News e bluegrass, vedeva Peter Rowan accompagnato da una nutrita serie di musicisti a noi molto noti...

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n° 32 febbraio - marzo 2017 News IRD International Record Distribution • www.ird.it • facebook: www.ird.it/mipiace.htm

Transcript of News e bluegrass, vedeva Peter Rowan accompagnato da una nutrita serie di musicisti a noi molto noti...

n° 32 febbraio - marzo 2017

News

IRD International Record Distribution • www.ird.it • facebook: www.ird.it/mipiace.htm

Un bandleader può imporsi grazie all’ego o grazie alla personalità. Jeremy Pelt è sulla cresta dell’onda da più di vent’anni ed è chiaro che all’origine della sua autorevolezza c’è il talento come trombettista e compositore. “Make Noise!” nasce quindi proprio a partire da queste sue qualità e dalla band, per cui Pelt ha scelto con grande cura quattro musicisti che potessero contribuire con la loro fertilità creativa a definire un’identità artistica ben precisa: il pianista Victor Gould, il bassista Vicente Archer, il batterista Jonathan Barber e la percussionista Jacquelene Acevedo. E quando Pelt ha puntato i riflettori sui suoi musicisti, di riflesso hanno trovato risalto le sue doti di leader sensibile e intuitivo. Oltre che come bandleader, Pelt si è affermato come musicista, collaborando con leggende del jazz come Johnny Griffin, Cedar Walton, Wayne Shorter, James Moody e Louis Hayes. “Make Noise!” raccoglie tutta la conoscenza che ha accumulato nella sua ancora vivace carriera, mescolandovi però anche linee armoniche e ritmiche dinamiche e contemporanee.

Jeremy PeltMake Noise!

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Il vincitore di tre Grammy, Delbert McClinton e i Self-Made Men pubblicano “Prick Of The Litter”, dodici brani nuovi caratterizzati dall’intenso mix di blues, jazz, country e rock che è ormai il marchio di fabbrica di McClinton. Le sue canzoni e le sue toccanti performance gli hanno consentito di creare un legame tanto con il pubblico quanto con gli addetti ai lavori, anche in virtù di decenni di esperienza come autore per artisti country e blues di successo e delle collaborazioni con Bonnie Raitt e Tanya Tucker, solo per citare due nomi. “Prick Of The Litter” rispecchia il lato più jazz di McClinton ed esplora il tema dell’amore alternando humour e profondità. A fare da sfondo alla voce matura del vocalist, addolcitasi nel tempo, lo stile dei Self-Made Men, che ricorda il groove di Johnny Mercer, Nat King Cole e altri crooner.

Delbert McClinton& Self-Made MenPrick of the Litter

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Probabilmente il più raro album dell’immensa discografia del “Duca” datato 1963 in compagnia della cantante svedese Alice Babs. Un album affascinante per tutti gli amanti del jazz ed essenziale per tutti i fans di Ellington. L’album vanta la re masterizzazione di Aaron Kannowski.

Duke Ellington& Alice BabsSerenade to Sweden

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Esce il 24 marzo per M.C. Records “Sonny & Brownie’s Last Train”, frutto della collaborazione tra l’ambasciatore del blues Guy Davis e il grande armonicista Fabrizio Poggi. Un’intensa session di blues acustico, registrata dal vivo in uno studio milanese per meglio catturare l’essenza dell’affinità musicale che lega i due bluesman, cresciuta e maturata nel corso di anni di esibizioni e registrazioni insieme. Ad ispirare il disco il duo afroamericano di Brownie McGhee e Sonny Terry, due giganti il cui lavoro agli occhi di Davis e Poggi non può essere superato, e men che meno perfezionato. “Sonny & Brownie’s Last Train”, prodotto da Poggi stesso, non è quindi inteso come un tentativo di competizione, ma come un omaggio, una sorta di lettera d’amore di un chitarrista e un armonicista che stanno segnando i nostri tempi ai loro modelli del passato.

Guy Davis & Fabrizio PoggiSonny & Brownie’s Last Train

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La Ristampa

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Dado Moroni e Luigi Tessarollo,  ci accompagnano in un viaggio virtuale nel magico repertorio dell’American Songbook interpretando le composizioni più belle e indimenticabili di personaggi come George Gershwin, Duke Ellington, Cole Porter, Richard Rodgers, Jerome Kern, Irving Berlin etc. filtrate attraverso le proprie personali esperienze per un mix fresco, attuale e soprattutto imprevedibile come nella migliore tradizione dell'improvvisazione jazzistica. Dado Moroni e Luigi Tessarollo sono accomunati dall’interesse e dalla predilezione per l’arte del duo e lo hanno ampiamente dimostrato nei propri percorsi artistici, in precedenti progetti discografici e con un’intensa attività live.

Dado Moroni& Luigi TessarolloTalking Strings

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“Safe Home” segna il cinquantesimo anno di attività dell’acclamato cantautore Livingston Taylor. Accompagnato da una band di prim’ordine con Shelly Berg al piano, David Finck al basso, Bashiri Johnson alle percussioni e Chelsea Barry alla voce, Taylor presenta un mix gioioso di brani scritti da lui e di classici della musica. Nella sua lunga carriera Taylor ha sempre mantenuto un contatto strettissimo con i musicisti della nuova generazione, a cui insegna al conservatorio di Berklee, e con il pubblico, con frequenti performance dal vivo dell’originalissimo sound pop dei suoi tredici album. E anche con “Safe Home” gli ascoltatori avranno l’impressione di trovarsi di fronte alla band: l’album fa infatti parte dell’ormai nota serie “Chesky Binaural +”, le cui tecniche registrazione catturano il realismo dell’esecuzione, soddisfacendo anche gli audiofili più esigenti.

Livingston TaylorSafe Home

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Atteso ritorno su casa Alligator di Coco Montoya, uno dei più noti e apprezzati artisti blues rock. Forte del suono tagliente e aggressivo della sua chitarra, di una voce soul sublime e di una fittissima agenda di concerti, Montoya continua a rappresentare un punto di riferimento qualitativo nel suo genere in tutto il mondo. Montoya è uno dei chitarristi blues rock più passati in radio e dal vivo, il suo punto di forza è l’elettrizzante mix di travolgente intensità alla chitarra e passionalità della voce. “Hard Truth” riconferma la presenza di Montoya nell’Olimpo del blues rock contemporaneo: dall’estatico shuffle del fresco innamoramento di “I Want To Shout About It” al fuoco di “Hard As Hell”, fino al collaudato funk di “The Moon Is Full”, la sua maestria nel produrre una musica che colpisce e lascia il segno torna a risplendere in tutto il suo fulgore.

Coco MontoyaHard Truth

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Il rivoluzionario artista country Aaron Watson continua il suo percorso indipendente con il nuovo album “Vaquero”. Watson è passato alla storia nel 2015, quando il suo decimo album di studio “The Underdog” ha esordito piazzandosi al numero 1 della classifica di Billboard degli album country: era la prima volta che un artista country indipendente raggiungeva questo traguardo. Ora “Vaquero” propone sedici brani in cui Watson ripercorre a ritroso la via per ritrovare le sue radici texane, focalizzandosi su quello che lo ha influenzato e omaggiando i fan e la famiglia, che hanno posto le fondamenta per il suo successo. Fedele al suo titolo, l’album racconta le storie di persone ruvide, umili e dedite a un lavoro duro, un po’ come Watson stesso. “Vaquero” è co-prodotto da Watson e dal pluripremiato produttore Marshall Altman.

Aaron WatsonVaquero

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Gli Heads of State hanno esordito nel 2015 con “Search for Peace”, inciso pochi mesi dopo che avevano suonato insieme per la prima volta allo Smoke Jazz Club di New York. Ora, forti di un altro anno insieme come quartetto e di quasi cinquant’anni di conoscenza, tornano con lo splendido “Four in One”. Il titolo riprende una delle composizioni meno note di Thelonious Monk, con cui l’album si apre, ma rende anche bene l’idea dell’affiatamento del gruppo, che unisce quattro star del jazz in una formazione nata per esibirsi una sola volta e diventata invece stabile. Dato il gusto impeccabile e l’esperienza dei quattro componenti (Gary Bartz a sax soprano e contralto, Larry Willis al piano, David Williams al basso e Al Foster alla batteria), agli Heads of State è bastato poco tempo a sviluppare un sound agile e vivace, in egual misura appassionato ed elegante, tagliente e affabile. Se il disco di esordio ha suscitato interesse per la presenza insieme per la prima volta di quattro maestri del genere, “Four in One” è stato atteso con trepidazione, in quanto riconferma la loro intenzione di collaborare e approdare insieme a orizzonti luminosi.

Heads of State Four in One

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Ristampa dell’album del 1980 dove Franco Ratti era in veste di produttore esecutivo. Quest’album, di country-rock e bluegrass, vedeva Peter Rowan accompagnato da una nutrita serie di musicisti a noi molto noti tra cui Jerry Garcia, David Grisman, Flaco Jimenez, Jimmy Fuller, Hugo Gonzalez, Bill Kreutzman, Chris Rowan e Lorin Rowan. 10 brani di cui 4 sono stati registrati in studio nel 1974 e gli altri 6 sono registrazioni dal dal vivo all’Armadillo World Headquarters di Austin nel 1979. Da anni fuori catalogo

Peter RowanTexican Badman

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“When I Fall in Love: The Ballad Collection” è una raccolta di alcuni tra i brani più incisivi e toccanti del catalogo Smoke Sessions. Questa selezione di ballate romantiche comprende alcune commoventi performance di grandi pianisti, come Harld Mabern, Larry Willis, Cyrus Chestnut, Eric Reed, Orrin Evans, Mike LeDonne e Xavier Davis. Sono presenti inoltre musicisti leggendari, come Gary Bartz, Javon Jackson, Steve Turre, Vincent Herring, Eric Alexander e Steve Davis, e un altro contributo notevole è stato dato dalla voce di Jane Monheit. Una serie di perle musicali in grado di attirare e soddisfare ascoltatori che si avvicinano al jazz con intenti diversi: dai fedelissimi di lunga data ai neofiti alla ricerca di un primo assaggio.

AAVVWhen I Fall in Love: The Ballad Collection

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Reed Turchi è cresciuto nella Carolina del Nord suonando il piano, per poi innamorarsi della slide guitar e approdare all’Hill Country Blues di RL Burnside, Junior Kimbrough e Mississippi Fred McDowell. Il trio blues rock dei Turchi ha esordito nel 2012 con “Road Ends in Water”, con Luther Dickinson ospite d’eccezione in tre brani. Tre album (di cui uno live) più tardi, Turchi è approdato a Memphis e ne ha assorbito come una spugna il groove soul e blues, imboccando la via di una carriera solista e del sound dalle influenze sahariane di “Speaking in Shadows”, del 2016. Ora “Tallahatchie” lo ritrova impegnato in un blues malinconico ma catartico, in cui una resistenza conquistata con il sudore allontana la disperazione, senza però cancellarne l’ombra. Il disco affonda le radici nella tradizione blues più autentica, riemergendone con una varietà di sfumature originali, differenti tra loro ma inestricabili. “Tallahatchie” attinge alle fonti sacre e profane di una lunga tradizione musicale e ne rivitalizza le energie misteriose e conflittuali.

Reed Turchi Tallahatchie

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Giunti con “Faithful Satellite” al ventesimo album, i veterani del blues rock Black Sorrows sembrano avere più slancio che mai. Alle spalle hanno una carriera di tutto rispetto non solo nella natia Australia, ma anche in Europa e tutt’ora i due autori del gruppo, il vocalist, sassofonista e chitarrista Joe Camilleri e il paroliere Nick Smith, scrivono ogni singolo giorno. A dispetto di diversi dischi di platino e degli oltre due milioni di copie vendute nel mondo, dal 1983 i Black Sorrows non hanno mai smesso di registrare ed esibirsi con passione ed energia. I dodici pezzi incisi per “Faithful Satellite” spaziano tra tutti i generi che ispirano Camilleri come autore o come semplice estimatore della musica. Il disco è così un viaggio che celebra gli stili musicali più vitali dell’ultimo secolo, tra gospel, Zydeco, reggae, Texas swing, R&B old school, soul e perfino folk noir: il tutto valorizzato da una confezione esecutiva vivace, talvolta sfacciata e sempre ricca di brio.

The Black SorrowsFaithful Satellite

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“Sans Mots”, ovvero senza parole. Quando la quotidianità significa famiglia, creatività e arte, ogni giorno può essere un’esperienza che di tanto in tanto lascia senza parole. Esattamente come nel caso di Alexandra Lehmler (sax baritono, alto e soprano), da un lato artista di successo, dall’altro madre affettuosa. Nonostante la nascita dei tre figli, non ha mai smesso di sentire l’esigenza di crescere come musicista per esprimere tutto il suo potenziale e si giostra con leggerezza tra i due ruoli. Per questo suo ultimo album di modern jazz trae ispirazione dagli artisti che l’accompagnano: il bassista Matthias TC Debus, il vibrafonista Franck Tortiller, il batterista e percussionista Patrice Héral e il trombettista e flicornista Herbert Joos. “Sans Mots” è un omaggio musicale ai figli, alla famiglia, alla prosaicità e alla follia della vita di tutti i giorni, alla vita stessa e all’amore. Alexandra Lehmler e i musicisti riescono con i propri strumenti a dipingere piccoli camei e a rievocare immagini meravigliose nella mente degli ascoltatori.

Alexandra LehmlerSans Mots

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Stephan Bormann è uno dei chitarristi più versatili del panorama tedesco. Dopo aver pubblicato innumerevoli album, tra gli altri con il Cristin Claas Trio e con gli Hands On Strings, ora torna con il suo nuovo lavoro nu jazz “Over The Years”. La sua affinità con i suoni e i ritmi di Stati Uniti, Scandinava, Africa e Brasile lo rende a pieno diritto un cittadino del mondo, a proprio agio con molti stili musicali e con le varie sfaccettature del suo strumento. L’estetica musicale del suo fingerpicking si riflette nella particolarità degli arrangiamenti e si mescola con l’approccio jazz, che dà a ogni pezzo la freschezza dell’apertura all’improvvisazione. La sua abilità espressiva con lo strumento ha instillato in Bormann il desiderio di suonare non solo la chitarra con le corde in nylon e acciaio, ma anche le più esotiche chitarre aliquot, baritona e ottava. “Over The Years” è un viaggio stimolante nel suo universo musicale: la musica di Bormann è viva, profonda e valorizzata da un certo virtuosismo.

Stephan BormannOver The Years

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Uno degli appuntamenti più interessanti nel panorama dei festival musicali marocchini è senza dubbio il Mawazine Festival di Rabat. La strepitosa esibizione del grande chitarrista jazz fusion Al Di Meola nel 2009 ha rappresentato un momento di confluenza di culture e religioni diverse, che si è riflesso anche nella line up dei musicisti sul palco. Oltre ad Al Di Meola alla chitarra, a esibirsi sono stati infatti Peo Alfonsi alla seconda chitarra, Fausto Beccalossi alla fisarmonica, Gumbi Ortiz alle percussioni, Victor Miranda al basso, Peter Kaszas alla batteria e tre ospiti d’eccezione dal Marocco: Said Chraibi all’oud, Abdellah Meri al violino e Tarik Ben Ali alle percussioni. Alla terza esibizione in terra marocchina, Di Meola ha proposto per l’occasione un repertorio speciale ed è stato accolto da un pubblico entusiasta, che ha mostrato la propria apertura alla musica occidentale. Oggi questo straordinario concerto è disponibile in CD e LP 180 gr Audiophile.

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Bobby Kimball è un vocalist pop rock leggendario, noto soprattutto per essere stato il cantante originario dei Toto: la sua voce inconfondibile ha reso famose hit ormai entrate nelle storia, come “Rosanna” e “Africa”. Kimball ha però affiancato a quella di frontman anche una fortunata carriera di corista per molti grandi degli anni ’80 e nel 1994 ha avviato un percorso come solista, che l’ha portato ben presto a unire le forze con il produttore, autore e musicista John Zaika. Con “We’re Not in Kansas Anymore” i due tornano a collaborare e completano la squadra con una serie di musicisti e vocalist dai numerosi talenti, primo fra tutti Dave Barnett, che oltre a contribuire con cori e chitarre è anche co-autore di tutti i brani e co-produttore del disco. La cifra stilistica del progetto viene però ancora una volta dall’inconfondibile voce e dall’anima creativa di Bobby Kimball, con la sua combinazione unica di rock melodico, arrangiamenti polifonici e una qualità sonora eccezionale.

Bobby KimballWe’re Not in Kansan Anymore

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Gli Incognito sono più di una semplice band. Il visionario del suono Jean-Paul “Bluey” Maunick è un pioniere dell’acid jazz e la sua band ha lanciato grandi vocalist come Jocelyn Brown e i musicisti migliori della scena groove britannica. Niente hanno potuto tendenze musicali più o meno effimere per intaccare la popolarità di questo gruppo multiculturale dai ritmi incalzanti e dalle melodie eleganti, soprattutto dal vivo. Forte di questa consapevolezza, nell’estate del 2009 “Bluey” Maunick ha festeggiato il trentesimo degli Incognito sul palco londinese dell’INDIGO2, con un live travolgente che ha mescolato soul e jazz, funk e fusion alternando sul palco quasi trenta musicisti e diversi ospiti a sorpresa. Grazie alla loro energia contagiosa e al virtuosismo degli assoli, ogni brano è diventato ancora più speciale. E se la band non avesse offerto sufficiente varietà, ecco anche gli archi della Millennia Ensemble.

IncognitoLive in London (The 30th Anniversary Concert)

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Il padrino del desert rock Rich Hopkins è nato come chitarrista e cantautore e ha affinato nel tempo una forma espressiva romantica, calda, popolata di storie e animata da hook intensi. La sua musica possiede una bellezza senza tempo, inesorabile, che assume talvolta sembianze aggraziate ma nella sostanza è concreta, tangibile, come roccia scavata dall’acqua. A una ventina di album dall’esordio e dieci anni dall’incontro con la talentuosa cantautrice Lisa Novak, che ha portato il suo contributo con empatia narrativa e con una voce polverosa che ricorda quella di Emmylou Harris e Aimee Mann, “My Way Or The Highway” riporta gli ascoltatori nel deserto, tra torrenti in secca e scheletri di arbusti. Un disco sognante, percorso da un amore folle, passionale, perfetto nella sua imprevedibile turbolenza. Accanto a Hopkins un cast stellare di ospiti, tra cui il bassista George Reiff della band di Joe Walsh e il sempre elegante Jon Sanchez, chitarrista di Alejandro Escovedo.

Rich Hopkins & LuminariosMy Way or the Highway

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Per convincere, i dischi di piano solo richiedono un vero maestro dell’improvvisazione, in grado di catturare e mantenere viva l’attenzione degli ascoltatori. La storia musicale delle registrazioni di questo tipo è lunga e ricca di performance toccanti: con “Monk’s Cha Cha” Bill O’Connell ora aggiunge un nuovo capitolo. Di questo solista esistono sfortunatamente troppe poche incisioni, considerato che il suo piano è la prima scelta di artisti come Mongo Santamaria, Sonny Rollins, Gato Barbieri e la Fort Apache Band di Jerry González. Questo disco colma un po’ la lacuna, con la registrazione live di alcune sue composizioni e alcuni classici, come “The Song is You”, “It Could Happen to You” e “Afro Blue”. La performance di O’Connell è appagante: con un equilibrio che non sfocia mai nell’ostentazione, sviluppa l’idea iniziale con creatività, controllo e lirismo. Una combinazione rara e vincente.

Bill O’ConnellMonk’s Cha Cha (Live at the Carnegie-Farian Room)

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Cedar Walton resta uno dei grandi pianisti del jazz e ha esordito verso l’inizio della seconda ondata di popolarità del genere, quando il bebop ha lanciato le star dell’improvvisazione. Negli anni ’50 e nei primi anni ’60 Walton ha frequentato grandi come Thelonious Monk e Dizzy Gillespie, suonato con Art Blakey e John Coltrane e sviluppato un proprio stile hard bop e post bop. Nei decenni a seguire, ha virato verso il funk fusion ed è tornato al bop, incidendo più di 60 album da leader, e si è cimentato con l’electric funk fusion, con i suoi due gruppi, i Mobius e i Soundscapes. Tra le sue collaborazioni di spicco degli anni ’60 e ’70 ricordiamo Abbey Lincoln, Art Farmer e Hank Mobley. Le registrazioni live di “Charmed Circle” ci restituiscono un’istantanea di Cedar Walton che si esibisce con una manciata di colleghi scelti personalmente per un concerto al Keystone Korner, noto jazz club di San Francisco. Ecco quindi Steve Turre al trombone, Manny Boyd al sax tenore, Tony Dumas al contrabbasso e Ralph Penland alla batteria. Datato 1979.

Cedar WaltonCharmed Circle (Live at the Keystone Korner)

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Un’intensa opera musicale, dove le radici del jazz s’intrecciano con naturalezza alla canzone italiana. “Mino Legacy” non è solo un CD, è un progetto prestigioso dove l’album è all’interno di un cofanetto contenente anche un libro e un DVD. Nel CD, Felice Clemente ed il suo quartetto composto da Fabio Nuzzolese (piano), Giulio Corini (double bass) e Massimo Manzi (batteria), attingono a brani celebri del grande repertorio di Mino Reitano, per rileggerli ed interpretarli come veri e propri standard nati dalla musica popolare. Brani come: “L’uomo E La Valigia”, “Una Ragione Di Più”, “La Mia Canzone”, “Solo” inedito di Fabio Nuzzolese a introduzione di “Ma Ti Sei Chiesto Mai”, “Era Il Tempo Delle More”, “Eduardo, Meglio Una Sera”… (Piangere Da Solo), “Se Tu Sapessi Amore Mio”, “Vorrei”, sono i titoli dell’album, che chiude con l’inedito di Clemente e Nuzzolese MINO LEGACY, che dà nome a tutto il progetto. Il DVD, “Dietro Le Quinte Di…” è un video che ripercorre la genesi dell’album, attraverso un’ampia intervista al nipote Felice Clemente, contenente immagini “rubate” in studio oltre a una sintesi inedita del tour di Reitano del 1985. Nel LIBRO troviamo lo storico della canzone Andrea Pedrinelli che rillegge Reitano partendo dalle sue parole, raccolte negli anni, analizzando i suoi album ufficiali, la vita, la carriera e la rilettura jazz di Felice Clemente. CD+DVD+LIBRO.

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Charlie Sepúlveda è un trombettista potente e al tempo stesso in grado di colorare il suo latin jazz di un’ampia gamma di sfumature. In questa nuova registrazione, affronta la sfida di preservare una cultura senza restarvi intrappolato. Recupera così classici rodatissimi come “Besame Mucho” che, invece di scadere nella solita routine, sceglie di ammodernare drasticamente, spogliandola dell’enfatico ritmo da bolero. L’album è un omaggio a Eddie Palmieri, suo ex insegnante, che vi partecipa anche come guest star con due tracce da solista. Nel complesso, nove brani in cui Sepúlveda infonde il suo personalissimo stile che non è né salsa né jazz e non si può definire neppure una fusione tra i due generi, ma si colloca piuttosto in una terra di mezzo musicale fantasiosa ed eccitante.

Charlie Sepulvedaand the TurnaroundMr. EP (A Tribute to Eddie Palmieri)

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Felice Clemente 4tet Mino Legacy

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TINGVALL TRIONew Album "Cyrklar” coming out

in Summer 2017Also Available:

Distribuzione

Direttamente dal 1973, l’unico album dei Seatrain uscito per Warner Bros. Lo stile elettrico del primo album dei Seatrain per A&M ha conquistato molti estimatori e con il secondo e il terzo lavoro, prodotti da George Martin, la schiera dei fans non ha fatto che crescere. Al momento dell’uscita di “Watch”, della line up originale restava solo il bassista Andy Kulberg e non molto tempo dopo la band, nata in origine come trasformazione dei Blues Project, ha concluso il suo percorso artistico e si è sciolta in maniera definitiva.

SeatrainWatch

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Gli Ozark Mountain Daredevils sono una band country rock che nel 1980 ha pubblicato su Columbia un album omonimo entrato nella Top 200 di Billboard. Dopo l’uscita del disco, la band ha cambiato diversi componenti, ma nel 2016 i membri originali John Dillon, Mike Granda e Steve Cash tornavano ancora a suonare in qualche occasionale concerto. Oggi “Ozark Mountain Daredevils” è disponibile in digital remaster, con note aggiuntive in inglese rispetto all’edizione originale.

Ozark Mountain DaredevilsOzark Mountain Daredevils

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Escono in digital remaster con note aggiuntive i due ultimi album del gruppo rock canadese Bachman-Turner Overdrive per Mercury Records, datati 1978 e 1979. “Rock N’ Roll Nights”, in particolare, ha sfornato il singolo di successo “Heartache”, ma in seguito alcuni cambiamenti nella line up e l’esaurirsi del successo commerciale hanno segnato la fine della band, che negli ultimi mesi del 1979 si è sciolta.

Diamo il bentornato alla label inglese BGO con delle strepitose uscite di quest’anno. Digital remastered CD

Bachman-Turner OverdriveStreet Action / Rock n’Roll Nights

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I Sea Level sono nati dalle ceneri degli Allman Brothers e “Ball Room” è stato il loro ultimo disco, uscito nel 1980. I membri originali Chuck Leavell, Lamar Williams e Jaimoe sono rimasti nella line up fino alla fine della carriera della band. Oggi il loro mix unico di jazz, blues e rock continua a resistere alla prova del tempo, non ultimo grazie all’abilità dei musicisti e alla qualità dei pezzi.

Sea LevelBall Room

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Componente dell’importante Kweskin Jug Band negli anni ’60, Muldaur ha anche inciso due album con l’allora moglie Maria. Con la fine del loro matrimonio, nel 1972 è entrato a far parte della Paul Butterfield Blues Band, che ha poi abbandonato nel 1978 per perseguire la carriera da solista. In “Is Having A Wonderful Time” e “Motion” ha interpretato pezzi di Allen Toussaint, Danny Whitten, Troy Seals e altri ancora. “Is Having A Wonderful Time” è stato inoltre prodotto dal grande Joe Boyd. Oggi Muldaur è ancora spesso in tour e di frequente sul palco con lui compare anche Jim Kweskin.

Geoff MuldaurIs Having a Wonderful Time / Motion

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“Stoneground” del 1971 e “Stoneground 3” del 1973 sono il primo e l’ultimo album dell’omonima band, fondata dall’ex cantante dei Beau Brummels Sal Valentino. Nonostante abbiano avuto vita breve, gli Stoneground hanno avuto un peso significativo nel mondo della musica pop rock. La band si è sciolta all’inizio del 1973, dopo che anni trascorsi on the road per i continui tour avevano lasciato il segno. Sal Valentino ha in seguito partecipato a diverse reunion dei Beau Brummels, mentre alcuni degli altri componenti della band si sono uniti per dare vita ai Pablo Cruise e i rimanenti hanno continuato a fare tour e incisioni fino ai primi anni 2000.

StonegroundStoneground - Stoneground 3

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Ristampa in digital remaster di “The Bass”, album del contrabbassista ceco Miroslav Vitous uscito nel 1972 per Atlantic e prodotto dal flautista jazz Herbie Mann, pioniere della world music. All’album hanno collaborato alcuni grandi musicisti: il sassofonista Joe Henderson, il chitarrista John McLaughlin, il pianista Herbie Hancock, il batterista Jack DeJohnette e il batterista Joe Chambers. Vitous d’altra parte ha suonato con tutti, da Miles Davis ai Weather Report, di cui è stato uno dei fondatori, e ancora oggi continua a esibirsi e a incidere.

Miroslav VitousThe Bass

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Il compianto musicista Doug Sahm, scomparso purtroppo ad appena 58 anni nel 1999, nel 1973 e 1974 ha inciso per Atlantic e Warner Bros tre album. Ora “Dough Sahm And Band”, “Texas Tornado” e “Groovers Paradise” vengono pubblicati in digital remastered. “Doug Sahm And Band” vede tra gli altri la partecipazione di Dr. John, Bob Dylan, David Bromberg e Flaco Jiménez. Alcuni degli stessi musicisti sono poi tornati a collaborare con Doug Sahm anche in “Texas Tornado”, prodotto da Arif Mardin e Jerry Wexler. “Groovers Paradise” è invece arricchito dalla presenza dell’ex sezione ritmica dei Creedence Clearwater, nelle persone di Doug Clifford (batteria) e Stu Cook (tastiera elettronica).

Doug SahmDoug Sahm and Band / Texas Tornado / Groovers Paradise

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La “trilogia Ramdango” del leggendario chitarrista blues Mick Clarke è stata rimasterizzata e viene ora riproposta in pacchetto deluxe. Clarke ha alle spalle una carriera di tutto rispetto sulla scena blues britannica, che lo ha portato alla notorietà in tutta Europa e anche negli Stati Uniti. A tutt’oggi continua a esibirsi e a incidere dischi e per questa edizione della trilogia ha redatto anche delle note di commento.

Mick ClarkeRamdango / Crazy Blues / Shake it Up!

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Il secondo album della band californiana di dieci elementi, pubblicato nel 1971 e ora riproposto ora in digital remaster. In origine si trattava di un doppio vinile, di cui tre lati erano live, mentre il quarto conteneva delle incisioni in studio. Due anni dopo l’uscita di “Family Album”, nel 1973, la band ha perso il contratto con la Warner e entro breve si è sciolta. Il cantante della band Sal Valentino è stato tra l’altro membro dei Beau Brummels e un altro dei membri della band, il bassista Pete Sears, ha lasciato gli Stoneground per suonare con Rod Stewart e poi con i Jefferson Starship, nati dallo scioglimento dei Jefferson Airplane.

StonegroundFamily Album

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Wink Burcham ha una maturità artistica che poco riflette la sua giovane età: in lui un autentico rispetto per il passato si arricchisce dell’abilità di scrivere testi arguti e appassionati in stile John Prine, Townes Van Zandt o John Lee Hooker. Musicalmente si passa con naturalezza dal country tradizionale al folk grass-roots e al blues. Ora l’edizione in vinile di “Cleveland Summer Nights” ripropone 11 brani nel suo personalissimo e affascinante stile.

Wink BurchamCleveland Summer Nights

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Chiunque conosca la varietà delle influenze musicali che hanno toccato il cantautore australiano Dan Tuffy nel corso della sua carriera resterà stupito dalla linearità di “Songs from Dan”. Stupito ma non deluso. Lontano dalla metrica complessa e dalle bizzarre clip sonore che connotavano il folk moderno e sincopato dei Big Low, “Songs from Dan” propone un country noir senza orpelli ma curato nei minimi dettagli, che invita a un ascolto attento e che sarà apprezzato da chi ama non solo la musica, ma il suono stesso. Sei delle nove tracce sono nate in appena due ore in studio con i connazionali Matt Walker e Lucie Thorne, che non conoscevano i pezzi e hanno improvvisato sull’onda del momento. A distanza di un anno circa Walker ha poi rifinito i brani in fase di post-produzione, inserendo il contributo altrettanto fresco e spontaneo di alcuni dei migliori musicisti di Melbourne nelle parti di piano, pedal steel, mandolino e basso. Un disco intimo che parla di amore, perdita, gelosia, infedeltà, paternità e, con un tocco country, cowboy morenti.

Dan TuffySongs From Dan

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Lynne Hanson è canadese, eppure al primo ascolto la sua musica calda, ruvida e trascinante avvolge nell’atmosfera del Sud degli States. Il suo mix di rock, blues e roots scaturisce dal profondo e assume i toni della terra arida del Texas e della raffinata sensibilità di Nashville, risultando famigliare e rassicurante, forte e temeraria. Dal 2006 a oggi si è esibita di fronte alle platee di Canada, Stati Uniti ed Europa e ha sfornato quattro album apprezzati dalla critica, l’ultimo dei quali (“River of Sand”) seguito ad alcuni anni di stacco che sono serviti a trovare un approccio alla scrittura più maturo, intuitivo e viscerale. Ora “Uneven Ground” esprime un’intensità trattenuta, che viene sublimata nel fingerpicking, nello splendido accompagnamento al piano e nel suono del dobro e dei fiati. Mai come prima, lo stile rustico della Hanson incontra il cantautorato, con testi intelligenti e un’ottima produzione, ed entra nel roots e nel blues di nuova generazione trovando un equilibrio con il rispetto della tradizione.

Lynne HansonUneven Ground

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Con il suo punk rock venato di folk che affronta il tema dei momenti e delle emozioni più difficili, “Something Wicked” esprime l’essenza del rock più crudo. Coraggiosa e gentile al tempo stesso, la canadese Skye Wallace riesce a gridare una musica soft che trova il suo perfetto complemento nel suono feroce e intenso della chitarra. Nella scelta di lasciare libera la sua voce ben allenata, la Wallace lascia trasparire qualcosa di Joni Mitchell e Patti Smith. Dopo l’esordio “Living Parts”, uscito nel 2014, Skye Wallace sfodera un lavoro completamente diverso: una sorta di liberazione sonora, con ninne nanne rock e immagini liriche, che incarna tanto l’acume del folk quanto l’audacia del punk rock. “Something Wicked” è un disco lo-fi ma raffinato, emotivamente generoso ma misterioso, sicuro ma non arrogante, che raggiunge nella sua autenticità un rarissimo equilibrio tra difficoltà ed emozione.

Skye WallaceSomething Wicked

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“Dove Osano I Rapaci” arriva a due anni esatti dal precedente album “Dalla Polvere E Dal Fuoco”, lavoro unanimemente accolto da pubblico e critica come una pregevole raccolta di “cover d’autore” riadattate in italiano dal leader, cantante e chitarrista del gruppo Marco Grompi. Le canzoni del nuovo album rappresentano, per sound e contenuti, un’ulteriore svolta nel lungo, atipico e multiforme percorso della band bergamasca. Undici nuovi brani originali per la prima volta cantati in italiano eppure ancora saldamente immersi nel solco sonoro di quella rugginosa matrice rock angloamericana che, da circa un ventennio, i Rusties stanno percorrendo con grande originalità nel circuito più genuinamente indipendente. Per la prima volta nella storia dei Rusties, nelle canzoni del nuovo album si alternano nel ruolo di voce solista, oltre a Grompi, anche gli altri componenti del gruppo: il chitarrista e “cantattore” Osvaldo Ardenghi, il bassista e cantante Fulvio Monieri, il tastierista Massimo Piccinelli e il batterista Filippo Acquaviva.

Rusties Dove osano i Rapaci

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R I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

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Primo album della Chris Bergson Band dopo il successo di critica di “Imitate the Sun” nel 2011, “Bitter Midnight” propone in undici brani originali di Delta blues viscerale e di forte impatto della band, venato di rock, funk e soul. Negli ultimi dieci anni, Chris Bergson si è dimostrato uno dei cantautori più creativi del blues odierno, grazie alla capacità di dipingere dei vividi camei di vita metropolitana e delineare veri e propri notturni cittadini. Cantante ruvido e chitarrista abile e preciso, Chris Bergson è stato introdotto nella New York Blues Hall of Fame. In “Bitter Midnight” lo affiancano la voce soul di Ellis Hooks (Steve Cropper), il sax baritono di Jay Collins (Gregg Allman), la tromba di Steven Bernstein (Levon Helm), la batteria di Aaron Comess (Spin Doctors) e Tony Mason (Darlene Love), il basso di Andy Hess (Gov’t Mule), Richard Hammond (Joan Osborne) e Matt Clohesy (Patti Austin) e le tastiere e il sax tenore di Craig Dreyer (Dispatch).

Chris Bergson BandBitter Midnight

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Negli anni, gli Ha Ha Tonka hanno inciso quattro album apprezzati dalla critica, girato il mondo in tour e suonato al Lollapalooza. Nel frattempo hanno stretto amicizie, trovato l’amore, messo su famiglia, e sono cresciuti e maturati insieme. “Heart-Shaped Mountain” riflette proprio questa loro evoluzione. Una volta qualcuno ha definito la loro musica come “indie-Americana in cui l’Alabama incontra gli Arcade Fire”. Ora hanno ampliato la loro palette sonora, raggiungendo un pop equilibrato, sublime, dal sound radiofonico. Anche emotivamente hanno allargato gli orizzonti, con una scrittura post punk nello stile degli Apache Relay o di un meno enigmatico Jónsi, pur mantenendo la parte vocale che li contraddistingue, l’allegria del Sud e i loro tipici hook. Essenzialmente “Heart-Shaped Mountain” è un disco sull’amore e la crescita: in un momento in cui l’America sembra divisa, costruire diventa ancora più importante, ed è questo che Ha Ha Tonka fanno, regalando ad amici e affetti ricordi e prospettive future.

Ha Ha TonkaHeart-Shaped Mountain

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Con il cuore di un vero bluesman texano, la testa di Frank Zappa e gli stivali polverosi di Lemmy nella luce del tramonto, Scott H. Biram sembra qualificato più di chiunque altro per esprimere il tormento della condizione umana. Si muove a cavallo del baratro che divide peccato e redenzione, e in una libreria il suo “The Bad Testament” sarebbe tra il Vecchio Testamento e il manuale degli Alcolisti Anonimi. Un disco di Americana profonda, oscura, che parla del dolore di amori perduti con un’abilità cantautorale in bilico tra l’aggressività e destrezza. Scott H. Biram è una one-man band, ma riesce a non essere mai uguale a se stesso, scivolando dal country soul di Jimmie Rodgers alla rilassatezza di Merle Haggard, fino a una ruvidezza distorta, diretta e sgangherata. Ancora una volta, si dimostra camaleontico, unico nel suo genere, la vera voce di un uomo imprigionato nelle sue stesse pessime scelte.

Scott H. BiramThe Bad Testament

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SR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Duettango nasce per puro caso da una fantasia del pianista Filippo Arlia nel 2010 a Nocera Terinese tra una lezione di pianoforte e l’altra nelle aule del Conservatorio. La sua idea era quella di unire due strumenti a prima vista per niente simili come il pianoforte e il bandoneon, che fino ad oggi nella letteratura di Astor Piazzolla sono sempre stati due elementi di un sestetto o almeno di un quartetto dove il pianoforte recitava tristemente la parte di un nobile comprimario e il bandoneon dialogava in maniera costante solo ed esclusivamente con il violino. Questa incisione vuole dimostrare che il pianoforte e il bandoneon possono convivere splendidamente anche da soli, e all’occorrenza possono dialogare con il violino e la voce senza rinunciare al virtuosismo e ad una presenza sonora importante. Feat. Filippo Arlia (pianoforte), Cesare Chiacchiaretta (Bandonenon), Fernando Suarez Paz (violino) e Cecilia Suarez Paz (voce). SACD ibrido

DuettangoAstor Piazzolla

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CD o LP

CD o LP

V I N I L E180gr

RISTAMPAVinile 180 gr.Chet Backer & Paul Bley

DIANEDISPONIBILI ANCHE IN LP:

BEN WEBSTER - My Man • DUKE JORDAN - Flight To Denmark • TETE MONTOLIU - Tete! • CLIFFORD JORDAN - Firm Roots • DEXTER GORDON - Swiss Nights Vol.1 • N.H.ORSTED PEDERSEN/SAM JONES - Double Bass • STAN GETZ - Live At Montmartre • ARCHIE SHEPP & HORACE PARLAN - Goin'Home • NIELS-H.ORSTED PEDERSEN - Trio 1 • CEDAR WALTON - First Set • MONNETTE SUDLER - Brighter Days For You • DEXTER GORDON - Swiss Nights Vol.2 • SAM JONES - Visitation • DEXTER GORDON - Swiss Nights Vol.3 • SHIRLEY HORN - A Lazy Afternoon • CEDAR WALTON - Second Set • NIELS H.ORSTED PEDERSEN - Dancing On The Tables • ARCHIE SHEPP & HORACE PARLAN - Trouble In Mind • BOULOU FERRE' - Gypsy Dreams • ARCHIE SHEPP - Looking At Bird • SHIRLEY HORN - Violets For Your Furs • ARCHIE SHEPP - Mama Rose • CEDAR WALTON - Third Set • JOHNNY DYANI - Afrika

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Elliot Galvin è una delle stelle nascenti del firmamento jazz britannico. Pianista e compositore dal talento superlativo, possiede un’immaginazione ribelle e la capacità di cogliere gli stimoli di mondi diversi e distillarli nella sua visione musicale, che pur ricordando quella di Django Bates resta unica e originale. Dalla decostruzione degli standard alla creazione di melodie microtonali, la musica di Galvin è ludica e al tempo stesso mortalmente seria e attinge a un’ampia gamma di influenze, da Keith Jarrett a Stravinskij, Ligetti, Deerhoof e i Beatles, ma anche David Lynch, il Dadaismo e le opere letterarie di James Joyce. Vincitore in Germania del premio come European Young Jazz Artist of the Year del 2014, Galvin ha pubblicato lo stesso anno il suo lavoro d’esordio “Dreamland”, ottenendo recensioni entusiastiche che definivano lui come un artista coraggioso e progressista e l’album come una delle opere prime più forti in Gran Bretagna da molto tempo.

Elliot Galvin TrioPunch

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“Fellow Creatures” è il nuovo lavoro da solista del prolifico bassista, band leader e compositore danese Jasper Høiby, noto soprattutto come membro del terzetto jazz dei Phronesis. Si tratta di un disco vivace che abbina un’energia trascinante ad atmosfere consistenti e ritmi contrappuntistici. Un album che London Jazz ha descritto come “una fusione del groove contagioso della sezione ritmica dei Phronesis con gli hook sbilenchi dei Polar Bear”. Dai Polar Bear Høiby prende in prestito anche il sassofonista Mark Lockheart, affiancato dalla giovane trombettista Laura Jurd, da Will Barry al piano e da Corrie Dick alla batteria. In questo album rivoluzionario Jasper Høiby parte dal costante successo di critica di una carriera internazionale in ascesa per confermarsi come uno dei performer, compositori e band leader più fantasiosi, innovativi e forti della sua generazione in Europa.

Jasper HøibyFellow Creatures

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Prima di trasferirsi a Austin, Whitney Rose non aveva mai neanche ballato il two-step. Ora, con “South Texas Suite”, pubblica una dichiarazione d’amore al suo stato d’adozione, filtrata attraverso il suo sguardo nostalgico e romantico. Prodotto da Whitney Rose stessa, il disco riflette l’anima divisa della cantautrice countrypolitan, al tempo stesso insider e outsider, osservatrice e artefice, ascoltatrice e cantastorie. “South Texas Suite”, pubblicato da Red Essential, è stato registrato in due giorni con il contributo di diversi musicisti di ottimo livello: Redd Volkaert, già vincitore di un Grammy ed ex chitarrista di Merle Haggard, Earl Poole Ball, per due decenni tastierista di Johnny Cash, Kevin Smith, bassista nella Family di Willie Nelson, e Tom Lewis, batterista dei Mavericks e membro della band di Whitney Rose insieme al chitarrista Bryce Clark, al chitarrista steel James Shelton e alla chitarrista acustica Sophia Johnson.

Whitney RoseSouth Texas Suite

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I Black Lillies sono una band di quelle che durano nel tempo: la loro non è una musica commerciale da mestieranti, bensì una musica ricca, appassionata, suonata tanto con il cuore quanto con virtuosismo tecnico. Questa loro tenace autenticità è valsa loro riconoscimenti da fonti assai variegate, dalle riviste di settore ai quotidiani, fino ai programmi radiofonici e televisivi. Tre volte vincitori degli Independent Music Awards, sono molto attivi anche sul fronte dei festival. “Hard To Please” è vivace, sfrontato e splendido: un mix di ricco folk di Laurel Canyon, vitale soul alla Muscle Shoals, la nostalgia honky tonk del country classico, tortuose jam session e rock’n’roll duro e puro. L’album incarna in tutto e per tutto lo spirito e la libertà del viaggio negli spazi aperti delle highway americane. Americana music dal Tennnessee.

The Black LilliesHard to Please

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Terzo album solista del giovane cantautore Padovano Matt Waldon, cantautore con l’America nel sangue, così ci piace definirlo per le sue sonorità ed attinenze musicali. Questa nuova fatica vede in cabina di regia, come per i precedenti “Oktober” (2012) & “Learn To Love” (2014) l’amico songwriter newyorkese Kevin Salem che ne cura la produzione ed il mixaggio oltre ad apparire tra gli esecutori in ben 3 brani. Il songwriter & produttore newyorkese dopo aver collaborato con numerosissimi nomi importanti della scena musicale americana (da Howe Gelb a Rachael Yamagata, dai Mercury Rev ai Yo La Tengo a Matthew Ryan),  ha voluto nuovamente collaborare con l’amico Matt per la terza volta consecutiva, ed il risultato è veramente esplosivo! Il cantautore veneto sperimenta discostandosi da quelle radici Folk Alternative che avevano caratterizzato i suoi primi 2 album, in questo “Grow Up” si passa dalla psichedelia al punk, dall’alternative folk al rock più chitarristico senza mai risultare banale. Non vi resta che ascoltare per credere. 

Matt Waldon Grow Up

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EP

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Uscito in origine nel 1969 e presentava alla chitarra solista il leggendario James Burton. Tra i pezzi degni di nota dell’album ricordiamo “Beelzebub’s Laughter” e la versione originale del classico di Axton “Snow Blind Friend”. Per promuovere il disco, Axton ha svolto un tour in cui apriva per i Three Dog Night. La band ha sentito la sua canzone “Joy to the World” e ha deciso di inciderla, raggiungendo poi con essa la vetta delle classifiche nella primavera del 1971. Ora questa ristampa di “My Griffin Is Gone” ricorda la carriera di Axton, scomparso prematuramente nel 1999 all’età di 61 anni.

Hoty AxtonMy Griffin is Gone

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La carriera di Barry Goldberg è iniziata nei primi anni ’60 come tastierista per alcuni grandi del blues, come Howlin’ Wolf e Muddy Waters. Nel 1965 ha suonato anche per Bob Dylan alla leggendaria edizione del Newport Jazz Festival che ne ha visto la svolta elettrica. Nel 1967 ha poi formato con il chitarrista del blues revival Mike Bloomfield gli Electric Flag. “Street Man” è uscito in origine per Buddha Records nel 1969, mentre “Blast From My Past” è stato pubblicato nel 1971 e includeva tra gli special guest il già citato Mike Bloomfield, il chitarrista Harvey Mandel e l’armonicista blues Charlie Musselwhite. 2 Lp in 1 CD.

Barry GoldbergStreet Man & Blast From my Past

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Questo doppio CD raccoglie due album di Carly Simons: il primo dei due è uscito nel 1990, dopo tre anni di assenza della cantautrice statunitense dagli studi di registrazione, e raccoglieva i suoi primi pezzi originali da un po’ di tempo. L’album contiene tra l’altro un duetto con la cantautrice Judy Collins e vi ha collaborato anche il sassofonista Michael Brecker. Quattro anni dopo Carly Simon ha pubblicato “Letters Never Sent”, dedicato alla madre e a Jacqueline Onassis. Tra gli artisti che hanno contribuito al disco Rosanne Cash, Marc Cohn, Taj Mahal e Dave Stewart, musicista tra l’altro membro degli Eurythmics. Il doppio CD ha ricevuto l’approvazione di Carly Simon, coinvolta anche nella realizzazione della grafica, e contiene la trascrizione di tutti i testi e note di commento in inglese. 2 cd.

Carly Simon-Have You Seen Me Lately?-Letter Never sent

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Brewer & Shipley sono un duo folk rock americano che ha raggiunto l’apice del successo tra i tardi anni ’60 e i primi anni ’70, proprio con i quattro album qui riproposti, incisi per Karma Sutra. “Weeds”, uscito nel 1969, comprendeva una line up di ospiti illustri, tra cui Jerry Garcia, Mike Bloomfield e Nicky Hopkins; “Tarkio”, pubblicato in origine nel 1970, ha lanciato nella top ten la hit “One Toke Over The Like”; “Shake Off The Demon”, del 1971, vedeva tra gli ospiti David La Flamme (It’s A Beautiful Day), Spencer Dryden (Jefferson Airplane) e John Cippolina (Quicksilver); “Rural Space”, pubblicato nel 1971 con partecipazioni di Billy Mundi (Mothers Of Invention) e Buddy Cage alla pedal steel (New Riders Of The Purple Sage). Quattro album che mettono in luce la complessità degli intrecci di chitarra, armonie vocali e testi socialmente impegnati tipici del duo. 2cd.

Brewer & ShipleyKarma Collection

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Pubblicato nel 1968, “At Big Pink” è disponibile ora per la prima volta in CD ed è un’autentica rarità nel mercato odierno delle ristampe. I Baul bengalesi sono un gruppo di cantastorie mistici del Bengala, una regione nord-orientale del Subcontinente indiano che comprende per lo più lo stato indiano del Bengala Occidentale e il Bangladesh. Spesso sono riconoscibili per gli abiti e gli strumenti musicali caratteristici, ma non si sa molto sulle loro origini. I Baul utilizzano svariati strumenti, tra cui l’ektara, composto da una corda singola collegata a un bastone e a una cassa di risonanza, e il dotara, un liuto senza tasti. Erano Baul i tre uomini in piedi accanto a Bob Dylan sulla copertina del suo album “John Wesley Harding” e nel 1971 una famiglia Baul ha suonato a Londra per il concerto dei Rolling Stones a Hyde Park. “At Big Pink” è stato registrato al leggendario Big Pink, locale in cui erano di casa i The Band, ed è stato prodotto da Garth Hudson, membro del gruppo rock.

Bengali BaulsAt Big Pink

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Dopo “The Mingus Suite” prosegue la collaborazione tra l’etichetta Dodicilune ed il compositore, pianista e arrangiatore pugliese con questo nuovo progetto di composizioni originali in stile latin ispirate dalla musica di Bebo Valdes, Mario Bauza, Tito Puente, Mongo Santamaria e altri giganti della musica latina tradizionale. Il lavoro nasce dall'amore di Clemente per la cultura e musica cubana, come recita chiaramente il titolo, e prende forma proprio in seguito ad alcuni viaggi nell'isola caraibica, dove il progetto è stato interamente registrato insieme ad una nutrita compagine di artisti cubani. L’album ospita Santiago Ceballos (tromba), Heikel Trimino (trombone), Yuniet Lombida e Victor Guzman (sax alto/baritono), Emir Santa Cruz (sax tenore e clarinetto), Leyanis ValdÉs (piano), Yandy Martinez (contrabbasso), Augusto Lage (congas), Lennon Ruiz (timbales, snare drum, claves) e Adel Rodriguez (bongos, maracas, güiro, cowbell).

Adriano ClementeHavana Blue (Performed By Akashmani Ensemble)

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Importante progetto multimediale della Jazzy Records, che ha per protagonista il compositore e pianista siciliano Giovanni Mazzarino. Per celebrare i 50 anni di età e i 30 di carriera di uno dei più affermati pianisti Jazz della sua generazione, la sua etichetta discografica si è fatta promotrice di un’iniziativa speciale: la produzione di un nuovo disco e di un film-concerto dedicato alla poetica della sua musica e al suo strumento: il pianoforte. “Piani Paralleli” è una Suite di composizioni originali per quartetto Jazz e orchestra d’archi, una sinestesia musicale di ricordi, emozioni e “visioni” di Mazzarino, registrata live da Stefano Amerio di Artesuono nella Fazioli Concert Hall Fazioli insieme a musicisti con cui Mazzarino collabora da lungo tempo: Steve Swallow al basso elettrico, Adam Nussbaum alla batteria, Fabrizio Bosso alla tromba e l’Accademia d’Archi Arrigoni con la conduzione e gli arrangiamenti del Maestro Paolo Silvestri.

Giovanni MazzarinoPianiparalleli (Live From Fazioli Concert Hall)

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Il nuovo lavoro del duo composto da Michel Godard (serpent, tuba e bass) e Ihab Radwan (oud, vocals). Un percorso nei dintorni di un improvvisato e appassionato incontro tra questi due musicisti che suggerisce l’idea di un progetto originale, che unisce suggestioni francesi, italiane ed egiziane, uno sguardo al passato remoto, uno al futuro anteriore, visti e letti attraverso il prisma e le mille facce del jazz. Musica classica e suggestioni arabe, e su tutto un interplay vivido e fertile. Le loro composizioni hanno molti punti in comune: la modalità, gli ornamenti, la spontaneità, ma soprattutto l’improvvisazione, che è la chiave di volta di questa collaborazione. Insieme essi immaginano una musica senza barriere, bella e flessibile, proiettata fuori dal tempo. L’incontro è bello, creativo, necessario, accende il desiderio.

Michel Godard, Ihab RadwanDoux Desirs

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A dieci anni da “Vaghissimo Ritratto” esce per Dodicilune “Twelve Colours and Synesthetic Cells”, nuovo lavoro del duo composto dal sassofonista e clarinettista Gianluigi Trovesi e dal pianista Umberto Petrin. Il nume tutelare di riferimento è Alexander Skrjabin, che i due “usano” come pretesto per un dialogo suddiviso in vignette di notevole intensità. A nove brani ispirati a preludi skrjabiniani si alternano, infatti, dodici improvvisazioni ispirate alla tabella sinestetica che il compositore russo aveva creato legando lo spettro dei colori al carattere espressivo della sua musica. Evitando con leggerezza e bravura le banalità, Petrin e Trovesi prendono spunto da musiche di epoche diverse per realizzare una sintesi di linguaggi personale e ricca di spunti, in cui l'eco lontana delle armonie skjabiniane si stempera in quella del linguaggio jazzistico senza che questo abbia nulla di artificioso. Rispetto a “Vaghissimo Ritratto” l’approccio è più asciutto, le linee melodiche sono più angolose e sagomate e le atmosfere meno sognanti.

Gianluigi Trovesi & Umberto PetrinTwelve Colours and Synesthetic Cells

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Nuovo album della cantante Paola Arnesano e del fisarmonicista Vince Abbracciante, una celebrazione della musica popolare brasiliana dall’inizio del XX secolo ad oggi. Antônio Carlos Jobim diceva che “la tristezza e la nostalgia hanno la stessa dignità della felicità, perché condividono la stessa bellezza”. La musica popolare brasiliana (o MPB) è intrisa di questi sentimenti e stati d’animo quasi viscerali che ne caratterizzano il popolo: dalla “tristeza” alla “felicitade”, dalla “saudade” (nostalgia) allo “choro” (pianto). Priva di rabbia o voglia di ribellione, racconta più spesso lo struggimento per la terra, la natura, la storia, con grande poesia, uso di luoghi comuni, ironia e molto divertimento. Il canto eclettico di Paola Arnesano si sposa con tutto questo, accompagnato dalla maestria del fisarmonicista Vince Abbracciante, con il suo strumento storico della musica popolare brasiliana. Attraverso contaminazioni personali che non alterano la dignità dello stile raccontano “o choro”, “o baiao”, “o samba”, “a bossanova”, da Pixinguinha a Gonzaga, da Sivuca a Gismonti, da Barroso a Buarque.

Paola Arnesano& Vince Abbracciante MPB!

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Nella sua brillante carriera, Otis Taylor ha ricevuto 16

nomination ai Blues Music Award (BMA). Ora il

talentuoso cantautore e polistrumentista roots torna

con “Fantasizing About Being Black”, una lezione

forte e poetica sulla traumatica storia degli

afro-americani, dai viaggi degli schiavi sulle navi alla

vita nel delta del Mississippi. Se da un lato Taylor fa

un passo indietro nel tempo, dall’altro fa un passo

avanti come artista, combinando il suo esclusivo stile

autoriale con il taglio musicale coinvolgente del suo

trance blues. Le storie di resistenza dell’animo

umano di “Fantasizing About Being Black” suscitano

ammirazione, ma a rafforzare i testi sono anche le

melodie ipnotiche, veicolo emotivo di una sofferenza

logorante.

Giunto al quindicesimo album, Taylor ha voluto

parlare del razzismo subito dagli afro-americani e lo

ha collegato con fili invisibili ma concreti a quello

ancora presente ai giorni nostri nella società

americana. L’interpretazione musicale delle

ingiustizie passate assume così una veste attuale,

con un sound che attinge alla cultura afro-americana

ma si rinnova nelle scelte strumentali e negli

arrangiamenti. Taylor ha sperimentato con banjo e

flauto, perché quelli erano gli strumenti degli schiavi

nelle piantagioni del Sud.

“Fantasizing About Being Black” presenta 11 brani,

7 dei quali nuovi: 11 vicende di coraggio che

stimolano la riflessione, tra ritmi trance dell’Africa

occidentale, acoustic blues, chitarre slide e ballate

struggenti. Ad accompagnare Taylor e la sua chitarra

ipnotica e stravagante, ci sono tra gli altri la violinista

Anne Harris, il batterista Larry Thompson, il bassista

Todd Edmunds e gli special guest Jerry Douglas alla

lap steel in legno di koa, Ron Miles alla cornetta e il

giovanissimo virtuoso della chitarra Brandon

Niederauer.

Con questo suo nuovo disco Taylor si riconferma in

grado di trasmettere messaggi incisivi con dischi che

omaggiano le tradizioni musicali e al contempo

contribuiscono a far evolvere il genere, in un insieme

creativo dal forte impatto intellettuale ed emotivo.

“Fantasizing About Being Black” è un gioiellino dal

sound unico: attinge alla cultura afro-americana ma

la rinnova sul piano strumentale e degli

arrangiamenti.

Nella sua brillante carriera, Otis Taylor ha ricevuto 16

nomination ai Blues Music Award (BMA). Ora il

talentuoso cantautore e polistrumentista roots torna

con “Fantasizing About Being Black”, una lezione

forte e poetica sulla traumatica storia degli

afro-americani, dai viaggi degli schiavi sulle navi alla

vita nel delta del Mississippi. Se da un lato Taylor fa

un passo indietro nel tempo, dall’altro fa un passo

avanti come artista, combinando il suo esclusivo stile

autoriale con il taglio musicale coinvolgente del suo

trance blues. Le storie di resistenza dell’animo

umano di “Fantasizing About Being Black” suscitano

ammirazione, ma a rafforzare i testi sono anche le

melodie ipnotiche, veicolo emotivo di una sofferenza

logorante.

Giunto al quindicesimo album, Taylor ha voluto

parlare del razzismo subito dagli afro-americani e lo

ha collegato con fili invisibili ma concreti a quello

ancora presente ai giorni nostri nella società

americana. L’interpretazione musicale delle

ingiustizie passate assume così una veste attuale,

con un sound che attinge alla cultura afro-americana

ma si rinnova nelle scelte strumentali e negli

arrangiamenti. Taylor ha sperimentato con banjo e

flauto, perché quelli erano gli strumenti degli schiavi

nelle piantagioni del Sud.

“Fantasizing About Being Black” presenta 11 brani,

7 dei quali nuovi: 11 vicende di coraggio che

stimolano la riflessione, tra ritmi trance dell’Africa

occidentale, acoustic blues, chitarre slide e ballate

struggenti. Ad accompagnare Taylor e la sua chitarra

ipnotica e stravagante, ci sono tra gli altri la violinista

Anne Harris, il batterista Larry Thompson, il bassista

Todd Edmunds e gli special guest Jerry Douglas alla

lap steel in legno di koa, Ron Miles alla cornetta e il

giovanissimo virtuoso della chitarra Brandon

Niederauer.

Con questo suo nuovo disco Taylor si riconferma in

grado di trasmettere messaggi incisivi con dischi che

omaggiano le tradizioni musicali e al contempo

contribuiscono a far evolvere il genere, in un insieme

creativo dal forte impatto intellettuale ed emotivo.

“Fantasizing About Being Black” è un gioiellino dal

sound unico: attinge alla cultura afro-americana ma

la rinnova sul piano strumentale e degli

arrangiamenti.

CD e LP Audiophile

“Learn To Live” è il terzo album di Giuliano Vozella. Dieci canzoni, in lingua anglosassone, che raccontano la voglia di “imparare a vivere” ovunque il corpo e la mente decidano di restare, ritrovandosi così a vivere in luoghi di matrice opposta: la città, il mare, la natura, i luoghi chiusi e inquietanti gli spazi aperti ed evocativi. Il trasferimento lontano dalle radici, il cambiamento delle abitudini, il legame verso le persone che ti circondano e la voglia di lottare per godere delle gioie che la vita ti può donare, tutti argomenti che si sviluppano e prendono forma nell'intero album. Un’evoluzione del sound caratterizza l’intero lavoro discografico dove gli accenti folk-rock, consolidati nei precedenti lavori, marcano le stesure dei brani che si differenziano per stile e dinamiche. Arrangiamenti con l’aggiunta di elettronica d’ambiente, chitarre elettriche, ritmiche jungle e parti corali costituiscono il corpo dei 10 brani che si uniscono nel concept title “Learn To Live”. Tutte le canzoni sono state composte, scritte e arrangiate da Giuliano Vozella. Feat. Giuliano Vozella (Voci e Chitarre), Alessandro Grasso (Basso Elettrico, Hammond, Rhodes), Michele Ciccimarra, (Batteria), Vincenzo Guerra - Batteria & Percussioni), Stefano De Vivo, (Elettronica & Sound Design).

Giuliano Vozella Learn To Live

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“Ballate Salentine D’altro tempo”. Uno sguardo disincantato e intimo sulla situazione attuale del Salento, attraverso alcune delle più belle ballate di questa terra, liberate dalla solita retorica musicale che specie negli ultimi anni ha svilito il significato stesso della tradizione a favore di un confuso e pericoloso discorso identitario, degenerazione dell’autentico slancio di recupero della propria storia “povera” iniziato nei primi anni ‘90. Nasce così per Valerio Daniele la necessità di affrontare questo repertorio in intimità, con pochi compagni al fianco per interpretare 11 canti, quasi tutti tradizionali ma poco presenti nella discografia attuale, e in alcuni casi mai comparsi in un disco di riproposta. Accanto e intorno alle oniriche chitarre acustiche ed elettriche di Daniele ci sono alcune delle voci più intense e rappresentative del Salento, come Enza Pagliara, Alessia Tondo, Dario Muci, Emanule Licci, Rachele Andrioli e Ninfa Giannuzzi. A loro si aggiungono i colori trasfiguranti e le suggestioni sonore di Giorgio Distante, Roberto Gagliardi e Marco Stanislao Spina. Gli arrangiamenti sono dello stesso Daniele.

Valerio Daniele Sine Corde

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Due album della stessa mano, due respiri dello stesso corpo. Quello dell’artista e cantautore inglese trapiantato nel Salento. John Du Feu di salentino ha solo la sua recente residenza e un’amore per questa penisola del sud Italia. Dopo molte vite vagabonde, passate a dirigere e recitare in compagnie teatrali di mezzo mondo, approda nel Salento con la sua lunga barba bianca e gli occhi vivi di chi ha molto da raccontarti. La pubblicazione si articola in due momenti. Il primo, “Naked Heart”, è composto da 14 canzoni ridotte allo stretto essenziale, chitarra, voce e sentimento, in uno stile da songwriter anglo-americano. Il secondo, “Sky Blind” è una selezione di 10 tracce da “Naked Heart” rivisitate e reinterpretate da alcune delle migliori menti musicali del magico Salento. Valerio Daniele, Maurizio De Tommasi, Alessandro Dell’Anna, Marco Bardoscia, Marco Tuma, Redi Hasa e Massimo Donno si uniscono a John Du Feu per dare alle sue canzoni un'altra prospettiva, con arrangiamenti rispettosi e incursioni strumentali delicate che svelano aspetti nascosti della musica del cantautore inglese.

John Du FeuSky Blind / Naked Heart

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IRD International Record Distribution • www.ird.it • facebook: www.ird.it/mipiace.htm

Il nuovo spettacolo musicale di Pietro Condorelli, esprime una logica di comunicazione che trascende l’ordinario stereotipo di “concerto jazz”, pur senza rinunciare ai contenuti musicali ed artistici, talvolta non facili per i non iniziati. Una ricerca espressiva che affronta differenti tematiche: dalla cultura degli anni ‘70 a Kerouac e la musica del dopoguerra, la cultura popolare e le origini del cinema, in un continuum spazio-temporale. Affinatosi dopo alcune esecuzioni pubbliche, l'attuale formula esprime la sua piena maturità espressiva alternando brani originali di Pietro Condorelli e riletture di altri artisti, a readings di testi provenienti da autori in qualche modo vicini al jazz, come Jack Kerouac, in una sorta di “continuum” musicale-teatrale. Rinnovata anche la formazione che vede Pietro Condorelli alla chitarra, la collaudata ritmica di Domenico Santaniello al contrabbasso e Claudio Borrelli alla batteria e ha la particolarità di “rispettare le quote rosa” con Francesca Masciandaro al flauto, già conosciuta in ambiti di musica popolare multietnica, e la vocalist Simona Boo, che spazia anche in ambiti eterogenei come quelli della bossa nova e blues. DVD

Pietro Condorelli Jazz Idea & Songs

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L’acclamata cantautrice americana Jennifer Warnes nel 1976 e 1979 ha pubblicato per Arista “Jennifer Warnes” e “Shot Through The Heart”, entrambi entrati nella Top 100 statunitense. Al loro interno brani di successo come “Right Time Of Night”, “I’m Dreaming”, “I Know A Heartache When I See One” e “Don’t Make Me Over”. Jennifer Warnes ha messo a segno due primi posti con il singolo “Up Where We Belong” (con Joe Cocker) e con “(“I’ve Had The) Time Of My Life” (con Bill Medley). Amica di Leonard Cohen fino alla fine, ha contribuito a molti dei suoi progetti e continua di tanto in tanto a esibirsi. Ha inoltre in progetto l’uscita di un nuovo album nei prossimi mesi. 2 LP IN 1 CD

Jennifer WarnesJennifer Warnes / Shot Through the Heart

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Edizione in digital remaster dei due album solisti pubblicati nel 1971 e nel 1972 per Warner Bros da John Stewart, ex membro dei Kingston Trio. In queste incisioni Stewart è supportato da una lunga serie di sidemen illustri, tra cui il chitarrista e vincitore di tre Grammy Larry Carlton, il chitarrista James Burton, il chitarrista Peter Asher e il batterista Russ Kunkel. In particolare “The Lonesome Picker Rides Again” ha risalito le classifiche statunitensi fino a giungere nella Top 20 e ha riproposto “Daydream Believer”, scritta anni prima da Stewart per i Kingstron Trio e divenuta una hit nella versione del 1967 dei Monkees. Stewart ha poi continuato a esibirsi e registrare fino alla sua morte, nel 2008. 2 LP IN 1 CD

John StewartThe Lonesome Picker Rides Again / Sunstorm

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Il batterista jazz Tony Williams ha pubblicato tre album con Sony: “Believe It” nel 1975, “Million Dollar Legs” nel 1976 e “Joy Of Flying” nel 1979. Alla realizzazione dei primi due ha partecipato anche il grande chitarrista jazz rock Allan Holdsworth, mentre a “Joy Of Flying” hanno contribuito, tra gli altri, il chitarrista George Benson, il bassista Stanley Clarke, il tastierista Brian Auger, Herbie Hancock, il sassofonista David Sanborn e il chitarrista Ronnie Montrose. Questa infilata di grandi nomi non deve stupire: nella sua purtroppo breve vita (è scomparso nel 1997 ad appena 51 anni) Williams ha suonato con tutti, da Miles Davis ai Public Image Ltd. di John Lydon. Ora i tre album usciti per Sony sono disponibili in digital remaster. 3 LP IN 2 CD

Tony WilliamsBelieve it / Million Dollar Legs / Joy of Flying

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Questa raccolta comprende quattro album della cantante country Janie Fricke, usciti per Columbia nel 1981, 1982, 1983 e 1984. Oggi la Fricke è un’artista di fama consolidata e in questi suoi lavori passati si trovano alcune hit che già all’epoca hanno scalato le classifiche fino alla vetta. Alcuni esempi sono “He’s A Heartache (Looking For A Place To Happen)”, “It Ain’t Easy Bein’ Easy”, “Let’s Stop Talkin’ About It” e ‘Your Heart’s Not In’ It’. Ora i quattro dischi tornano disponibili in digital remaster. 4 LP IN 2 CD

Janie FrickeSleeping with your memory / It ain’t easy / Love lies / The first word in memory

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L’ex chitarrista dei Lowlands ci presenta il secondo volume dei concept albums strumentali, il primo pubblicato nel 2012 ed è stato nominato, nella categoria indipendenti, ai Music Awards. Le maggiori testate nazionali ed internazionali l’hanno considerato come uno dei migliori album strumentali dell’anno. “Raighes Vol. 2” (“Raighes” in sardo significa “Radici”) è un’altra felice sorpresa, in quanto siamo di fronte ad un ennesimo gioiellino musicale dove la chitarra è protagonista. Le radici, come si sa, per crescere hanno bisogno di nutrimento, e questo bravissimo chitarrista ne attinge dalle proprie esperienze di vita. A volte episodi semplici, altre volte fatti che sono vere ed importanti tappe nella crescita personale di ognuno di noi. Tutte queste esperienze, filtrate dalla sensibilità di Roberto Diana, prendono forma e corpo nelle nove tracce che compongono quest’ottimo cd strumentale, ricco di suoni che richiamano i grandi dello strumento come Leo Kottke o John Fahey, ma in realtà sono l’anima del loro autore ed interprete. Nel disco partecipano in alcuni brani: Jimmy Ragazzon (armonica), Giulia Cartasegna (violin e tanpura), Cristiano Carbini (drums), Larry Salzman (percussion), Isha (tanpura). Impeccabile la resa sonora.

Roberto DianaRaighes Vol. 2

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Disponibili anche:Raighes Vol. 1Primo concept album, nove brani del 2012

Whisky a go go (Bootleg official live) Registrato nel 2015 al mitico Whisky A Go Go. Edizione Limitata mini album 5 brani

R I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Cominciamo da una tua personale presentazione… musicalmente come nasci… Puoi sintetizzarla con un’immagine?Che bella domanda… Mi piace molto il termine “Cantadora”, colei che canta storie di ogni tempo e luogo, storie dell'anima.

La musica mi ha accompagnato fin da bambina. Ho sempre sentito un legame molto fisico ed emotivo, e come una necessità esplorarla e integrarla nella mia vita. Ho cominciato a studiare violoncello quando avevo 10 anni e nel frattempo ho iniziato l'esperienza corale, che è stata una delle formazioni più interessanti che ho avuto, sia dal punto di vista musicale che umano. Ho cantato in cori, ma soprattutto in gruppi vocali a cappella per più di 15 anni. A questa esperienza va tutta la mia gratitudine: mi ha insegnato a servire un progetto e a sentirmi parte di un tutto.Ma non mi bastava, volevo comprendere meglio la connessione del corpo con la voce: così ho fatto esperienza e cantato nell'ambito della ricerca teatrale e della danza contemporanea, seguendo circuiti un po' alternativi. Per qualche anno ho frequentato una grande maestra che si chiama Maud Robart (Haitiana, collaboratrice del teatro di Jerzy Grotowsky), che usando canti della tradizione voodoo, crea connessioni tra la cultura arcaica e quella occidentale: l'obiettivo è risvegliarsi al sentire attraverso la vibrazione del canto.

Ho visto che la tua formazione musicale passa dall’etnomusicologia e per la musicoterapia: sono due ambiti che hanno a che fare con la concezione dell’essere umano… ci puoi dire qualcosa di più?La voglia di esplorare il vastissimo mondo della musica mi ha portato a seguire le strade che sentivo più affini a me: per quanto riguarda la formazione in etnomusicologia, la musica di culture “altre” mi ha sempre toccato nel profondo, come se ognuna portasse a galla un aspetto diverso e in un certo modo “archetipico”, se così si può dire, dell'essere umano. Come se ognuna dipingesse, con colori diversi, parti interne di un sé ricco e complesso. La musicoterapia mi ha aperto a un altro aspetto, ovvero quello trasformativo della musica: il

suo grande potere di cambiare un'atmosfera, emozioni e percezioni, ha per me il fascino ancestrale di un rituale e di un potente mezzo di trasformazione. Ma è anche un altro modo per mettersi al servizio, in cui non sono necessari grandi virtuosismi, ma la voglia di essere in ascolto e dialogare. Un'esperienza liberatoria in cui la musica diventa un mezzo e non un fine.Cantare per me è sempre un'azione catartica e piuttosto viscerale, in cui percepisco chiaramente che le mie parti razionali vengono completamente travolte da una forza più grande.

Doña Flor, Alma Desnuda, un cd colorato e fiorito, sin dalla copertina e dal libretto… proviamo a vedere qualche sinestesia tra colori e musica…Si, in effetti sento che la musica rappresenta uno dei fili di una trama che creano un quadro più grande: colori, forme, impressioni, in cui ogni dettaglio è una parte che racconta del viaggio di questo alter ego; delle contaminazioni e del calore sudamericani, con quella caratteristica di forza, colore e racconti in cui il sogno contamina la visione della realtà.Essendo un alter ego, è come immergersi in un personaggio, che canta e racconta musica e colori, che si fa attraversare da un'esperienza che coinvolge tutti i sensi.

Cecilia Fumanelli alla voce, Simone Riva alla chitarra e mandolino, Diego Zanoli alla fisarmonica, Max Confalonieri al contrabbasso, Max Malavasi alla batteria e alle percussioni… con Doña Flor che sonorità cercate? Qual è la vostra ricerca musicale?Ho più la sensazione che la musica cerchi noi che viceversa! O forse mi piace pensare così. Più questo avviene, lasciandole spazio di manifestarsi nel nostro suono, più si definisce un'alchimia di personalità caratterizzate da influenze diverse.Quello che emerge è qualcosa di intenso, a volte evocativo, con colori forti e caldi. Il nostro punto d'incontro è mostrare se stessi in musica, senza più il bisogno della maschera che si indossa tutti i giorni. La realtà per i Dona Flor è il palco. Li ci mostriamo “nudi”, mostriamo la nostra vera natura. Oltre a suonare è un sublimare noi stessi, la nostra sensibilità, la nostra follia, a volte anche il nostro dolore e le nostre speranze. Tutto raccontato con passione e semplicità.Forse… o forse è qualcosa d' altro. (Ringrazio Max Malavasi per il contributo!)

Veniamo al titolo del cd: Alma desnuda… ci puoi spiegare il titolo?Questo si ricollega un po' alla domanda precedente. Da un lato per me cantare ha il significato di mostrare le parti più profonde di sé. Quando canti sei solo tu, il tuo corpo e la tua voce, nessuno strumento si interpone tra te e chi ascolta. Il canto è connesso al respiro e il respiro non mente mai… per questo mi sento un'anima nuda!Inoltre ha a che fare con la scelta dei pezzi, che toccano per noi corde sensibili.Non ultimo il fatto che per tanti anni ho cantato con altre persone, sempre in situazioni di gruppi vocali e che negli ultimi anni ho deciso di portare la mia voce “fuori dal coro”. Esporsi è rischiare, e io ho voglia di farlo, con l'anima.

5 tracce di Alma Desnuda sono canzoni di Lhasa de Sela, cantautrice di origine messicano-statunitense, morta a soli 37 anni, con una vita “on the road” tra Messico e Stati Uniti, e una vicinanza all’attività circense…L'incontro con la musica di Lhasa è stato folgorante. Tante le somiglianze nello stile di vita e nel sentire la musica… amo tenere vive le storie, così ho voluto dare il mio piccolo contributo a far vivere i suoi pezzi, ma anche a onorare la sua vita e la sua bellezza.

La tua passione non è solo musicale, come posso vedere da “Spaziobizzarro”, ci puoi raccontare in cosa consiste questa esperienza e come rientra nell’attività di musicista-cantante?Spazio Bizzarro è un progetto nato un po' per caso qualche anno fa, ma che ha modellato moltissimo la mia vita. E' una scuola di circo in uno chapiteau, in cui organizziamo corsi, progetti educativi, residenze artistiche, eventi e spettacoli.Ho incontrato il mondo del circo contemporaneo una decina di anni fa, venendo a contatto con l'ambiente della scuola di Cirko Vertigo di Torino, grazie a Nicola, mio marito, che la frequentava. E' stato subito un amore a prima vista, nel circo c'era tutto quello che amavo: fisicità, passione, musica, danza, immaginazione. Ho iniziato a cantare nella compagnia di circo della scuola, con uno spettacolo sui 150 anni dell'unità d'Italia (“Una piccola tribù corsara”) che ha debuttato in diversi festival internazionali (Italia, Argentina, Brasile).Cantare per gli spettacoli è per me una delle forme più interessanti del fare musica: è mettersi a disposizione di un artista, di un numero, in una sinestesia che prende forma nella performance e si arricchisce di arti diverse.Ma è anche azione teatrale, che richiede presenza e intensità.Con Spazio Bizzarro in questi anni ho continuato a cantare e a lavorare come attrice in cabaret e spettacoli, come “Leonardo, il peso e la piuma” dedicato alla poliedrica figura di Leonardo da Vinci.Poi quest'anno è arrivato “Born To Be Circus”: uno spettacolo con 16 artisti, organizzato dalla compagnia Circo Zoè (di cui uno dei fondatori è il nostro fisarmonicista Diego Zanoli), che ci ha visti impegnati per 14 serate a Torino quest'inverno. 5 musicisti e 11 artisti, un’autentica troupe di circo che ha dato vita ad un cabaret pop dal fascino antico. E' un grosso progetto, che ci vedrà aprire quest'estate il festival di Mirabilia, uno dei più importanti festival di circo italiani. Claudio Zonta

Cominciamo da una tua personale presentazione… musicalmente come nasci… Puoi sintetizzarla con un’immagine?Che bella domanda… Mi piace molto il termine “Cantadora”, colei che canta storie di ogni tempo e luogo, storie dell'anima.

La musica mi ha accompagnato fin da bambina. Ho sempre sentito un legame molto fisico ed emotivo, e come una necessità esplorarla e integrarla nella mia vita. Ho cominciato a studiare violoncello quando avevo 10 anni e nel frattempo ho iniziato l'esperienza corale, che è stata una delle formazioni più interessanti che ho avuto, sia dal punto di vista musicale che umano. Ho cantato in cori, ma soprattutto in gruppi vocali a cappella per più di 15 anni. A questa esperienza va tutta la mia gratitudine: mi ha insegnato a servire un progetto e a sentirmi parte di un tutto.Ma non mi bastava, volevo comprendere meglio la connessione del corpo con la voce: così ho fatto esperienza e cantato nell'ambito della ricerca teatrale e della danza contemporanea, seguendo circuiti un po' alternativi. Per qualche anno ho frequentato una grande maestra che si chiama Maud Robart (Haitiana, collaboratrice del teatro di Jerzy Grotowsky), che usando canti della tradizione voodoo, crea connessioni tra la cultura arcaica e quella occidentale: l'obiettivo è risvegliarsi al sentire attraverso la vibrazione del canto.

Ho visto che la tua formazione musicale passa dall’etnomusicologia e per la musicoterapia: sono due ambiti che hanno a che fare con la concezione dell’essere umano… ci puoi dire qualcosa di più?La voglia di esplorare il vastissimo mondo della musica mi ha portato a seguire le strade che sentivo più affini a me: per quanto riguarda la formazione in etnomusicologia, la musica di culture “altre” mi ha sempre toccato nel profondo, come se ognuna portasse a galla un aspetto diverso e in un certo modo “archetipico”, se così si può dire, dell'essere umano. Come se ognuna dipingesse, con colori diversi, parti interne di un sé ricco e complesso. La musicoterapia mi ha aperto a un altro aspetto, ovvero quello trasformativo della musica: il

suo grande potere di cambiare un'atmosfera, emozioni e percezioni, ha per me il fascino ancestrale di un rituale e di un potente mezzo di trasformazione. Ma è anche un altro modo per mettersi al servizio, in cui non sono necessari grandi virtuosismi, ma la voglia di essere in ascolto e dialogare. Un'esperienza liberatoria in cui la musica diventa un mezzo e non un fine.Cantare per me è sempre un'azione catartica e piuttosto viscerale, in cui percepisco chiaramente che le mie parti razionali vengono completamente travolte da una forza più grande.

Doña Flor, Alma Desnuda, un cd colorato e fiorito, sin dalla copertina e dal libretto… proviamo a vedere qualche sinestesia tra colori e musica…Si, in effetti sento che la musica rappresenta uno dei fili di una trama che creano un quadro più grande: colori, forme, impressioni, in cui ogni dettaglio è una parte che racconta del viaggio di questo alter ego; delle contaminazioni e del calore sudamericani, con quella caratteristica di forza, colore e racconti in cui il sogno contamina la visione della realtà.Essendo un alter ego, è come immergersi in un personaggio, che canta e racconta musica e colori, che si fa attraversare da un'esperienza che coinvolge tutti i sensi.

Cecilia Fumanelli alla voce, Simone Riva alla chitarra e mandolino, Diego Zanoli alla fisarmonica, Max Confalonieri al contrabbasso, Max Malavasi alla batteria e alle percussioni… con Doña Flor che sonorità cercate? Qual è la vostra ricerca musicale?Ho più la sensazione che la musica cerchi noi che viceversa! O forse mi piace pensare così. Più questo avviene, lasciandole spazio di manifestarsi nel nostro suono, più si definisce un'alchimia di personalità caratterizzate da influenze diverse.Quello che emerge è qualcosa di intenso, a volte evocativo, con colori forti e caldi. Il nostro punto d'incontro è mostrare se stessi in musica, senza più il bisogno della maschera che si indossa tutti i giorni. La realtà per i Dona Flor è il palco. Li ci mostriamo “nudi”, mostriamo la nostra vera natura. Oltre a suonare è un sublimare noi stessi, la nostra sensibilità, la nostra follia, a volte anche il nostro dolore e le nostre speranze. Tutto raccontato con passione e semplicità.Forse… o forse è qualcosa d' altro. (Ringrazio Max Malavasi per il contributo!)

Veniamo al titolo del cd: Alma desnuda… ci puoi spiegare il titolo?Questo si ricollega un po' alla domanda precedente. Da un lato per me cantare ha il significato di mostrare le parti più profonde di sé. Quando canti sei solo tu, il tuo corpo e la tua voce, nessuno strumento si interpone tra te e chi ascolta. Il canto è connesso al respiro e il respiro non mente mai… per questo mi sento un'anima nuda!Inoltre ha a che fare con la scelta dei pezzi, che toccano per noi corde sensibili.Non ultimo il fatto che per tanti anni ho cantato con altre persone, sempre in situazioni di gruppi vocali e che negli ultimi anni ho deciso di portare la mia voce “fuori dal coro”. Esporsi è rischiare, e io ho voglia di farlo, con l'anima.

5 tracce di Alma Desnuda sono canzoni di Lhasa de Sela, cantautrice di origine messicano-statunitense, morta a soli 37 anni, con una vita “on the road” tra Messico e Stati Uniti, e una vicinanza all’attività circense…L'incontro con la musica di Lhasa è stato folgorante. Tante le somiglianze nello stile di vita e nel sentire la musica… amo tenere vive le storie, così ho voluto dare il mio piccolo contributo a far vivere i suoi pezzi, ma anche a onorare la sua vita e la sua bellezza.

La tua passione non è solo musicale, come posso vedere da “Spaziobizzarro”, ci puoi raccontare in cosa consiste questa esperienza e come rientra nell’attività di musicista-cantante?Spazio Bizzarro è un progetto nato un po' per caso qualche anno fa, ma che ha modellato moltissimo la mia vita. E' una scuola di circo in uno chapiteau, in cui organizziamo corsi, progetti educativi, residenze artistiche, eventi e spettacoli.Ho incontrato il mondo del circo contemporaneo una decina di anni fa, venendo a contatto con l'ambiente della scuola di Cirko Vertigo di Torino, grazie a Nicola, mio marito, che la frequentava. E' stato subito un amore a prima vista, nel circo c'era tutto quello che amavo: fisicità, passione, musica, danza, immaginazione. Ho iniziato a cantare nella compagnia di circo della scuola, con uno spettacolo sui 150 anni dell'unità d'Italia (“Una piccola tribù corsara”) che ha debuttato in diversi festival internazionali (Italia, Argentina, Brasile).Cantare per gli spettacoli è per me una delle forme più interessanti del fare musica: è mettersi a disposizione di un artista, di un numero, in una sinestesia che prende forma nella performance e si arricchisce di arti diverse.Ma è anche azione teatrale, che richiede presenza e intensità.Con Spazio Bizzarro in questi anni ho continuato a cantare e a lavorare come attrice in cabaret e spettacoli, come “Leonardo, il peso e la piuma” dedicato alla poliedrica figura di Leonardo da Vinci.Poi quest'anno è arrivato “Born To Be Circus”: uno spettacolo con 16 artisti, organizzato dalla compagnia Circo Zoè (di cui uno dei fondatori è il nostro fisarmonicista Diego Zanoli), che ci ha visti impegnati per 14 serate a Torino quest'inverno. 5 musicisti e 11 artisti, un’autentica troupe di circo che ha dato vita ad un cabaret pop dal fascino antico. E' un grosso progetto, che ci vedrà aprire quest'estate il festival di Mirabilia, uno dei più importanti festival di circo italiani. Claudio Zonta

New Landscapes nasce nel 2015 dall’esigenza di esplorare le potenzialità espressive di un ensemble cameristico in cui convivono strumenti e musicisti di estrazione diversa. La musica barocca, quella etnica e contemporanea, l’improvvisazione, così come le composizioni originali del trio, diventano possibili declinazioni di un unico modo di concepire la musica: la ricerca di un suono e di un gesto equilibrati ed evocativi. I tre musicisti veneti, accumunati da insolite apertura e curiosità, vengono da esperienze diverse. Avevano già suonato insieme Silvia Rinaldi, violinista veneziana, e Luca Chiavinato, chitarrista classico poi passato al liuto barocco e all’oud. Ma se il loro incontro poteva già apparire interessante (qualche brano del disco vede infatti all’opera il solo duo, come Lachrimae, dell’inglese John Dowland, e la stravagante Gnossienne n. 1 di Satie), la vera novità del progetto è rappresentata dall’aggiunta del clarinetto basso di Francesco Ganassin, musicista poliedrico, a suo agio sia con il linguaggio contemporaneo che con quello jazzistico. Un disco del debutto “live” insolito, ma sincero e coraggioso, il primo passo di un percorso artistico che fa già intravvedere nuovi ed interessanti sviluppi.

New Landscapes Rumors

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Nel deserto è facile perdersi, ma si può anche rischiare di ritrovarsi. E' per questo che tanti se ne sono invaghiti. E se a Timbuctu i Dinamitri Jazz Folklore hanno potuto ritrovare le radici musicali di una cultura antica come quella tuareg per arrivare a toccarne l'essenza, allo stesso tempo si son dovuti rimettere in gioco. La toscanità, l'identità aperta e il senso comunitario che ha reso questa esperienza diversa da tante altre, sono state le chiavi di un incontro possibile. Ecco perché emerge in questo disco “live” una doppia anima: da un lato la forte spiritualità ritualistica, da sempre presente nel battito musicale del livornese Dimitri Grechi Espinoza, sax alto, dall'altra il debordante vitalismo che lo ha contagiato attraverso Ahmed Ag Kaedi degli Amanar, o gruppi come i Tartit ed i Daktaris. L’obiettivo sembra essere quello di esplorare il linguaggio jazz studiandone le connessioni con i diversi idiomi, e compiendo così una sorta di cammino a ritroso: da Ornette Coleman al jazz modale, dal be–bop alle polifonie di New Orleans, dal blues all’Africa. Di tutti i precedenti album, sempre molto attenti alle suggestioni dell’Africa sahariana, questo è quello che coglie maggiormente il lato giocoso del gruppo, in grado di essere profondo senza per questo apparire troppo “serioso”.

Dinamitri Jazz Folklore Exwide Live

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ZR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Terzo episodio di un’avvincente saga pianistica, questo “Stride vol. 3 – live” è molto diverso dai due precedenti, perché – come fa capire lo stesso titolo – è stato registrato interamente dal vivo. Il nuovo piano–solo del jazzista friulano Claudio Cojaniz, oggi nel pieno della sua maturità artistica, è una riuscita fotografia di quello che fa solitamente nei suoi concerti, con un repertorio quanto mai vario e che presenta in quest’occasione, oltre ai collaudati cavalli di battaglia, più di qualche novità. Pur registrato appena tre mesi dopo il secondo, “Stride vol. 2” sembra completare nel migliore dei modi l’indagine sul pianismo di Claudio Cojaniz, tra i più coerenti ed originali dell’odierna scena jazzistica, non solo italiana.

Claudio CojanizStride Vol. 3 Live

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Gabriele Pesaresi è un musicista che, fino ad ora, ha magnificamente arricchito progetti, lavori discografici e live di grandi musicisti sia in Italia che molto oltre i suoi confini. Questa è premessa necessaria per riuscire ad inquadrare “Something About”: il contrabbassista ora, per la prima volta, sente l’esigenza di condividere con gli altri un suo lavoro discografico da leader. Il lavoro che ne risulta quindi, non risente di nessuna delle caratteristiche delle opere prime: il linguaggio compositivo e improvvisativo è molto definito, curato e mirato ad un certo tipo di comunicazione; c’è un’idea della forma ben avvertibile e lo stessa identità sonora si riflette con egual forza su tutte le tracce. Capiamo che il musicista, invece che raccogliere una summa antologica delle proprie esperienze, sceglie di fare una scelta di campo ben precisa. Una decisione elegante e apprezzabilissima in uno scenario discografico che privilegia l’assemblaggio di portfolio musicali più che di progetti comunicativi. Feat. Simone La Maida, Marco Postacchini, Massimo Morganti, Angelo Trabucco.

Gabriele PesaresiSomething About

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Il trombonista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra Massimo Morganti pubblica il suo nuovo album in collaborazione con Martin Wind, William Cunliffe, Joe LaBarbera, Scott Robinson e Diana Torto. Massimo Morganti è un musicista versatile, nel senso che Stefano Benni conferisce al termine: “colui che ha talenti vari, e ama distribuirli tra sfide ed esperimenti diversi, mantenendo totale serietà e unicità“. Trombonista e fisarmonicista molto tecnico e sempre originale, Massimo in questo suo lavoro eccelle soprattutto come direttore d’orchestra, compositore e arrangiatore; i brani disegnano nell’insieme un coloratissimo viaggio attraverso la storia del jazz, da Gershwin - riletto con sapienza e rispetto delle trame originali - a pagine firmate da autori del nostro tempo e ricomposte - che altro fa un geniale arrangiatore?- da Morganti con gusto, eleganza e sonorità ora mediterranee (con testi in basco e sardo), ora contemporanee.

Massimo MorgantiArrangiamenti

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Come solista, produttore e membro di spicco del supergruppo smooth jazz BWB (insieme a Kirk Whalum e Norman Brown), Rick Braun ha legato il suo nome a più di 20 hit giunte in vetta alle classifiche radiofoniche di smooth jazz. Grazie ai continui tour e alle collaborazioni con pesi massimi del genere, come Dave Koz, Boney James e Brian Culbertson, nell’ambiente è ormai più che affermato. “Around The Horn” propone tutta la sua abilità alla tromba, con melodie memorabili e un sound lirico e leggero al tempo stesso. Rick Braun reinventa in chiave jazz brani pop come “Yellow” dei Coldplay, “In Common” di Alicia Keys e “We Don’t Talk Anymore” di Charlie Puth e Selena Gomez, e si avvale invece per altri pezzi della collaborazione di musicisti di prim’ordine, dalla superstar della chitarra Peter White alla stella nascente del canto Lindsey Webster. Un album che JazzTimes ha definito irresistibile e che non deluderà gli appassionati del genere.

Rick BraunAround The Horn

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Phil Perry non ha bisogno di presentazioni: a parlare per lui bastano la sua hit R&B “Call Me”, il ruolo di lead vocalist dei Fourplay e di Najee, quello di corista per Anita Baker, Barbra Streisand, Patti LaBelle, Chaka Khan e Quincy Jones, e le sue entusiasmanti performance dal vivo. Non a caso questo veterano del soul è considerato uno dei legami più significativi dell’urban jazz con l’epoca d’oro dei grandi, come Marvin Gaye e Teddy Pendergrass. Ora, con “Breathless” propone uno smooth jazz incalzante e appassionato, con rivisitazioni del classico di Stevie Wonder “Love’s In Need Of Love Today”, della hit dei 5th Dimension (scritta da Burt Bacharach) “One Less Bell To Answer” e di “Is It You?” di Lee Ritenour. Co-prodotto da Phil Perry e dal collaboratore di lunga data Chris Davis (Will Downing, Kim Burrell, George Clinton), “Breathless” saprà farsi apprezzare dai fedelissimi di Perry.

Phil PerryBreathless

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NR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Prossime Uscite

AppaloosaRecords

APPALOOSA

Tim Grimm - A Stranger in this Time

Reed Turchi - Tallahatchie

Let My HorsesRun Free

DISTRIBUZIONE: I.R.D.International Record Distribution

www.ird.it • facebook: ird.it/mipiace.htm

C’è tanta passione nella musica di Gabriel Delta, da sempre. Una passione musicale e una passione per l’impegno sociale, con la musica a favore dei più deboli. Questa è una delle principali caratteristiche di questo eclettico cantante e chitarrista italo-argentino che da anni propone un suo personale percorso musicale attraverso le Americhe che riassume le influenze ricevute, dai 3 famosi King (B.B., Freddie e Albert), al funky e al rhythm’n’blues, senza appunto dimenticare le proprie origini sudamericane. In questo inizio 2017 la Gabriel Delta Band si presenta con un nuovo progetto musicale, un disco dal titolo emblematico “HOBO”, la cui traduzione letterale sarebbe “Vagabondo”, ma che racchiude in realtà un significato più profondo. Per questo nuovo progetto Gabriel Delta si è circondato di musicisti esperti, come Daniele Mignone al basso, Carlo Bellotti alla Batteria e Gianni Gotta alla chitarra, dando origine ad un suono compatto che - non disdegnando le radici del blues - ne percorre la strada tracciata, contaminata dal rock, dal folk e dalla musica latino-americana definendo “HOBO” come un album senza frontiere.

Gabriel Delta Band Hobo

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Secondo album del chitarrista, compositore romano Matteo Cona composto da 10 brani di sua composizione che raccontano storie vere di persone e dei loro differenti modi di vivere il tempo libero. Un’indagine sul “giorno di riposo”, momento per prenderci cura di noi stessi esprimendo l’individualità uscendo dai dogmi dei media e dal bisogno di essere accettati socialmente. La domenica può però diventare un’arma a doppio taglio per chi non ha proprio equilibrio o buone relazioni sociali, enfatizzando la sensazione di malessere e di inutilità. La ricerca musicale del disco prova a sfuggire i cliché del jazz post-bop seppur accogliendone le grandi innovazioni compositive e timbriche. Lo stile è certamente influenzato da musicisti come Kurt Rosenwinkel, dal quale mutua la ricerca tra jazz e rock con un frequente lirismo tensivo, e Kenny Wheeler che ispira composizioni di ampio respiro e la costante ricerca di un fil rouge che attraversi ogni passaggio dell’opera. L’efficacia del risultato sonoro si realizza anche grazie al contributo dei musicisti che hanno collaborato alle registrazioni: il sassofonista di Augusto Pallocca, tastierista Carlo Ferro e l’eccezionale tecnica del batterista Sergio Tentella.

Matteo Cona Something to do on Sunday

JAZ

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Les Sens Jazz e’ un gruppo musicale che nasce a Verona nel 2015 dalla passione di musicisti insegnanti professionisti. Il repertorio musicale si basa su brani standard jazz e latin jazz con improvvisazioni accurate, intrattenendo i vostri clienti con sonorità suggestive per dare il piacere di una serata di relax e di grande ascolto. Feat. Luigi Mazzaglia (Sax alto e tenore), Gian luca Zoccatelli, (Pianoforte e flauto traverso), Max Avesani (Percussioni), Dimitri Tormene (Tromba e Flicorno), Fabio Agosti (Basso elettrico), Pablo Kingsfart (Chitarra elettrica e acustica), Beppe Mazzone (Fonico e recording dj).

Les Sens JazzEarth

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Dopo aver esportato la sua musica in Giappone, Europa e Usa, con album pieni di suoni, pieni di strumenti e di musicisti, da vero outsider, Ernani Ray D. Natarella decide che è il momento giusto per affrontare un nuovo percorso, un album intimo, scevro da qualsiasi clamore sonoro e ospite d’eccellenza. Un album controverso e inaspettato, solitario e crepuscolare, pensato nella solitudine di una cucina sporca. Un album acustico fatto solo da una chitarra, un quartetto d’archi e la sua voce graffiante. Quello che ne scaturisce da questa combinazione è una miscela alchemica che ha dato vita a otto ballads. Otto racconti narrati dal cuore. Otto graffi che penetrano in profondità.

Sugar Ray DogsDirty Kitchen Songs

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Con “Indifeso” Reno Brandoni aggiunge al proprio curriculum un disco strumentale di chitarra ricco di atmosfera e passione in cui il suono nelle sue molteplici forme è protagonista assoluto. Un concept album che si affida alla fantasia dell’ascoltatore per disegnare il suo viaggio e sviluppare il racconto. Immaginazione ed emozione si sovrappongono, tra storie che vivono nella libertà della loro interpretazione senza barriere o confini e senza il rigore di un univoco significato. Da quarant’anni Reno Brandoni accompagna la crescita della chitarra acustica in Italia, portando avanti un sito internet e una rivista dedicata. Questo suo quinto lavoro rappresenta una prova di maturità: quattro anni di studio e ricerca hanno dato vita a un disco intimistico in cui le composizioni originali e l’utilizzo di altri strumenti confermano il suo caratteristico stile melodico.

Reno BrandoniIndifeso

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ZR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Sea LevelBall Room

Miroslav VitousThe Bass

Doug SahmDoug Sahm and BandTexas TornadoGroovers Paradise

Mick ClarkeRamdango

Crazy BluesShake it Up!

StonegroundFamily Album

IRD - International Record Distribution• www.ird.it• facebook: www.ird.it/mipiace.htm

Stephen Riley ha inaugurato il suo sodalizio con SteepleChase nel 2005, con l’insolito e sorprendente trio senza piano di “Inside Out”. Da allora ha optato in molte occasioni per una formazione senza pianoforte, finché nel 2013 ha pubblicato in quartetto “Lover”, con il pianista Peter Zak. Riley e Zak hanno iniziato così a esibirsi in duo e il loro debutto “Haunted Heart” è stato un successo di pubblico e critica. “Deuce” prosegue il cammino di questa empatica accoppiata. Ormai al terzo disco insieme, la sensibilità dell’accompagnamento di Peter Zak dà al sax di Riley il respiro e lo spazio di manovra che il jazzista credeva di poter trovare solo nelle formazioni senza piano. Stavolta i due trovano nuovi modi di mescolare i classici del jazz con delle perle del canzoniere americano. Senza una sezione ritmica a dare il passo, i musicisti si affidano unicamente all’intuito e trovano una chimica rara, che preannuncia un futuro luminoso.

Stephen Riley & Peter ZakDeuce

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L’opera del sassofonista Chris Byars di riscoperta e celebrazione delle opere dei grandi compositori jazz delle generazioni passate si arricchisce di un nuovo capitolo, con un’altra collezione di perle: “The Music of Frank Strozier” raccoglie le composizioni del sassofonista contralto, riproposte negli splendidi arrangiamenti di Byars. Nato in Tennessee nel 1937, Frank Strozier è cresciuto suonando il piano nel fertile ambiente blues e jazz della sua città d’origine, Memphis. Affermatosi poi nella New York degli anni ’60 come sassofonista contralto e compositore, si è esibito tra l’altro con il Miles Davis Sextet.

Chris ByarsThe Music of Frank Strozier

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Il Kenya di Freddie Del Curatolo, italiano trapiantato a Malindi, è immenso, ricco di etnie e problemi, contraddittorio e complesso. Un osservatorio privilegiato per riflettere sul senso dell’esistenza, sul mondo, sul vero significato dell’espressione “vivere alla giornata”, ma anche sul senso di valori tanto abusati superficialmente quanto ignorati in profondità, come rispetto, accoglienza, comprensione. Le dieci tracce, variegate nei suoni, nelle suggestioni e nelle tematiche, lanciano un chiaro messaggio: solo riducendo i bisogni indotti e aprendosi all’essenziale è possibile trovare il proprio centro. Alle tappe del percorso danno respiro e ritmo gli arrangiamenti di Raffaele Abbate e Stefano Barotti, e impreziosiscono i suoni artisti come Armando Corsi (chitarra acustica), Mario Arcari (oboe e clarino), Vittorio Alinari (sax tenore, clarinetto basso e flauto traverso), Paolo Ercoli (dobro), Vladimiro Carboni (batteria), Luca Silvestri e Pietro Martinelli (basso). Un caleidoscopio di sonorità, interpretato con convinzione dalla voce potente ed espressiva di Freddie.

Freddie Del CuratoloEsilio Volontario

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Registrazione live del 2005, nel comune Siciliano di Piazza Armerina, al Teatro Ganbaldi, si sono riuniti una serie di musicisti incredibili. 6 lunghi brani eseguiti da varie formazioni tra cui: Paolo Fresu, Giovanni Mazzarino, Dado Moroni, Rosario Giuliani, Javier Girotto, Bob Mintzer, Gianluca Renzi.

AMSAccademia MusicaleSiciliana “Enzo Randisi”Live in Piazza Armerina

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Oltre ad aver vinto diversi premi, il pianista e compositore danese Carl Winther, classe 1984, si è già affermato sulla scena internazionale come uno degli strumentisti più capaci della nuova generazione. Figlio del noto trombettista Jens Winther (purtroppo scomparso nel 2011), Carl è cresciuto in una famiglia in cui la musica era pane quotidiano e ha intrapreso la carriera professionistica quando era ancora un adolescente. Pianista e compositore intraprendente e originale, si è esibito e ha inciso pezzi con Billy Hart, Jerry Bergonzi, Bill Evans, George Garzone, Adam Nussbaum, Dick Oats e Doug Raney, per citare solo alcuni nomi. I suoi tour lo hanno portato in tutto il mondo ed è stato definito una delle figure rappresentative dell’alto livello qualitativo del jazz danese sulla scena internazionale. Nel nuovo album “Deconstructing Mr. X” esegue nove sue composizioni originali, accompagnato dal bassista Johnny Åman e dal batterista Anders Mogensen.

Carl WintherDeconstructing Mr. X

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Joan ShawA Retrospective 1947-1964

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ZLarry ElgartNew sounds at The Roosvelt& Music from the Broadway Hit Production Saratoga

Sammy Davis Jr.A lot of livin’ to do

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Lee KonitzMeets Jimmy Giuffre

Eddie DuranModern Music From San francisco

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Bobby TimmonsSoul Time

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Med FloryGo West Young Med! 1954-1959

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Gene ShawDebut in Blues

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ERIC BIBB WATERMELON SLIM

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GIOVANNI MAZZARINO

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Lynn Anderson, una delle cantanti country entrate nella Top Ten di tutti i tempi e la prima a registrare il sold out al Madison Square Garden, è stata una presenza costante in diversi show televisivi americani, due tra tutti il Tonight Show e Starsky & Hutch. Ora Real Gone presenta un doppio CD che rende finalmente giustizia alla sua carriera: 40 tracce, 38 hit e tutti i classici incisi per Chart e Columbia, rimasterizzati con cura per “The Definitive Collection”. Si parte con la sua prima hit “Ride, Ride, Ride” e si prosegue con tutti gli altri pezzi che hanno lasciato un segno, tra cui “Rose Garden”, “You’re My Man”, “How Can I Unlove You”, “What a Man, My Man Is”, “Keep Me in Mind”, “Mother, May I” (cantata in coppia con la madre Liz Anderson), “That’s a No No”, “Cry”, “Listen to a Country Song”, “Fool Me” e molte altre hit di livello più o meno alto. Grande country degli anni ’70, cantato da un’artista spesso sottovalutata.

Lynn AndersonThe Definitive Collection

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Dopo che un paio di album con Vanguard Records avevano affermato Jim Kwerskin e la Jug Band come attori di primo piano sulla scena folk, nel 1965 Kwerskin ha imboccato una via un po’ diversa per il suo primo LP senza la band. Per citare le sue parole, “Relax Your Mind”, gli ha dato l’opportunità di incidere “della musica un po’ più significativa a livello personale”. Accompagnato dai membri della Jug Band Fritz Richmond (al bidofono) e Mel Lyman (all’armonica), Kwerskin ha registrato pezzi che, in linea con quanto realizzato con la Jug Band, abbracciano più generi: dai classici del folk tradizionale al blues, fino al gospel, alla musica africana e altro ancora. Alle studio session si affiancano poi dei brani registrati dal vivo al Club 47 di Cambridge più o meno un anno prima. “Relax Your Mind” è oggi disponibile in versione rimasterizzata e corredato di un ricco booklet (in inglese) con numerose citazioni di Kweskin.

Jim KweskinRelax Your Mind

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Larry Elgart& his OrchestraSophisticated Sixties+ The Shape of Sounds to come

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Chris ConnorThe Complete Atlantic Singles1956 – 1960

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Dopo la pubblicazione di “Someplace Else Now”, Real Gone torna a integrare i vuoti nella discografia di Lesley Gore con l’album che ha registrato nel 1976 per A&M Records, “Love Me by Name”. Nel disco la Gore ritrova il sodalizio artistico con il produttore Quincy Jones, con cui aveva collaborato durante la fase del grande successo degli anni ’60. A entrare in studio con lei, una sfilata impressionante di grandi talenti, tra cui Herbie Hancock, Toots Thielemans, Harvey Mason, Jim Keltner, Dave Grusin e molte altre superstar, non ultima la famiglia Partridge dell’omonima sitcom musicale. “Love Me by Name” alterna brani firmati dalla Gore e dalla sua coautrice Ellen Weston e il pezzo che dà il nome al disco è stato in seguito riproposto tra gli altri da Dusty Springfield, Patti Austin e Jennifer Holiday. Nel complesso, un album dagli accenti disco e funk che propone con questa ristampa i due rari simboli “Immortality” e “Give It to Me Sweet Thing”.

Lesley GoreLove Me by Name

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R I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Bill Doggett& his Combo

The Swinging Sounds of

Pat HomasDesafinado

& Moody’s Mood

Expanded Edition In “Motel Shot”, il loro quarto album in studio, sono affiancati da nomi noti come Joe Cocker, Gram Parsons, Duane Allman, John Hartford, Dave Mason e Bobby Whitlock. Il disco, venato di gospel, è in larga parte acustico, informale: il titolo si riferisce infatti alle jam session nate in motel delle pause della vita on the road, anche se il progetto è nato come futura uscita per Elektra. Dopo la rottura tra l’etichetta e Delaney, al timone si è messa Atco, che ha fatto registrare di nuovo gran parte dei materiali e ha pubblicato un vero e proprio album di studio. Oggi questa sua edizione rimasterizzata e ampliata recupera la concezione originale del progetto e include tanto i pezzi dell’album in studio quanto le otto tracce delle session originali, che erano state sul mercato solo per un brevissimo periodo in Giappone. Con 8 bonus track

Delaney & Bonnie and FriendsMotel Shot

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Tra i gruppi vocali più amati degli Stati Uniti, nel corso dei loro sette decenni di carriera i Mills Brothers hanno inciso più di duemila brani, arrivando a coprire quasi tutto il canzoniere americano. Tuttavia, il gospel ha rappresentato solo una minima parte del loro repertorio: ora Real Gone ha realizzato la loro prima compilation completa dedicata al genere, che ripropone le stesse armonie morbide e lo stesso mix sapiente di jazz, blues e pop che hanno reso tanto famoso e apprezzato uno tra i primi gruppi vocali afroamericani a raggiungere un successo dilagante.

The Mills BrothersWonderful Words of Life (The Inspirational Recordings)

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Larry Coryell è uno dei più grandi chitarristi al mondo, ma il suo talento non è ancora riconosciuto come meriterebbe. A confermarlo è anche il fatto che il suo secondo album da solista, completato nel 1969, viene pubblicato solo ora. Si tratta di un interessante mix di improvvisazioni e arrangiamenti, eseguiti da un cast stellare che comprende Ron Carter, Bernard Purdie, Albert Stinson (“The Jam with Albert” è forse la punta di diamante dell’intero album), Chuck Rainey e Jim Pepper, già compagno di band di Coryell nei Free Spirits. Tra le influenze di questa perla del jazz rock c’è di certo Jimi Hendrix, ma Coryell riesce a dare un’impronta molto personale. Non per niente sulla scena fusion dell’epoca l’unico a poter competere con lui era John McLaughlin, con cui Coryell avrebbe poco dopo pubblicato l’indimenticabile “Spaces”.

Larry CoryellCoryell

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Colonna sonora del film del 1979 “The Fish That Saved Pittsburgh”, uscito in Italia con il titolo “Basket Music”. Ad accompagnare la commedia di star della pallacanestro era una colonna sonora soul altrettanto costellata di stelle: i Four Tops, The Spinners, Bell and James, Phyllis Hyman, William “Poogie” Hart dei Delfonics, il grande band leader Doc Severinsen, i Sylvers, la superstar del country Loretta Lynn, la leggenda del ragtime Eubie Blake e altri ancora. Scritta dal maestro del pop soul Thom Bell, è un inno al blues che sconfina nel funk, nella disco e nel jazz, mantenendo sempre uno stile squisitamente ballabile.

The Fish that saved PittsburghMusic from the Original Motion Picture Soundtrack

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Questo cofanetto da tre CD celebra il cinquantesimo anniversario della nascita dei 5th Dimension, al secolo Billy Davis Jr, Florence LaRue, Marilyn McCoo, Lamonte McLemore e Ron Townson. La compilation raccoglie tutti i singoli usciti per le etichette Soul City e Bell, il primo singolo pubblicato su Bronco dalla band con il nome The Versatiles e l’unica uscita per Arista: 61 tracce dinamiche e intense dagli arrangiamenti geniali e dalla produzione rivoluzionaria, tra le migliori degli anni ’60 e ’70 e quasi tutte per la prima volta in CD. 30 hit pop e 15 R&B, tutte nel raro mixaggio in mono (solo gli ultimi quattro brani della compilation sono in stereo), ma anche alcuni singoli non usciti in LP quasi introvabili. La produzione del grande Bones Howe, gli arrangiamenti vocali di Bob Alcivar e l’accompagnamento strumentale della nota session band dei Wrecking Crew riescono a valorizzare il talento autoriale di Laura Nyro e Jimmy Webb, in una compilation che è un vero gioiello di sunshine pop. Box 3 cd.

The 5th DimensionThe Complete Soul City / Bell Singles 1966-1975

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BOX 3 CD

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Edizione limitata in vinile viola del live di una delle prime e più grandi band prog rock della storia. Se però nel vostro immaginario il prog rock prevede musicisti avvolti da una nuvola di fumo che cantano di fate e maghi, forse questo bootleg autorizzato vi deluderà. Il live del marzo 1969 al Paradiso di Amsterdam raccoglie materiale che sarebbe uscito solo sei mesi più tardi, con la pubblicazione di “Soft Machine: Volume Two”. Il trio di Robert Wyatt a batteria e voce, Mike Ratledge all’organo e Hugh Hopper al basso propone quello che può essere definito solo come un assalto sonoro jazz rock ad alto tasso di decibel e alcuni dei passaggi strumentali più frenetici ricorderanno forse la band di Miles Davis all’epoca di “Agharta”. LP colorato

Soft MachineLive at the Paradiso

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La Paul Butterfield Blues Band è stata forse la miglior band dal vivo in circolazione nel 1966 e una delle prime ad aver introdotto quelle improvvisazioni prolisse che hanno gettato le basi per quella che sarebbe stata l’imminente rivoluzione psichedelica. In “Got A Mind To give Up Living – Live 1966” troviamo uno splendido live dal 1966, ma anche alcuni brani mai uscite a livello commercial prima d’ora. Il libretto include liner notes di Chris Morris, citazioni dei membri della band e rare fotografie dell’epoca. LP limited edition con 4 bonus track. 2 LP

The Paul ButterfieldBlues BandGot a Mind to Give Up Living (Live 1966)

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“Dick’s Picks” è una serie che raccoglie i concerti dei Grateful Dead, immortalando il meglio delle esibizioni live della leggendaria band in ciascuna fase della sua attività. Ora ne viene proposta una ristampa in edizione limitata: il volume 33 li vede aprire per gli Who durante l’edizione del 1976 della storica manifestazione di Bill Graham “Day on the Green”. I quattro CD del volume sono tra le registrazioni più pulite dell’intera serie e raccolgono due concerti completi. Il volume 34 invece attinge al grande tour del 1977, anno in cui vivevano un momento particolarmente positivo.

Grateful DeadDick’s Picks Vol. 33 - 34

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Ristampa dell’album del 1956 registrato a New York. Feat. Kenny Drew (piano), Paul Chambers (bass), Philly Joe Jones (drums). Ristampa con cover originale in vinile 180 gr.

Kenny DrewTough Piano Trio

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Edizione limitata in doppio LP del live del 5 agosto 1978 all’Old Waldorf di San Francisco. L’album immortala l’inizio di un lungo tour statunitense di Todd Rundgren e degli Utopia, una delle pochissime band prog rock dei tardi anni ’70 a poter vantare un così alto livello di incisività stilistica, musicale e di repertorio. La registrazione, di qualità particolarmente alta, comprende brani da “Back to the Bars”, che sarebbe uscito a dicembre di quell’anno, quattro tracce di “Oops! Wrong Planet” (pubblicato l’anno precedente) e diversi pezzi degli Utopia. Forse il migliore dei bootleg autorizzati, con la band in gran forma, che non potrà mancare nella collezione dei fan di Rundgren. 2 LP

Todd Rundgren & UtopiaLive at the Old Waldorf

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R I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

V I N I L E180gr

Elmo HopeSEXTET & TRIO Homecoming

Ristampa dell’album del 1961 registrato a New York, Feat. Blue Mitchell (trumpet), Jimmy Heath e Frank Foster (tenor saxes), Percy Heath

(bass), Philly Joe Jones (drums). Con cover originale in vinile 180 gr.

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