Dungeons & Dragons: alcuni aspetti storici, etici e ... · I giocatori possono infatti fare o...

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Dungeons & Dragons: alcuni aspetti storici, etici e culturali sul fenomeno ludico del XX secolo. di Moreno Pedrinzani Questo è un gioco di ruolo. Ciò significa che voi diventerete attori, immaginerete di essere qualcun altro, cercando di immedesimarvi in quel personaggio. Ma non avrete bisogno di un palcoscenico, né di costumi o sceneggiature. Soltanto della vostra fantasia. Questo gioco non ha una mappa, perché non avrete bisogno di una mappa di gioco; infatti nessuna mappa potrebbe contenere tutti i sotterranei, i draghi, i mostri e i personaggi che vi si pareranno incontro nell vostre avventure 1 . Così apre il Manuale del Giocatore della prima edizione in lingua italiana di Dungeons & Dragons, il Basic, la famosa “Scatola Rossa”. Il gioco si presenta immediatamente come vasto, espone una tale quantità di tematiche e di ambienti che viene ritenuto impossibile proporli su di una plancia. Questa vastità è uno degli elementi cardine del gioco. I giocatori possono infatti fare o tentare di fare qualsiasi cosa sia semplicemente verosimile. Questa peculiarità del gioco di ruolo è ciò che lo diversifica dalle altre tipologie e lo pone vicino al teatro dell'improvvisazione: i limiti del gioco sono i limiti della logica di un mondo che funziona entro certe leggi fisiche e segue determinati rapporti causa-effetto. Al contrario dei giochi da tavolo, dove pure un giocatore può assumere un ruolo, in Dungeons & Dragons si richiede un'interpretazione attiva di esso, che esula dalle norme strettamente meccaniche. Il giocatore non sceglie tra un numero predeterminato di azioni possibili, ma esprime oralmente le azioni del proprio personaggio, esse saranno quindi gestite dal Dungeon Master nel modo più razionale e sensato possibile, a volte saranno 1 F. Mentzer, Dungeons & Dragons, Manuale del Giocatore, Milano, Editrice Giochi, 1985. 1

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Dungeons & Dragons: alcuni aspetti storici, etici e culturali sul

fenomeno ludico del XX secolo.

di Moreno Pedrinzani

“Questo è un gioco di ruolo. Ciò significa che voi diventerete attori, immaginerete di

essere qualcun altro, cercando di immedesimarvi in quel personaggio. Ma non

avrete bisogno di un palcoscenico, né di costumi o sceneggiature. Soltanto della

vostra fantasia. Questo gioco non ha una mappa, perché non avrete bisogno di una

mappa di gioco; infatti nessuna mappa potrebbe contenere tutti i sotterranei, i

draghi, i mostri e i personaggi che vi si pareranno incontro nell vostre avventure”1.

Così apre il Manuale del Giocatore della prima edizione in lingua italiana di

Dungeons & Dragons, il Basic, la famosa “Scatola Rossa”. Il gioco si presenta

immediatamente come vasto, espone una tale quantità di tematiche e di ambienti

che viene ritenuto impossibile proporli su di una plancia. Questa vastità è uno degli

elementi cardine del gioco. I giocatori possono infatti fare o tentare di fare qualsiasi

cosa sia semplicemente verosimile. Questa peculiarità del gioco di ruolo è ciò che lo

diversifica dalle altre tipologie e lo pone vicino al teatro dell'improvvisazione: i limiti

del gioco sono i limiti della logica di un mondo che funziona entro certe leggi fisiche e

segue determinati rapporti causa-effetto. Al contrario dei giochi da tavolo, dove pure

un giocatore può assumere un ruolo, in Dungeons & Dragons si richiede

un'interpretazione attiva di esso, che esula dalle norme strettamente meccaniche. Il

giocatore non sceglie tra un numero predeterminato di azioni possibili, ma esprime

oralmente le azioni del proprio personaggio, esse saranno quindi gestite dal

Dungeon Master nel modo più razionale e sensato possibile, a volte saranno

1 F. Mentzer, Dungeons & Dragons, Manuale del Giocatore, Milano, Editrice Giochi, 1985.

1

incanalate in una serie di casistiche meccaniche già previste dal regolamento, una

lista a metà strada tra la norma e il consiglio, per gestire la risoluzione delle azioni,

altre volte potranno avere un effetto immediato o ricadere in una discrezionalità

legata a probabilità calcolate dal Dungeon Master.

In Dungeons & Dragons ogni giocatore interpreta un personaggio di fantasia che

viene definito attraverso una scheda, questa serve a raccogliere per mezzo di dati

numerici ogni sua caratteristica, elementi che devono essere interpretati e che

permettono di interagire col mondo. Il Dungeon Master è un giocatore con poteri

particolari: egli non interpreta un personaggio, ma si limita a presentare lo scenario

di gioco dentro il quale tutti gli altri giocatori si muovono, interpreta però qualsiasi

individuo che non sia un personaggio appartenente ad un giocatore, misura e

descrive il mondo come un demiurgo2, lavora su materia preesistente3 come

ordinatore e architetto, è mediatore tra il mondo in potenza che è nella sua mente e

la realtà fattuale che si genera dalla parola, che diventa realtà dal momento che

viene proferita, come se la narrazione, nel rituale del gioco di ruolo, dotasse di

potere magico, colmo di forza creatrice, la parola stessa: ciò che viene proferito

oralmente non è narrazione di un evento passato, né libera immaginazione di un

evento futuro, piuttosto prende immediatamente forma e acquisisce una validità

incontrovertibile e inizia ad esistere. Il Dungeon Master non si limita a creare il

mondo e i suoi personaggi, gestisce gli incastri, è il narratore dello scorrere degli

eventi. Egli non gioca contro gli altri giocatori, la sua finalità non è sconfiggerli4. In

Dungeons & Dragons non esiste il concetto di competizione, la finalità è solo il

2 È forse un caso che il Dungeon Master utilizzi proprio dei solidi platonici, i dadi poliedrici, simboli dell'ordinematematico-geometrico del cosmo e della natura, per gestire le componenti casuali dell'universo che hagenerato?

3 Platone, Timeo, Milano, BUR, 2003.

4 Gilberto Fulvi, I Giochi di Ruolo, disponibile su http://www.gdr2.org, consultato il 20 maggio 2017.

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divertimento e la narrazione di una storia, gli ostacoli sono posti davanti al gruppo

trattato come insieme chiamato a cooperare per superarli. A tal proposito Dungeons

& Dragons richiede e aiuta a sviluppare doti di problem solving, pianificazione a

lungo termine, lavoro di squadra, capacità sociali di mediazione e retorica,

cartografia, logica e gestione delle risorse.5 Al Dungeon Master è richiesta coerenza

nella costruzione della realtà e gestione razionale dei rapporti causa-effetto che

rappresentano le interazioni tra gli elementi della realtà stessa. Agli altri giocatori è

richiesta l'aderenza al ruolo prescelto attraverso un atto continuo di interpretazione

attiva (parlato in prima persona, coerenza con le strutture narrative interne al proprio

personaggio, sia che siano state decise al momento della sua creazione, sia che

siano frutto dello sviluppo della trama e della personalità del personaggio). Le

decisioni nei giochi tradizionali o elettronici possono avere effetti tattici o strategici,

raramente creativi6, se non con forti limiti dettati dalla programmazione. In Dungeons

& Dragons l'aspetto tattico e l'aspetto creativo coesistono e lavorano in sinergia per

un'esperienza di gioco completa. È un gioco che ha i tempi della narrazione, di solito

non è rigidamente diviso in turni di gioco, ma ciò è previsto all'interno delle scene

d'azione, quando si esige il rigore delle tempistiche per gestire e sciogliere le

situazioni. In tutti gli altri momenti, esattamente come nella narrativa orale, il tempo

può essere rallentato e dilatato a piacere senza nessun limite che non sia il solo

accordo tra i giocatori. Un viaggio di dieci giorni all'interno del gioco può durare in

termini di vita reale indistintamente pochi minuti o alcuni mesi secondo le esigenze e

il gusto di chi gioca. All'interno dei turni di combattimento è possibile, ma opzionale,

allestire una rappresentazione della scena su di una griglia con figurini di piombo o

segnalini. Questa scelta è opposta al theatre of mind, che esige una

5 M. Barton, Dungeons & Desktops, Wellesley (MA), AK Peters/CRC Press, 2008.

6 V. Santoni, La stanza profonda, Bari, Laterza, 2017.

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rappresentazione totalmente mentale delle scene. Le differenze che intercorrono tra

le due scelte rendono preferibile scegliere la prima per un gioco tattico e la seconda

per un gioco emotivo ed immersivo.

Le azioni meccaniche di Dungeons & Dragons si risolvono utilizzando dei dadi

poliedrici7, che uno degli autori del gioco, Gary Gygax, trovò in un catalogo di

strumenti educativi per bambini. Essi generano casualmente un numero che servirà

a definire le percentuali di riuscita delle varie azioni, la gravità delle ferite subite, la

probabilità di imbattersi in ostacoli, la durata di certi eventi e così via.8

In Dungeons & Dragons i personaggi crescono col passare del tempo. Ogni scontro

e risoluzione di un problema garantisce dei “punti esperienza” che, raggiunta una

certa soglia, permettono di passare al livello di esperienza successivo. I livelli di

esperienza sono gradi di potere regolati da tabelle. È opportuno notare come i

personaggi all'interno del gioco ignorino ogni aspetto meccanico e matematico, essi

servono a definire il loro potere ad uso e consumo dei giocatori che interpretano

questi personaggi, aiutando il Dungeon Master a proporre sfide adeguate. Le distinte

persone di giocatore e personaggio sono necessarie per il mantenimento della

plausibilità. Il percorso di crescita non è esente da rischi e non tutti i personaggi

riescono a sopravvivere. Man mano che un personaggio avanza di livello

d'esperienza acquisisce capacità nuove o migliora le capacità che già possiede. Ad

esempio aumenterà i suoi “Hit Dice” che serviranno a definire i suoi “Hit Points”,

ovvero il numero di ferite che un personaggio può subire prima di morire.

Alcuni personaggi saranno più bravi in specifici compiti, cioè viene definito dalla loro

classe. Le classi sono dei ruoli archetipici estratti dai racconti fantastici o fiabeschi e

7 I dadi che vengono utilizzati in una partita di Dungeons & Dragons sono i classici solidi platonici a quattro,sei, otto, dodici e venti facce, più un dado da dieci facce. Quest'ultimo può essere accompagnato da ungemello rappresentante le decine, così da poter generare un numero casuale da uno a cento.

8 S. Applecline, Designers & Dragons, Swindon (UK), Mongoose Publishing, 2011.

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dai romanzi di avventura. Ogni giocatore possiede uno di questi ruoli ed esso

definisce i suoi punti di forza e le sue debolezze. Tra di esse portiamo ad esempio il

“Ladro” ispirato a figure come Sindibad il marinaio della tradizione persiana o al Gray

Mouser dei romanzi heroic fantasy di Fritz Leiber, uomo pieno di risorse, capace di

muoversi senza far rumore e di scassinare le serrature. Oppure il “Chierico”,

archetipo del cavaliere di un ordine monastico combattente medievale, ma capace di

invocare la propria divinità per lanciare incantesimi protettivi e di guarigione9.

È necessario cercare di ricostruire la genesi di Dungeons & Dragons per capirne le

influenze e il retroterra culturale, partiamo dall'idea di Alexis de Tocqueville sulle

nazioni ed estendiamola ai fenomeni culturali: essi recano con sé i segni delle

proprie origini. Le circostanze della nascita e dell'ascesa influenzano tutta la vita

dell'oggetto. Sarà opportuno quindi ricercare le radici profonde del gioco di ruolo,

rintracciare e valutare la somma delle tradizioni che ne hanno permesso la nascita.

Alla base dell'utilizzo moderno di segnalini per una rappresentazione simulazionistica

e realistica di uno scontro armato c'è Kriegspiel, il primo wargame, inventato dai

prussiani Georg Leopold von Reiswitz e dal figlio Georg Rudolf nel 1812, veniva

utilizzato per l'addestramento degli ufficiali. Le finalità dii questo wargame erano

interessanti perché per la prima volta, con l'ausilio di un arbitro imparziale e dei dadi

per generare l'aleatorietà, la finalità non era vincere rispettando le strette regole del

gioco (come può essere vero negli scacchi, dove si rappresenta una battaglia con

fini non simulazionistici, ma del tutto metafisici) ma simulare nel modo più plausibile

possibile una scena di battaglia che potrebbe accaddere nella realtà10. Poiché

nessun regolamento può essere tanto vasto e completo da enucleare qualsiasi

9 D. Cook, Advanced Dungeons & Dragons 2a edizione, Manuale del Giocatore, Milano, RIPA, 1994.

10 N. J. Mizer, The Paladin Ethic and the Spirit of Dungeoneering, «The Journal of Popular Culture», Volume 47,numero 6, dicembre, 2014.

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possibilità della vita reale, l'arbitro agisce non solo come mediatore, ma anche come

gestore della logica meccanica del mondo, risolutore delle questioni incerte che non

possono essere dimandate ad un regolamento che per sua costituzione non può

contestualizzare e utilizzare discrimine, o applicare continuamente norme

straordinarie dettate dal buonsenso. Malgrado mutuasse dagli scacchi la struttura a

griglia, sanciva la scala del campo (1:8000) e aveva regole per la nebbia di guerra, le

difficoltà di comunicazione e la gerarchia di comando, così da poter giocare anche

con dieci giocatori per parte e addestrare gli ufficiali inferiori al proprio ruolo

subordinato11. Con Kriegspiel, per la prima volta, si ebbe una descrizione delle armi

da fuoco in termini di statistiche di gioco, quindi di dati numerici, se pur empirici e

calati nella necessaria arbitrarietà: questo sviluppo della meccanica di gioco è frutto

del razionalismo weberiano12 che è la forma mentis necessaria per il gioco

simulazionista. Le regole di Kriegspiel erano complesse e ingombranti, tanto da

generare un rifiuto anche negli stessi ambienti militari che tentarono di riformarlo con

una versione più leggera. Per un secolo lo wargame restò complicato e

simulazionistico, finalizzato esclusivamente alla preparazione degli ufficiali. Pensare

allo wargame come ad un libero gioco, un passatempo per civili, era un'eresia per

quell'etica puritana ascetica e contraria al godimento spontaneo non utilitaristico.

Questa eresia fu compiuta nel 1911 dallo scrittore britannico Herbert George Wells

che pubblicò un regolamento che era anche un'opera saggistica: Little Wars. Il tono

polemico nei confronti dello wargame simulazionista si univa alla proposta di uno

stile di gioco atto a risvegliare l'immaginazione, meno guerresco e per certi versi più

vicino ai giochi d'infanzia, atto a portare il re-incanto nello wargame, non usava dadi

11 Von Konrad Lischka, 2009, Wie preußische Militärs den Rollenspiel-Ahnen erfanden, disponibile suhttp://www.spiegel.de, consultato il 19 maggio 2017.

12 N. J. Mizer, op. cit.

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né arbitri, la risoluzione delle attività belliche era lasciata al capriccio dei proietti

scagliati da cannoni a molla13. Notevole anche l'utilizzo di soldatini di piombo, non di

anonimi segnalini colorati come succedeva in Kriegspiel, che prima di allora erano

un'esclusiva per il mercato dei giochi di infanzia e del collezionismo. Un altro aspetto

infantile del gioco, antitetico al collezionismo e alla sensibilità successiva, era

l'utilizzo disinibito dei soldatini di piombo, materiale molto morbido, assieme ai

proietti di legno. Lo scontro tra questi e tra i soldatini abbattuti e il pavimento

generava ammaccature, a volte addirittura i soldatini si spezzavano, Wells ovviava a

questo effetto collaterale riparandoli con piombo fuso o fondendo i soldatini ormai

inutilizzabili per riportarli a materia prima e produrre nuove colate negli stampi 14. C'è

da dire che Little Wars aveva anche regole tassative, ed è questo che lo

differenziava dal gioco infantile, era possibile sparare coi cannoni solo se almeno

quattro soldatini stazionavano ai suoi lati entro sei pollici di distanza, in egual modo

presentava regole per catturare i cannoni nemici. Non bisogna esagerare con l'opera

di de-razionalizzazione compiuta da Wells, non era il libero gioco infantile secondo la

definizione che ne dà il sociologo George Herbert Mead, dove ciascun giocatore

passa da un ruolo all'altro secondo capriccio; nei termini di Mead, Little Wars, ha una

propria game logic, ha un obiettivo definito e le azioni di ognuno sono legate a quelle

degli altri attraverso regole che, se pur brevi, componendosi l'opera di sole dieci

pagine, sono atte a non generare conflitti15. L'unione tra questi due spiriti dello

wargame, il simulazionismo di Kriegspiel e la de-razionalizzazione di Little Wars,

sarà centrale per lo sviluppo di Dungeons & Dragons.

13 N. J. Mizer, op. cit.

14 Trevor Timpson, 2013, Little Wars: How HG Wells created hobby war gaming, disponibile suhttp://www.bbc.com, consultato il 19 maggio 2017.

15 N. J. Mizer, op. cit.

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Negli anni '50 e '60 gli wargames tornarono alla complessità del primo Ottocento.

Crebbero di numero e si diversificano per periodi storici, il fine dei game designers

era quello di proporre regolamenti il più possibile adatti a rappresentare un

determinato livello tecnologico e inscenare determinate tattiche di utilizzo storico. Il

medioevo veniva considerato un periodo poco gratificante e di difficile

rappresentazione, non a caso fu in questo ambiente secondario, noioso e

ristagnante che i game designers cercarono di apportare l'innovazione. Per la nostra

disamina sulle origini di Dungeons & Dragons è opportuno citare il britannico Tony

Bath, che negli anni '50 fu il primo ad inserire elementi fantastici nello wargame,

utilizzando regolamenti sul periodo antico per inscenare gli scontri su Hyboria, il

mondo mitico dove si ambientano le storie dello scrittore Robert Ervin Howard16.

Questa sperimentale bizzarria lasciò ben poca traccia nel vasto mondo degli

wargamers, che vedeva un gran numero di appassionati di cose militari, ma ben

pochi di letteratura fantastica, malgrado ciò fu di grande ispirazione per il gioco di

ruolo. Una simile introduzione di elementi fantastici sarà proposta anche da Gary

Gygax col suo Chainmail, gioco che è padre putativo di Dungeons & Dragons, ma

con risultati molto più vivaci. Il pionere dei giochi di ruolo Muhammad Abd-al-

Rahman Barker in un'intervista tratteggiò Tony Bath come un protogiocatore di ruolo,

sottolineando la presenza nei suoi wargames di elementi non solo tattici, ma anche

economici, politici, criminali, di sotterfugio e di poesia epica.17

L'esperienza dello wargame da sola non poteva essere sufficiente per generare il

gioco di ruolo. Si può obiettare che un giocatore di Kriegspiel stia effettivamente

interpretando l'ufficiale sul campo, ma lo fa in maniera distaccata, lo interpreta in

16 T. Bath, Tony Bath's Ancient Wargaming, Bristol, United Kingdom, The History of Wargaming Project, 2011.

17 Phil Barker, 2000, TONY BATH – IN MEMORIAM, disponibile su http://www.rudi-geudens.be, consultato il 19maggio 2017.

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quanto pone in essere delle situazioni che si propone di affrontare, ma la lente resta

sul macrocosmo della battaglia, non c'è una vera immedesimazione nel microcosmo

dell'individuo, sugli aspetti personali e anche emotivi dei singoli, non si raccontano

storie di individui, ma di grandi masse di uomini. Nel 1967 il game designer David

Wesely sperimentò uno wargame napoleonico chiamato Braunstein, dall'omonima

cittadina fittizia tedesca dove era ambientato, questo gioco è interessante e

innovativo perché rappresenta un equilibrio tra razionalizzazione e incanto, pur

prendendo grande ispirazione dal boardgame Diplomacy (1959). Ogni giocatore era

chiamato ad interpretare un personaggio, ma non solo ufficiali dell'esercito, anche il

sindaco, il direttore di banca e tutte quelle persone che potevano avere un peso nella

città. Per la prima volta in un gioco razionalizzato era permesso compiere azioni non

prestabilite e veniva inserita la mediazione orale per la risoluzione degli eventi.

L'esperimento venne giudicato troppo caotico e abbandonato, ma sarà su questo

stesso concetto che nel 1971 Dave Arneson, uno wargamer del Minnesota, creò il

suo Braunstein fantasy: Blackmoor, ambientato nell'omonima baronia, dove i

personaggi erano il vescovo e i nobili. Nello stesso anno usciva Chainmail di Gary

Gygax, wargame medievale che conteneva un'appendice per giocare creature

fantastiche, molte di ispirazione tolkieniana, all'interno delle partite. Le riviste di

settore furono molto severe nel giudicarlo e lo considerarono di poco conto, o

persino spazzatura, ma c'era chi, forse per rigettare l'esperienza quotidiana della

vera guerra data dai resoconti giornalistici sul Vietnam, preferiva avventure

fantastiche, prive di vincoli morali, dove c'era possibilità di giocare fuggendo dalle

atrocità della vera guerra18. Gygax e Arneson ebbero modo di incontrarsi alla

convention di settore Gen Con II nel 1969. Negli anni seguenti pubblicarono i loro

18 A. Trammell, Notes from the Wargaming Underground: Dungeons, Dragons, and the History of Games, su«Game Studies», Volume 13, numero 2, dicembre 2013.

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giochi, quindi pensarono ad un innovativo progetto: le tecniche para-teatrali di

Blackmoor unite a Chainmail. Fu così che nel 1974 nacque Dungeons & Dragons,

edito dalla casa editrice fondata appositamente l'anno precedente per pubblicare il

gioco, la Tactical Studies Rules.

La prima edizione del gioco è chiamata Woodgrain box per via della trama stampata

a finto legno, ha una grafica molto scarna e si compone di tre libriccini spillati in una

scatola di cartone. Ha come tema l'esplorazione di labirinti sotterranei (i dungeons)

da parte di gruppi di avventurieri. L'aspetto è quello di una produzione amatoriale,

ma la portata del gioco è rivoluzionaria, tanto che, terminata una prima limitata

tiratura di mille copie, la richiesta del mercato decollò immediatamente.

La genesi della tipologia di avventure proposte da Dungeons & Dragons non è una

soltanto. L'eclettismo dei suoi creatori si riflette nella commistione di generi ed

influenze miscelate senza timore di incorrere in immaginari contradditori o dal gusto

eccessivamente dissonante. Bisogna considerare come nella seconda metà del XX

secolo i generi letterari fantasy e science fiction non erano severamente definiti

come avviene oggi, la stessa Ursula Kroeber Le Guin, esponente di punta della

letteratura fantastica, ammette di non percepire la divisione tra i due generi 19. Così

Dungeons & Dragons è formato dalla sostanza che nutriva gli immaginari dei suoi

autori: elementi fantastici, fiabeschi, fantascientifici e horror si fondono senza che se

ne possa percepire chiaramente l'inizio e la fine, piuttosto si incanalano in un unicum

per dare vita a qualcosa di nuovo. Gli appassionati dei generi letterari considerati “di

svago”, o letteratura “bassa”, in quegli anni potevano trovare una produzione prolifica

sulle riviste pulp a buon mercato come Weird Tales Magazine o Amazing Stories. I

personaggi di queste riviste fornirono materiale di ispirazione per i personaggi di

Dungeons & Dragons, in particolare Conan il barbaro, personaggio di Robert Erwin

19 U. K. Le Guin, Il linguaggio della notte, Roma, Editori Riuniti, 1986.

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Howard, pietra angolare dell'avventura fantastica di genere eroico. Alcuni degli

elementi archetipici presenti nei racconti che hanno Conan come protagonista sono

diventati memetici e hanno acquisito una vita propria venendo ripetuti, trasmessi e

identificati come cliché senza che spesso se ne conosca l'origine prima. Uno dei

primi racconti del ciclo di Conan il barbaro è “The Tower of the Elephant”, pubblicato

su Weird Tales Magazine nel marzo del 1933. Qui si ritrovano le fondamenta

dell'avventura fantastica, esattamente come nelle più classiche avventure edite di

Dungeons & Dragons, Conan cerca informazioni in una taverna, luogo di convivialità,

ma anche di pericolo, dove dà inizio ad una rissa. Il suo fine è quello di penetrare

nella torre dello stregone Yara, che intende saccheggiare, viene accompagnato da

un ladro che ha peculiarità e capacità spiccatamente diverse da lui, vi penetra e

affronta mostri via via più temibili su più livelli, fino alla stanza finale che ricostruisce

la storia della torre, qui Conan compie un atto risolutivo e tira le fila della storia

riportando l'ordine.20 Questo schema ricalca fedelmente quello delle tipiche

avventure di Dungeons & Dragons: la taverna come luogo dove reperire le

informazioni e quindi testa di ponte per l'avventura verso l'ignoto, il luogo misterioso

è di un'antichità fuori dal tempo, sovente tratteggiato come sinistro e caratterizzato

da un lusso sibaritico, un'architettura labirintica ricolma di tesori e di mostri in

agguato agli ordini di uno stregone malvagio, catalogati secondo potenza rispetto al

livello del dungeon dove sono situati.21 Sia le avventure del gioco che questo

racconto ricalcano almeno in parte la struttura della quest di Vladimir Propp, dove

passo dopo passo la maturazione dell'eroe esige sfide sempre più ardite.22

20 R. E. Howard, Conan il barbaro, Roma, Newton & Compton, 2011.

21 In tal senso la Torre di Yara è una specie di dungeon capovolto. Mentre nelle classiche avventure diDungeons & Dragons i pericoli si fanno via via più temibili scendendo nel sottosuolo, in questo raccontosuccede salendo verso la cima della torre.

22 V. Propp, Morfologia della fiaba - Radici storiche dei racconti di magia, Roma, Newton & Compton, 2003.

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Dare la possibilità ai giocatori di interpretare degli avventurieri non è una scelta

casuale. Secondo la definizione di George Simmel l'avventuriero è colui che “treats

the incalculable element in life in the way we ordinarily treat only what we think is by

definition calculable”23. Psicologicamente potrebbe rappresentare la sublimazione

della gabbia di ferro weberiana, l'avventuriero ricerca il mero evento al di fuori delle

proprie necessità e fa diventare esso stesso una necessità. È interessante notare

anche che i potenti istinti che ci fanno vivere la civilizzazione come un trauma

richiedono soddisfazione, secondo Freud la società frustra questi istinti, lo fa

similmente all'etica puritana di cui parla Weber, che reprime la necessità del libero

gioco goduto spontaneamente. I settings che spaziano dal mondo classico a quello

medievale, ma sempre con un sapore arcaico, di un mondo al di là del tempo, a

volte persino atemporale, ma comunque esotico ed estraneo all'età industriale,

possono essere visti come un aspetto del fenomeno del neo-arcaismo di cui parla il

sociologo Edgar Morin: la rievocazione di scenari selvaggi e premoderni per

l'evasione dalla monotonia urbana24, veicolo del reincanto del mondo, reazione del

disincanto weberiano dovuto all'età dell'esaurimento del regno dell'invisibile. La

riconciliazione del quantificabile col meraviglioso.

Lo schema delle avventure di Dungeons & Dragons, quando non segue un filone

investigativo tipico del romanzo giallo, propone una missione volta a ristabilire

l'ordine perduto che esige un viaggio e il continuo confronto con insidie di vario

genere, com'è tipico nella già citata quest della struttura della fiaba. Altri elementi

invece appaiono squisitamente militari e si legano ad una concezione predatoria

propria del colonialismo. L'idea che un gruppo di armati penetri all'interno di “terre

selvagge”, quindi non abitate, ma occupate da tribù di creature umanoidi, che sono

23 J. Mizer, op. cit.

24 E. Morin, Lo spirito del tempo, Roma, Meltemi Editore, 2005

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soltanto una parodia distorta di tribù umane realmente esistenti25, dotate di un

intelletto inferiore a quello umano, che adorano divinità malvagie o aliene e

incomprensibili, che praticano la magia nera, antitetica a quella sacra dei sacerdoti

umani, può sembrare una narrazione di conquistadores contro popoli extra-europei.

La sete di denaro e di potere sono i motori delle vite degli avventurieri.

L'incomprensione delle culture degli umanoidi “malvagi”26, culturalmente e

tecnologicamente presentati come arretrati, è qualcosa che viene incentivato. Il

gruppo di Dungeons & Dragons si riunisce per accumulare tesori, il fine ultimo è

accrescere sé stessi attraverso l'esperienza e l'oro. Per ogni moneta d'oro

guadagnata (saccheggiata, rubata...) si guadagna un punto esperienza. Ad un

prestabilito livello di potere dovuto all'accumulo di punti esperienza è possibile

diventare signore dei luoghi che si sono razziati, prima abitati da esseri umanoidi, e

costruirvi un monastero o un castello.27

Un altro elemento tipico dell'età coloniale è la composizione dei villaggi che servono

come testa di ponte, luogo organizzativo prima dell'esplorazione dei dungeon o delle

terre selvagge. Non sono villaggi ispirati al medioevo europeo, non ne hanno le

strutture economiche e sociali, sono cittadine di frontiera dell'epopea western

statunitense: hanno la taverna che è un saloon dove ci sono risse e si raccolgono

25 Si noti a tal proposito che le rappresentazioni grafiche di una tipologia di questi mostri umanoidi, gli“hobgoblin”, sono sempre ricalcate sulla popolazione mongola o comunque su elementi etnici centro-asiatici, e solo con la terza edizione del gioco (2000) perdono questa loro peculiarità stilistica diventandoesteticamente molto generici, per tornare poi nelle vesti di samurai giapponesi con la quinta edizione delgioco (2014) e perdendo contemporaneamente il loro aspetto selvaggio e brutale per acquisire, pur nellaloro mostruosità, una fierezza marziale.

26 L'allineamento morale è un incasellamento che Dungeons & Dragons propone per definire l'etica deipersonaggi e dei mostri. Il numero di allineamenti disponibili e l'integrazione nelle meccaniche di gioco variada edizione ad edizione. Essi sono frutto di una visione manichea e sono costruzione morale dell'etniadominante. Non viene infatti giudicato un atto malvagio sterminare una tribù di umanoidi che si muove incerca di cibo dopo una carestia, poiché essi sono indiscutibilmente e irrimediabilmente catalogati come“malvagi”.

27 F. Mentzer, op. cit.

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informazioni, hanno un emporio che fornisce gli strumenti per le avventure (pertiche,

corde, chiodi...), hanno i propri uomini forti che tengono le armi pronte e gestiscono

la sicurezza, sono luoghi di attrazione per avventurieri e cercatori di fortuna

eterogenei e molto indipendenti, quasi come se fossero dei cercatori d'oro che si

avventurano nei sotterranei in cerca di ricchezze, fondando in tal modo l'economia

del villaggio28. In tal senso gli umanoidi malvagi che premono alla frontiera

potrebbero avere il loro archetipo, conscio o meno, negli amerindi della letteratura e

del cinema di azione classici, senza elementi di ragionamento anticolonialista o

antropologico.

L'accumulazione delle ricchezze è l'obiettivo principale persino per i personaggi che

seguono l'archetipo dell'uomo di chiesa, ovvero la classe del chierico. L'etica

protestante, forse filtrata dalle discendenze scandinava e svizzero-tedesca dei due

creatori del gioco, è infusa in tutti gli aspetti di Dungeons & Dragons: è proprio della

sua concezione accumulare ricchezza come se rappresentasse favore divino, essa

permette uno sviluppo personale, con la ricchezza si guadagnano punti esperienza,

coi punti esperienza si sale di livello, salendo di livello l'insieme dei dati numerici che

identifica il personaggio sale, quindi il personaggio acquisisce un valore maggiore e

un diverso peso nel mondo di gioco. Questo schema di potere calcolabile e

burocratizzato è frutto del pensiero razionale moderno e stride coi ritmi dell'avventura

e della narrazione pre-moderna. Come possiamo spiegare questa dissonanza? La

logica matematica coesiste fianco a fianco con la fantasia, Nicholas Mizer a tal

proposito si chiede quali siano le implicazioni dell'inserimento di un sistema di regole

razionalizzate in Dungeons & Dragons, razionalizzazione che è avvenuta per tappe.

La prima opera di razionalizzazione è del 1977 con l'uscita di Advanced Dungeons &

28 Per un tipico villaggio di Dungeons & Dragons si veda il seguento testo: G. Gygax, The village of Hommlet,TSR Games, Lake Geneva (WI), 1979.

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Dragons. Il fine di Gygax era avere un controllo maggiore sulle comunità di giocatori,

era infatti aumentato a dismisura il pubblico ed egli trovava disdicevole che ognuno

giocasse una propria versione del gioco. Secondo Weber la democrazia, quando

diventa di massa conduce inevitabilmente alla burocratizzazione, al contrario degli

auto-governi delle piccole comunità, che possono essere equiparati al fenomeno di

Dungeons & Dragons della prima ora, che era ancora marginale29. Sul passaggio alla

versione Advanced esiste anche una discussione a riguardo dell'etica di Gygax, che

ha implementato nell'edizione tutta una serie di consigli, punti di vista e idee che

circolavano all'interno della comunità di giocatori.30 Ma è col tomo della Dungeons

Master Guide, uscita nel 1979, che si ha l'apice degli sforzi di razionalizzazione. Qui

Gygax cerca di fondare uno standard al quale i giocatori dovrebbero aderire, si

trattano le ricompense da assegnare con un voto alfabetico, come nel sistema

scolastico. Secondo Weber la burocrazia regola l'astratto secondo esercizio di

autorità, risultato delle richieste di uguaglianza. Dungeons & Dragons è un prodotto

dell'epoca del disincanto, ma le sue tematiche sono solo apparentemente incantate

e pre-moderne, al contempo presentano un impianto razionale e burocratico proprio

del tempo libero scandito coi ritmi del lavoro, ma è questa peculiare tensione tra

razionalità e incanto, quello che il sociologo Richard Jenkins considera un unico

fenomeno indivisibile: il disincanto seguito dal re-incanto, con la logica razionale

come tappa obbligatoria. Il sociologo George Ritzer ha coniato il termine

mcdonaldizzazione per definire gli elementi ottimizzati e standardizzati della società

dei consumi, fruibili nelle cattedrali del consumo: i luoghi del reincanto, che toccano

la sfera emotiva del consumatore. Ritzer mette in dubbio la capacità di

29 J. Mizer, op. cit.

30 J. Dormans, On the Role of the Die: A brief ludologic study of pen-and-paper roleplaying games and theirrules, «Game Studies», Volume 6, numero 1, dicembre, 2006.

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personalizzazione e di astrazione che possono essere raggiunte fruendo questo

genere di prodotti, mostrando così un pessimismo weberiano. Per una visione

ottimistica c'è invece Michael Saler, che vede il moderno incanto esigere un distacco

ironico, solo così esso riesce a deliziare senza illudere, trattando i mondi immaginari

come se fossero reali, ma senza escapismo.31

Con internet Hasbro32 è riuscita a compiere un'opera di razionalizzazione prima

impensabile con la quarta edizione di Dungeons & Dragons, lanciata sul mercato nel

2008. Se prima ogni gruppo aveva proprie home rules, con D&D Insider su internet,

un database delle regole ufficiali che veniva aggiornato a piacere dell'azienda,

attraendo i consumatori con contenuti gratuiti pubblicati in modo regolare, e

immediatamente trasmesso ovunque, diventava complesso apportare modifiche o

interpretazioni proprie. Con lo strumento di D&D Encounters l'azienda proponeva

sessioni di gioco tutte identiche che si svolgevano in contemporanea in gran parte

degli Stati Uniti, permettendo così di far vivere esperienze identiche a tutti i

partecipanti entro termini temporali precisi. Il regolamento stesso di Dungeons &

Dragons quarta edizione si preoccupa di definire quanti incontri ogni quante ore

dovevano essere svolti, quanti oggetti magici ogni quanti tesori dovevano essere

ritrovati. La risposta a questa pervasiva opera di controllo è stato un nuovo impulso

al movimento dell'Old School Renaissance, nato su internet come tentativo di

riappropriarsi dell'esperienza di gioco, con pubblicazione di “retro-cloni”, giochi del

tutto simili alle edizioni precedenti. Il movimento OSR ha avuto un certo successo e

si è guadagnato una non banale nicchia economica33. Nato dal basso, è riuscito a

31 J. Mizer, op. cit.

32 Hasbro controlla i diritti intellettuali di Dungeons & Dragons dal 1999, dopo aver acquistato la Wizards of theCoast che aveva a sua volta acquistato la TSR nel 1997.

33 J. Maliszewski, 2009, Full Circle: A History of the Old School Revival, disponibile suhttp://www.escapistmagazine.com, consultato il 19 maggio 2017.

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modificare i piani aziendali di Hasbro, poiché nel 2014 con l'uscita della quinta

edizione del gioco, si sono visti chiaramente i segni di un ripensamento, Dungeons &

Dragons era tornato a proporre un'esperienza di gioco più libera facendo tesoro del

proprio passato.

Dungeons & Dragons è soprattutto un gioco di immaginazione, ma se volessimo

cercare le definizioni di “gioco” elaborato dagli studiosi scopriremmo che non sempre

collimano con la sua sostanza. Claude Lévi-Strauss definisce il gioco come

simulativo e disgiuntivo, quindi avente vincitori e vinti, uno svolgimento e una fine,

quando finisce stabilisce una diversificazione prima assente tra i partecipanti34. I

giochi di ruolo in tal senso potrebbero avere un valore controculturale: in una società

che premia e incentiva la competizione sono una tipologia di giochi che si basano

sulla cooperazione alla pari, inoltre nel gioco di ruolo le norme vengono stabilite dai

partecipanti stessi, che vi soggiacciono per scelta attiva. Il Dungeon Master non

gioca contro i giocatori, ma si unisce a loro per rendere possibile lo svolgimento di

quella che è una forma rituale, un'esperienza comune di carattere congiuntivo, dove

si permette un confronto alla pari in un ambiente protetto e simulato, dispositivi di

trasgressione regolata che consentono l'elaborazione e il controllo di tematiche

normalmente non accettabili nella vita reale35. L'ambiente protetto di una sessione di

Dungeons & Dragons è in qualche misura un cerchio magico, un luogo altro, uno

spazio sacro. Per lo storico Huizinga non c'è distinzione tra gioco e rito: gli spazi

destinati al gioco sono mondi provvisori che generano un ordine proprio, il rito infatti

esige una severa sacralità, ma contemporaneamente libera impulsi ancestrali

arrestando l'ordinarietà della vita. Il rituale così facendo può evocare una verità non

esente dalla retro-coscienza di non essere realtà. L'evocazione degli spiriti nelle

34 V. Santoni, op. cit.

35 V. Turner, Il processo rituale, Brescia, Morcelliana, 1972

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culture arcaiche prese in considerazione da Huizinga non è diversa

dall'interpretazione di personaggi in una narrazione che, pur essendo evidentemente

fittizia, si tramuta in una verità nello spazio mentale delimitato del gioco, con

manifestazioni emotive spontanee. Come i “primitivi”, i giocatori di ruolo sono

incantatori e incantati allo stesso momento, contemporaneamente coscienti e vittime

dell'inganno, le persone sacre delle società arcaiche sono in tutto e per tutto

all'interno di una parte recitata, ma va perduta la nozione tra il creduto e il simulato,

poiché il “primitivo” non conosce la distinzione tra “essere” e “giocare”, ed è

compiendo una simile regressione che si può apprezzare pienamente l'attività del

gioco di ruolo36. A tal proposito i protagonisti del romanzo di Vanni Santoni, “La

stanza profonda”, vivono con timore la rottura dello spazio sacro, la contaminazione

attraverso l'ingresso di un membro esterno non invitato, la liminalità della stanza-

bunker si evince dall'importanza del passaggio della soglia stesso, vissuto come

esperienza a sé stante.37

Il progetto The Forge38, nato su internet come spazio di studi sul gioco di ruolo, cita

Victor Turner e Ronald Grimes, due antropologi che definiscono il rituale come una

performance di coinvolgimento e immersione totali. Ciò produce un effetto sui mondi

mentali dei partecipanti ed ha anche un effetto sociale sui loro legami esterni al

gioco. Si tratta di una costruzione continua di rapporti intertestuali con risvolti

psicoanalitici, in Dungeons & Dragons si riflettono questioni che collegano i due

mondi, quello reale e quello di gioco, cioè il mondo temporaneo di cui parla Huizinga.

Storia, religione, esperienze di vita quotidiana, scale valoriali proprie diventano

36 J. Huizinga, Homo ludens, Torino, Einaudi, 2002.

37 V. Santoni, op. cit.

38 Per una consultazione delle discussioni sulla formalizzazione del concetto di “gioco di ruolo” si vedahttp://www.indie-rpgs.com.

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oggetto conscio e inconscio di discussione, vengono utilizzati come materia prima

per formare narrazioni corali e nuove, non è una regressione infantile, è l'attività di

fantasia attiva, l'orizzonte delle possibilità che si forma nello spazio del meraviglioso

e del sacro.39

Non è un caso che le accuse lanciate dall'associazione protestante statunitense

Bothered About Dungeons & Dragons cogliessero, e strumentalizzassero,

esattamente questo punto accusando i giocatori di ruolo di compiere veri atti

sacrileghi di stampo satanista all'interno di spazi rituali. Questo fenomeno, ricordato

come moral panic, ebbe inizio nel 1979 con la scomparsa dello studente James

Dallas Egbert III della Michigan State University e si protrasse per tutti gli anni '80

con un picco con la fondazione del BADD nel 1983 da parte di Patricia Pulling,

madre di un ragazzo morto suicida a suo dire per colpa del gioco di ruolo.40

Fenomeno di isteria collettiva importante, al quale furono dedicati almeno un

romanzo e un film.41

L'attenzione del gioco da parte dei media tradizionali ha anche avuto risvolti positivi.

La multimedialità di Dungeons & Dragons è elevata, i contenuti e le narrative sono

fluidi, escono ed entrano dai moduli di avventura per travasarsi in una produzione

vasta di narrativa, fumetti, videogames, cartoni animati e film. Malgrado un mercato

di supporto tanto ricco, il prodotto di punta, il gioco di ruolo cartaceo non è mai stato

sostituito, unico elemento capace di offrire un'esperienza esclusiva, condivisa e

39 J. Dormans, op. cit.

40 2014, The great 1980s Dungeons & Dragons panic, disponibile su http://www.bbc.com, consultato il 19maggio 2017.

41 Si tratta del romanzo di Rona Jaffe, “Mazes and Monsters”, edito da Delacorte Press (USA) nel 1981 e delfilm omonimo del 1982 diretto da Steven Hilliard Stern, con Tom Hanks come protagonista. Entrambe leopere sono thriller psicologici che gettano una luce sinistra su Dungeons & Dragons, pur senza mainominarlo, adducendo a una graduale perdita di contatto con la realtà dei giocatori, fino a giungere allafollia.

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personale all'interno del gruppo di gioco. Se due gruppi si trovassero nel medesimo

setting ufficiale o giocassero la medesima avventura, ci sarebbero comunque

numerose differenze date dalle scelte del tutto imprevedibili e prive di vincoli dei

giocatori. Le ambientazioni sono appositamente scritte per venire innestate con

contenuti propri, la capacità produttiva dei giocatori non viene mai frustrata, anzi,

essi sono spronati a modificare ed eliminare ciò che ritengono opportuno, caso unico

nel panorama delle proprietà intellettuali. Il materiale fornito ha un livello di dettaglio

variabile, ma è spesso fumoso e sempre dichiarato una mera linea guida: ognuno

può e deve giocare una propria versione di quel mondo42. I personaggi che si

muovono in questi mondi ne sono protagonisti e creano le proprie storie personali,

senza un vero limite alle tematiche, poiché il gioco possiede un grado elevato di

parlabilità dei temi più disparati. Il materiale di Dungeons & Dragona è una cassetta

degli attrezzi, non una macchina, la macchina forse è la storia condivisa tra il

Dungeon Master e gli altri giocatori, e questo è il suo principale punto di forza e la

sua virtualmente infinita capacità espansiva adatta a produrre sempre storie ed

esperienze diverse, adattabili alla personalità di ognuno.

42 E. Greenwood, S. K. Reynolds, S. Williams, R. Heinsoo, Forgotten Realms, Parma, Twenty-Five Edition, 2001.

20

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