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AL PORTALETTERE: in caso di mancato recapito inviare all’Ufficio Poste di Cesena-Centro per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tassa. NOTIZIARIO «AMICI DI BENEDETTA» Anno XXXIII - n. 1 - Luglio 2018 Semestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. abbon. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB di Forlì - Aut. Trib. Forlì n. 18/86 - Dir. Resp.: Gianfranco Amati - “Amici di Benedetta” Casella postale n. 62 - 47013 Dovadola (FC) - Amm.: Via Benedetta Bianchi Porro, 4 - Dovadola (FC) - Tel. 0543 934602 - c.c.p. 1000159051 - Taxe perçue (tassa riscossa) - Stampa Stilgraf Cesena ALIZA MANDEL, La panchina rossa, olio su tela, 1990 «E alzandomi, sentii che Dio era accanto a me, che lo respiravo nell’aria pura che mi circondava, che lo vedevo in tutta la natura, ma soprattutto lo sentii nella mia anima che era piena di felicità serena e gioiosa». Benedetta

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AL PORTALETTERE: in caso di mancato recapito inviare all’Ufficio Poste di Cesena-Centro per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tassa.

NOTIZIARIO «AMICI DI BENEDETTA» Anno XXXIII - n. 1 - Luglio 2018Semestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. abbon. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB di Forlì - Aut. Trib. Forlì n. 18/86 -Dir. Resp.: Gianfranco Amati - “Amici di Benedetta” Casella postale n. 62 - 47013 Dovadola (FC) - Amm.: Via Benedetta Bianchi Porro, 4 - Dovadola (FC) - Tel. 0543 934602 - c.c.p. 1000159051 - Taxe perçue (tassa riscossa) - Stampa Stilgraf Cesena

ALIZA MANDEL, La panchina rossa, olio su tela, 1990

«E alzandomi, sentii che Dio era accanto a me, che lorespiravo nell’aria pura che mi circondava, che lo vedevo in tutta la natura, ma soprattutto lo sentii nellamia anima che era piena di felicità serena e gioiosa».

Benedetta

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2 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

• Su “il momento” del 18 gennaio 2018 varie pagine parlano diBenedetta. Troviamo l’articolo di Giovanni Amati che ricordanell’occasione del 54º anniversario della morte della Vene-

rabile, la S. Messa a Dovadola del 21 gennaio, presieduta

dal card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presiden-te del Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d’Europa e pre-sidente emerito della CEI. Un altro articolo riporta le testimo-nianze su Benedetta di Ignazio Silone e di Sergio Zavoli. E, in-fine, in un’altra pagina, Sara Ulivucci presenta l’ultimo libroBenedetta amica mia di Elisa Mazzoli, dedicato ai più giovani.

• Il 19 gennaio il “Corriere di Romagna” annuncia, a firma diPietro Ghetti, la Messa solenne a Dovadola nella Badia di

Pagine di diarioa cura di ROBERTA BÖSSMANN

• Il 23 gennaio a Forlì, il vescovo mons. Lino Pizzi annuncial’elezione del suo prossimo successore Livio Corazza, nuovo

vescovo di Forlì-Bertinoro.

• Su “il momento” del 25 gennaio un articolo di Quinto Cappel-li, intitolato Benedetta esempio per i cristiani, parla dell’omeliatenuta dal card. Bagnasco a Dovadola. La trovate in questo nu-mero del nostro giornale. Nella stessa pagina, l’articolo Bene-detta punto di riferimento riporta alcune domande fatte daQuinto Cappelli a don Maurizio Monti, nuovo parroco di Do-vadola, che dice, tra l’altro, di essere colpito dalla grandezzaspirituale di Benedetta, che merita di essere conosciuta nellaChiesa, ma anche tra i non credenti.

• Su “il momento” dell’1 febbraio, in un’intervista a cura diGiovanni Amati, il prossimo vescovo di Forlì-Bertinoro LivioCorazza, nella sua prima visita a Forlì, ha ricordato nel suo sa-luto Benedetta Bianchi Porro, conosciuta attraverso l’amicodon Andrea Vena, che ha raccolto gli Scritti completi e ne hacurato la biografia.

• Il 26 aprile su “il momento” il direttore Franco Appi parla diBenedetta e di Annalena Tonelli, citate dal nuovo vescovomons. Livio Corazza, durante la sua prima omelia a Forlì, trale persone del ramo femminile sulla via della santità in epocherecenti. Don Appi dice che «di sicuro hanno dato testimonianzeincisive ancora oggi».

• 27 maggio, San Felice del Benaco (BS). Don Evelino Dal Bonha benedetto il nuovo Centro MAGI Group contro le malattiegenetiche e rare, presieduto dal genetista dott. Matteo Bertelli.Bertelli collabora con la Cooperativa sociale “GM BenedettaBianchi Porro” onlus di Bolzano. Non a caso don Evelino haricordato la Venerabile, che aveva diagnosticato il suo male, il“morbo di Recklinghausen”, prima dei medici, come compagnaideale di lavoro dei ricercatori del nuovo Centro.

• Il numero 21 del 27 maggio di “Credere”, periodico della SanPaolo, è uscito con il libro allegato di Andrea Vena, BenedettaBianchi Porro Biografia autorizzata.

• Nel numero di maggio-giugno 2018 di “Servitium”, dedicato a“Oscurità e chiarezza”, c’è un articolo di Gianfranco Amati in-titolato Vivere d’amore. Appunti su Benedetta Bianchi Porro. Ilquaderno cerca di mettere in evidenza la situazione che sta vi-vendo la Chiesa cattolica a cinque anni dall’elezione di papaFrancesco, con la difficoltà del credere tra tradizione e nuoviproblemi creati dall’avanzare della scienza. La Bibbia, il Vange-lo, lo stesso evento “Cristo” sono oggetto oggi di un continuoprocesso di demitizzazione che rischia di banalizzare la ricchez-za di molti “articoli di fede”. Gianfranco, presentando Benedet-ta come un’esemplare figura di donna e di cristiana, fa vederecome «nella corrente del “presunto mito”, scorre anche acquapurissima e quell’antica Parola: “Tu hai parole di vita eterna enoi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”(Gv 6, 68-69) sia più solida di quanto possa sembrare» (p. 107).

• Attilio Gardini ha inviato una nota su un libro del defunto fra-tello Sergio Gardini, pubblicato nel 2000 dall’editore “Il PonteVecchio” di Cesena, dal titolo Una Pietra. Benedetta ha sceltola parte migliore. Il libro «presenta Benedetta come creaturaradiante mistero. Evidenzia com’essa sia squisitamente donnache ama la vita e soffre per ogni frammento che le viene tol-to»: così scrive mons. Dino Zattini nella prefazione.

Sant’Andrea per il 54º della morte di Benedetta. L’articolo ri-porta quanto affermato da Ignazio Silone su Benedetta: “Que-sta straordinaria creatura è stata la più grande benedizione cheDio abbia fatto giungere alla mia vita”.

• Su “il Resto del Carlino” di sabato 20 gennaio un articolo diQuinto Cappelli, intitolato Bianchi Porro, un sito web per farlaconoscere, ricorda il 54º anniversario della morte di Benedetta,avvenuta il 23 gennaio 1964 e comunica la presenza a Dovado-la del card. Bagnasco per la concelebrazione eucaristica. Ripor-ta anche le parole del nuovo parroco di Dovadola don MaurizioMonti. Si augura che il sito dedicato a Benedetta possa esserestrumento perché sia conosciuta maggiormente, anche al difuori dell’ambito locale.

• Il 22 gennaio su “il Resto del Carlino” un articolo di QuintoCappelli Folla di fedeli a Dovadola per ricordare Benedetta,parla, tra l’altro, dell’omelia tenuta dal card. Bagnasco e delletante autorità presenti alla celebrazione del 54º anniversariodella morte della Venerabile. Lo stesso giorno, sul “Corriere diRomagna”, un articolo di Piero Ghetti riporta nel titolo le paro-le del card. Bagnasco: Benedetta merita di diventare santa.

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 3

Il cardinale ha svolto permolti anni il ruolo di Presi-dente della Conferenza Epi-scopale Italiana. Bagnasco èl’arcivescovo metropolita del-la diocesi di Genova, città incui nel 1986 ha avuto luogo ilpresunto miracolo, che è statoportato all’attenzione dellaCongregazione delle Causedei Santi.

Il momento più solennedella giornata è stato la litur-gica eucaristica nella Badia diSant’Andrea a Dovadola.

L’indirizzo di saluto al car-dinale è stato porto da donMaurizio Monti, che dopo iprimi mesi dall’ingresso in

Taranto, sempre fedeli agliappuntamenti relativi a Bene-detta.

Della famiglia di Benedettaabbiamo notato due sorelle,Emanuela, con la figlia Cate-rina e il nipote Lorenzo, eCarmen con il marito CarloSpinelli, i fratelli Gabriele eCorrado, con la moglie Pia.

Non mancavano LilianaFabbri Selli, presidente del -l’Associazione per BenedettaBianchi Porro e don DinoZattini, già citato.

Dopo l’omaggio a Benedet-ta al termine della S. Messa edopo l’incontro tra i pellegrinisul sagrato della chiesa, è se-guito il pranzo alla “Rosabianca”, organizzato comesempre da Moreno Pretolani edal suo efficiente staff.

Ancora una volta una gior-nata di incontro, di gioia e disperanza intorno a Benedettaed alla sua testimonianza difede e di carità.

DOVADOLA - 21 GENNAIO 2018

Dovadola accoglie il cardinale Angelo Bagnasco per la celebrazione del 54º anniversario

della nascita al cielo di Benedetta

Giovani ministranti (foto Nannini)

Il segno di pace (foto Nannini)

parrocchia a Dovadola, è sta-to per la prima volta diretta-mente coinvolto nell’organiz-zazione di un importanteevento commemorativo diBenedetta.

La solenne concelebrazioneè stata presieduta dal cardinale,concelebranti il vescovo diForlì-Bertinoro mons. LinoPizzi, mons. Dino Zattini, pre-sidente della Fondazione “Be-nedetta Bianchi Porro”, donMaurizio Monti, parroco diDo vadola, don Alfeo Costa,Vice Postulatore della Causa dibeatificazione, e due sacerdotidei Servi del Cuore Immacola-to di Maria. L’intensa omeliadel cardinale può essere stru-mento di utile meditazione. Lariportiamo di seguito.

Alla celebrazione eranopresenti molti pellegrini, pro-venienti dalla Romagna, dallaToscana, dalla Lombardia, daSirmione. C’era anche unarappresentanza degli Scout di

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4 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

Cari Confratelli nell’Episco-pato, nel Sacerdozio e nelDiaconato

Cari Fratelli e Sorelle nel Si-gnore

È motivo di gioia esserequi con voi per l’anniversa-rio di Benedetta Bianchi Por-ro, le cui spoglie mortali so-no custodite e venerate inquesta chiesa. Ringrazio peril fraterno invito il vescovoS.E. mons. Lino Pizzi, e conlui il parroco e il clero. Leg-gere la vita di Benedetta la-scia non solo profondamenteimpressionati, ma sbigottiti,tanto la grazia può operare inchi si affida a Dio. La sua vi-cenda terrena è nota a tuttivoi, cari Amici, e pertantonon devo ricordare ciò che èscritto nella vostra memoriae nei vostri cuori. Permette-te, però, che lasci emergerealcune personali emozioninell’incontro con una figurache lascia pensosi e felice-mente contagiati.

1. La sapienza dei piccoliLa sua vita fa toccare le

parole di Gesù: «Ti ringra-zio, o Padre, perché hai na-scosto queste cose ai sapientie le hai rivelate ai piccoli».La sua capacità di vedere laluce nel buio spaventoso del-le sue sofferenze non si spie-ga altrimenti: i buoni genito-ri, gli amici, i sacerdoti chel’hanno incontrata, nulla èsufficiente per spiegare Be-nedetta. Tutto umanamenteconcorre, ma nulla è suffi-ciente per capire da dove levenisse la luce che tutto illu-minava. Ascoltando le sueparole ci si accorge che Be-

sapienti del mondo: Anche seci troviamo nei più silenziosideserti, Dio non ci lasciamai soli (1963) scriveva, econtinuava dicendo: La sere-nità è possibile solo attra-verso la croce (1961). Bene-detta annotava queste cosenel pieno delle sue indicibilisofferenze, inchiodata al Cal-vario del suo letto, là dovenessuno ha voglia di recitarela parte e di fare poesia o retorica, ma tutto diventacrudo.

Il nostro tempo idolatral’efficienza, e qui siamo difronte all’impotenza, esaltal’apparenza e qui siamo difronte ad un corpo amputato,ama l’autonomia individuale,la libertà assoluta, e qui ab-biamo una giovane che deve

nedetta è opera di Dio, chele mani dello Spirito hannocontinuato a modellare unacreta che non poneva resi-stenza. L’inesorabile spoglia-zione della mobilità, dell’u-dito e della vista, richiamanole stigmate che hanno trafittoil Crocifisso, e il suo perma-nente abbandono a Dio ricor-da la piccola via di Santa Te-resa di Gesù Bambino. Lavia semplice dell’infanziaspirituale, della piccolezzaconsapevole, della fiducianella fedeltà divina in mezzoa un destino umanamentecrudele hanno squarciato letenebre dell’incomprensibile.La sua croce è rimasta, mal’affidarsi al Crocifisso le harivelato il mistero di gloria edi risurrezione nascosto ai

chiedere ogni cosa. E noicristiani di oggi? Anche noiragioniamo con le categoriedel mondo rincorrendo l’ap-parenza, l’efficienza, il suc-cesso, la libertà senza legamiconsiderati – questi – morti-ficanti della nostra libertà,anziché la condizione per es-sere veramente liberi? Anchenoi scambiamo la soddisfa-zione con la gioia? La primaappaga per un momento, laseconda riempie il cuore escalda la vita.

2. Fede e mentalità di fedeGesù ha inaugurato un

mondo rovesciato, dove ilcorso degli eventi umani noncambia miracolosamente, maresta segnato da luci e con-traddizioni. Il Signore, però,nella sua vita ci ha dato unnuovo principio interpretati-vo, ci ha svelato il nucleopiù vero della realtà terrena:più vero perché rimane persempre. La scorza – brillanteo ruvida – degli accadimentinon cambia, ma la sostanzaè oltre, e noi siamo chiamatia vivere soprattutto di questooltre. Vivere l’oltre non ciastrae dalla storia, ma ci per-mette di abbracciarla conmaggiore passione e respon-sabilità. Ecco la fede!

Cari Amici, oggi respiria-mo un’aria triste che si chia-ma secolarismo: esso è vive-re come se Dio non ci fosse.È come una nube tossica cheavvelena l’occidente e nonsolo. Tutti siamo esposti,nessuno è al riparo: per que-sto dobbiamo interrogarcispesso se e quanto siamocontagiati. Possiamo, infatti,credere in Dio ma non vive-

Omelia del cardinale: «Una luce nella notte»

Il cardinal Angelo Bagnasco (foto Nannini)

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re di Dio; possiamo avere lafede, ma non avere una men-talità di fede. Quando ci ac-corgiamo di giudicare le co-se non con il pensiero di Cri-sto, quando non le vediamocon gli occhi di Dio, alloravuol dire che crediamo in uncristianesimo ridotto a unadottrina, a un codice di com-portamento, a un galateo delvivere insieme, ma non al-l’avvenimento centrale dellastoria umana, a un incontroche sconvolge l’anima e ilcuore, che ci fa vivere le co-se di tutti ma in modo diver-so da tutti. Un rischio di og-gi è quello di naturalizzare ilVangelo, togliendogli il ner-bo interiore del soprannatu-rale, della vita di grazia. Èciò che Benedetta avevacompreso e descritto quandoaveva solo 24 anni: Nel mon-do si apprezzano le virtù cri-stiane, ma appena arrivaGesù Cristo, la sua croce,allora tutti si dileguano, tuttitacciono…: cioè: cristianesi-mo in fondo sì, ma Cristo no(1960). Queste parole ci ri-velano che per lei la fede cri-

La nostra società mente, fa-cendo credere che amare èsolo sentimento e sempreesaltazione; ma questo non èvero, e l’inganno porta sem-pre al disinganno e all’ama-rezza, porta al tormento enon di rado alla violenza.Gesù ci parla e vive diversa-mente. E noi, come pensia-mo l’amore?

Il Signore ha condotto Be-nedetta su sentieri ardui chepossono spaventare, e lei si è

stiana era un pensare cristia-no che ispira la vita: era vi-vere riferito ogni momento aCristo.

3. Amore, sacrificio, gioiaNella mentalità odierna si

dà molto spazio all’amore,come se con l’amore tuttodiventasse non solo permes-so, ma anche giusto e mora-le. Anche in questo caso, Be-nedetta ci parla con la sa-pienza che Gesù dona agliumili di cuore: Io credoall’Amore disceso dal cielo.A Gesù Cristo – scriveva nel1959 – …Sì, io credo all’A-more”! Che cosa insegna anoi? Che l’amore è necessa-rio come il pane poiché tuttidesideriamo amare ed essereamati, ma l’amore è unaquestione terribilmente seriae impegnativa, chiede impe-gno, fedeltà, sacrificio. Soloallora riempie il cuore e lavita, ed è gioia. Dal suo lettodi sofferenza, Benedetta ri-corda al mondo la bellezza ela concretezza dell’amore: cidice che non si può amare senon siamo disposti a soffrire.

lasciata condurre e plasmarein un’azione trasfigurantetanto da poter dire: Non sa-prò mai ringraziare abba-stanza il Signore di tuttoquello che mi ha dato. Per-ché tutto ciò che dà è grazia(25 ottobre 1963). L’ultimasua parola fu “grazie”.

Anche noi ancora una vol-ta diciamo “grazie” a te, Be-nedetta, sorella nostra: siamoquasi intimoriti di fronte a teche vedi la luce. Ma nondobbiamo temere, poiché ilRisorto è con noi sempre:egli è il Principe della pace,il Salvatore del mondo, ilPane per il nostro cammino,il Farmaco di immortalità.Chiede di arrenderci al suoamore che ci trasfigura inLui. La Santa Vergine, cariAmici, ci guardi e benedica,ci prenda per mano, ci rialzie ci sorregga per giungerealla vetta che il Signore hapreparato per ciascuno dinoi. Non abbiamo timore nédella vita né di noi stessipoiché «Nulla è impossibilea Dio».

Angelo card. Bagnasco

Arcivescovo metropolita di Genova

Davanti alla Badia di Dovadola: (da sinistra) Antonio, Giorgia, Andrea, Valentina, fedelissimi del gruppo scout di Taranto (foto Tonelli)

Dovadola - Un gruppo di Sirmione davanti alla “Rosa Bianca” (foto Conficoni)

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6 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

Grazie, mons. Lino!Alle spalle del nuovo vesco-

vo, appare a sinistra mons. Li-

no Pizzi, verso il termine del

suo mandato, e a destra mons.

Claudio Cipolla, vescovo di

Padova.

Mi è piaciuta molto l’espres-

sione sorridente del vescovo

Pizzi. Non sembrava quella di

una persona rassegnata a cede-

re il passo al nuovo presule,

ma pareva lo sguardo fiducioso

di chi, dopo aver speso le sue

energie in un compito com-

plesso e faticoso, guarda al

nuovo pastore, forse pensando

alla diocesi di Forlì-Bertinoro

messa in buone mani da papa

Francesco.

Ho visto più volte il vescovo

Pizzi alle celebrazioni per Be-

nedetta a Dovadola, ma non ho

preso con lui contatti particola-

ri, sapendo che ad essi provve-

devano i presidenti dell’Asso-

ciazione per Benedetta Bianchi

Porro prof. Liliana Fabbri Selli

e della Fondazione “Benedetta

Bianchi Porro” mons. Dino

Zattini. Sapevo anche che

quanto cercavo di fare con Ro-

berta, con altri collaboratori e

con i gruppi di Amici di Bene-

detta, poteva essere facilmente

verificato nella consultazione

de “l’annuncio”.

L’azione pastorale di mons.

Pizzi ha trovato ampio ricono-

scimento nel mondo ecclesiale

e civile, documentato da molte

dichiarazioni che si sono sus-

seguite prima dell’ingresso uf-

Concordia Sagittaria (PN), 17 marzo 2018: mons. Livio Corazza dopo la consacrazione episcopale (Courtesy foto Cristiano Frasca)

ficiale in diocesi del nuovo ve-

scovo.

Dal mio piccolo angolo divisuale mi limito soltanto a treannotazioni.

La prima è la felice indica-zione da parte di mons. Pizzi dipadre Guglielmo Camera comePostulatore della Causa di beati-ficazione di Benedetta. Ho l’im-pressione che il lavoro svolto dapadre Camera sia stato moltoefficace. La Causa ha fatto deipassi avanti, che speriamo pos-sano diventare decisivi.

La seconda è la valorizza-zione di don Erio Castellucci,che ora è diventato arcivesco-vo di Modena e Nonantola.

La terza è l’umiltà di mons.

Pizzi che ha deciso di ritirarsi

a Rivara di San Felice sul Pa-

naro, suo paese natale per ope-

rare a servizio della parrocchia,

restando anche a disposizione

di mons. Castellucci.

Questo mi piace molto, non

la richiesta di un ricco “cano-

nicato”, ma la disponibilità al

servizio, in una località colpita

in epoca recente dal terremoto.

Mi sembra, da parte sua, un

guardare avanti, senza rimpian-

ti, indossando sempre quel

grembiule che caratterizza co-

loro che vogliono servire quel-

la piccola o grande porzione

del Popolo di Dio a loro affida-

ta o a cui hanno scelto di stare

vicini.

Grazie, mons. Pizzi!

Gianfranco Amati

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 7

Il nuovo vescovo mons. Livio Corazza ci offre molti spunti perparlare di Benedetta.

Il primo l’ha dato lui stesso, dicendo che proprio il giornocommemorativo del dies natalis di Benedetta, il 23 gennaio 2018,ha avuto notizia dell’elezione a vescovo di Forlì-Bertinoro.

Al vescovo Corazza è poi nota Annalena Tonelli, la grandiosa‘martire’ forlivese della carità, che svolgeva negli anni ’60 attivitàassistenziale in un quartiere degradato di Forlì. Era allora al suofianco la nostra indimenticabile Anna Cappelli, che di lì a pocoavrebbe dedicato la sua vita a far conoscere Benedetta. Mantennesempre la sua amicizia con Annalena, che sostenne, per quel chepoteva, anche economicamente, nella sua instancabile attività ca-ritativa in Africa. Questo per dire che Anna chiamata, come disseprofeticamente mons. Scaccini, a far conoscere Benedetta nelmondo, si sentiva sempre amica e interiormente vicina ad Anna-lena nell’attuare la propria vocazione.

Pensando ancora a Benedetta, troviamo il senso che mons. Co-razza ha dato al suo episcopato, proprio il giorno della sua consa-crazione episcopale il 17 marzo 2018, nella Cattedrale di Concor-dia Sagittaria in provincia di Pordenone.

Ecco due passi illuminanti del suo primo discorso dopo la con-sacrazione:

«Leggo dentro questa nomina del papa l’invito a continuarecon lo stile e con le scelte che hanno contraddistin to fin qui ilmio ministe ro, in particolare per la scelta preferenziale per i po-veri e per una Chiesa sinodale. Anche oggi qualcuno mi ha dettodi restare così come sono. Ripartire dagli ultimi è il punto di vista

Benvenuto, mons. Liviodel Signo re, ed è certamente uno degli aspetti più importanti delcammino della nuova evangelizzazione, contando naturalmentesulla ricchezza storica, culturale, di persone, di relazioni che ogniChiesa, in maniera diversa, regala a chi ne diventa il pa store.

Un’immagine mi accompagna, che ho già scelto anche per il

25° anniversario della mia ordinazione sacerdotale quella che a

Taizé viene chiamata “l’icona del Maestro e del discepolo”. L’ori-

ginale si trova al Museo del Louvre di Pa rigi e proviene da un mo -

nastero dell’Alto Egitto. Raffigura Gesù assieme all’abate del mo-

nastero. L’atteggiamento di Gesù, che posa il suo braccio sulle spal-

le dell’abate, esprime la tenerezza del Maestro che accompa gna il

discepolo nel suo cammino. E tuttavia lo stesso braccio di Gesù, vi-

sto assieme allo spazio scuro che lo separa dal discepolo, rappre-

senta distintamente una croce. Gesù assicura, dunque, la sua presen-

za fedele, ma non sottrae chi lo segue all’esperienza della croce: es-

sa rappresenta un punto di passaggio ineludibile. E proprio, portan-

do questa croce che il discepolo arriverà alla risurrezione».

La conclusione di quest’ultimo passo ci dice anche tutto quello

che c’è da dire su Benedetta, Testimone della Resurrezione.

Il primo passo sulla scelta preferenziale per i poveri e per una

Chiesa sinodale ci aiuta invece a pensare e a lavorare insieme

perché nei luoghi di Benedetta opere di carità possano essere se-

gni tangibili di una speranza e di un conforto che Benedetta è riu-

scita a donare fino all’ultimo respiro di vita a molte persone che

l’hanno incontrata. Pensiamo che mons. Livio possa esserci, an-

che in questo, maestro.Gianfranco Amati

Fred van Dijk, Rosa bianca, 2017

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8 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

Da Sirmione

8 MARZO: IL CONCERTO DI PRIMAVERA

Quest’anno cadeva il decimoanniversario del tradizionaleConcerto di Primavera organiz-zato la sera dell’8 marzo, Festadella Donna, dall’AssociazioneAmici per Benedetta BianchiPorro di Sirmione con il contri-buto di Comune, Terme di Sir-mione e Fondazione ComunitàBresciana. Le dieci candeline so-no state spente al termine di unostraordinario spettacolo – un mixdi musica leggera e di danzaclassica purissima – che ha man-dato in visibilio i 500 spettatoriaccorsi al Palacongressi della cit-tadina termale in cui Benedettavisse e morì nella sua casa di viaCatullo.

Nutrita, come sempre, la dele-gazione dell’associazione arriva-ta da Forlì e da altri paesi dellaRomagna: citiamo la presiden-tessa dell’associazione LilianaSelli Fabbri, mons. Dino Zattini,presidente della Fondazione“Benededetta Bianchi Porro”, ilsindaco di Dovadola, FrancescoTassinari. Non ha voluto manca-re nemmeno la scrittrice ElisaMazzoli, scrittrice e narratrice diCesenatico, autrice di molti librie canzoni per bambini, alcuni deiquali hanno avuto importanti ri-conoscimenti, tra cui l’ultimo li-bro sulla Venerabile, dal titoloBenedetta, amica mia la cui re-censione è stata pubblicata sul-

l’ultimo numero di questo perio-dico. Presenti anche i parroci diSirmione, mons. Mario Masinadi Santa Maria della Neve, donSergio di Santa Maria di Lugana,don Luigi di Colombare e donLuigi, parroco di San Benedettodi Peschiera del Garda. E ancora,tra le istituzioni, gli assessoriMauro Carrozza ed Elena Boschiper il comune di Sirmione, connumerosi consiglieri comunali.

Come sempre, ad esordire sulpalco è stata Manuela, sorella diBenedetta, che non ha mancatodi commemorare la sacra figuradella Venerabile, ricordando lenumerose testimonianze lasciateda padre Davide Turoldo, ilgrande teologo, scrittore e poeta.

«Anche a me chiedono di Be-nedetta: perché farla conoscere?»ha rivelato Manuela accennandoa qualche incontro in cui leispesso veste i panni di relatrice.«Cosa c’è nell’accettazione dellasua malattia? Il Signore le haconsegnato la croce e lei ha dettosì, sia fatta la tua volontà», ri-sponde Manuela. Che aggiunge:«Tornando da Lourdes, Benedet-ta pronunciò parole che, forse,nessuno ebbe l’intuizione dicomprendere: ho capito la ric-chezza del mio stato e non desi-dero altro che conservarlo, dis-se. Il miracolo della sua anima ècosì difficile da tradurre con leparole. Non ci rendevamo sem-pre conto di quanto orribile fossela sua condizione di vita, perchélei non lo faceva pesare. La cosapiù bella che ho imparato da Be-nedetta è il suo amore per la vi-ta», ha concluso la sorella dellanostra Venerabile, accompagnatada un intenso e sentito applausodel pubblico.

Lo spettacolo andato in scenala sera dell’8 marzo scorso, si èarticolato in due momenti: un ri-cordo del fantastico “Cantagiro”e il balletto classico, Shéhéraza-de, del compositore russo Niko-laj Rimskij-Korsakov, con lastraordinaria partecipazione dellaprima ballerina del Teatro allaScala, Virna Toppi, e del solistaNicola Del Freo. Lo spettacolo èstato diretto dal regista milanese

Daniele Rubboli, noto musicolo-go e autore di ben 54 pubblica-zioni musicali. A lui, oltre ai tan-ti lavori teatrali e musicali, si de-ve il ritorno delle stagioni operi-stiche con una compagnia stabileal Teatro Cenacolo di Lecco e alComunale di Forlì.

Filo conduttore principale del-lo spettacolo è stato, comunque,“Il Cantagiro”, celebre e indi-menticabile rassegna canora iti-nerante nelle varie città italiane

di Benedetta; il soprano piemon-tese Tiziana Scaciga Della Silva,artista titolare di una vasta disco-grafia anche sulla storia dellamusica da film; infine, il mezzo-soprano Elena Serra, di Milano,che ha avuto più di un’esperien-za con i cartelloni dell’Arena diVerona. Ad accompagnare i can-tanti al pianoforte il musicista edirettore d’orchestra Luca Salti-ni, direttore della storica “CoraleRossini” di Modena, quella che

Sirmione - Benedetta a 20 anni Nicola Del Freo e Virna Troppi

Concerto di primavera: (da sinistra a destra) Elena Serra, Tiziana Scaciga Della Silva,Vina Troppi, Nicola Del Freo, Simone Mugnaini, Luca Saltini

che visse il suo periodo d’oro tragli anni ’60 e ’70.

Pescando nei suoi ricordi digiornalista e scrittore, il registaha inteso rendere omaggio all’a-more che Benedetta Bianchi Por-ro aveva per la musica, ricordan-do come nelle estati degli anni’60 ebbe un grande successo “IlCantagiro”. Ma con una differen-za: se allora era un tour di artistidello spettacolo che proponevanoi loro nuovi successi, al Palacon-gressi di Sirmione il pubblico èstato coinvolto in una sorta di gi-ro d’Italia e ad ogni “tappa”,cioè ad ogni città dove si è fattaun’immaginaria sosta, è stataproposta una canzone particolar-mente legata a quella realtà.

Ecco che Milano è stata fe-steggiata con O mia bela Madu-nina, Genova con Ma se ghepensu, Napoli con Munasterio ’esanta Chiara e così via. Ma lospettacolo ha offerto anche alcu-ni brani bellissimi ma poco po-polari, come quelli che Rubboliha scelto per le “soste” a Veneziae a Roma.

Protagonisti del concerto treeccellenti voci liriche: il tenoreviareggino Simone Mugnaini,già altre volte applauditissimo aSirmione e affettuoso “Amico”

vide i primi passi nella musicadel mitico Luciano Pavarotti.

Il balletto, che ha poi chiusolo spettacolo, ha raccolto un’o-vazione di diversi minuti. Del re-sto, la suite che Virna Toppi eNicola Del Freo hanno interpre-tato con splendida intensità nonpoteva che chiudere magicamen-te lo spettacolo dedicato a Bene-detta. Lo ha decretato il lungoscroscio di applausi del pubblicoestasiato dai due giovani e giàstelle della Scala di Milano. Unaserata indimenticabile ma, so-prattutto, un grande omaggio aBenedetta, a lei che amava l’in-tero universo.

Maurizio Toscano

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Il 23 dicembre 1993 pomeriggio, Anna Cappelli mi ha telefo-nato per comunicarmi che papa Giovanni Paolo II la mattina stes-sa aveva firmato il de creto sulla venerabilità di Benedetta, allapresenza della mamma di Benedetta, del postulatore il cappuccinopadre Paolino Rossi e di lei come responsabile dell’associazione“Amici di Benedetta” e mi ha incaricato di darne notizia al vesco-vo mons. Attilio Nicora.

Su suo espresso invito e a suo nome, alle Sante Mes se di Na-tale ho avuto la grazia e la gioia di dare questo annuncio e di pre-disporre una sua prossima visita in par rocchia.

La domenica 13 febbraio, giornata delle Sante Quarantore, ilvescovo è venuto a Sirmione per condividere con i familiari e conla parrocchia questa gioia e per addi tare in questa giovane unesempio di vita a cui guardare con ammirazione e come stimoloall’imitazione.

Ho esposto nell’atrio della chiesa il testo del de creto firmatodal Prefetto della Congregazione dei Santi card. Angelo Felici etanti, in questi anni, si sono fermati a leggerlo.

È necessario conoscere le motivazioni espresse nel de creto percui Benedetta è stata dichiarata “Venerabile”.

Ha vissuto in grado eroico le virtù teologali e le virtù cardinali.Le riporto brevemente.Innanzitutto le virtù teologali.La Fede. «La sua grande fede la sostenne nelle notti oscure dei

sensi e dello spirito, nelle tentazioni di scorag giamento e di pes-simismo dinnanzi alle nere prospettive del suo futuro a causa del-l’insorgere della sua gravissi ma malattia da lei stessa diagnostica-ta prima dei medici» (morbo di Recklinghausen, situazione tumo-rale diffusa in tutto il corpo).

Scriveva nel suo diario: «La fede è vivere lasciando che il sensodella nostra vita lo sappia e lo conosca Lui solo e ce lo faccia in-travedere, se così a Lui piace...».

La Speranza. «L’eserciziodella speranza rifulse in Be -nedetta specialmente da quan-do, immobilizzata a letto, inca-pace di tutto e bisognosa intutto dell’aiuto altrui, si appog-giò completamente in Dio ediede un senso sopran naturalea tutta la sua sofferenza, consi-derandola come uno stato digrazia. La sua fu una vita tuttadi speranza, di completo ab-bandono alla Divina Provvi-denza», «un at tendere fiducio-so, alla fine del suo corso ter-reno, l’incontro con il suo Si-gnore».

La Carità. “Ha avuto una ac-cettazione incondizionata e ge-

l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 9

Riportiamo l’ampia relazione di mons. Evelino Dal Bon al convegno digrafologia del 24 febbraio 2018 a Bolzano. Il testo è stato raccolto in un opuscolo illustrato, che può essere chiesto direttamente a mons. Dal Bon che ora risiede presso la casa-famiglia dell’Associazione“Papa Giovanni XXIII” a Pellegrina (Verona).

Come ho conosciuto BenedettaNegli anni ’80, mentre ero

parroco a San Felice del Bena-co, Lucillo Antonioli di Salò,giornalista presso l’e ditrice

Rizzoli di Milano e frequentatore della Messa do menicale insie-me con la moglie Luisa, mi ha fatto avere alcuni numeri della ri-vista “l’annuncio”.

Questo è stato il mio primo incontro “in assoluto” con Bene-detta a 20 anni dalla sua morte.

Nello stesso periodo, il giovane curato di Colombare in Sir-mione don Vittorio Girelli ha fatto conoscere ai suoi amici sacer-doti del 1975 e a me, che li seguivo come educatore, la figura diBenedetta con libretti, immagini e audiovisivi da distribuire inparrocchia.

Se questa è stata una buona premessa..., a Sirmione – dove ilSignore mi ha fatto arrivare come parroco dal 1993 fino al 2016 –ho imparato a conoscerla.

Prima dell’ingresso parrocchiale mi sono fatto dove re di legge-re l’opuscolo scritto da Maria Grazia Dantoni, amica dellaprof.ssa Anna Cappelli, della collana LDC.

Posso dire che il mio ministero parrocchiale a Sirmione è ini-ziato ed è stato accompagnato per ben 23 anni dalla viva presenzadi Benedetta.

La domenica 5 dicembre dello stesso anno è venuta Anna Cap-pelli di Forlì, responsabile dell’associazione “Amici di Benedet-ta”, a salutarmi e a raccomandarmi “la serva di Dio Bene detta”.

Da allora è nata tra noi due una vera amicizia legata al nome diBenedetta.

Mi sono premurato di chiederle perché il processo di Benedettafosse in mano alla diocesi di Forlì, dal momen to che Essa è vis-suta ed è morta a Sirmione – in diocesi di Verona – e pertanto Ve-rona aveva il pieno titolo per avviare l’iter per la canonizzazione.

Mi ha assicurato che il vescovo di Verona mons. Giuseppe Car-raro su richiesta del postulatore padre Ber nardino da Siena, cap-puccino, ha dato l’autorizzazione all’ordinario diocesano di Mo-digliana-Faenza, sotto la cui giurisdizione era la parrocchia diDovadola, luogo di nascita e di sepoltura di Benedetta.

Il testo autografo è datato 8 novembre 1971, a sette anni dallanascita al cielo di Benedetta: «Il sottoscritto, vescovo di Verona,dichiara il suo pieno consenso perché la causa di beatificazionedella giovane Benedetta Bianchi Porro venga trattata dal vescovoordinario diocesano di Modigliana-Faenza. In fede Giuseppe Carraro».

Questo documento, in seguito, è stato trovato nella curia diModigliana da don Andrea Vena della diocesi di Concordia-Por-denone in occasione del suo libro Be nedetta Bianchi Porro. Bio-grafia autorizzata, edito dalle Paoline.

Copia del testo l’ho consegnata alla curia vescovile di Veronae l’ho fatta esporre nella camera dove Benedetta ha concluso lasua esistenza terrena, perché quel “docu mento veronese” è il pun-to di partenza per la causa.

Sirmione - Quadro di Benedettanella chiesa di Santa Maria della Neve

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nerosa della divina volontà, che richiedeva progressi vamente dalei prove sempre più dure. Si mostrava serena fino a fare dellasua vita martoriata un gioioso canto d’amore a Dio...

Da questo esuberante amore verso Dio fiorì in Bene detta l’a-more verso il prossimo».

Poté ben scrivere nel suo diario che «il prossimo è Cristo che de-sidera essere amato da noi, [...] che la carità è abitare negli altri».

Inoltre ha vissuto in grado eroico le virtù cardinali. La Pruden-za, la Giustizia, la Fortezza, la Temperanza.

Tra queste spicca la fortezza: «i gravissimi mali fisici che lamartirizzavano, i numerosi interventi chirurgici dolorosi e delicatiche dovette subire e la riduzione pro gressiva delle sue facoltà fi-siche non le impedirono, anche nell’immobilità quasi totale, dimantenersi serena e lieta nella sofferenza vissuta in unione con ilCristo paziente [...] “Ora che abita in me il dolore, tutto si è pu-rificato, tutto è grazia, anche il male. Arrivederci in Paradiso”».

Per conoscere meglio BenedettaHo avvicinato tre sirmionesi

Il mio predecessore don Lino Zorzi, parroco per 45 anni e poimio collaboratore per altri 12.

Aveva accolto in parrocchia la famiglia di Benedetta, provenien-te dalla Romagna nel 1951 e ha seguito Bene detta fino alla fine.

Di quando in quando, specie nell’ultimo periodo, la avvicinavaper i Santi Sacramenti.

Mi ha confidato, ma questa confidenza l’ha fatta an che ad altrie l’ha rilasciata al tribunale ecclesiastico: «Ero io che dovevoconfessarmi da lei e non viceversa».

Don Lino mi ha invitato a sentire la signora Anna Ponza inMancini, la ragazza che è vissuta con Benedet ta a Milano duranteil periodo universitario come colla boratrice di famiglia. Questa si-gnora mi ha fotografato Benedetta così: «Era una ragazza norma-le; ci teneva ad essere bella anche con gli orecchini; amava lacompagnia di amici; si è fatta allungare la gamba per averla allapari con l’altra».

E mi ha raccontato l’episodio dell’interrogazione uni versitaria.«Quando ti accorgi che sono distratta (voleva così mascherare lasua sordità!) dammi uno spintone». Quando, alla domanda delprofessore Benedetta gli ha chiesto di ripeterla, il professore indi-spettito le ha lanciato il li bretto scolastico: «Non si è mai sentitoche un sordo possa diventare medico».

Ha insistito con la sua accompagnatrice di non dire niente allamamma prevedendo la reazione che avrebbe avuto. Quando lamamma è venuta a saperlo, le ha subito detto: «Mamma, il profes-sore è stato buono con me, non ha messo alcuna nota negativa».

La seconda persona che ho consultato è stata una sua cara econfidente amica, la maestra Giuliana Casagran de in Bianchi.

Venuta ad abitare dopo il matrimonio da Lugana a Sirmione,andava spesso a trovarla in casa e ha imparato la lingua conven-zionale per comunicare con lei.

Tra le altre cose ha lasciato questa preziosa testimo nianza: «Lamattina del giorno dei Santi 1963 andai a farle visita. Come al so-lito mi accolse con tanta gioia e mi raccontò di aver fatto un so-gno: “Sono entrata in un cimitero di Romagna, c’era una tombailluminata da tanta luce e con una rosa bianca”».

«Per Natale le portai un crocifisso. Benedetta volle toccarlo epoi disse: “Anch’io così, ma sempre in letizia”».

Giuliana si è prodigata in tanti modi per far conoscere a Sir-mione questa santa ragazza e per diffondere la stampa che veniva

prodotta a Forlì dall’associazione “Amici di Bene detta”. I suoiscritti sono stati tradotti in circa venti lingue.

Mi ha accompagnato a Mantova presso il convento di SanFrancesco a conoscere padre Igino Luciano Viale ormai infermo.

Questo padre francescano, quando era al Santuario del Frassinoin Peschiera del Garda, veniva settimanalmente a Sirmione ad aiu-tare l’anziano parroco don Giuseppe Martini e così ha conosciutola famiglia Bianchi Porro e in particolare la bambina Benedetta.

È lui che le ha suggerito di segnare quasi quotidiana mente isuoi pensieri nell’agenda di cucina del 1961 e 1962.

In queste agende notiamo una calligrafia di Benedetta, oggettodi studio di questa giornata.

L’ha rivista poi quando era studente di medicina quasi quoti-dianamente nel 1963 tornando a Sirmione per le cure termali.

Da Albenga dove si trovava, nel trigesimo della morte di Bene-detta, ha composto “a conforto degli amici” un manoscritto stam-pato dagli amici di San Francesco e di Benedetta dalla tipografiaBettinelli di Verona.

Questo opuscolo che porta il titolo Cor meum in manu Domini:Benedetta Bianchi Porro di Sirmione. Universalis Fraternitas Edi-trice è in assoluto il primo diuna serie di libri sulla grandefigura di Benedetta.

La terza persona che ho con-sultato è stato Mario Ar duino,

il sindaco di Sirmione.Quasi coetaneo di Benedetta

ne parlava in maniera entusia-smante. Pur dicendosi aperta-mente “ateo”, per la formazionee la cultura socialista, in realtàmanifestava, parlando di Bene-detta la sua apertura e la sua fi-ducia in Dio e sapeva brillante-mente intrattenere la gente pre-sentando il mes saggio cristianoche Benedetta ha lasciato.

Anche come sindaco si èfatto promotore di varie ini -ziative al riguardo e ha scritto vari articoli per i giornali.

Tra le poesie che ha composto dedicate a Benedetta, leggoquella del maggio 2002:

L’amica.Ti rivedo sul ponte del castellomentre venivi verso la corriera che ci portava a scuola ogni mattina [al liceo Bagatta di Desenzano]

Salivi lentamente e ti sedevi tra giovincelli garruli e festanti come gli uccelli al sorgere del sole.Vanisce nell’occaso della vita il ricordo del tempo spensierato, ma sempre mi conforta il tuo sorriso.E penso che nell’ultimo Natale andavi per la strada di Betlemme ove il grande mistero si compiva.

Oltre a queste persone, ho avvicinato la mamma Elsa e la so-rella Manuela, l’infermiera Emilia Betalli di Lonato, i postulatoridella causa padre Paolino Rossi cappuccino, padre Flavio TessariCappuccino, l’attuale padre Gugliel mo Camera saveriano, il vice-postulatore mons. Sergio Scaccini e l’agiografo padre AntoninoRosso cappuccino.

Continua da pag. 9

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 11

Mi sono fatto pellegrino nei luoghi d’infanzia di BenedettaAvevo in cuore il desiderio e la curiosità di andare a Dovadola,

terra natale di Benedetta che ora ne custodiva le sante spoglie eperegrinare nei luoghi dove Lei è vissuta per approfondire la suaconoscenza e cogliere il suo mes saggio.

A metà gennaio ho voluto vivere gli esercizi spirituali itineranticon don Bruno Zuccari di Verona, ospiti del parroco di Dovadoladon Alfeo Costa, e leggendo il libro sulla biografia di Benedettadi padre Lorenzo Fara (che porta la presentazione del card. CarloMaria Martini, editrice Carroccio, Padova 1986).

Il sabato 22 e la domenica 23 gennaio, con alcuni gio vani sir-mionesi, sono tornato a Dovadola e a Forlì per la celebrazione diringraziamento al Signore per questa sua serva, ora “venerabile”,presieduta dal giudice relatore del la causa l’arcivescovo mons.Paolino Limongi.

Nell’occasione, Il vescovo di Verona ci aveva accompagnato,nel dialogo fraterno con la diocesi di Forlì, con una lettera che èstata letta in cattedrale. Erano presenti an che altri fedeli di Sir-mione, di Lugana e di Colombare con il curato festivo don Pier-giorgio Soardo.

Ricordo nel pomeriggio la “lectio magistralis” del Card. Giaco-mo Biffi di Bologna Approccio teologico al mistero di Benedetta.

Sono andato dalla “miracolata” di LourdesIn compagnia del giovane Stefano Chinca sono stato a trovare

la sig.ra Maria Dalla Bosca a Tirano in Valtellina.Anche lei aveva partecipato al pellegrinaggio a Lour des con

l’Unitalsi nel 1962.Davanti alla grotta sentendola piangere, Benedetta che le era

accanto, pure in carrozzella, la incoraggiava a guardare la BiancaSignora. E, tra la sorpresa dei presenti, si è messa a camminare.

Ho avviato il gruppo sirmionese degli amici di BenedettaA Sirmione, la domenica 6 marzo 1994 è partito il gruppo

“Amici di Benedetta”: suoi conoscenti, suoi am miratori, suoi de-voti, con lo scopo di studiare insieme gli scritti di Benedetta e difarla conoscere nel teatrino par rocchiale ai suoi compaesani e agliospiti della stagione turistico-termale.

Il gruppo, composto da una trentina di persone delle tre parroc-chie di Sirmione, per alcuni anni ha svolto il suo compito. Con-servo le varie relazioni che sono state tenute.

Nel 1996, ricorrendo il 60° compleanno di Bene detta, la vica-ria del lago bresciano per interessamento del curato di Rivoltelladon Giuseppe Andriolo ha promos so a Sirmione una giornata peri giovani la domenica 17 novembre.

A conclusione, il vescovo ha benedetto la lapide-ricor do che èstata posta sulla casa dove è vissuta Benedetta.

Quando telefonicamente gli ho presentato ciò che avevamopensato di scrivere sulla lapide, mi ha suggerito di aggiungere leultime due parole.

Il testo suona così:

23 gennaio 1964In questa casa BENEDETTA BIANCHI PORRO – segnata dalla croce – ha compiuto il cammino di trasfigurazione verso il grande incontro con Dio.La comunità di Sirmione pose il 17.11. 1996

Quelle due ultime parole “con Dio” – ho detto al vescovo – so-no la sua firma. L’ha motivato: «A Sirmione avvengono tanti in-contri, ma questo è stato un incontro “unico” nel suo genere e chilegge lo deve capire immediatamente».

Nel corso dell’anno due date in memoria di BenedettaIl gruppo ha voluto che due date nell’anno segnalassero alla

comunità sirmionese e agli ospiti la vicenda di Benedetta.Il 23 gennaio, suo dies natalis, con la Santa Messa inizialmente

nella sua camera alla mattina e poi nella chiesa parrocchiale allasera, preceduta dal suono della sesta cam pana che il parroco donLino Zorzi aveva fatto installare con questa iscrizione «Vox cla-mans in utraque vita», una voce che continua a chiamare alla vitapresente e futura.

L’8 agosto, giorno del suo compleanno, con la San ta Messa nel-la chiesa parrocchiale presieduta da un vescovo. Non posso non ri-cordare e ringraziare il vescovo ausiliare di Verona mons. An dreaVeggio che tante volte si è reso disponibile, come pure i ve scovidi Forlì-Bertinoro mons. Vincenzo Zarri e mons. Lino Pizzi, il ve-scovo di Modigliana-Faenza mons. Claudio Stagni, il ve scovo diFerrara-Comacchio mons. Paolo Rabitti e i vescovi di Ve rona pa-dre Flavio Roberto Carraro e mons. Giuseppe Zenti e i nunzi apo-stolici mons. Claudio Gugerotti e mons. Antonio Sozzo.

Da Sirmione... a DovadolaAnche il pellegrinaggio interparrocchiale a Dovadola nella do -

me nica successiva alla data della morte di Benedetta è da ricordare.Talora con la partecipazione del coro Santa Maria della Neve

diretto dal maestro Marino Righetti che ha eseguito la Messacomposta per il 2000 da Peter Hölzl di Merano, voluta in onoredi Benedetta, e in genere con la presenza dell’amministrazionecomunale sia del sindaco Maurizio Ferrari che dell’attuale Ales-sandro Mattinzoli.

Va ricordato che si è promosso un gemellaggio tra i due comu-ni: Dovadola e Sirmione.

In una di quelle occasioni, il vescovo di Lucca mons. Italo Ca-stellani, ha benedetto “la rosa bianca”, opera in ferro battuto delsirmionese Beppino Mellini. Ora è posta sopra il tabernacolo da-vanti all’immagine cinquecentesca della Madonna Patrona di Sir-mione, quasi in atto di in tercedere presso la Madre. Un quadro diBenedetta, ope ra del pittore sirmionese Guido Grumelli, è postolungo l’aula della stessa chiesa.

Tra gli eventi che meritano di essere ricordatiLe celebrazioni in Cattedrale presiedute dal vescovo: l’11 feb-

braio 1995 nella giornata mondiale dell’ammalato e il 17 settem-bre 1996 nella giornata degli amici di Benedetta.

La lettera trimestrale del Parroco “Il Ponte”, a tutti gli abitantidella parrocchia di Santa Maria della Neve e a quanti svolgono inSirmione la loro attività: dal 1996 riporta notizie su Benedetta.

Gli esercizi spirituali tenuti dall’Unitalsi di Verona, animati dadon Roberto Vesentini, assistente della stessa associazione.

Convegni annuali presso il Grand Hotel Terme con relatori digrande elevatura, tra cui gli on. Romano Prodi, Rocco Buttiglio-ne, Girolamo Sirchia, i proff. Mario Melazzini e Vittorino An-dreoli, l’assistente nazionale di azio ne cattolica mons. DomenicoSigalini, i teologi don Paul Renner di Bolzano e mons. FabrizioPorcinai di Firenze e l’arch. Emilio Cupolo.

I concerti di settembre in omaggio a Maria Callas e a Benedet-ta promossi dall’amministrazione comunale con la collaborazionedi Michele Nocera.

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12 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

L’appuntamento dell’8 marzo, festa della donna, al Palacon-gressi con il concerto di voci giovanili, per l’inte ressamento dellasorella Manuela.

La tre giorni degli adolescenti di Sirmione a Dovadola, neigiorni che precedevano la morte della cara Anna Cappelli.

Il recital degli adolescenti della parrocchia di Rivoltel la Fiorìuna rosa bianca sotto la guida di Marisa Binati e di don Luca Ni-cocelli parroco di Centenaro.

Nel 1999 abbiamo posto sotto la sua protezione l’ini zio dell’e-sperienza nell’eremo “SS. Trinità” presso la chie sa di San Pietroin Mavino.

In vista dell’anno del grande Giubileo, il centro dio cesano diPastorale Giovanile ha preparato un libretto con testimonianze digiovani del nostro tempo, tra cui quella di Benedetta: Se questo...se quella... perché non io?

Dal 2000 il 23 di ogni mese la Santa Messa per la sua glorifi-cazione e la Vigilia dell’Assunta nel parco di Villa Cortine la pre-sentazione di alcuni testimoni.

Nel 2004, 40º dies natalis, è stata allestita la mostra nel palaz-zo Callas.

Nel 2005, riaperta la chiesa di Sant’Anna dopo la ri -strutturazione, vi è stata posta in evidenza copia del ritrat to ese-guito da Pietro Annigoni.

Nel 2012, ricorrendo i 500 anni della consacrazione della chie-sa di Santa Maria della Neve, è stato ristruttura to l’altare maggio-re con un reliquiario di tanti Santi e Beati del lago e di diocesi so-relle.

Non potendo inserire una reliquia di Benedetta – perché nonancora dichiarata “Beata” – ho voluto tuttavia incorniciare il reli-quiario con questa sua frase: «I Santi sono una perenne rivelazio-ne di Dio».

Nel 2014, 50º del suo dies natalis, varie persone, preti, religio-se e laici alla Santa Messa vespertina, hanno commentato unadelle sue lettere.

Per il 2016, 80º suo compleanno, un nuovo reci tal Abbando-nata nel Signore: il cammino di Benedetta. L’ho affidato all’atto-re Jim Graziano Maglia di Cremona, già conosciuto a Sirmionenelle giornate catulliane per l’opera: Io, Agostino, soprattutto cri-stiano.

Vari eventi puntualmente sono stati segnalati sui giornali localidal corrispondente Maurizio Toscano.

Benedetta.... in AfricaMi sono fatto dovere durante i miei soggiorni in Togo, dove è

stato avviato nel 2000 il progetto umanitario 3T (Teofilo, To-domè, Togo) con la collaborazione dei volon tari di Sirmione e dialtre comunità, di distribuire varie immaginette di Benedetta.

La casa dove Benedetta ha compiuto il cammino di santità

Una data storica è stata l’inaugurazione della casa ri strutturatadi Benedetta, l’Hotel Meridiana.

Il vescovo mons. Angelo Comastri, allora arcivesco vo-de le gatopontificio di Loreto, l’ha benedetta l’8 ago sto dell’anno 2000 e daallora la Camera dove Benedetta ha vissuto il suo calvario è luo-go riservato alla preghiera e alla riflessione aperto a tutti.

Su un quaderno chi desidera lascia un suo pensiero o una ri-chiesta di preghiera.

Su quella casa ho coltivato un progetto, un sogno... sarà quelloche la Provvidenza vorrà!

Che quella casa – almeno in parte – fosse riservata per una“me moria viva e attuale” di Benedetta.

A ricordo di questa prospettiva, vi leggo ciò che mons. EliosGiuseppe Mori, biblista e sociologo della diocesi di Ferrara-Co-macchio, aveva lasciato scritto.

Un anno dopo del mio arrivo a Sirmione il Signore lo ha chia-mato al premio eterno. Ci eravamo incontrati in canonica. Pertrent’anni è venuto a Sirmione per le cure termali; nei primi cin-que anni ha avvicinato Benedetta come suo direttore spirituale etra i due è intercorso un ricco epistolario.

«In quel luogo, in quella realtà, c’è stata una qualità di presen-za di Dio, che Sirmione non ha mai sperimentato altrove».

Alla domanda: «Lei quindi pensa che un centro di spi ritualitànel luogo in cui Benedetta ha consumato la sua vita possa diven-tare ovvio?».

Ha risposto: «Faccio una riflessione di fede. Dio ha scelto Be-nedetta, l’ha forgiata come sua “icona” in quel luogo. Ha presocosì possesso di quel luogo: per me si tratta di prenderne atto. Inquella casa deve continuare l’azione visibile di Dio, nel silenziodella preghiera, nell’e sperienza di vita spirituale, nel segno dellacarità verso i più poveri e bisognosi. Perché non pensare chequella casa possa accogliere bambini e ragazzi, bisognosi di cure,che non sarebbero ospiti graditi altrove? Se Dio attraverso Be -nedetta sta parlando alla chiesa e al mondo, deve avere an che unacasa fra gli uomini, per abitare e conversare con loro. Ci può es-sere un posto più privilegiato della casa in cui Benedetta ha ac-colto il suo Dio, vivendone il mistero di croce e resurrezione?».

Il mio rapporto con BenedettaIn tutti gli anni in cui sono stato a Sirmione, ad ogni funerale

riportavo un pensiero di Benedetta.E inoltre ho imparato da Lei a non usare mai la parola “morte”,

che non appare nei suoi scritti, ma a riportare le sue espressioni:«il giorno delle nozze, il grande incontro col Signore, l’attesadella sua venuta, la vigilia della festa».

Ritengo questo un salto di qualità nella mia vita di prete.Ai sirmionesi ho insegnato che il Requiem aeternam va tradot-

to con “l’eterna beatitudine” e non con “l’eterno ripo so”, perchéin Paradiso non ci sono letti per riposare, ma là si va per collabo-rare con il Signore per il bene dell’umanità.

Mi auguro che la Congregazione per la Dottrina della Fede ri-veda certe espressioni che sono in voga nelle pre ghiere, perchétradiscono la verità e non la traducono in modo comprensibile.Insistere sul riposo eterno e non sulla beatitudine eterna non è lastessa cosa. Cambia to talmente la visuale cristiana.

Due fatti personali, “molto personali”, non posso non ricordare!Il 12 luglio 1996, tornando dal camposcuola di Folgaria nel

Tren tino, potevo avere la peggio con la macchina.Così pure il 7 settembre 2002 a causa di un infarto mentre tor-

navo da Salò dove ero stato per la celebrazione dei 500 anni dellaconsacrazione del Duomo.

Sul cruscotto avevo l’immagine della cara Benedetta.Ritengo che sia intervenuta!

Per la sua causa di beatificazioneSono stato a Roma la prima volta con Anna Cappel li dal Postu-

latore della causa, accompagnati dal giovane Gianni Carosellaospite di Sirmione.

La seconda volta per portare al Segretario della Con gregazionedei Santi mons. Edoardo Novak la petizione dei partecipanti al

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Convegno del prof. Andreoli che ha concluso il suo intervento co-sì: «Se non è Santa Benedet ta, chi lo è?».

Ho invitato il relatore a sottoscrivere per primo la pe tizione perla Congregazione.

Inoltre ho fatto pervenire alla Postulazione alcune si tuazioni dipersone che ad un certo momento si sono ri stabilite in salute,ma... non sono state ritenute sufficienti per la causa.

Ho scritto anche ai vari Pontefici per perorare la causa: a Gio-vanni Paolo II e a Benedetto XVI.

A papa Francesco, il 6 febbraio 2014, insieme con don France-sco Ballarini parroco di Colombare, ho con segnato personalmentel’immagine di Benedetta chie dendogli la grazia. Ne conservo ge-losamente la foto in piazza S. Pietro.

Circa la grafologia di BenedettaMi piace ricordare che ho consegnato a una neo-lau reata in

grafologia (forse di Ravenna) l’opuscolo Pensieri di Benedetta1961-’62 per averne un commento in pro posito... che ancora at-tendo.

La domenica 30 ottobre 2016, poco prima della mia par tenza

da Sirmione, ho avuto il piacere di incontrare a Sirmione ladott.ssa Margherita Zerbi con un gruppo di Bolzano, pure interes-sati alla grafologia, venuti di proposito.

Ecco perché anche oggi sono qui con voi!

Alcuni pensieri di BenedettaAl dire del noto biblista di Milano mons. Enrico Galbiati che

nel libro Testimoni di Risurrezione edito negli anni ’70, accosta ipensieri di Benedetta ai passi della Sacra Scrittura, questi suoipensieri sono “ispirati”.

Ve ne lascio alcuni.Sono pensieri che mi accompagnano e che possono accompa-

gnare anche voi:

«Seguire Gesù Cristo senza esitazione è vera sapienza».«La fede fa fare prodigi».«Il calvario è il senso di tutto».«Per chi crede tutto è segno».

Un arcobaleno... e una nuova stella sul lago di GardaUn arcobaleno la Provvidenza ha tracciato tra Dovadola e Sir-

mione, tra Forlì e Verona, tra la terra di Roma gna e il lago di Gar-da con Benedetta.

Il nostro bel lago di Garda è circondato di Santi e di Beati.Nomino espressamente quelli “veronesi”:

– a Cassone-Malcesine gli eremiti Santi Benigno e Caro;– Torri-Castelletto di Brenzone i Beati mons. Giu seppe Na-

scimbeni e suor Domenica Mantovani;– Peschiera il Beato domenicano Andrea Grego;– Desenzano Sant’Angela Merici;– Puegnago il Beato don Giuseppe Baldo;– Limone il vescovo San Daniele Comboni.

Nella penisola di Sirmione, Dio ha posto una nuo va fulgidastella, venuta dalla terra di Romagna: è una giovane “laica”, è lavenerabile BENEDETTA.

Siano rese grazie a Dio e lo vogliamo sperare – mentre fiducio-si Lo preghiamo – perché sia riconosciuta quan to prima comeBeata, in particolare per i giovani, perché spendano la vita ingrande a favore di questa umanità, come Lei ha scritto:

«CHE COSA MERAVIGLIOSA È LA VITA».

Don Evelino consegna a papa Francesco l’immagine di Benedetta

Preghiera per la glorificazione di Benedetta Bianchi Porro

Padre nostro, noi ti ringraziamo per averci donato in Benedetta una cara sorella.

Attraverso la gioia e il dolore di cui hai riempitola sua breve giornata terrena, Tu l’hai plasmataquale immagine viva del tuo Figlio.

Con Benedetta al nostro fianco ti chiediamo, Padre, di poterci sentire più vicini a te e ai fratelli, nell’amore, nel dolore e nella speranza.In una accettazione piena e incondizionata deltuo disegno.

Fa che la sua testimonianza così radicale della potenza salvifica della croce c’insegni che il dolore è grazia e che la tua volontà è gioia. Concedi, oPadre, la luce del tuo Spirito alla Chiesa, affin-ché possa riconoscere Benedetta fra i testimoni esemplari del tuo amore.

Questa grazia… che per sua intercessione umil-mente ti chiedo, possa contribuire alla glorifica-zione della tua serva Benedetta. Amen

con approvazione ecclesiastica

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14 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

È il titolo di un libro di Lyt-ta Basset, filosofa e teologaprotestante svizzera, che è sta-ta pastore della Chiesa rifor-mata di Ginevra e ha insegnatoteologia pratica all’universitàdi Neuchâtel. Partendo da al-cune domande fondamentali:Per ché vivere? Quale senso hala nostra vita? l’Autrice affron-ta alcuni temi importanti qualiil suicidio, l’ira, l’odio, ma an-che la compassione, la guari-gione e la gioia.

Ogni essere umano è un in-trico di contraddizioni e deve

passare dall’esperienza dell’assurdo alla pienezza di senso. I testibiblici ci possono aiutare in questo percorso se sappiamo coglier-ne il messaggio liberamente rivolto a ciascuno di noi. Il libro è ungrande aiuto lungo questo cammino, per chi intenda intraprender-lo. Ci riporta al discorso fondamentale, che ci fa vedere la vitacome relazione con Dio e con gli altri uomini.

«La vita chiede di essere scelta e Dio stesso chiede all’uomo discegliere la vita […] e la vita si sceglie entrando in relazione,creando dei legami…». È quanto ci ricorda Luciano Manicardi,priore della Comunità di Bose, nell’introduzione. La stessa guari-gione viene vista come un ristabilimento della capacità di relazio-ne, come appare anche dai racconti evangelici di guarigione com-piuti da Gesù. In essi «la guarigione appare sempre come frutto

della relazione che si stabilisce tra Gesù e chi gli sta accanto»,per cui si può dire che anche “il miracolo” ha una struttura rela-zionale.

È un punto di vista interessante, che ci fa capire come il di-scorso sulla speranza sia fondamentale anche e proprio quando siè più disperati. Gridare a Dio la propria disperazione è la formaestrema della speranza, tanto che si può dire che «ogni dispera-zione è di natura religiosa», come ha affermato Thomas Mann.

L’anelito alla gioia è anelito a un senso pieno, abbondante del-la vita, a quell’intuizione che ci fa capire che la vita vale comun-que la pena di essere vissuta e ci fa entrare nella dimensione dellagratitudine.

Le pagine di questo piccolo libro ci conducono davvero versoun cammino di liberazione da tante paure e ci avviano, tenendociper mano, a riconoscere ciò che davvero siamo: figli amatissimidi un Dio che ci ha creati per la sua e la nostra gioia.

Gesù non ha mai smesso di dare testimonianza di un Dio chetrova la sua gioia nel dare agli uomini il meglio di se stesso:«Egli aveva il segreto della gioia, ma ce l’ha svelato: le sue paro-le e la sua esperienza sono raccontate per convincerci che la gioiapiena è alla portata di ogni essere umano che cammina sulle suetracce» (p. 143).

Benedetta Bianchi Porro aveva compreso questo segreto e hasaputo vivere l’esperienza della gioia piena anche in una situazio-ne al limite dell’impossibile. Chiediamo, nella preghiera, anche alei, di aiutarci a cercare la vera gioia, quella che non ci abbando-na mai.

* LYTTA BASSET, Dal non senso alla gioia, Edizioni Qiqaion, Comu-nità di Bose, Magnano 2017, pp. 158.

Dal non senso alla gioia*

di ROBERTA BÖSSMANN

In varie occasioni ho avuto modo di ribadire che la vita non èqualcosa da accettare supinamente, ma ciò che conta è la capacitàdi relazionarsi a qualcuno. A Dio, che sin dal principio stabilisceuna relazione con l’uomo e poi agli altri, siano essi genitori, fa-miliari, amici, ma anche persone sconosciute che in qualche mo-do entrano nella nostra esistenza.

Scegliere la vita vuol dire proprio questo: essere capaci di aprir-si alla relazione nella nostra quotidianità, nella situazione e nelmomento in cui ci troviamo. Senza la presenza dell’altro comefaccio a sapere di aver vissuto? È l’altro che mi permette, anchenelle piccole azioni che compio ogni giorno, di vivere la mia esi-stenza come scelta, anche se quanto so o posso fare è ben poco.

Persino il dolore, ci insegna Lytta Basset, nel suo piccolo, pre-zioso libro Dal non senso alla gioia, ha senso soltanto se chi loprova viene tolto dalla sua solitudine radicale attraverso la com-passione. La compassione è il “no” che pronunciamo di fronte all’indifferenza del male del prossimo. È l’insegnamento di Em-manuel Lévinas: «Soffrire non ha senso [...] ma la sofferenza perridurre la sofferenza dell’altro è la sola giustificazione della sof-

ferenza […]. Il soffrire con l’altro (compassione) ha un senso etico».

È quanto Benedetta Bianchi Porro ha compreso e riassuntonello splendido pensiero «La carità è abitare negli altri». È pren-dere su di sé il fardello dell’altro, come se fosse il nostro, percondividerne il peso. È essere consapevoli che «nulla è saldo innoi, ci dobbiamo tenere a catena». È il solo modo per vivere lanostra vita da fratelli, senza sentire il peso della solitudine, dellafinitezza, del limite che prima o poi tutti dobbiamo affrontare. Èla vita come condivisione, come relazione, perché nessuno puòvivere come “Io”, ma tutti possiamo e dobbiamo vivere come “Io - Tu”. L’Io da solo non esiste, ci ha detto il grande filosofo eteologo Martin Buber, e forse è arrivato davvero il momento diprendere sul serio il suo insegnamento. Scoprire la nostra finitez-za è scoprire la nostra umanità.

Aver bisogno gli uni degli altri non è un limite, ma la nostravera natura.

Siamo stati creati per Dio e per sostenerci a vicenda. Scopriremeglio tutto questo è lo scopo del nostro stare al mondo.

La vita come relazionedi ROBERTA BÖSSMANN

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 15

Benedetta a un convegno di grafologia a BolzanoIl convegno Perché scrivia-

mo? I meccanismi mentali èstato organizzato a Bolzano il26 febbraio dalla Cooperativasociale onlus “GM BenedettaBianchi Porro” in collaborazio-ne con la “Dante Alighieri” diBolzano, presieduta dal dott.Giulio Clamer.

«Salvare dal disuso la scrit-tura manuale, perché fa bene alcervello, aiuta ad elaborare eancor prima è un diritto fonda-mentale da preservare e da farriconoscere come patrimoniodell’umanità dall’Unesco. Scri-vere a mano è uno dei compor-tamenti più complessi e edu-carlo significa promuovere unaformazione armonica». Su que-sta tematica del convegno si èsoffermato il neurologo dott.Lorenzo Lorusso, presidentedella Cooperativa sociale on-lus, esaminando i complessiprocessi che dal cervello arri-vano fino al segno grafico.

L’uso, poi, di tastiere, com-puter, tablet e smartphone, sesostituivo nei processi didatticied educativi della tradizionalescrittura a mano, può impove-rire i processi di apprendimen-to e di espressione. Ciò ha in-dotto l’Istituto Grafologico In-ternazionale Girolamo Morettidi Urbino a lanciare una cam-pagna per fare riconoscere dall’Unesco la Scrittura a ma-no Patrimonio dell’Umanità,come ha riferito p. AnselmoBonfigli, portavoce dell’Istitu-to citato.

Mons. Evelino Dal Bon,parroco per 23 anni a Sirmio-ne, ha dato poi la sua intensatestimonianza sulla storia delsuo rapporto con Benedetta. Lapubblichiamo nelle pagine de-dicate a Sirmione.

L’appassionata relazione diCorrado Bianchi Porro e il par-tecipato resoconto di Pia, fan-

ho imparato a riconoscere e acaptare nell’istante stesso incui si fa viva in lui. E so beneche è solo all’inizio e via via sifarà più palpabile, quando da-vanti al microfono parlerà diBenedetta.

Il dottor Lorusso ha finito ilsuo intervento e qualcuno pro-pone una pausa caffè prima dicontinuare i lavori. Escono tut-ti e io resto in una sala vuota achiedermi quanti in questa pla-tea conoscano già Benedetta.Lo capirò, mi dico, quando ri-prenderanno i lavori.

La sala torna a riempirsi evengono chiamati a parlareCorrado e don Evelino, l’exparroco di Sirmione e ferventedevoto di Benedetta.

Don Evelino parla per pri-mo: narra con cronologia im-pressionante dei suoi incontricon Benedetta, lui che da vivanon l’ha mai incontrata. Parlacon voce chiara e la platea siconcentra su quegli avveni-menti e li rivive con lui. Bene-detta è entrata nella mente deipresenti.

Non so ancora dire quanticonoscessero già la storia diBenedetta in quella sala, ma soche ora tutti sanno di lei: sa-ranno anche pronti a recepirela commozione del fratello?

Corrado inizia la sua rela-zione e io sento che ha già ilnodo alla gola. Margherita Zer-bi (che fortemente ha volutoquesto convegno e siede tradon Evelino e Corrado) prendebrevemente la parola perchéabbia il tempo di riprendersi.Ma già nella sala la commo-zione ha preso posto. E via viache Corrado parla, il silenzio èassoluto e tutto avvolge. Lacom mozione di Corrado equel la degli auditori si incon-trano e si fondono, divengono

no comprendere chiaramente ainostri lettori, perché la onlus,fondata da Margherita Zerbi,sia intestata a “Benedetta Bian-chi Porro”.

Ampia informazione sulconvegno di Bolzano è reperi-bile sul sito della cooperativasociale onlus www.gmbenedet-

tabenedetta.it.

Il convegno visto da PiaArriviamo in serata a Bolza-

no e usciti dalla stazione ci ac-coglie un vento freddo, ma nonfastidioso.

Il dottor Gottardi è venuto aprenderci per condurci al “Kol-pinghaus” dove passeremo lanotte precedente il convegno digrafologia che la Coop. Socialeonlus “G.M. Benedetta BianchiPorro” ha voluto organizzareproprio in nome di Benedetta.

Lo zaino di Corrado è pienodi libri: potrebbe aver bisognodi aggiungere o modificarequalcosa alla relazione cheterrà domani. Meglio essereprevidenti, dice!

Non gli serviranno, la suarelazione è pronta da tempo e iripensamenti all’ultimo mo-mento non sono consigliabili.Ma gli danno la sicurezza cheBenedetta è con lui e lo ac-compagnerà domani, quando

Dott. Lorenzo LorussoP. Anselmo Bonfigli

dovrà parlare ad un pubblicoche non conosce.

Sabato mattina il sole sve-glia Bolzano e noi: la messa, lacolazione e usciamo per rag-giungere il luogo della confe-renza. Noi siamo i primi ad es-sere accompagnati al circoloufficiali. Bolzano è tranquilla,forse ancora addormentata aquell’ora.

A mano a mano anche gli al-tri relatori arrivano. E quandola grande sala si riempie e qua-si tutte le sedie a disposizionesono occupate, il brusio dentroe fuori si spegne e il primo re-latore – il dottor Lorenzo Lo-russo, neurologo di Brescia –dà il via ai lavori della matti-nata.

È una relazione lunga, mainteressante. Corrado mi siedeaccanto, in attesa del suo tur-no, e io posso sentire che lacommozione comincia a farsistrada nella sua anima, comesempre quando deve parlare disua sorella. Perché, io lo so be-ne, per lui Benedetta è primadi tutto la sorella che amava eche ama, che lo ha amato e chelo ama. Per lui narrare di Be-nedetta è un sentimento forte,che lo investe in ogni angolodella sua anima e del suo cuo-re, con quella commozione che Continua a pag. 16

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un tutt’uno senza soluzione dicontinuità. Percepisco la pre-senza di Benedetta in ognunodi noi, lì seduti ad ascoltare lavoce roca e tremante di suofra tello che narra di lei e di lui,l’inconsapevole adolescenteche era servito – come lamamma e la sorellina – a far sìche Benedetta potesse conti-nuare a comunicare con gliamici, chiamato senza averneancora consapevolezza, a en-trare a far parte di un eventocosì straordinario.

Perché Benedetta è stata unevento straordinario. E le per-sone del pubblico, confluite inuna sala per sentir parlare digrafologia, lo hanno percepitonella commozione del fratello,se ne sono lasciate penetrare,l’hanno fatto proprio, sì chenon hanno più semplicementeascoltato, ma esse stesse sonodivenute parte dell’eventostraordinario Benedetta BianchiPorro, così partecipi da respira-re all’unisono come un unicorespiro, in un silenzio intenso eraccolto, così univocamentecommosso, come mai mi eracapitato di vedere e sentire.

Non saprò mai quanti cono-scessero già Benedetta fra ipartecipanti al convegno. Maso che oggi tutti loro la cono-scono, nella commozione cheha avvolto quel sabato mattinai loro cuori. Pia

Parola, scrittura, grafologia e Benedettadi Corrado Bianchi Porro

«>En ¡rc˜ ∆n ò logo$».�Al-l’inizio era la Parola. La comu-nicazione è fatta di parole. Cisiamo trovati qui perché siamostati convocati dalla parola,prima parlata, poi scritta, il cuidestinatario è l’uomo. Ognunoporta una parola, un nome. Ilnome è l’essenza più intimadella lingua stessa. La creazio-

ne si completa quando le cosericevono il loro nome dall’uo-mo. La parola è l’essenza spiri-tuale delle cose e significa ri-velazione, dove si rivela l’ine-sprimibile di ogni uomo, lostraniero che è dentro ogni uo-mo e che ha bisogno di essereaccolto e ascoltato, quando l’i-nespresso diviene parola. Lalingua è l’albero della cono-scenza. Di ciò che è bene e diciò che è male e per questo èl’origine del diritto di frontealla parola vana. Sì, perché c’èconfusione delle lingue. I segnici confondono. È la confusionedelle lingue nella torre di Ba-bele. Ci sono la verità e lamenzogna. La comunicazioneper altri fini, per confondere,per comperare l’altro.

E resta la lingua della scul-tura, della pittura, della poesia.Soprattutto della musica, l’ulti-mo residuo della lingua univer-sale. La lingua dell’arte si la-scia intendere solo in strettorapporto con la teoria dei se-gni, dove si esprime, da unalingua muta e senza nome (re-

siduo del verbo creatore diDio), l’intera natura e i suoisentimenti in rapporto alla vitadell’uomo.

La prima scrittura dell’uomodi cui si ha memoria (sono idisegni nelle caverne) risale a15 mila anni avanti Cristo.Rappresentano il movimento.Perché i bambini appena ini-ziano a parlare fanno dei dise-gni?� Non è chiaro perché gliumani iniziarono a scrivere. Sipensa che la scrittura sia statasviluppata da individui cheavevano abbandonato la cacciae la vita nomade, diventandoagricoltori stanziali. Perché siinizia a scrivere? Per il lavoro,per il commercio, per migliora-re i calcoli nelle transazionid’affari. Secondo le nostre co-noscenze, la scrittura si originòtra Babilonia e il Golfo Persiconel 3.300 a.C. Erano cerchi efigure incise sulla pietra e mol-ti, molti anni più tardi su tavo-lette di argilla con una cannatagliata. Le figure erano le ma-terie prime, e poi c’erano lequantità.

La scrittura era fatta di cu-nei. Solo gli esperti erano ingrado di usarla. Intorno al 300a.C. vi erano 800 caratteri di-versi per raccontare i concetti�egli scribi (come oggi gli infor-matici) divennero persone im-portanti nella comunità. Furo-no gli scribi che passarono dal-la pietra allo scrivere sull’argil-la. Il linguaggio sumerico eramonosillabico e gli scribi leg-gevano ad alta voce. Le tavo-lette sumeriche precedono il li-bro della Genesi. I Sumeri fu-rono i primi poeti del mondo.La prima poesia di cui si hanotizia è questa:

In quei giorni, ora, era in quei giorniIn quelle notti, ora, era in quelle notti.In quegli anni, ora era in quegli anni.

Assomiglia molto a “essere enon essere”. Non c’è un tempopassato: quello che è stato, av-viene oggi per noi. Essere e nonessere, questo è il problema. Es-sere e non essere: questa è lasoluzione. Ascoltiamo quello

Bolzano, 24 febbraio 2018: (da sinistra a destra) don Evelino Dal Bon, Margherita Zerbi, Corrado Bianchi Porro

Continua da pag. 15

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 17

che è av venuto perché ci riguar-da. Per ché quello che è accadu-to fa parte della nostra vita. Le tavolette di argilla durarono 3 mi la anni. Finché nel delta delNilo fu la volta della pianta delpapiro, la cui canna si sbucciacome una cipolla con 20 stratiche venivano distesi su una ta-vola rigida in vari strati ad an-golo retto.

I fogli venivano inumiditi epressati con pesi per diverseore ed era la linfa a fungere dacollante. I papiri erano piùsemplici e leggeri da trasporta-re. Nella biblioteca d’Alessan-dria vi erano 700 mila rotoli dipapiro. Poi vennero le tavolettedi cera, quindi le pergamenedalle pelli degli animali. Maquello che è inciso nella pietra,non si può cancellare. C’è unacosa più dura della pietra. È ilcuore dell’uomo. In Egitto laparola gufo iniziava per emmee il disegno del gufo significaM. Il faraone Ramses sembra-va un sole e il sole è il simbolodel suono R Re. Se pensate aigeroglifici vedrete spesso leemme e le erre. I Greci aggiun-sero le vocali e i greci chiama-rono le lettere con nomi semi-tici Alepf, divenne Alfa, Betdivenne Beta.

Beta era anche il nome cheil babbo dava a Benedetta.

«Cara Beta», scrive il 18 giu -gno 1946, due settimane primache io nascessi. «Il tuo babborisponde un poco in ritardo allatua cara lettera senza data.Avevo promesso nello scriverealla mamma di rispondere an-che a te il giorno dopo, ma poi,una cosa e l’altra, la volontà ri-mase, ma non si tradusse in at-to. La mamma mi tiene al cor-rente dei tuoi studi e di quantotu fai per poter riuscire e farcicontenti. Non posso che dirtibrava, ma vorrei che ti convin-cessi che la scuola non è fattaper accontentare i genitori, ma

bensì per imparare. Lo studio ela fatica che tu fai a scuola, èsolo per te, per poter da grandecomprendere, dirigere, coman-dare agli altri. Il tuo babbo e latua mamma non fanno che sa-crifici per mandarti a scuola,ma lo fanno solo per te perchéloro quando tu sarai grande,saranno dei vecchi doloranti,magari sordi o con poca vista enon avranno nessun bisogno didifendersi dalla stessa vita. Mispiace, dopo le sofferenze dellamalattia dello scorso mese, do-po la fatica degli esami che tuabbia a soffrire ancora all’ope-razione alla tua gamba» (il 6 lu glio al Rizzoli di Bolognaper valutare l’opportunità di unintervento correttivo agli artiinferiori. Si aggiungevano ossidi bue per allungare l’arto, sen-za conoscere ancora i problemidel rigetto. Benedetta sarà poioperata nel 1955 con l’accor-ciamento del femore sinistroper rendere le due gambeuguali).

Il babbo era un fautore dellaconoscenza, del sapere, dellamodernità. A volte si va inospedale per guarire e ci si am-mala. Purtroppo, da qui deriva-rono (chi lo sa?) forse i proble-mi di salute di Benedetta. Ini-ziò quel lungo calvario che laportò alla morte, attraverso tu-mori benigni che colpivanoprogressivamente i centri ner-vosi. Prima il movimento, gliarti inferiori, poi l’udito. Allafine dell’ultimo anno era rima-sta solo una mano sensibile at-traverso cui, come da un pontelevatoio in un castello silenzio-so passavano i messaggi. Be-nedetta era diventata completa-mente sorda.� Mentre stava fre-quentando la seconda liceo,precisamente nel febbraio del1953, cominciò a perdere l’u-dito. Così scrisse nel suo dia-rio: Oggi [13 febbraio]� sono

stata interrogata in latino:

ogni tanto non capivo quello

che il professore mi chiedeva;poi qualche giorno dopo, il 19 febbraio: Non ho capito

quasi niente la lezione di ar-

te… Che figura devo fare ogni

tanto. Ma cosa importa? Un

giorno forse non capirò più

niente di quello che gli altri di-

cono, ma sentirò sempre la vo-

ce dell’anima mia: e questa è

la via che devo seguire. Perquesto per superare le diffi-coltà della vita iniziò a studiareper portarsi avanti e iscriversiprima all’università. Il babbovoleva che facesse Fisica perguardare, come gli antichi, ildestino dell’uomo dai segnidelle stelle. Si iscrisse ma poipassò a medicina.�Ma a causadella matematica che non lepiaceva, mentre i giorni passa-

vano ed io ero sempre presa

dal terrore, dall’angoscia di

doverla studiare tutta la vita…

Non potevo resistere. Andai al-

lora ad alcune lezioni di varie

facoltà ed infine, nonostante

molti mi avessero sconsigliato,

decisi per Medicina… Affron-

tai il nuovo studio con ardore,

avevo sempre sperato di diven-

tare un medico! Voglio vivere

e lottare per tutti gli uomini.Per questo nasce anche la suapassione per la grafologia. Ca-pire gli uomini e capire sé stes-si. Le scrive nel 1959 l’amicaNicoletta con cui si interrogavase il popolo russo fosse o nonfosse profondamente religioso,vista la propaganda atea. «Bi-sogna essere onesti – scriveNicoletta –. Umanamente ilmarxismo è quanto di meglioci sia. La mia curiosità è pro-prio questa. Sapere in che mi-sura i giovani russi, i russi in-telligenti si accorgono chequanto umanamente meglio cisia, non basta. L’unica cosache possiamo testimoniare noiè proprio la vecchia verità diPascal: l’uomo sorpassa infini-tamente l’uomo. Ma glielo te-stimoniamo così male, ma così

male… Io non credo che ilmarxismo possa bastare ai rus-si…». Da questo desiderio diconoscere l’uomo e di cono-scere sé stessi deriva la passio-ne che Benedetta aveva per lagrafologia. Per cosa si andavada Benedetta a farsi leggere lascrittura?

- per il lavoro (cosa può farequesto ragazzo, le attitudini);

- per l’amore (può essereuna buona moglie, un buonmarito? Sono compatibili?);

- per problemi esistenziali(crisi, depressioni, il senso del-la vita, chi sono io?).

Insomma, torniamo al nostroalbero della conoscenza. Macome si conosce? Certo attra-verso i segni. Ricordo il passodi Walter Benjamin sulla fa-coltà mimetica: «La grafologiaha insegnato a scoprire nellescritture, immagini che vi na-sconde l’inconscio di chi scri-ve. Bisogna pensare che il pro-cesso mimetico che si esprimecosì nell’attività dello scriven-te, fosse della massima impor-tanza per lo scrivere nei tempiremotissimi in cui sorse lascrittura. La scrittura è diventa-ta così, insieme alla lingua, unarchivio di somiglianze nonsensibili, di corrispondenze im-materiali».

E molti andavano da Bene-detta a farsi leggere la scrittura.Ma il tutto avveniva nella piùcompleta discrezione. Non perfare chiacchiera. Per compren-dere, per aiutare a comprenderee a comprendersi. Conoscendole debolezze degli altri, cono-sciamo le nostre. E come me-glio si conosce? Non attraversola sola scienza o la sola tecnica.Gli scribi di oggi, gli informati-ci, capiscono l’uomo? L’uomolo si conosce attraverso l’amore.Conoscere nella Scrittura è quelrapporto esclusivo che vi è trauomo e donna, nella corporalitàe nello spirito. Non basta solo la

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carne. È l’amore che ci consen-te di leggere ciò che non è maistato scritto. Una lettura più an-tica e anteriore ad ogni lingua:dalle viscere delle stelle dellacreazione. Conoscere è umiltà.�

La Scrittura dice che Mosèscrisse la Toràh sotto dettaturadivina, parola per parola. Ep-pure, per ogni espressione, esi-stono 70 modalità di esegesi. Econ questo, né la più piccolalettera del testo, come possia-mo essere noi, passano mai enon possono venire abrogati.Ogni verso della Scrittura è su-scettibile di mille interpretazio-ni. Non c’è una fine per faremolti libri. Alfa e Omega.

figlia, la scoprite dalla scritturaincerta di un adolescente timi-do e insicuro che non capisceancora cosa sia la vita, attra-verso cui passano questi enig-mi di parole.

La trovate scritta da unabambina innocente che iniziala scuola della vita. La trovatenel silenzio di tante personeche venivano a visitarla forseper farle coraggio e trovandolafatta di sola voce in un letto,cieca, immobile, sorda, piange-vano incapaci si stringere quel-l’unica mano da cui le passa-vano i messaggi con l’alfabetopiù muto dei Sumeri e a cui leirispondeva volgendo la lorooscurità in luce.

Dunque, occorre uno studioscrupoloso. Una parola ha det-to Dio, due ne ho udite, scriveil Salmo 62.

Perché Benedetta che erapiù vicino a Dio, leggeva ognigiorno la Scrittura? La mia pa-rola non è forse come il fuoco,dice il Signore e come il mar-tello che spezza la roccia? (Ge-remia 23.29) E noi dobbiamoessere la lettera scritta non supietra, ma su cuori di carne.

I poeti parlano con la linguadell’arte. La loro vita può esse-re misera, ma le loro paroleparlano le parole di Dio. Così ipoeti possono essere Paria, di-sprezzati dal mondo. Ma anchePari a Dio perché ci fanno ca-

pire la sorgente di Dio chescorre sempre dicendo cosenuove e ci fanno bere il latte eil miele della vita. Ebbene iSanti sono i Poeti di Dio. Sonocoloro che risvegliano il nostrocuore, la nostra anima, la no-stra vita.

Se dunque voi studiate lascrittura di Benedetta, primatrovate una scrittura appuntitae fluida che va a fondo dellecose. Poi, con la malattia, latrovate spezzata, fragile eppureaperta al dolore di� tutti. Infine,quando poteva solo parlare coni suoi amici dettando, la trova-te scritta dalle mani di unamamma che sente morire sua

Nel ricordodei nostri cari

Con la mortela vita

è mutata,non tolta.

BENEDETTA

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 19

Ho avuto la possibilità difare una lunga chiacchieratacon Sofia Bandini, la cui non-na materna Adelina e quella diBenedetta erano sorelle. Eccocosa ci ha raccontato.

La madre di Benedetta, El-sa, era la nipote preferita dellanonna di Sofia e aveva semprefrequentato la loro casa quan-do veniva a Dovadola, come,del resto, Sofia e la famigliaandavano a casa di Benedettaquando a settembre si recava-no a Sirmione. Adelina, nonnadi Sofia non mancava di porta-re gustose leccornie romagno-le, da lei preparate e molto apprezzate dai parenti a Sirmione.

C’era, dunque, un continuo scambio tra le due famiglie, e Be-nedetta e Sofia, cugine di secondo grado, erano molto vicine.

«Benedetta – ricorda Sofia – è sempre stata una ragazza che sifaceva voler bene per la sua dolcezza e la sua comprensione.Tutti le volevano bene. Tutti, anche coloro che la frequentava-no poco e la vedevano poco. Questo perché, prima che si am-malasse, viveva in parte a Milano, a Forlì, a Sirmione… Glistessi parenti sentivano perciò parlare di lei soprattutto damamma Elsa, che ovviamente era angosciata dal fatto di sape-re la figlia colpita dalla poliomielite da quando era bambina.Elsa aveva cercato di fare tutto il possibile per farle superarequel trauma senza restare troppo sciancata, come capitava adaltre persone. Benedetta aveva già dovuto affrontare una viacrucis portando busti ed altro, ma aveva in qualche modo su-perato questa difficoltà».

Da piccola, Benedetta andava a Dovadola d’estate. Era moltoattaccata al paese in cui aveva vissuto lunghi periodi presso i co-niugi Billi1. I ricordi che Benedetta aveva di Dovadola erano mol-to vivi e quando la cuginetta Sofia, che aveva dieci anni meno dilei, ha cominciato ad andare a Sirmione, verso i 17-18 anni, Benedetta le parlava sempre del paese, dei suoi abi-tanti e degli avvenimenti accaduti mentre era lì.

Sofia aggiunge:

«Benedetta era comprensiva e si esprimeva sempre con dolcez-za, pur non mancando mai di esprimere il suo pensiero conschiettezza. Era intuitiva, intelligente, capiva le situazioni e avolte le anticipava. Era capace di andare talmente in profonditàda diventare la persona a cui la famiglia faceva riferimento».

Ricorda poi:

«I primi anni che andavamo a Sirmione e lei non era stata an-cora colpita dalla neurofibromatosi, partecipava alla vita dellafamiglia e di tutti noi. Suonava benissimo il pianoforte, passa-va ore nel giardino dietro la casa che guardava verso il lago econfinava con il giardino di Maria Callas. C’erano alberi di ulivo e la vedevamo seduta a leggere, a con-versare, a parlare di tutto e di tutti. Non era mai assente, erasempre attenta e responsabile e con una chiarezza di idee euna grande determinazione, ereditata dalla mamma. Avevaereditato anche l’intelligenza dei suoi genitori, tipica anchedei fratelli. Era anche una bravissima grafologa. E così Bene-detta brillava davvero. Io l’ammiravo incondizionatamente edero molto fiera di essere sua cugina».

Sofia prosegue:

«Benedetta viveva in quel periodo in modo “normale”. Nonpoteva fare tutto, ma quasi. Se le cose non fossero precipitatecon l’aggravarsi della malattia, lei sarebbe diventata un bra-vissimo medico. Avrebbe realizzato così il suo obiettivo di vi-ta, che era quello di mettersi al servizio del prossimo. Dicevainfatti che La carità è abitare negli altri. Ma a questa chiama-ta ha dovuto rispondere diversamente, quando improvvisa-mente la malattia, chiudendola in una gabbia di dolore, l’hastrappata agli studi di medicina che tanto amava. La cosa an-gosciosa, sia per lei che per i suoi, era capire ciò che le stavasuccedendo. Operata al viso, operata al cervello, operata agliocchi… Tutti abbiamo vissuto il suo dramma, compreso il fra-tello Gabriele che, tornato dall’America, ha vissuto in pienaconsapevolezza, da medico, la malattia di Benedetta».

Ricorda anche che

«[...] tra Benedetta e i fratelli c’era un profondo legame e lei hasempre cercato di tenere unita la famiglia. Era concreta e dicevale cose come stavano, era di moralità specchiata, ma sempremolto attenta alle persone e alle loro diverse sensibilità. Quandosi è ammalata, Benedetta aveva tanti ragazzi di Gioventù Stu-dentesca attorno al suo letto.Corrado e Carmen, i fratellipiù piccoli, erano bravissimia capire quello che Benedet-ta voleva dire, anche perchéerano sem pre a casa con leie la mamma, e con Emilia[l’infermiera; N.d.R.] che èsempre stata vicina a Bene-detta e ad Elsa. Elsa si è di-mostrata una madre corag-giosa e generosa nel suoamore, come sanno essere lemadri consapevoli del doloredei figli ammalati».

Benedetta nel ricordo di Sofia Bandinia cura di GIANFRANCO AMATI

Adelina Pompignoli, nonna di Sofia

1 I genitori di Sofia comperarono in seguito la casa dei Billi, poi donata, anche con il consenso delle figlie Sofia e Aura, alla Fondazione“Benedetta Bianchi Porro”: è ora la sede del Museo dedicato a Benedetta[N.d.R.].

Sofia, al centro, in visita a Sirmione,con Carmen, sorella di Benedetta, asinistra, e con la piccola Barbara, figliadi Leonida, fratello di Benedetta.Continua a pag. 20

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20 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

«Anch’io – dice Sofia – sono stata accanto a Benedetta, anchequando non riuscivo più a capirla. Quando tornavo a casa, lescrivevo. Lei mi rispondeva sempre, anche se di questo episto -lario ho conservato soltanto una lettera, poi pubblicata su Oltre il silenzio. L’ho ritrovata dopo anni in un cassetto. È unalettera veramente bella, che ho compreso nel suo significato piùvero e profondo solo quando l’ho ritrovata dopo che gli anni era-no passati e gli eventi della vita ci avevano messo a dura prova».«Benedetta sapeva quello che tu sentivi e cercava di aiutarti.Andavi da lei per aiutarla ed era lei che aiutava te. È così»,conclude Sofia.

Poi ricorda un momento particolare di intimità con la cugina.

«Ero accanto al suo letto e avevo capito che lei aveva sete.Provai a darle da bere con un bicchiere e Benedetta cominciòa tossire forte. Mi spaventai, temendo di aver provocato la tos-se insistente che avrebbe potuto soffocarla. Subito dopo miscusai per non aver pensato di farla bere con un cucchiaino eBenedetta mi rispose: Non ti preoccupare, Sofia, sei tantobuona! Era lei che mi scusava, anche se io avevo sbagliato,ma lei accettò quell’acqua senza lamentarsi e, passato lo spa-vento, mi rincuorò subito».

Chiedo a Sofia se si riusciva a comprendere quello che Bene-detta diceva. Lei risponde:

«Ci voleva del tempo, ma si capiva. In aiuto c’erano quasisempre nelle vicinanze la piccola Carmen e Corrado che co-municavano in modo rapido con lei».

Riprendono a scorrere i ricordi. Sofia dice che per lei Benedet-ta era un esempio. Avevano avuto in famiglia la stessa educazionee per questo erano sempre in sintonia ed erano legate da unprofondo affetto familiare e personale.

Secondo sua cugina, Benedetta ha affrontato la malattia in duemomenti.

«Nel primo si chiedeva: “Ma cosa mi sta succedendo? Perchétutto questo?”. Aveva già assorbito il problema della “zoppet-ta”, poi aveva affrontato con angoscia quello della malattia,come capita a tutti.Comprendere che cosa abbia rappresentato per lei la malattiaper poi diventare quello che è diventata è avvenuto gradual-mente. Non ha avuto subito questa consapevolezza».

Così prosegue Sofia:

«In un primo momento, anche noi cugini comprendemmo lasua malattia solo sotto il profilo umano, consapevoli che Elsaavrebbe fatto tutto quello che poteva e che Benedetta avrebbeaffrontato la malattia con il suo solito carattere volitivo e la suaintelligenza, che le permetteva di comprendere tutto fino infondo. Ma nessuno aveva capito che stava accadendo ben altroin Benedetta. La mamma Elsa forse lo intuiva, lei sì. È stataforse la prima a capire, ma c’è voluto del tempo anche per lei:è stata una cosa maturata in lei lentamente. Percepiva che si af-facciava a qualcosa di sacro. Questo accadeva negli ultimi dueanni. Poi è arrivata la consapevolezza di Gabriele e degli altrimembri della famiglia, che prima non riuscivano ad accettarela perdita dell’udito e della vista nel contesto di una malattiache consumava irrimediabilmente Benedetta nel corpo, senzache nessuna cura medica potesse alleviare la sua sofferenza.

Benedetta ha maturato la conversione dentro di sé, ma non ciha mai fatto capire dove lei stava arrivando. Almeno a me nonl’ha detto. Ci è arrivata personalmente e forse con l’aiuto diqualche amica. Noi non abbiamo avuto questa percezione, al-meno fino a quando non è sbocciata».

E ancora:

«Io non ho capito subito il percorso di sofferenza di Benedet-ta. L’ho amata, stimata e compresa, ma sempre sul piano uma-

Lettera a Sofia Bandini[Sirmione 20 settembre 1963]

Cara Sofia,grazie della lettera che mi hai mandata. Anch’io ho sentito la tua

mancanza, anzi, quando qualcuno si allontana, salutandomi, provouna sofferenza al cuore, perché è una creatura di Dio che mi dice«parto».

E partire è un po’ morire. Ma io so che bisogna vivere per con-dividere la morte degli altri, e so, soprattutto, che bisogna morireper aiutare gli altri a vivere.

… Se il chicco caduto in terra non muore… darà pane – e pace.Io, Sofia, desidero solo che si compia ciò che Dio vuole da me – per-ché tutto è grazia – tutto è bene – tutto va a gloria di Dio. Sono se-rena, sto bene. Ma se verrà la paura, dirò senza vergogna: «Signore,ho paura delle tenebre. E Lui: «Non temete, Io ho vinto il mondo».

Perfino la Vergine ebbe paura, all’annuncio dell’Angelo. Il Con-solatore verrà, e un attimo prima della morte, ci tenderà la mano.

«Chi semina nel pianto raccoglierà cantando».Non soccombiamo, dobbiamo non essere sopraffatti dal dubbio

mai, mai. E se per un attimo così fosse… Lui ci guarderà e ci sapràcon amore risuscitare dal sepolcro, come Lazzaro. Santo, santo è ilDio degli eserciti. «Non temete…». Parlando a te Sofia, parlo an-che all’Aura, che mi è dispiaciuto non sentirla vicino a te, quandofosti qua. Ricordami a lei, alla tua mamma, alla zia Adelina, allazia Elena.

Ed io vi abbraccio con tenerezza, augurando a tutti buon lavoro.

Benedetta

ATTUALITÀ DI BENEDETTA PER I GIOVANICome insegnante, da tanti anni sto a contatto con i giovani.Per me Benedetta può dare molto a un giovane anche oggi.

Innanzitutto, la consapevolezza di ciò che ti può capitarenella vita e delle prove che può essere necessario affronta-re. In secondo luogo, la speranza di cui lei è testimone.

Lei era giovane, sapeva parlare ai giovani. Può dire ancheoggi che i problemi nella vita ci possono essere, anche gravie importanti. Per ritrovare se stessi lei ha indicato una via,quella della speranza, della gioia, della certezza che il Si-gnore è con te. La forza, dice Benedetta, ti viene dal Signo-re, che non ti abbandona mai. Lei lo ha capito e lo ha sapu-to accettare con gioia.

S. B.

SUL FILO DEI RICORDI

IIn cinque anni mi sono morti tutti i famigliari. È stata dura.Benedetta mi aveva scritto in un biglietto: “Sono sempre vicina a te”. Ed è stato proprio così. Ogni mattina dico il Rosario con Benedetta, consapevole che la preghiera è laforza che muove il mondo.

S.B.

Continua da pag. 19

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 21

no. Era molto bella, ricca di famiglia e ricca umanamente.Aveva relazioni umane splendide ed è caduta dentro un bara-tro dove c’era solo buio. Noi volevamo aiutarla, ma solo come si aiuta una persona am-malata, visitandola, facendole compagnia, come succedevaquando andavamo a trovarla a Sirmione. Benedetta ha affron-tato la malattia con dignità e con intelligenza, senza far pesareniente. Con l’aiuto del Signore e della Madonna Benedetta hacapito e ha accettato con gioia la sua missione. Lei è semprestata ritta ai piedi della croce insieme alla Madonna e ha com-preso che il suo dolore era parte del dolore di Gesù Cristo sul-la Croce. L’ultimo anno abbiamo cominciato a capire che c’era in leiqualcosa di divino. Benedetta ha compreso che la forza viene

dal Signore, che nella sua infinita misericordia non ci abban-dona mai, mai. La mattina della sua morte, mia nonna Adelina mi raccontò diaver sognato Benedetta tutta vestita di bianco con due candeleaccese in mano e mi disse: “Qualcosa è successo”. Io – diceSofia – andai a scuola con il pensiero che forse Benedetta sta-va morendo, come aveva anticipato alla sua mamma, raccon-tandole che in sogno aveva visto la tomba dei suoi nonni al ci-mitero di Dovadola aperta, con dentro una rosa bianca. Quan-do sono tornata a casa, ho saputo che Benedetta era morta.Solo dopo la sua morte ho ‘assorbito’ il suo insegnamento.È stata la luce della mia vita, veramente. Lei mi ha dato tantisegnali. È un faro non solo per noi familiari, ma per il mondointero...».

IL CORSO DI ALTA FORMAZIONE DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

INTESTATO A “BENEDETTA BIANCHI PORRO”

Sofia Bandini ha fatto in modo che Forlì e Dovadola fosserole sedi del Corso di Alta Formazione dell’Università di Bolo-gna, sulle organizzazioni del Terzo settore, dedicato a “Be-nedetta Bianchi Porro”. Ecco cosa ci ha detto in proposito:

«Far partire il Corso di Alta Formazione è stato molto impe-gnativo, ma stimolante. Si tratta di un corso universitariomolto serio che forma persone coraggiose e motivatissime.I giovani che lo frequentano si preparano per un lavoro nelsociale, vanno verso un’economia condivisa che non mira alsolo guadagno, ma anche a valori come l’etica, la relazione,la felicità e la gratuità».

Quando sentivo parlaredi Benedetta Bianchi Porroavevo la sensazione che, chiparlava, avesse una conce-zione ambigua di santitàfondata sul dolorismo.

La sofferenza non è unsegno dell’amore di Dio, co-me qualche movimento spi-ritualista ha, a volte, affer-mato. Semmai, la scopertadell’amore di Dio ce la ren-de soppor tabile e mantienela vita densa di significato.In seguito, avendo cono -sciuto alcune sue lettere eamicizie significative, hopreso più confidenza conquesta figura.

La testimonianza di Be-nedetta diventò un motivo

per comunicare il valore dellavita di tutti e in qualsiasi situa-zione; una vita da vivere inten-samente.

Non è un rifugio nell’in -timismo, piuttosto una capacitàdi pienezza che porta al donoagli altri.

Il volume di umanità recu-perato, una nuova visione del -l’uomo non può non comporta-re una diversa organizzazionedelle relazioni umane e istitu-zionali; diventa un motivo diimpegno di amore al prossimo.Il valore dell’uomo trascendele condizioni esteriori le qualine sono un presupposto. Averela salute è una facilitazione avivere pienamente la propriaesperienza umana.

Può però accadere che,nell’avere a disposizione tantepotenzialità esteriori, si deter-mini una distrazione dalla pro-pria ricchezza di esseri umanicapaci di pensiero, di contem-plazione, di arte. Da questopunto di vista si può compren-dere l’esperienza esistenzialedi persone che hanno vissutouna vita bella, pur non avendoavuto possibilità di salute, diricchezza, di godere dei piaceriche oggi sono il mito di tantidi noi.

C’è una dimensione vitaleche passa anche attraverso lasofferenza per Benedetta, comeanche per altri; questa soffe-renza può diventare una viaper una ricerca di senso accet-

tando di sfidarla, non sem-plicemente rassegnandosi asoppor tarla. La sofferenzanon è la causa della salvezzao della santità: lo è la sfidaaccettata di vedere un sensodella vita in qualche cosache va oltre la sofferenzastessa e che questa non puòabbattere.

Si presenta come una dif-ficile montagna da scalareper trovare, alla fine, in ci-ma, l’aria che dà vigore allavita, la vista che dà orienta-mento, la gioia della verità oalmeno del senso.

Franco Appi

[da “il momento”del 2 novembre 2017, p. 21]

Benedetta, al di là del doloreUna sfida esistenziale vissuta intensamente, comunicata attraverso le sue lettere

Dovadola: Museo della fondazione “Benedetta Bianchi Porro”, una delle sedidel Corso di Alta Formazione (foto Solmano)

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22 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

Dal Gruppo degli “Amici di Benedetta” dell’Alto Maceratese

Domenica 28 gennaio il

Gruppo degli Amici di Bene-

detta dell’Alto Maceratese,

guidato da Graziella Aquili, si

è incontrato presso la chiesetta

delle Fornaci di Belforte del

Chienti (MC) per ricordare la

sua 54ª nascita al cielo.

All’incontro hanno parteci-

pato 55 persone del gruppo dei

fedelissimi e un’altra decina di

abitanti del luogo.

Gli Amici, confluiti da varie

località quali Macerata, Fia-

stra, Pieve Torina, Matelica,

Civitanova Marche, si sono ri-

trovati con grande gioia nell’o-

ratorio prima della celebrazio-

ne eucaristica. Ricordiamo che

sono tutti amici che hanno vis-

suto l’esperienza del terremoto

che ha colpito le Marche. Mol-

ti sono ancora lontani dai loro

paesi e dalle abitazioni lesiona-

te o distrutte.

In una situazione così preca-

ria, potersi rivedere, riabbrac-

ciare, rivivere delle esperienze

insieme è qualcosa che tocca

nel profondo. Testimoniare l’a-

more e la fede per Benedetta,

per questa amica che, a sua

volta, ha rappresentato una

“cattedrale del dolore” – per

usare un’espressione di papa

Francesco a proposito dei ma-

lati – in queste circostanze di-

venta una testimonianza vera e

coloro che la vivono diventano

grandi propagatori di bene.

Di essi un grande filosofo

come Bergson ha detto: «Nulla

essi domandano e tuttavia ot-

tengono. Non hanno bisogno di

esortare […] la loro esistenza è

un appello».

Sì, è questo che penso di

questi nostri amici che, pur tra

mille difficoltà, riescono a re-

stare fedeli al ricordo della no-

stra amata Benedetta e attorno

a lei si riuniscono per pregare,

meditare, chiedere e raccontare

le grazie desiderate e ricevute.

Dopo l’incontro, che è anda-

to molto bene perché molto

sentito, e l’ascolto delle testi-

monianze, il sacerdote del luo-

go, don Filippo, ha celebrato la

S. Messa.

Al termine della stessa le

persone di Belforte presenti

hanno chiesto agli amici di ri-

petere l’esperienza in quella

località, invitandoli caldamente

a tornare. Benedetta è entrata

anche nel loro cuore e questa è

stata una grande gioia per tutti.

Dopo Messa, il pranzo è sta-

to consumato in un convento di

Suore. È stato un altro momen-

to gioioso e di ringraziamento

al Signore e a Benedetta.

Benedetta, ha detto Graziel-

la, sceglie i suoi amici ad uno

ad uno e non li abbandona più.

Per questo la Chiesa tutta ha

bisogno di Benedetta.

a cura di ROBERTA BÖSSMANN

PIEVE TORINA

Il Gruppo dell’Alto Mace-ratese si riunirà con il par-roco don Nello Tranzocchiattorno all’altare per parte-cipare domenica 29 luglio aPieve Torina nella piccolachiesa, un prefabbricato dilegno, allestito vicino allemacerie, a una S. Messa al-le ore 11.30 per ricordare,un po’ in anticipo, Benedet-ta nell’82. anniversario del-la sua nascita.

Dal Gruppo degli “Amici di Benedetta” di OstuniAd Ostuni è continuata la

serie di incontri su vari argo-menti culturali e spirituali.

L’amica Teresa ci ha inviatouna breve, ma significativa ri-flessione su alcuni momentivissuti insieme.

La ringraziamo di cuore peril grande lavoro che tutto ilgruppo di Ostuni sta svolgendoper far conoscere Benedettanelle scuole, nelle parrocchie,nei luoghi di detenzione.

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 23

I

La Madonna è la più dolce di tutte le Madri. Da questo “pen-siero” di Benedetta siamo partiti e don Giovanni Apollinare, attra-verso una riflessione chiara, profonda e coinvolgente, sulla Maria-lis Cultus, di Paolo VI, ci ha portato a cogliere la vera devozioneverso la Madre di Dio: la Vergine in ascolto (n. 17), la Vergine inpreghiera (n. 18), la Vergine Madre (n. 19), la Vergine offerente(n. 20). È Lei che ci porta a vivere l’incontro col Padre, col Figlioe con lo Spirito Santo, e noi cresciamo nella fede e nella vita cri-stiana attraverso un itinerario biblico, liturgico, ecumenico e an-tropologico. La sua riflessione si è conclusa con alcune note dellaRedemptoris Mater di Giovanni Paolo II e con le espressioni finalidell’Evangelii Gaudium di papa Francesco. «Cristo ci conduce aMaria. Ci conduce a Lei perché�non vuole che camminiamo senzauna Madre... Ogni volta che guardiamo a Maria, torniamo a crede-re nella forza rivoluzionaria della tenerezza». Con Lei impariamoa contemplare «il mistero di Dio nel mondo, nella storia, nella vitaquotidiana di ciascuno e di tutti». Non troviamo eco di tutto ciò inBenedetta? Non è lei che ci parla della «Madre della Misericordiache si china su ogni pena dell’uomo, della dispensatrice di ognigrazia, ... della donatrice di pace e perdono?».�

Non è lei che vede nella preghiera del Rosario «l’aiuto dellaMadre ai suoi figli, il porto più sicuro...», per vivere il dolorestando con Lei ai piedi della croce?

II

Altro incontro particolarmente significativo e molto partecipa-to, è stato quello che abbiamo vissuto sabato 9 giugno: una serataall’insegna dell’amicizia e della festa, dell’ascolto e del dialogo.

Alcuni studenti hanno parlato del valore del “prendersi cura” eattraverso varie abilità espressive hanno mostrato la gioia che nederiva. Ecco qualche breve passaggio della Poesia di Michela.

... Mi prenderò cura della gente emarginata, nella propria so-litudine abbandonata.

Ripulirò le strade dell’indifferenza e farò sparire la sofferenza.

E senza badare a razza e colore, per tanti sarà un grande ge-sto d’amore.

Ritornerà la gente a trasmettere allegria, e un bianco e un ne-ro si faranno compagnia.

Il ricco e il povero chiacchiereranno spensierati, il mussulma-no e il cristiano non saranno discriminati.

E se infine chiudessimo gli occhi e ci pensassimo fino in fondo,saremmo fieri di dire: che bello il nostro mondo.

Che dire dei bellissimi versi di Clara, una giovane studentessadel Liceo classico che vive da alcuni anni in carrozzella? La suapubblicazione dal titolo Rimanete nel cuore della felicità è pertutti noi un invito ad amare di più la vita, gli altri, la natura.

LA NATURA È VITA E AMORE.Io sono sempre sorridente, quando vengono i dolori, ioguardo i fiori.La natura è la vita. È gioia che ci dà pace, che aiuta a guarire.

PIÙ BELLA COSA AL MONDOLa felicità è stare con gli amici. L’amicizia dà luce nel cuo-re del mondo.Ditemi voi: cosa esiste di ancora più bello nel mondo?

A questi giovani abbiamo donato Benedetta Bianchi Porro. Uncammino di luce di Piersandro Vanzan, perché si lascino illumi-nare dalla sua straordinaria testimonianza di vita.

A loro abbiamo consegnato inoltre la nostra Carta Costituzio-nale, a 70 anni dalla sua entrata in vigore, perché i sentimenti dipace, libertà e democrazia che i Costituenti hanno posto alla basedei primi passi della nostra Repubblica, guidino le loro scelte per-sonali e professionali. Infatti non ci può essere movimento cultu-rale o cammino spirituale che non porti a maturare una pienaconsapevolezza della propria responsabilità di Cittadini ed unaconvinta partecipazione alla vita sociale, culturale, politica, eco-nomica del proprio Paese e dell’Umanità tutta intera.

III

Infine domenica 24 giugno abbiamo partecipato ad un incontrodi preghiera, tenutosi nella Cattedrale di Brindisi, dove è stato tra-slato Matteo Farina, già servo di Dio, nato nel 1990, che ha conclu-so la sua luminosa esistenza nel 2009, dopo alcuni anni vissuti traospedali, interventi, a causa di un tumore, ritorni a Scuola, impegniin Parrocchia, nel gruppo degli amici, nella musica e nello sport.

Dal suo Diario:«Tutto è iniziato da una semplice vacanza in montagna con la miafamiglia. Ho freddo agli occhi, dissi a mia madre. Dopo pochigiorni, la scoperta di un tumore. I miei genitori sono a pezzi. L’u-nica cosa che posso fare è essere allegro per non renderli ancorapiù tristi. Sballottato di qua e di là non ho mai perso la gioia di vi-vere. Sì, la gioia di vivere. Vivere la vita, perché la vita è bella!».

Serena la ragazza di cui era innamorato:«Per Matteo l’amore era occuparsi della persona amata, mo-mento per momento, trasmettersi forza l’un l’altro. La fiduciatotale in Dio gli ha dato una forza straordinaria. Matteo tra-smetteva gioia con il solo suo sorriso». Quanto abbiamo da imparare da questi fari luminosi come Be-

nedetta, come Matteo, che il Signore ha posto nel nostro tempoper indicarci il cammino da percorrere, fidandoci pienamente diLui e donando a piene mani, speranza e gioia.

Il nostro cammino, dopo la breve pausa estiva, continua, connuovi itinerari e nuove prospettive. Teresa Legrottaglie

Risonanze spirituali

Latiano (BR): il gruppo con don Antonio Ribezzi (al centro) ed Emanuela Bianchi Porro (al centro dietro don Antonio)

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24 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

Siamo un gruppo di preghiera di Milano che si riunisce ogni

mercoledì nella parrocchia del Preziosissimo Sangue di corso

XXII marzo. Abbiamo conosciuto Maria Grazia Bolzoni Rogora

tramite don Piero Boscherini, sacerdote di Forlì, fondatore del-

l’Associazione “Madre Speranza”, un grande seminatore di Amo-

re Misericordioso in Romagna e non solo!

Benedetta Bianchi Porro si è fatta strada nel nostro cuore tra-

mite la storia umana di Maria Grazia, una storia ‘sacra’ quella che

abbiamo letto con avidità non comune, un percorso di vita vissuta

nelle pagine del suo bellissimo libro I dolci volti di Dio, in cui ci

siamo specchiate, abbiamo ritrovato sensazioni e riflessi del no-

è stato allontanato dalla nonna stessa per il paternalismo con cui

le si rivolgeva!Moltissimi sono stati gli apprezzamenti per l’apertura completa

della vita di Maria Grazia, per la capacità di mettere a nudo l’a-nima. Il mancato compimento degli studi universitari di medicinaha fatto pensare a Maria Grazia che il senso di quella esperienzafosse quello di entrare in contatto con Benedetta, allora brillantestudentessa della stessa facoltà. A lei Maria Grazia sarebbe restatafedele, consapevole che ogni cosa non dipende dalla volontà nédagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che usa misericordia a ciascu-no di noi!

Non siamo e non saremo mai all’altezza delle situazioni stori-che. Occorre “abitare negli altri”, così diceva Benedetta, costrettaa cercare nel fondo del suo cuore una ragione per continuare alottare, investigando nelle misteriose vie di Dio.

Il magnifico lessico famigliare cui fa riferimento Maria Graziacon ironia e umorismo ci accomuna e ci commuove. In un mondosegnato dal profitto, in cui la logica del potere e del successosembrano avere il sopravvento, fiducia e grazia diventano condi-zione essenziale per superare il peso della propria inadeguatezza,dell’inutilità.

Di quella inutilità, di quella sproporzione tra responsabilità epossibilità, Dio ha fatto il segno della sua comunicazione con noiattraverso Benedetta. La condizione di Benedetta, paralizzata ealla fine privata dell’udito, dell’olfatto, del gusto, poi della vista,rimasta soltanto con la sensibilità tattile nella mano destra e conun filo di voce, assumerebbe il significato di un fallimento. Inve-ce quella inutilità apparente richiama due condizioni essenzialiper i giovani: il riconoscimento della libertà, anche in situazioniestreme, e della Grazia.

Maria Grazia Bolzoni Rogora ha richiamato la necessità di farememoria della testimonianza di Benedetta che attesta come la suastoria sia viva, come continui ad agire concretamente attraverso le di-verse persone che ha incontrato, come cresca la comprensione di lei.

Lo Spirito racconta in maniera misteriosa il riconoscimento delprimato di Dio, proprio in quella dimensione di inutilità in cui hasignificato fare compagnia a Dio nel suo dolore per gli uomini.

Grazie, amici, per tenere desta la testimonianza evangelica di

Benedetta.Adriana Detoni

DA MILANO (6 GIUGNO 2018)

Maria Grazia presenta Benedettaal Cenacolo Eucaristico Mariano

stro passato, ci siamo riconosciute in episodi e atteggiamenti che

hanno segnato la nostra educazione.

La lettura di alcuni brani e le sottolineature di Maria Grazia

hanno introdotto le domande e i commenti.

L’interrogativo di Angela, membro del Cenacolo, ha richiesto a

Maria Grazia ‘quando’ si sarebbe resa conto della ‘santità’ di Be-

nedetta. Maria Grazia è rimasta particolarmente colpita dalle se-

guenti parole in una lettera di Benedetta del 24 settembre 1962:”

Io sono come al solito; soffro molto, credo ogni volta di non far-

cela più, ma il Signore che fa grandi cose, mi sostiene pietoso e

io mi trovo sempre ritta ai piedi della Croce, ed anche da uno dei

Pensieri del 1962: La Croce è il senso di tutto!

Elena, una fedelissima del gruppo di preghiera, ha richiamato

la pagina del libro di Maria Grazia in cui racconta del ricovero di

sua nonna Enrica in ospedale, dove il prete che portava il viatico

In occasione del suo 80º compleanno, l’amico Gino ha ricevuto la benedizione apostolica da papa FrancescoGino è in carcere. Con lui siamo in contatto epistolare da anni. Ci ha anche inviato degliarticoli che abbiamo pubblicato su «l’annuncio». Essi rivelano intelligenza, sensibilitàumana e saggezza. Gino sta svolgendo con alcuni compagni di sventura un piccolo lavoro culturale anche su Benedetta diffondendo immagini e piccole pubblicazioni cheriusciamo a fargli avere.Condividiamo la sua gioia per la benedizione apostolica e da parte degli Amici di Benedetta gli facciamo tanti cari auguri per il suo splendido compleanno!

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 25

L’incontroFranco Palmieri, forlivese, è un affermato attore, regista, promotore di eventiteatrali, noto anche a livello internazionale. Abbiamo parlato con lui per capiremeglio il significato del docufilm Oggi grazie. Una giornata con BenedettaBianchi Porro, da lui sceneggiato e diretto. Parleremo del suo incontro conBenedetta e delle conseguenze di esso nella realizzazione del film.

Il DVD, che dura 33 minuti, può essere molto utile a completamento diuna presentazione di Benedetta, anche per favorire la ricerca di ciascunodi un punto luce nella vita.

Franco Palmieri ha sentitoparlare di Benedetta molti annior sono, quand’era studente delLiceo classico di Forlì, duranteun incontro ed è rimasto colpi-to dalla storia di sofferenze diquesta giovane, morta precoce-mente. Tutto, in certo senso,finì lì, archiviato nella memo-ria, senza una particolare riso-nanza interiore.

A distanza di anni, Francoriceve, in un momento difficiledella sua vita, una telefonatacon la proposta di realizzare unfilm su Benedetta. «Quando mihanno telefonato, mi hannodetto soltanto che Benedettaera sepolta a Dovadola. Ho do-vuto pensare dove fosse Dova-dola. È un lavoro che non misarei mai immaginato di fare, eche ha cambiato radicalmentequel periodo che stavo viven-do. Nel tempo della prepara-zione e della realizzazione diquesto lavoro ho trovato in Be-nedetta il conforto di una pre-senza viva. L’ho voluto espri-mere anche nel finale del film.Chi la incontra, inginocchian-dosi lì, davanti al sarcofago, aDovadola, e poi gettandosi acapofitto nella lettura dei suoiscritti, incontra veramente unasorella che ti prende per manoper un percorso di serenità. Adifferenza del ricordo licealeincentrato sulla sofferenza diBenedetta, approfondire la suavicenda mi ha sorpreso per lasua esperienza di letizia, anchenel dolore. Me lo diceva Ema-nuela, sorella di Benedetta, leprime volte che ci parlammo,ma queste parole mi sembrava-

no delle favole, una cosa lonta-na, del passato».

Franco Palmieri si è dovutoconfrontare a fondo con i testidi Benedetta, dai diari giovani-li fino alle lettere degli ultimianni, piene di Spirito santo, percogliere quella letizia che, al-l’inizio, gli sembrava parados-sale. Ma Benedetta lo tocca atal punto che dice: «Ancheadesso, quando guardo il vi-deo, mi commuovo quando leiafferma: Io, più vado a van tipiù ho la certezza che «grandicose ha fatto in me Colui che èpotente» e l’anima mia glorifi-ca il Signore. Davvero (a Ni-coletta 11 ottobre 1963). Quel“davvero” mi ha sempre com-mosso, perché le parole delMagnificat, le parole del Van-gelo, le sue si possono diredavvero, cioè non sono parole,sono parole incarnate, quelloche forse ognuno di noi desi-dera poter sperimentare».

Franco, poi, trova straordi-nario che una persona così am-malata, sia riuscita a stare vici-na alle persone: chiedendo co-me sia andato un esame, comestia un fratello, ad avere in-somma un interesse per la vitanella sua totalità.

Chiediamo quale possa esse-re stata la radice della gioiache ha vissuto e che è riuscitaa trasmettere Benedetta. Fran-co Palmieri non ha esitazioni:«L’esperienza di Benedetta è diessere scelta. E questa scelta lepermette di abbracciare la cro-ce. Lei lo dice apertamente: Iosono come al solito; soffromolto, credo ogni volta di non

farcela più, ma il Signore chefa grandi cose, mi sostiene pie-toso e io mi trovo sempre rittaai piedi della Croce (a MariaGrazia 4 settembre 1962). So-no momenti di una straordina-ria storia d’amore che nellasofferenza rivela la sua forza».Palmieri spiega: «Fondamenta-le è capire che Dio ci ama.Una volta che questo legame èstato stabilito, tutto è possibile,anche l’impossibile. Il miraco-lo è che lei abbia potuto attra-versare un dolore del genereperché era presa per mano dalSignore. Momenti di sofferen-za, anche non estremi comequelli di Benedetta, sono supe-rabili se siamo presi per manoe diamo la mano al buon Dioche ce la tende. Vivevo anch’ioin quel tempo un momento nonparagonabile alle sofferenze fi-siche che viveva lei, in un tun-nel…».

E così, il momento di diffi-coltà di Franco, l’imprevisto,inaspettato confronto, quasi uncorpo a corpo con i testi di Be-nedetta per un impegno profes-sionale, lo porta, dopo una per-plessità iniziale, ad accoglierela grande gioia di Benedettaanche nel proprio cuore.

Non c’è da stupirsi se questosuo personale percorso innerviprofondamente il docufilm.

Il cortometraggio

Oggi Grazie:

appunti per una lettura

Dalla trama del film e dallenote di regia: una donna è inviaggio verso Firenze e unguasto all’auto la costringe a

fermarsi. [a Dovadola] […]Trascorre nel paese un’interagiornata e qui vive circostanzeche le indicano momenti dellavita di Benedetta Bianchi Por-ro. A tutte le persone che in-contra domanda come sia pos-sibile trovare una camera. Unaragazza le regala un libro. Leicontinua la sua ricerca e iniziaa leggere. Al termine dellagiornata la giovane viaggiatri-ce trova quello che stava cer-cando, anche senza saperlo.

Così il regista esprime la suaintenzione narrativa: «Volevo“restituire” il più possibile nelfilm, girato interamente a Do-vadola, non una biografia,quanto un incontro con Bene-detta a partire dalla percezioneche lei ha fin da bambina dellarealtà che ha intorno, come ri-sulta dalle sue lettere, ma an-che dai diari». Cita, ad esem-pio, le seguenti impressioni diBenedetta, tredicenne nel 1949,sulla morte a Superga di tuttala squadra di calcio del Torino:Oh Torino che strage! Poverieroi che resteranno semprenella mia mente e la loro im-magine sempre presenti nelmio cuore! Lassù ora almenoavrete pace. Erano i più bravie chissà quelle povere fami-glie! […] (Dai Diari 4 mag-gio 1949). Così commenta Pal-mieri: «Solo lei, che è una“santa”, ha una percezioneprofonda della realtà. Le coseche hanno colpito me: quellestrade, quel borgo, quelle situa-zioni si sono dipinte negli oc-chi di Benedetta Bianchi Porro

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in un modo che per me è mi-sterioso».

Così prosegue: «A un certopunto del filmato lei dice: Nel-

l’anima di ogni poeta c’è un

po’ del santo e tutti i santi fu-

rono poeti! (a Paola Vitali 23 luglio 1963) Per me è statauna chiave. Nella mia immagi-nazione pensavo che lei vedes-se il paese pieno di mistero enon vuoto. L’immagine che misono dato e che ho cercato direalizzare è quella sensazionedi pienezza che si ha quandouna persona da sola entra inuna chiesa vuota perché inquel vuoto percepisce qualcosadi pieno».

In questa prospettiva di es-senzialità evocativa, Dovadolaè, nel film, in bianco e nero. Ipersonaggi sono pochissimi edil silenzio avvolge il paesaggioessenziale. Il tunnel indica unasituazione di crisi, la ragazza èin ricerca, nel paese si aggira-no poche persone, solo quelleche servono per la ricerca stes-sa. Nel paese ci sono dei se-gnali di Benedetta, come la tar-ga sulla casa in cui è nata, poi,nella chiesa della SS. Annun-ziata, un’immagine relativa alsuo battesimo, e poi segnalipiù importanti, quando alla ra-gazza viene offerto da una sco-nosciuta un un libro, quello de-gli Scritti1 di Benedetta, chesvolgerà un ruolo essenziale intutta la vicenda. La ragazza co-mincia a leggerlo e si appas-siona. Anche gli spettatori sen-tiranno parole di Benedetta, re-citate fuori campo.

Il regista è consapevole che,quando si è in situazioni di dif-ficoltà e di incertezza e si cer-cano vie d’uscita o soluzioni,si possono manifestare fattistraordinari nella vita. Così loesprime: “Chiunque di noi,nella vita normale, ha la possi-bilità di incontrare gli angeli, ecioè delle figure che non indi-

chino soltanto dov’è il bar edove si mangia il panino, maqualcosa che riguardi l’esisten-za. La Bibbia ha chiamato que-ste persone “angeli”. Noi nonvediamo, almeno a me non èsuccesso e probabilmente nem-meno a Benedetta, di vederedegli angeli nella propria vita,ma di vedere delle persone cheindicano una strada per l’eter-nità. Dei segnali. Come dice laparola stessa, i segnali sono unarealtà concreta che la protago-nista trova e vive nel paese: ilmuro, il tunnel che attraversaall’inizio sono un segno perchélei passa da una situazione al-l’altra. Per esigenze narrativemi sono fatto queste immagininon naturalistiche per poter rac-contare una storia che è di que-sto mondo, ma di fatto è anchedi un altro mondo».

Il discorso, per il regista, sisvolge su due piani. Uno permostrare il paese e le personevisti da Benedetta. L’altro pia-no, più evidente per lo spettato-re, è costituito dall’atteggia-mento della protagonista chepassa dalle distrazioni e dagliimpegni quotidiani a una inte-riorizzazione sempre più accen-tuata, recependo i segnali suBenedetta che trova sul suopercorso: «Questa donna [laprotagonista] stava andando aFirenze per i fatti suoi. Non ècredente, non è praticante, non

conosce Benedetta Bianchi Por-ro, ma, alla fine, vedremo chequalcosa in lei è cambiato».

Nelle note di regia si diceche le persone sono testimonisilenziose di un passato semprevivo. Sembrano, da un lato,delle ombre e, dall’altro, dellepersone che si incontrano nelcammino quotidiano.

Franco Palmieri: «La prota-gonista del docu-film viene al-la luce, dalla grotta in cui sitrova, perché le persone che in-contra non le dicono i soliticonvenevoli, ma le lanciano un“cordino” che le permette diuscire dalla grotta».

Entrano in qualche modo nelsuo percorso di ricerca.

Ci sono poi degli aspetti, ci-tati anche nella nota di regia,meritevoli di esplicitazione. Siparla, ad esempio, del pane“che prima è semplice alimen-to e poi sarà l’immagine del-l’offerta e del sacrificio”.

Così chiarisce Franco Pal-mieri: «La protagonista mangiadel pane durante tutto il per-corso. Lei mangia, si alimentadelle parole di Benedetta, co-me abitualmente ci si alimentadel pane. In due situazioni leilegge e mangia. A me è capita-to di leggere tutti gli Scritti ela presenza di Benedetta oggi,al di là della tomba che è aDovadola, è data dalle sue pa-role. Ho voluto sottolineare

questo fatto. Il vero protagoni-sta è il libro. Per me è statochiaro sin dall’inizio. Anchel’espediente narrativo della ra-gazza che lo presta o lo regalaalla protagonista lo svela. Ilfatto che lei lo tenga sempre inmano, insieme al pane, è signi-ficativo… Lo mollerà solo allafine, quando è sazia, quando èstata nutrita, è come un uccelli-no nel nido, che vola quando èsazio. Non è solo pane avanza-to quello che lascia sul sarco-fago di Benedetta. È il segnoche il pane ricevuto va condi-viso».

La protagonista cerca unastanza e arriva così alla stanzadi Benedetta e poi al sarcofagonella Badia. Qui diventa consa-pevole di tutto il suo percorso.La stanza che cerca come al-loggio provvisorio, in attesache la sua automobile sia ripa-rata, è la stanza di Benedetta, illuogo in cui la parola di Bene-detta è il pane che cercava perla sua vita, per uscire dal tun-nel in cui era entrata. A questopunto il pane e il libro possonoessere distribuiti ad altri.

La musica finale, in un filmsenza alcun precedente cennomusicale, segna la conclusione,con le immagini a colori, di unpercorso. Un finale in gloria.La protagonista sembra più li-bera al termine del percorso,stende all’aria i panni, trova ilsignificato del suo itinerario aDovadola.

«Era quello che si voleva di-re», conclude Franco Palmieri.

La gioia della protagonistariecheggia anche quella di Fran -co. Per questo Oggi grazie li ac-comuna entrambi in un’appa-gante esperienza di fede.

(a cura di Gianfranco Amati)

Franco Palmieri e l’attrice Ancilla Oggioni sul set del film a Dovadola (foto di Roberto Masi)

1 BENEDETTA BIANCHI PORRO,Scritti completi, a cura di A. VENA,Edizioni San Paolo 2006, pp. 816.Da questo volume sono state trattele citazioni presenti nell’articolo.

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 27

Benedetta era una ragazza intelligente e volitiva, a 17 anni èstata colpita da una malattia progressiva; si è mai ribellata allegrandi sofferenze essendo così giovane?

Sì, si è ribellata subito e con for za; con la sordità, il primo sin -tomo della sua malattia, disse: «Non posso pensare di restare sor-

da per tutta la vita, deve esser ciqualcosa, altrimenti è megliomorire!». In seguito, nel diario,scrisse: «Forse un giorno noncapirò più niente di quello chegli altri dicono, ma dovrò sentirela voce dell’anima mia, è questala via che devo seguire».

In famiglia avete ricevuto

un’e ducazione religiosa seria,

ma la forza di Benedetta sembra

andare al di là; da dove attinge-

va la fede compagna di tutta la

sua breve vita?

Oltre l’educazione religio sagià data dalla nostra famiglia, Benedetta legge molto ed è col pitasoprattutto dalla lettura per lei importante de I fratelli Karamazov

(che le rivelerà la sua voca zione).

Non è riuscita a fare il medico come desiderava, ma è riuscita

a curare nell’anima conoscenti e amici; che cosa succedeva

quan do la vostra casa si riempiva di ragazzi?

Negli anni successivi combatterà per non rinunciare allo stu-dio, al sogno di un suo lavoro “per gli uomini”, ma sarà poiugualmen te medico “spirituale” fra i tanti amici che la venivano atrova re. Si sentirà all’inizio della sua sventura sull’orlo di unabisso, minacciata anche da una vita senza fede, senza amore, checontrasta con le sue aspirazioni all’amicizia e alla carità. Le ami-cizie poi non saranno un riempitivo al vuoto delle sue giornate,ma le renderanno Dio presente e dalla paura di sprofondare nelvuoto (è cieca, sorda e si è diagnosticata da sola la sua malattia)

passa ad aprirsi all’amore. Sperimenta che la spoliazione di tuttoè gioia.

Secondo lei, perché tanti eccle siastici, […] [come] i cardinaliMenichelli e Comastri si sono appassionati all’esperienza di Be-nedetta?

Se io provo a definire la sua vera grandezza, penso fossel’equili brio. Umile e forte, limpida come una bimba, saggia comeuna madre, sinceramente appassiona ta alla vita e a tutte le cosedella vita. Nello stesso tempo distacca ta da tutte le cose della vi-ta. Mai nell’angoscia, disponibile alla fiducia, scrive: «Che cosamera vigliosa è la vita, anche nei suoi aspetti più terribili, e la miaani ma è piena di amore e gratitudi ne verso Dio per questo».

Che effetto le fa, lei ballerinadella Scala, avere una sorellaVenerabile? Ha influenzato lasua vita?

A tanti io non ho creduto (iocome dici tu, ballerina dellaSca la), ma davanti a lei, che melo ha testimoniato, non ho potu-to non credere in Cristo.

Lei testimonia Benedetta invari luoghi, ha avuto modo diverifi care l’effetto sui giovani diquella esperienza? Qual è l’at-tualità di Benedetta?

Attualità di oggi? Quale mi glio re amore per la vita (al contra-rio dell’eutanasia) del suo te sti mo niare: «Fino a tre mesi fa gode-vo ancora della vista: ora è notte. Ma nel calvario non sono dispe-rata; prima nella poltrona, ora nel let to, che è la mia dimora, hotro vato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trova-to che Dio esiste, ed è Amore, Fedel tà, Gioia e Fortezza fino allacon sumazione dei secoli».

(da “Presenza”, 20 luglio 2017, p. 3, per gentile concessione)

Intervista a Emanuela Bianchi Porrodi LUISA DI GASBARRO

Benedetta

Emanuela Bianchi Porro (foto Savoia)

La pace viene quandonon si miete piùper il nostro granaioma per quello di Dio.

BENEDETTA

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La mia vita accanto a Benedetta (parte XVIII)

di don ALFEO COSTA

1992

L’inizio d’anno fu caratte-rizzato dal viaggio in Albania(dall’11 al 16 gennaio) me-diante il pulmino di ValerioOrioli e con Giorgio Fabbri,che fu il promotore dell’ini-ziativa, per portare aiuti concapi di vestiario e denaro aduna famiglia particolarmentepovera, di cui la stampa avevadato informazione. Una espe-rienza interessante e scon -volgente per la situazione so-ciale in cui versava quella na-zione. Riuscii a celebrare solouna volta nella casa in cuiavevamo riferimento; la no-stra guida (che era di religio-ne musulmana) si offrì di fareda interprete durante il rito.

La sera del 23 gennaio ce-lebrai alla Badia presso il sar-cofago di Benedetta, ma aterra c’era la neve e quindi lepersone presenti erano soloquattordici. Ma la celebrazio-ne solenne venne portata al 9 febbraio con la partecipa-zione dell’arcivescovo mons.Loris Capovilla, che era sta-to segretario particolare dipapa Giovanni XXIII. Egliaveva una parola incisiva eaccattivante che fu accoltacon gioia. Concelebraronocon lui il vicario generalemons. Dino Zattini, mons.Carlo Zoli, rientrato definiti-vamente a Forlì dagli impe-gni in Vaticano, don QuintoFabbri di San Mercuriale, ilcappellano di Colombare diSirmione. Il 23 febbraio fa-cemmo un’adorazione in Ba-dia per ricordare il giorno an-niversario di Benedetta, cosache si cercò di fare anche neimesi successivi.

Nei primi mesi dell’annoho dovuto sottostare ad anali-si mediche per disturbi alla

nare. Riuscii però a recarminella cappella delle confessio-ni per il servizio cui ero statodestinato e a celebrare ognigiorno: non potei però fare laprocessione aux flambeaux. Iproblemi si evidenziarono alritorno: in treno ricevetti tuttele attenzioni dei medici, maero mal ridotto. Cercai dimantenere uno spirito allegroe spiegavo: una buona perso-na va a Lourdes malata e ma-gari viene a casa sana, unopoco buono va a Lourdes sa-no, ma se ne torna barellatocome me. Risolsi poi i proble-mi di schiena rivolgendomi adun anziano guaritore di Terradel Sole (Minghinì) il qualemi guarì davvero.

Quell’anno ripresero confervore i lavori nella chiesadell’Annunziata e, per quantonon completati, si fecero lìtutta la Novena e la festa del-l’Immacolata. Ci fu moltasoddisfazione per aver porta-to quasi a termine i lavori.Alla Messa solenne dell’8 cifurono molti fedeli che volle-ro così sottolineare la propriaadesione, e si fece la consa-crazione alla Madonna secon-do la formula di San Luigide’ Monfort.

Ci sono a volte episodi cheprocurato emozione più perciò che non è accaduto che perquanto è successo. Il 27 di-cembre domenica alle 14.00 inBadia si è sganciato un grandequadro collocato nell’angolodove sta il Coro e si è capo-volto sull’organo rimanendoun po’ danneggiato. Se ciòfosse accaduto al mattino du-rante la Messa o ancor più nel -la Messa di mezzanotte chissàquale danno alle persone!

Grazie, Signore, di quelloche non è stato! L’ho pensatomolto. (continua)

prostata. Ma il Giovedì santomi è capitato un inconvenien-te particolare. Ho ingerito almattino un medicamento cheandava preso alla sera perchépoteva dare sonnolenza. Poisono andato in Duomo per laMessa crismale portando an-che diversi ministranti guidatiprovvidenzialmente da MauroCamorani. Al termine dellaLiturgia della Parola mi sono

tinuato gli incontri e la pre-ghiera settimanale: l’abbiamoconsiderato il vero miracoloper Dovadola. L’8 agosto, nel56° compleanno di Benedetta,celebrò la S. Messa don LuigiMaretti, parroco di Rocca SanCasciano, all’altare maggiore,poi presso il sarcofago ci fu-rono la preghiera per la glori-ficazione e il canto dell’innodi Benedetta. Nella prima do-

sentito svenire. Sono arrivatoappena in tempo in sagrestiae mi sono disteso su un pan-cale. Intanto hanno cercato inchiesa la presenza di un me-dico. È venuto veramente, macosa poteva fare se non chia-mare il 118? Così è stato, percui mi sono ritrovato al Pron-to Soccorso. E lì, si sa, sonopassate ore, ma nient’altro:una firma mi ha permesso diuscire e tornare a casa. Maintanto i ministranti avevanorisolto in altra maniera. An-che questa esperienza è stataper me una novità.

Il 23 luglio mons. Angelo

Comastri, vescovo di MassaMarittima-Piombino, grandeamico di Benedetta, celebròla S. Messa in Badia.

Sempre con il sostegno diDaniela i ragazzi hanno con-

menica di ottobre fu celebratala 25ª Giornata dell’Ammala-to con molte persone (oltrequattrocento) richiamate comesempre da Benedetta. Ho pre-so parte anche al Pellegrinag-gio diocesano a Lourdes. Mac’è un particolare da spiegare:nei giorni precedenti mi trovaia dover fare una manovra fisi-ca piuttosto gravosa, quella difar arrivare nella sede del Mu-seo una libreria molto ingom-brante e pesante che non en-trava nell’ascensore. Assiemeal super volontario FoscoloLombardi, la facemmo passa-re manualmente per le scalepiuttosto strette dell’apparta-mentino. Il difficile furono lesvolte nei pianerottoli. Questafatica compromise non pocola mia schiena e così a Lour-des ero in difficoltà a cammi-

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 29

Il libretto di Angela Angiuli, intitolato Storie di un tempo mi-

nore, ha vinto il premio di poesia “Mario Luzi” 2015.Ho avuto l’occasione di presentarlo e ho scelto un itinerario

con le poesie che mi hanno colpito maggiormente.In realtà i suoi versi sono tutti belli. Sono poesie, ma sono anche

vere preghiere quelle che scaturiscono dall’anima di Angela, che samettere a nudo la propria fragilità, il proprio dolore per la tragicascomparsa dell’amato fratello, la propria sofferenza che richiedesempre un surplus di senso perché lei possa continuare a vivere.

La poesia le apre squarci di luce. A me ha fatto pensare a Be-nedetta. Ci sono alcuni versi nella raccolta, che desidero dedicareproprio a lei.

Ad esempio:

La morte ti ha fatto solo vocee con quella voce oggi io canto,prendo da te il filo e lo tessoti do parola, ti suono. Io scritturatu inchiostro e spinta della mano […».Ti do un centrometto gli occhi nel cielo e ti tengo insiemecome un caleidoscopio che gira nella luce.

Non voglio essere presuntuosa, ma di fatto tutti coloro che og-gi parlano di Benedetta, e dunque anch’io, possiamo riconoscerciin questi versi stupendi quando, partendo dalle parole di Benedet-ta, proviamo a tesserle e a farle risuonare nel cuore di chi la co-nosce o di chi ancora non si è avvicinato a lei.

Un’altra poesia contiene un pensiero che Benedetta avrebbecerto fatto suo. Parlando del dolore dice:

E io l’ho ascoltato e gli ho detto – resta –procedi il tuo tarlaremi interessa la trasparenza, non lo spessore.

Ed al Signore Benedetta avrebbe potuto dire parole come queste:

Tu in me,prendi il largo in espansionesconfinamenti da primo amore.

Oppure, quando era un po’ triste, Benedetta avrebbe amatoquesta poesia di Angela:

C’è un punto di silenzio in ogni vitaun niente che ha in sé ingemmatetutte le parole possibili,come un Incipit per partire e divenireperché ogni uomo – in realtà – è una ferita,spiraglio e fessura inaudita.

Nei momenti di solitudine penso che avrebbe recitato volentieriquesti altri bellissimi versi:

Sto sola per poter stare con molticome individuo molteplice…Sono sola come un io pluraleun silenzio per dialogare,un’onda che non è mai senza il suo Mare.

Ringrazio Angela Angiuli per questo libro di poesie che per-mette tante letture. Mi perdonerà certamente per quella che oggiho voluto fare io per tutti gli Amici di Benedetta.

Un po’ di poesiadi ROBERTA BÖSSMANN

Tempera di Roberta Bössmann

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30 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

Grazie Benedetta! Abbiamo una figlia di 14 anni che si chiama Benedetta in ono-re di Benedetta Bianchi Porro.

La nostra Benedetta combatte da due anni con una scoliosi cheè andata sempre peggiorando, nonostante il corsetto e la fisiote-rapia. A dicembre 2017 abbiamo fatto la radiografia di controlloe l’ortopedico che la segue – una dottoressa del “Bambin Gesù”di Roma – ci aveva prospettato la necessità di un intervento chi-rurgico di correzione definitiva della scoliosi, dal momento che lacurvatura (pari a circa 39º) era pressoché arrivata al limite dioperabilità (pari a circa 40-45º), mettendo a rischio la qualitàdella sua vita da adulta.

L’intervento chirurgico alla colonna vertebrale, oltre a essererischioso, è molto invasivo e anche di gravoso impatto psicologi-co su una ragazza adolescente. Benedetta, peraltro, era totalmen-te contraria all’intervento. Abbiamo deciso di consultare un altroautorevole ortopedico e anche lui ha confermato la necessità del-l’intervento chirurgico, qualora la curvatura della colonna, giàal limite, avesse superato la soglia di operabilità. Entrambi i me-dici hanno chiesto di fare una nuova radiografia di controllo agiugno per poter prendere la decisione sul da farsi in base alnuovo grado di curvatura raggiunto.

Con il cuore piccolo piccolo abbiamo così affidato la nostraBenedetta alla più grande Venerabile Benedetta e abbiamo conti-nuato a farle indossare il corsetto e a fare la fisioterapia. La no-stra più rosea speranza – e anche quella dei medici – consistevanella possibilità che il peggioramento progressivo manifestatosifino a dicembre 2017 rallentasse in misura consistente o, nel mi-gliore dei casi, si arrestasse, così da trovarsi in una condizionevicina alla soglia di operabilità e poter valutare nel tempo l’effet-tiva necessità dell’intervento.

Così qualche settimana fa abbiamo fatto la radiografia di con-trollo e l’abbiamo portata dall’ortopedico per la valutazione del-la curvatura. Era sabato mattina, la dottoressa era stupita, quasiincredula: la scoliosi era regredita! Regredita di ben 9 gradi,tantissimo! Ci ha detto che in tutta la sua carriera le è capitatosolo due volte di assistere a una regressione della scoliosi cosìpronunciata. La scoliosi così avanzata tipicamente non regredi-sce e tutto ciò che si può sperare è che non peggiori e si blocchi.E inoltre, sempre dall’analisi della radiografia, si può valutare ilgrado di accrescimento di un adolescente; questo dato è impor-tantissimo perché, una volta completato l’accrescimento, il corpoentra nell’età adulta e la scoliosi non evolve più. Benedetta haquasi completato l’accrescimento, ci manca pochissimo, e quindisiamo confidenti a maggior ragione che non dovrà sottoporsiall’intervento chirurgico.

Quando aspettavamo il nostro secondo figlio decidemmo chese fosse stata una femmina l’avremmo chiamata certamente Be-nedetta perché Benedetta Bianchi Porro ci era già stata vicina inoccasioni molto difficili della nostra vita familiare. Oggi siamofelici ancora di più di averle dato questo nome… un nome bellis-simo, lo dicono tutti!

Giovanni e Claudia Sparvoli

Vice postulatore della Causa di Beatificazione

Don ALFEO COSTA Via Benedetta Bianchi Porro, 4 47013 DOVADOLA (FC)Tel., Fax e Segreteria tel. 0543 934602 E-mail: [email protected]

È sempre viva l’attesa di notizie relativamente alla causadi beatificazione di Benedetta. Il Padre Postulatore informache il processo sul presunto miracolo sta procedendo conbuone speranze. Si raccomanda ancora alle preghiere di tutti gli Amici per una positiva conclusione del procedi-mento.

Importante è anche la segnalazione di nuove grazie otte-nute con l’intercessione di Benedetta.

Le relative testimonianze vanno inviate a:

Postulatore della Causa di Beatificazione

Padre GUGLIELMO CAMERA Missionari Severiani Viale San Martino, 8 43123 PARMA

Tel. 0521 920511 cell. 333 2902646 E-mail: [email protected]

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l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85 n 31

Prossimi appuntamenti

SIRMIONESIRMIONEMercoledì

8 AGOSTO 2018alle ore 18,30nella chiesa diSANTA MARIA DELLA NEVE,nel centro storico di Sirmione,si terrà una Santa Messacelebratada mons. MARIO MASINAnell’82º anniversariodella nascita della VenerabileBenedetta Bianchi Porro

DOVADOLA - ABBAZIA DI SANT’ANDREA

DOMENICA 5 AGOSTO 2018 ore 10,30

per l’82º anniversario

della nascita di BENEDETTA

Concelebrazione Eucaristica

presieduta da

Mons. LIVIO CORAZZAVescovo di Forlì-Bertinoro

anniversario nascita di Benedetta Bianchi Porro

(8 agosto 1936)

domenica 5 agosto 2018 S.Messa ore 10.30

Chiesa di S. Andrea in Badia - Dovadola presieduta da S.Ecc.za Mons. Livio Corazza

ore 16.00 Chiesa di S. Andrea in Badia - Dovadola

Gli amici Sirmionesi di Benedetta presentano

Abbandonata nel Signore il cammino di Benedetta

preghiera scenica su Benedetta Bianchi Porro

Preghiera scenica con dialoghi e voci di vita, di dolore,

di sofferenza, di gioia, di amore

progetto drammaturgico di e con Jim Graziano Maglia

E con Romina Novis (voce e canto)

Stefano Armani (voce e tastiere) Vanni Lombardi

(tromba) e con la partecipazione di

Mons. Evelino Dal Bon (introduzione)

Voce benedetta: Lola Boccasasso

Mariangela Bartoli Milena Fantini

Emi Mori

Registrazioni Gilberto Berzolla

doppia traccia

Alle ore 12,30: pranzo insieme nel Ristorante Albergo “Rosa bianca” di Dovadola

DOVADOLA - CHIESA DI SANT’ANDREA IN BADIA - ore 16

Gli Amici sirmionesi di Benedetta presentano

Abbandonata nel Signore. Il cammino di Benedettapreghiera scenica su Benedetta Bianchi Porro

Giovedì 9 agosto Celebrazione in suffragio di Anna Cappelli

nel 13º anniversario della sua nascita al cielo

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32 n l’annuncio (XXXIII) luglio 2018 – n. 85

In lingua straniera«BEYOND SILENCE» («Oltre il Silenzio» in inglese) «Amici di Bene-

detta» Forlì«MAS ALLA DEL SILENCIO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) «Ami-

gos de Benedetta» Bilbao«MAS ALLA DEL SILENCIO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) Ed.

Claretiana - Buenos Aires«AU DELÀ DU SILENCE» («Oltre il Silenzio» in francese) Editions

de l’Escalade - Paris«UBER DAS SCHWEIGEN HINAUS» («Oltre il Silenzio» in tedesco)

Freundeskreis «Benedetta» - Hamburg«CUDO ZIVOTA» («Il Volto della Speranza» in croato) a cura di

Srecko Bezic - Split«OBLICZE NADZIEI» («Il Volto della Speranza» in polacco) Roma-

grafik - Roma«ALÉM DO SILÊNCIO» («Oltre il Silenzio» in portoghese) Ed. Loyola

- San Paulo«TRANS LA SILENTIO» («Oltre il Silenzio» in esperanto) Cesena - Fo«DINCOLO DE TACERE» («Oltre il Silenzio» in rumeno) Chisinau,

Rep. Moldava«SESSIZLIGIN IÇINDEN» («Oltre il Silenzio» in turco) Iskenderun«TÙLA CSENDEN» («Oltre il Silenzio» in ungherese) Budapest, 1997«MEER DAN STILTE» («Oltre il Silenzio» in olandese) 2015«OLTRE IL SILENZIO» in giapponese - Tokio«OLTRE IL SILENZIO» in arabo - Beirut«OLTRE IL SILENZIO» in ebraico«OLTRE IL SILENZIO» in russo - Bologna«OLTRE IL SILENZIO» in cinese - Taipei«OLTRE IL SILENZIO» in maltese - La Valletta«OLTRE IL SILENZIO» in slovacco - Trnava«OLTRE IL SILENZIO» in swahili - Nairobi«BENEDETTA» M.G. Dantoni, opuscoli in inglese, francese, spagnolo,

russo, tedesco, thailandese, ucraino, bulgaro«BENEDETTA» opuscolo in indonesiano, a cura di Fr. Antonio Carigi

Per conoscere BenedettaSIATE NELLA GIOIA - Diari, lettere, pensieri di Benedetta Bianchi

Porro, a cura e con introduzione di David M. Turoldo - Cesena - «Amici di Benedetta» - Villanova del Ghebbo (Ro) - pp. 255.

IL VOLTO DELLA SPERANZA - Note biografiche. Lettere di Benedettae lettere di amici a Benedetta. Testimonianze di amici che l’hannoconosciuta, a cura di Anna Cappelli - Cesena - «Amici di Benedetta» -pp. 480.

OLTRE IL SILENZIO - Note biografiche. Diari e lettere di Benedetta.Lettere degli Amici a Benedetta. Testimonianze di chi l’ha cono-sciuta, a cura di Anna Cappelli - «Amici di Benedetta» - pp. 168.

TESTIMONE DI RESURREZIONE - Pensieri di Benedetta disposti seguendo il suo itinerario spirituale, a confronto con passi dellaSacra Scrittura, presentazione di Enrico Galbiati - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 152.

PENSIERI 1961 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario -Forlì - «Amici di Benedetta» - pp. 180.

PENSIERI 1962 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario -Ravenna - «Amici di Benedetta» - pp. 200.

BENEDETTA BIANCHI PORRO - I suoi volti - Gli ambienti - I documenti, acura di P. Antonino Rosso - «Amici di Benedetta» 2006 - pp. 255.

VIVERE È BELLO - Appunti per una biografia di Benedetta Bianchi Porro, di Emanuela Ghini, presentazione del Card. A. Bal le strero - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 200.

BENEDETTA - Sintesi biografica a cura di Maria G. Dantoni - Stilgraf -Cesena - pp. 32.

BENEDETTA di Maria Grazia Dantoni - 2008 (nuova edizione)BENEDETTA di Alma Marani - Stilgraf - Cesena - “Amici di Benedetta” - pp. 48.BENEDETTA BIANCHI PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf - Cesena,

2012 - pp. 30.BENEDETTA BIANCHI PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf -

Cesena, 2014 - pp. 30 (in lingua inglese). BENEDETTA BIANCHI PORRO di Andrea Vena. Biografia autorizzata -

Ed. S. Paolo - pp. 221.SCRITTI COMPLETI di Benedetta Bianchi Porro, a cura di Andrea Vena -

Ed. San Paolo - pp. 815.ABITARE NEGLI ALTRI - Testimonianze di uomini di oggi su Benedetta,

lettere, discorsi, studi, meditazioni - Cesena - «Amici di Benedetta» -pp. 416.

LA STORIA DI BENEDETTA - Narrata ai bambini, di Laura Vestruccicon illustrazioni di Franco Vignazia - «Amici di Benedetta» - pp. 66.

DIO ESISTE ED È AMORE - Veglia di preghiera sulla vita di Benedettadi Angelo Comastri - «Amici di Benedetta» - pp. 33.

OGGI È LA MIA FESTA - Benedetta Bianchi Porro nel ricordo della madre, diCarmela Gaini Rebora - Ed. Dehoniane - pp. 144 - Ristampato.

BENEDETTA BIANCHI PORRO - LETTERA VIVENTE - Scritti di sacerdoti e di religiosi alla luce della parola di Benedetta - Cesena -«Amici di Benedetta» - pp. 256.

BENEDETTA O LA PERCEZIONE DELLA GIOIA - Biografia di Timoty Holme - Gabrielli Editore, Verona - pp. 230.

APPROCCIO TEOLOGICO AL MISTERO DI BENEDETTA BIANCHIPORRO del Card. Giacomo Biffi - Cesena - «Amici di Benedetta».

BENEDETTA BIANCHI PORRO di Piero Lazzarin, Messaggero diSant’Antonio - Padova 2006 - pp. 221.

IL SANTO ROSARIO CON BENEDETTA a cura della Parrocchia diDovadola.

L’ANELLO NUZIALE - La spiritualità “sponsale” di Benedetta BianchiPorro, di E. Giuseppe Mori, Quinto Fabbri - Ed. Ave, Roma 2004 -pp. 107.

BENEDETTA AMICA MIA, romanzo di Elisa Mazzoli, illustrazione di co-pertina e tavole interne: Mirella Mariani, Editore il Pozzo di Giacob-be, 2017

CASSETTA REGISTRATA DELLE LETTERE DI BENEDETTA a curadegli «Amici di Benedetta».

CARO LIBRO - Diario di Benedetta, illustrato con 40 tavole a colori dagli alunni di una IV elementare di Lugo (Ra) con presentazione diCarlo Carretto e Vittorio Messori - pp. 48 formato 34x49 -Ed. Morcelliana.

ERO DI SENTINELLA di Corrado Bianchi Porro. La lettera di Benedettanascosta in un libro - Ed. S. Paolo.

QUALCHE COSA DI GRANDE di Walter Amaducci - Ed. Stilgraf, Cesena 2009 - pp. 120.

I DOLCI VOLTI DI DIO di Maria Grazia Bolzoni Rogora - Ed. Stilgraf, Cesena 2014 - pp. 156.

GRAZIE, BENEDETTA! di Rita Bagattoni - Tip. Valbonesi, Forlì 2015BENEDETTA E LE RICETTE DI FAMIGLIA a cura di Liliana Fabbri

Selli e Flavia Bugani, pubblicato a cura dell’Associazione per Benedetta Bianchi Porro, 2016, pp. 100.

FILMATO SU BENEDETTA (documentario) in videocassetta.DVD BENEDETTA BIANCHI PORRO - Testimonianze (filmato in Dvd).L’ANNUNCIO - semestrale a cura degli «Amici di Benedetta».LETTERA A NATALINO di Benedetta Bianchi Porro. Illustrazioni di

Roberta Bössmann Amati - Ed. Stilgraf Cesena - pp. 24.BENEDETTA BIANCHI PORRO Un cammino di luce di Piersandro

Vanzan, Prefazione del Card. Angelo Comastri, Editrice Velar, Gorle(BG), 20172 - pp. 48.

QUADERNI DI BENEDETTA 1 - Benedetta Bianchi Porro. Il camminoverso la luce, di don Divo Barsotti, Fondazione Benedetta BianchiPorro e Associazione per Benedetta Bianchi Porro, 2007 - pp. 46.

QUADERNI DI BENEDETTA 2 - Benedetta Bianchi Porro. Dio miama, di Angelo Comastri, Fondazione Benedetta Bianchi Porro eAssociazione per Benedetta Bianchi Porro, 2008.

Postulatore della Causa di Beatificazione Padre GUGLIELMO CAMERAMissionari Saveriani - Viale S. Martino, 8 - 43123 PARMAtel. 0521 920511 - cell. 333 2902646 - e-mail [email protected] postulatore della Causa di Beatificazione Don ALFEO COSTAVia Benedetta Bianchi Porro, 4 - 47013 Dovadola (FC)tel. e fax e segreteria 0543 934602 - e-mail [email protected]

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Casella postale 62 - 47013 Dovadola (FC) - Tel. 0543 934602E-mail: [email protected] oppure [email protected] - http: //www.benedetta.it c/c postale 1000159051 (Codice IBAN IT 88 Y 07601 13200 001000159051) intestato aFondazione Benedetta Bianchi Porro Forlì

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IMPORTANTE

Chi desidera partecipare al “pranzo insieme”di domenica 5 AGOSTO 2018 alla “Rosa bianca” è pregato di rivolgersi a “Amici di Benedetta”, Casella Postale 62 – 47013 Dovadola, o telefonando a don Alfeo Costa(0543 934602: tel., fax e segreteria telefonica) entro il 1º AGOSTO 2018.Chi avesse bisogno di alloggiare presso la “Rosa Bianca”è pregato di interpellare direttamente il gestoreMoreno Pretolani al 349 8601818

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