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Giovanni Franchi Gradi di razionalità e critica delle visioni distorte dell’ordine in Alois Dempf ed Eric Voegelin
Con questo intervento mi propongo, fondamentalmente, due obiettivi: in primo luogo, quello di
fornire un contributo agli studi voegeliniani, attraverso una ricognizione del legame personale e
scientifico tra Alois Dempf1 ed Eric Voegelin, soprattutto attraverso un’indagine dell’influenza
esercitata – almeno fino ai primi anni cinquanta - dal più anziano sul più giovane; in secondo luogo,
abbozzare un metodo d’analisi della vita culturale e politica attraverso l’opera dei due autori, ossia
una critica filosofica delle ideologie in grado di affrontare quella che ancora oggi può essere a buon
diritto definita una “lotta per la rappresentanza” tra una concezione teistica e differenziata della
realtà e le molteplici dottrine secolari della tarda modernità.2
Per quanto riguarda il legame scientifico tra Dempf e Voegelin, la tesi che cercherò di
provare, è che l’evento decisivo per comprendere lo sviluppo del pensiero dei due studiosi sia da
rintracciare nell’elaborazione – durante gli anni trenta - di una critica delle ideologie totalitarie
attraverso lo strumento della filosofia cristiana. In merito all’oggetto e al metodo, ho estrapolato
dall’opera di Dempf e da quella del più giovane Voegelin alcuni temi che, a mio parere, presentano
forti ed evidenti somiglianze. Il primo rappresenta la scoperta – comune ad entrambi i pensatori -
del radicamento delle indagini filosofiche nel contesto storico e sociale pre-filosofico e nello studio
del passaggio dalle concezioni pre-filosofiche, ossia ancora mitiche della realtà, alle concezioni
filosofiche. I due successivi temi - ancora una volta comuni ai due Autori - consistono
nell’elaborazione di una critica filosofica e teologica delle concezioni distorte o deformate
1 Una nota bio-bibliografica su Alois Dempf si trova in Giovanni Franchi, Cultura, storia e società in Alois Dempf, in M. Sirimarco (a cura di), Itinerari di cultura giuridica e politica – Omaggio a Francesco Tritto, Aracne, Roma 2006, p. 87 ss. 2 Ho cercato di applicare il metodo filosofico di Alois Dempf e di Eric Voegelin all’attuale dibattito italiano sul rapporto tra religione ed etica pubblica in Giovanni Franchi, Alcune considerazioni sul rapporto tra religione e società alla luce dell’opera di Alexis de Tocqueville, “Trimestre”, 3-4/2006, p. 363 ss. e in Id., Etsi Deus non daretur? Un’analisi filosofico-culturale dell’attuale dibattito su religione ed etica pubblica, in Fiammetta Ricci (a cura di), Etica pubblica (in corso di stampa).
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dell’ordine, ossia una critica delle concezioni che regrediscono ad una visione non-noetica della
realtà successivamente alla scoperta della dimensione noetica. Da ultimo, sia Dempf che Voegelin
sono accomunati nelle loro ricerche dal raggiungimento di alcuni importanti risultati scientifici: la
necessità di uno studio comparativo delle culture e delle concezioni dell’ordine; l’affermazione
dell’idea di uno sviluppo spirituale e non meccanico dell’essere umano nel tempo, e quindi
l’esigenza di riedificare, su queste basi, una compiuta antropologia filosofica dopo la stagione del
positivismo e dello storicismo; la natura dinamica dell’oggettività sociale e culturale; infine,
l’identificazione del metodo filosofico d’indagine della realtà con il massimo dispiegamento della
natura umana nel tempo.
§ 1. Il legame personale e scientifico
Il rapporto scientifico e di amicizia tra Alois Dempf ed Eric Voegelin non deve essere iniziato
prima del 1937, anno in cui Dempf da Bonn è chiamato all’Università di Vienna, ottenendo la
cattedra di filosofia teoretica che era stata di Moritz Schlick;3 il rapporto certamente si interrompe
con l’emigrazione di Voegelin dall’Austria, poco dopo l’Anschluss (1938), ma nel breve lasso di
tempo questi ha però l’occasione di recepire gli studi di Dempf sulla filosofia e sulla simbolica
medievale svolti nell’opera Sacrum Imperium (1929), che confluiscono esplicitamente nel saggio
Die politischen Religionen, in particolare per ciò che riguarda l’apocalittica cristiana e Gioacchino
da Fiore.4 Negli anni successivi, l’influenza di Dempf su Voegelin traspare chiaramente dalle
pagine della sua History of Political Ideas, (1939-1950). Secondo una dichiarazione dello stesso
Voegelin, sarebbe stato proprio Dempf, assieme ad altri importanti maestri (Przywara, de Greeff,
3 In una sua testimonianza, Felicitas Hagen-Dempf, figlia del filosofo, ricorda il legame tra il padre, Voegelin e Friedrich Engel-Janosi, creatosi prima dell’emigrazione degli ultimi due. Cfr. Felicitas Hagen-Dempf, Alois Dempf – Ein Lebensbild, in Vincent Berning/ Hans Maier, Alois Dempf 1891-1982 – Philosoph, Kulturtheoretiker, Prophet gegen den Nationalsozialismus, Anton H. Konrad Verlag, Weisshorn 1992, p. 16. 4 Per il rinvio di Voegelin all’opera di Dempf Sacrum Imperium cfr. Eric Voegelin, Die politischen Religionen (1938), Bermann-Fischer Verlag, Stockholm 1939, pp. 31-42 e p. 66.
3
Balthasar), ad avergli fornito gli “standard scientifici” per l’opera.5 Sul piano del contenuto, David
Walsh ha, ad esempio, messo in evidenza come siano state le ricerche di Dempf ad aver permesso a
Voegelin di giungere a considerare il sacrum imperium come “il principio organizzativo della
civiltà medievale”,6 mentre Barry Cooper ritiene che sia stato proprio il “great study” di Dempf
Sacrum Imperium ad aver fornito a Voegelin un’interpretazione del medioevo alla luce dei
movimenti spirituali quali il gioachimismo o il francescanesimo.7 Rinvii all’opera del filosofo
bavarese si trovano nella History of Political Ideas nei capitoli su Sant’Agostino, sulla falsa
donazione di Costantino, sulla controversia tra Papa e Imperatore, su Manegold di Lautenbach,
Gioacchino, San Francesco e il movimento francescano, Sigieri di Brabante e in quello su San
Tommaso d’Aquino. Ancora: nei capitoli su Marsilio da Padova, Guglielmo di Ockham e il
movimento conciliare.8 Voegelin dichiara, inoltre, di aderire all’interpretazione del pensiero
filosofico italiano del XIV secolo come Bürgerphilosophie, data da Dempf in Selbstkritk der
Philosophie (1947).9 Il debito intellettuale di Eric Voegelin nei confronti di Dempf si evince ancora
una volta nella Nuova scienza politica (1952), in cui il filosofo austriaco, nella sua analisi dello
gnosticismo, rinvia a Sacrum Imperium per lo studio del passaggio dal cristianesimo escatologico a
5 Così Thomas A. Halloveck and Ellis Sandoz, General Introduction to the Series, in Eric Voegelin, History of Political Ideas – Hellenism, Rome, and Early Christianity, vol. I, Collected Works, vol. 19, University of Missouri Press, Columbia and London 1997, p. 6. Sulla nascita della History cfr. Peter J. Opitz, Le prime tracce: genesi e struttura della “History of Political Ideas” di Eric Voegelin, in Gian Franco Lami Giovanni Franchi (a cura di), La scienza dell’ordine – Saggi su Eric Voegelin, Antonio Pellicani Editore, Roma 1997, p. 117 ss. 6 David Walsh, Editor’s Introduction a Eric Voegelin, History of Political Ideas – The Later Middle Ages, vol. III, Collected Works, vol. 21, University of Missouri Press, Columbia and London 1998, p. 5. 7 Barry Cooper, Editor’s Introduction a Eric Voegelin, History of Political Ideas – Revolution and the new science, vol. VI, Collected Works, vol. 24, University of Missouri Press, Columbia and London 1998, p. 7, n. 13. 8 Rinvii di Voegelin all’opera di Dempf si trovano nella History nei seguenti punti: per Sant’Agostino cfr. Eric Voegelin, History of Political Ideas – Hellenism, Rome, and Early Christianity, vol. I, cit., p. 213 e p. 220; sulla donazione di Costantino: Id., History of Political Ideas – The Middle Ages to Aquinas, vol. II, Collected Works, vol. 21, University of Missouri Press, Columbia and London 1997, p. 60, n. 6.; sulla controversia Papa-Imperatore: ivi, p. 87 e p. 88 n.8; su Manegold di Lautenbach e il concetto di pactum nell’opera Ad Gebehardum: ivi, p. 89 n. 13; su Giacchino da Fiore: ivi, pp. 128-129 (per Gioacchino, oltre a Dempf Voegelin cita ora anche Grundmann e Buonaiuti); su San Francesco d’Assisi e il movimento francescano: ivi, p. 136. Su Sigieri di Brabante e il concetto dempfiano di Philosophische Renaissance: ivi, pp. 180-181 e p. 194; sull’adesione di Voegelin all’interpretazione dempfiana della Vecchia Legge in San Tommaso d’Aquino cfr. ivi, p. 229. Su Marsilio da Padova: Id., History of Political Ideas – The Later Middle Ages, cit., p. 85, n. 2; su Ockham: ivi, p. 119, n. 15 e p. 120; sul cardinale Cusano: ivi, p. 264, n. 27; sul movimento conciliare: Id., History of Political Ideas – Renaissance and Reformation, vol. IV, Collected Works, vol. 22, University of Missouri Press, Columbia and London 1998, p. 35. 9 Cfr. Eric Voegelin, History of Political Ideas – Renaissance and Reformation, cit., p. 205, n. 46.
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quello apocalittico, e soprattutto per la teologia della storia di Gioacchino da Fiore.10 Anche da un
punto di vista personale, il legame tra i due non deve essere mai venuto meno, o comunque
dev’essere stato ripreso già nel primissimo dopoguerra, perché proprio il “vecchio amico”11 Dempf
sarà tra coloro che maggiormente favorirà il ritorno di Voegelin nel Vecchio Continente,
all’Università di Monaco (1958).12
D’altronde, della stima di Alois Dempf per la produzione scientifica del suo collega si ha
testimonianza fin da un saggio, apparso nel 1953 sul “Philosophisches Jahrbuch” - la rivista della
Görres-Gesellschaft –, da titolo: Übersicht der gegenwärtigen Zeitdeutungen. Qui Dempf, nel
presentare il contenuto della New Science of Politics, sottolinea il debito di Voegelin nei confronti
dell’opera di Weber, e come il concetto di “rappresentanza esistenziale” derivi dalla “legittimazione
carismatica” del maestro di Erfurt. Dempf mette in evidenza, inoltre, la fondamentale distinzione,
operata dal pensatore austro-americano, tra le sozialen Symbolbildungen der historischen Vernunft e
la theoretische Wahrheit, giudicando, nel suo complesso, il lavoro in modo assai lusinghiero, e
presentandolo addirittura come “il primo esempio di un trattato di filosofia positiva dall’epoca di
Schelling.”13 Successivamente, in Die Unsichtbare Bilderwelt (1959), Dempf dimostra di essersi
già confrontato con i tre iniziali volumi dell’opus magnum di Voegelin: nel capitolo su Israele
discute infatti le tesi di Israel and the Revelation, mentre nella bibliografia consultata per il capitolo
10 Eric Voegelin, La nuova scienza politica (1952), trad. it. a cura di R. Pavetto, Borla, Torino 1968, p. 178, n. 1, e p. 182, n. 8. 11 Così Eric Voegelin, Riflessioni autobiografiche (1973), trad. it. a cura di S. Chignola, in Id., La politica: dai simboli alle esperienze, Giuffré, Milano 1993, p. 156. 12 Voegelin parteciperà, nel 1960, ad un Festschrift in onore di Alois Dempf (con contributi di H. U. von Balthasar, Hedwig Conrad-Martius, Friedrich Heer, Dietrich von Hildebrand, Helmut Kuhn, Joseph, Pieper, Hans Sedlmayr, Aloys Wenzl ecc.) con la prima versione dello scritto Historiogenesis (poi ripubblicato in Anamnesis (1966) e, infine, in The Ecumenic Age nel 1974). Cfr. Eric Voegelin, Historiogenesis in Festschrift für Alois Dempf, “Philosophisches Jahrbuch”, 1960, p. 419 ss. 13 Alois Dempf, Übersicht der gegenwärtigen Zeitdeutungen, “Philosophisches Jahrbuch”, 1953, pp. 11-13. Ancora in Kritk der Historischen Vernunft (Oldenbourg, München 1957, p. 237) Dempf colloca la propria opera Sacrum Imperium e la Nuova scienza politica di Voegelin sulla scia della apriorische Typologie der Herrschaftsformen di Max Weber. Sul debito di Dempf nei confronti dell’opera weberiana cfr. ad es. Alois Dempf, Max Weber als Kultursoziologe, in Karl Engisch Bernhard Pfister Johannes Winckelmann, Max Weber – Gedächtnisschrift der Ludwig-Maximilians-Universität München zur 100. Wiederkehr seines Geburtstages 1964, Duncker & Humboldt, Berlin 1964, p. 57 ss. Sul concetto di “filosofia positiva” è interessante notare il fatto che la prima parte di Sacrum Imperium porta il titolo di: Vier Kapitel einer positiven Sozialphilosophie. Nel saggio del 1953 Dempf dà anche notizia dell’imminente pubblicazione della History of Political Ideas, che dimostra il contatto tra i due fin dal primissimo dopoguerra. Tutto ciò potrà però essere chiarito in modo esaustivo solo dopo uno studio del carteggio Dempf-Voegelin.
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sulla Grecia e su Roma sono inseriti The World of the Polis e Plato and Aristotle.14 Nel 1962 è con
Hannah Arendt e Friedrich Engel-Janosi a curare un Festgabe in onore del collega e amico,15
mentre, qualche anno più tardi, è ancora attratto da Anamnesis (1966), cui dedica una breve
recensione che appare sul “Philosophisches Jahrbuch”.16
§ 2. Il contesto d’origine: la cultura cattolica degli anni venti e trenta.
Il contesto culturale in cui si formano Alois Dempf e, qualche anno più tardi, Eric Voegelin è quello
del pensiero cattolico tedesco e austriaco tra le due guerre mondiali. La caduta del Secondo Reich
rappresenta l’inizio del cosiddetto Renouveau catholique, la stagione del rinnovamento culturale e
spirituale del cattolicesimo tedesco che si emancipa definitivamente dai valori secolarizzati del
protestantesimo e dall’imperialismo guglielmino ma che sviluppa, al contempo, un critica della
“costituzione senza Dio” (Michael Faulhaber), ossia della democrazia formalistica di Weimar.17
Protagonisti di questo movimento sono figure quali Karl Muth con la rivista “Hochland”, il filosofo
Max Scheler, l’abate Ildefons Herwegen e il movimento liturgico, il teologo Romano Guardini con
il movimento giovanile Quickborn, il giurista e filosofo Carl Schmitt ecc. E’ in un tale contesto che
Alois Dempf inizia la propria attività scientifica: con lavori come Die ewige Wiederkehr, Ibn
Chaldun und Oswald Spengler18 e poi con Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft (1924)19 il
filosofo bavarese intraprende una critica delle concezioni deterministiche della cultura e della storia,
sia di quelle progressiste di origine illuminista che di quelle nazionaliste e organiciste di matrice
romantica. Come collaboratore della rivista “Abendland” di Hermann Platz e amico di Luigi Sturzo
14 Alois Dempf, Die Unsichtbare Bilderwelt – Eine Geistesgeschichte der Kunst, Benziger, Einsiedeln Zürich Köln 1959, rispettivamente p. 162 ss. e p. 320. 15 Alois Dempf Hannah Arendt Friedrich Engel-Janosi (hrsg. von), Politische Ordnung und menschliche Existenz – Festgabe für Eric Voegelin zum 60. Geburtstag, C. H. Beck, München 1962. 16 Alois Dempf, Eric Voegelin, Anamnesis, “Philosophisches Jahrbuch”, 1966/67, pp. 405-406. 17 Cfr. Heinrich Lutz, I cattolici tedeschi dall’Impero alla Repubblica, trad. it. a cura di M. L. Milazzo, Morcelliana, Brescia 1970, e Wilhelm Spael, La Germania cattolica nel XX secolo 1890-1945, trad. it. a cura di A. Caiani, «5 Lune», Roma 1974. 18 Alois Dempf, Die ewige Widerkehr, Ibn Chaldun und Oswald Spengler, “Hochland”, 1922/23, pp. 113-130. 19 Alois Dempf, Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, Max Niemeyer, Halle (Saale) 1924.
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– di cui traduce in tedesco L’Italia e il Fascismo -,20 nella seconda metà degli anni venti Dempf è
vicino ad un cattolicesimo democratico e federalista che egli legge però in quel momento attraverso
il simbolo del vecchio Reich sovranazionale del medioevo.21
Un punto di svolta nel mondo cattolico tedesco è la crisi economica e politica della fine
degli anni venti, con il conseguente rinforzarsi, nei primi anni trenta, delle opposte ideologie del
comunismo, del fascismo e del nazionalsocialismo. Di fronte alla tendenza di parte del mondo
cattolico ad aderire o, comunque, ad adattarsi al nuovo clima politico e ai modelli costituzionali
emergenti - corporativi (O. Spann)22 o totalitari (C. Schmitt) -, alcuni autori rinnovano la polemica
antistatalista, che rimontava addirittura a prima del Kulturkampf,23 giungendo però ora ad una
critica filosofica e teologica delle ideologie politiche più recenti. Sul finire del ’31, in un momento
cruciale per le sorti politiche della Germania, Dempf pubblica il saggio Das Diritte Reich –
Schicksale einer Idee, in cui ripercorre dall’antichità fino a Moeller van den Bruck la storia
dell’utopia del “Terzo Regno,”24 mentre nel 1932 dà alle stampe Kulturphilosophie, in cui pone le
basi per una critica filosofica delle cosiddette Monistischen Kulturanschauungen, ossia delle
concezioni riduzionistiche della cultura fondate, di volta in volta, sul primato dell’economia, della
20 Italien und der Fascismus, Gilde-Verlag, Köln 1926. Sul legame tra Dempf e Sturzo cfr. Felicitas Hagen-Dempf, Alois Dempf – Ein Lebensbild, cit., pp. 11-12 e Ludwig Schmugge, Alois Dempfs »Sacrum Imperium« und seine Wirkung auf die Mediävistik, ivi, pp. 136-137; cfr. anche Gabriele De Rosa, Sturzo mi disse, Morcelliana, Brescia 1982, pp. 149-150 e Maddalena Guiotto, Luigi Sturzo e il mondo politico e intellettuale della Germania di Weimar, in Universalità e cultura nel pensiero di Luigi Sturzo, Atti del Convegno internazionale di Studio - Roma, Istituto Luigi Sturzo 28, 29, 30 ottobre 1999, Rubettino, Roma 2001, p. 443 ss. 21 Cfr. ad esempio Alois Dempf, Der Grossdeutsche Gedanke, in Wiederbegegnung von Kirche und Kultur in Deutschland. Eine Gabe für Karl Muth, Kösel-Verlag, München 1927, p. 207 ss. Su tutto ciò cfr. Giovanni Franchi, Cultura, storia e società in Alois Dempf, cit., p. 87 ss. In questa interpretazione in chiave federalista del Reich Dempf è vicino in quegli anni al collega e amico Alber Miergeler (cfr. Klaus Berning, Die Vision des Reiches - Deutscher Katholizismus zwischen Dempkratie und Diktatur (1929-1934), Max Hueber, München 1969, p. 70 ss.). 22 Sulla polemica attorno alla dottrina di Othmar Spann che coinvolge – agli inizi degli anni trenta - Gustav Gundlach, Dietrich von Hildebrand e Oswald von Nell-Breuning cfr. Martin Schneller, Zwischen Romantik und Faschismus – Der Beitrag Othmar Spanns zum Konservativismus in der Weimarer Republik, Klett, Stuttgart 1970, p. 133 ss. e Giovanni Franchi, La filosofia sociale di Othmar Spann, Jouvence, Roma 2002, p. 203 ss. 23 Una tale posizione è espressa da Alois Dempf in Kulturphilosophie (cit., p. 101 ss.) attraverso la critica delle visioni culturali contemporanee di filosofia dello stato (Staatsphilosophischen Kulturanschauungen der Gegenwart), in cui rientrano il bolscevismo, il fascismo e le varie forme di nazionalismo. Un’analisi del cattolicesimo tedesco alla luce di un modello di separazione della Chiesa cattolica dalla “politica positiva” si trova in Id., Demokratie und Partei im politischen Katholizismus, in Peter Richard Rohden (hrsg. von), Demokratie und Partei, L. W. Seidel & Sohn, Wien 1932, p. 293 ss.. L’affermazione della “fondamentale differenza” tra la Kulturanschauung del cattolicesimo e quella del fascismo (ma anche del liberalismo e del socialismo) si trova invece in Id., Die Stellung des Katholizismus zum Fascismus, “Eurpäische Revue”, 1932, p. 750 ss. 24 Alois Dempf, Das Dritte Reich – Schicksale einer Idee, “Hochland”, 1931/32, pp. 36-48 e 158-171.
7
società, della nazione, della razza o dello stato.25 Il successo di massa del nazionalsocialismo e
l’avvento di Hitler al potere, la fine del Zentrum e il Concordato della Chiesa romana con il nuovo
Reich, spingono i cattolici democratici ad emigrare dalla Germania o a spostare lo scontro politico
sul piano dei principi. Un autore come Dietrich von Hildebrand approda, ad esempio, a Vienna,
dove fonda con l’aiuto di Dollfuss la rivista “Der Christliche Ständestaat” (1933-38), che diventa un
importante strumento di critica delle ideologie classiste e razziste.26 Il 1933 è poi l’anno in cui il
giovane Voegelin pubblica in Germania le sue due monografie sul tema della razza.27 Nel ’34
Dempf dà alle stampe un lavoro su Meister Eckhart, in cui fornisce un’interpretazione del mistico
domenicano in contrasto con quella ufficiale voluta dal nazista Rosenberg;28 nel 1935, il teologo
Eric Peterson, convertitosi al cattolicesimo ed emigrato a Roma, scrive Il monoteismo come
problema politico,29 che vuole essere una risposta a distanza al saggio Teologia politica di Carl
Schmitt e, indirettamente, alla scelta schmittiana di conciliare fede cattolica e adesione al nazismo.
Nel 1936 esce un lavoro di Dempf su Joseph Görres e la sua critica dell’idealismo tedesco ed Eric
Voegelin dedica una monografia all’Autoritäre Staat austriaco di Dollfuss e poi di Schuschnigg, che
viene interpretato come l’unico baluardo istituzionale in grado di fronteggiare in quel momento gli
opposti estremismi del nazismo e del comunismo;30 l’anno dopo, Alois Dempf dà alle stampe una
Religionsphilosophie, in cui approfondisce, dal punto di vista religioso, una critica delle visioni
unilaterali della cultura, dell’uomo, della morale e della comunità,31 e una raccolta di lezioni sul
25 Alois Dempf, Kulturphilosophie, Oldenbourg, München und Berlin 1932. 26 Nel 1930 Hildebrand dà alle stampe Metaphysik der Gemeinschaft, in cui riafferma il primato della persona su ogni forma di comunità terrena. (Cfr. Dietrich von Hildebrand, Metapysik der Gemeinschaft, Haas & Grabherr, Augsburg 1930). Su Dietrich von Hildebrand e la rivista “Der Christliche Ständestaat” cfr. Martin Kugler, Die frühe Diagnosi des Nationalsozialismus – Christlich motivierter Widerstand in der österreichischen Publizistik, Peter Lang, Frankfurt a. M. 1995, in part. p. 106 ss. 27 Erich Voegelin, Rasse und Staat, J. C. B. Mohr, Tübingen 1933 e Id., Die Rassenidee in der Geistesgeschichte von Ray bis Carus, Junkler und Dunnhaupt, Berlin 1933. 28 Alois Dempf, Meister Eckhart. Eine Einführung in sein Werk, Hegner-Verlag, Leipzig 1934. 29 Erik Peterson, Il monoteismo come problema politico, trad. it. di H. Ulianich, Queriniana, Brescia 1983. 30 Erich Voegelin, Der Autoritäre Staat: ein Versuch über das österreichische Staatsproblem, Sprinter, Wien 1936. Su quest’opera di Voegelin cfr. Gian Franco Lami, Introduzione a Eric Voegelin – Dal mito teo-cosmogonico al sensorio della trascendenza: la ragione degli antichi e la ragione dei moderni, Giuffrè, Milano 1993, p. 53 ss. Allo stato corporativo di Dollfuss aderiscono anche altri importanti filosofi e scienziati sociali come Dietrich von Hildebrand, Johannes Messner o Josef Dobretsberger. Cfr. Alfred Diamant, I cattolici austriaci e la Prima Repubblica 1918-1934, trad. it. a cura di D. Fogu – A. Pozzan, «5 Lune», Roma 1964, p. 303 ss., in part. p. 313 ss. 31 Alois Dempf, Religionsphilosophie, Thomas-Verlag Jakob Henger, Wien 1937.
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pensiero politico spagnolo, in cui Donoso Cortés è presentato come il primo critico cattolico delle
moderne ideologie liberali e socialiste;32 sempre nel ‘37 il teologo Hans Urs von Balthasar applica
in Apokalypse der deutschen Seele la categoria di gnosticismo ai sistemi idealistici.33 Nel 1938
Romano Guardini dà alle stampe Welt und Person, un tentativo di fondare l’antropologia filosofica
a partire dal concetto di persona.34 Il 1938 è anche l’anno in cui Dempf, passato all’Università di
Vienna, dà alle stampe Christliche Philosophie, in cui interpreta la filosofia cristiana come la
risposta agli attacchi che in ogni epoca il pensiero anticristiano sferra all’ortodossia;35 sempre nello
stesso anno esce Le religioni politiche, l’ultimo scritto voegeliniano prima dell’emigrazione,
un’analisi critica delle “comunità intramondane” in cui l’Autore prende atto che un’interpretazione
adeguata del nazismo non può non partire dal presupposto “dass es Böses in der Welt gebe… eine
echte, in der Welt wirksame Substanz und Kraft.”36
§ 3. Il radicamento delle indagini filosofiche nel contesto storico e sociale pre-filosofico. Nella Nuova scienza politica - prima matura sintesi del suo pensiero -, Voegelin afferma che “lo
scienziato quando affronta la realtà sociale, trova che il campo è già stato occupato da quella che si
può chiamare l’autointerpretazione della società.”37 E’ questa intuizione che conduce l’Autore, dalle
precoci indagini de Le religioni politiche, attraverso la History of Political Ideas, fino a Ordine e
storia a impegnarsi nello studio delle concezioni pre-filosofiche, ossia mitiche dell’ordine, che
prendono forma nella “rappresentanza cosmologica.” L’idea di una “autoilluminazione della società
attraverso simboli” favorisce la distinzione – fondamentale in Voegelin – tra i concetti teorici della
scienza e, appunto, i simboli. Una tale distinzione avviene storicamente, nel corso di una lotta per la
“rappresentanza trascendentale”, conquistata dagli spoudaioi attraverso l’indagine della propria 32 Cfr. Alois Dempf, Christliche Staatsphilosophie in Spanien, Anton Pustet, Salzburg 1937. 33 Voegelin si rifarà soprattutto al primo volume dell’opera, ripubblicato nell’immediato dopoguerra con il titolo di Prometheus. Cfr. Hans Urs von Balthasar, Prometheus, Kerle, Heidelberg, 1947. Per l’influenza di quest’opera sul pensiero di Voegelin cfr. Eric Voegelin, Riflessioni autobiografiche, cit., p. 133. 34 Romano Guardini, Mondo e persona, trad. it. a cura di G. Colombi, Morcelliana, Brescia 2002. 35 Alois Dempf, Christliche Philosophie – Der Mensch zwischen Gott und der Welt, Verlag der Buchgemeinde, Bonn 1938. 36 Erich Voegelin, Die Politischen Religionen, cit., p. 8. 37 Eric Voegelin, La nuova scienza politica (1952), trad. it. a cura di R. Pavetto, Borla, Torino 1968, p. 83.
9
coscienza, e attraverso un processo di “differenziazione” dello conoscenza che rende le vecchie
verità “compatte” mera opinione, doxa.38 Con gli anni, Voegelin diviene però sempre più
consapevole che la scoperta della “esegesi noetica” “rappresenta un correttivo differenziante della
più compatta pre-conoscenza, ma non la sostituisce” e che “La nostra conoscenza dell’ordine
rimane in primo luogo mitica, anche dopo che l’esperienza noetica ha differenziato l’àmbito della
coscienza e che l’esegesi noetica ha esplicitato il suo logos.”39 Lo studio del pensiero e dei simboli
pre-filosofici resta dunque fondamentale per lo scienziato politico perché “Le interpretazioni non-
noetiche… non solo precedono nel tempo quelle noetiche, ma rimangono anche dopo la loro
comparsa,”40 soprattutto in quella che l’Autore chiama “l’interpretazione primaria del cosmo”,
l’originaria comunità di uomini, mondo e Dio che resta a fondamento di tutti i simboli dell’ordine
esistenziale. Per questo, Voegelin può dunque affermare: “Un’interpretazione noetica non nasce
indipendentemente dalla concezione dell’ordine sociale in cui si presenta, ma da una analisi critica
di questo. Dovunque la noesi si presenti, si trova in un rapporto di tensione con l’autocomprensione
della società.”41
Quest’idea di uno stretto legame tra filosofia e pensiero pre-filosofico si trova in Dempf fin
dalla sua opera giovanile del ’24 Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft. Attraverso un approccio
comparativista e con espliciti richiami al pensiero di Vico, Dempf ritiene che le culture non siano
degli organismi o delle realtà collettive (O. Spengler), ma che esse compiano un percorso storico di
“differenziazione” materiale e spirituale in cui giungono a riconoscere la natura umana pienamente
dispiegata quale autentico elemento costitutivo della società, e il “vivere bene” quale obiettivo
ultimo dell’esistenza. Un tale risultato, però, non si raggiunge mai in modo definitivo: l’identità di
una cultura consiste infatti “in un determinato, ma mutevole ordine nel dispiegamento delle forme
38 Su tutto ciò il capitolo “Rappresentanza e verità” in Eric Voegelin, La nuova scienza politica, cit., p. 113 ss. e Id., Ordine e storia – La filosofia politica di Platone (1966), trad. it. a cura di G. Zanetti, Il Mulino, Bologna, in part. p. 99 ss. 39 Eric Voegelin, Anamnesis – Teoria della storia e della politica (1966) , trad. it. a cura di C. Amirante, Giuffré, Milano 1972, p. 204. 40 Eric Voegelin, Anamnesis – Teoria della storia e della politica, cit., p. 199. 41 Eric Voegelin, Anamnesis – Teoria della storia e della politica, cit., p. 199.
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di rappresentazione, strutturazione, organizzazione e mediazione degli atti primari dell’uomo quali
elementi essenziali della società:”42 l’aspetto “tragico” di ogni cultura risiede, anzi, nel fatto che è
proprio il passaggio da una visione mitica e “personalistica” della realtà ad “una conoscenza causale
di Dio, mondo e anima”43 che determina l’arresto del “flusso creativo degli atti spontanei” e
conduce ad una involuzione dalla Kultur alla Zivilisation, ad una frammentazione e atomizzazione
della società e quindi all’affermarsi di concezioni parziali della realtà. Anche in Sacrum Imperium
(1929) Dempf sottolinea, nel definire il concetto di “personalità di un popolo”
(Volkspersönlichkeit), come esso non sia da ricondurre ad un’entità collettiva ma sia costituito dalle
singole e concrete persone, e abbia alla propria radice il concetto individuale di personalità, intesa
come “l’intermezzo tra la possibilità di dispiegamento della persona e la sua perfecitio, il suo
compimento naturale.”44 L’essere umano si realizza attraverso la Volkspersönlichkeit, che prende
forma nei vari ambiti della sfera pubblica, ma la “dinamica e la statica sociale, il movimento e la
stasi di una società” dipendono dallo sviluppo di tipi di personalità, a partire dal tipo originario di
una personalità carismatica quale rappresentante della volontà divina, attraverso quella autoritaria,
fino alla personalità professionale e all’ideale finale di una “personalità libera e universale.”45
L’ordine politico e giuridico e la responsabilità nazionale (Volksverantwortlichkeit)46 dipende
quindi dallo specifico grado di personalità raggiunto, a partire da uno “stadio mitico”, rappresentato
da “una eccesso di questa responsabilità a causa di una rappresentazione iperrealistica dell’unità
associativa priva di una differenziazione personale dei membri dell’associazione”, verso il tipo
ideale di un essere umano pienamente consapevole di sé (erweckt) e libero dai vincoli comunitari
(Gemeinfreie). In Kulturphilosophie l’Autore prosegue l’analisi iniziata in Weltgeschichte sulla
struttura e la dinamica delle culture: queste non sarebbero altro che un insieme di “forze vitali”
(Lebensmächte) che aspirano a farsi rappresentative del tutto. L’identità di una cultura dipenderebbe
42 Alois Dempf, Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, cit., p. 363. 43 Alois Dempf, Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, cit., p. 24. 44 Alois Dempf, Sacrum Imperium – Geschichts- und Staatsphilosophie des Mittelalters und der politischen Renaissance, Oldenbourg, München und Berlin, p. 37. 45 Alois Dempf, Sacrum Imperium, cit., pp. 38-40. 46 Alois Dempf, Sacrum Imperium, cit., p. 50.
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dall’ordine e dall’equilibrio raggiunto tra queste forze.47 Il metodo d’analisi filosofico-culturale
viene in seguito applicato anche in Selbstkritk der Philosophie (1947). Attraverso una vasta
comparazione tra 13 culture in cui è fiorito il pensiero filosofico,48 Dempf si interroga sulle origini
della filosofia e sul suo percorso tipico: l’Autore giunge alla conclusione che la filosofia nasce
sempre da uno scontro tra ceti religiosi, cavallereschi e borghesi: da uno scontro tra ceti religiosi e
cavallereschi nasce una filosofia d’impronta teologica, da uno scontro tra ceti cavallereschi e
borghesi nasce una filosofia d’impronta umanistica e da uno scontro tra ceti legati all’impero e ceti
borghesi una filosofia d’impronta giuridica.49 Nella sua prima fase, che Dempf chiama “cetuale-
istoriologica”, la filosofia prende coscienza di sé come un’autonoma forza vitale accanto alle alte
forze non filosofiche: accanto all’imperium e al sacerdotium si afferma lo studium. La lotta per la
rappresentanza porta la filosofia a elaborare l’idea di un “regno dello spirito” (Geistesreich) da
contrapporre ai regni visibili, e la ricerca di una legittimazione per il proprio primato sulle altre
forze vitali conduce alla elaborazione di filosofie della storia, fino alla ricerca di un’unica legge
naturale, di carattere universale. Questo è il contesto culturale e spirituale che prelude all’ingresso
in quella che Dempf considera la seconda fase dello sviluppo tipico del pensiero filosofico, la fase
“professionale-cosmologica”, che rappresenta il vero e proprio ingresso nell’ambito di una analisi
teoretica che l’uomo compie di se stesso e del suo mondo, al di là del confronto e dello scontro con
gli altri ceti e le altre forze pre-filosofiche della società, e per il quale non è quindi più sufficiente
un’analisi di filosofia della cultura bensì una vera e propria autocritica della filosofia. Con la ricerca
di un unico principio d’ordine si sviluppano i grandi sistemi di pensiero come l’idealismo oggettivo
e quello soggettivo, il naturalismo, il materialismo ecc., che disputano tra loro per primeggiare
nell’interpretazione della realtà. Di fronte all’incapacità dei sistemi di spiegare tutta la realtà e ai
47 Alois Dempf, Kulturphilosophie, cit., p. 38: “Le visioni culturali, nella loro dimensione pubblica dipendono in ogni epoca dalla tensione verso l’unità (Spannungseinheit) delle forze vitali.” 48 Questi ambiti sono: filosofia greca e ellenistico-romana; filosofia cristiana patristica, filosofia araba, filosofia cristiana scolastica, filosofia rinascimentale; filosofia moderna; filosofia indiana antica; filosofia indiana dell’epoca di mezzo; filosofia neobuddhista; filosofia neoinduista; filosofia cinese. Cfr. Alois Dempf, Selbstkritik der Philosophie, Thomas-Morus-Presse, Wien 1947, pp. 209 ss. 49 Alois Dempf, Selbstkritik der Philosophie, cit., p. 3 e p. 32 ss.
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rischi dello scetticismo, anche questo livello del sapere filosofico viene ad un certo punto superato:
si giunge alla scoperta che i grandi sistemi sono delle costruzioni intellettualistiche di natura
parziale (“monismi”), edificati a partire da singoli elementi della natura umana. L’ultimo livello
dell’indagine filosofica è quello “personale-antropologico”, in cui l’essere umano giunge ad una
compiuta consapevolezza di sé, della propria natura e della propria libertà attraverso l’esperienza
del Dio trascendente e dell’ideale umano rappresentato dal Dio-uomo.50
§ 4. La critica delle concezioni pre-filosofiche dell’ordine e di quelle distorte. § 4.1. Critica delle concezioni pre-filosofiche. Questo è il tema che Eric Voegelin comincia a
sviluppare fin dalle Religioni politiche, poi nella History of Political Ideas, nella Nuova scienza
politica e, soprattutto in Order and History, e che ha per oggetto quei passaggi dal mito ala filosofia
che l’Autore chiamerà “balzi nell’essere”. Il passaggio da una forma di rappresentanza definita
“cosmologica” (come ad es,. la teologia civile romana) ad una rappresentanza “trascendentale”
costituisce “uno schema di progresso verso più alti livelli di verità”,51 ossia un approfondimento di
quella che è l’indagine sul mistero dell’esistenza e di Dio. Nonostante la profonda revisione dei
concetti elaborati tra gli anni quaranta e cinquanta, sfociata poi in The ecumenic age (1974), nel
passaggio definitivo ad una visione multilineare dei processi differenzianti e in una crescente
attenzione per il tema dell’equivalenza dell’esperienza della realtà a diversi livelli52 -, l’assunto di
partenza, che cioè l’ordine della storia emerga dalla storia dell’ordine, non è stato mai messo
effettivamente in discussione dal suo autore.53
50 Alois Dempf, Selbstkritik der Philosophie, cit., pp. 101-154. Il legame tra dimensione pre-filosofica e filosofica dell’ordine è approfondita da Dempf con l’opera Die Unsichtbare Bilderwelt – Eine Geistesgeschichte der Kunst, Benziger Verlag, Einsiedeln 1959. 51 Gregor Sebba, Introduzione alla filosofia politica di Eric Voegelin, a cura di G. F. Lami, Astra, Roma 1985, p. 81. 52 Cfr. Eric Voegelin, Riflessioni autobiografiche, cit., p. 172-173. 53 Secondo Michael Franz, il principio di fondo dell’opera di Voegelin, ossia l’idea che “l’ordine della storia emerge dalla storia dell’ordine” non viene meno con The Ecumenic Age: nuovo è il modo di analizzare la storia, la consapevolezza, ad esempio, di dovere oramai estendere l’indagine dei simboli dell’ordine a ritroso nel tempo, fino all’età preistorica; soprattutto, in quest’opera Voegelin prende definitivamente atto che la storia si muove su più linee
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In Dempf un’analisi critica delle concezioni pre-filosofiche dell’ordine è affrontata già in
Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, nel momento in cui descrive il passaggio da una
concezione “personalistica” del mondo, legata ad un’assolutizzazione delle supreme forme di
rappresentanza cetuale – il sovrano come Dio-sovrano (Königsgott) e il sommo sacerdote come Dio
del culto (Priestergott) – ad una concezione impersonale, causale e razionale della realtà, in cui
l’ideale di uomo si incarna nella nuova figura del filosofo.54 In Sacrum Imperium, l’emancipazione
dalle concezioni imperiali dell’ordine passa attraverso la critica delle “teologie politiche”, intese
come il tentativo di piegare il Volk allo stato e al diritto, senza riconoscergli il legame diretto con
l’unico Dio: emblematico, in proposito il cesaropapismo di Costantino, teorizzato da Eusebio di
Cesarea, e il ruolo dell’arianesimo nell’Impero bizantino.55 In Kulturphilosophie, poi, l’Autore
chiarisce la propria interpretazione della realtà come insieme di “fattori culturali”, in cui il Geist
disputa con lo stato, la religione e l’economia, ma è in particolare in Selbstkritik der Philosophie
che viene sviluppata in modo approfondito una Kritik der ständischen Vorurteile del pensiero
filosofico nelle sue fasi iniziali: secondo Dempf, infatti, una compiuta filosofia della filosofia
(“sofiologia”) non dovrebbe mai trascurare il Zusammenspiel des Kulturganzen e quindi lo studio
delle forme pre-filosofiche della rappresentazione dell’ordine come lo stato (“imperiologia”) o la
religione (“ecclesiologia”) in rapporto alle quali la filosofia sviluppa la propria simbolizzazione. Le
culture, dunque, dove si afferma la ragione filosofica e l’apertura al Regno di Dio – l’Autore le
chiama “culture integrali” (Vollkulturen) – devono competere con le vecchie “culture superiori”
parallele di differenziazione. Cfr. Michael Franz, Editor’s Introduction a Eric Voegelin, The Ecumenic Age – Order and History, vol. IV, Collected Works, vol. 17, University of Missouri Press, Columbia and London 2000, p. 1 ss. Sul ruolo di The Ecumenic Age nel pensiero di Voegelin, cfr. Anche Gregor Sebba, Introduzione alla filosofia politica di Eric Voegelin, cit., 136 ss. 54 Cfr. Alois Dempf, Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, cit., pp. 16-24. La terza fase è invece rappresentata dalla figura dello scienziato e da una meccanizzazione della società. 55 Cfr., ad esempio, Alois Dempf, Sacrum Imperium, cit., p. 30-31. Su Eusebio di Cesarea cfr. ivi., p. 108 ss. Sull’arianesimo e sul suo significato politico cfr. già Alois Dempf, Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, cit., p. 248 (l’autorità della Chiesa deriva dalla divinità di Cristo: se il Figlio viene subordinato al Padre allora l’impero resta l’unica autorità) e poi Id. Sacrum Imperium, cit., p. 112.
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(Hochkulturen),56 che tentano di mantenere il primato dello stato sullo spirito attraverso forme di
teologia politica.57
§ 4.2. Critica delle concezioni distorte. Accanto all’analisi critica delle culture e delle concezioni
pre-filosofiche dell’ordine alla luce delle conquiste spirituali della differenziazione, sia Dempf che
Voegelin affrontano nei loro lavori lo spinoso problema di spiegare perché, successivamente alla
scoperta della noesi, ad un certo punto dello sviluppo di una civiltà la concezione dell’ordine
raggiunta viene deformata attraverso il ritorno a visioni più elementari della realtà. In Voegelin tutto
ciò prende forma nelle analisi filosofico-politiche e di filosofia della storia della “secolarizzazione
dell’eschaton cristiano” e del fenomeno dello gnosticismo. Secondo l’Autore, una tale distorsione
dell’ordine si radica nella pretesa della ragione umana di poter comprendere per intero il corso della
storia, rimuovendo dall’esistenza la dimensione del mistero. Nella Nuova scienza politica l’Autore
ritiene di poter dare una spiegazione ad un tale problema, nel momento in cui sostiene che di fronte
alla rinascita della società occidentale la “rappresentanza trascendentale” di matrice agostiniana e il
simbolo del saeculum senescens non garantivano più un’adeguata spiegazione del corso del tempo e
dell’ordine politico: da qui la nuova teologia della storia di Gioacchino da Fiore e l’attesa di un
“Terzo Regno” della perfezione spirituale in terra, dopo il Regno del Padre e quello del Figlio.58 In
Anamnesis Eric Voegelin sottolinea ancora una volta i pericoli di una differenziazione che giunge a
trascurare l’importanza dei simboli primari elaborati nell’ambito di concezioni più “compatte”
56 Il concetto di “cultura superiore” deriva a Dempf dall’opera di Oswald Spengler Il tramonto dell’Occidente (1918-1922). 57 Secondo Dempf è stato Erik Peterson a mostrare per primo lo sviluppo in parallelo delle concezioni del Regno di Dio e di quelle dei regni universali. Cfr. Alois Dempf, Selbstkritk der Philosophie, cit., p. 40. Sul rapporto tra Dempf e Peterson in merito al tema della “teologia politica” e sul loro sodalizio all’Università di Bonn cfr. Giovanni Franchi, Il contributo di Sacrum Imperium al dibattito novecentesco sulla “teologia politica”, “Rivista della Scuola Superiore dell’economia e delle finanze”, 6-7/2005, p. 335 ss. Nella Nuova scienza politica anche Voegelin seguirà Peterson nell’interpretazione del concetto di teologia politica: cfr. Eric Voegelin, La nuova scienza politica, cit., p. 169 ss. 58 Cfr. Eric Voegelin, La nuova scienza politica, cit., p. 177 ss.; cfr. anche Id., Il mito del mondo nuovo, trad. it. a cura di A. Munari, Rusconi, Milano 1990, p. 15 ss.
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dell’ordine: “le interpretazioni noetiche, pur fungendo da elemento correttivo o aggiuntivo di quelle
non noetiche, non possono sostituire queste ultime.”59
Il problema delle concezioni distorte dell’ordine dopo le conquiste della differenziazione
filosofica e religiosa è sviluppato da Dempf nei termini di una critica filosofica delle ideologie;
l’Autore già la affronta in Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, nel momento in cui analizza le
“visioni culturali” (Kulturanschauungen) d’impronta determinista e collettivista (nazionalismo,
imperialismo, materialismo, razzismo ecc.) che si affermano nell’epoca della Zivilisation.60 In
Sacrum Imperium Gioacchino da Fiore – cui è dedicato il 7. capitolo della seconda parte del
volume61 - è collegato alla crisi della società feudale e della “coscienza dell’ordine politico”
(Reichsbewusstsein) medievale. Da Gioacchino provengono le tre diverse concezioni della storia
che caratterizzeranno la “coscienza del tempo” (Zeitbewusstsein) moderna (assolutismo, riforma,
controriforma ecc.) nella sua costitutiva frammentarietà.62 Il significato filosofico-culturale della
dottrina di Giacchino è spiegata ancora meglio negli scritti degli inizi degli anni trenta: nel saggio
Das Dritte Reich l’idea del Terzo Regno dello Spirito Santo dell’abate calabrese è inserito dopo
l’imperium sine fine di Virgilio, il chiliasmo tardo-antico e l’imperium sacrum di Alcuino e Gerardo
di York e precede tutte le dottrine sociali e le filosofie della storia della modernità, dai movimenti
riformatori tardo-medievali al messianismo politico di Thomas Müntzer e dei Rosacroce,
all’illuminismo, allo gnosticismo dell’idealismo tedesco, fino al Nuovo Cristianesimo dei socialisti
e dei positivisti dell’ottocento (Saint-Simon, Comte ecc.), al comunismo e ai diversi nazionalismi
europei.63 La natura “utopica” di queste concezioni64 – l’attesa di un tempo migliore, di un Regno di
Dio in terra – dipende dal fatto che esse, nel reagire alle ideologie dei ceti egemoni, danno vita a dei
59 Eric Voegelin, Anamnesis, cit., p. 199. A ciò è connesso il problema del misconoscimento di una “rivelazione su più livelli di compattezza,” come con la netta separazione – ad es. in ambito cristiano – tra natura e rivelazione. Cfr. Id., Riflessioni autobiografiche, cit., pp. 173-174. 60 Su tutto ciò cfr. Alois Dempf, Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, cit., p. 355 ss. 61 Alois Dempf, Sacrum Imperium, cit., p. 269 ss. Sull’opera di Gioacchino da Fiore nell’ambito della filosofia medievale cfr. già Alois Dempf, Die Hauptform mittelalterlicher Weltanschauung, Oldenbourg, München und Berlin 1925, p. 134 ss., in part. p. 146. 62 Alois Dempf, Sacrum Imperium, cit., p. 8 ss. 63 Alois Dempf. Das Dritte Reich – Schicksale einer Idee, cit. 64 Cfr. Alois Dempf. Das Dritte Reich – Schicksale einer Idee, cit., p. 36, dove il Terzo Regno è definito un Zukunftsideal e uno dei “grandi errori della dottrina sociale.”
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contro-modelli astratti: “L’utopia - afferma Dempf - è una falsa immagine complessiva della
cultura, che estrapola in modo semplicistico un momento dialettico dell’intera vita di una cultura
(Kulturganzen) e da esso crea un’immagine priva di tensioni e legata al futuro (spannungsloses
Zukunftsbild), come se un unico momento dell’intera vita di una cultura possa esistere senza gli
altri.”65 La Ideologiekritik sviluppata su basi filosofico-culturali in Kulturphilosophie è approfondita
in seguito dal pensatore bavarese in Religionsphilosophie e soprattutto in Selbstkritik der
Philosophie: Insita nel progetto di uno studio comparativo dei periodi filosofici e nella ricerca di un
percorso “tipico” della filosofia è la critica dei pregiudizi (Kritik der Vorurteile) che, ad esempio,
nell’età moderna rimonta a Bacone:66 ogni periodo filosofico deve essere compreso a partire dalla
sua origine storica, quindi “nel suo intimo sviluppo secondo i pregiudizi legati al ceto, alla
professione e al carattere umano e da ultimo deve essere studiato il suo rapporto con il modello di
cultura integrale e il rapporto delle culture integrali tra loro.”67 In tal modo, l’analisi delle
concezioni filosoficamente distorte dell’ordine – assieme a quelle ancora pre-filosofiche - va
collocata all’interno del processo tipico di sviluppo della ragione, ed ogni critica di un grado di
razionalità raggiunta è possibile solo a partire da un grado di livello superiore: le concezioni non
filosofiche della realtà e quelle filosoficamente ancora legate ad uno scontro tra ceti, sono oggetto di
una “critica della ragione storica” che ne smaschera, appunto, i pregiudizi di natura cetuale, come le
teocrazie o le teologie politiche, o quelle filosofie o teologie della storia che assolutizzano il ruolo
dello Spirito, attribuendogli un regno nel futuro (Gioacchino). Il superamento delle concezioni
cetuali dell’ordine, segna al contempo il passaggio da una “cultura superiore” ad una “integrale”,
dominata per la prima volta da una ragione filosofica che sopravanza le visioni ingenue della storia
attraverso una concezione scientifica del mondo e la ricerca di un’unica legge di natura. Anche
questo livello di razionalità è però oggetto di un’analisi critica che prende il nome di “critica della
65 Alois Dempf, Kulturphilosophie, cit., p. 141. 66 Anche Voegelin, nelle sue Riflessioni autobiografiche, cita Francio Bacon e la sua analisi degli idola come un precoce tentativo di critica dei simboli nel loro uso separato dalla concreta esperienza della realtà. Cfr. Eric Voegelin, Riflessioni autobiografiche, cit., p. 158. 67 Alois Dempf, Selbstkritik der Philosophie, cit., p. 212.
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ragione costituente.” Il naturalismo, l’idealismo soggettivo, quello oggettivo e il materialismo sono
le “cosmologie” che sorgono in questa fase di sviluppo della ragione filosofica: essi disputano tra
loro per ridurre gli altri sistemi al proprio principio fondante e, come tali, sono definiti delle
“immagini monistiche della realtà” (monistischen Weltbilder). La natura parziale della
rappresentazione della realtà di questi sistemi – da cui derivano le principali ideologie totalitarie del
novecento (materialismo, razzismo ecc.) - è svelata grazie alla scoperta del fatto che gran parte dei
concetti fondamentali della filosofia affonda in una visione ancora pre-filosofica e mitica della
realtà.68 Una tale “critica della ragione costituente” è possibile solo a partire da un realismo critico
che si apre alla dimensione della trascendenza e che distingue il mondo dal suo principio originario
(Urprinzip).69
Perché, però, una volta raggiunto il massimo grado di differenziazione filosofica in una
cultura – il livello definito da Dempf “personale-antropologico” – tornano a dominare visioni
distorte della realtà, come egli sembra prospettare dalle opere giovanili, fino a Selbstkritk e poi
ancora in Die Einheit der Wissenschaft (1955) - in cui all’epoca della Vollkultur e della christliche
Kultur segue la Zivilisation come epoca della “autolimitazione della ragione” (Selbstbeschränkung
der ratio) -?70 La risposta ad un tale quesito - comune sia a Dempf che a Voegelin - riposa in una
premessa che il primo dei due filosofi esprime nei seguenti termini: “ogni ideale mono-culturale
(Monokulturideal) trascura il fatto fondamentale, che religione, stato e cultura dello spirito
continuano ad esistere nella raggiunta cultura integrale l’una accanto all’altra.”71 Il progresso
spirituale non avviene dunque in una successione temporale, in cui ad un’età mitica succede una
filosofica, come ad esempio nel modello della “legge dei tre stadi” (Comte), perché ogni cultura,
anche la più differenziata, continua ad avere in sé tutte le forze vitali, anche quelle pre-filosofiche,
68 Cfr. Alois Dempf, Selbstkritik der Philosophie, cit., p. 77 ss, e p. 84 ss. Anche in Theoretische Antropologie (A. Francke, Bern 1950) Dempf parlerà di un geheime Anthropomorphismus delle cosmologie elaborate nell’epoca dei monismi filosofici. 69 Alois Dempf, Selbstkritik der Philosophie, cit., p. 96. Terza critica: “critica della ragione umana”: caratteri della filosofia dipendono dal dominio di uno degli elementi fondamentali della natura umana: spirito (logico), volontà (etico), sentimento (mistico) ecc. ivi, p. 107 ss. 70 Alois Dempf, Die Einheit der Wissenschaft, W. Kohlhammer, Stuttgart 1955, p. 84. 71 Alois Dempf, Selbstkritik der Philosophie, cit., p. 46.
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che ambiscono a farsi rappresentative dell’intero ordine, e talvolta vi riescono, come ha insegnato la
storia del ventesimo secolo. Il pericolo viene quindi dalle interpretazioni che assolutizzano una delle
componenti della cultura a danno delle altre: questa assolutizzazione può riguardare Lebensmächte
anteriori alla differenziazione filosofica (stato, religione ecc.), ma anche la filosofia che, prendendo
in considerazione solo l’apertura differenziante, trascura simboli dell’ordine più antichi, anche se –
per questo – non meno importanti. Il dato della contemporaneità di tutte le forze vitali è legato,
d’altronde, alla natura sempre contingente delle culture – qui il loro aspetto “tragico” -, ed al
radicamento dell’uomo in questo mondo: l’aspirazione di ogni concezione d’ordine a prevalere
dipende da un’esigenza di immediata oggettività, di natura mitica, che si ripropone, come si è visto,
anche nelle grandi correnti della filosofia, come assolutizzazione di singoli elementi della natura
umana, e finanche sul piano antropologico, nel peso che il carattere individuale continua ad avere
nell’interpretazione della verità, cui si può giungere solo attraverso atteggiamenti mistici, etici o
intellettualistici.
§ 5. Le conquiste metodologiche e di contenuto.
L’opera scientifica di Dempf e quella di Voegelin possono essere accostate per alcuni comuni
risultati di metodo e di contenuto. Per prima cosa, sia in Dempf che in Voegelin diventa
determinante lo studio comparativo delle culture e delle civiltà: in Dempf questo si lega ad un
confronto e ad uno scontro iniziale con lo studio morfologico delle culture di Oswald Spengler;
Voegelin giunge invece ad un confronto tra culture e concezioni d’ordine seguendo a ritroso la
storia dei simboli politici; in entrambi, però, diventa centrale l’analisi storica del mondo umano e
delle sue forme di rappresentazione della realtà, come dimostra l’impostazione metodologica di
Order and History in Voegelin e di Selbstkritik der Philosophie, Kritik der Historischen Vernunft e
Die Unsichtbare Bilderwelt in Dempf. D’altronde, un tale metodo non si limita ad un’analisi
avalutativa del dato storico-spirituale, ma punta a rintracciare proprio attraverso questo tipo di
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indagine,72 uno sviluppo spirituale – libero, non meccanico - dell’essere umano nel tempo. In tal
modo, sia Dempf che Voegelin si pongono come obiettivo legato al proprio momento storico,
quello di riedificare una compiuta antropologia filosofica, dopo le distruzioni operate in questo
campo dal positivismo, e la crisi definitiva dello storicismo (E. Troeltsch, M. Weber): questo
progetto, che si pone sulla scia di un autore come Max Scheler, è presente in Dempf già in
Weltgeschichte – in cui considera il proprio un lavoro di “antropologia sociale”73 – in
Religionsphilosophie, nel suo grandioso progetto, mai compiutamente realizzato, di una storia della
natura umana dall’antichità ai nostri tempi,74 in Selbstkritik e soprattutto in alcune opere minori del
secondo dopoguerra come Theoretische Antropologie (1950) e Die Einheit der Wissenschaft
(1955).75 Dal canto suo, Voegelin pone l’esigenza di una nuova antropologia filosofica, ad esempio,
nella Introduzione alla Nuova scienza politica,76 anche se poi, conformemente al proprio metodo e
al proprio temperamento, la svilupperà principalmente attraverso le indagini di storia dei simboli e
di filosofia della coscienza. L’aver posto al centro del proprio pensiero il singolo essere umano e la
sua capacità di rappresentare e simbolizzare la realtà, conduce autori come Dempf e Voegelin a
elaborare nell’ambito della propria teoria sociale e politica un concetto “dinamico” di oggettività.
Anche qui, il tema – centrale in Voegelin – della simbolizzazione dell’ordine in conformità al grado
di esperienza, trova delle importanti anticipazioni nelle opere di Dempf. Fin dal suo saggio su
Spengler e in Weltgeschichte il filosofo di Altomünster polemizza contro un concetto collettivista e
organicista di cultura, tentando di ricondurlo al tipo di uomo in essa dominante. In Sacrum
Imperium, però, è chiara l’esigenza di bilanciare due fattori decisivi al fine di comprendere la natura
72 Per Dempf, il fatto che la modernità non sia stata in grado di fornire una concezione unitaria dell’ordine – come sostiene in Sacrum Imperium e come mostra in Kulturphilosophie - è all’origine di un metodo differenziante come quello della filosofia della cultura che, appunto, è in grado di comparare più modelli di cultura tra loro: ciò non toglie, però, che anche attraverso una tale via sia possibile ricostruire - su basi tipologiche - un modello ideale di cultura (cfr. Id., Die Einheit der Wissenschaft, cit., p. 84); in Voegelin ciò è espresso dall’idea che da una ricerca empirica sulle molteplici forme di autointerpretazione dell’uomo nella storia possa effettivamente emergere l’“ordine della storia.” 73 Alois Dempf, Weltgeschichte als Tat und Gemeinschaft, cit., p. 4. 74 Die Geschichte der Menschenlehre von den Griechen bis zur Gegenwart, manoscritto del 1945. 75 In Theoretische Antropologie (cit., p. 18 ss.) Dempf ritiene che lo scontro di fine ottocento tra Methodenmonismen rappresenti, nella sua essenza, una disputa tra modelli di uomo: in tal modo, egli si colloca all’interno del proprio schema di progresso spirituale, tra coloro che hanno il compito di svolgere una critica delle concezioni filosofiche parziali alla luce di una compiuta dimensione antropologica. 76 Eric Voegelin, La nuova scienza politica, cit., p. 63 ss.
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di una cultura: da un lato, l’esigenza di superare la divisione neokantiana tra fatti e valori
soggettivi,77 attraverso la ricerca di un concetto di ordine radicato in una dimensione condivisa e lo
studio delle “forme della dimensione pubblica” (Formen der Öffentlichkeit).78 Concetti come quelli
di “coscienza del tempo e dell’ordine politico” (Zeit- und Reichsbewusstsein) sono alla radice della
vasta indagine dempfiana sulle simbolizzazioni medievali della storia e della società; d’altronde,
questa dimensione oggettiva dell’ordine non si fonda su un astratto concetto di società, ma
sull’adesione volontaria del soggetto ad un ordine giusto: “la libertà soggettiva dev’essere
doppiamente assicurata, attraverso la consapevolezza (Wissen) della decisione, e attraverso la
fiducia (Vertrauen) nella giustizia della decisione, che si fonda positivamente sulla assoluta
giustizia di Dio quale partner della comunità.”79 La simbolizzazione dell’ordine, nel suo sviluppo
storico, è quindi comprensibile come un processo in cui il carattere di un popolo
(Volkspersönlichkeit), che si estrinseca in una dimensione pubblica e condivisa, muove verso forme
sociali in cui il singolo individuo diviene sempre più cosciente di sé e del proprio rapporto
personale con Dio.
L’ultima conquista metodologica comune sia a Dempf che a Voegelin - che racchiude in sé
tutte le altre -, rappresenta, in qualche modo, il peculiare contributo dei due Autori al grande
dibattito di inizio novecento sul metodo delle scienze dell’uomo (Methodenstreit), e il loro “legato”
scientifico in favore delle nuove generazioni di ricercatori: contro una separazione tra metodo e
contenuto, tra scienza e realtà, Dempf afferma nei suoi lavori che una compiuta “critica della
ragione umana” è possibile, appunto, solo a partire dal massimo dispiegamento dell’essere umano
77 Il tema del recupero di una dimensione oggettiva della vita sociale, morale e religiosa caratterizza il pensiero cattolico tedesco del primo dopoguerra, ad esempio, attraverso il Movimento liturgico di Ildefons Herwegen, con l’opera di Romano Guardini Vom Geist der Liturgie (1919), con la riscoperta di un’etica materiale (Scheler) o con il saggio di Carl Schmitt Cattolicesimo romano e forma politica (1925). Il ritorno all’oggettività dopo l’età liberale e la cultura dei “valori” sarà anche un tema della fenomenologia di Husserl e delle scienze sociali d’impronta hegeliana, come, ad esempio, la ricerca di uno “spirito oggettivo” in Hans Freyer (cfr. Id., Teorie des objektiven Geistes, B. G. Teubner, Leipzig 1928). 78 Alois Dempf, Sacrum Imperium, cit., p. 31: “Pubblico (Öffentlich) è ciò che dev’essere formalmente noto a tutti i membri di una comunità come volontà positiva e sovrana, e che per questo possiede il consenso esplicito o presupposto di ogni comportamento retto. La dimensione pubblica (Öffentlichkeit) rappresenta la sicurezza della causalità storica e sociale di un ordine spirituale, ossia di una trasmissione di volontà (Willensübertragung), che funziona pienamente, e che rende quindi per questo la comunità un ente chiuso.” 79 Alois Dempf, Sacrum Impeium, cit., p. 32.
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nel tempo, oltre il dato culturale e anche filosofico, nel completamento della dimensione religiosa;80
Voegelin, d’altro canto, elaborando l’idea della natura autointerpretativa dell’uomo, e del radicarsi
di ogni simbolo e di ogni concetto in un contesto esperienziale, nega l’esistenza di un “punto di
Archimede” attraverso cui lo scienziato politico possa cogliere la realtà che lo circonda, come un
qualcosa di esterno al proprio essere, affermando, invece, che “La teoria è costretta dalla storia a
marciare nel senso del processo di differenziazione delle esperienze. Poiché il massimo di
differenziazione fu raggiunto attraverso la filosofia greca e il cristianesimo, ciò significa che, in
concreto, la teoria è obbligata a muoversi entro l’orizzonte storico dell’esperienza classica e
cristiana.”81
80 In Religionsphilosophie Dempf afferma: “La religione è molto più filosofica della religione. Essa sola possiede un’immagine completa dell’intera realtà e dell’intera vita e ha la facoltà di cogliere l’uomo nella sua interezza.” Ivi, p. 9. 81 Eric Voegelin, La nuova scienza politica, cit., pp. 144-145.