecnica a contrasto di fase a 150ingrandimenti.

si replica miliardi di volte per formareun edificio, di volta in volta diverso.A seconda degli elementi coinvolti, eseguendo leggi cristallografiche benprecise, il cristallo continua a crescerefin quando le condizioni ambientali lopermettono.

Il diamante, per potersi formare, haesigenze del tutto particolari. Necessitadi una pressione di 40-50 000 atmosfe-re e di una temperatura di oltre 1000gradi. Queste condizioni estreme si ve-rificano nel mantello terrestre, circa100 chilometri al di sotto della superfi-cie. I diamanti che si trovano in super-

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mante hanno un ruolo importante i co-siddetti «centri di colore»: difetti del re-ticolo che provocano un assorbimentoselettivo della luce che vi penetra. I cen-tri di colore assorbono alcune lunghezzed'onda, o colori dello spettro, trasfor-mandoli nel colore che noi vediamo.Gran parte dei diamanti sono incolori, ocon leggere tonalità di giallo; in rari casipossono assumere colore rosa, rosso,giallo, verde, blu, viola e anche nero o-paco. Essendo questi colori rari, e per-ciò molto apprezzati, non manca la con-traffazione, dato che esistono vari meto-di per indurre il colore artificialmente.

Il diamante è il miglior isolante elet-trico conosciuto, salvo quello blu che èsemiconduttore a causa di tracce di boroal suo interno. È anche il miglior con-duttore termico, essendo in grado di mi-surare intervalli di un cinquecentesimodi grado. Essendo carbonio puro, il dia-mante non fonde, ma è combustibile, egià a una temperatura di 850 gradi Cel-sius si consuma totalmente, trasforman-dosi in un mucchietto di cenere. La lu-ce, nell'aria (in prima approssimazio-ne), ha una velocità di 300 000 chilo-metri al secondo, e penetrando in unsolido viene rallentata in rapporto alla

struttura del mezzo; nel diamante la ve-locità della luce si riduce a circa lametà. Queste e altre proprietà del dia-mante vengono ampiamente sfruttatenei processi industriali.

A quanto pare, il cristallo è la primamateria macroscopica ordinata in na-tura e può rimanere stabile per miliardidi anni. Tutti i cristalli si sono formati,e continuano a formarsi, in particolaricondizioni di calore e di pressione, cheinducono singoli atomi di uno o più deicirca 100 elementi conosciuti ad aggre-garsi e, per nucleazione spontanea, for-mare una prima cella base, la quale poi

ficie vi sono stati portati in seguito aesplosioni vulcaniche avvenute tra 130milioni e un miliardo di anni fa.

Il diamante, probabilmente, si formaanche oggi, ma non può più raggiunge-re la superficie; la crosta terrestre si èispessita a tal punto che il magma diprofondità non riesce più a emergere: ivulcani odierni sono infatti alimentatida sacche magmatiche poco profonde,che non contengono mai diamanti. L'e-strazione dei diamanti avviene nei co-siddetti «camini kimberlitici», condottivulcanici che hanno forma di cono ro-vesciato con diametro da poche decinedi metri fino a 1,5 chilometri. Le mi-niere raggiungono al massimo 2 chilo-metri di profondità.

Ci sono poi i giacimenti secondari.Per erosione dei terreni da parte di agen-ti atmosferici, i fiumi esistenti in anti-chità hanno trasportato i diamanti anchea centinaia di chilometri di distanza dailuoghi d'origine, e questi vengono recu-perati lungo gli alvei fluviali, o persinoin mare a poca distanza dalla costa.

A sinistra, un topazio del Messico, la cuimorfologia esterna è dovuta a corrosio-ne naturale. L'immagine è stata ottenutain luce polarizzata a 400 ingrandimenti.Qui sotto, un topazio del Brasile che pre-senta una cavità contenente un liquido euna bolla di gas. Immagine a contrastodi fase, realizzata a 200 ingrandimenti.

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Un'ametista del Malawi ha incorporato un cristallo di ematite poggiato su un ciuffodi goethite aghiforme. Immagine ottenuta in luce polarizzata a 80 ingrandimenti.

Lo zaffiro del Myanmar (ex Birmania), nella pagina a fronte, ha inglobato un cristal-lo di granato, in alto a sinistra; questo, per un trattamento termico, si è parzialmentefuso, riversando parte di sé nella fessura da esso stesso provocata, nella quale si è for-mata una figura geometrica multicolore (immagine in luce polarizzata a 160 ingran-dimenti). Qui sopra, uno zaffiro dello Sri Lanka si è dilatato creando un alone distress sempre a causa di un trattamento termico (luce trasmessa, 80 ingrandimenti).

Come nell'immagine alle pagine 72-73, la mica inclusa in unagemma presenta a sua volta degli «intrusi». In questo caso,

in particolare, è suggestiva la scia di goccioline nella parte si-nistra dell'immagine.

Tutte le altre gemme si formano po-I che decine o centinaia di metri sottola superficie terrestre, a una pressione dipoche atmosfere e a una temperaturaoscillante fra i 300 e i 600 gradi. Talistrutture si chiamano monocristalli, e so-no in numero esiguo rispetto alle roccecomuni, le quali sono composte in granparte da microcristalli che non hannoavuto né il tempo né lo spazio per svi-lupparsi, generando così una massacompatta disordinata. Altre rocce - comelave e ossidiane che sono vetri vulcanici- si sono raffreddate rapidamente, senzadare agli atomi il tempo di aggregarsi,cosicché questi sono rimasti sparsi, allarinfusa, formando una massa amorfa.

Ma torniamo ai monocristalli e allegemme. Alcune sostanze - come ilquarzo, il topazio, il berillo - possonoformare monocristalli che superano ilmetro di altezza e svariate tonnellate dipeso, mentre il rubino, lo smeraldo e lozaffiro si misurano in centimetri, o an-che meno.

I cristalli, durante la loro formazio-ne, hanno trovato raramente una conti-nuità di condizioni ideali, a causa delladinamica crostale o di bruschi cambia-menti di temperatura o di pressione.Nella lunga permanenza nel sottosuolopossono aver subìto corrosioni parzialio totali. Possono essersi accresciuti apiù riprese, anche a distanza di millen-ni. Hanno incorporato elementi estraneio microcristalli di altra specie già for-mati sul posto. Possono essersi fessura-ti o rotti, e in seguito rimarginati, ma-gari solo parzialmente.

ro nelle quali non risultino inclusionivisibili a occhio nudo o a pochi ingran-dimenti, sono molto rare; ma anchequeste non sono prive di difetti, ed è unbene che sia così, altrimenti avremmogemme tutte uguali. Non ci sarebbero ilrubino rosso, lo smeraldo verde, lo zaf-firo blu. Il rubino e lo zaffiro apparten-gono alla stessa specie minerale, un os-sido di alluminio che prende il nome dicorindone. Se è puro, il che è piuttostoraro, è incolore; se invece contiene cro-mo, in genere non più dell'i per cento,assume un colore rosso ed è chiamatorubino; se contiene ferro diventa blu, eabbiamo uno zaffiro.

Il colore delle gemme, dunque, è do-vuto principalmente alle loro imperfe-zioni, e in particolare alla presenza alloro interno di elementi di transizione(titanio, vanadio, cromo, manganese,ferro, nichel, rame e così via) e di varidifetti nel reticolo cristallino: centri dicolore che sono in realtà lacune elettro-niche, atomi mancanti, difetti dovuti auna crescita disturbata o troppo veloce.Gli atomi non hanno avuto il tempo néla possibilità di posizionarsi nella se-quenza corretta.

Certi elementi traccia sono cromofori,ovvero in grado di conferire il colore di-rettamente, ma più spesso il colore diuna gemma è dovuto all'assorbimentoselettivo della luce bianca, che sappiamoessere composta da lunghezze d'ondadecrescenti dal rosso verso il viola (cor-rispondenti rispettivamente a circa 700 e

350 nanometri), ovvero dalle lunghezzed'onda della regione visibile dello spet-tro elettromagnetico. In altre parole, ilcolore dei corpi trasparenti è causatodalle onde luminose che essi trasmetto-no. In una gemma riusciamo a percepiresolo quel colore la cui lunghezza d'onda«va d'accordo» con le distanze e le posi-zioni reciproche degli atomi, mentre lealtre vengono assorbite.

La stessa imperfezione può avere ef-fetti diversi in gemme di composizionedifferente, dal momento che la strutturadel reticolo del cristallo cambia in fun-zione degli elementi coinvolti. Adesempio, sia il rubino sia lo smeral-do devono il loro colore essenzialmen-te al cromo, eppure il rubino è rosso elo smeraldo verde. La causa di que-sto fenomeno risiede nel fatto che il ru-bino è un corindone, un ossido di al-luminio (Al203 ), mentre lo smeraldo èun berillo, di composizione chimicaAl213e3(Si6018). L'ossido di cromo èpresente in entrambe le gemme, in me-dia con una concentrazione dello 0,1--0,3 per cento. Lo zaffiro, come detto, èanch'esso un corindone, e deve il suo

FFinalmente arrivate nelle nostre ma-ni, queste strutture meravigliose si

rivelano piene di difetti e imperfezioni.Il tagliatore, nel sagomare e sfaccettareun cristallo per farlo diventare gemma,scarta le parti più compromesse e uti-lizza quelle più limpide e di colore ap-prezzabile. Gemme definite pure, ovve-

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Questo rubino della miniera Mogok (Myanmar) presenta lamelle di plurigemma-zione non visibili a occhio nudo (l'immagine è stata ripresa in luce polarizzata a 15ingrandimenti), piccole fessure e zone con fini aghi di rutilo.

colore blu al ferro, presente allo 0,005--0,8 per cento, ma possono esserci an-che tracce di altri elementi quali cromo,vanadio, titanio e così via. Nello zaffi-ro, come in diverse altre gemme, il co-lore può essere intensificato sottopo-nendo il cristallo a un trattamento ter-mico, a 1600-1700 gradi: mantenendoquesta temperatura per ore, o giorni, siottiene sostanzialmente un cambio divalenza del ferro e un colore più inten-so e limpido.

Il topazio ha formula chimica Al,(F,OH)2SiO4, è molto popolare e si pre-senta in una vasta gamma di colori, ilpiù diffuso dei quali è il blu. I cristalli,in natura, sono di un azzurro tenue,mentre le gemme in commercio sonoquasi tutte di un colore blu intenso, ot-tenuto per irradiazione o bombarda-mento con particelle accelerate.

Il colore naturale è dovuto a irradia-zione da parte di rocce radioattive chesi trovano vicine al topazio. La lungapermanenza in questa condizione hacausato difetti nella struttura, i cosid-detti precursori dei centri di colore, iquali danno appunto il colore blu palli-do. La saturazione del colore si può au-mentare con procedimenti artificiali,usando essenzialmente due metodi: ilprimo consiste nella trasformazione digran parte dei precursori in veri e pro-pri centri di colore, irradiando le gem-me con radiazione gamma o con elet-troni accelerati. Questo metodo agiscesulla configurazione elettronica degliatomi, ma lascia il nucleo intatto nonavendo sufficiente energia.

Per ottenere un colore ancora più in-tenso, si sottopone la gemma a un bom-

bardamento con neutroni, di massa mol-to superiore rispetto a quella degli elet-troni. Un fascio di neutroni accelerati haenergia sufficiente per danneggiare ilnucleo degli atomi presenti nel topazio,generando così altri centri di colore. Lasaturazione del blu dipende dalla duratadel trattamento, che può essere prolun-gato a volontà, ma può altresì provocareun effetto collaterale: esso trasforma glielementi traccia presenti nel topazio inisotopi radioattivi. I radioisotopi appenaformati hanno tempi di dimezzamentointorno ai 200 giorni, e i topazi trattaticon questa tecnica, che sono la maggio-ranza, devono essere tenuti sotto chiaveper circa quattro anni prima di essereimmessi sul mercato, affinché vi sia lacertezza che non possano provocaredanni a coloro che li indossano.

Anche nel topazio, i centri di colorenon sono colorati di per sé. Il colore èl'effetto dell'assorbimento selettivo del-

la luce; i difetti presenti nel reticolo as-sorbono il rosso, l'arancione, il giallo, ilverde, e trasmettono solo la banda bludello spettro, dando origine alla colora-zione che percepiamo.

Q

uanto esposto in questa sede a pro-posito del colore è solo una descri-

zione per sommi capi; in realtà il feno-meno è molto più complesso, e non sol-tanto nelle gemme. Nel caso del topazio,per esempio, possono essere presenti,nella concentrazione di qualche parteper milione, almeno altri 13 elementi di-versi, e non è ancora del tutto chiaro co-me e quali di essi concorrano effettiva-mente alla formazione del colore.

Un'altra gemma piuttosto rara e moltoapprezzata è l'alessandrite, una varietàdel crisoberillo, trovata per la prima vol-ta in Russia e così chiamata in onore del-lo zar Alessandro II. La caratteristicaprincipale di questa pietra è il fatto checambia colore: è verde alla luce del gior-no e rossa alla luce artificiale. Questosingolare comportamento si spiega os-servando lo spettro di assorbimento del-ralessandrite, che assorbe fortementenelle regioni gialla e blu, trasmettendosolo il verde e il rosso. La luce del Solepresenta una forte prevalenza del verderispetto al rosso, ed è per questo che lagemma di giorno appare verde. Al con-trario, nella luce artificiale prevale il ros-so rispetto al verde, e di conseguenza lapietra si mostra di colore rosso.

Riepilogando, si può intuire quantosiano importanti le cosiddette imperfe-zioni nell'edificio del cristallo. Nono-stante ciò, quelle presenti in natura tal-volta non bastano, e l'uomo arriva a farcrescere i cristalli per sintesi in labora-torio, con l'aggiunta delle sostanze piùsvariate, nell'intento di ottenere risulta-ti sempre diversi, reclamati a gran vocedall'industria e in particolar modo daisettori più avanzati.

Più romanticamente, le imperfezionidelle gemme ci assicurano di possederedegli esemplari unici e irripetibili.

WILLY ANDERGASSEN si è diplomato in gemmologia presso l'Istituto gemmo-logico tedesco e l'Università di Heidelberg. Docente per tre anni all'Istituto gemmo-logico italiano, ha collaborato alle analisi di reperti archeologici del Museo nazionaleromano. Ha pubblicato libri e videocassette didattiche. Per «Le Scienze» ha contri-buito nel 1994 alla realizzazione della videocassetta Viaggio nelle gemme. Dal 1975si occupa di ricerca e analisi gemmologiche presso A. N. Minerali di Roma.

WEBSTER E., Gems, Butterworths, Londra, 1975.FIELD J. E., The Properties of Diamond, Academic Press, Londra, 1979.ANDERGASSEN W., Il diamante oggi, Bramante-Umbria, 1982.NASSAU K., Gemstone Enhancement, Butterworths, Londra, 1984.ANDERGASSEN W., Caratteristiche interne delle gemme, G. Bossi, Cavalese(TN), 1996.

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